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Fatti: Fatti: A. Il 14 giugno 1999 A._ ha convenuto B._ dinanzi al Pretore del Distretto di Lugano, sezione 2, con un'azione volta al pagamento di fr. 30'409.--, oltre interessi, a saldo di quattro fatture emesse tra il gennaio 1997 e l'ottobre 1998 per prestazioni professionali quale consulente fiscale. Egli si è infatti occupato dell'allestimento delle dichiarazioni fiscali personali del convenuto e di quelle di alcune indivisioni di cui egli era parte. B._ si è opposto alla petizione contestando la portata probatoria del documento prodotto dall'attore a sostegno delle sue pretese e, in ogni caso, asseverando la cattiva esecuzione del mandato. In via riconvenzionale ha pertanto formulato una domanda di risarcimento danni per complessivi fr. 165'170.10. Con sentenza del 15 novembre 2004 il Pretore ha respinto la petizione e accolto la domanda riconvenzionale limitatamente a fr. 85'617.--, oltre interessi al 5% a far tempo dal 16 settembre 1999. Sulla scorta delle risultanze istruttorie il giudice è infatti giunto alla conclusione che l'operato dell'attore presentava manchevolezze talmente gravi da escludere il riconoscimento delle pretese avanzate in petizione, oltretutto non debitamente comprovate. In particolare, all'attore è stata rimproverata la presentazione tardiva delle dichiarazioni fiscali del convenuto per i bienni fiscali 1991/1992 e 1993/1994. Ciò ha reso impossibile il recupero dell'imposta preventiva, essendo ormai intervenuta la prescrizione, con un danno per il convenuto di fr. 83'517.--, il quale ha pure dovuto inoltrare reclamo - prima all'Ufficio di tassazione e, successivamente, alla Camera di diritto tributario del Tribunale d'appello - contro la tassazione d'ufficio eseguita nei suoi confronti per il biennio 1991/1992, procedura che per finire si è risolta a suo favore ma con una condanna al pagamento degli oneri processuali di fr. 2'100.--. Con sentenza del 15 novembre 2004 il Pretore ha respinto la petizione e accolto la domanda riconvenzionale limitatamente a fr. 85'617.--, oltre interessi al 5% a far tempo dal 16 settembre 1999. Sulla scorta delle risultanze istruttorie il giudice è infatti giunto alla conclusione che l'operato dell'attore presentava manchevolezze talmente gravi da escludere il riconoscimento delle pretese avanzate in petizione, oltretutto non debitamente comprovate. In particolare, all'attore è stata rimproverata la presentazione tardiva delle dichiarazioni fiscali del convenuto per i bienni fiscali 1991/1992 e 1993/1994. Ciò ha reso impossibile il recupero dell'imposta preventiva, essendo ormai intervenuta la prescrizione, con un danno per il convenuto di fr. 83'517.--, il quale ha pure dovuto inoltrare reclamo - prima all'Ufficio di tassazione e, successivamente, alla Camera di diritto tributario del Tribunale d'appello - contro la tassazione d'ufficio eseguita nei suoi confronti per il biennio 1991/1992, procedura che per finire si è risolta a suo favore ma con una condanna al pagamento degli oneri processuali di fr. 2'100.--. B. L'impugnativa interposta da A._ contro il giudizio pretorile è stata respinta dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino il 13 dicembre 2005. B. L'impugnativa interposta da A._ contro il giudizio pretorile è stata respinta dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino il 13 dicembre 2005. C. Tempestivamente insorto dinanzi al Tribunale federale con un ricorso per riforma fondato sulla violazione dell'art. 398 cpv. 2 CO, A._ postula la modifica della sentenza emanata dall'ultima istanza cantonale nel senso di accogliere il suo appello e, di conseguenza, accogliere la petizione e respingere l'azione riconvenzionale. Nella risposta dell'8 marzo 2006 B._ propone la reiezione integrale del gravame.
Diritto: Diritto: 1. Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità del rimedio esperito (<ref-ruling> consid. 1). 1.1 Interposto in tempo utile (art. 54 cpv. 1 OG) contro una decisione finale emanata dal tribunale supremo del Cantone Ticino (art. 48 cpv. 1 OG) in una causa civile di carattere pecuniario, il cui valore litigioso davanti all'ultima istanza cantonale era superiore a fr. 8000.-- (art. 46 OG), il ricorso per riforma risulta, sotto questo profilo, ricevibile. 1.2 Nella sua risposta il convenuto, pur non chiedendo di dichiarare il gravame inammissibile, rileva come lo stesso contenga numerosi argomenti improponibili nel quadro del ricorso per riforma. L'osservazione è pertinente. Nell'allegato ricorsuale l'attore censura infatti diffusamente l'apprezzamento delle prove e l'accertamento dei fatti, misconoscendo in tal modo i principi che reggono il rimedio da lui esperito e che vale allora la pena di addurre qui di seguito. 1.3 Innanzitutto va ricordato che il ricorso per riforma è ammissibile per violazione del diritto federale (art. 43 cpv. 1 OG); nel quadro di questo rimedio non possono, per contro, essere invocate la violazione di un diritto costituzionale (art. 43 cpv. 1 seconda frase OG) o la violazione del diritto cantonale (cfr. art. 55 cpv. 1 lett. c OG). In secondo luogo appare indispensabile rammentare che nella giurisdizione di riforma il Tribunale federale fonda il suo giudizio sui fatti così come sono stati accertati dall'ultima autorità cantonale, a meno che non siano state violate disposizioni federali in materia di prove (ad esempio l'art. 8 CC), debbano venire rettificati accertamenti di fatto derivanti da una svista manifesta (art. 63 cpv. 2 OG) o si renda necessario un complemento degli stessi a norma dell'art. 64 OG (<ref-ruling> consid. 1.4 pag. 140). Tutte queste critiche e gli atti cui si riferiscono devono essere debitamente specificati (art. 55 cpv. 1 lett. b e d OG). Fatte salve queste eccezioni, censure contro l'accertamento dei fatti e l'apprezzamento delle prove eseguiti dall'autorità cantonale sono improponibili, così come non si può far riferimento a circostanze non accertate nel giudizio impugnato, trattandosi di fatti nuovi (art. 55 cpv. 1 lett. c OG; DTF citato; <ref-ruling> consid. 2.2 pag. 106; <ref-ruling> consid. 3). Fatte salve queste eccezioni, censure contro l'accertamento dei fatti e l'apprezzamento delle prove eseguiti dall'autorità cantonale sono improponibili, così come non si può far riferimento a circostanze non accertate nel giudizio impugnato, trattandosi di fatti nuovi (art. 55 cpv. 1 lett. c OG; DTF citato; <ref-ruling> consid. 2.2 pag. 106; <ref-ruling> consid. 3). 2. Sulla qualifica giuridica della relazione instauratasi fra le parti non v'è litigio: si tratta di un mandato (art. 394 segg. CO). 2.1 Giusta l'art. 321a CO, applicabile in virtù del rinvio contenuto nell'art. 398 cpv. 1 CO, il mandatario deve eseguire con diligenza il mandato assegnatogli e salvaguardare con fedeltà gli interessi legittimi del mandante. Egli è responsabile verso il mandante della fedele e diligente esecuzione degli affari affidatigli (art. 398 cpv. 2 CO) e qualora cagioni - intenzionalmente o per negligenza - un danno è tenuto a risponderne (art. 321e cpv. 1 CO), a meno che non provi che nessuna colpa gli è imputabile (art. 97 cpv. 1 CO). 2.2 In concreto, il mandato aveva per oggetto l'allestimento delle dichiarazioni fiscali del convenuto da parte dell'attore. Ora, chi propone i propri servizi quale consulente fiscale è tenuto a garantire la conoscenza e il rispetto delle normative fiscali vigenti nonché della relativa dottrina e giurisprudenza. Il consulente fiscale deve salvaguardare diligentemente e fedelmente gli interessi del suo mandante, tenendo ben presente che lo scopo del mandato è quello di ridurre il più possibile l'onere fiscale a carico del cliente. Nel quadro dello svolgimento dell'incarico affidatogli deve pertanto accertare accuratamente le basi fattuali della tassazione, chiedere al mandante i ragguagli e i documenti che reputa necessari per il corretto espletamento del mandato e studiare la dottrina e giurisprudenza rilevanti. Se del caso, è pure tenuto a far capo a terzi (specialisti o autorità) in grado di fornirgli le informazioni di cui non dispone personalmente (sulla diligenza richiesta ai consulenti fiscali cfr. anche Walter Fellmann in: Berner Kommentar, n. 421 - 425 ad art. 398 CO; <ref-ruling> consid. 2c; sentenza del 7 febbraio 2002 nella causa 4C.316/2001, consid. 2b/aa, pubblicata in: AJP 2003 pag. 713). Ora, chi propone i propri servizi quale consulente fiscale è tenuto a garantire la conoscenza e il rispetto delle normative fiscali vigenti nonché della relativa dottrina e giurisprudenza. Il consulente fiscale deve salvaguardare diligentemente e fedelmente gli interessi del suo mandante, tenendo ben presente che lo scopo del mandato è quello di ridurre il più possibile l'onere fiscale a carico del cliente. Nel quadro dello svolgimento dell'incarico affidatogli deve pertanto accertare accuratamente le basi fattuali della tassazione, chiedere al mandante i ragguagli e i documenti che reputa necessari per il corretto espletamento del mandato e studiare la dottrina e giurisprudenza rilevanti. Se del caso, è pure tenuto a far capo a terzi (specialisti o autorità) in grado di fornirgli le informazioni di cui non dispone personalmente (sulla diligenza richiesta ai consulenti fiscali cfr. anche Walter Fellmann in: Berner Kommentar, n. 421 - 425 ad art. 398 CO; <ref-ruling> consid. 2c; sentenza del 7 febbraio 2002 nella causa 4C.316/2001, consid. 2b/aa, pubblicata in: AJP 2003 pag. 713). 3. Nel caso in esame, la Corte cantonale ha negato all'attore la possibilità di contestare la propria responsabilità per le conseguenze derivate al convenuto dalla tardiva presentazione delle sue dichiarazioni fiscali. Dopo aver precisato di non poter tenere in nessun conto l'affermazione secondo cui il convenuto era cognito in materia fiscale, siccome formulata per la prima volta in sede di appello e quindi irritualmente (art. 321 cpv. 1 lett. b CPC/TI), i giudici della massima istanza ticinese hanno ritenuto che la responsabilità dell'attore non poteva essere esclusa per il fatto che il convenuto non gli aveva consegnato per tempo i necessari documenti giustificativi, rispettivamente non gli aveva conferito valida procura per procurarseli direttamente da terzi. L'attore avrebbe dovuto sollecitare il cliente a fornirgli gli atti necessari avvisandolo nel contempo degli effetti del ritardo, che egli sicuramente conosceva o quanto meno avrebbe dovuto conoscere vista la sua professione. Dall'istruttoria è però emerso ch'egli non solo non ha agito in tal modo - né del resto lo ha preteso - ma anche che il convenuto di regola gli metteva a disposizione la documentazione richiesta in termini accettabili. I giudici cantonali sono pertanto giunti alla conclusione che le perdite patrimoniali subite dal convenuto sono state causate dalla negligenza dell'attore, che è quindi tenuto a rimborsarle. Infine, il Tribunale d'appello ha confermato la pronunzia pretorile anche in punto alla reiezione dell'azione principale e ciò sia a causa della grave violazione contrattuale imputabile all'attore sia, in ogni caso, per l'assenza di prove a sostegno della sua pretesa, anche perché egli non si è espresso sull'argomentazione del pretore secondo cui l'unico documento versato agli atti dall'attore era insufficiente allo scopo, trattandosi di una semplice dichiarazione di parte che peraltro nemmeno coincideva con gli importi fatturati e dal quale non si poteva desumere chi avesse effettuato quale prestazione né a quale tariffa oraria. Infine, il Tribunale d'appello ha confermato la pronunzia pretorile anche in punto alla reiezione dell'azione principale e ciò sia a causa della grave violazione contrattuale imputabile all'attore sia, in ogni caso, per l'assenza di prove a sostegno della sua pretesa, anche perché egli non si è espresso sull'argomentazione del pretore secondo cui l'unico documento versato agli atti dall'attore era insufficiente allo scopo, trattandosi di una semplice dichiarazione di parte che peraltro nemmeno coincideva con gli importi fatturati e dal quale non si poteva desumere chi avesse effettuato quale prestazione né a quale tariffa oraria. 4. Dinanzi al Tribunale federale l'attore contesta integralmente le considerazioni della massima istanza cantonale. I suoi argomenti risultano tuttavia in larga misura inammissibili siccome in contrasto con i principi che reggono il ricorso per riforma, già esposti al consid. 1.3. 4.1 Improponibile è in primo luogo la critica mossa alla Corte cantonale di aver motivato sommariamente il proprio giudizio. Il diritto ad una sentenza motivata deriva infatti dal diritto di essere sentito garantito dall'art. 29 cpv. 2 Cost., la cui violazione avrebbe dovuto essere fatta valere nel quadro di un ricorso di diritto pubblico. 4.2 Pur senza asseverarlo esplicitamente, nella misura in cui si duole dell'errata lettura degli allegati di causa, che cita dettagliatamente, l'attore rimprovera poi ai giudici ticinesi di essere ripetutamente incorsi in una svista manifesta ai sensi dell'art. 63 cpv. 2 OG (Poudret, Commentaire de la loi fédérale d'organisation judiciaire, vol. II, Berna 1990, nota 5.3 ad art. 63 OG pag. 569). 4.2.1 Sarebbe ad esempio errato l'accertamento secondo cui egli si era occupato delle dichiarazioni fiscali del convenuto e delle indivisioni sin dalla metà degli anni settanta, ma questa critica non merita di essere approfondita dato che, quand'anche errato, tale accertamento è privo d'influsso sull'esito del giudizio (cfr. Poudret, op. cit., nota 5.1. ad art. 63 OG). 4.2.2 Anche l'affermazione secondo cui le conoscenze in materia fiscale del convenuto sarebbero state addotte per la prima volta in sede di appello sarebbe il frutto di un'errata lettura degli allegati di causa. Dai passaggi evocati nel gravame si evince in sostanza che dinanzi al giudice di primo grado l'attore aveva dichiarato di essere stato incaricato dell'allestimento delle dichiarazioni fiscali ordinarie, mentre che delle pratiche IMVI (Imposta sul Maggior Valore Immobiliare) si sarebbe occupato direttamente il convenuto. Ora, quand'anche questa affermazione venisse intesa nel senso auspicato dall'attore, essa non gli gioverebbe. Innanzitutto perché l'autorità ticinese non lo ha condannato a risarcire alcunché a questo titolo, la compravendita che aveva dato luogo a una procedura speciale di recupero IMVI, stipulata il 24 marzo 2004, avendo fatto l'oggetto della tassazione 1994/1995 (art. 64 cpv. 2 OG), non considerata nel giudizio impugnato. Secondariamente perché il fatto che il convenuto disponesse di alcune cognizioni in ambito fiscale non dispensava comunque l'attore dall'obbligo di svolgere il mandato affidatogli con la dovuta diligenza. 4.3 Egli non può certo addurre a sua discolpa il fatto di essere stato incaricato unicamente della compilazione della dichiarazione fiscale sulla base delle pezze giustificative fornitegli dal convenuto, il quale gliele avrebbe consegnate solo nel 1996. Viste le sue competenze professionali - egli stesso si definisce d'altro canto un "conosciuto e riconosciuto fiduciario commercialista della piazza luganese" - e il chiaro mandato ricevuto, incombeva a lui insistere presso il cliente affinché gli consegnasse entro il termine legale tutta la documentazione utile per l'allestimento della dichiarazione fiscale, comprensiva dell'elenco titoli necessario ai fini della procedura di recupero dell'imposta preventiva, avvisandolo nel contempo del rischio che si assumeva ritardando la consegna della documentazione richiesta. Dall'accertamento - vincolante - dei fatti contenuto nella sentenza impugnata risulta che l'attore non si è mai attivato in tal senso né tantomeno ha proposto al cliente di concedergli una procura per potersi rivolgersi direttamente agli istituti bancari interessati. Egli è rimasto passivo. Per contro - sempre stando a quanto accertato dai giudici ticinesi - quando ha richiesto della documentazione al convenuto questi ha sempre reagito nel termine di un paio di settimane. Non vi sono pertanto elementi a sostegno di un'eventuale concolpa del convenuto. 4.4 Ne discende che il giudizio della Corte cantonale sulla responsabilità dell'attore è conforme all'art. 398 cpv. 2 CO. 4.4 Ne discende che il giudizio della Corte cantonale sulla responsabilità dell'attore è conforme all'art. 398 cpv. 2 CO. 5. Da ultimo viene censurata anche la decisione sull'azione principale. L'attore contesta infatti la tesi esposta nella sentenza impugnata secondo cui egli non avrebbe debitamente contestato la pronunzia pretorile in merito alla mancanza di prove a sostegno delle sue pretese, che sarebbero - contrariamente a quanto stabilito dai giudici ticinesi - sufficientemente dimostrate. Così come formulata la censura si avvera d'acchito inammissibile. Nella misura in cui afferma di aver contestato le conclusioni dell'autorità di primo grado, l'attore sembra volersi prevalere ancora una volta di una svista manifesta ai sensi dell'art. 63 cpv. 2 OG, sennonché - in contrasto con l'obbligo di motivazione a suo carico (cfr. supra consid. 1.3) - egli non indica in quale punto dell'allegato di appello avrebbe formulato le relative critiche. Laddove pretende di aver sufficientemente provato le sue pretese propone invece un argomento inammissibile siccome rivolto contro l'apprezzamento probatorio (cfr. supra consid. 1.3). 6. In conclusione, il ricorso per riforma dev'essere respinto nella limitata misura in cui è ammissibile. Gli oneri processuali e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 e 159 cpv. 1 e 2 OG).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 1. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 1. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 2. La tassa di giustizia di fr. 5'000.-- è posta a carico dell'attore, il quale rifonderà al convenuto fr. 6'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale. 2. La tassa di giustizia di fr. 5'000.-- è posta a carico dell'attore, il quale rifonderà al convenuto fr. 6'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale. 3. Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
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2,014
de
Sachverhalt: A. E._, geboren 1967, war ab April 1991 beim Zentrum X._ angestellt und in dieser Eigenschaft bei der Zürich Versicherungs-Gesellschaft AG (nachfolgend: Zürich) gegen die Folgen von Unfällen versichert. Am 29. Juni 2000 zog er sich bei einem Auffahrunfall ein HWS-Distorsionstrauma zu und klagte in der Folge über Schmerzen im Bereich der rechten Schulter, des linken Knies und in der Lumbalgegend. Es erfolgten verschiedene medizinische Behandlungen. Mit Verfügung vom 24. Oktober 2006 sprach die Zürich ihm eine Integritätsentschädigung bei einer Integritätseinbusse von 15 % zu und hielt fest, er könne seine bisherige Tätigkeit ohne Einkommenseinbusse ausüben. Diese Verfügung erwuchs in Rechtskraft. Am 4. August 2009 liess E._ die Übernahme der Kosten seiner Physiotherapie beantragen. Nach Prüfung eines Rückfalls teilte die Zürich mit, sie werde keine Behandlungskosten übernehmen. Auf Intervention von E._ verfügte die Zürich am 15. April 2011 die verweigerte Übernahme weiterer Behandlungskosten, da weder ein Rückfall noch eine Spätfolge vorliege und mangels Rentenanspruch die Heilbehandlungen auch nicht nach <ref-law> übernommen werden könnten, ungeachtet dessen, dass die Physiotherapie entgegenkommenderweise noch bis 5. Oktober 2009 übernommen worden sei. Dies bestätigte sie mit Einspracheentscheid vom 1. März 2012. B. Mit Entscheid vom 25. Juni 2013 wies das Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen die dagegen erhobene Beschwerde ab. C. E._ lässt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten führen mit dem Antrag, es seien der vorinstanzliche Entscheid sowie der Einspracheentscheid vom 1. März 2012 und die Verfügung vom 15. April 2011 aufzuheben und die Zürich zu verpflichten, die Kosten für die Heilbehandlungen auch nach dem 26. April 2006 zu übernehmen. Eventualiter sei die Sache zur weiteren Abklärung und Neubeurteilung an die Vorinstanz zurückzuweisen. Die Zürich schliesst auf Abweisung der Beschwerde. Das Bundesamt für Gesundheit verzichtet auf eine Vernehmlassung.
Erwägungen: 1. Die Beschwerde kann wegen Rechtsverletzung gemäss Art. 95 und Art. 96 BGG erhoben werden. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (<ref-law>). Es ist somit weder an die in der Beschwerde geltend gemachten Argumente noch an die Erwägungen der Vorinstanz gebunden; es kann eine Beschwerde aus einem anderen als dem angerufenen Grund gutheissen und es kann sie mit einer von der Argumentation der Vorinstanz abweichenden Begründung abweisen (vgl. <ref-ruling> E. 1.4 S. 140). Gemäss <ref-law> ist die Beschwerde hinreichend zu begründen, andernfalls wird darauf nicht eingetreten (<ref-law>). Das Bundesgericht prüft grundsätzlich nur die geltend gemachten Rügen; es ist nicht gehalten, wie eine erstinstanzliche Behörde alle sich stellenden rechtlichen Fragen zu prüfen, wenn diese vor Bundesgericht nicht mehr vorgetragen wurden. Es kann die Verletzung von Grundrechten und von kantonalem und interkantonalem Recht nur insofern prüfen, als eine solche Rüge in der Beschwerde vorgebracht und begründet worden ist (<ref-law>). 2. In formeller Hinsicht rügt der Versicherte die Aktenführung der Zürich. Weiter macht er eine Verletzung seines Anspruchs auf rechtliches Gehör (<ref-law>) und ein faires Verhalten sowie eine unvollständige und den Untersuchungsgrundsatz verletzende Sachverhaltsfeststellung geltend. 2.1. Laut <ref-law> hat der Versicherungsträger (und gemäss <ref-law> auch das Sozialversicherungsgericht) den rechtserheblichen Sachverhalt nach dem Untersuchungsgrundsatz abzuklären, und zwar richtig und vollständig, so dass gestützt darauf die Verfügung über die jeweils in Frage stehende Leistung ergehen kann (<ref-law>; <ref-ruling> E. 4.1.1 S. 377). Die Untersuchungspflicht dauert so lange, bis über die für die Beurteilung des streitigen Anspruchs erforderlichen Tatsachen hinreichende Klarheit besteht. Der Untersuchungsgrundsatz weist enge Bezüge zum - auf Verwaltungs- und Gerichtsstufe geltenden - Grundsatz der freien Beweiswürdigung auf. Führen die im Rahmen des Untersuchungsgrundsatzes von Amtes wegen vorzunehmenden Abklärungen den Versicherungsträger oder das Gericht bei umfassender, sorgfältiger, objektiver und inhaltsbezogener Beweiswürdigung (<ref-ruling> E. 4.1 S. 400) zur Überzeugung, ein bestimmter Sachverhalt sei als überwiegend wahrscheinlich (<ref-ruling> E. 5b S. 360; <ref-ruling> E. 2 S. 195, je mit Hinweisen) zu betrachten und es könnten weitere Beweismassnahmen an diesem feststehenden Ergebnis nichts mehr ändern, so liegt im Verzicht auf die Abnahme weiterer Beweise keine Verletzung des Anspruchs auf rechtliches Gehör (antizipierte Beweiswürdigung; <ref-ruling> E. 5.3 S. 148; <ref-ruling> E. 4b S. 94). Bleiben jedoch erhebliche Zweifel an Vollständigkeit und/oder Richtigkeit der bisher getroffenen Tatsachenfeststellung bestehen, ist weiter zu ermitteln, soweit von zusätzlichen Abklärungsmassnahmen noch neue wesentliche Erkenntnisse zu erwarten sind (SVR 2010 AlV Nr. 2 S. 3 E. 2.2 mit Hinweis, 8C_269/2009). Es liegt nicht im Belieben der Behörde, im Beschwerdeverfahren dem Gericht nur diejenigen Akten einzureichen, welche sie als notwendig und für die Beurteilung des Falles entscheidend betrachtet. Andernfalls würden die dargelegten Beweisgrundsätze ihres Gehalts entleert (<ref-ruling> E. 3.1 S. 196; SVR 2010 AlV Nr. 2 S. 3 E. 5.2.2, 8C_269/2009; Urteil 8C_751/2009 vom 24. Februar 2010 E. 4.3.2). Der verfassungsmässige Anspruch auf eine geordnete und übersichtliche Aktenführung verpflichtet die Behörden und Gerichte, die Vollständigkeit der im Verfahren eingebrachten und erstellten Akten sicherzustellen (SVR 2011 IV Nr. 44 S. 131 E. 2.2.1, 8C_319/2010; Urteil 5A_341/2009 vom 30. Juni 2009 E. 5.2). Für die dem Allgemeinen Teil des Sozialversicherungsrechts unterstellten Versicherer wurde in <ref-law> die Aktenführungspflicht auf Gesetzesstufe konkretisiert. Danach sind für jedes Sozialversicherungsverfahren alle Unterlagen, die massgeblich sein können, vom Versicherungsträger systematisch zu erfassen (<ref-ruling> E. 8.1.2 S. 223). Ferner sind die Unterlagen von Beginn weg in chronologischer Reihenfolge abzulegen; bei Vorliegen eines Gesuchs um Akteneinsicht und spätestens im Zeitpunkt des Entscheids ist das Dossier zudem durchgehend zu paginieren (SVR 2011 IV Nr. 44 S. 131 E. 2.2.2, 8C_319/2010). In der Regel ist auch ein Aktenverzeichnis zu erstellen, welches eine chronologische Auflistung sämtlicher in einem Verfahren gemachter Eingaben enthält (Urteil 2C_327/2010 vom 19. Mai 2011 E. 3.2, nicht publiziert in <ref-ruling>; SVR 2011 IV Nr. 44 S. 131 E. 2.2.2, 8C_319/2010). 2.2. Der Versicherte rügt eine rechtsverletzende Aktenführung durch die Zürich. Soweit er auf die Lücke zwischen den Aktenstücken Z188 und Z201 verweist, ist mit der Vorinstanz festzuhalten, dass es sich dabei mit überwiegender Wahrscheinlichkeit um die Belege zur Abrechnung der Fahrspesen gemäss Schreiben des Rechtsvertreters vom 14. September 2006 (Z203) handelt, befindet sich diese Lücke doch zwischen den beiden Zusammenstellungen der Fahrspesen (Z188 und Z201). Als letztes vor den eingereichten Belegen bezüglich Fahrspesen, Heilbehandlungen und Arbeitsunfähigkeitsbescheinigungen (Z184-Z188 und Z201-Z202) ist das Schreiben der Zürich vom 1. September 2006 (Z183) erfasst, mit welchem ein Vorschlag zum Fallabschluss gemacht wird, welcher nur Heilbehandlungen im Rahmen von Rückfällen und Spätfolgen gewährt. Weiter erwähnt das Schreiben des Rechtsvertreters zwar ein Telefongespräch (ohne genauere Datenangabe), doch ergibt sich aus dem gesamten Text weder eine Einschränkung bezüglich der von der Zürich vorgeschlagenen Fallerledigung noch eine davon abweichende telefonische Vereinbarung. Die übrigen geltend gemachten Lücken beziehen sich auf (viel frühere) Zeitpunkte, welche für die vorliegend strittige Frage nicht relevant sind. Nach dem Gesagten ist keine Verletzung der Aktenführungspflicht nach <ref-law> in dem Sinne ausgewiesen, dass die Zürich ein für die Fallerledigung massgebliches Dokument nicht erfasst hätte. Damit hat die Vorinstanz weder den Anspruch auf rechtliches Gehör resp. auf ein faires Verfahren noch den Untersuchungsgrundsatz verletzt. 3. In materieller Hinsicht macht der Versicherte einen andauernden Anspruch auf Übernahme der Heilbehandlungskosten geltend. Er stützt sich dabei auf den Grundsatz des Vertrauensschutzes und rügt eine falsche Auslegung der Art. 10, 19 und 21 UVG durch die Vorinstanz. 3.1. 3.1.1. Die verunfallte Person hat Anspruch auf Heilbehandlung, solange von der Fortsetzung der ärztlichen Behandlung eine namhafte Verbesserung des Gesundheitszustandes erwartet werden kann; mit dem Fallabschluss fallen die vorübergehenden Leistungen in Form von Heilbehandlung und Taggeld dahin (vgl. <ref-law>; <ref-ruling> E. 4.1 S. 114). Gemäss <ref-law> besteht nach Festsetzung einer Rente nur unter bestimmten Voraussetzungen ein Anspruch auf Übernahme der Heilbehandlung. Ist einerseits der Abschluss der vorübergehenden Leistungen erfolgt, weil von der Fortsetzung der ärztlichen Behandlung keine namhafte Besserung im Sinne von <ref-law> mehr erwartet werden konnte, und sind andererseits die Voraussetzungen von <ref-law> nicht erfüllt, hat die obligatorische Krankenpflegeversicherung für notwendige Heilbehandlung aufzukommen (<ref-ruling> E. 4.2 S. 115). Nach dem Wortlaut des <ref-law> wird vorausgesetzt, dass die entsprechenden Leistungen "nach der Festsetzung der Rente" einem "Bezüger" ausgerichtet werden. Die Bestimmung gemäss lit. c bezieht sich demnach eindeutig auf Personen, die bereits eine Rente beziehen, aber noch erwerbsfähig sind, also einen Invaliditätsgrad zwischen 10 % und weniger als 100 % (für vollständig Erwerbsunfähige kommt lit. d des Art. 21 Abs. 1 zur Anwendung; vgl. Alfred Maurer, Schweizerisches Unfallversicherungsrecht, 2. Aufl. 1989, S. 384) aufweisen. Diese Interpretation ergibt sich auch bei Konsultation der französischen ("Lorsque la rente a été fixée, les prestations pour soins et remboursement de frais [art. 10 à 13] sont accordées à son bénéficiaire dans les cas suivants: c. lorsqu'il a besoin de manière durable d'un traitement et de soins pour conserver sa capacité résiduelle de gain") und der italienischen ("Determinata la rendita, le prestazioni sanitarie e il rimborso delle spese [art. 10 a 13] sono accordati se il beneficiario: c. abbisogna durevolmente di trattamento e cure per mantenere la capacità residua di guadagno") Fassung des Gesetzes. Es ist jeweils von einer Situation "nach der Rentenfestsetzung" die Rede. Andere Interpretationsmöglichkeiten bestehen nicht. Zum gleichen Ergebnis führt die Konsultation von Lehre und Rechtsprechung. Gemäss Maurer (a.a.O., S. 387) ist <ref-law> nicht mehr anwendbar, sobald eine Rente eingestellt wird, weil sie beispielsweise revisionsweise aufgehoben wurde. Umso weniger besteht der Anspruch einer versicherten Person, der gar nie eine Rente zugesprochen wurde, weil sie keine (oder nur eine sehr geringe von weniger als 10 %) Erwerbsunfähigkeit ausweist. Jean-Maurice Frésard/Margit Moser-Szeless (Unfallversicherungsrecht, in Schweizerisches Bundesverwaltungsrecht [SBVR], 2. Aufl., N. 211 ff. S. 910 Fn. 373) präzisieren sogar, dass eine Rentenverfügung in Rechtskraft erwachsen sein muss, damit gegebenenfalls Leistungen auf Grund von <ref-law> beansprucht werden können. Vorher besteht allenfalls ein Anspruch gemäss <ref-law> (mit Hinweis auf Urteil U 252/01 vom 17. Juni 2002). Bei der Beurteilung eines anders gelagerten Sachverhaltes hatte das ehemalige Eidgenössische Versicherungsgericht bereits mit Urteil U 368/01 vom 9. April 2002 in E. 7b/bb ausgeführt, dass Leistungen auf Grund von <ref-law> nicht in Frage kämen, da "der Versicherten bis anhin gar keine Invalidenrente ausgerichtet werde". Ebenso hat es im Urteil U 12/04 vom 28. Juli 2004 in E. 3.2 bekräftigt, ein Anspruch auf Heilbehandlungsmassnahmen im Sinne von <ref-law> stehe nicht zur Diskussion, weil dem Versicherten kein Anspruch auf eine Invalidenrente nach UVG zustehe. Schliesslich wird in <ref-ruling> E. 3c S. 46 ausgeführt, die anspruchsbegründenden Tatbestände des Art. 21 Abs. 1 lit a - c UVG setzten voraus, dass ein Versicherter entweder an einer Berufskrankheit leide oder noch über eine teilweise Erwerbsfähigkeit verfüge. Damit bleibt für eine Interpretation des <ref-law>, wonach eine Leistungspflicht des Unfallversicherers für den status quo erhaltende Heilbehandlung auch über den rentenausschliessenden Fallabschluss hinaus besteht, kein Raum. Wirksame, zweckmässige und wirtschaftliche Heilbehandlung hat vielmehr die obligatorische Krankenpflegeversicherung zu gewähren (<ref-law>). Vorbehalten bleibt einzig der Anspruch auf weitere Heilbehandlung auf Grund von <ref-law> in Verbindung mit <ref-law>, (Rückfall oder Spätfolgen; SVR 2012 UV Nr. 6 S. 21 E. 5, 8C_191/2011). 3.1.2. Der Versicherte hat keinen Anspruch auf Übernahme der Kosten seiner Physiotherapie, da der Anspruch auf vorübergehende Leistungen wie Heilbehandlung und Taggeld mit dem Fallabschluss (Verfügung vom 24. Oktober 2006) dahingefallen ist, weder ein Rückfall noch Spätfolgen ausgewiesen sind und mangels Zusprechung einer Rente eine Übernahme auch nicht im Rahmen der (restriktiven) Voraussetzungen von <ref-law> in Frage kommt. 3.2. 3.2.1. Will der Unfallversicherer bisher gewährte Taggelder und Heilbehandlung zurückfordern, muss er den hiefür erforderlichen Rückkommenstitel der prozessualen Revision oder der Wiedererwägung ausweisen. Will er aber nicht so weit gehen, sondern die bisher zu Unrecht ausgerichteten Leistungen stehen lassen, ist Verfügungsgegenstand nur die zukünftige Leistungseinstellung, welche - wenn materiell-rechtlich begründet und mit überwiegender Wahrscheinlichkeit nachgewiesen - der Unfallversicherer ohne Rückkommensvoraussetzungen und damit ohne Bindung an früher ausgerichtete Leistungen vornehmen kann. Vorbehalten bleiben lediglich Fälle, in denen der Vertrauensschutz einem sofortigen Leistungsstopp entgegensteht (<ref-ruling> E. 2.3.1 S. 384 mit Hinweisen). Der in <ref-law> verankerte Grundsatz von Treu und Glauben verleiht einer Person Anspruch auf Schutz des berechtigten Vertrauens in behördliche Zusicherungen oder sonstiges, bestimmte Erwartungen begründendes Verhalten der Behörden (<ref-ruling> E. 3a S. 377 mit Hinweisen). Voraussetzung (vgl. dazu 137 II 182 E. 3.6.2 S. 193 mit Hinweisen) dafür ist, dass: a) es sich um eine vorbehaltlose Auskunft der Behörden handelt; b) die Auskunft sich auf eine konkrete, den Bürger berührende Angelegenheit bezieht; c) die Amtsstelle, welche die Auskunft gegeben hat, hiefür zuständig war oder der Bürger sie aus zureichenden Gründen als zuständig betrachten durfte; d) der Bürger die Unrichtigkeit der Auskunft nicht ohne weiteres hat erkennen können; e) der Bürger im Vertrauen hierauf nicht ohne Nachteil rückgängig zu machende Dispositionen getroffen hat; f) die Rechtslage zur Zeit der Verwirklichung noch die gleiche ist wie im Zeitpunkt der Auskunftserteilung; g) das Interesse an der richtigen Durchsetzung des objektiven Rechts dasjenige des Vertrauensschutzes nicht überwiegt. 3.2.2. Vorliegend beruft sich der Beschwerdeführer auf eine (angebliche) telefonische Zusicherung der Leistung sowie darauf, dass die bisherige Leistungsausrichtung eine Vertrauensgrundlage geschaffen habe, auf welche er sich habe verlassen dürfen. Dieser Ansicht kann nicht gefolgt werden. Es ist nicht ersichtlich, inwiefern der Versicherte eine nicht ohne Nachteil rückgängig zu machende Disposition getroffen hätte. Denn bei ausgewiesener medizinischer Notwendigkeit der Physiotherapie - was auch Voraussetzung für die Übernahme durch die Unfallversicherung ist - sind deren Kosten von der obligatorischen Krankenpflegeversicherung zu übernehmen (vgl. E. 3.1.1). Da für eine gesetzeswidrige Leistungszusprechung gestützt auf den Vertrauensgrundsatz sämtliche Voraussetzungen kumulativ erfüllt sein müssen, ist der Berufung auf den Grundsatz von Treu und Glauben kein Erfolg beschieden. Es ist demnach nicht zu beanstanden, dass die Zürich trotz zu Unrecht übernommener Heilbehandlung nach Fallabschluss eine zukünftige Ausrichtung weiterer Kosten der Physiotherapie ablehnte. 4. Das Verfahren ist kostenpflichtig. Der unterliegende Versicherte hat die Gerichtskosten zu tragen (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 800.- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen und dem Bundesamt für Gesundheit schriftlich mitgeteilt. Luzern, 28. Januar 2014 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Leuzinger Die Gerichtsschreiberin: Riedi Hunold
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2,013
fr
ASMAC-VSAO Fondation pour indépendants, Brunnhofweg 37, 3007 Bern, représentée par Me David Métille, avocat, Objet Prévoyance professionnelle (rente d'invalidité), recours contre le jugement du Tribunal administratif du canton de Berne, Cour des affaires de langue française, du 14 décembre 2012. Faits: A. A.a. Le docteur N._, spécialiste en psychiatrie, a travaillé dès le 1 er octobre 1997 en qualité de chef de clinique adjoint auprès de X._. A ce titre, il était affilié auprès de la Fondation de prévoyance de l'ASMAC ([Association suisse des médecins-assistant (e) s et chef (fe) s de clinique] devenue Vorsorgestiftung VSAO, Fondation de prévoyance ASMAC; ci-après: Fondation ASMAC). Par décision du 25 novembre 2002, l'Office de l'assurance-invalidité pour le canton de Vaud (ci-après: l'office AI) a alloué à N._ une rente entière de l'assurance-invalidité avec effet au 1 er mai 2002. Auparavant, soit le 30 août 2002, la Fondation ASMAC lui a indiqué qu'il avait droit à une rente entière d'invalidité de la prévoyance professionnelle avec effet dès le 1er août 2002, prestation qui lui a été versée sans modification durant les années suivantes. A.b. Après avoir quitté X._ avec effet au 30 septembre 2002, N._ a repris une activité en tant que psychiatre à titre indépendant à L._, à partir du mois de janvier 2003. Il s'est affilié comme indépendant auprès de la ASMAC-VSAO Fondation pour indépendants (VSAO-ASMAC Stiftung für Selbständigerwerbende; ci-après: Fondation pour les indépendants) dès le 1 er février 2004. Par décision du 1 er mai 2006, l'office AI a supprimé la rente entière d'invalidité de l'assuré avec effet au 1er juillet 2006, au motif que son incapacité de travail n'était plus que de 20 % dans son activité de psychiatre exercée à titre indépendant. Par la suite, l'office AI a mis N._ au bénéfice d'une demi-rente de l'assurance-invalidité à partir du 1er juin 2007 (décision du 11 août 2008). Le prénommé a requis l'augmentation de sa rente les 25 novembre et 2 décembre 2008, ce que lui a refusé l'administration, la décision à cet égard ayant fait l'objet d'un recours auprès du Tribunal cantonal du canton de Vaud, Cour des assurances sociales. De son côté, la Fondation ASMAC a nié le droit de N._ à une rente d'invalidité à partir du 1 er juin 2007, et refusé ensuite de lui allouer une rente d'invalidité partielle dès le 1er juin 2007. Le 4 décembre 2007, elle a, par ailleurs, déposé devant le Tribunal des assurances du canton de Vaud (aujourd'hui, Cour des assurances sociales du Tribunal cantonal du canton de Vaud) une demande en restitution des prestations versées à tort du 1er janvier 2004 au 30 avril 2006. Celle-ci a fait l'objet d'un jugement partiel (du 10 juin 2010) sur la question de la prescription, déféré au Tribunal fédéral (arrêt 9C_611/2010 du 15 décembre 2010), puis d'un jugement sur le fond (jugement du 6 novembre 2012), qui a derechef fait l'objet d'un recours au Tribunal fédéral. B. A son tour, par demande du 8 mai 2009, N._ a ouvert action contre la Fondation ASMAC devant le Tribunal administratif du canton de Berne, Cour des affaires de langue française, en concluant à ce qu'elle soit condamnée à lui verser une rente d'invalidité à partir du 1 er juin 2008. Après avoir fait verser le dossier de l'assurance-invalidité à la procédure et appelé en cause la Fondation pour les indépendants, le Tribunal administratif a rejeté la demande par jugement du 14 décembre 2012. C. Agissant par la voie du recours en matière de droit public, N._ demande au Tribunal fédéral, sous suite de frais et dépens, de réformer le jugement cantonal en ce sens que la Fondation ASMAC soit tenue de lui verser une rente d'invalidité dès le 1 er juin 2008. A titre subsidiaire, il conclut à l'annulation du jugement entrepris et au renvoi de la cause au Tribunal administratif pour nouvelle décision et/ou décision dans le sens des considérants.
Considérant en droit: 1. 1.1. Le Tribunal fédéral conduit son raisonnement juridique sur la base des faits établis par l'autorité précédente (<ref-law>). Il ne peut s'en écarter que si les faits ont été établis de façon manifestement inexacte - ce qui correspond à la notion d'arbitraire (<ref-ruling> consid. 2.4 p. 313; <ref-ruling> consid 8.1 p. 153) - ou en violation du droit au sens de l'<ref-law> (<ref-law>). La violation peut consister en un état de fait incomplet, car l'autorité précédente viole le droit matériel en n'établissant pas tous les faits pertinents pour l'application de celui-ci (<ref-ruling> consid. 4.3 p. 62). La partie recourante qui entend s'écarter des constatations de l'autorité précédente doit expliquer de manière circonstanciée en quoi les conditions d'une exception prévue par l'<ref-law> seraient réalisées. A défaut d'une telle motivation, il n'est pas possible de prendre en considération un état de fait qui diverge de celui contenu dans la décision attaquée, ni des faits qui n'y sont pas contenus (<ref-ruling> consid. 1.2 p. 187; <ref-ruling> consid. 1.4 et 6.2 p. 287 s.). 1.2. A l'appui de ses conclusions, le recourant produit un certificat médical du docteur R._, spécialiste FMH en neurologie, du 28 janvier 2013. Ce nouveau moyen ne peut toutefois pas être pris en considération par la Cour de céans dès lors que - sauf exception non réalisée en l'espèce -, un moyen de preuve qui n'a pas été examiné dans la procédure devant l'autorité précédente n'est pas admissible dans la procédure devant le Tribunal fédéral (<ref-law>; cf. <ref-ruling>). 2. 2.1. Est litigieux le droit du recourant à une rente d'invalidité de la prévoyance professionnelle de la part de l'intimée, dès le 1 er juin 2008. A cet égard, le jugement entrepris expose correctement les dispositions légales sur le droit à des prestations d'invalidité de la prévoyance professionnelle obligatoire, ainsi que sur la notion d'incapacité de travail et le double critère de la connexité matérielle et temporelle entre l'incapacité de travail et l'invalidité exigé par la jurisprudence pour fonder l'obligation de prester d'une institution de prévoyance à laquelle était affiliée l'intéressé (<ref-ruling> consid. 4.1 p. 275 et les arrêts cités). Il suffit d'y renvoyer. 2.2. On rappellera cependant que la relation de connexité temporelle suppose qu'après la survenance de l'incapacité de travail dont la cause est à l'origine de l'invalidité, la personne assurée n'ait pas à nouveau été capable de travailler pendant une longue période. L'existence d'un tel lien doit être examinée au regard de l'ensemble des circonstances du cas d'espèce, tels la nature de l'atteinte à la santé, le pronostic médical, ainsi que les motifs qui ont conduit la personne assurée à reprendre ou ne pas reprendre une activité lucrative. Pour la survenance de l'incapacité de travail au sens de l'<ref-law>, c'est la diminution de la capacité fonctionnelle de rendement dans la profession exercée jusque-là ou dans le champ des activités habituelles qui est déterminante (<ref-ruling> consid. 3.2.2 p. 23 et les références). La connexité temporelle avec l'invalidité ultérieure -en tant que condition supplémentaire du droit aux prestations d'invalidité de l'institution de prévoyance concernée - se définit en revanche d'après l'incapacité de travail, respectivement la capacité résiduelle de travail dans une activité raisonnablement exigible adaptée à l'atteinte à la santé. Une telle activité doit cependant permettre de réaliser, par rapport à l'activité initiale, un revenu excluant le droit à une rente (<ref-ruling> consid. 5.3 p. 27). 2.3. Les constatations de la juridiction cantonale relatives à l'incapacité de travail résultant d'une atteinte à la santé (survenance, degré, durée, pronostic) relèvent d'une question de fait et ne peuvent donc être examinées par le Tribunal fédéral que sous un angle restreint, dans la mesure où elles reposent sur une appréciation des circonstances concrètes du cas d'espèce (art. 97 al. 1 et 105 al. 1 et 2 LTF; arrêt 9C_182/2007 du 7 décembre 2007 [résumé dans la RSAS 2008 p. 383], consid. 4.1.1). Les conséquences que tire l'autorité cantonale de recours des constatations de fait quant à la connexité temporelle sont en revanche soumises au plein pouvoir d'examen du Tribunal fédéral (arrêt 9C_292/2008 du 22 août 2008). 3. 3.1. Se fondant sur les pièces médicales au dossier de l'assurance-invalidité du recourant, la juridiction cantonale a constaté que la capacité de travail de l'assuré s'était progressivement améliorée depuis le moment où il avait commencé à exercer son activité à titre indépendant en janvier 2003. D'abord de 10 à 20 %, la capacité de travail avait passé à 50 % à partir du 1 er juillet 2003, puis à 80 % dès le mois de janvier 2005, l'incapacité de travail de 20 % attestée à compter de cette dernière date étant due à une baisse de rendement supputée dans l'activité indépendante exercée. Ce n'est qu'à partir du 18 juin 2007 que le docteur R._ avait fait état d'une limitation de la capacité de travail à 60 % en raison d'une aggravation de l'état de santé, puis à 0 % du 27 juin au 1er juillet 2007 et, dès cette date, à 50 %. L'amélioration initiale de la situation médicale ressortait également des déclarations de l'assuré aux organes de l'assurance-invalidité, auxquels il avait indiqué travailler de 35 à 40 heures par semaine dès janvier 2005, ce qui correspondait à un taux d'activité de 87,5 % à 100 %. Selon les premiers juges, aucun élément au dossier ne permettait d'admettre que le recourant avait travaillé au-dessus de ses forces avant le mois de juin 2007, date à partir de laquelle il avait à nouveau bénéficié d'une demi-rente de l'assurance-invalidité. Dans ces circonstances, l'autorité judiciaire de première instance a retenu que le recourant avait recouvré une capacité de travail supérieure à 80 %, et même entière, entre janvier 2005 et juin 2007. A son avis, le taux exact de cette capacité pouvait demeurer indécis, parce qu'une incapacité de travail telle qu'elle ressortait du dossier entre janvier 2005 et juin 2007 (soit entre 20 et 10 %) ne suffisait pas à fonder une obligation de prester de l'intimée. La seule persistance d'une incapacité partielle de travail médico-théorique dûment attestée n'empêchait pas l'interruption de la connexité temporelle, si une capacité de travail dans une activité adaptée existait pendant un laps de temps suffisamment long et permettait de réaliser, par rapport à l'activité initiale, un revenu excluant le droit à une rente. Ces conditions étaient précisément réalisées, selon les premiers juges. Le recourant avait récupéré dès janvier 2005 un taux d'occupation pratiquement complet sur une période d'environ deux ans et demi (29 mois) dans son activité de médecin psychiatre, sans qu'on pût douter du maintien à terme de cette capacité économique. Par ailleurs, la comparaison entre les revenus déterminants (salaire versé par X._ et gain tiré de l'activité indépendante) montrait que l'assuré n'avait (pratiquement) pas subi de perte économique pendant la période courant de janvier 2005 à mi-juin 2007. La juridiction cantonale en a conclu que l'intimée n'était pas tenue à prestation à raison de la rechute médicale survenue en juin 2007, plus de 29 mois après que le recourant avait recouvré une capacité de travail et de gain suffisantes pour interrompre la connexité temporelle entre l'incapacité de travail initiale et la nouvelle invalidité évoquée dès 2007. 3.2. Reprochant aux premiers juges une constatation incomplète des faits pertinents et une appréciation arbitraire de ceux-ci, le recourant fait valoir en substance qu'il a présenté une incapacité de travail d'au moins 20 % pendant toute la période déterminante, comme cela ressortait de différents documents au dossier de l'assurance-invalidité. Aussi, la connexité temporelle n'avait-t-elle jamais été interrompue, si bien qu'il incombait à l'intimée de lui verser les prestations requises. 4. 4.1. Le recourant ne remet pas en cause les constatations de la juridiction cantonale selon lesquelles il a, de janvier 2005 à juin 2007, mis en oeuvre une capacité résiduelle de travail comme médecin indépendant, ce qui lui a permis de réaliser un revenu presque identique à celui qu'il avait obtenu de X._, de sorte qu'il n'a pratiquement pas subi de perte de gain de janvier 2005 à mi-juin 2007. Contrairement à ce qu'a retenu l'autorité judiciaire de première instance à ce sujet, en laissant ouvert le point de savoir à quel taux exact s'élevait la capacité résiduelle du recourant, le fait que celle-ci a permis à l'intéressé de réaliser un revenu excluant le droit à une rente ne suffit pas à nier la connexité temporelle entre l'incapacité de travail initiale et l'invalidité survenue postérieurement au mois de juin 2007. Une telle déduction ne peut pas se fonder sur la jurisprudence à laquelle s'est référée la juridiction cantonale (<ref-ruling> consid. 5.3 p. 27). Dans cet arrêt, le Tribunal fédéral a certes précisé que l'incapacité de travail, respectivement la capacité résiduelle de travail dans une activité raisonnablement exigible, d'après laquelle se définit la connexité temporelle entre l'incapacité de travail au sens de l'<ref-law> et l'invalidité ultérieure, devait permettre de réaliser par rapport à l'activité initiale un revenu excluant le droit à une rente, pour interrompre le lien de connexité temporelle (<ref-ruling> consid. 5.3 p. 27). Cela ne signifie toutefois pas que la réalisation d'un revenu excluant le droit à une rente suffise déjà à interrompre la connexité temporelle. Pour admettre une telle interruption, il faut avant tout que l'intéressé ait retrouvé une capacité de travail significative, que ce soit à 100 % ou à 80 % au moins (en référence au taux de 20 % [au moins] de la diminution de la capacité fonctionnelle de rendement dans la profession exercée jusque-là [cf. arrêt 9C_297/2010 du 23 septembre 2010 consid. 2.1, in SVR 2011 BVG n° 14 p. 51 et l'arrêt cité]). Le fait que l'intéressé est en mesure de réaliser un revenu excluant le droit à une rente n'apparaît déterminant que si l'intéressé dispose dans une activité raisonnablement exigible (autre que sa profession habituelle) une capacité de travail (presque) entière. Il n'y a pas lieu d'accorder à ce fait une signification plus étendue ou indépendante, même à la lumière de l'<ref-ruling> consid. 5.3 (arrêt 9C_536/2012 du 28 décembre 2012 consid. 3.2.2). En d'autres termes, la connexité temporelle est interrompue pour autant que la personne concernée dispose d'une capacité de travail dans une activité adaptée de 80 % au moins et que celle-ci lui permette de réaliser un revenu excluant le droit à une rente (dans ce sens, Marc Hürzeler, Commentaire LPP et LFLP, 2010, ad <ref-law>, n° 31 in fine p. 357; du même auteur, Der zeitliche Zusammenhang im Sinne von Art. 23 BVG - Klärung einer umstrittenen Fragestellung, REAS 1/2008 p. 34). 4.2. Sans déterminer précisément l'étendue de la capacité de travail du recourant en tant que psychiatre indépendant, la juridiction cantonale a constaté qu'il avait recouvré "une capacité de travail supérieure à 80 %, et même entière" entre janvier 2005 et juin 2007. Le recours ne contient aucune démonstration du caractère arbitraire de cette constatation de fait. Dans une large mesure, l'argumentation du recourant tend en effet à substituer sa propre appréciation à celle de l'autorité précédente, lorsqu'il se limite à affirmer qu'il est "acquis et indiscutable" qu'il a présenté une incapacité de travail de 20 % au moins durant la période déterminante. Contrairement à ce qu'il affirme par ailleurs, l'autorité judiciaire de première instance a mentionné tant le rapport du docteur O._ (du 9 février 2006), selon lequel il présentait une incapacité de 20 % depuis le 1 er janvier 2005, que l'évaluation de l'office AI (du 17 mars 2008), qui fait état de la capacité de travail de 80 % "selon Dr. O._". A l'issue d'une appréciation des preuves au dossier, les premiers juges ont exposé les raisons pour lesquelles ils retenaient une capacité de travail supérieure à celle (de 80 %) attestée par plusieurs médecins en s'appuyant non pas sur l'évaluation médicale, mais sur le taux d'activité effectué par le recourant dès le mois de janvier 2005. Ils se sont fondés sur les propres déclarations du recourant sur ses horaires de travail (35 à 40 heures par semaine dès janvier 2005 [questionnaire pour la révision de la rente du 8 janvier 2006]) et sur la réduction de son activité ("De 100 % à 90-80 % depuis décembre 2006 et de 90-80 % à 40 % depuis juin 2007" [questionnaire en vue d'un nouvel examen du droit aux prestations de l'assurance-invalidité du 15 août 2007]), ainsi que sur le taux d'activité de 86 % retenu par l'office AI en fonction du nombre de patients reçus par le recourant (Enquête économique pour les indépendants du 17 mars 2008). Le choix de suivre le taux d'activité effectivement exercé par le recourant pendant la période déterminante plutôt que l'évaluation médicale du docteur O._ relève en définitive de la libre appréciation des preuves et n'apparaît nullement arbitraire, quoi qu'en dise le recourant. On rappellera qu'il n'y a pas arbitraire du seul fait qu'une autre solution que celle retenue par l'autorité précédente pourrait entrer en considération ou même qu'elle serait préférable (cf. <ref-ruling> consid. 1.3 p. 4 sv.; <ref-ruling> consid. 5.4 p. 148). En particulier, le recourant allègue en vain les "efforts surhumains et une médication excessive" nécessaires pour conserver son taux d'activité de 80 % et l'incapacité quasi totale d'effectuer la gestion administrative de son cabinet qui devrait être prise en compte en plus de l'incapacité de travail de 20 %. Il s'agit d'affirmations qui ne sont pas rendues vraisemblables, ni étayées plus avant. Aucune pièce au dossier ne permet de douter que le taux d'activité de plus de 80 % (indiqué par le recourant et mis en évidence par l'office AI) ne correspondait pas à la capacité de travail effectivement mise en oeuvre par l'assuré de janvier 2005 à juin 2007. De plus, ce n'est qu'à partir de cette dernière date que les médecins ont indiqué une aggravation de l'état de santé du recourant qui l'empêchait de travailler à plus de 50 % (rapports des docteurs R._ du 24 octobre 2007 et C._ du 2 octobre 2007). Quant à la notion de "travail au dessus de ses forces", elle a été admise par le médecin du Service médical régional de l'assurance-invalidité en janvier 2008 en rapport avec une activité qui aurait alors dépassé un taux de 50 % (avis du docteur D._ du 30 janvier 2008 et enquête économique pour les indépendants du 17 mars 2008), de sorte que le recourant ne peut rien en tirer pour la période antérieure à mi-juin 2007. On peut, pour le surplus, renvoyer aux considérations convaincantes de la juridiction cantonale sur ce point. Cela étant, il n'y a pas de motif de s'écarter des constatations du jugement attaqué relatives à l'étendue de la capacité de travail du recourant pendant la période déterminante. Pour le reste, il ne remet pas sérieusement en cause celles sur le revenu qu'il a été en mesure de réaliser en fonction de la capacité de travail retenue et qui excluait le droit à une rente. 4.3. Sur le vu des faits constatés, la juridiction précédente était fondée à conclure que la connexité temporelle entre l'incapacité de travail au sens de l'<ref-law> et l'invalidité ultérieure avait été interrompue. Le jugement attaqué, par lequel est niée l'obligation de l'intimée de verser une rente d'invalidité au recourant à partir du 1 er janvier 2008, n'est dès lors pas critiquable et le recours se révèle mal fondé. 5. Vu l'issue de la procédure, le recourant est tenu de prendre en charge les frais de justice (<ref-law>).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 800 fr., sont mis à la charge du recourant. 3. Le présent arrêt est communiqué aux parties, à l'ASMAC-VSAO Fondation pour indépendants, au Tribunal administratif du canton de Berne, Cour des affaires de langue française, et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 4 juillet 2013 Au nom de la IIe Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse Le Président: Kernen La Greffière: Moser-Szeless
CH_BGer_009
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2,015
de
In Erwägung, dass der Einzelrichter am Bezirksgericht Einsiedeln dem Beschwerdegegner auf Gesuch des Beschwerdeführers hin mit Verfügung vom 5. Juni 2015 im summarischen Verfahren untersagte, "die auf der Liegenschaft Nr. xxx befindlichen Christbaumparzellen und den dazwischen liegenden Waldweg zu betreten"; dass das Kantonsgericht Schwyz die Verfügung vom 5. Juni 2015 mit Beschluss vom 19. Oktober 2015 in Gutheissung einer vom Beschwerdegegner erhobenen Berufung aufhob und auf das Gesuch des Beschwerdeführers nicht eintrat mit der Begründung, der Sachverhalt sei weder unbestritten noch sofort beweisbar und das anzuwendende Recht auch nicht klar, so dass keine der Voraussetzungen für die Anwendung des Verfahrens zur Gewährung des Rechtsschutzes in klaren Fällen nach <ref-law> gegeben sei; dass der Beschwerdeführer dem Bundesgericht mit Eingabe vom 16. November 2015 erklärte, den Beschluss des Kantonsgerichts Schwyz vom 19. Oktober 2015 mit Beschwerde anfechten zu wollen; dass in den Rechtsmitteln an das Bundesgericht unter Bezugnahme auf die Erwägungen des kantonalen Entscheids dargelegt werden muss, welche Rechte der beschwerdeführenden Partei durch das kantonale Gericht verletzt worden sind (<ref-law>), wobei eine allfällige Verletzung der bundesrechtlichen Grundrechte oder kantonaler verfassungsmässiger Rechte vom Bundesgericht nicht von Amtes wegen geprüft wird, sondern nur dann, wenn entsprechende Rügen in der Beschwerdeschrift ausdrücklich erhoben und begründet werden (<ref-law>); dass das Bundesgericht seinem Entscheid den Sachverhalt zugrunde legt, den die Vorinstanz festgestellt hat (<ref-law>), und es davon nur abweichen kann, wenn eine Sachverhaltsfeststellung offensichtlich unrichtig, mithin willkürlich ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruht (Art. 97 Abs. 1 und <ref-law>), was die beschwerdeführende Partei präzise geltend zu machen hat; dass neue tatsächliche Vorbringen und Beweismittel grundsätzlich ausgeschlossen sind (<ref-law>); dass es demnach nicht angeht, in einer Beschwerde an das Bundesgericht appellatorische Kritik an der Beweiswürdigung des kantonalen Gerichts zu üben und Ergänzungen bezüglich der tatsächlichen Feststellungen vorzunehmen, als ob dem Bundesgericht im Beschwerdeverfahren die freie Prüfung aller Tatfragen zukäme (<ref-ruling> E. 2.3; <ref-ruling> E. 3; <ref-ruling> E. 2.2); dass sich der Beschwerdeführer nicht mit den Erwägungen des angefochtenen Beschlusses des Kantonsgerichts Schwyz vom 19. Oktober 2015auseinandersetzt und aufzeigt, inwiefern die Vorinstanz mit ihrem Entscheid Bundesrecht verletzt hätte, sondern dem Bundesgericht einen Sachverhalt unterbreitet, der von dem vorinstanzlich verbindlich festgestellten abweicht, ohne rechtsgenügend zu begründen, inwiefern dies nach <ref-law> zulässig sein soll; dass die Eingabe des Beschwerdeführers vom 16. November 2015 die erwähnten Begründungsanforderungen daher offensichtlich nicht erfüllt, weshalb auf die Beschwerde in Anwendung von <ref-law> nicht eingetreten werden kann; dass der Beschwerdeführer bei diesem Verfahrensausgang kostenpflichtig wird (<ref-law>); dass der Beschwerdegegner keinen Anspruch auf eine Parteientschädigung hat, da ihm aus dem bundesgerichtlichen Verfahren kein Aufwand erwachsen ist (<ref-law>);
erkennt die Präsidentin: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Es wird keine Parteientschädigung zugesprochen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Kantonsgericht Schwyz, 2. Zivilkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 9. Dezember 2015 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Kiss Der Gerichtsschreiber: Leemann
CH_BGer_004
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2,007
de
In Erwägung, dass sich die 1965 geborene S._, verheiratet und Mutter zweier Kinder, am 4. März 2002 bei der IV-Stelle Schaffhausen zum Leistungsbezug anmeldete, dass die Verwaltung die beruflich-erwerblichen, die haushaltlichen und die medizinischen Verhältnisse abklärte, wobei sie unter anderem ein Gutachten der Medizinischen Abklärungsstelle (nachfolgend: MEDAS-Gutachten) vom 18. August 2004 einholte und die Erstellung eines Haushaltsberichtes vom 9. November 2004 veranlasste, dass die IV-Stelle mit Verfügung vom 6. April 2005 einen Anspruch auf Invalidenrente verneinte, dass die Verwaltung auf Einsprache hin - nach Beizug einer Stellungnahme der MEDAS vom 16. Dezember 2005 - an ihrem Standpunkt festhielt (Entscheid vom 8. Februar 2006), dass das Obergericht des Kantons Schaffhausen die dagegen erhobene Beschwerde sowie das Gesuch um unentgeltliche Verbeiständung für das kantonale Gerichtsverfahren abwies (Entscheid vom 17. November 2006), dass S._ Verwaltungsgerichtsbeschwerde führen und beantragen lässt, unter Gewährung unentgeltlicher Prozessführung und Verbeiständung sei der vorinstanzliche Gerichtsentscheid aufzuheben und es sei ihr eine ganze Invalidenrente zuzusprechen, im Übrigen sei die unentgeltliche Verbeiständung auch für das kantonale Gerichtsverfahren zu gewähren, dass die IV-Stelle auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde schliesst, während das Bundesamt für Sozialversicherungen auf eine Vernehmlassung verzichtet, dass das Bundesgesetz über das Bundesgericht vom 17. Juni 2005 (BGG; SR 173.110) am 1. Januar 2007 in Kraft getreten ist (AS 2006 1205, 1243), der angefochtene Entscheid indessen vorher ergangen ist, weshalb sich das Verfahren noch nach OG richtet (<ref-law>; <ref-ruling> E. 1.2 S. 395), dass das Bundesgericht das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege mit Entscheid vom 29. Mai 2007 abgewiesen und S._ zur Bezahlung eines Kostenvorschusses von Fr. 500.- eine Frist von 14 Tagen angesetzt hat, verbunden mit der Androhung, dass bei Nichtleistung des Vorschusses innert Frist auf die Verwaltungsgerichtsbeschwerde nicht eingetreten werde, dass S._ den Kostenvorschuss innert der angesetzten Frist bezahlt hat, dass die Vorinstanz die für den Anspruch auf Invalidenrente einschlägigen gesetzlichen Bestimmungen und Grundsätze zutreffend dargelegt hat, worauf verwiesen wird (zum Umfang des Rentenanspruchs: <ref-law> in der bis 31. Dezember 2003 gültig gewesenen und in der seit 1. Januar 2004 geltenden Fassung; zur Beweiswürdigung und zum Beweiswert medizinischer Berichte und Gutachten: <ref-ruling> E. 3a S. 352 mit Hinweisen; zu den Voraussetzungen, unter denen einer somatoformen Schmerzstörung und einer Fibromyalgie ausnahmsweise invalidisierender Charakter zukommt: <ref-ruling> und <ref-ruling>), dass das kantonale Gericht zum Schluss gelangte, der Beschwerdeführerin sei eine den gesundheitlichen Leiden angepasste Tätigkeit im Umfang von 50 % zumutbar und im Haushalt bestehe eine Einschränkung von 29,5 %, dass diese in Nachachtung des Grundsatzes der freien Beweiswürdigung und der daraus fliessenden Pflicht zur umfassenden, sorgfältigen, objektiven und inhaltsbezogenen Beweiswürdigung (<ref-law>) getroffenen Feststellungen betreffend (Rest-)Arbeitsfähigkeit und Einschränkung im Haushalt tatsächlicher Natur und daher für das Bundesgericht grundsätzlich verbindlich sind (Art. 132 Abs. 2 OG [in der Fassung gemäss Ziff. III des Bundesgesetzes vom 16. Dezember 2005 über die Änderung des IVG, in Kraft seit 1. Juli 2006] in Verbindung mit Art. 104 lit. a und b sowie Art. 105 Abs. 2 OG; <ref-ruling> E. 3.2 S. 397), dass das kantonale Gericht seinen Standpunkt einlässlich begründet hat und seine Feststellungen betreffend (Rest-)Arbeitsfähigkeit und Einschränkung im Haushalt nach Lage der Akten auf Grund der Vorbringen der Beschwerdeführerin nicht offensichtlich unrichtig sind, woran die divergierenden Stellungnahmen der behandelnden Ärzte - nach den zutreffenden Erwägungen der Vorinstanz - nichts zu ändern vermögen, dass der von der Vorinstanz - in antizipierter Beweiswürdigung (vgl. statt vieler: <ref-ruling> E. 4b S. 94) - getroffene Verzicht auf ergänzende Beweisvorkehren mit Blick darauf, dass der rechtserhebliche Sachverhalt mittels eines schlüssigen fachärztlichen Gutachtens abgeklärt worden ist, vor Bundesrecht stand hält (Art. 104 lit. a OG), dass das Verfahren kostenpflichtig ist (Art. 134 zweiter Satz OG in der ab 1. Juli 2006 gültig gewesenen Fassung) und die Gerichtskosten der Beschwerdeführerin als unterliegender Partei aufzuerlegen sind (Art. 156 Abs. 1 in Verbindung mit Art. 135 OG), dass die Verwaltungsgerichtsbeschwerde offensichtlich unbegründet ist, weshalb sie im Verfahren nach Art. 36a Abs. 1 lit. b OG erledigt wird, dass sich die vorinstanzliche Ablehnung des Gesuchs um unentgeltliche Verbeiständung zufolge Aussichtslosigkeit der beim kantonalen Gericht erhobenen Beschwerde nicht beanstanden lässt,
erkennt das Bundesgericht: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt und mit dem geleisteten Kostenvorschuss verrechnet. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Obergericht des Kantons Schaffhausen, der Ausgleichskasse der Aarg. Industrie- und Handelskammer, Aarau, und dem Bundesamt für Sozialversicherungen zugestellt. Luzern, 4. Juli 2007 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin:
CH_BGer_008
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2,011
de
Nach Einsicht in die Beschwerde des Z._ vom 20. September 2011 (Poststempel) gegen den Entscheid des Kantonsgerichts Basel-Landschaft, Abteilung Sozialversicherungsrecht, vom 23. Juni 2011, in die Mitteilung des Bundesgerichts vom 22. September 2011, worin auf die gesetzlichen Formerfordernisse von Beschwerden hinsichtlich Begehren und Begründung sowie auf die nur innert der Rechtsmittelfrist noch bestehende Verbesserungsmöglichkeit hingewiesen worden ist, in die daraufhin dem Bundesgericht von Z._ am 27. September 2011 (Poststempel) zugestellte Eingabe,
in Erwägung, dass ein Rechtsmittel gemäss Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG unter anderem die Begehren und deren Begründung zu enthalten hat, wobei in der Begründung in gedrängter Form darzulegen ist, inwiefern der angefochtene Entscheid Recht verletzt, ansonsten auf das Rechtsmittel nicht eingetreten wird (<ref-law>); <ref-law> nennen dabei die vor Bundesgericht zulässigen Beschwerdegründe, dass dabei konkret auf die für das Ergebnis des angefochtenen Entscheids massgeblichen Erwägungen der Vorinstanz einzugehen und im Einzelnen zu zeigen ist, welche Vorschriften und weshalb sie von der Vorinstanz verletzt worden sind (<ref-ruling> E. 1.4 S. 287); eine rein appellatorische Kritik genügt nicht (vgl. <ref-ruling> E. 1.3.1 S. 68 und 134 II 244 E. 2.3 S. 246 f.; vgl. auch Laurent Merz, in: Basler Kommentar zum Bundesgerichtsgesetz, 2008, N. 53 sowie 56 f. zu <ref-law> und dortige weitere Hinweise), dass sich der Beschwerdeführer in seinen Eingaben vom 20. und 27. September 2011 mit den für das Ergebnis des angefochtenen Entscheids massgeblichen Erwägungen der Vorinstanz nicht in einer den gesetzlichen Anforderungen an die Begründungspflicht genügenden Weise auseinandersetzt, indem er namentlich weder rügt noch aufzeigt, inwiefern das kantonale Gericht in seinen Erwägungen konkret eine Rechtsverletzung gemäss Art. 95 f. BGG bzw. eine entscheidwesentliche, offensichtlich unrichtige oder unvollständige Sachverhaltsfeststellung im Sinne von <ref-law> begangen haben sollte, dass dieser Begründungsmangel offensichtlich ist (<ref-law>), dass demnach, bei allem Verständnis für die Lage des Beschwerdeführers, kein gültiges Rechtsmittel eingereicht worden ist, obwohl das Bundesgericht auf die entsprechenden Anforderungen an Beschwerden und die nur innert der Rechtsmittelfrist noch bestehende Möglichkeit einer Verbesserung der Eingabe in der Mitteilung vom 22. September 2011 eigens hingewiesen hatte, dass somit - ohne Ansetzung einer Nachfrist zur Verbesserung (BGE 134 II 244 E. 2.4 S. 247) - auf die Beschwerde nicht eingetreten werden kann, dass es sich bei den gegebenen Verhältnissen rechtfertigt, von der Erhebung von Gerichtskosten für das bundesgerichtliche Verfahren ausnahmsweise abzusehen (<ref-law>), weshalb sich das sinngemässe Begehren um unentgeltliche Prozessführung als gegenstandslos erweist, dass in den Fällen des <ref-law> das vereinfachte Verfahren zum Zuge kommt und der Abteilungspräsident zuständig ist,
erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Kantonsgericht Basel-Landschaft, Abteilung Sozialversicherungsrecht, und dem Staatssekretariat für Wirtschaft schriftlich mitgeteilt. Luzern, 20. Oktober 2011 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Ursprung Der Gerichtsschreiber: Batz
CH_BGer_008
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2,013
de
In Erwägung, dass das Bundesgericht das Gesuch der Beschwerdeführerin um Gewährung der unentgeltlichen Prozessführung für das bundesgerichtliche Verfahren mit Verfügung vom 8. März 2013 abwies und die Beschwerdeführerin am 18. März 2013 aufforderte, einen Kostenvorschuss in der Höhe von Fr. 2'000.-- zu leisten; dass das Bundesgericht sodann ein gegen die Abweisung der unentgeltlichen Rechtspflege gerichtetes Wiedererwägungsgesuch der Beschwerdeführerin vom 28. März 2013 mit Verfügung vom 19. April 2013 abwies, soweit es darauf eintrat, und der Beschwerdeführerin am 30. April 2013 eine neue Frist zur Bezahlung des Kostenvorschusses ansetzte; dass die Beschwerdeführerin den Kostenvorschuss auch innerhalb der ihr mit Verfügung vom 17. Mai 2013 angesetzten Nachfrist nicht geleistet hat; dass somit gestützt auf <ref-law> auf die Beschwerde nicht einzutreten ist; dass die Kosten des bundesgerichtlichen Verfahrens der Beschwerdeführerin aufzuerlegen sind (<ref-law>); dass dem Beschwerdegegner keine Parteientschädigung zuzusprechen ist, da ihm durch das bundesgerichtliche Verfahren kein Aufwand erwachsen ist; erkennt die Einzelrichterin im Verfahren nach <ref-law>: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.-- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Aargau, Zivilgericht, 1. Kammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 18. Juni 2013 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Einzelrichterin: Kiss Der Gerichtsschreiber: Kölz
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2,008
fr
Considérant en fait et en droit: 1. Par une décision rendue le 28 juillet 2008, la Chambre d'accusation de la Cour suprême du canton de Berne a refusé d'entrer en matière sur une prise à partie déposée par A._, qui critiquait une ordonnance rendue par le Président 5 e.o. de l'arrondissement judiciaire I Courtelary-Moutier-La Neuveville dans une procédure pénale dirigée contre lui (décision AK 08 375). Le 7 août 2008, A._ a écrit à la Chambre d'accusation pour faire part de son opposition ("Einspruch") à la décision précitée, qui selon lui était arbitraire et violait ses droits constitutionnels. Il a envoyé une copie de cet acte au Tribunal fédéral ("Kopie zur Handlungsaufforderung"). La Chambre d'accusation a par ailleurs transmis d'office cette écriture au Tribunal fédéral. 2. Le 13 août 2008, le Président de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral a écrit à A._ en l'informant que son acte avait été enregistré comme un recours en matière pénale au Tribunal fédéral et en l'invitant à effectuer une avance de frais de 500 fr. jusqu'au 29 août 2008, conformément à l'<ref-law>. Le recourant n'ayant pas acquitté ce montant, un nouveau délai pour payer l'avance de frais, échéant le 19 septembre 2008, a été fixé d'office par une ordonnance du 8 septembre 2008, qui invitait en outre le recourant à déposer une preuve du paiement, une fois celui-ci effectué. La somme requise n'a pas été payée. A._ a cependant écrit, à deux reprises, pour s'opposer aux ordonnances relatives à l'avance de frais. Comme il n'existe pas de voie de recours ni d'opposition contre les ordonnances rendues sur la base de l'<ref-law>, aucune suite ne doit être donnée à ces oppositions (cf. arrêt 1F_14/2008 du 2 juillet 2008, consid. 3, dans une cause introduite également par A._). 3. L'avance de frais de 500 fr. n'ayant pas été versée dans le délai supplémentaire fixé conformément à l'art. 62 al. 3, 2ème phrase LTF, le recours est irrecevable pour ce motif, en vertu de la règle de l'art. 62 al. 3, 3ème phrase LTF. L'irrecevabilité étant manifeste, l'affaire doit être liquidée selon la procédure simplifiée de l'<ref-law>. 4. Le recourant, qui succombe, doit supporter les frais du présent arrêt (<ref-law>).
Par ces motifs, le Juge unique prononce: 1. Le recours est irrecevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 300 fr., sont mis à la charge du recourant. 3. Le présent arrêt est communiqué au recourant, au Président 5 e.o. de l'arrondissement judiciaire I Courtelary-Moutier-La Neuveville et à la Chambre d'accusation de la Cour suprême du canton de Berne. Lausanne, le 25 septembre 2008 Au nom de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Juge unique: Le Greffier: Féraud Jomini
CH_BGer_001
Federation
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2,000
de
Aufenthaltsbewilligung, hat sich ergeben: A.- N.E._, geb. 1956, schweizerischer Staatsangehöriger, heiratete am 24. Dezember 1997 in Mazedonien die mazedonische Staatsangehörige E.E._, geb. 1966. Am 5. April 1998 reiste die Ehefrau im Rahmen des Familiennachzugs in die Schweiz ein. Sie erhielt eine Aufenthaltsbewilligung, gültig bis 4. April 1999. E.E._ hat drei Kinder aus erster Ehe, welche in Mazedonien zurückblieben. B.- Am 29. März 1999 lehnte die Fremdenpolizei des Kantons St. Gallen die Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung ab, weil sie zum Schluss gekommen war, dass es sich um eine blosse Scheinehe handle. Einen von N.E._ eingereichten Rekurs wies das Justiz- und Polizeidepartement mit Entscheid vom 20. Dezember 1999 ab. Mit Urteil vom 16. März 2000 wies auch das Verwaltungsgericht des Kantons St. Gallen die von N.E._ erhobene Beschwerde ab. C.- Am 5. Mai 2000 hat N.E._ Verwaltungsgerichtsbeschwerde an das Bundesgericht erhoben. Er beantragt, das Urteil des Verwaltungsgerichts vom 16. März 2000 aufzuheben und die Aufenthaltsbewilligung seiner Ehefrau zu verlängern. Im Übrigen ersucht er um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege und Verbeiständung für das bundesgerichtliche Verfahren wie auch für dasjenige vor Verwaltungsgericht. Das Justiz- und Polizeidepartement und das Verwaltungsgericht des Kantons St. Gallen sowie das Bundesamt für Ausländerfragen beantragen die Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1.- a) Nach Art. 100 Abs. 1 lit. b Ziff. 3 OG ist die Verwaltungsgerichtsbeschwerde auf dem Gebiete der Fremdenpolizei unzulässig gegen die Erteilung oder Verweigerung von Bewilligungen, auf die das Bundesrecht keinen Anspruch einräumt. Gemäss Art. 4 des Bundesgesetzes vom 26. März 1931 über Aufenthalt und Niederlassung der Ausländer (ANAG; SR 142. 20) entscheidet die zuständige Behörde, im Rahmen der gesetzlichen Vorschriften und der Verträge mit dem Ausland, nach freiem Ermessen über die Bewilligung von Aufenthalt oder Niederlassung. Es besteht damit grundsätzlich kein Anspruch auf Erteilung einer Aufenthaltsbewilligung, es sei denn, der Ausländer könne sich auf eine Sondernorm des Bundesrechts oder eines Staatsvertrags berufen (<ref-ruling> E. 2a S. 291, 361 E. 1a S. 364; <ref-ruling> E. 1b S. 147, je mit Hinweisen). b) Gemäss Art. 7 ANAG hat der ausländische Ehegatte eines Schweizer Bürgers Anspruch auf Erteilung und Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung (Abs. 1 Satz 1); der Anspruch erlischt, wenn ein Ausweisungsgrund vorliegt (Abs. 1 Satz 3). Kein Anspruch besteht, wenn die Ehe eingegangen worden ist, um die Vorschriften über Aufenthalt und Niederlassung von Ausländern und namentlich jene über die Begrenzung der Zahl der Ausländer zu umgehen (Abs. 2). Für die Zulässigkeit der Verwaltungsgerichtsbeschwerde kommt es nur darauf an, ob formell eine eheliche Beziehung besteht. Die Frage, ob im konkreten Fall die Voraussetzungen zur Verfolgung des Anspruches erfüllt sind, namentlich ob wegen einer Scheinehe eine Ausnahme vorliegt, ist materieller Natur (<ref-ruling> E. 2b S. 18). Auf die Verwaltungsgerichtsbeschwerde ist daher einzutreten. 2.- a) Der ausländische Ehegatte eines Schweizer Bürgers hat nach Art. 7 Abs. 2 ANAG dann keinen Anspruch auf die ihm nach Abs. 1 dieser Bestimmung grundsätzlich zustehende Erteilung und Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung, wenn die Ehe eingegangen worden ist, um die Vorschriften über Aufenthalt und Niederlassung von Ausländern zu umgehen. Dass Ehegatten mit der Heirat nicht eine eheliche Lebensgemeinschaft begründen, sondern die Vorschriften über Aufenthalt und Niederlassung von Ausländern umgehen wollen, entzieht sich in der Regel dem direkten Beweis und kann diesfalls, wie das bereits früher bei der Bürgerrechtsehe zutraf (vgl. dazu <ref-ruling>), nur durch Indizien nachgewiesen werden. Ein solches Indiz lässt sich darin erblicken, dass dem Ausländer die Wegweisung drohte, etwa weil er ohne Heirat keine Aufenthaltsbewilligung erhalten hätte oder sie ihm nicht verlängert worden wäre. Für das Vorliegen einer Ausländerrechtsehe können sodann die Umstände und die kurze Dauer der Bekanntschaft sprechen sowie insbesondere die Tatsache, dass die Ehegatten eine Wohngemeinschaft gar nie aufgenommen haben. Dasselbe gilt, wenn für die Heirat eine Bezahlung vereinbart wurde. Dass die Begründung einer wirklichen Lebensgemeinschaft gewollt war, kann umgekehrt nicht schon daraus abgeleitet werden, dass die Ehegatten während einer gewissen Zeit zusammenlebten und intime Beziehungen unterhielten; ein derartiges Verhalten kann auch nur vorgespiegelt sein, um die Behörden zu täuschen (<ref-ruling> E. 2b S. 295; <ref-ruling> E. 2b S. 3, 97 E. 3b S. 101 f.; <ref-ruling> E. 4b S. 420 f.; vgl. <ref-ruling> E. 2c S. 7). Für die Anwendbarkeit von Art. 7 Abs. 2 ANAG genügt es freilich nicht, dass die Ehe abgeschlossen wurde, um dem ausländischen Ehegatten den Aufenthalt in der Schweiz zu ermöglichen; erforderlich ist vielmehr, dass die eheliche Gemeinschaft nicht wirklich gewollt war. Auf die Motive der Heirat kommt es mit anderen Worten nicht an, sofern der Wille vorhanden ist, eine Lebensgemeinschaft zu begründen (<ref-ruling> E. 3b S. 102 mit Hinweis; vgl. <ref-ruling> E. 1b S. 6). b) Die Eheleute E._ haben geheiratet, um der Ehefrau ein Anwesenheitsrecht in der Schweiz zu verschaffen. Der Beschwerdeführer hat sich dahin geäussert, "man" habe ihn gefragt, wie "man" es arrangieren könne, dass E.E._ in die Schweiz einreisen könne. Darauf habe er sich entschlossen, ihr eine Chance zu geben, und sei nach Kavadarci gereist, um sie kennen zu lernen. Die Ehefrau selber hat ausgesagt, sie hätte ihren Mann am 14. Dezember 1997 kennen gelernt. Schon 10 Tage später, am 24. Dezember 1997, erfolgte die Heirat. Dabei waren keine Familienangehörigen anwesend, nicht einmal die Kinder der Ehefrau, und es gab auch kein Hochzeitsfest. Der Ehefrau war es - nach eigener Aussage - gleichgültig, schon nach so kurzer Zeit zu heiraten. Aus Gutmütigkeit, wie sich der Beschwerdeführer ausdrückte, wollte er seiner Frau die Möglichkeit geben, ihre wirtschaftliche Situation zu verbessern; es gehe ihr vor allem darum, hier für ihre drei Kinder Geld zu verdienen. Zugleich scheint er sich von der Heirat versprochen zu haben, nach seiner Scheidung wieder mit einer Frau zusammenleben zu können. Aus diesen Umständen der Heirat ist zu schliessen, dass der Wunsch für die Ehefrau, in der Schweiz ein Anwesenheitsrecht zu erhalten, überragende Bedeutung für den Heiratsentschluss hatte. Das reicht für die Annahme einer Scheinehe freilich noch nicht aus, sofern die Ehegatten dennoch tatsächlich eine Lebensgemeinschaft eingehen wollten. c) Dazu ist zunächst festzuhalten, dass die Eheleute, wenn überhaupt, nur sehr kurz zusammengelebt haben, nach Angaben des Beschwerdeführers drei Monate, nach Darstellung seiner Frau zwei Monate. Im Laufe des Verfahrens haben sie wieder eine gemeinsame Wohnung genommen, allerdings mit getrennten Schlafzimmern. Noch einen Monat nach ihrer Rückkehr in die eheliche Wohnung, befanden sich überdies weit mehr persönliche Gegenstände und Kleider der Ehefrau im Zimmer bei ihrem Arbeitgeber als in der ehelichen Wohnung selbst. Über die beruflichen Verhältnisse ihres Mannes und seine Verwandten weiss die Ehefrau praktisch nichts. Sie ist seiner Mutter und seinen Geschwistern auch nicht vorgestellt worden, obwohl der Beschwerdeführer Kontakt zu ihnen hat. Auch umgekehrt zeigt der Beschwerdeführer keinerlei Interesse an den Verwandten seiner Frau, er kennt nicht einmal den Namen ihres Bruders, bei dem er sich in Mazedonien aufgehalten haben soll, oder ihres Vaters. d) Die Ehe ist eingegangen worden, um der Ehefrau den Aufenthalt in der Schweiz zu ermöglichen. Eine wirkliche Lebensgemeinschaft haben die Ehegatten zudem nicht aufgenommen. Bei dieser Sachlage haben die kantonalen Behörden die Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung verweigern dürfen, ohne Bundesrecht zu verletzen. 3.- Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde ist demnach als unbegründet abzuweisen. Bei diesem Ausgang sind die Kosten des bundesgerichtlichen Verfahrens dem Beschwerdeführer aufzuerlegen (Art. 156 Abs. 1 in Verbindung mit Art. 153 und Art. 153a OG). Seinem Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung (Art. 152 OG) kann nicht entsprochen werden, da er es - trotz Aufforderung (Schreiben des Abteilungspräsidenten vom 9. Mai 2000) - unterlassen hat, seine Bedürftigkeit auszuweisen.
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1.- Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 2.- Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wird abgewiesen. 3.- Die Gerichtsgebühr von Fr. 2'000.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 4.- Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, dem Justiz- und Polizeidepartement und dem Verwaltungsgericht des Kantons St. Gallen sowie dem Bundesamt für Ausländerfragen schriftlich mitgeteilt. _ Lausanne, 21. August 2000 Im Namen der II. öffentlichrechtlichen Abteilung des SCHWEIZERISCHEN BUNDESGERICHTS Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
CH_BGer_002
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2,002
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. H._, geboren 1938, erlitt am 9. Oktober 1995 einen Berufsunfall, der eine bleibende Augenschädigung zur Folge hatte. Nach medizinischen und erwerblichen Abklärungen sprach ihm die Schweizerische Unfallversicherungsanstalt (SUVA) mit Verfügung vom 19. Februar 1998 basierend auf einer Erwerbsunfähigkeit von 33 1/3 % eine monatliche Invalidenrente von Fr. 1'832.- sowie eine Integritätsentschädigung von Fr. 29'160.-, entsprechend einem Integritätsschaden von 30 % zu. Sie stützte sich dabei im Wesentlichen auf Berichte der Klinik für Augenkrankheiten am Kantonsspital X._ vom 2. April und 9. Oktober 1997. Diese Verfügung erwuchs unangefochten in Rechtskraft. Im invalidenversicherungsrechtlichen Verfahren wurde unter Bezugnahme auf einen Bericht des Zentrums Y._ vom Mai 1998 eine Erwerbsunfähigkeit von 70 % festgestellt (Vorbescheid vom 2. November 1998; Verfügung vom 14. Januar 1999). Unter Hinweis auf den Vorbescheid liess H._ am 2. Dezember 1998 ein Revisionsbegehren, eventualiter ein Wiedererwägungsgesuch stellen und subeventualiter die Ausrichtung einer dem Hauptantrag entsprechenden Rente von mindestens 70 %, spätestens ab 1. Juni 1998 beantragen. Die SUVA lehnte mit Verfügung vom 15. Dezember 1998 das Gesuch auf Revision bzw. Wiedererwägung ab. Hiegegen liess H._ Einsprache erheben. In der Folge befragte die SUVA den Versicherten und ordnete eine erneute Untersuchung in der Klinik für Augenkrankheiten am Kantonsspital X._ an. Gestützt auf die dabei erhobenen Befunde (Bericht vom 26. August 1999) wies sie die Einsprache mit Entscheid vom 5. November 1999 ab. Im invalidenversicherungsrechtlichen Verfahren wurde unter Bezugnahme auf einen Bericht des Zentrums Y._ vom Mai 1998 eine Erwerbsunfähigkeit von 70 % festgestellt (Vorbescheid vom 2. November 1998; Verfügung vom 14. Januar 1999). Unter Hinweis auf den Vorbescheid liess H._ am 2. Dezember 1998 ein Revisionsbegehren, eventualiter ein Wiedererwägungsgesuch stellen und subeventualiter die Ausrichtung einer dem Hauptantrag entsprechenden Rente von mindestens 70 %, spätestens ab 1. Juni 1998 beantragen. Die SUVA lehnte mit Verfügung vom 15. Dezember 1998 das Gesuch auf Revision bzw. Wiedererwägung ab. Hiegegen liess H._ Einsprache erheben. In der Folge befragte die SUVA den Versicherten und ordnete eine erneute Untersuchung in der Klinik für Augenkrankheiten am Kantonsspital X._ an. Gestützt auf die dabei erhobenen Befunde (Bericht vom 26. August 1999) wies sie die Einsprache mit Entscheid vom 5. November 1999 ab. B. H._ liess hiegegen Beschwerde erheben unter Erneuerung der im SUVA-Verfahren gestellten Rechtsbegehren. Das Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen wies am 25. April 2001 die Beschwerde hinsichtlich des Revisionsbegehrens ab, hiess sie dagegen bezüglich des Wiedererwägungsgesuchs gut und wies die Sache zur Durchführung eines korrekten Wiedererwägungsverfahrens an die SUVA zurück. Das Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen wies am 25. April 2001 die Beschwerde hinsichtlich des Revisionsbegehrens ab, hiess sie dagegen bezüglich des Wiedererwägungsgesuchs gut und wies die Sache zur Durchführung eines korrekten Wiedererwägungsverfahrens an die SUVA zurück. C. Mit Verwaltungsgerichtsbeschwerde beantragt die SUVA die Aufhebung des vorinstanzlichen Entscheids, soweit er die Beschwerde hinsichtlich des Wiedererwägungsgesuchs gutheisst und die Sache zur Durchführung eines korrekten Wiedererwägungsverfahrens zurückweist, sowie die Bestätigung des Einspracheentscheids vom 5. November 1999. H._ schliesst auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde; das Bundesamt für Sozialversicherung verzichtet auf eine Stellungnahme.
Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1. Streitig und zu prüfen ist einzig, ob die Voraussetzungen für eine Wiedererwägung der in Rechtskraft erwachsenen Verfügung der SUVA vom 19. Februar 1998 gegeben sind. 1. Streitig und zu prüfen ist einzig, ob die Voraussetzungen für eine Wiedererwägung der in Rechtskraft erwachsenen Verfügung der SUVA vom 19. Februar 1998 gegeben sind. 2. Die Vorinstanz hat die rechtlichen Grundlagen für die Vornahme einer Wiedererwägung formell rechtskräftiger Verwaltungsverfügungen (<ref-ruling> Erw. 4b, 46 Erw. 2b, 400 Erw. 2b/aa, je mit Hinweisen sowie <ref-ruling> Erw. 3 mit Hinweisen), für die Durchführung des Wiedererwägungsverfahrens (<ref-ruling> Erw. 3 mit Hinweisen) und bezüglich des Stellenwerts ärztlicher Berichte bei der Invaliditätsbemessung (<ref-ruling> Erw. 4) zutreffend dargestellt. Darauf wird verwiesen. 2. Die Vorinstanz hat die rechtlichen Grundlagen für die Vornahme einer Wiedererwägung formell rechtskräftiger Verwaltungsverfügungen (<ref-ruling> Erw. 4b, 46 Erw. 2b, 400 Erw. 2b/aa, je mit Hinweisen sowie <ref-ruling> Erw. 3 mit Hinweisen), für die Durchführung des Wiedererwägungsverfahrens (<ref-ruling> Erw. 3 mit Hinweisen) und bezüglich des Stellenwerts ärztlicher Berichte bei der Invaliditätsbemessung (<ref-ruling> Erw. 4) zutreffend dargestellt. Darauf wird verwiesen. 3. 3.1 In ihrer Verfügung vom 19. Februar 1998 erachtete die SUVA den Versicherten, wesentlich gestützt auf die Berichte der Klinik für Augenkrankheiten am Kantonsspital X._ vom 2. April und 9. Oktober 1997, als 100 % arbeitsfähig. Nach Eingang des Wiedererwägungs- bzw. Revisionsgesuchs liess sie eine erneute medizinische Abklärung in derselben Klinik durchführen. Die zuständigen Ärzte stellten am 26. August 1999 fest, die Befundkonstellation habe sich gegenüber dem früheren Bericht vom 9. Oktober 1997 nicht verschlechtert, aber auch nicht verbessert. Die invalidenversicherungsrechtliche Abklärung sei zweckmässig erfolgt, jedoch gehe aus den Aufzeichnungen nicht hervor, mit welcher Nahkorrektur die manuellen Tätigkeiten ausgeführt worden seien. Es sei zu empfehlen, eine monofokale Nahbrillenkorrektur durchzuführen, weil eine Multifokalbrille im Nahbereich eine Blicksenkung erfordere, von welcher Sehstörungen zu erwarten seien. Die Feststellungen im Abklärungsbericht des Zentrums Y._, insbesondere die Schlussfolgerung, der Versicherte sei "stark eingeschränkt", könnten nicht nachvollzogen werden. Aus augenärztlicher Sicht sei von einer "eingeschränkten" Leistungsfähigkeit auszugehen; Bürotätigkeiten an einem entsprechend ausgestatteten Arbeitsplatz in Verbindung mit einer adäquaten Nahbrillenkorrektur seien zumutbar, wobei das Ausmass durch eine entsprechende Abklärung ermittelt werden müsse. Ausgehend von diesen Feststellungen und gestützt auf die Ausführungen des Dr. med. F._ vom Ärzteteam Unfallmedizin (medizinische Beurteilung vom 10. November 1997) wies die SUVA die Einsprache ab mit der Begründung, der unveränderte Befund lasse darauf schliessen, dass sich hinsichtlich der zumutbaren Tätigkeiten keine wesentlichen Änderungen ergeben hätten. Das im Jahre 1997 ermittelte Zumutbarkeitsprofil wie auch die Erwerbsunfähigkeit von 33 1/3 % erwiesen sich angesichts der von Dr. med. F._ geschätzten Erwerbsunfähigkeit (gemeint wohl: Arbeitsunfähigkeit) von 15 % nicht als zweifellos unrichtig, woran auch die beruflichen Abklärungen der Invalidenversicherung nichts zu ändern vermöchten, zumal diese unfallfremde Faktoren massgeblich berücksichtigten. Damit ist die SUVA auf das Wiedererwägungsgesuch eingetreten und hat es materiell behandelt. 3.2 Die Vorinstanz hat geprüft, ob sich die ursprüngliche Verfügung vom 19. Februar 1998 als zweifellos unrichtig erweist. Im Ergebnis erachtete sie das Wiedererwägungsgesuch für berechtigt und wies die Sache zur Durchführung eines korrekten Wiedererwägungsverfahrens an die SUVA zurück. Zur Begründung führte sie an, die Aktenlage sei hinsichtlich der Arbeitsfähigkeit des Versicherten unklar, widersprüchlich und lasse die von der SUVA getroffene Annahme einer 100 %igen bzw. um 15 % verminderten Arbeitsfähigkeit (Verfügung vom 19. Februar 1998; Einspracheentscheid vom 5. November 1999) nicht zu. Indem die SUVA auf die dürftige ärztliche Stellungnahme vom 26. August 1999 abgestellt, die darin angesprochene weitere Abklärung unterlassen und nur ungenügende erwerbliche Abklärungen vorgenommen habe, sei sie ihrer Pflicht zur korrekten Durchführung des Wiedererwägungsverfahrens nicht nachgekommen. Dieser Auffassung ist beizupflichten. Die Ausführungen im Bericht des Kantonsspitals X._ vom 26. August 1999, wonach die Leistungsfähigkeit nicht "stark eingeschränkt", sondern nur "eingeschränkt" sei, ermöglichen keine Beurteilung der Arbeitsfähigkeit und der erwerblichen Möglichkeiten. Indem die SUVA gestützt auf diese Auskünfte und ohne nachgewiesene erwerbliche Abklärungen die mit Verfügung vom 19. Februar 1998 als zumutbar erachteten Arbeiten weiterhin für massgeblich hielt, kam sie ihrer Pflicht zur Abklärung rechtserheblicher Tatsachen nicht genügend nach. Dass die Ärzte am Kantonsspital X._ keine Veränderung des Gesundheitszustands feststellten, ist deshalb nicht entscheidwesentlich, weil bei der Beurteilung eines Wiedererwägungsgesuchs vom ursprünglichen Sachverhalt auszugehen ist, wie er im Zeitpunkt des Verfügungserlasses bestanden hat. Indem die zuständigen Ärzte im Bericht vom 26. August 1999, abweichend von der Beurteilung im Jahre 1997, von einer eingeschränkten Leistungsfähigkeit ausgingen, bestätigten sie entgegen den Ausführungen in der Verwaltungsgerichtsbeschwede die damalige Erhebung (100 %ige Arbeitsfähigkeit) gerade nicht. Zusammenfassend ist daher festzuhalten, dass sich nach derzeitiger Aktenlage die Frage nach der zweifellosen Unrichtigkeit der ursprünglichen Verfügung nicht beantworten lässt, weshalb der vorinstanzliche Rückweisungsentscheid zu Recht ergangen ist.
Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Der geleistete Kostenvorschuss von Fr. 500.- wird der Beschwerdeführerin zurückerstattet. 3. Der geleistete Kostenvorschuss von Fr. 500.- wird der Beschwerdeführerin zurückerstattet. 4. Die Schweizerische Unfallversicherungsanstalt hat dem Beschwerdegegner für das Verfahren vor dem Eidgenössischen Versicherungsgericht eine Parteientschädigung von Fr. 2'500.- (einschliesslich Mehrwertsteuer) zu bezahlen. 4. Die Schweizerische Unfallversicherungsanstalt hat dem Beschwerdegegner für das Verfahren vor dem Eidgenössischen Versicherungsgericht eine Parteientschädigung von Fr. 2'500.- (einschliesslich Mehrwertsteuer) zu bezahlen. 5. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen und dem Bundesamt für Sozialversicherung zugestellt. Luzern, 20. August 2002 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Die Präsidentin der IV. Kammer: Die Gerichtsschreiberin:
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2,001
de
A.- Mit Verfügung vom 22. Oktober 1999 sprach die Schweizerische Unfallversicherungsanstalt (SUVA) dem 1955 geborenen S._ab 1. Oktober 1999 eine Invalidenrente auf Grund einer Erwerbsunfähigkeit von 15 % sowie eine Integritätsentschädigung, basierend auf einer Integritätseinbusse von 5 % zu. Daran hielt sie mit Einspracheentscheid vom 15. Dezember 1999 fest. B.- Nachdem dieser Entscheid am 17. Dezember 1999 zuhanden des Beschwerdeführers zugestellt worden war, liess dieser am 23. März 2000 Beschwerde führen. Mit Entscheid vom 8. Mai 2000 trat das Verwaltungsgericht des Kantons Bern auf die Beschwerde wegen Verspätung nicht ein. C.- S._ lässt Verwaltungsgerichtsbeschwerde führen und beantragen, der Entscheid vom 8. Mai 2000 sei aufzuheben und die Vorinstanz sei anzuweisen, auf die Beschwerde einzutreten. Die SUVA schliesst auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde. Das Bundesamt für Sozialversicherung verzichtet auf Vernehmlassung.
Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1.- Nach der Rechtsprechung ist die Verwaltungsgerichtsbeschwerde gegen die Anwendung kantonalen Rechts durch das vorinstanzliche Gericht zulässig, wenn dieses damit sozialversicherungsrechtliche Vorschriften des Bundes verletzt hat. Ein Nichteintretensentscheid, der sich auf kantonales Prozessrecht stützt, kann durch Verwaltungsgerichtsbeschwerde angefochten werden, wenn dieser Entscheid irrtümlich die Anwendung materiellen Bundesrechts verunmöglicht. Das Eidgenössische Versicherungsgericht kann indessen die Anwendung des kantonalen Verfahrensrechts nicht frei überprüfen. Denn einmal ist es an die vorinstanzliche Sachverhaltsfeststellung gebunden, wenn diese nicht offensichtlich mangelhaft ist (Art. 105 Abs. 2 OG). Sodann beschränkt Art. 104 lit. a OG die Überprüfungsbefugnis des Eidgenössischen Versicherungsgerichts auf die Verletzung von Bundesrecht einschliesslich Überschreitung oder Missbrauch des Ermessens; dabei fällt praktisch vor allem eine Prüfung der Verletzung verfassungsmässiger Rechte und Grundsätze in Betracht (<ref-ruling> Erw. 1a mit Hinweisen). 2.- Das UVG kennt im Gegensatz zu <ref-law>, welche die Art. 20 bis 24 VwVG als anwendbar erklärt, keine Vorschrift, wonach die Bestimmungen über die Fristen gemäss VwVG auch im kantonalen Beschwerdeverfahren nach <ref-law> anwendbar sind. Insbesondere findet der mit der OG-Revision vom 4. Oktober 1991 auf den 15. Februar 1992 in Kraft getretene <ref-law> über den Fristenstillstand im Verwaltungsverfahren auf das erstinstanzliche Beschwerdeverfahren nach UVG nicht Anwendung (SVR 1998 UV Nr. 10 S. 26 Erw. 2a; RKUV 1994 Nr. U 194 S. 208 Erw. 2). Anderseits schliesst das UVG die Anwendung kantonalrechtlicher Fristenstillstandsbestimmungen im erstinstanzlichen Beschwerdeverfahren nicht aus (<ref-ruling>). Es ist somit den Kantonen anheim gestellt, ob sie für das Beschwerdeverfahren nach <ref-law> Gerichtsferien vorsehen wollen oder nicht, was zur Folge hat, dass eine Partei im kantonalen Gerichtsverfahren, je nach örtlichem Gerichtsstand, vom Fristenstillstand profitieren kann oder nicht. Dementsprechend hat das Eidgenössische Versicherungsgericht <ref-law> auf die kantonalen Beschwerdeverfahren als nicht anwendbar erklärt (<ref-ruling> Erw. 2b mit Hinweisen). Wenn die Vorinstanz unter Hinweis auf das Fehlen einer kantonalen Bestimmung über den Fristenstillstand im Kanton Bern zum Schluss gelangt ist, der Beschwerdeführer habe die Frist zur Beschwerde gegen den Einspracheentscheid nicht eingehalten, so hat sie nach den gesamten Umständen nicht willkürlich entschieden, noch hat sie sonstwie gegen Bundesrecht verstossen. An dieser Feststellung vermögen die Vorbringen des Beschwerdeführers nichts zu ändern.
Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: I.Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. II.Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden dem Beschwerdeführer auferlegt und mit dem geleisteten Kostenvorschuss verrechnet. III.Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsgericht des Kantons Bern, Sozialversicherungsrechtliche Abteilung, und dem Bundesamt für Sozialversicherung zugestellt. Luzern, 13. November 2001 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Der Präsident der III. Kammer: Der Gerichtsschreiber:
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2,007
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. T._ (geb. 1963) erlitt im Juli 1990 eine Knieverletzung. Für deren Folgen richtet ihm die SUVA als obligatorischer Unfallversicherer seit 1. November 2000 eine Invalidenrente von 25 % (später mit Wirkung ab Anspruchsbeginn auf 33 % erhöht) aus. Mit Verfügung vom 11. Oktober 2001 sprach die IV-Stelle Basel-Stadt dem Versicherten eine vom 1. August 1998 bis 31. Oktober 2000 terminierte ganze Invalidenrente zu, was das Sozialversicherungsgericht Basel-Stadt auf Beschwerde hin bestätigte (Entscheid vom 10. Juni 2002). Das durch Verwaltungsgerichtsbeschwerde angerufene Eidgenössische Versicherungsgericht hob den kantonalen Gerichtsentscheid und die Verwaltungsverfügung auf, soweit sie den Anspruch auf Invalidenrente ab 1. November 2000 verneinten, und wies die Sache zu Aktenergänzungen und neuer Verfügung im Sinne der Erwägungen an die IV-Stelle zurück (Urteil vom 6. Juni 2003). In den Erwägungen wies das Gericht die IV-Stelle an abzuklären, wie der Unfallversicherer das Invalideneinkommen festgesetzt und ob er allenfalls einen behinderungsbedingten Abzug vorgenommen habe. Mit Verfügung vom 4. Mai 2005 eröffnete die IV-Stelle dem Versicherten, es bleibe bei einer auf den Zeitraum vom 1. August 1998 bis 31. Oktober 2000 befristeten ganzen Invalidenrente; ab 1. November 2000 betrage der Invaliditätsgrad 32 %, was nicht rentenbegründend sei. Daran hielt die Verwaltung mit Einspracheentscheid vom 1. September 2005 fest. Mit Verfügung vom 4. Mai 2005 eröffnete die IV-Stelle dem Versicherten, es bleibe bei einer auf den Zeitraum vom 1. August 1998 bis 31. Oktober 2000 befristeten ganzen Invalidenrente; ab 1. November 2000 betrage der Invaliditätsgrad 32 %, was nicht rentenbegründend sei. Daran hielt die Verwaltung mit Einspracheentscheid vom 1. September 2005 fest. B. Die hiegegen erhobene Beschwerde wies das kantonale Sozialversicherungsgericht ab, "soweit sie sich in der Rentenfrage gegen den Einspracheentscheid vom 1. September 2005 richtet" (Entscheid vom 9. Mai 2006). B. Die hiegegen erhobene Beschwerde wies das kantonale Sozialversicherungsgericht ab, "soweit sie sich in der Rentenfrage gegen den Einspracheentscheid vom 1. September 2005 richtet" (Entscheid vom 9. Mai 2006). C. T._ lässt Verwaltungsgerichtsbeschwerde führen mit dem Rechtsbegehren, es sei die Sache, unter Aufhebung des kantonalen Gerichtsentscheids, "zur Neubeurteilung der Rentenfrage an das Sozialversicherungsgericht Basel-Stadt zurückzuweisen". Während kantonales Gericht und Bundesamt für Sozialversicherungen auf eine Vernehmlassung verzichten, schliesst die IV-Stelle auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. 1.1 Das Bundesgesetz über das Bundesgericht vom 17. Juni 2005 (BGG; SR 173.110) ist am 1. Januar 2007 in Kraft getreten (AS 2006 1205, 1243). Da der angefochtene Entscheid vorher ergangen ist, richtet sich das Verfahren noch nach OG (<ref-law>; <ref-ruling> Erw. 1.2). 1.2 Der angefochtene Entscheid betrifft Leistungen der Invalidenversicherung. Das Bundesgericht prüft daher nur, ob das vorinstanzliche Gericht Bundesrecht verletzte, einschliesslich Überschreitung oder Missbrauch des Ermessens, oder ob der rechtserhebliche Sachverhalt offensichtlich unrichtig, unvollständig oder unter Verletzung wesentlicher Verfahrensbestimmungen festgestellt wurde (Art. 132 Abs. 2 OG [in der Fassung gemäss Ziff. III des Bundesgesetzes vom 16. Dezember 2005 über die Änderung des IVG, in Kraft seit 1. Juli 2006], in Verbindung mit Art. 104 lit. a und b sowie Art. 105 Abs. 2 OG). 1.3 Im Hinblick darauf, dass die Verwaltungsgerichtsbeschwerde am 11. August 2006 der Post übergeben wurde und am 14. August 2006 beim Eidgenössischen Versicherungsgericht einging, ist Art. 132 Abs. 2 OG anwendbar, obwohl der angefochtene Entscheid vom 9. Mai 2006 datiert und somit vor dem Inkrafttreten der Gesetzesänderung ergangen ist. Die massgebliche Übergangsbestimmung (lit. c von Ziff. II der Gesetzesänderung vom 16. Dezember 2005) erklärt bisheriges Recht für die im Zeitpunkt des Inkrafttretens beim Eidgenössischen Versicherungsgericht anhängigen Beschwerden für anwendbar. Das trifft hier nicht zu. 1.3 Im Hinblick darauf, dass die Verwaltungsgerichtsbeschwerde am 11. August 2006 der Post übergeben wurde und am 14. August 2006 beim Eidgenössischen Versicherungsgericht einging, ist Art. 132 Abs. 2 OG anwendbar, obwohl der angefochtene Entscheid vom 9. Mai 2006 datiert und somit vor dem Inkrafttreten der Gesetzesänderung ergangen ist. Die massgebliche Übergangsbestimmung (lit. c von Ziff. II der Gesetzesänderung vom 16. Dezember 2005) erklärt bisheriges Recht für die im Zeitpunkt des Inkrafttretens beim Eidgenössischen Versicherungsgericht anhängigen Beschwerden für anwendbar. Das trifft hier nicht zu. 2. Streitig und zu prüfen ist, ob das kantonale Gericht zu Recht die von der Beschwerdegegnerin erneut verfügte Aufhebung der ganzen Rente auf 31. Oktober 2000 mit Verweigerung weiterer Leistungen mangels eines rentenbegründenden Invaliditätsgrades bestätigt hat. Nach der Rechtsprechung (<ref-ruling> Erw. 2d) hat eine solche rückwirkend zugesprochene befristete Invalidenrente auf dem Eintritt erheblicher Tatsachenänderungen, analog zu <ref-law>, zu beruhen. 2.1 Das kantonale Gericht erwog, die im Nachgang zum Rückweisungsurteil vom 6. Juni 2003 beim Unfallversicherer vorgenommenen Abklärungen hätten ergeben, dass die SUVA das Invalideneinkommen aufgrund von Angaben aus der Dokumentation von Arbeitsplätzen (DAP) festgelegt habe und dass im Vergleich dazu ein auf den statistischen Werten der Schweizerischen Lohnstrukturerhebung (LSE) beruhender Verdienst selbst mit dem maximalen behinderungsbedingten Abzug von 25 % ein höheres Invalideneinkommen ergebe. Damit sei die IV-Stelle, wie bereits in ihrem Einspracheentscheid zutreffend festgehalten, "der ihr auferlegten Abklärungspflicht nachgekommen"; der Einkommensvergleich sei korrekt und "die Rentenverfügung vom 11. Oktober 2001 (sei) in den anderen Punkten höchstrichterlich bestätigt worden". Die beschwerdeweise vorgebrachten Argumente, es handle sich um eine Rentenrevision und die IV-Stelle habe deren Voraussetzungen nicht geprüft, zielten ins Leere. Die Rentenfrage sei im Rahmen des vorliegenden Verfahrens nicht weiter zu behandeln. 2.2 In der Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird eingewendet, das kantonale Gericht habe zu Unrecht die Frage nach dem Vorliegen der Voraussetzungen einer Rentenrevision nicht geprüft. Wie der Wortlaut der Verfügung vom 4. Mai 2005, wonach im Verlaufe des Jahres 2000 eine nachhaltige Verbesserung des Gesundheitszustandes eingetreten sei, selber zeige, habe die IV-Stelle eine Rentenrevision verfügt und deren Voraussetzungen bejaht. Sowohl der Einspracheentscheid (welcher sich zur Rüge in der Einsprache, die angenommene Verbesserung des Gesundheitszustandes sei nicht ausgewiesen, nicht weiter äussere) als auch der kantonale Gerichtsentscheid würden zu Unrecht auf die Voraussetzungen einer Rentenrevision nicht eingehen. In den auf die Verfügung vom 11. Oktober 2001 folgenden Rechtsmittelverfahren habe der Beschwerdeführer "das Nichtvorliegen der Voraussetzungen einer Rentenrevision nicht gerügt"; aufgrund des "Rügeprinzips konnten und durften die Gerichte die Frage der Rentenrevision nicht prüfen". Dementsprechend habe das Rückweisungsurteil des Eidgenössischen Versicherungsgerichts nur die erhobenen (und als richtig anerkannten) Rügen betreffen können und dürfen. Entgegen den Ausführungen im angefochtenen Entscheid sei die Rentenverfügung vom 11. Oktober 2001 "in den anderen Punkten", konkret in der Frage der Rentenrevision, höchstgerichtlich nicht bestätigt worden, weil keine Rüge zur Frage der Rentenrevision erhoben worden war. Aufgrund der Zulässigkeit neuer rechtlicher Vorbringen, der Rechtsanwendung von Amtes wegen und der fehlenden Bindung an die Begründung der Parteivorbringen sei der Beschwerdeführer berechtigt gewesen, im Anschluss an die Verfügung vom 4. Mai 2005, welche die Frage der Rentenrevision, obgleich knapp, prüfte, diese in seinen Rechtsschriften zu thematisieren. Daher sei das sinngemässe Nichteintreten der Vorinstanz auf die Rechtsfrage, ob die Voraussetzungen der Rentenrevision erfüllt seien, unzulässig. Ein rechtskräftiger Entscheid liege nicht vor, weder formell noch materiell. 2.3 Die Rügen in der Verwaltungsgerichtsbeschwerde sind rechtlicher Natur, weshalb sie als Fragen des Bundesrechts (Art. 104 lit. a OG) frei zu prüfen sind. 2.3.1 Dem Beschwerdeführer ist darin beizupflichten, dass Begründungsgesichtspunkte eines Rechtsverhältnisses so lange nicht rechtskräftig beurteilt sind, als nicht über das Rechtsverhältnis als solches ein im Wege des funktionellen Instanzenzuges nicht mehr anfechtbarer Entscheid ergangen ist (<ref-ruling> Erw. 2b). Eine Ausnahme von diesem Grundsatz bildet - abgesehen von der zulässigen Feststellungsverfügung - der Rückweisungsentscheid (Ulrich Meyer-Blaser, Der Streitgegenstand im Streit, Erläuterungen zu <ref-ruling>, in: IRP-HSG 23, St. Gallen 2002, S. 451 f.): Verweist das Dispositiv eines Rückweisungsentscheides ausdrücklich auf die Erwägungen, werden diese zu dessen Bestandteil und haben, soweit sie zum Streitgegenstand gehören, an der formellen Rechtskraft teil. Dementsprechend sind die Motive, auf die das Dispositiv verweist, für die Behörde, an welche die Sache zurückgewiesen wird, bei Nichtanfechtung verbindlich (<ref-ruling> f. Erw. 1c mit Hinweisen). Wird der neue Entscheid der unteren Instanz wiederum weitergezogen, ist auch das Bundesgericht an die Erwägungen gebunden, mit denen es - damals noch als Eidgenössisches Versicherungsgericht - die Rückweisung begründet hat (RKUV 1999 Nr. U 331 S. 127 Erw. 2 mit Hinweisen). Auf Grund der Vorbringen der Parteien ist deshalb zu prüfen, ob die Frage nach den Voraussetzungen einer Rentenrevision im Verfahren, welches zum Urteil des Eidgenössischen Versicherungsgerichts vom 6. Juni 2003 führte, thematisiert worden war und im letztinstanzlichen Urteil beantwortet wurde. Dessen Gegenstand war - entgegen der vom Beschwerdeführer vertretenen Auffassung - nicht auf die gerügten Gesichtspunkte beschränkt, sondern bezog sich infolge des Grundsatzes der Rechtsanwendung von Amtes wegen auch auf jene Aspekte, die zwar in den Rechtsschriften nicht angesprochen wurden, aber auf Grund der sonstigen Verwaltungs- und Gerichtsakten zu einer Überprüfung Anlass gaben (<ref-ruling> oben Erw. 2c, 110 V 52 f. Erw. 4a, je mit Hinweisen). In diesem Zusammenhang gilt es überdies zu beachten, dass Verfügungen und Gerichtsentscheide - vorbehältlich der hier nicht interessierenden Problematik des öffentlich-rechtlichen Vertrauensschutzes - nicht nach ihrem bisweilen unzulänglichen Wortlaut, sondern nach ihrem wirklichen rechtlichen Bedeutungsgehalt zu verstehen sind (<ref-ruling> Erw. 1a mit Hinweisen). 2.3.2 In der Verfügung vom 11. Oktober 2001 führte die IV-Stelle Folgendes aus: "In einer leidensadaptierten Hilfstätigkeit, wie Hilfsarbeiter/Betriebsarbeiter mit leichter körperlicher Arbeit oder als Hilfskraft in der mech.-industriellen Fertigung, wäre Ihnen (...) eine Erwerbstätigkeit ganztags zuzumuten, dabei könnten Sie ein Erwerbseinkommen von Fr. 37'000.- pro Jahr erzielen. Dies wäre Ihnen spätestens ab November 2000 uneingeschränkt zuzumuten, da sich Ihr Gesundheitszustand zunehmend gebessert hat und somit keine rentenbegründenden Einschränkungen mehr ausgewiesen sind, weshalb ab diesem Zeitpunkt die einstweilen zugesprochene Invalidenrente aufgehoben wird." Die Verwaltung begründete die Befristung der Rente also mit einer Verbesserung des Gesundheitszustandes, welche eine Erhöhung des Invalideneinkommens und damit eine Reduktion des Invaliditätsgrades zur Folge gehabt habe. Das Eidgenössische Versicherungsgericht hob in seinem Urteil vom 6. Juni 2003 den kantonalen Gerichtsentscheid und die Verwaltungsverfügung nur insoweit auf, als diese einen Anspruch für die Zeit ab 1. November 2000 verneinten, und ordnete diesbezüglich zusätzliche Abklärungen zum Invalideneinkommen an. Indem das Gericht den Anspruch auf eine ganze Rente für die Zeit bis 31. Oktober 2000, welcher Teil des Anfechtungs- und Streitgegenstandes bildete (<ref-ruling> Erw. 2.2 mit Hinweis), bestätigte, hat es somit jedenfalls implizite das Vorliegen der Revisionsvoraussetzungen beurteilt. Unter diesen Umständen stellt es keine Verletzung von Bundesrecht dar, wenn das kantonale Gericht in seinem nunmehr angefochtenen Entscheid vom 9. Mai 2006 die Revisionsfrage mit Blick auf die vorangegangenen Verfahren nicht erneut prüfte, zumal hiezu bei der gegebenen Aktenlage kein Anlass bestand. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde ist daher unbegründet. 2.3.2 In der Verfügung vom 11. Oktober 2001 führte die IV-Stelle Folgendes aus: "In einer leidensadaptierten Hilfstätigkeit, wie Hilfsarbeiter/Betriebsarbeiter mit leichter körperlicher Arbeit oder als Hilfskraft in der mech.-industriellen Fertigung, wäre Ihnen (...) eine Erwerbstätigkeit ganztags zuzumuten, dabei könnten Sie ein Erwerbseinkommen von Fr. 37'000.- pro Jahr erzielen. Dies wäre Ihnen spätestens ab November 2000 uneingeschränkt zuzumuten, da sich Ihr Gesundheitszustand zunehmend gebessert hat und somit keine rentenbegründenden Einschränkungen mehr ausgewiesen sind, weshalb ab diesem Zeitpunkt die einstweilen zugesprochene Invalidenrente aufgehoben wird." Die Verwaltung begründete die Befristung der Rente also mit einer Verbesserung des Gesundheitszustandes, welche eine Erhöhung des Invalideneinkommens und damit eine Reduktion des Invaliditätsgrades zur Folge gehabt habe. Das Eidgenössische Versicherungsgericht hob in seinem Urteil vom 6. Juni 2003 den kantonalen Gerichtsentscheid und die Verwaltungsverfügung nur insoweit auf, als diese einen Anspruch für die Zeit ab 1. November 2000 verneinten, und ordnete diesbezüglich zusätzliche Abklärungen zum Invalideneinkommen an. Indem das Gericht den Anspruch auf eine ganze Rente für die Zeit bis 31. Oktober 2000, welcher Teil des Anfechtungs- und Streitgegenstandes bildete (<ref-ruling> Erw. 2.2 mit Hinweis), bestätigte, hat es somit jedenfalls implizite das Vorliegen der Revisionsvoraussetzungen beurteilt. Unter diesen Umständen stellt es keine Verletzung von Bundesrecht dar, wenn das kantonale Gericht in seinem nunmehr angefochtenen Entscheid vom 9. Mai 2006 die Revisionsfrage mit Blick auf die vorangegangenen Verfahren nicht erneut prüfte, zumal hiezu bei der gegebenen Aktenlage kein Anlass bestand. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde ist daher unbegründet. 3. Das Verfahren ist kostenpflichtig (Art. 134 Abs. 2 OG in der seit 1. Juli 2006 geltenden Fassung [vgl. Erw. 1.3 hiervor]). Die Gerichtskosten sind dem Beschwerdeführer als der unterliegenden Partei aufzuerlegen (Art. 156 Abs. 1 OG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten in Höhe von Fr. 500.- werden dem Beschwerdeführer auferlegt und mit dem geleisteten Kostenvorschuss verrechnet. 2. Die Gerichtskosten in Höhe von Fr. 500.- werden dem Beschwerdeführer auferlegt und mit dem geleisteten Kostenvorschuss verrechnet. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht Basel-Stadt, der Ausgleichskasse Basel-Stadt und dem Bundesamt für Sozialversicherungen zugestellt. Luzern, 22. Januar 2007 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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2,015
de
Sachverhalt: A. Mit Verfügung vom 4. April 2013 verneinte die IV-Stelle des Kantons St. Gallen den Anspruch von A._ auf eine Rente der Invalidenversicherung. B. In Gutheissung der Beschwerde von A._ hob das Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen mit Entscheid vom 21. April 2015 die Verfügung vom 4. April 2013 auf und sprach der Versicherten eine Viertelsrente zu. Es wies die Sache an die IV-Stelle zurück, damit diese über die Höhe der Rente und deren Beginn neu verfüge. C. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten beantragt die IV-Stelle, der Entscheid vom 21. April 2015 sei aufzuheben und die Verfügung vom 4. April 2013 sei zu bestätigen. A._ ersucht um Abweisung der Beschwerde. Das Bundesamt für Sozialversicherungen verzichtet auf eine Vernehmlassung.
Erwägungen: 1. 1.1. Der vorinstanzliche Entscheid spricht der Beschwerdegegnerin eine Viertelsrente der Invalidenversicherung zu und weist im Übrigen die Sache an die Beschwerdeführerin zu neuer Verfügung über die Höhe der Rente und deren Beginn zurück. Dabei handelt es sich, formell, um einen Rückweisungsentscheid, der nur unter den Voraussetzungen von Art. 92 oder 93 BGG beim Bundesgericht anfechtbar ist. Da indessen die Rückweisung lediglich noch der Umsetzung des von der Vorinstanz Angeordneten dient, wobei der Verwaltung kein Entscheidungsspielraum mehr verbleibt, liegt in Wirklichkeit ein Endentscheid nach Art. 90 BGG vor (Urteil 9C_684/2007 vom 27. De-zember 2007 E. 1.1, in: SVR 2008 IV Nr. 39 S. 131). 1.2. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG); es ist folglich weder an die in der Beschwerde vorgetragenen Argumente noch an die Erwägungen der Vorinstanz gebunden (<ref-ruling> E. 1.3 S. 67 f.; <ref-ruling> E. 1.2 S. 252). Das Bundesgericht prüft unter Berücksichtigung der Begründungspflicht (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG sowie Art. 106 Abs. 2 BGG) indessen nur die geltend gemachten Rügen, sofern die rechtlichen Mängel nicht geradezu offensichtlich sind (<ref-ruling> E. 2 S. 315; <ref-ruling> E. 1.4.1 S. 254). 2. Die Vorinstanz hat durch Einkommensvergleich (Art. 16 ATSG i.V.m. Art. 28a Abs. 1 IVG) einen Invaliditätsgrad von 46 % ([[Fr. 66'253.- - Fr. 35'777.-]/Fr. 66'253.-] x 100%; zum Runden <ref-ruling>) ermittelt, was Anspruch auf eine Viertelsrente gibt (Art. 28 Abs. 2 IVG). Fr. 66'253.- entsprechen dem Verdienst, den die Beschwerde-gegnerin 2010 bei einem Arbeitspensum von 80 % erzielt hätte. Tatsächlich hatte sie in diesem Jahr bezogen auf ein Normalarbeitspensum (41,6 Wochenstunden) rund 44 % gearbeitet. Fr. 35'777.- (Fr. 66'253.- x 0.54 [= 54 %/100 %]) hätte sie gemäss Vorinstanz 2010 bei einem Arbeitspensum von 54 % entsprechend der gesundheitlich bedingt noch zumutbaren Arbeitsfähigkeit verdient. 3. Nach Auffassung der Beschwerde führenden IV-Stelle ist die Beschwerdegegnerin als im Gesundheitsfall zu 80 % teilerwerbstätige und daneben im Aufgabenbereich Haushalt tätige Versicherte (Art. 27 IVV i.V.m. Art. 5 Abs. 1 IVG und Art. 8 Abs. 3 ATSG) zu betrachten und dementsprechend die Invalidität nach der gemischten Methode zu bemessen (Art. 28a Abs. 3 IVG; grundlegend <ref-ruling>). Zur Begründung verweist sie auf <ref-ruling> E. 4.5 S. 22 f., woraus sich ergebe, dass die Haushaltsgrösse kein massgebendes Kriterium für das Vorliegen eines Aufgabenbereichs sei. Dies habe die Vorinstanz verkannt und zu Unrecht die Tätigkeit der Beschwerdegegnerin im Haushalt von der Invaliditätsbemessung ausgenommen. 4. Es kann offenbleiben, ob die Invalidität nach der Einkommensvergleichs- oder nach der gemischten Methode zu bemessen ist. Ebenso braucht nicht auf die diesbezüglichen Vorbringen der Beschwerdegegnerin eingegangen zu werden. In beiden Fällen beträgt der Invaliditätsgrad weniger als 40 %. Der Vorinstanz ist bei der Ermittlung des Invalideneinkommens ein Fehler unterlaufen. Hätte die Beschwerdegegnerin 2010 mit einem 80 %-Pensum Fr. 66'253.- verdient, betrüge der Verdienst bei einem zumutbaren Pensum von 54 % nicht Fr. 35'777.- (Fr. 66'253.- x 0.54 [= 54 %/100 %]; vorne E. 1), sondern Fr. 44'720.- (Fr. 66'253.- x 0.675 [= 54 %/80 %]). Daraus ergibt sich ein erwerblicher Invaliditätsgrad von 33 % ([1 - 0.675] x 100 %). Die Einschränkung im Haushalt müsste somit mehr als 65 % betragen, damit nach der gemischten Methode bei Anteilen von 0.8 (erwerblicher Bereich) und 0.2 (Aufgabenbereich) ein Invaliditätsgrad von mindestens 40 % resultierte, was aufgrund der Akten ohne weiteres ausgeschlossen werden kann. Die Abklärung vor Ort hatte keine Einschränkung ergeben (Bericht vom 18. Februar 2013). Die Beschwerde ist somit begründet. 5. Ausgangsgemäss hat die Beschwerdegegnerin die Gerichtskosten zu tragen (Art. 66 Abs. 1 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird gutgeheissen. Der Entscheid des Versicherungsgerichts des Kantons St. Gallen vom 21. April 2015 wird aufgehoben und die Verfügung der IV-Stelle des Kantons St. Gallen vom 4. April 2013 bestätigt. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 800.- werden der Beschwerdegegnerin auferlegt. 3. Die Sache wird zur Neuverlegung der Gerichtskosten und der Parteientschädigung des vorangegangenen Verfahrens an das Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen zurückgewiesen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 22. September 2015 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Glanzmann Der Gerichtsschreiber: Fessler
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Par ces motifs, le Président de la Ire Cour de droit civil, vu l'<ref-law>: 1. N'entre pas en matière sur le recours. 2. Met les frais judiciaires, arrêtés à 300 fr., à la charge du recourant. 3. Communique le présent arrêt aux parties et à la Chambre des recours du Tribunal cantonal du canton de Vaud. Lausanne, le 6 juin 2008 Au nom de la Ire Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse Le président: Le greffier: Corboz Carruzzo
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2,012
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Faits: A. Y._, personne âgée et handicapée, vivait dans un appartement de 4 pièces dans le canton de Genève. Par contrat de travail conclu oralement prenant effet le 1er septembre 1997, elle a engagé X._ en qualité de domestique nourrie et logée. L'employée, qui était dépourvue de titre de séjour, touchait initialement un salaire mensuel de 1'000 fr., avant d'obtenir une augmentation dès le 1er juillet 2003. A cette date, A.Y._ a repris la gestion des affaires de sa mère et a entrepris des démarches pour procurer à l'employée un permis de séjour et de travail et la déclarer auprès des assurances sociales. Dès 2002, le mari et la petite fille de l'employée ont aussi vécu dans l'appartement de Y._. L'employée était initialement chargée d'effectuer les tâches ménagères et d'accompagner Y._ dans ses déplacements, effectués en fauteuil roulant. Cette dernière est par la suite devenue totalement impotente suite à une dégradation de son état de santé; elle avait dès lors besoin de soins quotidiens et d'une assistance permanente pour assurer son hygiène, se vêtir, se nourrir et se promener. A l'exception des soins infirmiers qui étaient prodigués par des tiers, l'employée a fourni seule cette assistance sept jours sur sept avec attention, dévouement et gentillesse. Y._ est morte le 15 août 2006. Il a été convenu avec les deux fils de la défunte, soit A.Y._ et B.Y._, que l'employée et sa famille pourraient continuer de vivre dans l'appartement, nonobstant la fin du contrat de travail. L'employée a payé son loyer mensuel de 880 fr. pour les mois de septembre 2006 à janvier 2007 inclus, puis a cessé tout versement. Un litige s'en est suivi sur les conditions auxquelles la jouissance de l'appartement avait été consentie. L'employée prétendait avoir une créance salariale en raison d'une rémunération insuffisante entre 1997 et 2003, créance que les héritiers de son employeuse auraient convenu de payer par compensation avec le sous-loyer qu'elle devait acquitter. Ceux-ci ont tout au plus reconnu l'existence d'un accord tendant à différer le paiement du loyer pendant un certain temps en raison de la situation financière de l'employée. B. Par demande introduite le 31 juillet 2009 devant le Tribunal des prud'hommes du canton de Genève, l'employée a actionné l'hoirie de Y._, soit A.Y._ et B.Y._, en paiement de 67'860 fr. brut plus intérêts. Par jugement du 23 novembre 2010, le Tribunal des prud'hommes a condamné l'hoirie, soit A.Y._ et B.Y._, à délivrer un certificat de travail à l'employée et à lui payer la somme brute de 34'713 fr. plus intérêts, tout en invitant la partie qui en avait la charge à opérer les déductions sociales, légales et usuelles. En substance, le tribunal a considéré que l'employée, sans qualification particulière, avait exercé son activité à plein temps tout au long de son engagement. Il a déterminé le total des salaires contractuellement dus en se fondant sur les montants minimaux garantis par les contrats-types de travail successivement édictés par le droit genevois pour les travailleurs de l'économie domestique (ci-après: CTT). Le tribunal est arrivé à la conclusion que l'employée avait droit à 75'193 fr. à titre de différence entre les salaires dus et les salaires payés; toutefois, les défendeurs avaient opposé en compensation une créance de loyers impayés qui s'élevait à 40'480 fr. En définitive, les deux héritiers devaient payer un solde de 34'713 fr. plus intérêts. Ces derniers ont déféré la cause à la Chambre des prud'hommes de la Cour de justice en concluant au rejet de l'action. L'employée n'a pas déposé d'écriture; à l'audience, elle a conclu à la confirmation du jugement. Dans son arrêt rendu le 10 novembre 2011, la Cour de justice a retenu que l'employée avait travaillé dans un premier temps à 75 % (taux moyen), puis à 100 % dès le 1er juillet 2003. Elle a constaté que les deux héritiers de Y._ devaient la somme de 23'611 fr. à titre de différence entre les salaires dus et les salaires payés; toutefois, cette somme avait été entièrement acquittée par compensation avec la dette de loyer contractée par l'employée. Les frais d'appel ont été répartis à parts égales entre les deux parties adverses. C. X._ (ci-après: la recourante) a interjeté un "recours en matière de droit civil" auprès du Tribunal fédéral. Sous rubrique "conclusions", elle requiert que l'arrêt de la Cour de justice soit annulé, qu'il soit constaté qu'elle a travaillé à plein temps depuis le début des rapports de travail, soit dès septembre 1997, et que la demande en paiement déposée le 28 juillet 2009 soit déclarée recevable. Dans une écriture annexe, elle a requis d'être dispensée de verser une avance de frais. L'assistance judiciaire partielle lui a été accordée par ordonnance du 31 janvier 2012. Les intimés ont déposé une réponse, dans laquelle ils concluent principalement à l'irrecevabilité du recours, subsidiairement à son rejet. L'autorité précédente se réfère à son arrêt.
Considérant en droit: 1. 1.1 L'<ref-law> requiert que le mémoire de recours contienne des conclusions. Conformément à ce qui prévalait sous l'ancienne loi d'organisation judiciaire, le recourant doit indiquer précisément quels points de la décision cantonale sont attaqués et quelles sont les modifications demandées (<ref-ruling> consid. 3.1). Lorsque l'action tend au paiement d'une somme d'argent, celle-ci doit obligatoirement être précisée, sous peine d'irrecevabilité. Des conclusions non chiffrées peuvent toutefois suffire, à condition que la somme à allouer soit d'emblée reconnaissable au regard de la motivation du recours ou de la décision attaquée (<ref-ruling> consid. 2). De manière générale, les conclusions doivent être interprétées selon le principe de la confiance, à la lumière de la motivation du recours (<ref-ruling> consid. 1; <ref-ruling> consid. 2a). A teneur de l'<ref-law>, toute conclusion nouvelle est irrecevable. Sont ainsi prohibées les conclusions augmentées, en particulier celles portant sur un montant plus élevé que celui demandé devant l'autorité précédente. 1.2 Au chapitre intitulé "conclusions", la recourante requiert qu'il soit constaté qu'elle a travaillé à plein temps dès le début des rapports de travail et que sa demande en paiement soit déclarée recevable. Il ressort toutefois clairement de la motivation de son recours qu'elle conteste le calcul de ses prétentions salariales en tant qu'il se fonde sur un taux d'activité de 75 % jusqu'en 2003 et qu'elle prétend, après compensation, au paiement d'un solde de 39'733 fr. Il faut dès lors considérer que le recours tend au paiement du montant précité. 1.3 Devant l'autorité précédente, la recourante avait conclu à la confirmation du jugement de première instance, lequel lui allouait la somme brute de 34'713 fr. plus intérêts à 5 % l'an dès le 1er octobre 2006, sous réserve des déductions sociales, légales et usuelles. En tant qu'elles excèdent ce montant, les conclusions prises devant le Tribunal fédéral sont irrecevables. 1.4 Pour le surplus, le recours satisfait sur le principe aux autres conditions de recevabilité du recours en matière civile (cf. art. 72 al. 1, art. 75, 76 al. 1, art. 90 et art. 100 al. 1 LTF). En particulier, la valeur litigieuse atteint le minimum légal de 15'000 fr. (art. 51 al. 1 let. a et art. 74 al. 1 let. a LTF). 2. 2.1 La recourante reproche aux juges cantonaux d'avoir renoncé à auditionner le pharmacien de quartier et le médecin de Y._, alors que ces témoins auraient permis d'établir que l'état de santé de leur patiente nécessitait l'assistance d'une employée à un taux largement plus élevé qu'un simple plein temps. 2.2 Ni le droit d'être entendu, ni l'<ref-law>, ni la maxime inquisitoire ne s'opposent à ce que le juge procède à une appréciation anticipée des preuves et renonce à ordonner une mesure d'instruction pour le motif qu'elle est manifestement inadéquate, porte sur un fait non pertinent, ou n'est pas de nature à ébranler la conviction que le juge a acquise sur la base des éléments déjà recueillis (<ref-ruling> consid. 5.3; <ref-ruling> consid. 2.2.3 p. 735; <ref-ruling> consid. 3c). L'appréciation (anticipée) des preuves ne peut être revue par le Tribunal fédéral que sous l'angle restreint de l'arbitraire (cf. <ref-ruling> consid. 3 p. 157; <ref-ruling> consid. 4a). Une décision est arbitraire lorsqu'elle se trouve en contradiction claire avec la situation de fait, viole gravement une norme ou un principe juridique indiscuté ou heurte de manière choquante le sentiment de la justice et de l'équité (<ref-ruling> consid. 4.2). La prohibition de l'arbitraire étant de rang constitutionnel (art. 9 Cst.), le recourant doit expressément soulever le grief et exposer de manière claire et circonstanciée, si possible documentée, en quoi ce droit fondamental a été violé (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 2.2). 2.3 Le Tribunal des prud'hommes avait renoncé à auditionner trois des témoins proposés par la recourante. Comme l'ancien droit genevois étendait la maxime inquisitoire sociale à tous les litiges de droit du travail sans égard à leur valeur litigieuse, la Cour de justice s'est posé d'office la question d'une telle mesure d'instruction (cf. ancien art. 343 al. 2 et 4 CO; art. 29 et 64 al. 2 de l'ancienne loi genevoise sur la juridiction des prud'hommes, ci-après: aLJP). Elle l'a jugée inutile pour les motifs suivants: le pharmacien avait résumé dans une attestation versée au dossier le peu qu'il avait à dire sur le sujet. Quant au médecin de l'employeuse, il pouvait en tout état refuser de témoigner, à supposer qu'il se souvienne de sa patiente; de surcroît, l'exigence de célérité rappelée à l'art. 11 al. 1 aLJP s'opposait à une possible procédure de levée du secret médical. 2.4 En l'occurrence, la recourante émet de brèves considérations théoriques sur l'appréciation anticipée des preuves en soulignant qu'elle doit être exempte d'arbitraire et que le juge ne peut pas d'emblée écarter une offre de preuve sans motif objectif. Elle se contente ensuite d'affirmer que les juges des prud'hommes ont écarté "sans motif pertinent" l'audition du pharmacien et du médecin de Y._, alors qu'ils étaient les mieux placés pour témoigner de son état de santé, le médecin étant un "témoin-clé". De telles critiques, de nature appellatoire, ne satisfont pas aux exigences de motivation plus strictes imposées par l'<ref-law>. La recourante ne discute pas les motifs de refus invoqués par la Cour de justice et ne s'attache pas à démontrer qu'ils seraient entachés d'arbitraire. En particulier, elle ne soutient pas que la cour aurait tiré des déductions insoutenables de l'attestation du pharmacien et pronostiqué arbitrairement qu'il n'avait pas de précision à apporter. Elle ne conteste pas non plus les aléas invoqués pour refuser l'audition du médecin. Le grief se révèle dès lors irrecevable. 3. 3.1 La Cour de justice aurait en outre versé dans l'arbitraire en retenant un taux de travail initial de 75 % (taux moyen). Elle aurait fait abstraction des témoignages établissant l'horaire de travail de la recourante et aurait privilégié à tort la version des intimés. L'augmentation de salaire accordée à la recourante en juillet 2003 serait due uniquement à la régularisation de sa situation, et non pas à une augmentation de son taux d'activité. En outre, la cour aurait arbitrairement refusé de considérer comme temps de travail les moments que la recourante consacrait aux courses, aux repas et au nettoyage, sous le prétexte erroné que ces tâches profitaient en premier lieu à la recourante. 3.2 Le Tribunal des prud'hommes a retenu un taux d'activité de 100 % pendant toute la durée de la relation de travail en se fondant sur les éléments suivants: des pièces attestaient que dès 2003, la recourante effectuait au moins 40 heures de travail par semaine. En outre, les témoignages recueillis établissaient qu'en 1998 déjà, elle s'occupait seule de l'employeuse, qui était invalide et avait besoin d'un fauteuil roulant pour se déplacer. Cette dernière avait nécessité des soins soutenus durant l'ensemble de la période d'engagement, et davantage vers la fin de sa vie. La recourante avait assumé seule tous les soins de base à l'exception des soins infirmiers. La Cour de justice a refusé de suivre cette appréciation. Elle a concédé que l'employeuse était handicapée dès le début des relations contractuelles en 1997 et ne se déplaçait qu'en fauteuil roulant. Cela étant, les parties s'accordaient à dire que son état de santé s'était progressivement dégradé, la recourante mentionnant une impotence complète dès l'année 2000. De surcroît, nombre de services accomplis par la recourante lui profitaient également, puisqu'elle logeait avec son employeuse. Il fallait dès lors retenir un taux d'activité initial de 50 %, augmentant au fil du temps pour atteindre un plein temps au plus tard à la fin du mois de juin 2003. En définitive, la cour d'appel a appliqué un taux d'activité moyen de 75 % pour la première période, puis un taux de 100 % dès le mois de juillet 2003. 3.3 Dans son mémoire, la recourante reprend tels quels les calculs effectués par la Cour de justice pour la seconde période allant de juillet 2003 à août 2006; ceux-ci se fondent sur un emploi à plein temps, sans heures supplémentaires, alors que l'employeuse était devenue totalement impotente. Il faut dès lors tenir pour acquis que la recourante n'effectuait pas plus qu'un travail à plein temps lorsque le handicap de son employeuse est devenu maximal. Cette précision étant apportée, il convient d'examiner les griefs de la recourante. 3.4 La Cour de justice a souligné que le travailleur émettant des prétentions salariales doit prouver la conclusion du contrat, le montant du salaire convenu ou usuel et le taux d'occupation. Une telle affirmation est conforme à l'<ref-law>. A supposer que la recourante ait voulu se plaindre d'un renversement injustifié du fardeau de la preuve, il faudrait constater que le grief n'est pas fondé. 3.5 La recourante ne critique pas à proprement parler le fait d'établir un lien entre son taux d'occupation et l'état de santé de son employeuse, mais soutient que cet état justifiait d'emblée une activité à 100 %. Or, elle a indiqué en audience que son ancienne employeuse était devenue totalement impotente depuis l'année 2000, ce qui revient à dire que son état s'est dégradé après la prise d'emploi, comme le relève la cour d'appel. La recourante ne prétend pas que la cour aurait appliqué arbitrairement l'ancien droit cantonal en tenant compte de déclarations faites dans le cadre de la procédure. Dès lors qu'un taux de travail de 100 % sans heures supplémentaires était retenu lorsque l'impotence de l'employeuse était totale et qu'elle avait besoin de plus d'assistance, il n'était pas arbitraire d'en déduire un taux d'activité moindre avant la dégradation de l'état de santé. La recourante se prévaut de deux témoignages. Le premier témoin est une infirmière qui a prodigué des soins à Y._ tout au plus pendant les deux derniers mois ayant précédé son décès, survenu en août 2006; ses déclarations sur l'état de la patiente et l'assistance fournie par la recourante à ce moment-là ne permettent donc pas de tirer des déductions pour la période comprise entre 1997 et 2003. Quant au second témoin, soit la voisine de palier, la recourante met en exergue les déclarations suivantes: "(...) En 1998, Y._ était déjà dans une chaise roulante et c'est la demanderesse [i.e la recourante, réd.] qui s'en occupait tout le temps. Je la voyais n'importe quel jour de la semaine, et à n'importe quelle heure du jour; elle était toujours avec Y._ depuis que je suis dans cet immeuble. Je n'ai jamais vu personne d'autre s'occuper de Y._. (...)" S'agissant d'une domestique qui logeait au domicile de son employeuse inapte à se déplacer seule, le fait d'être aperçue à n'importe quel moment de la journée et de la semaine n'excluait pas de retenir un taux d'activité inférieur à 100 %. Que les juges de première instance aient tiré d'autres déductions des témoignages recueillis ne démontre pas encore l'existence d'un arbitraire; celui-ci ne résulte pas du seul fait qu'une autre solution serait défendable (<ref-ruling> consid. 2.4). 3.6 Cela étant, la Cour de justice a encore invoqué le motif suivant pour retenir un travail à temps partiel en début de contrat: "(...) nombre de services accomplis par l'intimée [i.e. la recourante, réd.] lui profitaient également, puisqu'elle logeait avec son employeur. Il est difficile de compter comme heures de travail le temps que l'intimée consacrait aux achats pour le ménage, à la préparation du repas ou au nettoyage, tâches qu'elle effectuait pour elle-même et qui n'étaient pas sensiblement accrues par le fait qu'un tiers en bénéficiait indirectement. (...)" Au stade de l'état de fait, la Cour de justice a retenu qu'il s'agissait initialement pour la recourante "d'effectuer les tâches ménagères" et d'accompagner l'employeuse dans ses déplacements. Lorsque cette dernière est devenue totalement impotente, son état a nécessité une assistance permanente pour assurer son hygiène, la vêtir, la nourrir, la promener et répondre à ses sollicitations. Dans la citation susmentionnée, la cour admet que la recourante a effectué le nettoyage, les courses et les repas pour Y._, mais estime qu'il s'agissait d'un profit "indirect" pour l'employeuse. S'agissant d'un contrat onéreux, on ne saurait considérer, sauf preuve du contraire, qu'une employée logée à domicile par son employeuse handicapée aurait effectué à bien plaire une partie des tâches ménagères, sous le simple prétexte que l'accomplissement de ces tâches profitait aussi à l'employée. Le seul fait que l'employeuse n'était pas totalement impotente au début des relations contractuelles et qu'elle ait éventuellement été encore apte à effectuer elle-même quelques tâches ménagères ne constitue pas une preuve contraire suffisante. Il faut dès lors considérer que les "tâches ménagères" contractuellement dues incluaient tous les travaux ménagers courants, notamment le nettoyage, les courses et les repas de Y._. Dans un tel contexte, il convenait de fixer le taux d'activité initial de l'employée en considérant le temps que requiert, selon l'expérience de la vie, la tenue d'un ménage, repas compris, pour une personne seule, auquel s'ajoutait encore le temps consacré à accompagner l'employeuse dans ses déplacements, et notamment dans ses promenades. Devaient tout au plus être exclus du temps de travail le nettoyage, les courses et le rangement de la (ou des) pièce(s) réservée(s) à l'usage exclusif de l'employée et sa famille. Au vu de ce qui précède, il apparaît que le taux d'activité initial a été arbitrairement fixé à 50 % dès lors que l'autorité cantonale s'est fondée sur un motif de réduction erroné, à savoir que les services ménagers effectués par la recourante profitaient en premier lieu à celle-ci. 3.7 Se pose encore la question du moment où l'employeuse est devenue totalement impotente. La Cour de justice a retenu une dégradation progressive jusqu'à une incapacité totale survenue au plus tard en juin 2003. La cour était confrontée à des versions divergentes, la recourante invoquant l'année 2000, les intimés, le 1er juillet 2003. En objectant que la parole des intimés ne vaut pas plus que la sienne, la recourante méconnaît le fait que le fardeau de la preuve de la date de l'incapacité totale lui incombait en tant qu'il était de nature à augmenter ses prétentions salariales. La cour était dès lors fondée à retenir le 1er juillet 2003, la recourante n'ayant pas pu démontrer que l'incapacité totale était survenue antérieurement, son grief relatif au refus d'entendre des témoins étant irrecevable. Pour le surplus, le principe d'un taux moyen tenant compte d'un glissement progressif vers une impotence totale ne prête pas le flanc à la critique. 3.8 En bref, la cause doit être renvoyée à la Cour de justice pour qu'elle fixe le taux d'occupation de la recourante pour la période comprise entre le 1er septembre 1997 et le 30 juin 2003, en appliquant ensuite ce taux aux salaires fixés par le CTT, qui ne sont pas contestés par la recourante (3'100 fr., puis 3'165 fr. dès le 1er février 2000, puis 3'300 fr. dès le 1er juillet 2001). Ne sont pas non plus remis en cause les salaires dus dès le 1er juillet 2003 (39'600 fr. + 61'200 fr. + 27'440 fr.), ni le total des salaires effectivement payés (271'812 fr.). Sur le solde résultant de la soustraction entre les salaires dus et les salaires payés, il conviendra d'imputer la créance de loyer des intimés. Le Tribunal des prud'hommes a retenu que cette créance s'élevait au jour du jugement à 46 mois de loyer (février 2007 à novembre 2010), soit 40'480 fr. La Cour de justice n'a pas remis en cause cet élément, retenant, à l'instar des premiers juges, que la recourante n'avait payé son sous-loyer que de septembre 2006 à janvier 2007 exclusivement. La recourante soutient que la dette de loyer ne porterait que sur 45 mois et ne serait que de 39'600 fr.; elle affirme avoir payé le loyer de mai 2010. Cet élément ne ressort toutefois pas de l'état de fait arrêté par les autorités cantonales et n'a pas fait l'objet d'un grief dans le présent recours. Il n'y a dès lors pas de motif de s'écarter du montant de 40'480 fr. 3.9 La Cour de justice se prononcera par ailleurs sur la répartition des frais d'appel. 4. En définitive, le recours est partiellement admis. L'arrêt attaqué est annulé et la cause est renvoyée à l'autorité précédente pour qu'elle rende une nouvelle décision dans le sens des considérants. La recourante succombe sur plusieurs griefs, mais obtient gain de cause sur un moyen impliquant le renvoi de la cause à l'autorité précédente. Il se justifie dès lors de mettre les frais judiciaires pour moitié à la charge des intimés, solidairement entre eux. La recourante étant au bénéfice de l'assistance judiciaire partielle, elle n'assumera aucun frais. La recourante a procédé personnellement et ne prétend pas à des dépens. L'assistance judiciaire ne la dispense pas de payer des dépens aux intimés (<ref-ruling> consid. 2c); elle leur versera en l'occurrence une indemnité réduite de moitié (art. 68 al. 1 et 2 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est partiellement admis. L'arrêt attaqué est annulé et la cause est renvoyée à l'autorité précédente pour nouvelle décision dans le sens des considérants. 2. Un émolument judiciaire de 750 fr. est mis à la charge des intimés, solidairement entre eux. 3. La recourante versera aux intimés, créanciers solidaires, une indemnité de 1'000 fr. à titre de dépens réduits. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Chambre des prud'hommes de la Cour de justice du canton de Genève. Lausanne, le 14 mai 2012 Au nom de la Ire Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse La Présidente: Klett La Greffière: Monti
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2,008
de
Sachverhalt: A. Mit Verfügung vom 21. Februar 2006 sprach die Schweizerische Unfallversicherungsanstalt (SUVA) dem 1954 geborenen D._ für die Folgen eines am 1. Juni 2004 erlittenen Unfalles (Sturz vom Mofa) eine Invalidenrente ab 1. März 2006 auf der Grundlage einer Invalidität von 17 % sowie eine Integritätsentschädigung basierend auf einer Integritätseinbusse von 20 % zu; die Voraussetzungen für eine Hilflosentschädigung erachtete sie als nicht gegeben. Daran wurde auf Einsprache hin festgehalten (Einspracheentscheid vom 4. September 2006). B. Die hiegegen erhobene Beschwerde wies das Verwaltungsgericht des Kantons Thurgau mit Entscheid vom 18. April 2007 ab. C. D._ lässt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten führen und beantragen, in Aufhebung des vorinstanzlichen Entscheides sei ihm eine auf einer vollständigen Erwerbsunfähigkeit beruhende Rente, eine einem Integritätsschaden von mindestens 80 % entsprechende Integritätsentschädigung und eine Hilflosenentschädigung mindestens mittleren Grades zuzuerkennen; eventualiter sei die Sache zur weiteren Abklärung und Neubeurteilung an die Vorinstanz, allenfalls an den Unfallversicherer zurückzuweisen. Ferner wird um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege (im Sinne der Befreiung von den Gerichtskosten sowie der unentgeltlichen Verbeiständung) ersucht. Während das kantonale Gericht und die SUVA auf Abweisung der Beschwerde schliessen, verzichtet das Bundesamt für Gesundheit auf eine Vernehmlassung. D. Mit Verfügung vom 11. Februar 2008 wies das Bundesgericht, I. sozialrechtliche Abteilung, das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege zufolge Aussichtslosigkeit der Rechtsvorkehr ab und forderte den Beschwerdeführer mit zusätzlicher Verfügung auf, bis 28. Februar 2008 einen Kostenvorschuss von Fr. 500.- einzuzahlen, was fristgerecht geschehen ist.
Erwägungen: 1. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann wegen Rechtsverletzung gemäss Art. 95 und Art. 96 BGG erhoben werden. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (<ref-law>). Es ist somit weder an die in der Beschwerde geltend gemachten Argumente noch an die Erwägungen der Vorinstanz gebunden; es kann eine Beschwerde aus einem anderen als dem angerufenen Grund gutheissen und es kann sie mit einer von der Argumentation der Vorinstanz abweichenden Begründung abweisen (vgl. <ref-ruling> E. 1.4 S. 140). Das Bundesgericht prüft grundsätzlich nur die geltend gemachten Rügen; es ist nicht gehalten, wie eine erstinstanzliche Behörde alle sich stellenden rechtlichen Fragen zu prüfen, wenn diese vor Bundesgericht nicht mehr vorgetragen wurden. Es kann die Verletzung von Grundrechten und von kantonalem und interkantonalem Recht nur insofern prüfen, als eine solche Rüge in der Beschwerde vorgebracht und begründet worden ist (<ref-law>). Im Beschwerdeverfahren um die Zusprechung oder Verweigerung von Geldleistungen der Militär- oder Unfallversicherung ist das Bundesgericht nicht an die vorinstanzliche Feststellung des rechtserheblichen Sachverhalts gebunden (Art. 97 Abs. 2 und Art. 105 Abs. 3 BGG). 2. Streitig und zu prüfen ist, ob dem Beschwerdeführer höhere als die ihm mit Verfügung der SUVA vom 21. Februar 2006, bestätigt durch Einspracheentscheid vom 4. September 2006, zugesprochenen (Invalidenrente auf der Basis einer Invalidität von 17 %, Integritätsentschädigung auf der Grundlage einer Einbusse von 20 %) bzw. verweigerten Leistungen (Hilflosenentschädigung) zustehen. Das kantonale Gericht hat die diesbezüglich massgeblichen Bestimmungen und Grundsätze zutreffend dargelegt, worauf verwiesen wird. 3. 3.1 In pflichtgemässer Würdigung der gesamten Aktenlage, insbesondere gestützt auf die Berichte des Hausarztes Dr. med. M._, Spezialarzt für Innere Medizin FMH, vom 17. Juni und 4. November 2005, des Kantonsspitals X._ vom 29. September 2005, der Rehaklinik Y._ vom 6. Oktober 2005 sowie des Kreisarztes Dr. med. C._ vom 10. Januar 2006, hat die Vorinstanz mit einlässlicher und nachvollziehbarer Begründung erkannt, dass der Versicherte seine angestammte, körperlich schwere Arbeit als Metallverarbeiter auf Grund der somatischen Unfallfolgen zwar nicht mehr ausüben kann, ihm indessen eine mittelschwere wechselbelastende Tätigkeit (ohne repetitives Treppensteigen, Überkopfarbeiten, Zwangshaltung für das linke Knie sowie Tragen von Gewichten über 15 kg) ganztägig zumutbar ist. Aus den Berichten des Dr. med. S._, Chefarzt Klinik für Orthopädische Chirurgie und Traumatologie, Kantonsspital X._, vom 1. September 2006 und 26. Februar 2007, mit denen sich bereits das kantonale Gericht eingehend befasst hat, lässt sich entgegen den Vorbringen des Beschwerdeführers kein anderes Ergebnis herleiten. Im Verzicht des Unfallversicherers, weitere diesbezügliche Untersuchungen zu veranlassen, kann, da daraus keine neuen Erkenntnisse zu resultieren vermöchten, weder eine Verletzung des Untersuchungsgrundsatzes noch des Anspruchs auf rechtliches Gehör erblickt werden (antizipierte Beweiswürdigung; vgl. SVR 2001 IV Nr. 10 S. 27, E. 4b, I 362/99; zu Art. 4 Abs. 1 aBV ergangene, weiterhin geltende Rechtsprechung: <ref-ruling> E. 4b S. 94, 122 V 157 E. 1d S. 162, je mit Hinweisen). 3.2 Vorinstanzlich ebenfalls korrekt ausgeführt worden ist ferner, dass zwischen dem Unfall vom 1. Juni 2004 und dem psychischen Beschwerdebild (in Form einer psychogenen Somatisierungsproblematik) kein adäquater Kausalzusammenhang besteht, weshalb eine diesbezügliche Leistungspflicht der Beschwerdegegnerin entfällt. Auf die entsprechenden Erwägungen kann verwiesen werden. Im Übrigen begründen zum Formenkreis der somatoformen Schmerzstörungen gehörende Leiden in aller Regel keine Invalidität im Rechtssinne (<ref-law>; vgl. dazu <ref-ruling>, 130 V 352 und 396 [anhaltende somatoforme Schmerzstörung]; Urteil I 437/05 vom 25. Oktober 2005, E. 3.3.2 mit Hinweisen [Somatisierungsstörung]; <ref-ruling> E. 4 S. 70 ff.; Urteil I 288/04 vom 13. April 2006, E. 5.1 und 5.2, je mit Hinweisen [Fibromyalgie]), sodass ein darauf zurückzuführender Rentenanspruch vorliegend wohl bereits aus diesem Grunde abzulehnen ist. 3.3 Schliesslich sind auch keine Anhaltspunkte ersichtlich, welche Zweifel am mittels der Einkommensvergleichsmethode festgesetzten Invaliditätsgrad (von 17 %), an der Höhe der die Basis der Integritätsentschädigung bildendenden Integritätseinbusse (von 20 %) sowie an der Feststellung des kantonalen Gerichts, wonach die Anspruchsvoraussetzungen für eine Hilflosenentschädigung zu verneinen sind, weckten. Die diesbezüglichen Vorbringen des Beschwerdeführers erschöpfen sich weitgehend in der Wiederholung der bereits im kantonalen Verfahren erhobenen Vorbringen und sind nicht geeignet, zu abweichenden Schlussfolgerungen zu gelangen. 4. 4.1 Die offensichtlich unbegründete Beschwerde wird im vereinfachten Verfahren nach Art. 109 (Abs. 2 lit. a) BGG mit summarischer Begründung und unter Verweis auf den vorinstanzlichen Entscheid (Abs. 3) erledigt. 4.2 Die Gerichtskosten werden dem Beschwerdeführer als unterliegender Partei auferlegt (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsgericht des Kantons Thurgau und dem Bundesamt für Gesundheit schriftlich mitgeteilt. Luzern, 14. März 2008 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin: Ursprung Fleischanderl
CH_BGer_008
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2,011
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Erwägungen: 1. Auf eine von D._ erstattete Anzeige hin erliess die Staatsanwaltschaft des Kantons Zug, III. Abteilung, am 18. August 2011 eine Nichtanhandnahmeverfügung. Hiergegen erhoben der Anzeigeerstatter und seine in Liquidation befindlichen Firmen Beschwerde ans Obergericht des Kantons Zug. Der Präsident dessen I. Beschwerdeabteilung ist mit Verfügung vom 14. September 2011 auf die Beschwerde nicht eingetreten, da er diese als offensichtlich mutwillig und querulatorisch erachtet hat. 2. Gegen die Verfügung führen D._ und seine Firmen mit Eingabe vom 18. Oktober (Postaufgabe: 23. Oktober) 2011 der Sache nach Beschwerde in Strafsachen ans Bundesgericht. Das Bundesgericht hat davon abgesehen, Vernehmlassungen einzuholen. 3. Nach <ref-law> ist in der Beschwerdebegründung - unabhängig von der Art des nach BGG offen stehenden Rechtsmittels - in gedrängter Form darzulegen, inwiefern der angefochtene Entscheid Recht verletzt (<ref-law>; <ref-ruling> E. 1.4.1 S. 53, 65 E. 1.3.1 S. 68 mit Hinweisen). Die Bestimmungen von <ref-law> nennen die vor Bundesgericht zulässigen Beschwerdegründe. Die Beschwerdeführer üben wie in früheren Verfahren ganz allgemein Kritik an einer Vielzahl namentlich eidgenössischer und kantonaler Justizbehörden sowie an verschiedenen politischen Behörden bzw. Institutionen und Privatpersonen, die in irgend einem Bezug zu sie betreffenden früheren Verfahren stehen. Sodann berufen sie sich auch nur ganz allgemein auf eine Vielzahl von Rechtsbestimmungen, deren Verletzung sie den genannten Behörden bzw. Privaten zur Last legen. Dabei legen sie indes - soweit ihre Eingabe überhaupt verständlich ist und den prozessualen Anstandsregeln zu genügen vermag (Art. 33 und Art. 42 Abs. 6 BGG) - nicht ansatzweise dar, inwiefern die angefochtene Verfügung Recht im Sinne von <ref-law> verletzen soll. Demgemäss ist bereits mangels einer genügenden Begründung im Sinne von <ref-law> auf die Beschwerde nicht einzutreten. Entsprechend erübrigt es sich, die weiteren Eintretensvoraussetzungen zu erörtern. Der Begründungsmangel ist offensichtlich, weshalb über die Beschwerde im vereinfachten Verfahren nach <ref-law> entschieden werden kann. 4. Dem Ausgang des Verfahrens entsprechend sind die bundesgerichtlichen Kosten den Beschwerdeführern aufzuerlegen (<ref-law>).
Demnach erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.-- werden den Beschwerdeführern auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Beschwerdeführern, der Staatsanwaltschaft des Kantons Zug, III. Abteilung, und dem Obergericht des Kantons Zug, I. Beschwerdeabteilung, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 10. November 2011 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Fonjallaz Der Gerichtsschreiber: Bopp
CH_BGer_001
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2,008
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Erwägungen: 1. X._ (geb. 1990) stammt nach eigenen Angaben aus Sierra Leone. Das Amt für Migration Luzern nahm ihn am 12. Februar 2008 in Ausschaffungshaft, welche der Einzelrichter am Verwaltungsgericht des Kantons Luzern am 14. Februar 2008 prüfte und bis zum 11. Mai 2008 bestätigte. X._ beantragt vor Bundesgericht sinngemäss, er sei aus der Haft zu entlassen. 2. Seine Eingabe erweist sich aufgrund der eingeholten Unterlagen als offensichtlich unbegründet und kann ohne Weiterungen im vereinfachten Verfahren nach <ref-law> erledigt werden; es braucht unter diesen Umständen nicht geprüft zu werden, ob sie den Begründungsanforderungen von <ref-law> genügen würde: 2.1 Der Beschwerdeführer ist im Asylverfahren rechtskräftig weggewiesen worden. Das Bundesamt für Migration ist auf sein Asylgesuch nicht eingetreten, da er den Behörden ohne entschuldbare Gründe nicht innerhalb von 48 Stunden Reise- oder Identitätspapier abgegeben hat (Art. 32 Abs. 2 lit. a in Verbindung mit <ref-law> [SR 142.31]). Er erfüllt damit den Haftgrund von Art. 76 Abs. 1 lit. b Ziff. 2 AuG (SR 142.20; <ref-ruling> ff.). Da er seinen verfahrensrechtlichen Mitwirkungspflichten nicht nachgekommen ist, besteht bei ihm auch Untertauchensgefahr im Sinne der Rechtsprechung zu Art. 76 Abs. 1 lit. b Ziff. 3 AuG. Der Beschwerdeführer hat schliesslich wiederholt erklärt, auf keinen Fall bereit zu sein, in seine Heimat zurückzukehren (vgl. <ref-ruling> E. 3.1 S. 58 f.). Es liegen keine Anhaltspunkte dafür vor, dass sich die Behörden nicht mit dem nötigen Nachdruck um seine Ausschaffung bemühen werden oder diese zurzeit nicht absehbar erschiene; die angefochtene Ausschaffungshaft verletzt deshalb kein Bundesrecht. 2.2 Soweit der Beschwerdeführer geltend macht, die Schweiz bei einer Haftentlassung freiwillig verlassen zu wollen, ist nicht ersichtlich, wie er dies ohne gültige Reisepapiere legal tun könnte. Nur sein Heimatstaat ist verpflichtet, ihn auch ohne solche zurückzunehmen (<ref-ruling> E. 4.2.2). Der Beschwerdeführer hat es jederzeit in der Hand, seine Festhaltung zu beenden, indem er mit den Behörden bei der Beschaffung seiner Papiere kooperiert. Sollten es ihm diese erlauben, legal in einen Drittstaat auszureisen, wird er die Schweiz gegebenenfalls dorthin verlassen können (Art. 69 Abs. 2 AuG). Soweit der Beschwerdeführer geltend macht, er habe sich hier nichts zu Schulden kommen lassen, verkennt er, dass die Ausschaffungshaft keine Strafe bildet, sondern dazu dient, den Vollzug seiner Wegweisung sicherzustellen, der aufgrund seines Verhaltens im Asylverfahren gefährdet erscheint. Der Einwand, bei einer Rückkehr in sein Heimatland werde er verfolgt werden, bildet nicht Gegenstand des Haftprüfungsverfahrens; die Frage wurde im Asylverfahren rechtskräftig beurteilt und kann vom Bundesgericht nicht mehr überprüft werden (vgl. <ref-law>). Seinem jugendlichen Alter ist im Rahmen des Festhaltungsvollzugs angemessen Rechnung zu tragen. Für alles Weitere wird auf die zutreffenden Ausführungen im angefochtenen Entscheid verwiesen (<ref-law>). 3. Aufgrund der besonderen Umstände (Bedürftigkeit, absehbarer Wegweisungsvollzug usw.) kann davon abgesehen werden, Kosten zu erheben (vgl. <ref-law>). Das Migrationsamt des Kantons Luzern wird ersucht, dafür besorgt zu sein, dass das vorliegende Urteil dem Beschwerdeführer korrekt eröffnet und nötigenfalls verständlich gemacht wird.
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Es werden keine Kosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, dem Migrationsamt des Kantons Luzern, dem Verwaltungsgericht des Kantons Luzern sowie dem Bundesamt für Migration schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 10. März 2008 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Merkli Hugi Yar
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2,015
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Sachverhalt: A. Der 1967 geborene A._ war bis 31. Mai 2003 Hilfskoch im Hotel B._. Mit Verfügung vom 14. Februar 2007 sprach ihm die IV-Stelle Uri ab 1. Februar 2004 eine ganze Invalidenrente zu. Am 21. August 2008 bestätigte sie dies revisionsweise. Im Juli 2010 leitete sie eine weitere Rentenrevision ein. Sie holte diverse Arztberichte und ein Gutachten des Instituts C._ vom 10. Dezember 2013 ein. Der Versicherte legte einen Bericht des Sozial Psychiatrischen Dienstes (nachfolgend SPD) vom 6. März 2014 auf. Mit Verfügung vom 29. April 2014 hob die IV-Stelle die Rente ab dem ersten Tag des zweiten Monats nach Zustellung der Verfügung auf. B. Hiegegen reichte der Versicherte beim Obergericht des Kantons Uri Beschwerde ein. Er legte einen Bericht des SPD vom 13. August 2014 auf. Mit Entscheid vom 24. April 2015 wies die Vorinstanz die Beschwerde ab. C. Mit Beschwerde beantragt der Versicherte, in Aufhebung des kantonalen Entscheids sei die IV-Stelle zu verpflichten, ihm weiterhin eine ganze Invalidenrente auszurichten. Mit Verfügung vom 2. Juli 2015 erhielt der Versicherte Gelegenheit, seine Vorbringen angesichts des zwischenzeitlich ergangenen Grundsatzurteils BGE 9C_492/2014 vom 3. Juni 2015 im Bereich der Rechtsprechung zu den anhaltenden somatoformen Schmerzstörungen und vergleichbaren psychosomatischen Leiden zu ergänzen. Davon machte er mit Vernehmlassung vom 11. August 2015 Gebrauch.
Erwägungen: 1. Mit der Beschwerde kann eine Rechtsverletzung nach Art. 95 f. BGG gerügt werden. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (<ref-law>). Dennoch prüft es - offensichtliche Fehler vorbehalten - nur die in seinem Verfahren beanstandeten Rechtsmängel (Art. 42 Abs. 1 f. BGG; <ref-ruling> E. 2.2.1 S. 389). Es legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (<ref-law>). Es kann ihre Sachverhaltsfeststellung von Amtes wegen berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruht und wenn die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (Art. 97 Abs. 1, Art. 105 Abs. 2 BGG). Rechtsfragen sind die vollständige Feststellung erheblicher Tatsachen sowie die Beachtung des Untersuchungsgrundsatzes bzw. der Beweiswürdigungsregeln nach <ref-law> und der Anforderungen an den Beweiswert von Arztberichten. Die aufgrund dieser Berichte gerichtlich festgestellte Gesundheitslage bzw. Arbeitsfähigkeit und die konkrete Beweiswürdigung sind Sachverhaltsfragen (<ref-ruling> E. 3.2 S. 397; nicht publ. E. 4.1 des Urteils <ref-ruling>, veröffentlicht in SVR 2009 IV Nr. 53 S. 164 [9C_204/2009]). 2. Die Vorinstanz hat die Grundlagen über die Invalidität (<ref-law>), die Erwerbsunfähigkeit (<ref-law>), die Invaliditätsbemessung nach dem Einkommensvergleich (<ref-law>), den Rentenanspruch (<ref-law>) und die Rentenrevision (<ref-law>; Art. 87 Abs. 2, Art. 88bis Abs. 2 lit. a IVV; <ref-ruling> E. 3 S. 132, 130 V 343 E. 3.5 S. 349) richtig dargelegt. Gleiches gilt betreffend die Überprüfung der bei pathogenetisch-ätiologisch unklaren syndromalen Beschwerdebildern ohne nachweisbare organische Grundlage zugesprochenen Renten (lit. a Abs. 1 der am 1. Januar 2012 in Kraft getretenen Schlussbestimmungen der Änderung vom 18. März 2011 des IVG [6. IV-Revision, 1. Massnahmenpaket], nachfolgend SchlBest. IVG; <ref-ruling>) und den Beweiswert von Arztberichten (<ref-ruling> E. 5.1 S. 232, 125 V 351). Darauf wird verwiesen. 3. 3.1. Die Vorinstanz hat in Würdigung der medizinischen Akten mit einlässlicher Begründung - auf die verwiesen wird - im Wesentlichen erwogen, eine Rentenaufhebung nach lit. a Abs. 1 SchlBest. IVG sei nicht möglich. Hingegen seien die Revisionsvoraussetzungen nach <ref-law> erfüllt. Gestützt auf das interdisziplinäre (allgemein-internistische, psychiatrische, orthopädische und neurologische) Gutachten des Instituts C._ vom 10. Dezember 2013 habe aus Sicht des Bewegungsapparates wie auch aus allgemein-internistischer Sicht keine länger dauernde Arbeitsunfähigkeit bestanden. Einzig neurologischerseits bestehe seit dem Verlust des rechten Auges (ca. 1983) eine Einschränkung für Tätigkeiten, die dreidimensionales Sehen erforderten. Laut den Gutachtern des Instituts C._ habe sich die psychische Symptomatik verbessert, da die im Gutachten vom 19. Juni 2006 diagnostizierte rezidivierende depressive Störung remittiert sei. Aus dem vagen SPD-Bericht vom 6. März 2014 könne der Versicherte nichts zu seinen Gunsten ableiten. Gleiches gelte für den SPD-Bericht vom 13. August 2014, da eine allfällige Verschlechterung der Erwerbsfähigkeit nach Verfügungserlass am 29. April 2014 in einem neuen Verfahren zu prüfen wäre. Das obstruktive Schlafapnoesyndrom schränke die Arbeitsfähigkeit in körperlich leichten bis mittelschweren Tätigkeiten nicht ein; dasselbe gelte für die Hämochromatose. Infolge einer Verbesserung des Gesundheitszustands der Versicherten sei somit ab dem Zeitpunkt des Gutachtens des Instituts C._ vom 10. Dezember 2013 von voller Arbeitsfähigkeit in angepasster Tätigkeit auszugehen. 3.2. Psychischerseits bringt der Versicherte vor, die Praxis zu den somatoformen Schmerzstörungen sei hier nicht anwendbar. Er leide an einer rezidivierenden depressiven Störung, bei der Schwankungen dazu gehörten. Die im SPD-Bericht vom 6. März 2014 gestellten vorläufigen Diagnosen seien im SPD-Bericht vom 13. August 2014 bestätigt worden, wenn auch der Schweregrad der depressiven Störung etwas höher eingestuft worden sei. Laut letztgenanntem Bericht habe seit Behandlungsbeginn am 6. März 2014 - somit bereits vor der Verfügung vom 29. April 2014 - keine Arbeitsfähigkeit bestanden. Wegen der Nichtberücksichtigung des SPD-Berichts vom 13. August 2014 habe die Vorinstanz Bundesrecht verletzt und den Sachverhalt offensichtlich unrichtig festgestellt. Dem kann nicht beigepflichtet werden. Die Vorinstanz erkannte richtig, dass auf den SPD-Bericht vom 6. März 2014 nicht abgestellt werden könne, da er nur vorläufige psychiatrische Diagnosen und eine Vermutung zu deren Entwicklung enthielt. Angaben zur Arbeits- bzw. Erwerbsfähigkeit - die für die Bestimmung des Rentenanspruchs massgebend sind (<ref-ruling> E. 3.2.1 S. 281) - waren darin nicht enthalten. Wenn der SPD nachträglich im Bericht vom 13. August 2014 eine seit 6. März 2014 durchgehend bestehende vollständige Arbeitsunfähigkeit attestierte, überzeugt es nicht. Dies umso weniger, als er am 6. März 2014 eine mittelgradige depressive Störung (ICD-10 F32.1) annahm, während er am 13. August 2014 eine rezidivierende depressive Störung mit Chronifizierungstendenz, derzeit mittelgradig bis schwer (ICD-10 F33.1), diagnostizierte. Es leuchtet nicht ein, weshalb trotz des unterschiedlichen Schweregrads der gestellten Diagnosen seit 6. März 2014 eine unveränderte vollständige Arbeitsunfähigkeit bestanden haben soll. Diesbezüglich ist denn auch auf die Erfahrungstatsache hinzuweisen, dass behandelnde Ärzte mitunter im Hinblick auf ihre auftragsrechtliche Vertrauensstellung in Zweifelsfällen eher zugunsten ihrer Patienten aussagen (<ref-ruling> E. 4.5. S. 470). Die Vorinstanz stellte somit psychischerseits bis zum massgebenden Verfügungszeitpunkt am 29. April 2014 (vgl. <ref-ruling> E. 3.1.1 S. 320) zu Recht auf das Gutachten des Instituts C._ vom 10. Dezember 2013 ab. 3.3. Weiter rügt der Versicherte, die Gutachter des Instituts C._ hätten sich mit der funktionellen Relevanz seiner Hämochchromatose überhaupt nicht befasst; sie bleibe weiterhin unklar. Von dieser Krankheit seien Symptome wie Müdigkeit, Schwäche oder Gelenkschmerzen, vor allem der Mittelhand-Fingergelenke, bekannt. Auch die funktionellen Auswirkungen seines obstruktiven Schlafapnoesyndroms seien im Gutachten des Instituts C._ nicht näher erläutert worden. Hierzu habe sich die Vorinstanz nicht geäussert. Dem ist entgegenzuhalten, dass sich der allgemein-internistische Teilgutachter des Instituts C._ mit diesen beim Versicherten vorliegenden Krankheiten und den von ihm deswegen durchgeführten Behandlungen befasste. Die psychiatrische Teilgutachterin des Instituts C._ stellte im Weiteren eine geringe subjektive Belastung durch die Hämochromatose fest. Wenn die Vorinstanz diesbezüglich aufgrund des Gutachtens des Instituts C._ und unter Hinweis auf den Bericht der Klinik für Schlafmedizin vom 24. Oktober 2013, wonach das Schlafapnoesyndrom mit der CPAP-Therapie gut behandelt werde, von einer vollen Arbeitsfähigkeit in einer angepassten Tätigkeit ausging, ist dies als nur eingeschränkt überprüfbare Sachverhaltsfrage im Lichte der pauschalen Vorbringen des Versicherten nicht zu bemängeln. 4. Gegen den von der Vorinstanz gestützt auf den Einkommensvergleich festgestellten rentenausschliessenden Invaliditätsgrad von 7 % (vgl. <ref-law>) erhebt der Versicherte keine substanziierten Einwände, die ihn zu entkräften vermöchten. 5. Der unterliegende Versicherte trägt die Gerichtskosten (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 800.- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Obergericht des Kantons Uri, Verwaltungsrechtliche Abteilung, und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 17. September 2015 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Leuzinger Der Gerichtsschreiber: Jancar
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2,015
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Faits : A. La parcelle n° 144 d'Etoy est promise-vendue à A._ Sàrl, B._, C._, D._, E._, F._, G._ SA, H._ et I._. Ce bien-fonds, d'une superficie de 1'912 m2, supporte deux bâtiments ECA n° s 278 et 279, destinés à un usage agricole. Il est situé dans la zone de village au sens du règlement sur le plan général d'affectation et la police des constructions (ci-après: RPGA) de la commune d'Etoy. Le 25 septembre 2012, A._ Sàrl a demandé un permis pour la construction d'un immeuble d'habitation avec garage souterrain et pour la démolition du bâtiment ECA n° 278 sur la parcelle n° 144. Le projet prévoit la réalisation de 19 appartements répartis sur trois niveaux, y compris les combles, auxquels on accède par deux entrées collectives. La construction, d'une longueur de 46 mètres environ, d'un seul tenant, est munie d'une toiture principale à deux pans. La façade donnant sur la route du Clos-de-Bière se compose de trois pignons secondaires: l'un en saillie dans la partie est du bâtiment et les deux autres, au centre et dans la partie ouest du bâtiment, dans l'alignement de la façade. Il est en outre prévu de réaliser un corps de bâtiment, sur un étage, qui ferait le lien avec le bâtiment existant ECA n° 279, à conserver. Ce projet a suscité l'opposition notamment de KK._ et L.K._, M._, N._, O._, P._, ainsi que R.R._ et S.R._, habitants du quartier voisin de la Romanèche. Les autorités cantonales consultées ont toutes délivré les autorisations requises ou préavis favorables. Le 27 novembre 2012, la Municipalité d'Etoy a levé les oppositions et accordé l'autorisation de construire sous diverses conditions. Les opposants précités ont recouru contre cette décision devant la Cour de droit administratif et public (CDAP) du Tribunal cantonal. B. Le 17 avril 2013, les constructeurs ont demandé un permis complémentaire pour un projet similaire, assorti de modifications portant notamment sur les pignons secondaires (prévus de biais et en légère saillie) et la profondeur des balcons. A l'appui de leur demande, les constructeurs ont précisé qu'il s'agissait d'une solution alternative, qui serait réalisée si le projet initial devait être refusé. Le 14 juin 2013, la municipalité a délivré le permis de construire et levé les oppositions formées, entre autres, par M._, N._, O._, P._, ainsi que R.R._ et S.R._. Ceux-ci ont recouru à l'encontre de cette décision auprès de la CDAP. C. Par arrêt du 12 juin 2014, après avoir joint les procédures et procédé à une visite des lieux, la cour cantonale a admis les recours et annulé les décisions des 27 novembre 2012 et 14 juin 2013. Elle a en substance rejeté plusieurs griefs des opposants à l'encontre du projet (conformité du projet au plan directeur localisé, longueur du bâtiment, admissibilité d'un pignon secondaire dans la partie est de la façade sud-est, construction en ordre contigu), laissé indécis ceux en rapport avec l'aménagement des places de parc et d'une place de rebroussement, et admis ceux relatifs à l'absence irrégulière de décrochements en façade et en hauteur, à la non-conformité de deux des trois pignons secondaires avec le règlement communal, ainsi qu'à l'illégalité de l'empiètement des balcons sur la limite des constructions. D. Agissant par la voie du recours en matière de droit public, A._ Sàrl, B._, C._, D._, E._, F._, G._ SA, H._ et I._ demandent au Tribunal fédéral de réformer l'arrêt cantonal "en ce sens que, sous réserve du nombre de places de stationnement et des balcons prévus sur la façade nord-ouest, le projet principal, [autorisé le 27 novembre 2012], et le projet alternatif, [autorisé le 14 juin 2013], sont conformes aux règles de police des constructions applicables à la parcelle n° 144 de la commune d'Etoy". Les opposants concluent à l'irrecevabilité du recours, subsidiairement à son rejet. La commune se détermine et conclut à l'admission du recours. Après un second échange d'écritures, recourants et intimés persistent dans leurs conclusions.
Considérant en droit : 1. Dirigé contre une décision finale (<ref-law>) prise en dernière instance cantonale (art. 86 al. 1 let. d LTF) dans le domaine du droit public des constructions (<ref-law>), le recours en matière de droit public est en principe recevable, aucune des exceptions prévues à l'<ref-law> n'étant réalisée. Les recourants ont pris part à la procédure de recours devant le Tribunal cantonal. Ils sont particulièrement touchés par l'arrêt attaqué qui annule l'autorisation de construire qui avait été délivrée pour une parcelle qui leur a été promise-vendue. Ils peuvent ainsi se prévaloir d'un intérêt digne de protection à ce que cette décision soit annulée. Ils ont donc qualité pour agir au sens de l'<ref-law>. Selon un principe général de procédure, les conclusions en constatation de droit ne sont recevables que lorsque des conclusions condamnatoires ou formatrices sont exclues. Sauf situations particulières, les conclusions constatatoires ont donc un caractère subsidiaire (cf. <ref-ruling> consid. 4 p. 122; arrêt 2C_199/2010 et 2C_202/2010 du 12 avril 2011 consid. 3.3 non publié in <ref-ruling>; arrêt 1B_129/2013 du 26 juin 2013 consid. 2.2). Cela étant, bien que la conclusion prise devant le Tribunal fédéral soit purement constatatoire, celle-ci peut néanmoins être admise dans le recours en matière de droit public, à condition que les revendications de la partie recourante ressortent clairement des motifs (cf. <ref-ruling> consid. 1.4 p. 414 s., en particulier consid. 1.4.1 i.f. ). En l'occurrence, on peut comprendre que les recourants requièrent en définitive l'annulation de l'arrêt cantonal et la reprise de l'instruction sur les questions laissées indécises par les premiers juges. Les autres conditions de recevabilité du recours sont réunies, si bien qu'il y a lieu d'entrer en matière sur le fond. 2. Le Tribunal fédéral statue en principe sur la base des faits établis par l'autorité précédente (<ref-law>), sous réserve des cas prévus à l'<ref-law>. Selon l'<ref-law>, il ne peut s'en écarter que si les constatations de ladite autorité ont été établies en violation du droit au sens de l'<ref-law> ou de façon manifestement inexacte (<ref-law>), c'est-à-dire arbitraire (<ref-ruling> consid. 4.1.2 p. 62; <ref-ruling> consid. 4.2 p. 234; <ref-ruling> consid. 2.4 p. 314) et pour autant que la correction du vice soit susceptible d'influer sur le sort de la cause. Si le recourant entend se prévaloir de constatations de fait différentes de celles de l'autorité précédente (cf. <ref-law>), il doit expliquer de manière circonstanciée en quoi les conditions d'une exception prévue par l'<ref-law> seraient réalisées. A défaut, il n'est pas possible de tenir compte d'un état de fait divergent de celui retenu dans l'acte attaqué. En particulier, le Tribunal fédéral n'entre pas en matière sur des critiques de type appellatoire portant sur l'état de fait ou sur l'appréciation des preuves (<ref-ruling> consid. 5.1 p. 356; <ref-ruling> consid. 3 p. 104 et les arrêts cités). 2.1. Les recourants affirment que les décrochements en façade et toiture ne sont que très rarement exigés par la municipalité. Les constatations de l'arrêt attaqué, selon lesquelles les décrochements sont une des caractéristiques essentielles des constructions villageoises contiguës d'Etoy seraient dénuées de fondement et relèveraient d'une opinion arbitraire. Les recourants s'appuient sur la décision communale du 27 novembre 2012 qui indique que, "de pratique constante, la municipalité n'exige que très rarement des décrochements en référence à l'art. 8.8 du PGA". Ils ne se réfèrent à aucun autre élément du dossier, aucun document officiel ni photographie qui confirmerait leur allégation. La seule teneur de la décision litigieuse, précisément annulée par l'arrêt entrepris, ne saurait suffire à démontrer l'arbitraire dans les constatations des premiers juges, qui ont tenu audience sur place. La cour cantonale relève au demeurant qu'elle entend assurer une intégration conforme aux caractéristiques des constructions villageoises, en dépit de l'environnement bâti existant composé de constructions hétéroclites et comprenant déjà des immeubles d'une volumétrie importante (arrêt attaqué, consid. 2c p. 14). On comprend ainsi que référence est faite aux constructions anciennes du village et non nécessairement à la pratique récente de la commune en matière de délivrance d'autorisations de construire. L'état de fait n'a ainsi pas à être modifié sur ce point. 2.2. Les recourants entendent faire compléter l'état de fait par des indications du plan directeur localisé (PDL). La plupart de ces éléments ressortent toutefois déjà de l'arrêt attaqué: le concept d'aménagement y est décrit et les approches sectorielles sont également mentionnées (arrêt attaqué, consid. 1b p. 7). Les recourants ne précisent pas en quoi certains des aspects du PDL seraient manquants ni en quoi ils seraient déterminants pour l'issue de la cause. Il en va de même du fait que la parcelle n° 231 est située en face de la parcelle n° 144. Référence est faite, dans l'arrêt attaqué, à un nouveau bâtiment à créer en vis-à-vis de celui de la parcelle n° 231 et dont on comprend qu'il s'agit du bâtiment à construire sur la parcelle litigieuse. 2.3. Les recourants demandent qu'il soit précisé que la parcelle litigieuse a subi une importante réduction des possibilités de construire en août 2012, lors de l'adoption du plan d'affectation fixant les limites de constructions. Selon l'appréciation de la municipalité, cette nouvelle limite, beaucoup plus restrictive, imposerait de fait l'implantation du bâtiment telle qu'elle est prévue dans les projets mis à l'enquête. Ici non plus, les recourants n'exposent pas en quoi cette indication serait décisive pour le sort de la cause, ce d'autant que l'implantation du bâtiment n'est pas critiquée par la cour cantonale. Au reste, l'arrêt attaqué relève quoi qu'il en soit que les contraintes liées aux espaces de non bâtir et au front d'implantation obligatoire dictaient précisément la forme générale du bâtiment, non remise en cause, en particulier le plus grand des trois pignons secondaires. 2.4. Les recourants se plaignent de ce que l'arrêt ne dirait rien sur la distance comprise entre la limite de construction et le domaine public le plus proche. Cette distance permettrait de juger de la conformité des balcons prévus en façade sud-est avec la réglementation communale. S'agissant de la même problématique, la commune, relève une erreur dans l'état de fait de l'arrêt quant à la nature de la route du Clos-de-Bière, qui serait une route secondaire cantonale et non une route communale. Ces faits sont toutefois sans incidence sur le sort de la cause, pour les motifs exposés ci-dessous (cf. consid. 7). 3. Les recourants se plaignent d'une violation de l'art. 1 al. 1 et al. 2 let. a bis LAT. L'appréciation des premiers juges donnerait lieu à l'élaboration d'un projet qui comporterait moins de surface habitable, réduirait la luminosité de logements des combles et, en interdisant les balcons prévus, empêcherait un accès à l'extérieur pour les logements situés aux étages supérieurs. L'arrêt attaqué nuirait ainsi considérablement à la qualité de l'habitat du projet. L'art. 1 al. 1 LAT préconise une utilisation mesurée du sol. La Confédération, les cantons et les communes soutiennent par des mesures d'aménagement les efforts qui sont entrepris notamment aux fins d'orienter le développement de l'urbanisation vers l'intérieur du milieu bâti, en maintenant une qualité de l'habitat appropriée (art. 1 al. 2 let. a bis LAT). Cette disposition prône une meilleure utilisation des réserves existant à l'intérieur du territoire urbanisé déjà largement bâti, tout en maintenant et encourageant une urbanisation de la meilleure qualité possible. Il s'agit notamment de valoriser des terrains laissés en friches industrielles (Message du 20 janvier 2010 relatif à une révision partielle de la loi sur l'aménagement du territoire, FF 2010 974 ch. 2.1). La qualité de l'habitat ne doit pas en l'espèce être définie à l'échelle de la seule construction litigieuse. L'appréciation des premiers juges repose notamment sur des motifs d'esthétique et d'intégration, éléments précisément destinés à préserver la qualité de l'habitat dans le quartier. Ensuite, si l'arrêt cantonal conduit effectivement à l'annulation du permis de construire délivré pour un projet comprenant 19 appartements, il n'empêche pas définitivement la construction d'autant de logements de même standing sur la parcelle en cause. En effet, les recourants ne démontrent pas que l'arrêt attaqué exclurait l'élaboration d'un projet comportant un nombre similaire d'appartements, cas échéant lumineux et avec balcons. La cour cantonale n'a pas dicté de solution architecturale précise et il subsiste de vastes possibilités d'aménagement d'un bâtiment d'habitations collectives assurant une qualité d'habitat suffisante. En réalité, par des affirmations toutes générales, les recourants tentent de vider de leur substance, ou à tout le moins d'ignorer les règles de police des constructions appliquées, au motif qu'elles les priveraient de la possibilité de réaliser le projet de construction qu'ils jugent approprié. Il n'est en réalité pas question d'atteinte à la qualité de l'habitat, mais uniquement à leur libre choix du traitement architectural de leur projet. Le grief est ainsi infondé. 4. Les recourants se plaignent d'arbitraire dans l'application du règlement communal par la cour cantonale et font valoir que l'arrêt attaqué violerait la garantie de la propriété. 4.1. Le Tribunal fédéral applique le droit fédéral d'office (<ref-law>). En revanche, il ne revoit l'interprétation et l'application du droit cantonal et communal que sous l'angle de l'arbitraire. Une décision est arbitraire lorsqu'elle viole gravement une norme ou un principe juridique clair et indiscuté, ou lorsqu'elle contredit d'une manière choquante le sentiment de la justice et de l'équité. Le Tribunal fédéral n'a pas à déterminer quelle est l'interprétation correcte que l'autorité cantonale aurait dû donner des dispositions applicables; il doit uniquement examiner si l'interprétation qui a été faite est défendable. Par conséquent, si celle-ci ne se révèle pas déraisonnable ou manifestement contraire au sens et au but de la disposition ou de la législation cantonale en cause, elle sera confirmée, même si une autre solution paraît également concevable, voire préférable. De plus, il ne suffit pas que les motifs de la décision attaquée soient insoutenables, encore faut-il que celle-ci soit arbitraire dans son résultat (<ref-ruling> consid. 4.4 p. 319; <ref-ruling> consid. 6.1 p. 379). 4.2. La garantie de la propriété ancrée à l'art. 26 al. 1 Cst. n'est pas absolue. Comme tout droit fondamental, elle peut être restreinte aux conditions fixées à l'art. 36 Cst. La restriction doit ainsi reposer sur une base légale, être justifiée par un intérêt public et respecter le principe de la proportionnalité. Les art. 25 et 38 Cst./VD sont de teneur équivalente à celle des art. 26 et 36 Cst. Le pouvoir d'examen du Tribunal fédéral, dans le contrôle de la base légale d'un acte limitant les possibilités d'utilisation d'un immeuble, dépend de la gravité des restrictions du droit de propriété du recourant. Si la restriction est grave, le Tribunal fédéral examine librement la légalité de la mesure de protection (<ref-ruling> consid. 2c p.222 et les arrêts cités). Si la restriction n'est pas grave, il se borne à examiner si la juridiction cantonale a interprété de manière arbitraire la norme invoquée comme base légale (cf. <ref-ruling> consid. 1.2 p. 362; <ref-ruling> consid. 3a p. 218, 219 consid. 2c p. 221 et les arrêts cités). Une restriction grave au droit de propriété a également pour conséquence qu'elle doit être prévue par une loi au sens formel (<ref-ruling> consid. 2.1 p. 241). L'atteinte au droit de propriété est tenue pour particulièrement grave lorsque la propriété foncière est enlevée de force ou lorsque des interdictions ou des prescriptions positives rendent impossible ou beaucoup plus difficile une utilisation du sol actuelle ou future conforme à sa destination (<ref-ruling> consid. 4.3. p. 637; <ref-ruling> consid. 4.2 p. 340). La jurisprudence considère que les mesures de conservation ou de protection du patrimoine bâti constituent une limitation traditionnelle du droit de propriété; en règle générale, elles ne portent pas d'atteinte très grave à celui-ci (cf. <ref-ruling> consid. 2c p. 221; <ref-ruling> consid. 4a p. 387; <ref-ruling> consid. 4 p. 266 s. et les arrêts cités). 4.3. En l'espèce, la restriction portée au droit de propriété des recourants consiste en la limitation des possibilités de construire s'agissant de la forme de la toiture et des ouvertures pouvant y être créées, ainsi que de l'avancement des balcons. En d'autres termes, le projet tel qu'il a été proposé devrait comprendre des décrochements en élévation (la cour cantonale a expressément relevé que la commune pouvait sans arbitraire se dispenser d'exiger la création de décrochements supplémentaires en façade sud-est [arrêt attaqué consid. 2b p. 13]) et il ne pourrait pas comporter des pignons secondaires générant de telles ouvertures dans la toiture principale ni des balcons situés à moins de 4,50 m du sol empiétant sur la limite des constructions. Ces contraintes sont minimes par rapport à l'ampleur du projet. Elles n'affectent pas de manière considérable le total des surfaces habitables. Les constructeurs conservent par ailleurs une importante marge de manoeuvre dans le choix de la typologie et des volumes de la construction. Dans ces circonstances, l'atteinte au droit de propriété ne saurait être considérée comme grave. Il s'ensuit que le Tribunal fédéral limitera son examen à l'arbitraire, à l'instar de son pouvoir d'examen des griefs de mauvaise application des droits cantonal et communal. 5. La cour cantonale a considéré qu'il s'imposait d'ajouter des décrochements en élévation dans la géométrie de la construction. 5.1. L'art. 8.8 RPGA prévoit ce qui suit: Par leur forme, leur volume, l'architecture de leurs façades (proportion des percements notamment), leurs couleurs et les matériaux utilisés, les constructions nouvelles doivent s'intégrer à l'ensemble de façon à former un tout homogène. La Municipalité peut exiger que les bâtiments de plus de 15m de longueur soient décrochés en plan et en élévation. L'importance de ces décrochements est fixée dans chaque cas. La Municipalité peut interdire toute construction qui, par son implantation, son volume ou ses caractéristiques architecturales, serait de nature à compromettre l'ensemble architectural existant. La cour cantonale a constaté que l'alinéa 1 était impératif de sorte que la commune ne pouvait autoriser la construction d'un bâtiment s'intégrant mal à son environnement. Les décrochements en plan et en élévation prévus par l'alinéa 2 - bien que cette disposition ne soit pas impérative - constitueraient précisément un type de volumétrie caractéristique à sauvegarder qui répondrait aux exigences de l'alinéa premier. En l'occurrence, en l'absence de décrochements en hauteur, la construction ne remplirait pas les critères d'intégration imposés par l'alinéa premier. 5.2. La cour cantonale a ainsi considéré que l'alinéa 2 constituait une sorte d'indice de ce qu'est une construction bien intégrée au sens de l'alinéa premier. A la lecture de l'alinéa 2, qui permet à la commune d'imposer des décrochements pour une façade de 15 m de long, il apparaît en effet qu'une telle rupture est d'autant plus opportune pour un bâtiment d'une longueur, comme en l'espèce, de plus de 45 m. Force est d'admettre, avec la cour cantonale, que l'absence de décrochements en hauteur rend la façade sud-est particulièrement lourde. La cour cantonale s'est par ailleurs inspirée des objectifs de l'inventaire fédéral des sites construits à protéger en Suisse (ISOS) pour le village d'Etoy. Ici encore, si cet inventaire ne présente pas de caractère impératif dans une procédure d'autorisation de construire, il n'est pas arbitraire de s'y référer pour juger de l'esthétique ou de l'intégration d'un projet de construction. Dans leur argumentation, les recourants se méprennent en réalité sur la disposition appliquée par la cour cantonale, à savoir l'art. 8.8 al. 1 RPGA. Ils ne discutent en effet pas l'éventuel caractère arbitraire de la constatation que la règle générale d'intégration des constructions imposait la création de décrochements en hauteur. Ils dirigent leur argumentation contre l'interprétation de l'art. 8.8 al. 2 RPGA. Or, ainsi qu'on l'a vu, à aucun moment la cour cantonale n'a affirmé que cette disposition était impérative ni qu'elle justifiait à elle seule d'imposer des décrochements dans le cas d'espèce. En bref, la cour cantonale ne s'écarte pas du texte de l'art. 8.8 al. 1 RPGA, mais l'applique avec la même cognition que la commune. Et les recourants ne démontrent pas que cette application du droit communal serait insoutenable. Les recourants tentent par ailleurs de tirer argument des limites de construction imposées par le plan communal d'affectation fixant les limites des constructions. Ils considèrent que les limites, rectilignes, démontreraient qu'aucun décrochement n'est nécessaire. Or, il faut d'une part constater que ce plan n'a pas pour fonction de fixer l'implantation précise des bâtiments, excepté pour les fronts d'implantation obligatoire qu'il désigne - ce qui n'est le cas que pour une partie de la parcelle litigieuse. D'autre part, cet instrument ne dit rien sur les hauteurs du bâtiment pouvant y être érigé, lesquelles sont pourtant seules remises en cause par la cour cantonale: si celle-ci a déploré l'absence de décrochements en plan, elle n'a jugé inacceptable que l'absence de décrochements en élévation, estimant sur ce point sans arbitraire que la solution proposée ne suffisait pas à créer une véritable rupture dans la longueur du bâtiment. Pour le reste, les recourants affirment de manière péremptoire qu'il n'existerait aucun intérêt public à imposer des décrochements dans la construction. Ils n'exposent toutefois pas en quoi il serait dénué d'intérêt public de veiller à l'esthétique du bâtiment, de surcroît d'un volume important et situé en bordure d'une route d'accès au village, donc particulièrement visible. Enfin, vu les dispositions du règlement communal précitées, on ne saurait dire, comme le font de façon purement appellatoire les recourants, que la cour cantonale aurait gravement empiété sur le pouvoir d'appréciation de l'autorité communale. Les premiers juges ont en effet circonscrit les possibilités offertes par l'art. 8.8 al. 1 RPG. Examinée à la lumière des autres dispositions réglementaires - en particulier de l'art. 8.8 al. 2 RPGA - cette disposition ne confère pas un blanc-seing à l'autorité communale en matière d'esthétisme et d'intégration des constructions. Les premiers juges n'ont ainsi pas fait preuve d'arbitraire en considérant que le projet, dans les dimensions présentées, devait comporter des décrochements en élévation. 6. La cour cantonale a jugé que les deux pignons secondaires de la façade sud-est, situés en son centre et en sa partie ouest, ne pouvaient être autorisés, compte tenu des art. 8.9 et 8.10 RPGA. 6.1. L'art. 8.9 RPGA prévoit qu'en général, les toitures sont à deux pans; pour des raisons d'unité, d'esthétique ou d'intégration, la municipalité peut imposer l'orientation des faîtes, le type de toiture (nombre de pans) et les dimensions des avants-toits, qui sont au minimum de 60 cm, sauf sur les façades pignons. L'art. 8.10 RPGA prescrit que les combles prennent jour autant que possible sur les façades pignon; de petites fenêtres rampantes (type tabatière) ou des lucarnes peuvent être aménagées sur le pan des toitures à certaines conditions; la largeur maximum des lucarnes est de 150 cm, respectivement 100 cm lorsqu'elles sont entièrement vitrées, et la largeur totale additionnée des lucarnes ne peut excéder le tiers de la longueur du chéneau du pan de toit correspondant. La cour cantonale a constaté qu'il était admissible de faire exception aux toitures à deux pans (ce qui s'imposait en l'espèce pour le pignon est, au vu des limites d'implantation et du front d'implantation obligatoire). Elle a toutefois considéré que les deux autres pignons étaient uniquement destinés à éclairer les combles du bâtiment et devaient dès lors respecter l'art. 8.10 RPGA. Tel n'était pas le cas en l'espèce: les espaces ouverts des pignons secondaires représentaient près de la moitié de la longueur du toit et excédaient dès lors largement les proportions d'ouverture autorisées par l'art. 8.10 RPGA. 6.2. Les recourants critiquent cette appréciation, ils relèvent l'absence de base légale pour interdire la réalisation des deux pignons secondaires. Ceux-ci n'auraient par ailleurs pas pour but de contourner la réglementation en matière d'ouvertures en toiture, mais de rompre la continuité de la façade sud-est pour réduire l'impact visuel de la construction. Ils contestent également l'intérêt public à une telle mesure, ce d'autant que les opposants à la construction n'ont aucune vue sur la façade en question. La cour cantonale a fondé son raisonnement sur les art. 8.9 et 8.10 RPGA relatifs à la forme des toitures et aux ouvertures pouvant y être créées, soit une base légale suffisante. Il n'est pas d'emblée manifeste que les pignons secondaires (en particulier ceux en légère saillie du second projet) sont uniquement destinés à éclairer les combles du bâtiment: il était sans doute également possible de considérer que ces pignons répondent aussi à d'autres besoins (maximisation de l'espace habitable et rupture visuelle dans la toiture). Cela étant, la cour cantonale s'est notamment appuyée sur les règles d'esthétique des toitures de l'art. 8.9 RPGA, de sorte qu'elle pouvait sans arbitraire exclure, pour des motifs d'esthétique, que les pignons répondaient de manière satisfaisante à la nécessité de créer une rupture dans la toiture. Dans ces circonstances, c'est sans arbitraire également qu'elle a fait application des règles relatives aux ouvertures en toiture pour déterminer si les pignons secondaires étaient acceptables. S'agissant de l'absence d'intérêt des voisins à critiquer une partie de la construction qu'ils ne peuvent pas voir, le grief est insuffisamment motivé. Les recourants n'exposent pas le droit déterminant les moyens pouvant être soulevés par les opposants en procédure cantonale, ou examinés d'office par le Tribunal cantonal. 7. Les premiers juges ont également estimé que les balcons n'étaient pas réglementaires. Le projet prévoit en effet que les balcons empiètent sur la limite de construction définie par le plan d'affectation communal fixant la limite des constructions. La cour cantonale a considéré que ce plan communal poursuivait le même but que les limites de constructions prévues par la loi cantonale du 10 décembre 1991 sur les routes (LRou; RSV 725.01), à savoir préserver l'espace nécessaire à la construction et à l'élargissement des routes, assurer la sécurité du trafic et éviter l'implantation de bâtiments représentant un obstacle pour la circulation routière en bordure de la voie publique. Se référant à sa propre jurisprudence, elle a ainsi jugé que les dérogations aux distances entre bâtiments ou aux limites de propriété n'étaient pas applicables, même par analogie, à un empiètement sur une limite de construction. Elle s'est ainsi tournée vers les règles d'empiètement sur le domaine public. L'art. 50 RPGA prévoit que des anticipations sur le domaine public des parties saillantes de bâtiments (avant-toits, corniches, balcons, marquises, etc.) peuvent être autorisées à titre précaire, à condition que leur hauteur soit maintenue à 4,50 m au dessus du niveau de la chaussée. Raisonnant par analogie, la cour cantonale a ainsi considéré que la réglementation communale ne permettait pas l'anticipation de balcons à moins de 4,50 m de hauteur sur une limite de constructions. L'arrêt attaqué mentionne la teneur des art. 36 et 37 LRou, qui fixent les distances minimums à respecter entre les bâtiments ou annexes de bâtiments, respectivement les dépendances de peu d'importance ou constructions souterraines, et les routes, en fonction de leur catégorie. Ces dispositions n'ont toutefois pas été appliquées, dès lors qu'elles ne valent qu'à défaut de plan fixant la limite des constructions. La question de la classe de la route du Clos-de-Bière soulevée par la commune est par conséquent sans importance. Le raisonnement de la cour cantonale s'inspire des règles relatives à l'empiètement sur le domaine public au motif qu'elles suivraient le même but que celles du plan d'affectation fixant les limites des constructions. Or, dans le cas d'espèce, le plan fixe, pour une partie de la parcelle, un front d'implantation obligatoire nettement plus proche de la route que la limite de construction sur laquelle empiètent les balcons litigieux. Il apparaît ainsi délicat de justifier la raison d'être de cette limite par des contraintes de sécurité du trafic ou de préservation d'un espace nécessaire à un éventuel élargissement de la route. En revanche, comme le relèvent les recourants, le plan directeur localisé précise expressément que "l'implantation des constructions est en retrait de la chaussée" et que "les espaces de prolongement de l'habitat (cours, jardins) assurent la transition avec le domaine public". Du point de vue de leurs usagers, les balcons peuvent certes avoir la même fonction que des cours ou jardins. Leur impact visuel - et, partant, un éventuel rôle de transition vers le domaine public - est toutefois différent de celui d'une cour ou d'un jardin. Il n'est quoi qu'il en soit pas nécessaire de trancher la question de savoir si la solution retenue dans l'arrêt attaqué est arbitraire. En effet compte tenu du sort des autres griefs soulevés par les recourants, il n'apparaît pas que la seule confirmation que les balcons pourraient être réalisés tels que prévus suffirait à justifier un renvoi pour éventuelle nouvelle décision - cas échéant réformant légèrement le permis de construire en fonction des aspects jugés non conformes au droit. 8. Il résulte de ce qui précède que le recours doit être rejeté. Les recourants, qui succombent, s'acquitteront des frais de justice (<ref-law>) et verseront des dépens aux intimés, qui ont obtenu gain de cause avec l'aide d'un avocat (<ref-law>).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce : 1. Le recours est rejeté. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 3'000 francs, sont mis à la charge des recourants, solidairement entre eux. 3. Une indemnité de 3'000 fr. est allouée aux intimés à titre de dépens, à la charge des recourants, solidairement entre eux. 4. Le présent arrêt est communiqué aux mandataires des parties et de la Commune d'Etoy, ainsi qu'au Tribunal cantonal du canton de Vaud, Cour de droit administratif et public. Lausanne, le 10 mars 2015 Au nom de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Juge présidant : Merkli La Greffière : Sidi-Ali
CH_BGer_001
Federation
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public_law
nan
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2,007
fr
Faits: Faits: A. A.a A._ Ltd, Inc. (ci-après: A._) est une société de droit panaméen dont le capital-actions est divisé en 50 actions au porteur. A une date indéterminée dans le courant des années 1980, Y._ a déposé le certificat de ces actions dans le coffre-fort de X._. Ce dernier, décrit comme étant un homme d'affaires chevronné, était administrateur de B._ SA, société dont A._ était actionnaire à hauteur de 90%. En 1989, lors de l'ouverture d'un compte pour A._ auprès de la banque C._ SA, X._, agissant au nom de la société, a déclaré dans le formulaire fourni par la banque que Y._ était l'ayant droit économique des valeurs déposées sur ce compte. A une date indéterminée, Y._ a demandé à X._ de lui restituer le certificat des actions de A._. X._ n'a pas donné suite à cette demande au motif qu'il entendait invoquer un droit de rétention sur les actions. Cette opinion a été répétée à quatre reprises, entre le 17 juin 1998 et le 26 septembre 2001, par les deux avocats successifs de X._. Ces hommes de loi, considérés comme expérimentés, ont chacun à une reprise envisagé la restitution des actions à Y._. Au cours de la procédure cantonale, X._ a déclaré que le terme de droit de rétention avait été faussement utilisé et que le contenu des correspondances précitées reposait sur des conceptions des parties qui, après vérification, s'étaient révélées infondées. En comparution personnelle, X._ a affirmé qu'il n'avait jamais eu de doute sur le fait qu'il était propriétaire de A._. Il a néanmoins déclaré lors de la même audience que A._ appartenait en réalité à une fondation à l'étranger dont il ne se souvenait pas du nom. A.b La faillite de B._ SA a été prononcée le 15 septembre 1999. En sa qualité de cessionnaire des droits de la masse en faillite de cette société, X._ a réclamé à Y._ la somme de 758'577 fr.20, montant représentant le solde d'un prêt que B._ SA aurait accordé à Y._. L'extrait du compte actionnaire de Y._ auprès de B._ SA fait état d'une dette de 892'511 fr.35 au 31 décembre 1995; ce document porte la signature de Y._. Ce compte a évolué par la suite, comme en attestent les pièces justificatives et bancaires de l'année 1996. Aucune pièce n'a été produite en relation avec les mouvements intervenus au cours de l'année 1997. La copie du grand livre pour l'année 1997, établie par la fiduciaire de B._ SA et certifiée conforme à l'original par un notaire, indique au 31 décembre 1997 un solde de 758'577 fr.20 dû par Y._ à la société. Y._ conteste devoir tout montant en rapport avec ce compte actionnaire. Le 27 août 1996, D._ SA a consenti à B._ SA un prêt de 500'000 fr. dont Y._ reconnaît être codébiteur. Les bilans de la société au 31 décembre 1996 et au 31 décembre 1997 portent à leur passif l'inscription "prêt" pour un montant de 710'233 fr.75. Ces pièces comptables ont été établies par X._, en sa qualité d'administrateur de la société B._ SA, ou par sa fiduciaire; elles n'ont pas fait l'objet d'une révision par un organe indépendant. De son côté, Y._ ne démontre pas avoir éteint tout ou partie de sa dette envers D._ SA. Le 6 mai 1996, Y._ s'est engagé à faire bénéficier X._ de 10% des participations de B._ SA et de 10% des gains réalisés grâce à ses participations dans E._ Business. Aux dires de Y._, E._ Business n'était pas une entité juridique, mais plutôt un club en relation avec une technologie qu'il avait développée dans les années 1980 sur des équipements visant à améliorer la coulée continue de l'acier. En mai 1995, la fiduciaire F._ estimait la valeur du "G._ Group" entre 500 et 560 millions de francs belges, soit 18 à 19 millions de dollars. X._ a précisé en comparution personnelle que la participation dans E._ Business concernant les parties se limitait à deux sociétés belges, H._ SA et I._ SA. Ces deux sociétés ont été acquises par J._ Limited le 4 juin 1996 pour le prix de 980'000 US$ et de 150'000 francs. Une somme de 138'500 US$ a été versée à X._ en relation avec cette vente. Il n'est pas établi que Y._, après cette opération, aurait été propriétaire direct ou indirect d'autres participations dans E._ Business. Le 6 mai 1996, Y._ s'est engagé à faire bénéficier X._ de 10% des participations de B._ SA et de 10% des gains réalisés grâce à ses participations dans E._ Business. Aux dires de Y._, E._ Business n'était pas une entité juridique, mais plutôt un club en relation avec une technologie qu'il avait développée dans les années 1980 sur des équipements visant à améliorer la coulée continue de l'acier. En mai 1995, la fiduciaire F._ estimait la valeur du "G._ Group" entre 500 et 560 millions de francs belges, soit 18 à 19 millions de dollars. X._ a précisé en comparution personnelle que la participation dans E._ Business concernant les parties se limitait à deux sociétés belges, H._ SA et I._ SA. Ces deux sociétés ont été acquises par J._ Limited le 4 juin 1996 pour le prix de 980'000 US$ et de 150'000 francs. Une somme de 138'500 US$ a été versée à X._ en relation avec cette vente. Il n'est pas établi que Y._, après cette opération, aurait été propriétaire direct ou indirect d'autres participations dans E._ Business. B. Le 19 décembre 2001, Y._ a saisi le Tribunal civil de l'arrondissement de la Sarine d'une demande dirigée contre X._ tendant à obtenir la restitution du certificat d'actions de A._. Le défendeur a conclu au rejet de l'action et pris des conclusions reconventionnelles en paiement de 5'195'508 fr.45. Par jugement du 23 mai 2006, le Tribunal civil de l'arrondissement de la Sarine a fait droit à la demande principale et entièrement rejeté les conclusions reconventionnelles, dépens à la charge du défendeur. Le recours formé par le défendeur auprès du Tribunal cantonal de l'État de Fribourg a été partiellement admis. Ainsi, par arrêt du 27 juin 2007 de la lre Cour civile du Tribunal cantonal, le demandeur a été condamné, sur demande reconventionnelle, à verser au défendeur la somme de 500'000 fr. avec intérêts à 5% dès le 17 mai 2002. Pour le surplus, le jugement attaqué a été confirmé et les dépens répartis entre les parties à raison de 1/8 à charge du demandeur et de 7/8 à charge du défendeur. Par jugement du 23 mai 2006, le Tribunal civil de l'arrondissement de la Sarine a fait droit à la demande principale et entièrement rejeté les conclusions reconventionnelles, dépens à la charge du défendeur. Le recours formé par le défendeur auprès du Tribunal cantonal de l'État de Fribourg a été partiellement admis. Ainsi, par arrêt du 27 juin 2007 de la lre Cour civile du Tribunal cantonal, le demandeur a été condamné, sur demande reconventionnelle, à verser au défendeur la somme de 500'000 fr. avec intérêts à 5% dès le 17 mai 2002. Pour le surplus, le jugement attaqué a été confirmé et les dépens répartis entre les parties à raison de 1/8 à charge du demandeur et de 7/8 à charge du défendeur. C. En temps utile, le défendeur interjette un recours en matière civile. Il conclut - sur demande principale - à ce que la demande en restitution du certificat d'actions de A._ soit rejetée et - sur demande reconventionnelle - à ce que le demandeur soit condamné à lui verser la somme de 4'655'810 fr.20 avec intérêts à 5% l'an dès le 17 mai 2002. A titre subsidiaire, il conclut à ce que le demandeur soit condamné à lui verser la somme de 1'468'810 fr.20 avec intérêts à 5% l'an dès le 17 mai 2002 et à ce que, pour le surplus, la cause soit renvoyée à l'autorité de première instance pour qu'elle statue à nouveau sur les conclusions reconventionnelles en relation avec la promesse du demandeur du 6 mai 1996. En tout état, les frais et dépens doivent être mis à la charge du demandeur. De son côté, le demandeur conclut, sous suite de frais et dépens, au rejet du recours. La cour cantonale n'a pas formulé d'observations.
Considérant en droit: Considérant en droit: 1. 1.1 Interjeté par la partie qui a succombé dans ses conclusions - principales - libératoires et - reconventionnelles - condamnatoires (<ref-law>) et dirigé contre un jugement final (<ref-law>) rendu en matière civile (<ref-law>) par une autorité cantonale de dernière instance (<ref-law>) dans une affaire dont la valeur litigieuse atteint le seuil de 30'000 fr. (<ref-law>), le recours est en principe recevable pour avoir été déposé dans le délai et la forme prévus par la loi (art. 100 al. 1 et 42 LTF). Compte tenu des exigences de motivation dont le respect est une condition de recevabilité du recours (art. 42 al. 1 et 2 et 108 al. 1 let. b LTF), le Tribunal fédéral n'examine en principe que les griefs invoqués; il n'est pas tenu de traiter, comme le ferait une autorité de première instance, toutes les questions juridiques qui se posent lorsque celles-ci ne sont plus discutées devant lui. Il ne peut pas entrer en matière sur la violation d'un droit constitutionnel ou sur une question relevant du droit cantonal ou intercantonal si le grief n'a pas été invoqué et motivé de manière précise (<ref-law>). 1.2 Le Tribunal fédéral conduit son raisonnement juridique sur la base des faits établis par l'autorité précédente (<ref-law>). Il ne peut s'en écarter que si les faits ont été établis de façon manifestement inexacte ou en violation du droit au sens de l'<ref-law> (<ref-law>), et pour autant que la correction du vice soit susceptible d'influer sur le sort de la cause (<ref-law>). La notion de «manifestement inexacte» correspond à celle d'arbitraire au sens de l'art. 9 Cst. Il convient de rappeler que le juge dispose d'un large pouvoir lorsqu'il apprécie les preuves. La partie recourante doit ainsi démontrer dans quelle mesure le juge a abusé de son pouvoir d'appréciation et, plus particulièrement, s'il a omis, sans aucune raison sérieuse, de prendre en compte un élément de preuve propre à modifier la décision attaquée, s'il s'est manifestement trompé sur son sens et sa portée ou encore si, en se fondant sur les éléments recueillis, il en a tiré des constatations insoutenables (<ref-ruling> consid. 2.1). La partie recourante qui entend s'écarter des constatations de l'autorité précédente doit expliquer de manière circonstanciée en quoi les conditions d'une exception prévue par l'<ref-law> seraient réalisées; à ce défaut, il n'est pas possible de tenir compte d'un état de fait qui diverge de celui contenu dans la décision attaquée (cf. <ref-ruling> consid. 1.4). Aucun fait nouveau ni preuve nouvelle ne peut être présenté à moins de résulter de la décision de l'autorité précédente (<ref-law>). 1.3 Sous la rubrique "constatation arbitraire des faits et violation du droit d'être entendu", le recourant reproche à la cour cantonale d'avoir retenu certains faits sans énoncer la motivation qui l'a conduite à cette solution. Ce grief n'est pas suffisant dans la mesure où le recourant se limite à opposer sa propre version des faits à celle retenue par les instances inférieures. Il n'explique en particulier pas en quoi les faits établis par les juges cantonaux se trouveraient en contradiction évidente avec la situation de fait, reposeraient sur une inadvertance manifeste ou heurteraient de façon choquante le sentiment de la justice et de l'équité; il ne démontre pas plus en quoi la décision cantonale serait arbitraire dans son résultat (cf. <ref-ruling> consid. 5.1). De surcroît, le recourant n'explique pas, par une argumentation suffisamment précise, en quoi les faits relatifs à la possession du certificat d'actions avant son dépôt dans le coffre du recourant ou ceux concernant l'ampleur de la participation de A._ dans B._ SA auraient joué un rôle décisif dans la décision entreprise. Sous couvert d'une critique relative à la "constatation manifestement incomplète des faits", le recourant reproche à la cour cantonale, d'une part, de ne pas avoir mentionné la décision de l'Office cantonal des faillites du 5 novembre 2001 relative à la cession à A._ des droits de B._ SA et, d'autre part, d'avoir omis de signaler que l'intimé n'était ni représentant ni organe de A._. Ces critiques tombent à faux: contrairement à ce qu'affirme le recourant, la cour cantonale s'est expressément référée en page 5 de son arrêt à la décision de l'Office cantonal des faillites du 5 novembre 2001; en ce qui concerne les pouvoirs de représentation ou la qualité d'organe de l'intimé, il s'agit de faits qui n'ont jamais été allégués par celui-ci. De plus, le recourant n'explique pas de manière circonstanciée en quoi ces éléments auraient été susceptibles d'influencer la décision entreprise. En définitive, le recourant se borne à discuter dans un style essentiellement appellatoire des faits souverainement établis par l'instance cantonale, ce qui n'est pas admissible devant le Tribunal fédéral. Sur ces points, le recours est donc irrecevable. En définitive, le recourant se borne à discuter dans un style essentiellement appellatoire des faits souverainement établis par l'instance cantonale, ce qui n'est pas admissible devant le Tribunal fédéral. Sur ces points, le recours est donc irrecevable. 2. Le recourant fait grief à l'autorité cantonale d'avoir attribué à l'intimé le certificat d'actions de A._. Dans une argumentation mêlant indistinctement les moyens de fait et les moyens de droit, il se plaint d'une violation des dispositions sur le fardeau de la preuve (<ref-law>), d'une appréciation arbitraire des preuves et d'une violation, de manière manifeste, des <ref-law> et 978 CO. L'évocation de ces dispositions légales n'est cependant soutenue par aucun argumentaire juridique. 2.1 S'agissant de la question du fardeau de la preuve, la cour cantonale a statué que, dans le présent litige, il n'y avait pas lieu de raisonner au moyen de la présomption liée à la possession du certificat d'actions et qu'il suffisait à l'intimé d'établir son droit de propriété. A cet égard, l'arrêt entrepris retient, à l'instar de la décision de première instance, que les deux avocats successifs du recourant, hommes de loi expérimentés, ne pouvaient pas se méprendre sur la portée du droit de rétention qu'ils ont fait valoir au nom de leur client au sujet du certificat d'actions litigieux. De plus, ces deux avocats ont, chacun à une reprise, envisagé par écrit la restitution des actions à l'intimé. Le Tribunal d'arrondissement déduit de ces déclarations une reconnaissance par le recourant du droit de propriété de l'intimé sur les actions. La cour cantonale reprend ce raisonnement en ajoutant que celui qui envisage de restituer admet implicitement que celui à qui il va restituer est le propriétaire. Cette conclusion est encore confirmée par le constat - déduit du contenu du formulaire A signé par le recourant - que l'intimé est l'ayant droit économique de A._. 2.2 Pour toutes les prétentions fondées sur le droit civil fédéral, l'<ref-law>, en l'absence de règles contraires, répartit le fardeau de la preuve et détermine, sur cette base, laquelle des parties doit assumer les conséquences de l'échec de la preuve (<ref-ruling> consid. 3.1). L'<ref-law> ne prescrit cependant pas quelles sont les mesures probatoires qui doivent être ordonnées et ne dicte pas au juge comment il doit former sa conviction. Ainsi, lorsque l'appréciation des preuves le convainc de la réalité ou de l'inexistence d'un fait, la question de la répartition du fardeau de la preuve ne se pose plus (<ref-ruling> consid. 2b/aa in fine). Seul le moyen tiré d'une appréciation arbitraire des preuves est alors recevable, pour autant que le recours énonce le grief de manière suffisamment circonstanciée au sens de l'<ref-law>. En l'occurrence, la cour cantonale a procédé à une appréciation de plusieurs éléments de fait pour arriver à la conclusion que le droit de propriété de l'intimé sur le certificat d'actions litigieux est établi. Dans cette mesure, les juges cantonaux n'ont pas eu recours aux règles sur le fardeau de la preuve, ce qui prive de tout fondement le grief tiré d'une violation de l'<ref-law>. Pour le reste, le recourant s'en prend uniquement à l'appréciation des preuves: il énumère certes toute une série de circonstances de fait que la cour cantonale n'a pas reprises dans sa décision, mais ne démontre pas en quoi ces éléments auraient été susceptibles d'avoir une influence décisive sur la solution adoptée par la cour cantonale. S'agissant en particulier de la portée des courriers de ses avocats successifs mentionnant un droit de rétention sur le certificat d'actions, le recourant tente de relativiser le sens de termes pourtant précis et utilisés sciemment par des hommes de loi expérimentés. Son argumentation tendant à soutenir que les termes auraient été utilisés dans le cadre de pourparlers transactionnels s'écarte des faits constatés par l'instance inférieure et apparaît donc irrecevable. Par ailleurs, la cour cantonale, au terme d'une discussion qui résiste au grief d'arbitraire, a précisément écarté l'hypothèse d'une erreur, voire d'une incompréhension entre le recourant et ses deux mandataires successifs sur la question de l'existence d'un droit de rétention sur les actions en sa faveur. 2.3 En ce qui concerne la violation alléguée des <ref-law> et 978 CO, il convient de rappeler au recourant l'obligation de motiver qui lui incombe en application de l'<ref-law>. A teneur de cette disposition et de la jurisprudence déduite de l'ancien art. 55 al. 1 let. c OJ, il appartient à la partie recourante d'exposer succinctement en quoi l'acte attaqué viole le droit: la simple référence et le renvoi aux arguments présentés devant l'instance cantonale ne sont pas suffisants; de même, des critiques générales sans rapport avec un considérant dûment cité de la décision entreprise ne suffisent pas. En revanche, si le recourant satisfait à cette exigence de motivation, le Tribunal fédéral entre en matière et applique le droit d'office (Fabienne Hohl, Le recours en matière civile selon la Loi sur le Tribunal fédéral du 17 juin 2005, in: Les recours au Tribunal fédéral 2007, Genève 2007, p. 71 ss, 99; Bernard Corboz, Le recours en réforme au Tribunal fédéral, in: SJ 2000 II p. 1 ss, 46 et les références). Devant le Tribunal fédéral, le recourant se contente d'invoquer une violation "manifeste" des <ref-law> et 978 CO. Il ne démontre toutefois pas en quoi la cour cantonale aurait violé ces dispositions et ne critique aucun passage précis de la décision attaquée. Ses griefs, pour être de nature générale, sont dès lors irrecevables. Au demeurant, s'agissant de l'<ref-law>, le recourant perd de vue que cette disposition institue uniquement une présomption légale (<ref-ruling> consid. 2a), laquelle peut être renversée par l'existence d'un droit de propriété d'une autre personne que le possesseur (cf. François Bohnet, La théorie générale des papiers-valeurs, Bâle 2000, n. 299, p. 157; Arthur Meier-Hayoz/Hans Caspar von der Crone, Wertpapierrecht, 2e édition Berne 2000, n. 147, p. 43). Quant à l'<ref-law>, la qualité de propriétaire découle des faits établis souverainement par la cour cantonale, question qui résiste comme on l'a vu au grief d'arbitraire (cf. consid. 2.2). 2.4 Le recourant évoque enfin le droit qu'il aurait à retenir le certificat d'actions en raison de la créance de 500'000 fr. qu'il détient contre l'intimé. Une telle argumentation - qui contient implicitement des conclusions nouvelles - est irrecevable devant le Tribunal fédéral puisqu'elle n'a jamais été développée auparavant devant les instances cantonales (<ref-law>). En définitive, le recours doit être rejeté sur tous ces points, dans la mesure de sa recevabilité. En définitive, le recours doit être rejeté sur tous ces points, dans la mesure de sa recevabilité. 3. Le recourant reproche à la cour cantonale d'avoir écarté sa prétention - reconventionnelle - en paiement de 758'577 fr.20. A le suivre, cette créance serait fondée sur la copie certifiée conforme par un notaire du grand livre de la société B._ SA pour l'année 1997. La décision cantonale consacrerait ainsi une violation de l'<ref-law> et se trouverait en contradiction avec la jurisprudence conférant à la comptabilité commerciale la notion de titre au sens du droit pénal. Sur le sujet, la cour cantonale a retenu les faits suivants: le 31 décembre 1995, l'intimé reconnaissait avoir une dette de 892'511 fr.35 envers B._ SA; cette dette découlait de l'état du compte courant actionnaire envers la société; des mouvements ont eu lieu sur le compte durant l'année 1996 et sont démontrés par des justificatifs; aucune pièce n'a été produite en relation avec les mouvements sur le compte en 1997, de sorte que le recourant n'a pas établi le solde du compte courant à la fin de l'année 1997. Sur le plan du droit, la cour cantonale a posé que les inscriptions sur le grand livre pour l'année 1997 ne suffisent pas pour démontrer l'existence d'une dette de l'intimé envers la société: d'une part, il s'agit d'une pièce comptable établie unilatéralement par la fiduciaire de la société dont le recourant est administrateur; d'autre part, à défaut de reconnaissance du solde du compte, il n'y aurait pas eu novation au sens de l'<ref-law>. Le recourant ne conteste pas l'assertion de la cour cantonale selon laquelle il n'a pas établi le solde du compte courant actionnaire à la fin de l'année 1997. Or, ce fait déjà prive sa prétention en paiement de tout fondement. Il ne critique pas non plus que la comptabilité de la société a été tenue par sa propre fiduciaire et il ne remet pas en cause le fait que la signature du notaire sur la copie du grand livre n'atteste pas de l'exactitude du contenu de celui-ci, mais seulement que la copie correspond à l'original. Certes, la jurisprudence confère à la comptabilité commerciale ainsi qu'à ses composantes la qualité de titre dans la mesure où ces documents sont aptes à prouver l'exactitude de la situation et des opérations qu'ils présentent (<ref-ruling> consid. 8.1; Bernard Corboz, Les infractions en droit suisse, volume Il, Berne 2002, n. 37, p. 191). La présence de documents aptes à prouver certains faits, par exemple l'existence d'une créance, n'empêche pas que des faits contraires soient démontrés, par exemple l'inexistence ou l'extinction de cette créance. Dès lors que l'autorité cantonale a souverainement constaté que la relation de compte courant s'était poursuivie après le 31 décembre 1995, que le solde au 31 décembre 1997 ne pouvait être reconstitué, qu'il n'existait par ailleurs aucune reconnaissance de solde de compte et que la pièce établie par la fiduciaire dont le recourant est administrateur n'est pas fiable, les pièces comptables de la société n'ont aucune portée propre. Par conséquent, sur ce point, le recours doit être rejeté. Par conséquent, sur ce point, le recours doit être rejeté. 4. S'agissant du prêt de 500'000 fr. accordé par une société tierce à B._ SA et dont l'intimé est codébiteur, le recourant fait grief à la cour cantonale de ne pas avoir admis le plein de ses conclusions, à savoir 710'233 fr.75, et de lui avoir alloué uniquement la somme de 500'000 francs. Pour asseoir ses prétentions, il se prévaut à nouveau de la comptabilité de B._ SA et invoque, pour la première fois devant le Tribunal fédéral, l'obligation de l'emprunteur de verser des intérêts de 7,5% sur la somme de 500'000 francs. Par une argumentation qui n'est pas taxée d'arbitraire par le recourant, la cour cantonale a dénié toute force probante aux pièces comptables invoquées par le recourant à l'appui de sa prétention. Comme on l'a vu (cf. consid. 3), la seule référence aux pièces comptables de la société ne suffit pas à établir la quotité de la créance: dès lors, le grief du recourant sur ce point est sans fondement. S'agissant des intérêts réclamés sur le capital, force est de constater qu'il s'agit là de conclusions nouvelles se fondant sur des faits qui n'ont pas été constatés par l'instance inférieure. Sur ce point, le recours est irrecevable (<ref-law>). Par une argumentation qui n'est pas taxée d'arbitraire par le recourant, la cour cantonale a dénié toute force probante aux pièces comptables invoquées par le recourant à l'appui de sa prétention. Comme on l'a vu (cf. consid. 3), la seule référence aux pièces comptables de la société ne suffit pas à établir la quotité de la créance: dès lors, le grief du recourant sur ce point est sans fondement. S'agissant des intérêts réclamés sur le capital, force est de constater qu'il s'agit là de conclusions nouvelles se fondant sur des faits qui n'ont pas été constatés par l'instance inférieure. Sur ce point, le recours est irrecevable (<ref-law>). 5. Le recourant fait enfin grief à la cour cantonale d'avoir entièrement rejeté ses prétentions en relation avec les bénéfices liés aux participations dans E._ Business. Ses critiques sur le sujet s'en prennent exclusivement aux faits tels que les a constatés l'autorité inférieure. Il en va en particulier de la question du nombre des participations dans E._ Business, question qui a été définitivement tranchée dans la décision attaquée et que le recourant ne taxe pas d'arbitraire. De même, le recourant ne démontre pas en quoi le constat des juges cantonaux selon lesquels l'intimé n'était plus impliqué dans le E._ Business après la vente des deux sociétés belges en juin 1996 se trouverait en contradiction évidente avec la situation de fait, reposerait sur une inadvertance manifeste ou heurterait de façon choquante le sentiment de la justice et de l'équité. Enfin, au vu des constatations opérées par l'instance cantonale, un complément d'instruction tel que requis par le recourant est sans objet. Le recours est également privé de tout fondement sur ce point. Le recours est également privé de tout fondement sur ce point. 6. Le recourant, qui succombe, supportera les frais judiciaires (<ref-law>). En outre, il versera à l'intimé une indemnité pour ses dépens (art. 68 al. 1 et 2 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté dans la mesure de sa recevabilité. 1. Le recours est rejeté dans la mesure de sa recevabilité. 2. Un émolument judiciaire de 23'000 fr. est mis à la charge du recourant. 2. Un émolument judiciaire de 23'000 fr. est mis à la charge du recourant. 3. Le recourant versera à l'intimé une indemnité de 25'000 fr. à titre de dépens. 3. Le recourant versera à l'intimé une indemnité de 25'000 fr. à titre de dépens. 4. Le présent arrêt est communiqué en copie aux mandataires des parties et à la Ire Cour d'appel du Tribunal cantonal de l'État de Fribourg. Lausanne, le 17 décembre 2007 / CMF Au nom de la Ire Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse Le Président: La Greffière: Corboz Crittin
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2,005
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Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. 1.1 X._ wird seit Juli 1994 von der Sozialhilfebehörde Himmelried unterstützt. Diese verfügte am 29. April 2004 die definitive Einstellung der Sozialhilfeleistung, was das Departement des Innern des Kantons Solothurn auf Beschwerde hin zum Teil korrigierte. Die dagegen erhobene Beschwerde beim Verwaltungsgericht des Kantons Solothurn blieb erfolglos. Das verwaltungsgerichtliche Urteil vom 25. Januar 2005 ist mit der Rechtsmittelbelehrung versehen, es könne dagegen Verwaltungsgerichtsbeschwerde beim Bundesgericht geführt werden. 1.2 Mit als Verwaltungsgerichtsbeschwerde bezeichneter Eingabe vom 2. März 2005 beantragt X._ die Aufhebung des Urteils des Verwaltungsgerichts, eventuell die Rückweisung der Sache an das Verwaltungsgericht zu neuem Entscheid sowie die Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege. Die Sozialhilfekommission der Einwohnergemeinde schliesst auf Abweisung der Beschwerde, soweit darauf einzutreten sei. Das Verwaltungsgerichts und das Departement des Innern stellen Antrag auf Nichteintreten, eventuell auf Abweisung. Die Sozialhilfekommission der Einwohnergemeinde schliesst auf Abweisung der Beschwerde, soweit darauf einzutreten sei. Das Verwaltungsgerichts und das Departement des Innern stellen Antrag auf Nichteintreten, eventuell auf Abweisung. 2. 2.1 Kantonale Entscheide unterliegen nur dann der Verwaltungsgerichtsbeschwerde an das Bundesgericht, wenn sie sich auf öffentliches Recht des Bundes stützen (Art. 97 Abs. 1 OG i.V.m. Art. 5 VwVG). Soweit dem angefochtenen Entscheid hingegen selbständiges kantonales Recht zugrundeliegt, steht unter den entsprechenden weiteren Voraussetzungen ausschliesslich die staatsrechtliche Beschwerde zur Verfügung (<ref-ruling> E. 1b S. 75 mit Hinweisen). Streitgegenstand im vorliegenden Verfahren bildet die Erteilung bzw. Einstellung von Sozialhilfeleistungen. Gemäss Art. 115 BV ist dafür der Wohnkanton zuständig. Anwendung fand denn auch lediglich selbständiges kantonales Recht, insbesondere das solothurnische Gesetz über die öffentliche Sozialhilfe vom 2. Juli 1989 (Sozialhilfegesetz). Damit ist die Verwaltungsgerichtsbeschwerde an das Bundesgericht entgegen der Rechtsmittelbelehrung im angefochtenen Entscheid ausgeschlossen. Möglich ist einzig die staatsrechtliche Beschwerde nach Art. 84 ff. OG. Die Eingabe ist denn auch als solche entgegenzunehmen. 2.2 Die staatsrechtliche Beschwerde ist in der Regel rein kassatorischer Natur (<ref-ruling> E. 2 S. 5 mit Hinweisen; grundlegend <ref-ruling> E. 4 S. 332 ff.). Mit Blick auf den subsidiären Rückweisungsantrag des Beschwerdeführers und auf den Leistungscharakter des Streitgegenstandes fragt es sich, ob von diesem Grundsatz allenfalls vorliegend eine Ausnahme zu machen ist. Die Frage kann aber offen bleiben. 2.3 Im Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde prüft das Bundesgericht - von hier nicht zutreffenden anderen Konstellationen abgesehen - den angefochtenen Entscheid lediglich auf Übereinstimmung mit dem Verfassungsrecht, nicht aber mit Bundesverwaltungsrecht (vgl. Art. 84 Abs. 1 lit. a OG). Soweit sich der Beschwerdeführer auf bundesgesetzliche Bestimmungen des Verwaltungsverfahrens (insbes. auf Art. 12 und 29 i.V.m. Art. 32 Abs. 1 VwVG) beruft, kann daher auf die Beschwerde nicht eingetreten werden. 2.4 Weil das Solothurner Sozialhilfegesetz vom 2. Juli 1989 (SHG) - das Erfüllen der allgemeinen gesetzlichen Anforderungen vorausgesetzt - einen Rechtsanspruch auf Fürsorgeleistungen gewährt (vgl. §§ 12, 17 Abs. 1 und 27 ff. SHG; vgl. das Urteil des Bundesgerichts 2P.242/2003 vom 12. Januar 2004, E. 1), ist der Beschwerdeführer zur staatsrechtlichen Beschwerde auch im Hinblick auf die erhobenen Willkür- und Verfahrensrügen legitimiert. 2.5 Im Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde muss gemäss Art. 90 Abs. 1 lit. b OG die Beschwerdeschrift unter anderem die wesentlichen Tatsachen und eine kurz gefasste Darlegung darüber enthalten, welche verfassungsmässigen Rechte bzw. welche Rechtssätze und inwiefern sie durch den angefochtenen Entscheid verletzt worden sind. Der Beschwerdeführer muss in Auseinandersetzung mit der Begründung des angefochtenen Entscheids dartun, inwiefern dieser gegen ein konkretes verfassungsmässiges Recht verstossen soll (grundlegend <ref-ruling> E. 2a S. 3; vgl. sodann <ref-ruling> E. 3c und 4 S. 43; <ref-ruling> E. 1c S. 76, 492 E. 1b S. 495). Diesen Anforderungen genügen gewisse Teile der Beschwerdeschrift nicht, weshalb insoweit auf die Beschwerde nicht eingetreten werden kann. Dies gilt insbesondere, soweit der Beschwerdeführer eine Verletzung von Art. 8 BV und der persönlichen Freiheit behauptet. 2.5 Im Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde muss gemäss Art. 90 Abs. 1 lit. b OG die Beschwerdeschrift unter anderem die wesentlichen Tatsachen und eine kurz gefasste Darlegung darüber enthalten, welche verfassungsmässigen Rechte bzw. welche Rechtssätze und inwiefern sie durch den angefochtenen Entscheid verletzt worden sind. Der Beschwerdeführer muss in Auseinandersetzung mit der Begründung des angefochtenen Entscheids dartun, inwiefern dieser gegen ein konkretes verfassungsmässiges Recht verstossen soll (grundlegend <ref-ruling> E. 2a S. 3; vgl. sodann <ref-ruling> E. 3c und 4 S. 43; <ref-ruling> E. 1c S. 76, 492 E. 1b S. 495). Diesen Anforderungen genügen gewisse Teile der Beschwerdeschrift nicht, weshalb insoweit auf die Beschwerde nicht eingetreten werden kann. Dies gilt insbesondere, soweit der Beschwerdeführer eine Verletzung von Art. 8 BV und der persönlichen Freiheit behauptet. 3. Der Beschwerdeführer stellt ein Gesuch um Einleitung eines zweiten Schriftenwechsels. Ein solcher findet im Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde nur ausnahmsweise statt (vgl. Art. 93 Abs. 3 OG). Da in den Stellungnahmen der anderen Verfahrensbeteiligten keine neuen Gesichtspunkte vorgetragen werden, muss das Gesuch um zweiten Schriftenwechsel abgewiesen werden. 3. Der Beschwerdeführer stellt ein Gesuch um Einleitung eines zweiten Schriftenwechsels. Ein solcher findet im Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde nur ausnahmsweise statt (vgl. Art. 93 Abs. 3 OG). Da in den Stellungnahmen der anderen Verfahrensbeteiligten keine neuen Gesichtspunkte vorgetragen werden, muss das Gesuch um zweiten Schriftenwechsel abgewiesen werden. 4. 4.1 Der Beschwerdeführer rügt, das Verwaltungsgericht habe den Sachverhalt falsch bzw. willkürlich festgestellt und dabei auch seinen Anspruch auf rechtliches Gehör nach Art. 29 BV sowie denjenigen auf ein faires Verfahren gemäss Art. 6 Ziff. 1 EMRK verletzt. 4.2 Im Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde überprüft das Bundesgericht die tatsächlichen Feststellungen im angefochtenen Entscheid einzig auf Willkür hin. Das Bundesgericht greift im Rahmen einer staatsrechtlichen Beschwerde nur ein, wenn die Beweiswürdigung offensichtlich unhaltbar ist, mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch steht oder auf einem offenkundigen Versehen beruht (<ref-ruling> E. 4a; <ref-ruling> E. 2c, je mit Hinweisen). 4.3 Zunächst tut der Beschwerdeführer nicht dar, inwiefern es sich beim Entscheid über die Einstellung von Sozialhilfeleistungen um ein Verfahren handeln soll, das in den Anwendungsbereich von Art. 6 Ziff. 1 EMRK (strafrechtliche Anklage oder zivilrechtlicher Anspruch) fällt; wie es sich damit verhält, kann aber offen bleiben. Wohl kann es nicht einzig darauf ankommen, dass der Beschwerdeführer während rund zehn Jahren akzeptiert hatte, dass die Sozialhilfebehörden davon ausgingen, er und seine Mutter lebten in einem Zweipersonenhaushalt und es liege nicht ein Untermieterverhältnis vor. Dies hat das Verwaltungsgericht aber auch gar nicht getan. Es hielt im Ergebnis einzig fest, bei dieser Ausgangslage trage der Beschwerdeführer die Beweislast dafür, dass eine Untermiete vorliege, wie er behaupte; da es keine entsprechenden Beweise gebe, rechtfertige sich eine Neubetrachtung nicht. Die entsprechende Sachverhaltsfeststellung ist nicht aktenwidrig bzw. unhaltbar. Überdies ist nicht ersichtlich, weshalb das Verwaltungsgericht dabei den Anspruch auf rechtliches Gehör des Beschwerdeführers verletzt oder den angefochtenen Entscheid nur ungenügend begründet haben sollte. Daran ändert auch nichts, dass der Beschwerdeführer eine Individualisierung der finanziellen Verhältnisse von ihm und seiner Mutter verlangt hatte. Das Verwaltungsgericht hat diesen Standpunkt vielmehr mit ernsthaften - und damit gerade nicht willkürlichen - Gründen abgelehnt. 4.4 Schliesslich ist das Verwaltungsgericht entgegen der Darstellung des Beschwerdeführers nicht davon ausgegangen, dieser wende für sein Auto Geld auf. Es hielt im Gegenteil fest, dass selbst ein unentgeltlich zur Verfügung gestelltes Auto als Naturalleistung bei den Einnahmen zu berücksichtigen sei. Auch insofern liegt somit keine Willkür bei der Sachverhaltsabklärung vor. Weshalb der rechtliche Standpunkt unhaltbar sein oder die persönliche Freiheit des Beschwerdeführers verletzen sollte, trägt der Beschwerdeführer nicht in rechtsgenüglicher Weise vor (vgl. E. 2.5). 4.4 Schliesslich ist das Verwaltungsgericht entgegen der Darstellung des Beschwerdeführers nicht davon ausgegangen, dieser wende für sein Auto Geld auf. Es hielt im Gegenteil fest, dass selbst ein unentgeltlich zur Verfügung gestelltes Auto als Naturalleistung bei den Einnahmen zu berücksichtigen sei. Auch insofern liegt somit keine Willkür bei der Sachverhaltsabklärung vor. Weshalb der rechtliche Standpunkt unhaltbar sein oder die persönliche Freiheit des Beschwerdeführers verletzen sollte, trägt der Beschwerdeführer nicht in rechtsgenüglicher Weise vor (vgl. E. 2.5). 5. Die staatsrechtliche Beschwerde erweist sich als offensichtlich unbegründet und ist im vereinfachten Verfahren nach Art. 36a OG abzuweisen, soweit darauf eingetreten werden kann. Bei diesem Verfahrensausgang wird der Beschwerdeführer an sich kostenpflichtig (Art. 156 Abs. 1 OG). Das Gesuch um Erteilung der unentgeltlichen Rechtspflege muss wegen Aussichtslosigkeit seiner Begehren abgewiesen werden (vgl. Art. 152 OG). Der mittellose Beschwerdeführer wurde indessen durch die falsche Rechtsmittelbelehrung im Urteil des Verwaltungsgerichts zur Erhebung einer vermeintlich zulässigen Verwaltungsgerichtsbeschwerde an das Bundesgericht verleitet. Dies kann genauso wie seine Mittellosigkeit bei der Festsetzung der Gerichtskosten berücksichtigt werden (Art. 153 und 153a OG).
Demnach erkennt das Bundesgericht im Verfahren nach Art. 36a OG: im Verfahren nach Art. 36a OG: 1. Auf die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird nicht eingetreten. 1. Auf die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Eingabe wird als staatsrechtliche Beschwerde entgegengenommen und als solche abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Eingabe wird als staatsrechtliche Beschwerde entgegengenommen und als solche abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 3. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 3. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 4. Die Gerichtsgebühr von Fr. 200.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Die Gerichtsgebühr von Fr. 200.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 5. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, der Sozialhilfekommission der Einwohnergemeinde Himmelried sowie dem Departement des Innern und dem Verwaltungsgericht des Kantons Solothurn schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 30. Juni 2005 Im Namen der II. öffentlichrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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2,009
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Vu: la lettre du 13 juillet 2009 par laquelle C._ a déclaré retirer le recours en matière de droit public ainsi que le recours constitutionnel subsidiaire interjetés le 2 juin 2009 (timbre postal) contre un jugement du Tribunal administratif de la République et canton de Genève du 21 avril 2009,
considérant: que la cause doit être rayée du rôle en application des art. 32 al. 2 et 71 LTF, en relation avec l'<ref-law>, qu'il se justifie, en application de l'<ref-law>, de statuer sans frais judiciaires,
par ces motifs, le Juge unique ordonne: 1. La cause est radiée du rôle par suite de retrait du recours. 2. Il n'est pas perçu de frais judiciaires. 3. La présente ordonnance est communiquée aux parties et au Tribunal administratif de la République et canton de Genève. Lucerne, le 7 août 2009 Au nom de la Ire Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse Le Juge unique: La Greffière: Frésard von Zwehl
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2,000
fr
A.- G._ et Mme G._, nés tous deux en 1969, sont mariés depuis le 19 juillet 1991. Ils ont eu trois enfants, nés respectivement en 1991, 1995 et 1997. B.- Le 14 août 1998, l'épouse a déposé une requête de citation en conciliation préalable à une demande en séparation de corps, ainsi qu'une requête de mesures provisoires, à laquelle le mari a répondu le 2 octobre 1998. A l'audience du 9 octobre 1998, les parties ont finalement pris des conclusions communes pour l'ensemble des mesures provisoires, auxquelles la Présidente du Tribunal civil de l'arrondissement de la Sarine a fait droit par ordonnance du même jour. Les enfants ont ainsi été confiés à l'épouse et le mari astreint à verser pour l'entretien de sa famille une contribution mensuelle de 400 fr., allocations familiales en sus, pour chacun de ses enfants, et de 310 fr. pour son épouse. C.- Le 3 décembre 1999, le mari a déposé une requête en modification de mesures provisoires tendant à ce que son obligation d'entretien envers sa famille soit réduite dès le 1er décembre 1999 au versement d'une contribution mensuelle de 100 fr. pour chaque enfant, allocations familiales en sus. Lors de la séance du 7 décembre 1999, l'épouse a conclu au rejet de la requête en modification de mesures provisoires, que le Tribunal civil de l'arrondissement de la Sarine (in corpore) a rejetée par ordonnance du 22 décembre 1999. D.- Agissant par la voie du recours de droit public au Tribunal fédéral, le mari conclut avec suite de dépens à l'annulation de cette ordonnance. Il a en outre présenté une requête d'assistance judiciaire (art. 154 OJ), ainsi qu'une requête de mesures provisionnelles (art. 94 OJ) tendant à ce que sa contribution à l'entretien de sa famille soit ramenée à un montant de 100 fr. pour chaque enfant jusqu'à droit connu sur le recours de droit public. Cette dernière requête a été rejetée le 14 février 2000 par le Président de la Cour de céans. Il n'a pas été ordonné d'échange d'écritures.
Considérant en droit : 1.- Les décisions prises en application de l'art. 145 aCC ne sont pas des décisions finales au sens de l'art. 48 OJ et ne sont dès lors pas susceptibles d'être attaquées par la voie du recours en réforme; elles constituent en revanche des décisions finales au sens de l'art. 87 OJ et peuvent, comme telles, faire l'objet d'un recours de droit public pour violation de l'art. 4 aCst. (<ref-ruling> consid. 1 a et b). Le recours est dès lors recevable de ce chef. Il l'est également au regard de l'art. 86 al. 1 OJ, la décision prise par un tribunal d'arrondissement en matière de mesures provisoires n'étant susceptible d'aucun recours cantonal (cf. art. 376 al. 1 du Code de procédure civile fribourgeois, RSF 270. 1). 2.- a) L'autorité cantonale a constaté que le recourant, ingénieur civil ETS au chômage, avait réalisé d'avril à août 1999, en moyenne mensuelle nette, des gains intermédiaires de 1'596 fr. 80, auxquels s'ajoutaient des indemnités de chômage de 1'822 fr. 20; son revenu net était ainsi de 3'419 fr. par mois, alors qu'il était de l'ordre de 3'190 fr. en octobre 1998, selon les indications données par le recourant lui-même dans sa réponse du 2 octobre 1998 (ordonnance attaquée, p. 3). Le recourant ne remet pas en cause ce calcul en lui-même, mais soutient que l'augmentation de son revenu mensuel net depuis octobre 1998 ne serait qu'apparente; en effet, l'autorité cantonale a calculé son revenu actuel sur la base des gains intermédiaires ainsi que des indemnités journalières - lesquelles correspondent à 80% de la différence entre le gain assuré et le gain intermédiaire (cf. <ref-law>; RS 837. O) - effectivement touchés, tandis que lui-même avait dans sa réponse du 2 octobre 1998 calculé son revenu de l'époque de manière théorique sur la base de 80% du gain assuré. Ce grief tombe à faux. Du moment que le recourant ne prétend pas que ses revenus aient diminué depuis octobre 1998, seuls importent ses revenus actuels dans la mesure où, après déduction de ses charges actuelles, ils lui permettent toujours de payer les contributions d'entretien fixées à l'époque sur la base des conclusions communes des parties. Au demeurant, le recourant ne saurait tirer argument de la manière dont il avait calculé ses revenus dans sa réponse du 2 octobre 1998. Ledit calcul était en effet à tout le moins fallacieux, puisqu'il ne tenait pas compte des gains intermédiaires que le recourant reconnaissait lui-même réaliser à l'époque déjà et qui lui permettaient nécessairement de réaliser un revenu total supérieur au 80% du gain assuré. b) Constatant que le recourant faisait ménage commun avec sa maîtresse, l'autorité cantonale a estimé qu'outre les charges effectives représentées par le loyer du logement (1'400 fr. : 2, soit 700 fr.) et d'un box pour voiture (110 fr. : 2, soit 55 fr.), l'assurance RC/ménage (34 fr. : 2, soit 17 fr.), l'assurance maladie (40 fr.) et les impôts (384 fr. 40), il n'y avait lieu de prendre en considération que la moitié du minimum vital du droit des poursuite pour un couple, soit 675 fr. (1'350 fr. : 2) (ordonnance attaquée, p. 4). Sur ce point, le recourant affirme tout d'abord qu'il ne pourrait "en aucun cas vivre décemment avec un montant de 675 fr. par mois, ne serait-ce que pour avoir un minimum d'activités avec ses enfants pendant l'exercice du droit de visite", et qu'on ne saurait sérieusement soutenir que ses charges, une fois déduit le coût du logement, des assurances et des impôts, sont réduites du seul fait du concubinage de 33% par rapport au minimum vital du droit des poursuites pour une personne seule, qui est de 1'010 fr. par mois. Il s'agit là d'une critique purement appellatoire, par laquelle le recourant se contente d'opposer sa thèse à celle de l'autorité cantonale, qui est irrecevable au regard des exigences de motivation posées par l'art. 90 al. 1 let. b OJ (<ref-ruling> consid. 3a; <ref-ruling>). C'est par ailleurs à tort que le recourant reproche à l'autorité cantonale d'avoir refusé d'augmenter son minimum vital du droit des poursuites de la "marge usuelle de 20%". En effet, c'est uniquement pour l'octroi d'une pension alimentaire selon l'art. 152 aCC, et non dans la réglementation des contributions d'entretien selon l'art. 145 aCC, que la jurisprudence prenait en considération le minimum vital du droit des poursuites augmenté de 20% (cf. <ref-ruling>; <ref-ruling>, 297; <ref-ruling>; <ref-ruling>; arrêt non publié S. c. S. du 17 avril 1996). c) Alors que le recourant alléguait une prime d'assurance maladie de 203 fr. 30 par mois (dont 183 fr. 10 pour l'assurance obligatoire des soins), l'autorité cantonale n'a retenu à ce titre qu'un montant de 40 fr., pour le motif qu'il n'y avait aucune raison de penser que le recourant, qui ne payait que 36 fr. 10 de prime mensuelle en octobre 1998, ne bénéficierait pas à nouveau de l'aide cantonale pour l'assurance maladie (ordonnance attaquée, p. 4). Selon le recourant, l'autorité cantonale ne pouvait sans arbitraire retenir simplement un montant analogue à celui d'octobre 1998. Appliquant le droit d'office (<ref-law>/FR), elle devait au contraire prendre en considération d'une part le fait que le taux général de réduction des primes est fixé annuellement d'après les possibilités financières de l'État, et d'autre part le fait que le recourant allait passer dans une autre limite de revenu déterminant puisqu'il n'avait plus d'enfants à charge ensuite de la séparation des époux. Le recourant souligne que selon une décision du 27 janvier 2000, la réduction de prime à laquelle il a droit dès le 1er janvier 2000 ne s'élève qu'à 61 fr. 50 par mois, de sorte que le montant restant à sa charge est de 141 fr. 80 par mois. Cette différence de plus de 100 fr. par mois aurait pour résultat arbitraire de contraindre le recourant à vivre au-dessous du minimum vital. La décision du 27 janvier 2000 de la caisse de compensation du canton de Fribourg, qui n'a pas été soumise à l'autorité cantonale, est irrecevable dans le cadre d'un recours de droit public pour violation de l'art. 4 aCst. (<ref-ruling> consid. 4a; <ref-ruling> consid. 2a et les arrêts cités). Le recourant invoque l'arrêté fribourgeois du 30 novembre 1999 fixant le cercle des ayants droit à la réduction des primes à l'assurance-maladie, publié dans la Feuille des avis officiels du 10 décembre 1999. Cet arrêté indique à son art. 2 les limites de revenu déterminant et à son art. 4 les taux de réduction des primes pour l'année 2000, taux qui varient en fonction de l'écart entre le revenu déterminant et les limites de revenu fixées par l'art. 2. La nature même des mesures provisoires implique que le juge ne peut se livrer qu'à un examen sommaire des faits, sur la base d'une simple vraisemblance qu'il appartient aux parties d'apporter, et à un examen prima facie du droit. Le recourant ne prétend pas avoir indiqué à l'autorité cantonale son revenu déterminant au sens de l'art. 1er de l'arrêté précité - à savoir le revenu annuel net moyen de la taxation de la dernière période fiscale -, de sorte que celle-ci ne pouvait dans le cadre d'un examen sommaire estimer le montant de la réduction auquel le recourant aurait droit dès le 1er janvier 2000. Dans ces conditions, et en se plaçant au moment où l'autorité cantonale a statué, il n'apparaissait pas insoutenable de prendre en compte un montant analogue à celui payé en octobre 1998. d) L'autorité cantonale a considéré que le recourant ne saurait faire valoir dans ses charges le remboursement, à raison de 620 fr. par mois, des allocations familiales qu'il a perçues à double entre le mois de juillet 1997 et le mois de mars 1999. Elle a souligné que les dettes à l'égard des tiers passaient en principe après l'obligation d'entretien à l'égard de la famille, ce d'autant plus qu'en l'occurrence, le recourant ne pouvait sans négligence lourde ignorer aussi longtemps le fait qu'il percevait des allocations familiales à double (ordonnance attaquée, p. 5/6). Le recourant critique cette décision pour le motif que l'intimée pourrait très bien rembourser la part lui incombant des allocations familiales reçues en trop jusqu'en juillet 1998, dont elle aurait forcément bénéficié étant donné que les époux ont partagé par moitié leurs économies en août 1998. Ce faisant, le recourant ne démontre pas en quoi ces circonstances imposeraient de s'écarter, sous peine d'arbitraire, du principe reconnu selon lequel les dettes envers les tiers passent après l'obligation d'entretien envers la famille (cf. Bühler/Spühler, Berner Kommentar, Band II/1/1/2, 1980, n. 162 ad art. 145 aCC). Son grief doit donc être écarté dans la mesure où il est recevable. 3.- En conclusion, le recours se révèle manifestement mal fondé en tant qu'il est recevable et ne peut donc qu'être rejeté dans cette même mesure. La requête d'assistance judiciaire fondée sur l'art. 152 OJ doit également être rejetée; le recours apparaissait en effet d'emblée voué à l'échec au sens de cette disposition, dès lors qu'il doit être rejeté - dans la mesure où il est recevable - dans le cadre de la procédure simplifiée de l'art. 36a OJ (cf. Poudret/Sandoz-Monod, Commentaire de la loi fédérale d'organisation judiciaire, vol. V, Berne 1992, n. 5 ad art. 152 OJ). Il n'y a pas lieu d'allouer de dépens dès lors que l'intimée n'a pas été invitée à procéder et n'a en conséquence pas assumé de frais en relation avec la procédure fédérale (art. 159 al. 1 et 2 OJ; Poudret/Sandoz-Monod, op. cit. , n. 2 ad art. 159 OJ).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral, vu l'art. 36a OJ: 1. Rejette le recours dans la mesure où il est recevable. 2. Met un émolument judiciaire de 1'000 fr. à la charge du recourant. 3. Communique le présent arrêt en copie aux mandataires des parties et au Tribunal civil de l'arrondissement de la Sarine. _ Lausanne, le 28 mars 2000 ABR/frs Au nom de la IIe Cour civile du TRIBUNAL FEDERAL SUISSE : Le Président, Le Greffier,
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2,015
de
Sachverhalt: A. Die C._ AG ist Eigentümerin der Parzellen Nrn. 404 und 671 in Gossau. Der B._ Immobilien AG gehören die Parzellen Nrn. 409 und 411. Diese Parzellen liegen in der Wohn-Gewerbe-Zone WG3 und werden, mit Ausnahme der Parzelle Nr. 671, vom Gestaltungsplan St. Gallerstrasse 91 - 101 überlagert. Das rund eine Hektare umfassende Plangebiet wird im Wesentlichen von den in den 90er-Jahren bewilligten Betriebsgebäuden der B._ AG geprägt. Das Gebiet wird in ost-westlicher Richtung vom eingedolten Haldenbach durchquert. Anfangs 2008 reichte die Gemeinde Gossau dem kantonalen Amt für Raumentwicklung den Entwurf für den Überbauungsplan St. Gallerstrasse 91 - 101 zur Vorprüfung ein. Mit dem neuen Sondernutzungsplan soll die Entwicklung des Garagenbetriebs sichergestellt werden. Die Parzelle Nr. 671 soll neu ins Plangebiet einbezogen werden. Am 22. Oktober 2008 beschloss der Stadtrat den Überbauungsplan. Er wurde vom 3. November bis zum 3. Dezember 2010 aufgelegt. Während der Auflagefrist erhob die A._ Ltd., Eigentümerin der ans Plangebiet anstossenden Parzelle Nr. 647 Einsprache. Sie beantragte, auf den Überbauungsplan zu verzichten. Er widerspreche dem Zonenzweck und sei rechtswidrig, da er nicht vorsehe, das eingedolte Gewässer zu öffnen. B. Mit Eingabe vom 2. Februar 2011, ergänzt am 18. Juli 2011, erhob die A._ Ltd. Rekurs gegen die Baubewilligung des Gemeinderats Gossau vom 30. Mai 1996 in Sachen "Neubau Spenglerei/Malerei auf dem Grundstück Nr. 411, Sonnenbühlstrasse, Gossau; Verlegung und Wiedereindolung des Haldenbachs gemäss Bewilligung des Baudepartements und des Finanzdepartements vom 3. April 1996". Sie beantragte im Wesentlichen, diese Baubewilligung sowie alle seither ergangenen Baubewilligungen für Vorhaben im Bereich des 10-metrigen Gewässerabstands des Haldenbachs aufzuheben oder eventuell festzustellen, dass sie zu Unrecht erteilt worden seien. Zudem sei festzustellen, dass die Bewilligung vom 3. April 1996 verfallen sei; eventuell sei der Gemeinderat anzuweisen, das entsprechende Baubewilligungsverfahren nachträglich durchzuführen oder die Bewilligung subeventuell aufzuheben. Am 2. Juli 2013 trat die Regierung des Kantons St. Gallen auf den Rekurs insoweit nicht ein, als mit diesem beantragt worden war, die Baubewilligung aufzuheben und festzustellen, die Departementalverfügung vom 3. April 1996 sei verfallen bzw. sie aufzuheben. Am 21. Oktober 2014 wies das Verwaltungsgericht des Kantons St. Gallen die Beschwerde der A._ Ltd. ab, soweit es darauf eintrat. Zur Begründung führte es an, die Verfügung des Bau- und des Finanzdepartements vom 3. April 1996 sei gültig und zusammen mit der Baubewilligung vom 30. Mai 1996 in Rechtskraft erwachsen. Der Rekurs dagegen sei verspätet erfolgt, weshalb die Regierung darauf zu Recht nicht eingetreten sei. C. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten beantragt die A._ Ltd., diesen Entscheid des Verwaltungsgerichts, einschliesslich desjenigen der Regierung vom 2. Juli 2013, aufzuheben und gleichzeitig die Baubewilligung des Gemeinderats vom 30. Mai 1996 aufheben und festzustellen, dass die Bewilligung des Bau- und des Finanzdepartements vom 3. April 1996 nie rechtsgültig geworden sei bzw. sie aufzuheben. Eventuell sei der Entscheid des Verwaltungsgerichts aufzuheben und die Sache an die Vorinstanz zu neuem Entscheid zurückzuweisen. D. Das Verwaltungsgericht beantragt in seiner Vernehmlassung unter Verweis auf den angefochtenen Entscheid, die Beschwerde abzuweisen. Die B._ AG beantragt, die Beschwerde abzuweisen, soweit darauf einzutreten sei. Das Bundesamt für Umwelt (BAFU) verzichtet auf Stellungnahme. Die A._ Ltd. hält in ihrer Replik an der Beschwerde fest.
Erwägungen: 1. Angefochten ist ein kantonal letztinstanzlicher Entscheid in einer Angelegenheit des öffentlichen Rechts. Dagegen steht die Beschwerde nach <ref-law> offen; ein Ausnahmegrund ist nicht gegeben (<ref-law>). Er schliesst das Verfahren ab, womit es sich um einen Endentscheid im Sinn von <ref-law> handelt, und die Beschwerdeführerin ist als dessen Adressatin befugt, ihn anzufechten. Sie rügt die Verletzung von Bundesrecht, was zulässig ist. (95 lit. a BGG). Nicht einzutreten ist auf die Beschwerde insoweit, als sie sich gegen die Entscheide der Vorinstanzen des Verwaltungsgerichts richtet. Diese sind im Rahmen des Streitgegenstands durch dessen Urteil ersetzt worden (Devolutiveffekt) und gelten als inhaltlich mit angefochten (<ref-ruling> E. 1.4 S. 144). Die übrigen Sachurteilsvoraussetzungen geben zu keinen Bemerkungen Anlass, weshalb auf die Beschwerde einzutreten ist. 2. Die Beschwerdeführerin verlangt im Wesentlichen die Aufhebung der Departementalverfügung vom 3. April 1996 und der Baubewilligung vom 30. Mai 1996. Dieser Antrag, gestellt rund 17 Jahre nach Eintritt der formellen Rechtskraft der Verfügungen, kann von vornherein nur Erfolg haben, wenn sich die beiden Verfügungen als nichtig oder zumindest als derart fehlerhaft herausstellen würden, dass ihr Widerruf in Betracht fiele. 2.1. Fehlerhafte Entscheide sind nach bundesgerichtlicher Rechtsprechung nichtig, wenn der ihnen anhaftende Mangel besonders schwer ist, wenn er offensichtlich oder zumindest leicht erkennbar ist und wenn zudem die Rechtssicherheit durch die Annahme der Nichtigkeit nicht ernsthaft gefährdet wird. Inhaltliche Mängel einer Entscheidung führen nur ausnahmsweise zur Nichtigkeit. Als Nichtigkeitsgründe fallen vorab funktionelle und sachliche Unzuständigkeit der entscheidenden Behörde sowie krasse Verfahrensfehler in Betracht. Die Nichtigkeit eines Entscheids ist von sämtlichen rechtsanwendenden Behörden jederzeit von Amtes wegen zu beachten (<ref-ruling> E. 3.1; <ref-ruling> E. 3.1; <ref-ruling> E. 3.1 und 3.2; <ref-ruling> E. 2.1; <ref-ruling> E. 2; je mit Hinweisen auf die Rechtsprechung). 2.2. Der Widerruf einer ursprünglich fehlerhaften Verfügung ist zulässig, wenn eine allgemeine Interessen- bzw. Wertabwägung ergibt, dass das Interesse an der richtigen Durchsetzung des objektiven Rechts dasjenige an der Wahrung der Rechtssicherheit bzw. am Vertrauensschutz überwiegt. Dem Postulat der Rechtssicherheit kommt in der Regel dann der Vorrang zu, wenn durch die frühere Verfügung ein subjektives Recht begründet worden oder die Verfügung in einem Verfahren ergangen ist, in welchem die sich gegenüberstehenden Interessen allseitig zu prüfen und gegeneinander abzuwägen waren, oder wenn der Private von einer ihm durch die fragliche Verfügung eingeräumten Befugnis bereits Gebrauch gemacht hat. Diese Regel gilt allerdings nicht absolut; ein Widerruf kann auch in einem der drei genannten Fälle in Frage kommen, wenn er durch ein besonders gewichtiges öffentliches Interesse geboten ist (<ref-ruling> E. 1a/aa S. 276; <ref-ruling> E. 4c S. 310; Urteile des Bundesgerichts 1C_300/2011 vom 3. Februar 2012, publ. in ZBl: 113/2012 S. 680 E. 3.1; 1P.98/1998 vom 28. April 1998, publ. in: ZBl 101/2000 S. 41 ff. E. 3b). 2.3. Vorliegend hat die Beschwerdegegnerin von den beiden umstrittenen Verfügungen längst Gebrauch gemacht und in die bewilligten Bauvorhaben erhebliche Investitionen getätigt. Der Rechtssicherheit bzw. dem Vertrauensschutz kommt somit eine vorrangige Bedeutung zu. Ihre Aufhebung bzw. ihr Widerruf fällt nur in Betracht, wenn die Verfügungen krass fehlerhaft - annähernd nichtig oder nichtig - sind und die Wiederherstellung des rechtmässigen Zustands im öffent-lichen Interesse zwingend geboten erscheint. 3. Sowohl die Baubewilligung vom 30. Mai 1996 als auch die Bewilligung der Verlegung und Wiedereindolung des Haldenbachs im Bereich der Bauvorhaben vom 3. April 1996 wurden von den dafür zuständigen Instanzen erlassen. Das Vorgehen - das Bau- und das Finanzdepartement erteilten die erforderliche kantonale Bewilligung zur Verlegung und Wiedereindolung des Haldenbachs unter Vorbehalt der Erteilung der Baubewilligung, der Gemeinderat erteilte daraufhin die Baubewilligung und eröffnete sie zusammen mit der gewässerschutzrechtlichen Bewilligung - entsprach nach den unwiderlegten Ausführungen des Verwaltungsgerichts gängiger Praxis. Die gewässerschutzrechtliche Bewilligung des Bau- und des Finanzdepartements wurde im Übrigen klarerweise im Hinblick auf das hängige Baubewilligungsverfahren erteilt, welches mit der Bewilligung vom 30. Mai 1996 seinen Abschluss fand. Ob dies zulässig war oder ob, wie die Beschwerdeführerin behauptet, ein neues Auflageverfahren hätte durchgeführt werden müssen, weil das Gesuch um Verlegung und Wiedereindolung des Haldenbachs erst nach dem baurechtlichen Auflageverfahren gestellt worden sei, spielt heute keine Rolle mehr. So oder so läge jedenfalls kein besonders schwerer Verfahrensfehler vor, der die Departementalverfügung nichtig erscheinen lassen oder deren Widerruf rechtfertigen könnte. Dies gilt auch für den Umstand, dass das eingedolte Gewässer im Baubewilligungsverfahren offenbar stets als Meteorwasserkanal bezeichnet wurde. Selbst wenn dieser bzw. das eingedolte Gewässer in den aufgelegten Planunterlagen falsch bezeichnet gewesen wäre oder gar gefehlt hätte - dies kann nicht mehr sicher nachvollzogen werden, da in den Akten die öffentlich aufgelegten Pläne offenbar durch später erstellte Korrekturpläne für Baugesuchsänderungen ersetzt wurden - läge darin kein besonders schwerer Verfahrensfehler, der die beiden angefochtenen Verfügungen nichtig erscheinen liesse oder deren Widerruf zu rechtfertigen vermöchte. In materieller Hinsicht macht die Beschwerdeführerin sinngemäss geltend, das am 1. November 1992 in Kraft getretene Gewässerschutzgesetz hätte zwingend eine Öffnung des eingedolten Haldenbachs vorgeschrieben, weshalb die Verfügung vom 3. April 1996 von vornherein bundesrechtswidrig sei. Der Einwand ist unbegründet. In der Departementalverfügung wird dazu erwogen, Untersuchungen hätten ergeben, dass keine Möglichkeit zur Verlegung des eingedolten Baches ausserhalb des Bauareals bestehe und innerhalb eine Offenlegung aufgrund der prekären Platzverhältnisse nicht möglich sei. Unter diesen Umständen lässt es <ref-law> zu, ausnahmsweise von der Offenlegung eines Fliessgewässers abzusehen. Das Gesetz bietet somit eine Handhabe, um Grundeigentümer von der Pflicht, Fliessgewässer offen zu legen, ausnahmsweise zu befreien. Es trifft daher nicht zu, dass die Departementalverfügung von Anfang an in einem krassen, unauflösbaren Widerspruch zum kurz vorher in Kraft getretenen Gewässerschutzgesetz gestanden hätte. Zusammenfassend ist festzuhalten, dass die Beschwerdeführerin nichts vorbringt, das geeignet wäre, die beiden Verfügungen vom 3. April bzw. 30. Mai 1996 nichtig oder widerrufbar erscheinen zu lassen. Die Rügen sind (offensichtlich) unbegründet. 4. Bei diesem Ausgang des Verfahrens trägt die Beschwerdeführerin die Kosten (<ref-law>). Sie hat der Beschwerdegegnerin zudem eine angemessene Parteientschädigung zu bezahlen (Art. 68 Abs. 1 und 2 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 3'000.-- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Die Beschwerdeführerin hat der Beschwerdegegnerin für das bundesgerichtliche Verfahren eine Parteientschädigung von Fr. 2'500.-- zu bezahlen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, der Politischen Gemeinde Gossau, der Regierung des Kantons St. Gallen, dem Verwaltungsgericht des Kantons St. Gallen und dem Bundesamt für Umwelt schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 29. April 2015 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Fonjallaz Der Gerichtsschreiber: Störi
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Faits: Faits: A. D._, né en 1960, travaille comme ouvrier pour la société C._ depuis 1989. Il souffre de lombosciatalgies depuis le mois de mars 1995. Dès le mois de novembre 1996, son médecin traitant, le docteur T._, puis les médecins de l'Hôpital H._ ont attesté une incapacité de travail totale. Hospitalisé à l'Hôpital H._, du 25 novembre au 6 décembre 1996, le prénommé a subi une hémilaminectomie L4-L5 gauche le 24 février 1997 dans ce même établissement. A la suite de l'opération, le docteur F._, chef de clinique adjoint du Service de neurochirurgie de l'Hôpital H._, attesta une incapacité de travail totale jusqu'au 12 mai 1997, puis une incapacité de travail de 50 %, pour une durée indéterminée (rapports des 6 mars et 16 avril 1997). Dès le mois de mai 1998, la société C._ a affecté son employé à une tâche plus légère que celle effectuée précédemment, dans des travaux d'aide au service de conciergerie en gare de L._; le médecin traitant attesta cependant plusieurs périodes d'incapacité de travail dans cette nouvelle activité. D._ fut à nouveau hospitalisé à l'Hôpital H._, du 14 au 25 septembre 1998, où les examens pratiqués ont permis d'exclure une récidive de hernie discale. Au terme de cette hospitalisation, les docteurs G._ et S._ ont fait état de troubles somatoformes douloureux, syndrome lombo-vertébral irritatif non déficitaire et status post-hémilaminectomie L4-L5 gauche, en précisant qu'il n'y avait pas, de leur point de vue, d'incapacité de travail dans des activité adaptées (rapport du 8 octobre 1998). Pour sa part, le docteur E._ examina D._ le 7 décembre 1998, à la demande de la société C._, et proposa de retenir une incapacité de travail de 50 % (rapport du 2 février 1999). A réception de ce document, le docteur F._, pour le Service médical de la société C._, a proposé de mettre D._ en retraite anticipée partielle, pour raisons médicales, en précisant partager l'opinion du docteur E._ relative à l'incapacité de travail de l'intéressé (lettre du 8 février 1999 du docteur F._ au docteur T._). Le 24 février 1999, ce dernier a déposé une demande de prestations de l'assurance-invalidité. Dans un rapport du 10 juillet 2000 à l'Office de l'assurance-invalidité pour le canton de Vaud (ci-après : office AI), le docteur T._ décrivit une capacité de travail de 80 à 100 % dans l'activité de conciergerie pour laquelle l'employaient désormais la société C._; l'assuré lui avait toutefois déclaré être incapable de travailler plus d'une demi-journée. Selon le médecin traitant, toute activité légère ne mettant pas à contribution le dos, spécialement la région lombo-sacrée, était exigible, l'assuré présentant une limitation pour les activités impliquant une position orthostatique ou assise prolongée. Dans une lettre du 29 août 2001 à l'office AI, il revint toutefois sur cette appréciation et attesta une incapacité de travail de 50 % dans l'activité exercée par l'assuré depuis mai 1998. Sur la base du dossier constitué par l'office AI, le Service médical régional L._(ci-après : SMR) attesta une capacité de travail entière dans une activité n'impliquant pas la mise à contribution du dos, en position penchée en avant ou lors du port de lourdes charges (rapport du 26 juin 2001). Par décision du 27 septembre 2001, l'office AI rejeta la demande de prestations de l'assuré, eu égard à la capacité de travail résiduelle attestée par le SMR. Sur la base du dossier constitué par l'office AI, le Service médical régional L._(ci-après : SMR) attesta une capacité de travail entière dans une activité n'impliquant pas la mise à contribution du dos, en position penchée en avant ou lors du port de lourdes charges (rapport du 26 juin 2001). Par décision du 27 septembre 2001, l'office AI rejeta la demande de prestations de l'assuré, eu égard à la capacité de travail résiduelle attestée par le SMR. B. D._ déféra cette décision au Tribunal des assurances du canton de Vaud, en concluant à l'octroi d'une rente d'invalidité. La juridiction cantonale rejeta le recours, par jugement du 30 juin 2003. B. D._ déféra cette décision au Tribunal des assurances du canton de Vaud, en concluant à l'octroi d'une rente d'invalidité. La juridiction cantonale rejeta le recours, par jugement du 30 juin 2003. C. L'assuré interjette un recours de droit administratif contre ce jugement, en produisant notamment deux rapports établis les 16 juin et 8 juillet 2003 par le docteur O._, médecin associé au service de rhumatologie, médecine physique et réhabilitation de l'Hôpital H._, ainsi qu'un rapport établi le 11 août 2003 par les docteurs B._ et U._, médecins au service de neurologie de l'Hôpital H._. Le recourant conclut, principalement, à l'annulation du jugement entrepris et à l'octroi d'une demi-rente de l'assurance-invalidité; à titre subsidiaire, il demande le renvoi de la cause à la juridiction cantonale pour complément d'instruction et nouveau jugement, le tout sous suite de dépens. L'intimé conclut au rejet du recours, alors que l'Office fédéral des assurances sociales a renoncé à se déterminer.
Considérant en droit: Considérant en droit: 1. Le litige porte sur le droit du recourant à une rente d'invalidité, de sorte que le pouvoir d'examen du Tribunal fédéral des assurances n'est pas limité à la violation du droit fédéral - y compris l'excès et l'abus du pouvoir d'appréciation - mais s'étend également à l'opportunité de la décision attaquée. Le tribunal n'est pas lié par l'état de fait constaté par la juridiction inférieure et peut s'écarter des conclusions des parties à l'avantage ou au détriment de celles-ci (art. 132 OJ). 1. Le litige porte sur le droit du recourant à une rente d'invalidité, de sorte que le pouvoir d'examen du Tribunal fédéral des assurances n'est pas limité à la violation du droit fédéral - y compris l'excès et l'abus du pouvoir d'appréciation - mais s'étend également à l'opportunité de la décision attaquée. Le tribunal n'est pas lié par l'état de fait constaté par la juridiction inférieure et peut s'écarter des conclusions des parties à l'avantage ou au détriment de celles-ci (art. 132 OJ). 2. 2.1 D'après la jurisprudence, la législation applicable en cas de changement de règles de droit reste celle qui était en vigueur lors de la réalisation de l'état de fait qui doit être apprécié juridiquement ou qui a des conséquences juridiques, les faits sur lesquels le Tribunal fédéral des assurances peut être amené à se prononcer dans le cadre d'une procédure de recours de droit administratif étant, par ailleurs, ceux qui se sont produits jusqu'au moment de la décision administrative litigieuse (<ref-ruling> consid. 1.2, 398 consid. 1.1 et les références). 2.2 La loi fédérale sur la partie générale du droit des assurances sociales (LPGA), du 6 octobre 2000, est entrée en vigueur le 1er janvier 2003 et a entraîné la modification de nombreuses dispositions dans le domaine de l'assurance-invalidité. Compte tenu de la date de la décision administrative litigieuse, ces modifications ne sont pas applicables en l'espèce. De même, la modification du 21 mars 2003 de la loi fédérale sur l'assurance-invalidité (4ème révision de l'AI), entrée en vigueur le 1er janvier 2004, n'est pas applicable dans le cadre de la présente procédure. 2.2 La loi fédérale sur la partie générale du droit des assurances sociales (LPGA), du 6 octobre 2000, est entrée en vigueur le 1er janvier 2003 et a entraîné la modification de nombreuses dispositions dans le domaine de l'assurance-invalidité. Compte tenu de la date de la décision administrative litigieuse, ces modifications ne sont pas applicables en l'espèce. De même, la modification du 21 mars 2003 de la loi fédérale sur l'assurance-invalidité (4ème révision de l'AI), entrée en vigueur le 1er janvier 2004, n'est pas applicable dans le cadre de la présente procédure. 3. Le jugement entrepris expose les dispositions légales et la jurisprudence relatives à la notion d'invalidité, à l'échelonnement des rentes selon le taux d'invalidité ainsi qu'aux critères permettant d'évaluer la valeur probante d'un rapport médical. Sur ces points, il convient d'y renvoyer. 3. Le jugement entrepris expose les dispositions légales et la jurisprudence relatives à la notion d'invalidité, à l'échelonnement des rentes selon le taux d'invalidité ainsi qu'aux critères permettant d'évaluer la valeur probante d'un rapport médical. Sur ces points, il convient d'y renvoyer. 4. 4.1 La juridiction cantonale a considéré que de nombreux rapports médicaux, précis et solidement étayés, figuraient au dossier et établissaient que le recourant ne subissait aucune incapacité de travail en raison d'atteintes à la santé d'origine somatique. Une incapacité de travail en raison de troubles somatoformes douloureux pouvait également être exclue : l'assuré ne présentait pas de comorbidité psychiatrique, quatre des cinq signes de non-organicité de Waddell étaient positifs et le status objectif ne révélait aucune atteinte grave (une récidive de hernie discale pouvant notamment être exclue). 4.2 Ce point de vue ne convainc pas. En effet, de l'ensemble des médecins ayant examiné l'assuré, seuls les docteurs G._ et S._ font clairement état d'une capacité de travail entière dans des conditions de travail adaptées, sans toutefois préciser quelles seraient ces conditions; les médecins du SMR ne font que confirmer cette appréciation, sur la base du dossier médical mis à leur disposition. En revanche, les docteurs F._, E._, O._, B._ retiennent tous une incapacité de travail de 50 % dans l'activité pourtant relativement légère à laquelle le recourant est affecté depuis le mois de mai 1998. Certes, les rapports établis par ces praticiens ne sont pas entièrement convaincants, dès lors qu'ils n'exposent pas véritablement sur quelles constatations objectives reposent leurs conclusions. Ils sont toutefois suffisamment probants pour mettre sérieusement en doute l'appréciation des docteurs G._, S._, et des médecins du SMR, émise elle-même au terme de rapports relativement sommaires. Les prises de position du docteur T._ ne permettent pas davantage de se prononcer en connaissance de cause sur les atteintes à la santé physique dont souffre le recourant et leur influence sur sa capacité résiduelle de gain, compte tenu, en particulier, de leur caractère contradictoire. En ce qui concerne les troubles somatoformes douloureux décrits par les docteurs G._ et S._, il serait prématuré de nier d'emblée leur influence sur la capacité de travail du recourant, alors qu'aucune investigation psychiatrique n'a encore été réalisée. A cet égard, on précisera que les signes de non-organicité selon Waddell sont fréquemment constatés en cas d'atteintes invalidantes à la santé psychique, et qu'une affection psychique peut être indépendante d'une atteinte grave à la santé physique (sur les critères auxquels le psychiatre appelé à se déterminer sur la portée de troubles somatoformes douloureux prêtera une attention particulière : arrêt N. du 12 mars 2004, [I 683/03] destiné à la publication, C. du 18 juin 2004 [I 177/03] et les références). 4.3 La divergence des rapports médicaux figurant au dossier - aucun d'entre eux ne revêtant une valeur probante déterminante - rend nécessaire une instruction complémentaire. Compte tenu des aspects physique et psychique que présentent les atteintes à la santé décrites par les médecins consultés à ce jour, cette instruction sera mise en oeuvre sous la forme d'une expertise pluridisciplinaire. 4.3 La divergence des rapports médicaux figurant au dossier - aucun d'entre eux ne revêtant une valeur probante déterminante - rend nécessaire une instruction complémentaire. Compte tenu des aspects physique et psychique que présentent les atteintes à la santé décrites par les médecins consultés à ce jour, cette instruction sera mise en oeuvre sous la forme d'une expertise pluridisciplinaire. 5. Le recourant obtient partiellement gain de cause, de sorte qu'il peut prétendre des dépens à charge de l'intimé (art. 159 al. 1 OJ). Par ailleurs, la procédure est gratuite, dès lors qu'elle porte sur l'octroi ou le refus de prestations d'assurance.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances prononce: 1. Le recours est admis, en ce sens que le jugement du 30 juin 2003 du Tribunal des assurances du canton de Vaud et la décision du 27 septembre 2001 de l'Office de l'assurance-invalidité pour le canton de Vaud sont annulés; la cause est retournée à l'intimé pour complément d'instruction au sens des motifs et nouvelle décision. 1. Le recours est admis, en ce sens que le jugement du 30 juin 2003 du Tribunal des assurances du canton de Vaud et la décision du 27 septembre 2001 de l'Office de l'assurance-invalidité pour le canton de Vaud sont annulés; la cause est retournée à l'intimé pour complément d'instruction au sens des motifs et nouvelle décision. 2. Il n'est pas perçu de frais de justice. 2. Il n'est pas perçu de frais de justice. 3. L'office de l'assurance-invalidité versera au recourant une indemnité de dépens de 2'500 fr. (y compris la taxe à la valeur ajoutée) pour la procédure fédérale. 3. L'office de l'assurance-invalidité versera au recourant une indemnité de dépens de 2'500 fr. (y compris la taxe à la valeur ajoutée) pour la procédure fédérale. 4. Le Tribunal des assurances du canton de Vaud statuera sur les dépens de première instance au regard de l'issue du procès de dernière instance. 4. Le Tribunal des assurances du canton de Vaud statuera sur les dépens de première instance au regard de l'issue du procès de dernière instance. 5. Le présent arrêt sera communiqué aux parties, au Tribunal des assurances du canton de Vaud et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 20 octobre 2004 Au nom du Tribunal fédéral des assurances Le Président de la IIe Chambre: p. le Greffier:
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Faits: A. Le 26 septembre 2008, le service cantonal genevois de géologie, sols et déchets (GESDEC) a autorisé la société A._ à exploiter une installation de recyclage de déchets minéraux à des conditions détaillées, portant notamment sur les catégories et volumes de matériaux visés, et en particulier sur leur traitement séparé lors des entreposage, concassage et stockage. Par décision du 30 septembre 2010, le GESDEC a ordonné une remise en état des lieux et infligé à la société une amende administrative de 50'000 fr. en application de l'art. 43 de la loi genevoise du 20 mai 1999 sur la gestion des déchets (LGD/GE; RS GE L 1 20), pour non-respect de l'autorisation du 26 septembre 2008. La société avait stocké des déchets hors du périmètre autorisé, en quantités excessives et sans distinction des catégories de matériaux. L'autorité constatait ainsi une violation de l'art. 10 LGD/GE et de différents points de l'autorisation. B. Par jugement du 7 décembre 2011, le Tribunal administratif de première instance (TAPI) a confirmé la validité de l'ordre de remise en état et annulé l'amende administrative. Saisie de deux recours contre cet arrêt, la Chambre administrative de la Cour de justice de la République et canton de Genève a rejeté celui de A._ et admis celui du département cantonal concerné. Elle a ainsi annulé partiellement le jugement du TAPI et confirmé l'amende infligée à la société. Elle a en effet considéré que l'amende en question était une amende administrative et non pénale, de sorte que la partie générale du code pénal suisse (CP) ne s'appliquait que pour le comblement de lacunes, et par simple analogie. Dans cette mesure, la punissabilité des personnes morales n'était pas régie par les règles générales du CP, mais était propre au droit administratif. Les personnes morales étant en droit administratif des sujets de droit au même titre que les personnes physiques, les sanctions à forme d'amende administrative pouvaient leur être infligées. C. Agissant par la voie du recours en matière de droit public, A._ demande au Tribunal fédéral d'une part d'annuler le jugement de la Chambre administrative de la Cour de justice, ainsi que la décision rendue le 30 septembre 2010 par le GESDEC ordonnant une évacuation des déchets des parcelles et une mise en conformité des volumes entreposés, et d'autre part de confirmer le jugement du TAPI dans la mesure où il annule l'amende administrative. Subsidiairement, elle conclut au renvoi de la cause à la cour cantonale pour nouvelle décision dans le sens des considérants. La Cour de justice renonce à se déterminer et se réfère aux considérants et dispositif de son arrêt. Le Département de l'intérieur, de la mobilité et de l'environnement de la République et canton de Genève se détermine et conclut au rejet du recours. La recourante a répliqué et présenté de nouveaux griefs. Le département cantonal s'est à nouveau exprimé. Par ordonnance du 21 janvier 2013, le Président de la Ire Cour de droit public a octroyé l'effet suspensif au recours.
Considérant en droit: 1. La décision attaquée a été rendue dans une cause de droit public (<ref-law>) et aucune des exceptions prévues à l'<ref-law> n'est réalisée. La recourante a pris part à la procédure devant l'autorité précédente. Elle est particulièrement atteinte par la décision attaquée qui confirme un ordre de remise en état et une amende de 50'000 fr. à son intention. La recourante a un intérêt digne de protection à l'annulation ou la modification de cette décision (<ref-law>). Le recours est formé en temps utile (<ref-law>) contre une décision finale (<ref-law>) rendue en dernière instance cantonale (art. 86 al. 1 let. d LTF). Le recours est dès lors recevable. 2. Le Tribunal fédéral applique le droit fédéral d'office (<ref-law>). En revanche, il ne revoit l'interprétation et l'application du droit cantonal et communal que sous l'angle de l'arbitraire. Il ne s'écarte de la solution retenue par l'autorité cantonale de dernière instance que si celle-ci apparaît insoutenable, en contradiction manifeste avec la situation effective, adoptée sans motifs objectifs et en violation d'un droit certain. Si l'application de la loi défendue par l'autorité cantonale ne se révèle pas déraisonnable ou manifestement contraire au sens et au but de la disposition ou de la législation en cause, cette interprétation sera confirmée, même si une autre solution - même préférable - paraît possible (<ref-ruling> consid. 2.4 p. 5; <ref-ruling> consid. 4.2 p. 560). 3. En vertu de l'<ref-law>, les mémoires de recours doivent être motivés. Selon l'<ref-law>, les motifs doivent exposer succinctement en quoi l'acte attaqué viole le droit. Pour satisfaire à cette exigence, il appartient au recourant de discuter au moins brièvement les considérants de la décision litigieuse (<ref-ruling> consid. 2.1 p. 245). En particulier, la motivation doit se rapporter à l'objet du litige tel qu'il est circonscrit par la décision attaquée (<ref-ruling> consid. 6.4 p. 121). Les griefs de violation des droits fondamentaux et des dispositions de droit cantonal sont en outre soumis à des exigences de motivation accrues (<ref-law>). La partie recourante doit alors mentionner les principes constitutionnels qui n'auraient pas été respectés et expliquer de manière claire et précise en quoi ces principes auraient été violés; de même, elle doit citer les dispositions du droit cantonal dont elle se prévaut et démontrer en quoi ces dispositions auraient été appliquées arbitrairement ou d'une autre manière contraire au droit (<ref-ruling> consid. 2.8 p. 494). 4. Selon la recourante, la Chambre administrative aurait dû se déclarer incompétente pour statuer sur le présent litige, conformément aux dispositions du CPP, applicables par renvoi de l'art. 8 de la loi genevoise d'application du code pénal suisse et d'autres lois fédérales en matière pénale (LaCP; RS GE E 4 10). La recourante soulève ce grief pour la première fois devant le Tribunal fédéral et ne démontre pas s'être plainte d'une éventuelle incompétence de la Chambre administrative auparavant. Le moyen est donc nouveau, ce qui est contraire aux exigences de l'<ref-law> (cf. arrêts 2C_715/2009 du 16 juin 2010 consid. 3.1; 9C_697/2008 du 16 décembre 2009 consid. 5.3). Il est irrecevable. 5. La recourante émet plusieurs critiques à l'égard de l'état de fait retenu par la cour cantonale. 5.1. Le Tribunal fédéral statue en principe sur la base des faits établis par l'autorité précédente (<ref-law>), sous réserve des cas prévus à l'<ref-law>. Selon l'<ref-law>, il ne peut s'en écarter que si les constatations de ladite autorité ont été établies en violation du droit au sens de l'<ref-law> ou de façon manifestement inexacte (<ref-law>), c'est-à-dire arbitraire (<ref-ruling> consid. 4.1.2 p. 62; <ref-ruling> consid. 4.2 p. 234; <ref-ruling> consid. 2.4 p. 314) et pour autant que la correction du vice soit susceptible d'influer sur le sort de la cause. Si le recourant entend se prévaloir de constatations de faits différentes de celles de l'autorité précédente (cf. <ref-law>), il doit expliquer de manière circonstanciée en quoi les conditions d'une exception prévue par l'<ref-law> seraient réalisées. A défaut, il n'est pas possible de tenir compte d'un état de fait divergent de celui retenu dans l'acte attaqué. En particulier, le Tribunal fédéral n'entre pas en matière sur des critiques de type appellatoire portant sur l'état de fait ou sur l'appréciation des preuves (<ref-ruling> consid. 5.1 p. 356; <ref-ruling> consid. 3 p. 104 et les arrêts cités). 5.1.1. La recourante relève tout d'abord qu'aucune pièce n'a été produite au sujet d'une amende de 2008 retenue à titre d'antécédent dans le cadre de la fixation de l'amende litigieuse. Elle ne conteste toutefois pas l'existence de cette amende, ni son montant, mais relève simplement que l'amende de 10'000 fr. initialement infligée avait été réduite des trois quart sur recours. Or, cela correspond aux constatations de la cour cantonale, qui a retenu qu'une amende de 2'500 fr. avait été infligée. De même, la recourante conteste avoir admis, comme le retient la cour cantonale, un dépassement des 15'000 m3 de volume de stockage autorisés. Paradoxalement, elle affirme à l'appui de ce grief avoir offert de prouver que le volume total de matériaux était de 19'320 m3, volume effectivement supérieur à 15'000 m3. Elle ne démontre ainsi aucun arbitraire dans l'état de fait de l'arrêt attaqué, mais relève au contraire une description des faits conforme à ses propres explications. La recourante conteste ensuite les volumes et catégories de déchets de matériaux d'excavation entreposés illicitement que les instances précédentes ont tenus pour établis. Elle conteste également des éléments de faits rapportés dans le procès-verbal d'audience du TAPI. Ce faisant, elle se contente d'opposer sa propre version des faits à celle des instances précédentes sans expliquer en quoi la sienne devrait être retenue. Son grief est donc purement appellatoire sur ces aspects et ne peut être suivi. La recourante se plaint de ce que l'état de fait ne mentionne pas, parmi les pièces jointes à son recours cantonal, le rapport au Grand conseil de la Commission de l'environnement et de l'agriculture sur les projets de loi modifiant les lois sur la gestion des déchets et sur les gravières et exploitations assimilées. Un tel rapport, publié et accessible à tous, pouvant être assimilé à un fait notoire, il n'avait pas à figurer expressément dans l'état de fait. A utre est la question de savoir si la cour cantonale devait en tenir compte dans l'examen juridique du litige. Elle ne relève pas de l'établissement des faits. La recourante formule enfin diverses remarques sur l'état de fait de l'arrêt attaqué qu'elle complète de l'une ou l'autre indication. Elle n'expose toutefois pas quelles conséquences elle entend tirer de ces compléments d'information, de sorte qu'ils sont irrecevables. 6. La recourante se plaint d'une violation de son droit d'être entendue et de ses droits de procédure en matière pénale, en particulier celui de faire administrer les preuves à décharge. Elle fait valoir que la cour cantonale n'a pas donné suite à ses demandes de mesures d'instruction par l'apport de pièces et auditions de témoins. La cour cantonale n'aurait par ailleurs pas respecté le droit procédural cantonal en n'établissant pas d'office les faits relatifs à la situation d'une entreprise concurrente dont les pratiques illégales seraient tolérées par l'Etat. 6.1. Tel qu'il est garanti par l'art. 29 al. 2 Cst., le droit d'être entendu comprend en particulier le droit pour le justiciable de s'expliquer avant qu'une décision ne soit prise à son détriment, celui de fournir des preuves quant aux faits de nature à influer sur le sort de la décision, celui d'avoir accès au dossier, celui de participer à l'administration des preuves, d'en prendre connaissance et de se déterminer à leur propos (<ref-ruling> consid. 2.3 p. 282; <ref-ruling> consid. 3.1 p. 370 et les réf.). Cette garantie constitutionnelle n'empêche pas l'autorité de mettre un terme à l'instruction lorsque les preuves administrées lui ont permis de former sa conviction et que, procédant d'une manière non arbitraire à une appréciation anticipée des preuves qui lui sont encore proposées, elle a la certitude qu'elles ne pourraient l'amener à modifier son opinion (<ref-ruling> consid. 4.3.2 p. 376; <ref-ruling> consid. 5.3 p. 236; <ref-ruling> consid. 3 p. 157). S'agissant du droit de participer à l'administration des preuves, l'art. 32 Cst. n'a pas de portée distincte de l'art. 29 al. 2 Cst. (arrêt 6B_731/2009 du 9 novembre 2010 consid. 3.3, non publié in <ref-ruling>). 6.2. La recourante affirme tout d'abord avoir "expliqué et offert de prouver" que le volume total de matériaux était inférieur à celui retenu par la cour cantonale. Elle n'expose toutefois pas en quoi les auditions de témoins requises auraient pu avoir une incidence sur l'appréciation des juges cantonaux. Elle entend démontrer que le volume total tenu pour établi était composé, entre autres, de matériaux non pollués (limités à 25'000 m3 et non à 15'000 m3). Toutefois, cet élément de fait n'est pas décisif. Tel ne serait le cas que si les volumes de stockage pouvaient être déterminés pour chaque catégorie de matériaux. Or, les autorités cantonales ont précisément constaté le contraire: dès lors que, en violation des prescriptions légales, la recourante avait réuni sans distinction les matériaux pollués et non pollués dans le même tas, ceux-ci devaient être pris en considération comme un tout et le maximum autorisé était donc celui des matériaux pollués (à savoir 15'000 m3). La recourante ne saurait tirer profit de l'irrégularité qui lui est reprochée - la confusion des deux types de déchets - pour que soit retenu le volume maximal le plus favorable. Du fait de la situation illégale que la recourante a elle-même créée, il est particulièrement malaisé de déterminer la part de matériaux non pollués dans le tas litigieux. Le volume de stockage du tas contenant les matériaux pollués a été dépassé. Que celui-ci fût également constitué de matériaux d'excavation non pollués n'y change rien. Ainsi, les autorités cantonales pouvaient renoncer à approfondir l'instruction sur la proportion respective de chacune des catégories et considérer le tas dans son ensemble. L'audition des témoins n'était pas propre à modifier la solution retenue par la cour cantonale, de sorte que le droit d'être entendue de la recourante n'a pas été violé à cet égard. En ce qui concerne la situation de l'entreprise concurrente, elle n'est également en rien susceptible d'influer sur le sort de la cause. La recourante admet elle-même qu'elle ne peut se prévaloir d'égalité dans l'illégalité. Pour justifier son grief, elle part de la prémisse que l'Etat de Genève entend maintenir l'illégalité de l'activité de recyclage non autorisée de cette entreprise. Le rapport de la Commission de l'environnement et de l'agriculture chargée d'étudier la pétition concernant l'implantation de la Sablière du Cannelet expose au contraire que l'Etat cherche activement une solution aux problèmes liés à l'exploitation de cette gravière. Le grief de la recourante est ainsi infondé. Pour le surplus, l'illégalité dans laquelle se trouve cette entreprise concurrente - l'exploitation d'une gravière en zone agricole - est sans rapport avec l'infraction reprochée à la recourante, de sorte qu'une instruction en ce sens aurait été vaine. 7. Toujours sous l'angle de la garantie de son droit d'être entendue, la recourante voit une irrégularité dans le fait qu'une partie de la motivation de l'arrêt attaqué correspond mot pour mot à celle d'un autre arrêt cité en référence. Les griefs qu'elle a présentés de manière détaillée n'auraient dès lors pas été examinés par les juges cantonaux. 7.1. Le droit d'être entendu comprend encore le devoir, pour l'autorité, de motiver sa décision, afin que le justiciable puisse la comprendre, la contester utilement s'il y a lieu et exercer son droit de recours à bon escient. Pour répondre à ces exigences, l'autorité doit mentionner, au moins brièvement, les motifs qui l'ont guidée et sur lesquels elle a fondé sa décision, de manière à ce que l'intéressé puisse se rendre compte de la portée de celle-ci et l'attaquer en connaissance de cause (<ref-ruling> consid. 2.2 p. 84; <ref-ruling> consid. 4.1 p. 88 et les références). La motivation peut être implicite et résulter des différents considérants de la décision (arrêts 2C_23/2009 du 25 mai 2009 consid. 3.1, publié in RDAF 2009 II p. 434; 5A_878/2012 du 26 août 2013 consid. 3.1; 1C_246/2013 du 4 juin 2013 consid. 2.1). Une autorité se rend coupable d'un déni de justice formel prohibé par l'art. 29 al. 2 Cst. si elle omet de se prononcer sur des griefs qui présentent une certaine pertinence ou de prendre en considération des allégués et arguments importants pour la décision à rendre (cf. <ref-ruling> consid. 2.1 p. 127; <ref-ruling> consid. 5.2 p. 248; <ref-ruling> consid. 2b p. 102). 7.2. Le fait de reprendre les développements juridiques d'autres arrêts ne heurte pas le droit d'être entendu puisque ces développements sont nécessaires à la résolution du litige. Tel est bien le cas en l'espèce, les éléments que la recourante désigne comme du "copier-coller" faisant partie intégrante du raisonnement suivi par la cour cantonale. Pour le reste, celle-ci n'a effectivement pas expressément mentionné les arguments relatifs à l'existence d'une base légale pour le prononcé d'une amende. La recourante affirmait que la répartition des compétences en droit pénal entre la Confédération et les cantons ne permettait pas au législateur genevois d'adopter l'art. 43 LGD/GE et, subsidiairement, que cette disposition était insuffisamment précise pour être appliquée telle quelle à son cas. Dès lors que la cour cantonale déniait à l'amende tout caractère pénal pour lui reconnaître une nature administrative, la question du partage de compétences en matière pénale devenait sans objet, ce qui peut implicitement être compris des considérants de l'arrêt attaqué. Il n'y a ainsi pas de violation du droit d'être entendu de ce point de vue. 8. Au fond, la recourante fait valoir qu'une base légale au prononcé de l'amende litigieuse fait défaut; celle-ci lui aurait donc été infligée en violation du principe de la légalité. Or, le prononcé d'une amende en vertu de l'art. 43 LGD/GE ne heurte pas le principe de la légalité. Cette disposition constitue précisément la base légale sur laquelle l'amende litigieuse est fondée. Il s'agit au contraire de savoir si, comme le soutient la recourante, une exception à l'application de cette base légale doit être retenue, question qui est examinée ci-dessous. 9. La recourante conteste en effet la distinction que la cour cantonale a faite entre les amendes pénales et administratives. Conformément à la jurisprudence de la CEDH, les but, nature et importance de la sanction démontreraient la nature pénale de l'amende litigieuse. La LPG/GE serait dès lors applicable et, par renvoi exprès, les dispositions de la partie générale du CP, en particulier l'<ref-law>, qui exclut qu'une entreprise puisse être punie d'une contravention. 9.1. Le droit pénal genevois est régi par la loi pénale du 17 novembre 2006 (LPG/GE; RS GE E 4 05). Cette loi est constituée d'une partie générale (art. 1 et 2 LPG/GE) et d'une partie spéciale (art. 3 à 11B LPG/GE) qui définit diverses infractions. L'art. 1 LPG/GE renvoie, sauf prescription contraire, à titre de droit cantonal supplétif, aux art. 1 à 110 CP ainsi qu'à certaines dispositions de la loi fédérale régissant la condition pénale des mineurs. La disposition ne précise toutefois pas si le renvoi est limité aux infractions de la LPG/GE ou si son champ d'application est plus étendu. Le chapitre VI de la LGD/GE traite des "mesures, sanctions, recouvrement des frais et recours". Dans la deuxième section de ce chapitre, intitulée "sanctions", qui fait suite à une section 1 "mesures administratives", l'art. 43 al. 1 LGD/GE prévoit qu'est passible d'une amende administrative de 200 à 400'000 fr. tout contrevenant aux dispositions légales et d'exécution de la LGD/GE. Depuis le 7 novembre 2012, l'art. 43 al. 2 LGD/GE précise que les amendes peuvent être infligées tant à des personnes morales qu'à des personnes physiques. Avant l'entrée en vigueur de cette disposition, rien n'était expressément prévu à l'égard des personnes morales. 9.2. La nature des amendes prévues par les lois administratives n'est pas clairement définie. Dans une jurisprudence ancienne, le Tribunal fédéral faisait la distinction entre les contraventions à but de sanction et les contraventions pour violations de simples prescriptions d'ordre. Il a considéré que les secondes, quand bien même elles étaient prévues par le code pénal lui-même, ne relevaient pas du droit pénal et que les dispositions générales du CP ne leur étaient donc pas applicables (<ref-ruling> consid. 3 p. 308). Une importante casuistique existe depuis en jurisprudence; elle laisse apparaître que la qualification de la nature d'une amende se fait inévitablement de cas en cas. Certaines sanctions prévues par le droit administratif appartiennent au droit disciplinaire (c'est-à-dire applicable à une catégorie définie de personnes soumises à une surveillance spéciale de l'Etat ou qui se trouvent dans un rapport de droit particulier avec l'Etat). Le droit disciplinaire ne relève pas du droit pénal (<ref-ruling> consid. 2.3 p. 319; <ref-ruling> consid. 2.3 p. 349), mais du droit administratif (1C_500/2012 du 7 décembre 2012 consid. 3.3). Les principes généraux qui régissent le droit pénal ne sauraient ainsi s'appliquer sans réserve en matière disciplinaire, à moins d'une base légale expresse en ce sens (arrêts 1C_353/2008 du 12 février 2009 consid. 2.2; 1P.652/2003 du 8 février 2005 consid. 6.1; cf. également Moor/Politer, Droit administratif, vol. II, 3e éd., 2011, p. 154; Tanquerel, Manuel de droit administratif, 2011, p. 410 no 1239). 9.3. En l'espèce, on peut se demander si, au vu du rapport de droit spécial créé en vue de l'activité particulière que constitue le recyclage de déchets minéraux, les sanctions applicables à la recourante ne sont pas en réalité du droit disciplinaire. Dans ce cas, il ne fait pas de doute que la solution retenue par la cour cantonale devrait être confirmée. Dès lors qu'elle touche également tout administré soumis à la loi en tant que citoyen susceptible de générer des déchets, la règle de l'art. 43 LGD/GE revêtirait alors une nature mixte (disciplinaire et non disciplinaire). Cela étant, la question de la qualification de la sanction peut demeurer indécise. En effet, à supposer qu'à cette sanction soit reconnue une nature pénale, la seule conséquence qui pourrait en être tirée serait que les garanties de procédure consacrées en la matière devraient dès lors être assurées. La recourante se réfère aux critères définis par la Cour européenne des droits de l'homme. Cette jurisprudence s'attache à déterminer quand les garanties de procédure offertes par la CEDH doivent être respectées. Quant à l'applicabilité de la partie générale du Code pénal suisse, s'agissant de règles ne ressortissant pas des droits fondamentaux, elle ne découle pas (nécessairement) de ces mêmes critères. Excepté le renvoi de l'art. 1 LPG/GE, aucun principe juridique ni aucune autre règle de droit n'imposerait de soustraire l'entreprise à l'amende pénale - pour autant que telle soit sa nature. A cet égard, les cantons sont libres de s'écarter du choix opéré par le législateur fédéral en droit pénal, dans les limites de leurs compétences et dans le respect du droit supérieur impératif. L'applicabilité de l'<ref-law> relève uniquement de l'interprétation du droit cantonal, en particulier de l'art. 1 LPG/GE. Il importe ainsi peu de déterminer si l'amende infligée à la recourante revêt une nature pénale ou administrative, puisque cela ne permet pas encore d'en inférer l'exclusion de la punissabilité d'une entreprise pour une contravention. La cour cantonale a jugé que la LPG/GE ne s'appliquait aux amendes prévues dans le droit administratif genevois que par analogie, en cas de lacune. La loi pénale genevoise renvoie certes expressément aux art. 1 à 110 CP, mais elle ne définit cependant pas son champ d'application. Elle ne précise pas si ce renvoi est applicable, outre aux infractions de la partie spéciale de la LPG/GE, aux sanctions prévues par d'autres actes légaux cantonaux. Aucun élément ne laisse présumer que tel devrait impérativement être le cas. Dans ces circonstances, la Chambre administrative n'a pas versé dans l'arbitraire en n'appliquant pas le renvoi de l'art. 1 LPG/GE à l'infraction prévue à l'art. 43 LGD/GE. Son interprétation du droit cantonal n'élude pas ni ne viole les garanties générales de procédure dont peut se prévaloir un justiciable encourant une amende. Certes, la modification de l'art. 43 al. 2 LGD/GE, qui précise désormais expressément que les entreprises sont punissables, peut laisser penser qu'il subsistait auparavant une lacune. Cela ne signifie pas pour autant que cette lacune devait être comblée dans le sens voulu par la recourante, et celle-ci ne le démontre pas. Les travaux préparatoires de la LGD/GE ne font référence à aucune exclusion de l'entreprise du champ d'application de l'art. 43 LGD/GE. Et ceux relatifs à la révision de l'al. 2 de cette disposition ne relèvent aucune intention de modification de fond. Il semble bien plus que le législateur ait eu pour souci de clarifier une situation qui pouvait jusqu'alors prêter à confusion. L'esprit de la règle applicable va par ailleurs dans le sens d'une telle interprétation. L'art. 43 LGD entend en effet sanctionner "tout contrevenant" à la loi ou à ses dispositions d'exécution. Il a pour but d'assurer la mise en oeuvre de règles légales, qui, pour la plupart, ne concernent que des personnes morales (notamment les chapitres III et IV); les exclure de son champ d'application viderait en grande partie la disposition de son sens. La fourchette des montants de l'amende montre également une intention de sanctionner tout type de contraventions aux règles légales, y compris celles à forte incidence sur la gestion cantonale des déchets; ces dernières, par la force des choses, seront le plus souvent le fait d'entreprises que de personnes physiques seules, ce qui parle aussi en faveur d'une punissabilité des personnes morales. En définitive, c'est sans arbitraire que la cour cantonale a reconnu qu'une amende pouvait être infligée à la recourante sous l'empire de l'art. 43 LGD/GE dans sa teneur en vigueur en 2011. 10. La recourante conteste la conformité au droit fédéral de l'art. 43 LGD/GE, que le législateur cantonal n'aurait pas eu compétence d'adopter en raison du partage strict des compétences en matière pénale et de droit de l'environnement; elle se réfère aux dispositions pénales de la loi fédérale sur la protection de l'environnement (LPE; RS 814.01), selon elle exhaustives, qui ne récriminent pas le comportement litigieux. Le canton n'aurait aucune compétence résiduelle pour prévoir d'autres infractions pénales en droit de l'environnement. 10.1. 10.1.1. En matière pénale, la compétence exclusive de la Confédération (art. 123 Cst.) laisse subsister celle des cantons pour les infractions au droit administratif et au droit de procédure cantonaux (<ref-law>). 10.1.2. En droit de l'environnement, auquel la gestion des déchets est rattachée, la Confédération dispose d'une compétence législative générale dotée d'un effet dérogatoire subséquent, les cantons ne pouvant légiférer que dans la mesure où la Confédération ne l'a pas exhaustivement fait (art. 74 al. 1 Cst.; cf. arrêt 1A.14/2006 du 18 août 2006 consid. 2.3 in DEP 2006 p. 815). Celle-ci a fait usage de cette compétence en promulguant la LPE, de sorte que le droit cantonal couvrant la même matière ou moins étendu a perdu toute signification propre. Le droit cantonal conserve toutefois tout son sens lorsqu'il complète les normes fédérales ou lorsque, dans la mesure où cela est autorisé, il les renforce (<ref-ruling> consid. 3a p. 595 et les références; arrêt 6B_87/2008 du 31 juillet 2008 consid. 3.2). L'art. 74 al. 3 Cst. précise que l'exécution des dispositions fédérales incombe aux cantons, sauf disposition contraire de la loi. L'<ref-law> reprend cette clause et charge les cantons d'exécuter la loi sur la protection de l'environnement, sous réserve des cas mentionnés à l'<ref-law> (désaccord dans le cadre de la planification intercantonale de gestion des déchets, <ref-law>; désignation de zones d'apport des déchets non urbains si celles-ci son peu nombreuses, <ref-law>), non pertinents en l'espèce. L'<ref-law> précise la compétence cantonale en matière de planification de la gestion de déchets et l'art. 46 ODT (ordonnance du 10 décembre 1990 sur le traitement des déchets; RS 814.01) charge les cantons de l'exécution de l'ordonnance à moins qu'elle ne soit confiée expressément à la Confédération. Les cantons doivent ainsi notamment définir les emplacements des installations de traitement des déchets (<ref-law> et 17 ODT). En exécution des dispositions fédérales, la LGD/GE règle la gestion de l'ensemble des déchets résultant d'activités déployées sur le territoire du canton ou éliminés à Genève, à l'exclusion des déchets radioactifs (art. 1 LGD/GE). L'art. 10 al. 1 LGD/GE proscrit l'élimination ou le dépôt des déchets hors des installations publiques ou privées autorisées par le département ou des emplacements aménagés à cet effet et désignés par voie de règlement. L'art. 43 LGD prévoit l'amende pour tout contrevenant à la LGD/GE (let. a), aux règlements et arrêtés édictés en vertu de cette loi (let. b), aux ordres donnés par l'autorité compétente dans les limites de ces lois, règlements et arrêtés (let. c). 10.1.3. Les cantons sont donc en charge de l'exécution des dispositions fédérales en matière de gestion des déchets. Une telle compétence s'accompagne notamment de la possibilité d'adopter les moyens de faire respecter les dispositions d'exécution. L'amende est à cet égard un outil adéquat pour assurer le respect de la norme matérielle elle-même (cf. HÄFLIN/MÜLLER/UHLMANN, Allgemeines Verwaltungsrecht, 6e éd. 2010, p. 269 n° 1171; MOOR/POLITER, op. cit., p. 154; POZO, Droit pénal - partie générale, 2008, p. 17 n° 41). Les cantons peuvent ainsi adopter leurs propres dispositions pénales en rapport avec leur législation d'exécution de la LPE, en particulier en matière de déchets ( ETTLER, Kommentar zum Umweltschutzgesetz - Vorbemerkungen zu Artikel 60-62, 2003, p. 27 n° 47). 10.2. L'amende prévue par le droit genevois sanctionne les comportements violant les règles applicables, en particulier, en l'espèce, le non-respect des prescriptions relatives aux emplacements de dépôt, à la séparation et aux volumes des déchets concernés. Cette réglementation est adoptée en exécution du droit fédéral relatif à la gestion et au traitement des déchets (<ref-law>; art. 17 ODT). Les dispositions violées par la recourante n'outrepassent pas les compétences cantonales en matière de gestion des déchets; la recourante ne le prétend au demeurant pas. L'amende litigieuse sanctionnant leur violation ne sort ainsi pas du cadre des compétences d'exécution conférées aux cantons par la LPE et satisfait au principe de la légalité, qu'on lui attribue un but réparateur ou punitif (cf. en ce sens HÄFLIN/MÜLLER/UHLMANN, op. cit., p. 263 n° 1144 et p. 270 n° 1178). 11. La recourante voit enco re une violation du principe de la légalité dans le fait que l'art. 43 LGD/GE serait insuffisamment précis. Contrairement à ce qu'elle prétend, le comportement incriminé est très bien défini, puisque la disposition vise le non-respect de la LGD/GE ou d'actes adoptés en exécution de cette loi. Ensuite, il importe que le montant de l'amende soit fixé selon des critères objectifs par l'autorité qui applique la loi. Tel est le cas en l'espèce, le jugement attaqué exposant de manière circonstanciée les motifs pour lesquels la quotité de l'amende pouvait être confirmée. 12. La recourante expose que la sanction pénale ne devrait être qu'une ultima ratio. En assortissant de conséquences pénales "n'importe quel comportement" contraire aux prescriptions légales, le législateur genevois aurait violé le principe de proportionnalité. Elle n'expose toutefois pas en quoi, dans le cas précis, le choix de l'amende comme sanction aux manquements à la réglementation serait excessif. Elle n'allègue pas qu'une sanction d'une autre nature permettrait d'atteindre le but poursuivi par le législateur. Insuffisamment motivé, son grief est irrecevable (<ref-law>; cf. consid. 3 ci-dessus) . 13. La recourante se plaint enfin d'arbitraire dans l'arrêt attaqué, au motif que ses offres de preuve ont été écartées et qu'il en découlerait plusieurs constatations fausses des faits. Ces éléments ont été examinés sous l'angle de la contestation des faits (consid. 5 ci-dessus) et de la violation du droit d'être entendu (consid. 6 ci-dessus). La recourante n'en tire rien de plus, de sorte que le grief tombe à faux. 14. Dans sa réplique, la recourante revient pour la première fois devant le Tribunal fédéral sur la quotité de l'amende qui lui a été infligée, sur l'exigence d'une faute, ainsi que sur le bien-fondé de la décision de remise en état. De jurisprudence constante, il est exclu que la recourante présente après la fin du délai de recours des conclusions et des griefs qu'elle pouvait déjà faire valoir dans son acte de recours (<ref-ruling> consid. 2.2; <ref-ruling> consid. 1.7; <ref-ruling> consid. 3.3.4). Ces griefs sont donc irrecevables. 15. Il résulte de ce qui précède que le recours doit être rejeté pour autant qu'il est recevable. Les frais de justice sont mis à la charge de la recourante, qui succombe (<ref-law>).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 2. Les frais judiciaires, fixés à 3'000 fr., sont mis à la charge de la recourante. 3. Le présent arrêt est communiqué au mandataire de la recourante, au Département de l'intérieur, de la mobilité et de l'environnement de la République et canton de Genève et à la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre administrative. Lausanne, le 14 janvier 2014 Au nom de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président: Fonjallaz La Greffière: Sidi-Ali
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2,005
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Sachverhalt: Sachverhalt: A. A.a Das Verwaltungsgericht des Kantons Graubünden gelangte im Rekursverfahren A 02 58 anlässlich einer ersten Beratung am 12. Dezember 2002 zum Schluss, dass die Erhebung der Kulturlandverminderungsabgabe nach Art. 50bis des Meliorationsgesetzes des Kantons Graubünden vom 5. April 1981 verfassungs- und bundesrechtswidrig sei. Im Wesentlichen begründete es seine von der bisherigen Praxis abweichende Auffassung damit, dass keine Pflicht der Grundeigentümer bestehe, ausgeschiedenes Bauland dauernd für die landwirtschaftliche Nutzung zur Verfügung zu stellen, weshalb die Voraussetzungen zur Erhebung einer Ersatzabgabe nicht erfüllt seien. Mit Schreiben vom 13. Dezember 2002 gab das Verwaltungsgericht den Parteien des Rekursverfahrens A 02 58 Gelegenheit, sich zu seiner Auffassung zu äussern. Mit Urteil vom 17. Juni 2003 (mitgeteilt am 10. Juli 2003) erkannte das Verwaltungsgericht im betreffenden Rekursverfahren, dass die Kulturlandverminderungsabgabe verfassungs- und bundesrechtswidrig sei und weder als Ersatzabgabe noch als Zwecksteuer erhoben werden könne. Das Bundesgericht trat auf eine dagegen erhobene staatsrechtliche Beschwerde am 23. September 2003 nicht ein. A.b Mit Verfügung vom 20. Mai 2003 erhob das Amt für Landwirtschaft, Strukturverbesserungen und Vermessung des Kantons Graubünden (ALSV) gegenüber der Bürgergemeinde Chur einen Ausgleichsbeitrag für Kulturlandverminderung in der Höhe von Fr. 119'078.40. Diese Verfügung wuchs unangefochten in Rechtskraft. Die Abgabe wurde von der X._ AG bezahlt, da diese sich in einem Baurechtsvertrag dazu verpflichtet hatte. Als die X._ AG vom Urteil A 02 58 des Verwaltungsgerichts vom 17. Juni 2003 Kenntnis erhielt, ersuchte sie um Wiedererwägung der Veranlagungsverfügung und um Rückerstattung der Abgabe. Mit Verfügung vom 3. März 2004 trat das ALSV auf das Gesuch nicht ein. Dagegen erhob die X._ AG Rekurs, welchen das Verwaltungsgericht mit Urteil vom 3. September 2004 abwies. Als die X._ AG vom Urteil A 02 58 des Verwaltungsgerichts vom 17. Juni 2003 Kenntnis erhielt, ersuchte sie um Wiedererwägung der Veranlagungsverfügung und um Rückerstattung der Abgabe. Mit Verfügung vom 3. März 2004 trat das ALSV auf das Gesuch nicht ein. Dagegen erhob die X._ AG Rekurs, welchen das Verwaltungsgericht mit Urteil vom 3. September 2004 abwies. B. Die X._ AG hat gegen das Urteil des Verwaltungsgerichts vom 3. September 2004 wegen Verletzung von Art. 5 Abs. 3, Art. 9, Art. 26 und <ref-law> staatsrechtliche Beschwerde erhoben. Sie beantragt, das angefochtene Urteil sei aufzuheben und die Sache zur neuen Beurteilung an das Verwaltungsgericht zurückzuweisen. B. Die X._ AG hat gegen das Urteil des Verwaltungsgerichts vom 3. September 2004 wegen Verletzung von Art. 5 Abs. 3, Art. 9, Art. 26 und <ref-law> staatsrechtliche Beschwerde erhoben. Sie beantragt, das angefochtene Urteil sei aufzuheben und die Sache zur neuen Beurteilung an das Verwaltungsgericht zurückzuweisen. C. Das ALSV beantragt, es sei die Bundesrechtskonformität von Art. 50bis des Meliorationsgesetzes festzustellen, und es sei die staatsrechtliche Beschwerde abzuweisen. Das Verwaltungsgericht beantragt ebenfalls die Abweisung der staatsrechtlichen Beschwerde, soweit darauf eingetreten werde. Die Beschwerdeführerin hat repliziert.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. 1.1 Die Sachurteilsvoraussetzungen der staatsrechtlichen Beschwerde sind grundsätzlich erfüllt und geben zu keinen Bemerkungen Anlass. Auf die Beschwerde ist somit einzutreten. 1.2 Das ALSV beantragt, es sei die Bundesrechtskonformität von Art. 50bis des Meliorationsgesetzes festzustellen. Dieses Begehren geht über den Streitgegenstand des vorliegenden Verfahrens hinaus und ist daher unzulässig. 1.2 Das ALSV beantragt, es sei die Bundesrechtskonformität von Art. 50bis des Meliorationsgesetzes festzustellen. Dieses Begehren geht über den Streitgegenstand des vorliegenden Verfahrens hinaus und ist daher unzulässig. 2. 2.1 Als erstes rügt die Beschwerdeführerin eine Verletzung des Anspruchs auf rechtliches Gehör (<ref-law>). Das Verwaltungsgericht sei nicht auf alle in der Rekursschrift vorgebrachten Einwände eingegangen und habe seinen Entscheid zu wenig begründet. Insbesondere habe es sich nicht mit den in den Ziffern 3 und 5 der Rekursschrift enthaltenen Vorwürfen auseinandergesetzt. 2.2 Der Anspruch auf rechtliches Gehör ist formeller Natur. Die Verletzung des rechtlichen Gehörs führt ungeachtet der Erfolgsaussichten der Beschwerde in der Sache selbst grundsätzlich zur Aufhebung des angefochtenen Entscheids. Die gerügte Verletzung des rechtlichen Gehörs ist daher vorweg zu prüfen (<ref-ruling> E. 2d/bb S. 24; <ref-ruling> E. 3 S. 118). 2.3 Der Umfang des Gehörsanspruchs bestimmt sich in erster Linie nach den kantonalen Verfahrensvorschriften. Wo sich dieser kantonale Rechtsschutz als ungenügend erweist, greifen die unmittelbar aus <ref-law> fliessenden bundesrechtlichen Minimalgarantien zur Sicherung des rechtlichen Gehörs Platz. Deren Anwendung prüft das Bundesgericht mit freier Kognition (<ref-ruling> E. 2a S. 21 f., 15 E. 2a S. 16). Die Beschwerdeführerin macht mit ihrer Beschwerde nicht geltend, eine Norm des kantonalen Rechts verpflichte die Behörde zu einer einlässlicheren Begründung ihres Entscheids, als dies <ref-law> gebiete. Bei dieser Sachlage ist der angefochtene Entscheid einzig vor dem Hintergrund von <ref-law> zu prüfen. 2.4 Der Grundsatz des rechtlichen Gehörs als persönlichkeitsbezogenes Mitwirkungsrecht verlangt, dass die Behörde die Vorbringen des vom Entscheid in seiner Rechtsstellung Betroffenen auch tatsächlich hört, sorgfältig und ernsthaft prüft und in der Entscheidfindung berücksichtigt. Daraus folgt die grundsätzliche Pflicht der Behörden, ihren Entscheid zu begründen. Der Bürger soll wissen, warum die Behörde entgegen seinem Antrag entschieden hat. Die Begründung eines Entscheids muss deshalb so abgefasst sein, dass der Betroffene ihn gegebenenfalls sachgerecht anfechten kann. Dies ist nur möglich, wenn sowohl er wie auch die Rechtsmittelinstanz sich über die Tragweite des Entscheides ein Bild machen können. In diesem Sinne müssen wenigstens kurz die Überlegungen genannt werden, von denen sich die Behörde leiten liess und auf welche sich ihr Entscheid stützt (<ref-ruling> E. 2b S. 102, mit Hinweisen). Insbesondere bedeutet dies nicht, dass sich die Behörde ausdrücklich mit jeder tatbeständlichen Behauptung und jedem rechtlichen Einwand auseinander setzen muss. Vielmehr kann sie sich auf die für den Entscheid wesentlichen Gesichtspunkte beschränken (<ref-ruling> E. 2b S. 110, mit Hinweisen). An die Begründungspflicht dürfen von Verfassungs wegen keine hohen Anforderungen gestellt werden (<ref-ruling> E. 2d S. 241 f.). Die verfassungsmässige Begründungsdichte ist zudem abhängig von der Eingriffsidentität. Je stärker ein Entscheid in die individuellen Rechte eingreift, desto höhere Anforderungen sind an die Begründung eines Entscheids zu stellen (<ref-ruling> E. 2b S. 110, mit Hinweisen). 2.5 Im Einzelnen wirft die Beschwerdeführerin dem Verwaltungsgericht vor, sich nicht mit ihrem Vorbringen, bei einem stossenden, dem Gerechtigkeitsgefühl stark zuwiderlaufenden Ergebnis müsse ein Urteil revidiert werden, auseinander gesetzt zu haben. Das Verwaltungsgericht erwog, sein an die Parteien des Rekursverfahrens A 02 58 gerichtetes Schreiben vom 13. Dezember 2002, in dem diese aufgefordert wurden, sich zur Auffassung des Gerichts über die Rechtswidrigkeit der Kulturlandverminderungsabgabe zu äussern, stelle keine neue Tatsache bzw. kein neues Beweismittel im Sinne eines Revisionsgrundes nach <ref-law>/GR dar. Dieses Schreiben hätte nach den Ausführungen des Verwaltungsgerichts an dem zu beurteilenden Sachverhalt nichts geändert, sondern nur zu einer anderen rechtlichen Würdigung führen können. Deshalb könne darin entgegen der Auffassung der Beschwerdeführerin kein Revisionsgrund im Sinne einer neuen Tatsache oder eines neuen Beweismittels erblickt werden. Fraglich sei lediglich, ob der Revisionsgrund von <ref-law>/GR vorliege. Nach dieser Bestimmung würden rechtskräftige Entscheide revidiert, wenn die Behörde eine wesentliche Verfahrensvorschrift verletzt habe, und der Betroffene den Mangel nicht vor Ausfällung des Entscheids habe geltend machen können. Die weiteren Ausführungen im angefochtenen Entscheid betreffen die Frage, ob das ALSV den Grundsatz von Treu und Glauben als wesentliche Verfahrensvorschrift im Sinne von <ref-law>/GR verletzte, indem es der Beschwerdeführerin keine Kenntnis vom Inhalt des erwähnten Schreibens des Verwaltungsgerichts gab resp. mit dem Erlass weiterer Veranlagungsverfügungen nicht bis zur Eröffnung des Verwaltungsgerichtsurteils im Verfahren A 02 58 zuwartete. Das Verwaltungsgericht hat somit geprüft, ob die Voraussetzungen eines Revisionsgrundes nach kantonalem Verwaltungsverfahrensrecht gegeben sind. Zwar ging das Verwaltungsgericht nicht ausdrücklich auf das Vorbringen der Beschwerdeführerin ein, ein krass stossendes Ergebnis in der Sache stelle ausnahmsweise einen Revisionsgrund dar (Rekursschrift, Ziff. 3 und 5). Dies ist denn aber auch nicht erforderlich, da das Verwaltungsgericht nicht auf alle Einwände der Beschwerdeführerin einzugehen brauchte, sondern sich auf die seiner Ansicht nach wesentlichen Argumente beschränken durfte. Der Vorwurf, die Urteilsbegründung sei "standardisiert", trifft nicht zu. Die Beschwerdeführerin ist hinreichend deutlich in Kenntnis darüber gesetzt worden, dass das Verwaltungsgericht das Vorliegen eines Revisionsgrundes verneint. Es ist ihr daher ohne weiteres möglich, den Entscheid des Verwaltungsgerichts anzufechten. Eine Verletzung des Anspruchs auf rechtliches Gehör liegt somit nicht vor, weshalb sich die staatsrechtliche Beschwerde in diesem Punkt als unbegründet erweist. Das Verwaltungsgericht hat somit geprüft, ob die Voraussetzungen eines Revisionsgrundes nach kantonalem Verwaltungsverfahrensrecht gegeben sind. Zwar ging das Verwaltungsgericht nicht ausdrücklich auf das Vorbringen der Beschwerdeführerin ein, ein krass stossendes Ergebnis in der Sache stelle ausnahmsweise einen Revisionsgrund dar (Rekursschrift, Ziff. 3 und 5). Dies ist denn aber auch nicht erforderlich, da das Verwaltungsgericht nicht auf alle Einwände der Beschwerdeführerin einzugehen brauchte, sondern sich auf die seiner Ansicht nach wesentlichen Argumente beschränken durfte. Der Vorwurf, die Urteilsbegründung sei "standardisiert", trifft nicht zu. Die Beschwerdeführerin ist hinreichend deutlich in Kenntnis darüber gesetzt worden, dass das Verwaltungsgericht das Vorliegen eines Revisionsgrundes verneint. Es ist ihr daher ohne weiteres möglich, den Entscheid des Verwaltungsgerichts anzufechten. Eine Verletzung des Anspruchs auf rechtliches Gehör liegt somit nicht vor, weshalb sich die staatsrechtliche Beschwerde in diesem Punkt als unbegründet erweist. 3. 3.1 Weiter rügt die Beschwerdeführerin eine willkürliche Auslegung des Begriffs "Tatsachen". Nach ihrer Auffassung stellt das Schreiben des Verwaltungsgerichts an die Rekursparteien eine aktenkundige Tatsache dar, weshalb der Revisionsgrund von <ref-law>/GR (recte: <ref-law>/GR) erfüllt sei. 3.2 Die Beschwerdeführerin übersieht, dass das Verwaltungsgericht nicht den Revisionsgrund von <ref-law>/GR (Übersehen aktenkundiger Tatsachen), sondern den Revisionsgrund von <ref-law>/GR (nachträgliche Entdeckung von Tatsachen) geprüft hat. Soweit sie trotzdem eine willkürliche Anwendung von <ref-law>/GR rügt, handelt es sich dabei um ein unzulässiges Novum (<ref-ruling> E. 3 S. 57; <ref-ruling> E. 1 S. 408). Mit dieser Rüge ist die Beschwerdeführerin nicht zu hören. Soweit der Beschwerdeführerin allerdings ein Versehen unterlaufen ist und sie im Grunde die willkürliche Anwendung von <ref-law>/GR rügt, ist auf die Beschwerde einzutreten. 3.3 <ref-law> gewährleistet den Anspruch darauf, von den staatlichen Behörden ohne Willkür behandelt zu werden. Willkürlich ist ein Entscheid, wenn er offensichtlich unhaltbar ist, insbesondere mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch steht, eine Norm oder einen unumstrittenen Rechtsgrundsatz krass verletzt oder in stossender Weise dem Gerechtigkeitsgedanken zuwiderläuft (<ref-ruling> E. 2.1 S. 9, 49 E. 4 S. 58, je mit Hinweisen). 3.4 Das Verwaltungsgericht stellte sich auf den Standpunkt, die Kenntnisnahme vom Urteil im Rekursverfahren A 02 58 hätte zu einer anderen rechtlichen Beurteilung ein und desselben Sachverhalts geführt. Dies stelle keinen Revisionsgrund im Sinne einer neuen Tatsache oder eines neuen Beweismittels dar, weshalb der Revisionsgrund von <ref-law>/GR nicht erfüllt sei. Wie sich aus dem Wortlaut von <ref-law>/GR ergibt, revidiert die Behörde, die zuletzt entschieden hat, einen rechtskräftigen Entscheid, wenn "der Betroffene nachträglich erhebliche Tatsachen oder Beweismittel entdeckt, deren rechtzeitige Beibringung ihm nicht möglich war". Daraus erhellt, dass der Revisionsgrund von <ref-law>/GR nur vorliegt, wenn der Sachverhalt in Ermangelung aller entscheidrelevanter Tatsachen falsch gewürdigt wurde. Demgegenüber fällt die unrichtige Beurteilung von Rechtsfragen nicht unter <ref-law>/GR. Der Inhalt des Schreibens des Verwaltungsgerichts an die Rekursparteien betraf die Frage, ob Art. 50bis des Meliorationsgesetzes über die Kulturlandverminderungsabgabe gegen Bundesrecht verstösst. Ob dies zutrifft, ist nicht eine Frage der tatsächlichen, sondern der rechtlichen Würdigung des Sachverhalts. Als Rechtsfrage kann dies kein Revisionsgrund sein. Analog entschied das Verwaltungsgericht im Zusammenhang mit Wiedererwägungsgesuchen, wenn aktenkundige erhebliche Tatsachen aus Versehen gar nicht oder auf irrtümliche Weise gewürdigt wurden. Es erwog, dass die Anwendung von Rechtssätzen auf den Sachverhalt kein Revisionsgrund bilde und somit auch nicht als Wiedererwägungsgesuch behandelt werden könne (Praxis des Verwaltungsgerichtes des Kantons Graubünden (PVG) 1993 Nr. 82; ferner PVG 1980 Nr. 94). Auch nach Art. 66 Abs. 2 lit. a des Bundesgesetzes über das Verwaltungsverfahren vom 20. Dezember 1968 (VwVG; SR 172.021) betrifft der Revisionsgrund neuer erheblicher Tatsachen oder Beweismittel nur die tatsächliche Unrichtigkeit der Verfügung (vgl. Alfred Kölz/Isabelle Häner, Verwaltungsverfahren und Verwaltungsrechtspflege des Bundes, 2. Aufl., Zürich 1998, N. 429; René Rhinow/Heinrich Koller/Christina Kiss, Öffentliches Prozessrecht und Justizverfassungsrecht des Bundes, Basel 1996, N. 1432). Das Verwaltungsgericht verfiel somit nicht in Willkür, wenn es das Vorliegen des Revisionsgrundes von <ref-law>/GR verneinte. Wie sich aus dem Wortlaut von <ref-law>/GR ergibt, revidiert die Behörde, die zuletzt entschieden hat, einen rechtskräftigen Entscheid, wenn "der Betroffene nachträglich erhebliche Tatsachen oder Beweismittel entdeckt, deren rechtzeitige Beibringung ihm nicht möglich war". Daraus erhellt, dass der Revisionsgrund von <ref-law>/GR nur vorliegt, wenn der Sachverhalt in Ermangelung aller entscheidrelevanter Tatsachen falsch gewürdigt wurde. Demgegenüber fällt die unrichtige Beurteilung von Rechtsfragen nicht unter <ref-law>/GR. Der Inhalt des Schreibens des Verwaltungsgerichts an die Rekursparteien betraf die Frage, ob Art. 50bis des Meliorationsgesetzes über die Kulturlandverminderungsabgabe gegen Bundesrecht verstösst. Ob dies zutrifft, ist nicht eine Frage der tatsächlichen, sondern der rechtlichen Würdigung des Sachverhalts. Als Rechtsfrage kann dies kein Revisionsgrund sein. Analog entschied das Verwaltungsgericht im Zusammenhang mit Wiedererwägungsgesuchen, wenn aktenkundige erhebliche Tatsachen aus Versehen gar nicht oder auf irrtümliche Weise gewürdigt wurden. Es erwog, dass die Anwendung von Rechtssätzen auf den Sachverhalt kein Revisionsgrund bilde und somit auch nicht als Wiedererwägungsgesuch behandelt werden könne (Praxis des Verwaltungsgerichtes des Kantons Graubünden (PVG) 1993 Nr. 82; ferner PVG 1980 Nr. 94). Auch nach Art. 66 Abs. 2 lit. a des Bundesgesetzes über das Verwaltungsverfahren vom 20. Dezember 1968 (VwVG; SR 172.021) betrifft der Revisionsgrund neuer erheblicher Tatsachen oder Beweismittel nur die tatsächliche Unrichtigkeit der Verfügung (vgl. Alfred Kölz/Isabelle Häner, Verwaltungsverfahren und Verwaltungsrechtspflege des Bundes, 2. Aufl., Zürich 1998, N. 429; René Rhinow/Heinrich Koller/Christina Kiss, Öffentliches Prozessrecht und Justizverfassungsrecht des Bundes, Basel 1996, N. 1432). Das Verwaltungsgericht verfiel somit nicht in Willkür, wenn es das Vorliegen des Revisionsgrundes von <ref-law>/GR verneinte. 4. 4.1 Sodann macht die Beschwerdeführerin einen Verstoss gegen Treu und Glauben (Art. 5 Abs. 3, <ref-law>) geltend. Das ALSV habe gewusst, dass eine Änderung der Gerichtspraxis bevorstehe. Trotzdem habe es weitere Veranlagungen vorgenommen und ihr von der Praxisänderung nichts gesagt. Da sie auf die bisherige Praxis vertraut habe, habe sie die Veranlagungsverfügung nicht angefochten. Das angefochtene Urteil des Verwaltungsgerichts verletze auch das Willkürverbot (<ref-law>), weil es dem Gerechtigkeitsgefühl zuwiderlaufe. 4.2 Der Anspruch auf Behandlung nach Treu und Glauben umfasst einerseits den Vertrauensschutz und andererseits das Verbot des Rechtsmissbrauchs (Christoph Rohner, in: Bernhard Ehrenzeller/Philippe Mastronardi/Rainer J. Schweizer/Klaus A. Vallender, Die schweizerische Bundesverfassung - Kommentar, Zürich 2002, N. 45 zu Art. 9). Der Vertrauensschutz wurde vormals aus Art. 4 aBV abgeleitet und ist nunmehr in seiner spezifisch grundrechtlichen Ausprägung (vgl. Botschaft des Bundesrates über eine neue Bundesverfassung vom 20. November 1996, BBl 1997 I 134) in <ref-law> verankert. Wie das Bundesgericht konkretisiert hat, verleiht der in <ref-law> enthaltene Grundsatz von Treu und Glauben Anspruch auf Schutz des berechtigten Vertrauens in behördliche Zusicherungen oder sonstiges, bestimmte Erwartungen begründendes Verhalten der Behörden (<ref-ruling> E. 3a S. 387; <ref-ruling> E. 3b/cc S. 123, je mit Hinweisen). Das Rechtsmissbrauchsverbot hängt dagegen näher mit der behördlichen Pflicht zu einem Verhalten nach Treu und Glauben im Allgemeinen (<ref-law>) zusammen (Rohner, a.a.O., N. 57 zu <ref-law>; Beatrice Weber-Dürler, Neuere Entwicklung des Vertrauensschutzes, in: ZBl 103/2002 S. 282 f.). Rechtsmissbräuchliches Handeln der Behörde, das mit dem Vertrauensschutz nichts zu tun hat, weil die Behörde beim Privaten keine sein Verhalten beeinflussenden Erwartungen begründete, kann daher nur <ref-law> zugeordnet werden (Weber-Dürler, a.a.O., S. 283; Ulrich Häfelin/Georg Müller, Allgemeines Verwaltungsrecht, 4. Aufl., Zürich 2002, N. 708; René Rhinow, Grundzüge des schweizerischen Verfassungsrechts, Basel 2003, N. 1796). Das Rechtsmissbrauchsverbot nach <ref-law> stellt kein verfassungsmässiges Recht der Bürger dar, das selbständig geltend gemacht werden kann. Vielmehr handelt es sich um einen allgemeinen Rechtsgrundsatz, der seine Geltung unmittelbar auf die Verfassung stützt und als grundlegende Schranke der Rechtsausübung und -anwendung dient (Botschaft, a.a.O., BBl 1997 I 134; Rhinow, a.a.O., N. 1796; Pierre Tschannen/Ulrich Zimmerli, Allgemeines Verwaltungsrecht, 2. Aufl., Bern 2005, § 22 Rz. 1 und 23; Ulrich Häfelin/Walter Haller, Schweizerisches Bundesstaatsrecht, 5. Aufl., Zürich 2001, N. 824; anderer Ansicht offenbar Yvo Hangartner, in: Ehrenzeller/Mastronardi/Schweizer/Vallender, a.a.O., N. 37 ff. zu Art. 5). Im Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde kann das Rechtsmissbrauchsverbot nach <ref-law> nur über das Willkürverbot geltend gemacht werden (Weber-Dürler, a.a.O., S. 284; vgl. auch <ref-ruling> E. 3 S. 333 f.). 4.3 Die Beschwerdeführerin beruft sich auf ihr Vertrauen in die ihr bekannte frühere Gerichtspraxis, weshalb sie die Veranlagungsverfügung nicht angefochten habe. Anders als bei Verfahrensfragen gibt es gegen Änderungen der materiellrechtlichen Praxis keinen allgemeinen Vertrauensschutz. Vielmehr bedarf es zusätzlich einer behördlichen Zusicherung oder eines sonstige, bestimmte Erwartungen begründenden Verhaltens der Behörden gegenüber dem Privaten, damit er aus dem Grundsatz von Treu und Glauben einen Anspruch ableiten kann (<ref-ruling> E. 5b S. 170; <ref-ruling> E. 4 S. 202, je mit Hinweisen; kritisch gegenüber dieser Rechtsprechung allerdings Weber-Dürler, a.a.O., S. 305). Die Beschwerdeführerin macht nicht geltend, und es ist nicht ersichtlich, dass das ALSV eine besondere Vertrauensgrundlage schuf, auf welche die Beschwerdeführerin hätte vertrauen dürfen. Der Vertrauensschutz (<ref-law>) kommt daher nicht zum Tragen. 4.4 Vorliegend ist nur zu prüfen, ob die kantonalen Behörden gegen das Rechtsmissbrauchsverbot (<ref-law>) verstossen haben. Dabei geht es um die Frage, ob das Rechtsmissbrauchsverbot als Grundsatz des kantonalen Verwaltungsverfahrensrechts verletzt ist. Die Beschwerdeführerin macht implizit geltend, das ALSV hätte die Abgabepflichtigen über die angekündigte Änderung der Gerichtspraxis aufklären müssen. Es stellt sich somit die Frage, ob das ALSV seine Befugnis zur Steuerveranlagung treuwidrig ausübte. Treuwidriges Verhalten könnte dem ALSV vorgeworfen werden, wenn eine Pflicht zur Orientierung über die Änderung der Gerichtspraxis bestand. Die Rechtsprechung hat aus dem Grundsatz von Treu und Glauben eine Pflicht der Verwaltungsbehörden abgeleitet, den Privaten von Amtes wegen zu informieren, wenn dieser sich anschickt, einen Verfahrensfehler zu begehen. Voraussetzung der Aufklärungspflicht ist allerdings, dass es sich um einen offensichtlichen Fehler handelt und dieser rechtzeitig behoben werden kann (<ref-ruling> E. 4a S. 270; <ref-ruling> E. 3c S. 188; <ref-ruling> E. 5b S. 19; <ref-ruling> E. 2 S. 22 f., je mit Hinweisen; ferner Jean-François Egli, La protection de la bonne foi dans le procès, in: Verfassungsrechtsprechung und Verwaltungsrechtsprechung, Sammlung von Beiträgen veröffentlicht von der I. öffentlichrechtlichen Abteilung des schweizerischen Bundesgerichts, Zürich 1992, S. 228 f.). Ist die Behörde über die konkrete Rechtslage indessen selbst im Unklaren, ist sie nicht verpflichtet, die Rechtsunterworfenen über die Unsicherheit der Rechtslage zu informieren (BGE <ref-ruling> E. 5b S. 19). In dieser Situation befand sich das ALSV im zur Diskussion stehenden Veranlagungsverfahren. Das Amt wusste im Zeitpunkt der Veranlagung am 20. Mai 2003 noch nicht, wie das Verwaltungsgericht im Rekursverfahren A 02 58 entscheiden wird. Es stand damals noch offen, ob das Verwaltungsgericht dem Standpunkt des ALSV, dass es sich bei der Abgabe um eine Zwecksteuer handelt, folgen werde. Das Verwaltungsgericht durfte daher ohne Willkür davon ausgehen, dass aus dem Grundsatz von Treu und Glauben im Verwaltungsverfahren nicht abgeleitet werden kann, das ALSV sei zur Informierung der Abgabepflichtigen über die angekündigte Änderung der Gerichtspraxis verpflichtet gewesen. Ebenso wenig war das ALSV gehalten, keine weiteren Veranlagungen vorzunehmen. Anders entscheiden würde bedeuten, dass jedes Mal, wenn ein Gericht eine Praxisänderung ankündigt, die Behörden die Anwendung der betroffenen Gesetze sistieren müssten. Der Vorwurf des Rechtsmissbrauchs resp. der Verletzung des Willkürverbots erweist sich insoweit als unbegründet. Soweit die Beschwerdeführerin eine Verletzung des Willkürverbots noch aus anderen Gründen denn als Verstoss gegen Treu und Glauben rügt, ist ihre Beschwerde unzureichend begründet (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG; <ref-ruling> E. 1.3 S. 262, mit Hinweisen). In dieser Situation befand sich das ALSV im zur Diskussion stehenden Veranlagungsverfahren. Das Amt wusste im Zeitpunkt der Veranlagung am 20. Mai 2003 noch nicht, wie das Verwaltungsgericht im Rekursverfahren A 02 58 entscheiden wird. Es stand damals noch offen, ob das Verwaltungsgericht dem Standpunkt des ALSV, dass es sich bei der Abgabe um eine Zwecksteuer handelt, folgen werde. Das Verwaltungsgericht durfte daher ohne Willkür davon ausgehen, dass aus dem Grundsatz von Treu und Glauben im Verwaltungsverfahren nicht abgeleitet werden kann, das ALSV sei zur Informierung der Abgabepflichtigen über die angekündigte Änderung der Gerichtspraxis verpflichtet gewesen. Ebenso wenig war das ALSV gehalten, keine weiteren Veranlagungen vorzunehmen. Anders entscheiden würde bedeuten, dass jedes Mal, wenn ein Gericht eine Praxisänderung ankündigt, die Behörden die Anwendung der betroffenen Gesetze sistieren müssten. Der Vorwurf des Rechtsmissbrauchs resp. der Verletzung des Willkürverbots erweist sich insoweit als unbegründet. Soweit die Beschwerdeführerin eine Verletzung des Willkürverbots noch aus anderen Gründen denn als Verstoss gegen Treu und Glauben rügt, ist ihre Beschwerde unzureichend begründet (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG; <ref-ruling> E. 1.3 S. 262, mit Hinweisen). 5. Schliesslich rügt die Beschwerdeführerin eine Verletzung der Eigentumsgarantie (<ref-law>). Vor dem Verwaltungsgericht hat sie sich auf dieses Grundrecht nicht berufen, weshalb dieses Vorbringen ein unzulässiges Novum darstellt (<ref-ruling> E. 3 S. 57; <ref-ruling> E. 1 S. 408). Die Beschwerdeführerin ist mit dieser Rüge deshalb nicht zu hören. 5. Schliesslich rügt die Beschwerdeführerin eine Verletzung der Eigentumsgarantie (<ref-law>). Vor dem Verwaltungsgericht hat sie sich auf dieses Grundrecht nicht berufen, weshalb dieses Vorbringen ein unzulässiges Novum darstellt (<ref-ruling> E. 3 S. 57; <ref-ruling> E. 1 S. 408). Die Beschwerdeführerin ist mit dieser Rüge deshalb nicht zu hören. 6. Nach dem Gesagten hält der angefochtene Entscheid vor der Verfassung stand. Die staatsrechtliche Beschwerde erweist sich als unbegründet, soweit darauf einzutreten ist. Ausgangsgemäss hat die Beschwerdeführerin die Gerichtskosten zu tragen (Art. 156 Abs. 1 OG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die staatsrechtliche Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 1. Die staatsrechtliche Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 3'000.-- wird der Beschwerdeführerin auferlegt. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 3'000.-- wird der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird der Beschwerdeführerin, dem Amt für Landwirtschaft, Strukturverbesserungen und Vermessung Graubünden und dem Verwaltungsgericht des Kantons Graubünden, 3. Kammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 7. April 2005 Im Namen der I. öffentlichrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin:
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2,015
de
Sachverhalt: A. Die im Handelsregister nicht verzeichnete Kollektivgesellschaft A._ und Partner war seit 1. Juli 1997 im Register der Mehrwertsteuerpflichtigen eingetragen. Im Rahmen einer Sachübernahme ging sie später in die am 1. Juli 2013 gegründete A._ und Partner AG über. Deren Sitz befindet sich in U._/LU. B. Am 1./2. September 2008 führte die Eidgenössische Steuerverwaltung (ESTV) bei der Kollektivgesellschaft eine Kontrolle betreffend die Steuerperioden vom 1. Quartal 2003 bis 2. Quartal 2008 durch. Dabei stellte die ESTV fest, dass über Management-Dienstleistungen, die in ihrer Einschätzung von der Kollektivgesellschaft ausgegangen waren, mit der ESTV nicht abgerechnet worden war. Mit Ergänzungsabrechnung Nr. 105'990 vom 10. September 2008 belastete die ESTV Mehrwertsteuern im Betrag von Fr. 2'913.-- zuzüglich Verzugszins nach. Die Kollektivgesellschaft bezahlte am 26. Oktober 2008 den nachgeforderten Betrag von Fr. 2'913.--, dies aber unter Vorbehalt. Aufgrund der Bestreitung erliess die ESTV am 24. August 2009 eine einsprachefähige Verfügung, worin sie die Nachbelastung bestätigte. Zur Begründung führte sie sinngemäss an, die Kollektivgesellschaft habe in den Jahren 2007 und 2008 Dienstleistungen zugunsten mehrerer Gesellschaften mit beschränkter Haftung erbracht. In der Folge habe auch sie, die Kollektivgesellschaft, den Auftraggeberinnen die Geschäftsführungshonorare in Rechnung gestellt, darüber mit der ESTV aber nicht abgerechnet. Daran hielt die ESTV mit Einspracheentscheid vom 7. Juni 2013 fest. C. Die Kollektivgesellschaft erhob dagegen Beschwerde an das Bundesverwaltungsgericht, welches diese mit Urteil A-3931 vom 15. Juli 2014 abwies, soweit es darauf eintrat. D. Mit Eingabe vom 18. August 2014 erhebt die A._ und Partner AG (als Rechtsnachfolgerin der A._ und Partner, Kollektivgesellschaft; nachfolgend: die Steuerpflichtige) beim Bundesgericht Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten. Sie beantragt, das Urteil des Bundesverwaltungsgerichts vom 15. Juli 2014 sei aufzuheben und die ESTV habe den Betrag von Fr. 2'913.-- zurückzubezahlen. Ihrer Argumentation zufolge sind die Dienstleistungen richtigerweise dem Rechtsanwalt und Kollektivgesellschafter B._ zuzuordnen. Die ESTV beantragt, der Entscheid des Bundesverwaltungsgerichts sei aufzuheben und die Sache sei zur Neubeurteilung an sie, die ESTV, zurückzuweisen. Eventualiter sei die Beschwerde abzuweisen und das angefochtene Urteil zu bestätigen. Die Kollektivgesellschaft hält mit unaufgeforderter Stellungnahme vom 3. November 2014 an ihren Anträgen fest.
Erwägungen: 1. 1.1. Das Bundesgericht prüft seine Zuständigkeit und die weiteren Eintretensvoraussetzungen von Amtes wegen (Art. 29 Abs. 1 BGG; SR 173.110) und mit freier Kognition (Art. 95 lit. a BGG; <ref-ruling> E. 1 S. 92; <ref-ruling> E. 4 S. 26). 1.2. 1.2.1. Beim angefochtenen Urteil handelt es sich um einen verfahrensabschliessenden Entscheid des Bundesverwaltungsgerichts in einer Angelegenheit des öffentlichen Rechts. Er kann beim Bundesgericht mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten angefochten werden (Art. 82 lit. a, Art. 83, 86 Abs. 1 lit. a, Art. 90 BGG). Das neurechtlich massgebende Verfahrensrecht (Bundesgesetz vom 12. Juni 2009 über die Mehrwertsteuer [MWSTG; SR 641.20]; vgl. dazu dessen Art. 113 Abs. 3) sieht keine spezialgesetzlichen Vorschriften zum bundesgerichtlichen Verfahren vor. 1.2.2. Gemäss Art. 21 Abs. 2 des in der Sache massgebenden Bundesgesetzes vom 2. September 1999 über die Mehrwertsteuer (aMWSTG; AS 2000 1300; vgl. Art. 112 Abs. 1 MWSTG) können auch Personengesellschaften subjektiv steuerpflichtig werden bzw. sein. Es ist mittlerweile unstreitig, dass die Beschwerdeführerin zivilrechtlich als Kollektivgesellschaft konstituiert war (Art. 552 ff. OR), wenn auch ohne Handelsregistereintrag. Daher erfüllt auch ihre Rechtsnachfolgerin die Voraussetzungen von Art. 89 Abs. 1 BGG und ist damit zur Beschwerde legitimiert. Auf die Beschwerde ist einzutreten. 1.3. 1.3.1. Die ESTV stellt den Hauptantrag, der angefochtene Entscheid sei aufzuheben und die Sache zur Neubeurteilung an sie, die ESTV, zurückzuweisen. Sie begründet dies damit, die Kollektivgesellschaft habe nebst den nicht abgerechneten Dienstleistungen für mehrere Gesellschaften mit beschränkter Haftung solche auch für verschiedene Aktiengesellschaften erbracht, ohne darüber abzurechnen. Der Inspektor habe bei der Kontrolle vom 1./2. September 2008 die Umsatzdifferenz fälschlicherweise nicht nachbelastet. 1.3.2. Der Hauptantrag erweist sich als unzulässig. Der Streitgegenstand (l'objet du litige) setzt sich aus dem durch die Verfügung geregelten Rechtsverhältnis zusammen, das Gegenstand der angefochtenen Verfügung bildete oder hätte bilden sollen, in jedem Fall aber begrenzt auf den Umfang, in welchem das Rechtsverhältnis überhaupt noch streitig ist (Urteil 2C_124/2013 vom 25. November 2013 E. 2.2.1 mit Hinweisen, in: ASA 82 S. 379, ZBl 115/2014 S. 663). Streitgegenstand vor der Vorinstanz bildeten einzig die Dienstleistungen für die Gesellschaften mit beschränkter Haftung. Die angeblich den Aktiengesellschaften erwiesenen Dienstleistungen waren weder Bestandteil der Ursprungsverfügung noch des Einspracheentscheids oder des angefochtenen Urteils. Eine Ausdehnung des Streitgegenstandes auf einen neuen Aspekt fällt von vornherein ausser Betracht, wie sich für das bundesgerichtliche Verfahren auch aus Art. 99 Abs. 2 BGG ergibt. 1.3.3. Hinzu kommt, dass die Gesetzgebung über das Bundesgericht ohnehin keine Anschlussbeschwerde vorsieht (<ref-ruling> E. 2.1 S. 110; Urteil 2C_160/2014 vom 7. Oktober 2014 E. 2.3, in: ASA 83 S. 301). Will eine Partei das vorinstanzliche Urteil anfechten, hat sie innerhalb der Frist von Art. 100 BGG eine Beschwerde einzureichen. Unterlässt sie dies, kann sie in ihrer Beschwerdeantwort lediglich auf Abweisung der von dritter Seite erhobenen Beschwerde schliessen (Urteil 2C_941/2012 vom 9. November 2013 E. 1.8.2, in: ASA 82 S. 375, StR 69/2014 S. 207; 2C_738/2012 vom 27. November 2012 E. 1.2). Zulässig ist, Gründe anzuführen, welche die Vorinstanz nicht in Erwägung gezogen hat (Urteil 2C_77/2012 vom 31. August 2012 E. 1.3). Anträge und Begründungen, die über die Abweisung der Drittbeschwerde hinausgehen, sind von vornherein unzulässig (Urteil 2C_77/2012 vom 31. August 2012 E. 1.3, in: StE B 73.12 Nr. 10). 1.4. 1.4.1. Mit der Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann insbesondere die Verletzung schweizerischen Rechts gerügt werden (Art. 95 BGG). Bei der Prüfung angeblich verletzten Bundes- und Völkerrechts (Art. 95 lit. a und b BGG) verfügt das Bundesgericht über volle Kognition und wendet es das Recht von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG). 1.4.2. Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG). Es kann die tatsächlichen Feststellungen der Vorinstanz nur berichtigen oder ergänzen, soweit sie offensichtlich unrichtig, das heisst willkürlich, sind oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruhen (Art. 105 Abs. 2 BGG). Zudem muss die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein, was in der Beschwerde klar und substanziiert aufzuzeigen ist (Art. 97 Abs. 1 BGG; <ref-ruling> E. 1.3.1 S. 17 f.; <ref-ruling> E. 1.4.1 S. 100). 1.4.3. Die Sachverhaltsfeststellung oder Beweiswürdigung (dazu <ref-ruling> E. 2.3 S. 266; <ref-ruling> E. 4.1.2 S. 62) einer Gerichtsbehörde ist willkürlich (Art. 9 BV), wenn diese den Sinn und die Tragweite eines Beweismittels offensichtlich verkannt hat, wenn sie ohne sachlichen Grund ein wichtiges und entscheidwesentliches Beweismittel unberücksichtigt gelassen oder wenn sie auf Grundlage der festgestellten Tatsachen unhaltbare Schlussfolgerungen gezogen hat. Dass die Schlüsse nicht mit der eigenen Darstellung der beschwerdeführenden Partei übereinstimmen, belegt keine Willkür (<ref-ruling> E. 4.2 S. 234; <ref-ruling> E. 4.2 S. 560). 1.4.4. Neue Tatsachen und Beweismittel dürfen vor Bundesgericht nur so weit vorgebracht werden, als erst der Entscheid der Vorinstanz dazu Anlass gibt (Art. 99 Abs. 1 BGG). Das Novenrecht vor Bundesgericht kann nicht dazu dienen, im vorinstanzlichen Verfahren Versäumtes nachzuholen oder die verletzte Mitwirkungspflicht zu heilen (Urteil 2C_715/2013 vom 13. Januar 2014 E. 3.5 mit Hinweisen; <ref-ruling> E. I/3 S. 224). Sodann kann eine auf Art. 6 EMRK gestützte Replik nur dazu verwendet werden, um auf Vorbringen der Gegenpartei zu antworten. Ausgeschlossen ist, ergänzende Rügen gegen den angefochtenen Entscheid vorzubringen. 2. 2.1. Nach den für das Bundesgericht verbindlichen Feststellungen der Vorinstanz (Art. 105 Abs. 1 BGG) war Rechtsanwalt B._ in den hier interessierenden Jahren Gesellschafter ("Partner") der Kollektivgesellschaft. Diese war in diesem Zeitraum subjektiv mehrwertsteuerpflichtig. Zugleich wirkte Rechtsanwalt B._ als Geschäftsführer oder Vorsitzender der Geschäftsführung mehrerer Gesellschaften mit beschränkter Haftung. Die Kollektivgesellschaft fakturierte die erbrachten Management-Dienstleistungen und vereinnahmte die Honorare. Umstritten ist, ob die Umsätze der Kollektivgesellschaft oder dem Kollektivgesellschafter zuzuordnen sind. 2.2. 2.2.1. Zur subjektiven Steuerpflicht äussert Art. 21 Abs. 1 Satz 1 aMWSTG sich folgendermassen: Steuerpflichtig ist, wer eine mit der Erzielung von Einnahmen verbundene gewerbliche oder berufliche Tätigkeit selbstständig ausübt, auch wenn die Gewinnabsicht fehlt, sofern seine Lieferungen, seine Dienstleistungen und sein Eigenverbrauch im Inland jährlich gesamthaft 75'000 Franken übersteigen. Art. 21 Abs. 1 Satz 2 aMWSTG ergänzt: Die Tätigkeit von Verwaltungsräten, Stiftungsräten oder ähnlichen Funktionsträgern gilt als unselbständige Erwerbstätigkeit. 2.2.2. Das Bundesgericht hat sich verschiedentlich zu den Anforderungen an den Eintritt in die bzw. den Weiterbestand der subjektiven Steuerpflicht geäussert (insbesondere <ref-ruling> E. 2.4 S. 256 ff.). Es hat dabei namentlich auch erwogen, die Frage der Selbständigkeit stelle sich einzig bei natürlichen Personen (<ref-ruling> E. 2.4.2 S. 256). 2.3. 2.3.1. Die subjektive Zuordnung von Erträgen und Aufwänden ist ein ungeschriebenes Element des Steuertatbestandes, und zwar sowohl im Bereich der Mehrwertsteuer (Urteil 2C_812/2013 / 2C_813/2013 vom 28. Mai 2014 E. 3.2.5, in: ASA 83 S. 63) als auch im Recht der bundesrechtlich geregelten direkten Steuern (Urteile 2C_941/2012 / 2C_942/2012 vom 9. November 2013 E. 2.1, in: ASA 83 S. 375, StR 69/2014 S. 207; 2C_95/2013 / 2C_96/2013 vom 21. August 2013 E. 2.1, in: ASA 82 S. 227, RDAF 2014 II 336, StE 2013 B 22.2 Nr. 28, StR 68/2013 S. 810). Direkt- wie mehrwertsteuerlich gilt, dass die subjektive Zuordnung sich grundsätzlich aus dem Zivilrecht herleitet (Jessica Salom, L'attribution du revenu en droit fiscal suisse et international, 2010, S. 55 ff.). Anders kann es sich nur verhalten, soweit das Steuerrecht eine eigenständige steuerrechtliche Zurechnungsregel vorsieht oder klarerweise eine wirtschaftliche Betrachtungsweise verfolgt (ebenda, S. 70 ff.). 2.3.2. Aus der zivilrechtlichen Vertragsfreiheit fliesst die steuerrechtliche Gestaltungsfreiheit bzw. Organisationshoheit der Unternehmung. Auch Personen- bzw. Kapitalgesellschafter und unterliegende Gesellschaften können sich auf die steuerliche Gestaltungsfreiheit berufen. Dies entbindet sie freilich nicht davon, die angestrebte Wirkung vertraglich auszugestalten, dem Vertrag nachzuleben und - für steuerliche Zwecke - hinreichend zu dokumentieren. Werden die Schranken der Gestaltungsfreiheit überschritten, hat die Steuerbehörde zwingend einzuschreiten. Bleiben sie gewahrt, ist es der Steuerbehörde benommen, ihr eigenes Ermessen an die Stelle jenes der verantwortlichen Organe zu setzen. Infolge dessen dürfen auch die Steuergerichte nur zurückhaltend in den gestalterischen Spielraum eingreifen, der dem Unternehmen zukommt. Im Umkehrschluss muss die steuerpflichtige Person sich aber auf die von ihr gewählten Verhältnisse behaften lassen (<ref-ruling> E. 3.2.1 S. 88 f.; zitierte Urteile 2C_812/2013 / 2C_813/2013 E. 3.2.5; 2C_941/2012 / 2C_942/2012 E. 2.6; Urteil 2C_1158/2012 vom 27. August 2013 E. 3.5, in: ASA 82 S. 229, RDAF 2014 II S. 12, StE 2014 A 25 Nr. 13, StR 68/2013 S. 786). 2.4. 2.4.1. Die Tätigkeit von Verwaltungsräten, Stiftungsräten oder ähnlichen Funktionsträgern gilt mehrwertsteuerlich als unselbständige Erwerbstätigkeit. Zur Verordnung vom 22. Juni 1994 über die Mehrwertsteuer (aMWSTV; AS 1994 1464), die keine entsprechende Klausel enthielt, erkannte das Bundesgericht schon früh, dass ein Verwaltungsrat eine unselbständige Erwerbstätigkeit ausübe (Urteil 2A.468/1999 vom 27. Oktober 2000 E. 4, in: ASA 71 S. 651, RDAF 2001 II 53; dazu auch Urteil 2A.320/2002 vom 2. Juni 2003, in: ASA 74 S. 666, RDAF 2004 II 100, StR 58/2003 S. 797). Entsprechendes ergibt sich aus dem im Jahr 1999 verabschiedeten Art. 21 Abs. 1 Satz 2 aMWSTG. Unter geltendem Recht qualifizieren "Entschädigungen für unselbständig ausgeübte Tätigkeiten wie Verwaltungsrats- und Stiftungsratshonorare, Behördenentschädigungen oder Sold" als Nichtentgelt (Art. 18 Abs. 2 lit. j MWSTG). Die Tätigkeit von Verwaltungsräten und dergleichen qualifiziert auch in verwandten Rechtsbereichen als unselbständige Erwerbstätigkeit, so im Einkommenssteuerrecht (Art. 17 Abs. 1 DBG; <ref-ruling> E. 3 und 4 S. 261 ff.; Urteile 2C_692/2013 vom 24. März 2014 E. 4.1, in: ASA 82 S. 740, StR 69/1014 S. 531; 2C_292/2007 vom 9. Januar 2008 E. 2.1, in: RtiD 2008 II S. 533) und im Beitragsrecht der AHV (<ref-ruling> E. 5.2 S. 503; Urteile 9C_760/2013 vom 4. Februar 2014 E. 3.3; H 77/04 vom 19. Mai 2005 E. 3.3). 2.4.2. Die ausdrückliche Erwähnung der Verwaltungsratstätigkeit in Art. 21 Abs. 1 Satz 2 aMWSTG soll klarstellen, dass diese Umsätze nicht zugleich sowohl mit Sozialabgaben als auch mit der Mehrwertsteuer belastet werden können (Parlamentarische Initiative Bundesgesetz über die Mehrwertsteuer [Dettling], Bericht der Kommission für Wirtschaft und Abgaben des Nationalrats vom 28. August 1996, BBl 1996 V 713, insb. 757; Dieter Metzger, Kurzkommentar zum MWSTG, 2000, N. 3 zu Art. 21 aMWSTG). 3. 3.1. Die Vorinstanz erwägt, die Rechnungen für die Dienstleistungen seien im Namen der Kollektivgesellschaft ausgestellt worden; die Gesellschaften mit beschränkter Haftung hätten an diese geleistet, nicht an Kollektivgesellschafter B._ persönlich. Die Funktion der Kollektivgesellschaft habe sich nicht auf eine blosse Zahlstelle beschränkt, welche die vereinnahmten Honorare unmittelbar an den Kollektivgesellschafter weitergeleitet habe. Vielmehr hätten die Kollektivgesellschafter von der Gesellschaft ein monatliches Fixum bezogen und Ende Jahr sei der Gewinn oder Verlust jeweils auf die Gesellschafter aufgeteilt worden. Es sei weder substantiiert noch aktenkundig, dass Kollektivgesellschafter B._ bei dieser Aufteilung ein den vereinnahmten Geschäftsführerhonoraren entsprechendes (Zusatz-) Entgelt bezogen habe. Für ein Inkassomandat fehle der erforderliche Nachweis für ein Handeln ausdrücklich im Namen und für Rechnung des Vertretenen. Demnach sei die Kollektivgesellschaft als mehrwertsteuerliche Leistungserbringerin aufgetreten. Dem eingereichten Mustervertrag, wonach Kollektivgesellschafter B._ persönlich mit der Geschäftsführung beauftragt worden sei, komme keine Beweiskraft zu, da nicht feststehe, ob er sich auf eine der infrage stehenden Gesellschaften beziehe. Vielmehr sei aufgrund der vorliegenden Rechnungen davon auszugehen, dass ein Auftragsverhältnis zwischen den einzelnen Gesellschaften mit beschränkter Haftung und der Kollektivgesellschaft bestanden habe. Es möge zwar zutreffen, dass kein Arbeitsverhältnis zwischen der Kollektivgesellschaft und Kollektivgesellschafter B._ bestanden habe; das sei aber nicht ausschlaggebend, da die Kollektivgesellschaft als Leistungserbringerin aufgetreten sei und die Honorare vereinnahmt habe. Auch wenn handelsrechtlich nicht die Kollektivgesellschaft, sondern nur Kollektivgesellschafter B._ persönlich habe Geschäftsführer sein können und wenngleich nur er in den Handelsregisterauszügen der Gesellschaften als solcher eingetragen gewesen sei, seien die Geschäftsführungstätigkeiten wirtschaftlich der Kollektivgesellschaft zuzurechnen. Auch die zivilrechtliche Vermutung, dass das Geschäftsführerhonorar dem Geschäftsführer persönlich zustehe, werde durch die mehrwertsteuerrechtlich der Rechnung zukommende Bedeutung verdrängt. Das von der Kollektivgesellschaft vorgelegte Schreiben des Bundesamtes für Sozialversicherung vom 23. Juli 2003 stütze die Darstellung der Kollektivgesellschaft nicht, zumal es sich nicht auf die hier interessierenden Jahre 2007 und 2008 beziehe. 3.2. 3.2.1. Die Steuerpflichtige bringt zunächst vor, nach dem Wortlaut von Art. 21 aMWSTG würden die Geschäftsführungstätigkeiten von vornherein als unselbständige Tätigkeiten gelten, unabhängig davon, an wen die Honorare ausbezahlt werden. 3.2.2. Geschäftsführer einer Gesellschaft mit beschränkter Haftung kann nur eine natürliche Person sein (Art. 809 Abs. 2 OR in der Fassung vom 16. Dezember 2005, in Kraft seit 1. Januar 2008 [AS 2007 4791]; im vorrevidierten Recht Art. 815 Abs. 2 OR in der Fassung vom 18. Dezember 1936 [AS 53 185; BBl 1928 I 205, 1932 I 217]). Entsprechendes gilt für den Verwaltungsrat einer Aktiengesellschaft (Art. 707 OR in der Fassung vom 4. Oktober 1991 [AS 1992 733 786; BBl 1983 II 745]; Urteil 2C_95/2013 / 2C_96/2013 vom 21. August 2013 E. 2.6, in: ASA 82 S. 227, RDAF 2014 II 336, StE 2013 B 22.2 Nr. 28, StR 68/2013 S. 810; vgl. schon BGE 58 I 378). Folglich fällt die steuerpflichtige Kollektivgesellschaft als Geschäftsführerin ausser Betracht. Indessen ist nicht ausgeschlossen, dass die natürliche Person, welche die Funktion eines Verwaltungsrats oder Geschäftsführers ausübt, diese Tätigkeit als Arbeitnehmer für einen Dritten (ihren Arbeitgeber) ausführt. Unter solchen Umständen steht das Honorar, das die Kapitalgesellschaft oder Genossenschaft für die Verwaltungsratstätigkeit bzw. Geschäftsführung bezahlt, dem Arbeitgeber zu. In dieser Konstellation stellt das ausgerichtete Honorar im AHV-rechtlichen Sinne kein massgebendes Einkommen (aus unselbständiger Tätigkeit) dar, sondern gegebenenfalls Einkommen aus selbständiger Erwerbstätigkeit dieses Dritten. Es fällt nur dann unter den massgebenden Lohn, wenn der Mandatsträger aufgrund seiner Dienstleistungen persönlich bezahlt wird (<ref-ruling> E. 5.2 S. 503). 3.2.3. Dasselbe muss aufgrund der beabsichtigen Parallelität von Steuer- und Sozialversicherungsrecht zwangsläufig auch (direkt- und mehrwert-) steuerrechtlich gelten. Entgegen der Auffassung der Steuerpflichtigen ist es rechtlich durchaus möglich, die Honorare entgegen der Formulierung von Art. 21 Abs. 1 Satz 2 aMWSTG als Einkommen aus selbständiger Tätigkeit zu qualifizieren. Dies trifft nach dem Gesagten dann zu, wenn das Honorar zivilrechtlich nicht der Person zusteht, welche die Geschäfte tatsächlich besorgt, sondern der Person/Arbeitgeberin, bei welcher die tätig werdende Person als Arbeitnehmer angestellt ist. Dieser Konzeption folgt auch das geltende Mehrwertsteuerrecht (Art. 18 Abs. 2 lit. j MWSTG; dazu u. a. Felix Geiger, in Felix Geiger/Regine Schluckebier [Hrsg.], MWSTG-Kommentar, 2012, N. 43 zu Art. 18 MWSTG). 3.3. Aufgrund des Grundsatzes, dass nur natürliche Personen als Verwaltungsrat einer AG oder als Geschäftsführer einer GmbH eingesetzt sein können, besteht gleichzeitig die gesetzliche Vermutung, dass auch ein etwaiges Honorar dieser natürlichen Person zusteht. Wer sich darauf beruft, dass in Abweichung von dieser Vermutung das Honorar aufgrund vertraglicher Vereinbarung einer Drittperson (etwa dem Arbeitgeber des Verwaltungsrats- bzw. Geschäftsführungsmitglieds) zustehen soll, trägt dafür zivilrechtlich nach Art. 8 ZGB und steuerrechtlich gemäss der Normentheorie die Beweislast (Urteile 2C_95/2013 / 2C_96/2013 vom 21. August 2013 E. 2.6, in: ASA 82 S. 227, RDAF 2014 II 336, StE 2013 B 22.2 Nr. 28, StR 68/2013 S. 810; 2C_292/2007 vom 9. Januar 2008 E. 2.1, RtiD 2008 II S. 533). Die Frage der Beweisführungs- und Beweislast stellt sich nur dann nicht, wenn ein Sachverhalt bereits rechtsgenüglich bewiesen ist. 3.4. 3.4.1. Zu prüfen ist damit, ob die Vorinstanz bundesrechtskonform davon ausgegangen ist, die Honorare seien der Kollektivgesellschaft subjektiv zuzuordnen. 3.4.2. Die Steuerpflichtige lässt unbestritten, dass die Honorarrechnungen im Namen der Kollektivgesellschaft ausgestellt wurden und die Gesellschaften mit beschränkter Haftung den Betrag an diese entrichteten. Sie bringt aber vor, die ausgestellten Rechnungen könnten nicht als Indiz dienen, da auf ihnen gerade keine Mehrwertsteuer ausgewiesen gewesen sei, im Unterschied zu anderen, den Gesellschaften mit beschränkter Haftung fakturierten Leistungen. Dies überzeugt nicht: Dieser Umstand könnte ebenso darauf zurückzuführen sein, dass die Kollektivgesellschaft rechtsirrtümlich annahm, die Honorare stellten in jedem Fall Einkommen aus unselbständiger Tätigkeit dar. Jedenfalls vermag der fehlende offene Ausweis der Mehrwertsteuer nicht zu belegen, dass die Honorare dem Kollektivgesellschafter B._ zugestanden haben und an diesen weitergeleitet worden sein sollen. 3.4.3. Unbestritten ist weiter, dass die Honorare von der Kollektivgesellschaft auf gemeinsame Rechnung vereinnahmt worden sind. Gemäss den vorinstanzlichen Feststellung ist weder substantiiert behauptet noch aktenkundig, dass die Aufteilung des Gewinns nach einem Schlüssel vorgenommen wurde, der dem Kollektivgesellschafter B._ als Voraus- oder Zusatzanteil die streitbetroffenen Honorare zugestanden hätte. Die Steuerpflichtige äussert sich erstmals in der unaufgefordert eingelangten Stellungnahme vom 3. November 2014 zur Verbuchung der vereinnahmten Honorare, was aber zu spät geschah (vorne E. 1.4.4) und ohnehin unbelegt ist (vorne E. 1.4.2). 3.4.4. Die Vorinstanz hat sodann beweiswürdigend gefolgert, der von der Steuerpflichtigen im vorinstanzlichen Verfahren eingelegte Mustervertrag zwischen nicht namentlich bekannten Treugebern und dem Kollektivgesellschafter B._ entfalte keine Beweiskraft, da ungewiss sei, ob er sich tatsächlich auf eine der infrage stehenden Gesellschaften mit beschränkter Haftung beziehe. Vor Bundesgericht legt die Steuerpflichtige zwar Verträge zwischen den betreffenden Gesellschaften mit beschränkter Haftung und dem Kollektivgesellschafter B._ vor. Diese müssen indes unbeachtlich bleiben: Die Verträge hätten ohne Weiteres vor der Vorinstanz eingereicht werden können, sodass sie nunmehr aufgrund von Art. 99 Abs. 1 BGG als unzulässige Noven zu gelten haben (vorne E. 1.4.4). 3.4.5. Die Steuerpflichtige trägt sodann vor, bei Rechtsanwalt B._ habe es sich zwar um einen Kollektivgesellschafter (wovon auch die Vorinstanz ausgeht), nicht jedoch um einen Arbeitnehmer der Kollektivgesellschaft gehandelt. Dementsprechend bestehe kein Dreiecksverhältnis zwischen der jeweiligen GmbH (als Auftraggeberin), der Kollektivgesellschaft (als Beauftragte/Arbeitgeberin) und Rechtsanwalt B._ (als Arbeitnehmer). Dem ist vorab entgegenzuhalten, dass es keine Rolle spielen kann, ob sowohl ein schriftlicher Arbeitsvertrag (zwischen Kollektivgesellschaft und Rechtsanwalt B._) als auch ein schriftlicher Vertrag zwischen der GmbH und der Kollektivgesellschaft vorliegt. Beim Wesen der subjektiven Zuordnung von Ertrag/Aufwand, Einkommen/Abzügen, Umsatz usw. um bundesrechtliche Fragen, die das Bundesgericht mit freier Kognition angehen kann (Art. 95 lit. a BGG; vorne E. 1.4.1), wogegen die konkret vorzunehmende Zuordnung eine Frage der Beweiswürdigung ist. Jedenfalls mit voller Kognition zu prüfen sind darüber hinaus die von den Steuerpflichtigen geschlossenen bundesrechtlichen Verträge (<ref-ruling> E. 2.3 S. 52). Hierzu können die gesamten zivilrechtlichen Umstände berücksichtigt werden. Ein Vertragsverhältnis ist objektiviert auszulegen, soweit eine übereinstimmende Willenserklärung - wie vorliegend im Verhältnis zwischen Kollektivgesellschafter B._ und der jeweiligen GmbH - unbewiesen ist. Folglich gilt es, den mutmasslichen Parteiwillen zu erheben, wie er von den jeweiligen Erklärungsempfängern nach Treu und Glauben verstanden werden durfte und musste (normative oder objektive Vertragsauslegung gemäss Art. 2 Abs. 1 ZGB; BGE 140 III E. 3.2 S. 139). Die Vertragsauslegung nach dem Vertrauensgrundsatz ist Rechtsfrage (zum Ganzen Urteil 2C_242/2014 vom 10. Juli 2014 E. 2.2.5 und 2.2.6, in: ASA 83 S. 72, StR 69/2014 S. 804). Anders als die Kollektivgesellschaft dies anzunehmen scheint, ist keineswegs ein (schriftlicher) Arbeitsvertrag erforderlich, um nachzuweisen, dass das Honorar dem Dritten (hier: Kollektivgesellschaft) zusteht. 3.4.6. Die Steuerpflichtige kritisiert sodann, die Vorinstanz habe zu Unrecht dem Schreiben des Bundesamtes für Sozialversicherung vom 23. Juli 2003 keine Bedeutung beigemessen, und dies mit der formalistischen Begründung, es beziehe sich nicht auf die Jahre 2007 und 2008. Indessen lässt sich diesem Schreiben auch dann nichts zugunsten der Steuerpflichtigen entnehmen, wenn es auf die Jahre 2007 und 2008 bezogen wird: Das Bundesamt verweist darin auf die Rechtslage, wonach die Gesellschaft, in der die Organeigenschaft ausgeübt wird, über das Honorar abzurechnen habe, wenn sie es direkt an das Organ ausbezahlt, es sich aber anders verhalte, wenn die Vergütung an den Arbeitgeber des Organs ausgerichtet werde. Zum konkreten Fall lässt sich dem Schreiben für sich allein nichts entnehmen, wohl aber, wenn es im Zusammenhang mit der dem Schreiben zugrunde liegenden Anfrage vom 23. Juni 2003 gesehen wird: Darin führten die Kollektivgesellschafter C._ und B._ aus, die aus ihren Geschäftsführungsmandaten erzielten Honorare würden in die Kanzleibuchhaltung einfliessen und dort sozialversicherungsrechtlich als selbständiges Erwerbseinkommen abgerechnet. Sie erkundigten sich bei der Eidg. Ausgleichskasse, ob diese Vorgehensweise korrekt sei, was das Bundesamt bejahte. Wenn die Steuerpflichtige sich jetzt darauf beruft, die Geschäftsführungstätigkeit sei unselbständig erfolgt, handelt sie widersprüchlich. 3.5. Insgesamt durfte die Vorinstanz in Würdigung der Beweise willkürfrei folgern, dass die mehrwertsteuerlich relevante Geschäftsführungs-Dienstleistung der Kollektivgesellschaft zuzuordnen ist. Dementsprechend steht ihr das Honorar zu. Damit ist aber auch gesagt, dass zwischen dem Kollektivgesellschafter B._ und der jeweiligen GmbH kein Leistungsverhältnis nachgewiesen ist. Ein solches wäre rechtlich wohl zulässig gewesen, es wurde aber in Wahrnehmung der zivilrechtlichen Gestaltungsfreiheit nicht vereinbart. Darauf muss die Steuerpflichtige sich behaften lassen (E. 2.3.2). 3.6. 3.6.1. Die Steuerpflichtige beruft sich abschliessend darauf, der Kollektivgesellschafter B._ habe mit verschiedenen Aktiengesellschaften identische Treuhandverträge abgeschlossen. Dennoch sei die fehlende Abrechnung über die Verwaltungsratshonorare in der Kontrolle vom September 2008 unbeanstandet geblieben. Dementsprechend sei auch über die Geschäftsführungshonorare der Gesellschaften mit beschränkter Haftung nicht abzurechnen. 3.6.2. Die ESTV stimmt mit der Steuerpflichtigen darin überein, dass die Geschäftsführung einer GmbH in gleicher Weise zu beurteilen ist wie die Verwaltungsratstätigkeit für eine AG. Die ESTV macht aber geltend, der Inspektor habe offenbar fälschlicherweise auf eine Nachbelastung der Verwaltungsratshonorare verzichtet. 3.6.3. Bundesrechtlich steht ausser Frage, dass Honorare für die Tätigkeit als Verwaltungsrat einer AG mehrwertsteuerlich genau gleich zu behandeln sind wie Honorare für die Geschäftsführung einer GmbH. Ob im konkreten Fall die Verhältnisse bei den Verwaltungsratshonoraren, auf welche die Steuerpflichtige aufmerksam macht, vergleichbar sind mit den streitbetroffenen Geschäftsführungshonoraren, ist hier nicht zu beurteilen. Jene bilden gar nicht Streitgegenstand (vorne E. 1.3). Jedenfalls kann die Steuerpflichtige aus der fehlenden Abrechnung über die Verwaltungsratshonorare nichts für sich ableiten. 4. Die Beschwerde erweist sich damit als unbegründet. Sie ist abzuweisen. Die Steuerpflichtige trägt die Kosten des bundesgerichtlichen Verfahrens (Art. 66 Abs. 1 BGG). Der Eidgenossenschaft, die in ihrem amtlichen Wirkungskreis handelt, steht keine Parteientschädigung zu (Art. 68 Abs. 3 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Kosten des bundesgerichtlichen Verfahrens von Fr. 1'500.-- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten und dem Bundesverwaltungsgericht, Abteilung I, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 20. Februar 2015 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Zünd Der Gerichtsschreiber: Kocher
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2,009
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Sachverhalt: A. A._, geboren 1972, erlitt am 2. Januar 1994 einen Autounfall. Die Invalidenversicherung bezahlte als berufliche Massnahme die Kosten einer kaufmännischen Ausbildung sowie eines Sprachdiploms. In der Folge war A._ voll berufstätig. Wegen eines Rückfalls meldete sie sich am 25. November 2002 erneut zum Leistungsbezug an. Am 18. Juni 2004 und am 30. Januar 2006 war A._ erneut in einen Autounfall verwickelt. Die IV-Stelle des Kantons Zürich verneinte am 24. Februar 2006 den Anspruch auf berufliche Massnahmen. Am 29. Juni 2006 ersuchte A._ um Leistungen infolge eines Invaliditätsgrades von 50 %. Die IV-Stelle zog das im Rahmen des Unfallversicherungsverfahrens vom medizinischen Zentrum X._ am 23. Oktober 2006 erstattete polydisziplinäre Gutachten bei und sprach ihr mit Verfügungen vom 8. November 2007 von August bis Oktober 2003 eine Viertelsrente bei einem Invaliditätsgrad von 44 %, von November 2003 bis August 2004 eine halbe Rente bei einem Invaliditätsgrad von 50 % sowie von September 2004 bis Oktober 2006 eine ganze Rente bei einem Invaliditätsgrad von 100 % zu. B. A._ liess dagegen unter Beilage des von ihr in Auftrag gegebenen Gutachtens der medizinischen Gutachtenstelle Y._ vom 21. November 2007 Beschwerde erheben. Das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich wies die Beschwerde mit Entscheid vom 12. Februar 2009 ab. C. A._ lässt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten führen mit dem Antrag, es seien in Aufhebung des kantonalen Entscheids auch nach dem 31. Oktober 2006 eine ganze Invalidenrente auszurichten, bezüglich des Zeitraums vom 1. August 2003 bis 31. August 2004 die Sache an die Vorinstanz zurückzuweisen und die IV-Stelle zu verpflichten, ihr die Kosten des Gutachtens der medizinischen Gutachtenstelle Y._ von Fr. 14'890.-, eventualiter von Fr. 7445.-, zu erstatten. Allenfalls sei die Sache insgesamt an die Vorinstanz zu erneutem Entscheid zurückzuweisen. Die IV-Stelle schliesst auf Abweisung der Beschwerde. Das Bundesamt für Sozialversicherungen verzichtet auf eine Vernehmlassung.
Erwägungen: 1. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten (<ref-law>) kann wegen Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 f. BGG erhoben werden. Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (<ref-law>). Es kann deren Sachverhaltsfeststellung berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Artikel 95 beruht (<ref-law>; vgl. zur Invaliditätsbemessung auch <ref-ruling>). 2. Die Versicherte macht geltend, die Vorinstanz habe ihr rechtliches Gehör verletzt, indem sie sich nicht mit allen Rügen auseinandergesetzt habe. Dieser formelle Einwand ist vorweg zu prüfen. 2.1 Das rechtliche Gehör nach <ref-law> verlangt, dass die Behörde die Vorbringen des vom Entscheid in ihrer Rechtslage betroffenen Person auch tatsächlich hört, prüft und in der Entscheidfindung berücksichtigt. Daraus folgt die Pflicht der Behörde, ihren Entscheid zu begründen. Dabei ist es nicht erforderlich, dass sie sich mit allen Parteistandpunkten einlässlich auseinandersetzt und jedes einzelne Vorbringen ausdrücklich widerlegt. Vielmehr kann sie sich auf die für den Entscheid wesentlichen Punkte beschränken. Die Begründung muss so abgefasst sein, dass sich die betroffene Person über die Tragweite des Entscheids Rechenschaft geben und ihn in voller Kenntnis der Sache an die höhere Instanz weiterziehen kann. In diesem Sinne müssen wenigstens kurz die Überlegungen genannt werden, von denen sich die Behörde hat leiten lassen und auf die sich ihr Entscheid stützt (<ref-ruling> E. 4.1 S. 88 mit Hinweisen). 2.2 Der kantonale Entscheid ist hinreichend begründet. Dass sich die Vorinstanz einlässlich oder gar seitenlang zu jeder einzelnen Diagnose und jedem Befund in jedem Arztbericht äussert, ist - entgegen der Ansicht der Versicherten - nicht nötig. Es reicht nach der Rechtsprechung, dass sich dem Entscheid insgesamt entnehmen lässt, aus welchen Gründen sie dem einen und nicht dem andern Gutachten gefolgt ist. Die Versicherte war denn auch in der Lage, den Entscheid sachgerecht anzufechten. Ihr rechtliches Gehör wurde nicht verletzt. 3. Bei den letztinstanzlich erstmals aufgelegten Berichten des Dr. med. Z._, Facharzt für Neurologie sowie Physikalische Medizin und Rehabilitation, vom 13. März 2009 und des Dr. med. D._, Facharzt für Psychiatrie und Psychotherapie, vom 17. März 2009 handelt es sich um Stellungnahmen der am Gutachten der medizinischen Gutachtenstelle Y._ beteiligten Experten zum vorinstanzlichen Entscheid. Diese stellen unzulässige Noven dar (<ref-law>), da die Gutachter sich zu Fragen äussern, welche nicht erst der vorinstanzliche Entscheid aufgeworfen hat, sondern sie präzisieren ihre Aussagen im Rahmen des Gutachtens der medizinischen Gutachtenstelle Y._ vom 21. November 2007. 4. Die Vorinstanz hat die Bestimmungen und Grundsätze über das zeitlich anwendbare Recht (<ref-ruling>) zutreffend dargelegt. Darauf wird verwiesen. 5. 5.1 Die Invalidität gilt als eingetreten, sobald sie die für die Begründung des Anspruchs auf die jeweilige Leistung erforderliche Art und Schwere erreicht hat (<ref-law>). Im Falle einer Rente gilt die Invalidität in dem Zeitpunkt als eingetreten, in dem der Anspruch nach <ref-law> entsteht, d.h. frühestens wenn der Versicherte mindestens zu 40 % bleibend erwerbsunfähig geworden ist (lit. a) oder während eines Jahres ohne wesentlichen Unterbruch durchschnittlich mindestens zu 40 % arbeitsunfähig gewesen war (lit. b; <ref-ruling> E. 2.1, 119 V 102 E. 4a). 5.2 Die Vorinstanz hat in für das Bundesgericht verbindlicher Weise (E. 1) festgehalten, dass die Ärzte der Versicherten ab 28. August 2002 eine Arbeitsunfähigkeit von 20 % und ab 14. November 2002 eine solche von 50 % attestierten (vgl. Berichte des Dr. med. R._, Facharzt für Neurologie, vom 16. September 2002, des Dr. med. F._, Facharzt für Innere Medizin, vom 8. Februar 2003, und des Dr. med. H._, Facharzt für Chirurgie, vom 20. März 2003 sowie das Gutachten der Rheumaklinik und Institut für Physikalische Medizin, Spital U._, vom 19. Juni 2003). Die Versicherte legt in ihrer Beschwerde nicht dar, inwiefern diese tatbeständlichen Feststellungen offensichtlich unrichtig sein sollten. Somit beginnt die einjährige Wartezeit von <ref-law> im August 2002 und endet im Juli 2003, so dass Vorinstanz und Verwaltung den Rentenbeginn zu Recht auf 1. August 2003 festsetzten. 5.3 Die Versicherte beanstandet das vorinstanzliche, vom tatsächlich erzielten Einkommen im Jahr 2001 ausgehend ermittelte Valideneinkommen von Fr. 83'618.- für 2006 nicht. Sie macht aber geltend, sie habe ab Oktober 2002 einen Soziallohn bezogen. Ob dies zutrifft, kann offenbleiben, da dieser Umstand keinen Einfluss auf den Rentenbeginn hat (vgl. E. 5.2) und die Vorinstanz bei der Ermittlung des Invalideneinkommens wie auch schon die IV-Stelle nicht vom tatsächlich erzielten Lohn nach Eintritt der gesundheitlichen Verschlechterung ausgingen, sondern die statistischen Werte der Lohnstrukturerhebung des Bundes (LSE) zugrunde legten. Hingegen hat die Versicherte bereits bei Rentenbeginn Anspruch auf eine halbe Invalidenrente, da - anders als für die Festsetzung der Arbeitsunfähigkeit während der Wartezeit nach <ref-law> - nicht die durchschnittliche Arbeitsunfähigkeit des vergangenen Jahres massgebend ist, sondern die Verhältnisse im Zeitpunkt des Rentenbeginns, d.h. in casu die im August 2003 tatsächlich bestehende Arbeits- und gestützt darauf ermittelte Erwerbsunfähigkeit (vgl. <ref-ruling>). <ref-law> kommt bei der erstmaligen Rentenfestsetzung nicht zur Anwendung, sondern nur wenn sich die bei Rentenbeginn zugesprochene Rente ändert, wobei die Änderung der Rente in derselben Verfügung wie die erstmalige Festsetzung erfolgen kann (vgl. auch <ref-ruling> sowie MEYER, Das Bundesgesetz über die Invalidenversicherung, 1997, S. 235). Dies ergibt sich schon aus dem Titel vor <ref-law> (Die Revision der Rente und der Hilflosenentschädigung). 6. Zu prüfen bleibt der Rentenanspruch ab 1. November 2006. Dabei ist streitig, ob auf das Gutachten des medizinischen Zentrums X._ vom 23. Oktober 2006 oder auf das Gutachten der medizinischen Gutachtenstelle Y._ vom 21. November 2007 abzustellen ist. 6.1 Hinsichtlich des Beweiswertes eines Arztberichts ist entscheidend, ob der Bericht für die streitigen Belange umfassend ist, auf allseitigen Untersuchungen beruht, auch die geklagten Beschwerden berücksichtigt, in Kenntnis der Vorakten (Anamnese) abgegeben worden ist, in der Beurteilung der medizinischen Situation einleuchtet und ob die Schlussfolgerungen des Experten begründet sind (<ref-ruling> E. 3a S. 352 mit Hinweis). 6.2 Das Gutachten des medizinischen Zentrums X._ vom 23. Oktober 2006 ist polydisziplinär und umfasst nebst der Zusammenfassung der relevanten Vorakten, den subjektiven Angaben der Versicherten und einer objektiven Befundaufnahme im Rahmen eines internistischen Untersuchs (einschliesslich Allgemeinstatus und Labor), je ein Teilgutachten eines Neurologen, Psychiaters und Rheumatologen sowie eine interdisziplinäre Beurteilung. Die Experten diagnostizierten mit Einfluss auf die Arbeitsfähigkeit ein chronisches cervikospondylogenes und cervikocephales Syndrom mit/bei Status nach Schleuderunfall vom 2. Januar 1994 sowie Auffahrunfälle vom 18. Juni 2004 und 30. Januar 2006, deutlicher Funktionsstörung am craniocervikalen Übergang, reaktiven Tendomyosen im linken Schultergürtel mit referred-pain Symptomatik, Fehlhaltung der HWS und radiologisch Kyphosestellung C4 bis C6 ohne wesentlich reaktive generative Veränderungen, ein Lumbovertebralsyndrom mit/bei Fehlhaltung, Beckentorsion und ISG-Blockierung links, altersnormalem Röntgenbild ohne degenerativ-reaktive Veränderungen und radiologisch unklarem Befund linkes Illium (DD: aneurysmatische Knochenzyste, ossifizierendes Fibrom, Enchondrom). Das ebenfalls festgestellte Untergewicht mit/bei einem Body Mass Index von 17 kg/m2 und Status nach psychogener Essstörung (Bulimia nervosa) erachteten sie ohne Einfluss auf die Arbeitsfähigkeit. Neurologische oder neuropsychologische Defizite bestünden keine und eine psychische Komorbidität sei nicht ausgewiesen. Es sei von einem Endzustand auszugehen und die vorhandenen gesundheitlichen Beschwerden seien mit überwiegender Wahrscheinlichkeit zu 50 % Unfallfolgen. Der Versicherten sei ihr angestammter Beruf zu 50 % und eine besser angepasste Tätigkeit unter Berücksichtigung ungünstiger unergonomischer Arbeitshaltungen zu 80 % zumutbar. 6.3 Das Gutachten der medizinischen Gutachtenstelle Y._ vom 21. November 2007 beinhaltet eine Zusammenfassung der Vorakten, je ein rheumatologisches, psychiatrisches und neurologisches Teilgutachten sowie eine interdisziplinäre Beurteilung. Bei der interdisziplinären Beurteilung war auch die Neuropsychologin beteiligt, welche im Vorgang zum Gutachten die Versicherte untersucht hatte. Die Experten diagnostizierten eine mittelgradige depressive Episode (ICD-10: F 32.0) mit Angststörung, ein cervikovertebrales und cervikospondylogenes Syndrom (cervikobrachial und cervikocephal) bei Status nach drei Unfällen (1994, 2004, 2006), ein chronisch rezidivierendes Lumbovertebralsyndrom bei Status nach Unfall 1994, eine posttraumatische Migräne seit dem Unfall von 2004 sowie eine leichte neuropsychologische Funktionsstörung als Folge der Schmerz- und depressiven Symptomatik. Es lägen keine relevanten neurologischen oder spezifischen neuropsychologischen Störungen vor. Für die Schmerzproblematik und die Depression seien die drei Unfälle in den Jahren 1994, 2004 und 2006 verantwortlich und es fänden sich keine erheblichen unfallunabhängigen Faktoren. Im Rahmen der Teilgutachten nahmen die Experten Stellung zum Gutachten des medizinischen Zentrums X._. Aktuell bestehe bekanntlich seit Januar 2006 eine volle Arbeitsunfähigkeit. Da bezüglich der Depression noch ein gewisses Erholungspotenzial gegeben sei, sei der Endzustand noch nicht erreicht; eine adäquate antidepressive Therapie lasse eine relevante Besserung erhoffen. Die zumutbare Arbeitsfähigkeit betrage bei optimal angepasstem Arbeitsplatz im kaufmännischen Bereich aktuell 20 %. Alternative Tätigkeiten würden infolge der andauernden Schmerzproblematik nicht zu einer höheren Arbeitsfähigkeit führen, weshalb sich eine Umschulung nicht empfehle. 6.4 Bei dem Gutachten des medizinischen Zentrums X._ vom 23. Oktober 2006 und dem Gutachten der medizinischen Gutachtenstelle Y._ vom 21. November 2007 handelt es sich um zwei formell gleichwertige Gutachten. Sie unterscheiden sich jedoch inhaltlich sowohl bezüglich der Diagnosen, indem das medizinische Zentrum X._ keine psychiatrische Erkrankung, die medizinische Gutachtenstelle Y._ hingegen eine mittelgradige depressive Episode mit Angststörung feststellt, als auch bezüglich der zumutbaren Arbeitsfähigkeit, welche das medizinische Zentrum X._ mit 80 % in einer angepassten Tätigkeit, die medizinische Gutachtenstelle Y._ jedoch mit maximal 20 % veranschlagte. 6.5 Soweit die Versicherte geltend macht, das Gutachten der medizinischen Gutachtenstelle Y._ sei überzeugender, weil es mehr Akten als jenes des medizinischen Zentrums X._ berücksichtigt habe, kann ihr nicht gefolgt werden. Aus dem Aktenauszug im Gutachten des medizinischen Zentrums X._ ergibt sich nicht, dass dem medizinischen Zentrum X._ die von der Versicherten aufgeführten Berichte nicht zur Verfügung standen; vielmehr hält das medizinische Zentrum X._ explizit fest, dass es nur die relevanten Akten zusammenfasse. Die Versicherte legt denn auch nicht substantiiert dar, inwiefern die angeblich nicht berücksichtigten Akten für die Beurteilung ihrer gesundheitlichen Situation wesentlich sein sollen. Überdies gibt es auch Berichte, welche das medizinische Zentrum X._ aufführt, die medizinische Gutachtenstelle Y._ hingegen nicht (z.B. die Stellungnahme des Prof. Dr. med. K._, Facharzt für Psychiatrie und Psychotherapie, vom 17. Mai 2000). Ebenfalls unzutreffend ist, dass das Gutachten des medizinischen Zentrums X._ den Unfall vom 30. Januar 2006 nicht in die Beurteilung miteinbeziehe. Da dieser dritte Unfall sich zwischen Auftragserteilung und Erstattung des Gutachtens ereignete, beziehen sich die gestellten Fragen nur auf die bis zur Auftragserteilung vorgefallenen ersten beiden Unfallereignisse. Das Gutachten beurteilt jedoch die Situation unter Berücksichtigung aller drei Unfälle (vgl. dazu auch die Mitteilung des dritten Unfalles durch den Unfallversicherer mit Schreiben vom 13. März 2006). Auch der Einwand, das Gutachten der medizinischen Gutachtenstelle Y._ sei überzeugender, weil es die Unterschriften aller beteiligten Experten aufweise, ist unbehelflich. Massgebend ist vielmehr, dass die verschiedenen Teilgutachter bei der Gesamtbeurteilung mitgewirkt haben. Dies ist auch beim Gutachten des medizinischen Zentrums X._ der Fall. Anhaltspunkte, dass diese Aussage des federführenden Gutachters nicht zutreffend sein soll, bestehen keine und werden auch nicht geltend gemacht. Schliesslich fällt auf, dass im Gutachten der medizinischen Gutachtenstelle Y._ die Experten im Rahmen ihres Teilgutachtens einen Befund erheben, doch fehlt es an einer allgemeinen objektiven Befundaufnahme im Sinne eines Allgemeinstatus und allfälliger Laborwerte. So ist etwa nicht nachvollziehbar, dass sich die Gutachter der medizinischen Gutachtenstelle Y._ angesichts des Status nach Bulimie mit der subjektiven Gewichtsangabe durch die Versicherte begnügten, obwohl sie vom Psychiater als "schlank bis mager" beurteilt wird. Die Frage, welches der beiden Gutachten inhaltlich massgebend ist, kann jedoch nicht abschliessend beurteilt werden. Während die Experten der medizinischen Gutachtenstelle Y._ in ihrem Gutachten sich mit der Einschätzung der Begutachter des medizinischen Zentrums X._ auseinandersetzen konnten, findet sich bei den Akten keinerlei Stellungnahme des medizinischen Zentrums X._ zum Gutachten der medizinischen Gutachtenstelle Y._; im Rahmen des unfallversicherungsrechtlichen Verfahrens hatte die Vorinstanz das medizinische Zentrum X._ lediglich aufgefordert, sich zur Aufteilung der Unfallfolgen auf die drei Unfälle zu äussern. Es ist nicht ersichtlich, weshalb das Gutachten der medizinischen Gutachtenstelle Y._ aus fachlicher Sicht nicht überzeugt. Somit ist die Sache an die Vorinstanz zurückzuweisen, damit diese den Experten des medizinischen Zentrums X._ Gelegenheit zur Stellungnahme zum Gutachten der medizinischen Gutachtenstelle Y._ gewährt und hernach über die Massgeblichkeit der beiden Gutachten entscheidet oder allenfalls ein Obergutachten in Auftrag gibt. Denn die Beantwortung der Frage nach der zumutbaren Arbeitsfähigkeit ist relevant für die Beurteilung allfälliger Leistungen nach dem 1. November 2006. 7. Die Kosten eines von der versicherten Person veranlassten Gutachtens sind vom Versicherungsträger dann zu übernehmen, wenn sich der medizinische Sachverhalt erst auf Grund des neu beigebrachten Untersuchungsergebnisses schlüssig feststellen lässt und dem Unfallversicherer insoweit eine Verletzung der ihm im Rahmen des Untersuchungsgrundsatzes obliegenden Pflicht zur rechtsgenüglichen Sachverhaltsabklärung vorzuwerfen ist (RKUV 2004 Nr. U 503 S. 186 [U 282/00] und Urteil 8C_542/2008 vom 20. November 2008, E. 6.1). Wie es sich damit verhält, kann im jetzigen Zeitpunkt noch nicht gesagt werden (vgl. E. 6.5). Somit ist die Sache auch in diesem Punkt an die Vorinstanz zurückzuweisen, damit sie nach Abklärung im Sinne der Erwägungen über dieses Begehren erneut entscheide. 8. Das Verfahren ist kostenpflichtig. Die Parteien haben die Gerichtskosten im Masse ihres Unterliegens zu tragen (<ref-law>). Die Versicherte hat Anspruch auf eine reduzierte Parteientschädigung (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird teilweise gutgeheissen und der Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 12. Februar 2009 aufgehoben. Es wird festgestellt, dass die Beschwerdeführerin von August bis September 2003 Anspruch auf eine halbe Invalidenrente hat. Die Sache wird an die Vorinstanz zurückgewiesen, damit sie im Sinne der Erwägungen verfahre und über die Beschwerde gegen die Verfügungen vom 8. November 2007 neu entscheide. Im Übrigen wird die Beschwerde abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden zu drei Vierteln der Beschwerdegegnerin und zu einem Viertel der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Die Beschwerdegegnerin hat die Beschwerdeführerin für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 2100.- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich, der Ausgleichskasse des Kantons Zürich und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 1. Oktober 2009 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin: Ursprung Riedi Hunold
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2,003
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Faits: Faits: A. Le 26 juin 1997, le Juge d'instruction du canton de Genève a inculpé le ressortissant autrichien L._ de divers délits patrimoniaux qu'il aurait commis dans la gestion des sociétés d'édition qu'il dirigeait. Le 12 septembre 2001, L._ a été placé en détention préventive. Le 27 décembre 2001, la Chambre d'accusation du canton de Genève a subordonné sa libération provisoire au versement d'une caution d'un montant de 2'000'000 fr. L._ n'a pas versé la caution, dont la Chambre d'accusation a maintenu le principe, mais réduit le montant à 1'200'000 fr., le 25 juin 2002. Par arrêt du 23 septembre 2002 (cause 1P.249/2002), le Tribunal fédéral a rejeté, dans la mesure où il était recevable, le recours de droit public formé contre cette décision par L._. Celui-ci n'a pas versé la caution. Le 14 février 2003, la Cour d'assises du canton de Genève a reconnu L._ coupable d'escroquerie par métier, banqueroute frauduleuse et diminution effective de l'actif au préjudice des créanciers. Elle l'a condamné pour ces faits à la peine de quatre ans de réclusion, sous déduction d'un an, cinq mois et deux jours de détention préventive. Elle a fixé le solde de la peine à subir à deux ans, six mois et vingt-huit jours. Contre cet arrêt, L._ a formé un pourvoi en cassation, qui est pendant. Il a été maintenu en détention. Le 10 juin 2003, la Chambre d'accusation a rejeté la demande de suppression de caution, dont elle a réduit le montant à 200'000 fr. Le 10 juin 2003, la Chambre d'accusation a rejeté la demande de suppression de caution, dont elle a réduit le montant à 200'000 fr. B. Agissant par la voie du recours de droit public, L._ demande principalement au Tribunal fédéral d'ordonner la suppression des sûretés et d'assortir sa libération provisoire d'autres conditions, à l'exception de sûretés ou de caution. A titre subsidiaire, il requiert l'annulation de la décision attaquée et le renvoi de la cause à l'autorité cantonale pour nouvelle décision au sens des considérants. Il invoque les art. 8, 9, 29, 31 et 32 Cst., ainsi que les art. 5 et 6 CEDH. La Chambre d'accusation se réfère à sa décision. Le Procureur général propose le rejet du recours.
Le Tribunal fédéral considère en droit: Le Tribunal fédéral considère en droit: 1. Selon le recourant, les conditions légales pour subordonner sa libération provisoire au versement d'une caution dans l'attente du prononcé de la Cour de cassation ne seraient pas réunies. Le montant de la caution réclamée serait prohibitif. La Chambre d'accusation l'aurait fixé arbitrairement, sans tenir compte de sa situation financière. Tels qu'ils sont formulés sous ce rapport, les griefs tirés des art. 9, 29 et 31 Cst., ainsi que des art. 5 par. 3 et 6 par. 2 CEDH se confondent. 1.1 Contre le jugement de condamnation, le recourant a déposé un pourvoi en cassation, pendant. En pareil cas, l'arrêt de la Cour d'assises tient lieu de mandat d'arrêt jusqu'à la décision de la Cour de cassation, sous réserve d'une mise en liberté provisoire (<ref-law>/GE, renvoyant aux <ref-law>/GE). La Chambre d'accusation peut ordonner la mise en liberté moyennant des sûretés et obligations (<ref-law>/GE), lesquelles ont pour but de garantir la présence de l'inculpé aux actes de la procédure et sa soumission au jugement (<ref-law>/GE). Cette disposition correspond à l'art. 5 par. 3, dernière phrase, CEDH, à teneur duquel la mise en liberté peut être subordonnée à une garantie assurant la comparution de l'inculpé à l'audience. L'importance de la garantie doit être appréciée au regard des ressources du prévenu, de ses liens avec des personnes pouvant lui servir de caution, et à la confiance qu'on peut avoir que la perspective de perdre le montant agira comme un frein suffisamment puissant pour écarter toute velléité de fuite (<ref-ruling> consid. 4a p. 187, citant l'arrêt rendu le 27 juin 1968 par la Cour européenne des droits de l'homme dans l'affaire Neumeister c. Autriche, Série A, vol. 7, par. 14). Le montant de la caution est prohibitif lorsque l'autorité sait ou devrait admettre, sur la base des renseignements disponibles, qu'il sera impossible au prévenu de trouver les fonds nécessaires. A cet égard, il y a lieu de se fonder sur les possibilités présumées du prévenu qu'il puisse réunir les fonds réclamés, grâce à ses propres ressources ou à l'aide de parents ou d'amis (<ref-ruling> consid. 4a p. 188; cf. aussi l'arrêt du 23 septembre 2002, précité, consid. 2.2). Lorsque l'instruction pénale porte sur des détournements de fonds importants, dont une grande partie n'a pas pu être récupérée, l'autorité chargée de fixer la caution doit faire preuve d'une grande prudence, car il est toujours à craindre que le prévenu ne profite de sa mise en liberté pour tenter de récupérer le produit de l'infraction soustrait à la justice. L'autorité ne peut pas, dans ce cadre, faire abstraction du montant des sommes détournées et fixer le montant de la caution en ne tenant compte que de la situation actuelle du prévenu, indépendamment des agissements délictueux qu'il aurait commis (arrêt du 23 septembre 2002, précité, consid. 2.2; cf. aussi l'arrêt de la Cour européenne des droits de l'homme dans la cause Punzelt c. République tchèque, du 25 avril 2000, par. 85ss). 1.2 Pour la Chambre d'accusation, le risque de fuite continuera d'exister jusqu'à droit jugé sur le pourvoi en cassation, compte tenu de la nationalité étrangère du recourant et du fait qu'il lui reste à subir plus de la moitié de la peine infligée par la Cour d'assises. Le recourant objecte à cela que sa femme et son fils résideraient à Genève, ce qui exclurait tout risque de fuite. Cet élément n'est pas déterminant. Le recourant indique se trouver, ainsi que sa famille, dans une situation financière très compromise. Complètement ruiné, il ne disposerait pour sa part d'aucun fonds. Quant à son épouse, elle occuperait un emploi dont le salaire mensuel (de l'ordre de 4600 fr.) ne suffirait pas à faire face aux frais du ménage, au paiement des primes d'assurance et au remboursement des lourdes dettes accablant la famille. En pareil cas, il est à craindre que le recourant ne profite d'une libération provisoire pour fuir à l'étranger avec toute sa famille plutôt que d'attendre le prononcé de la Cour de cassation, qui pourrait ne pas lui être favorable. La Chambre d'accusation pouvait ainsi retenir l'existence d'un risque concret de fuite. Contrairement à ce que soutient le recourant, celle-ci n'avait pas à prendre en compte la perspective (incertaine, en l'occurrence) d'une libération conditionnelle ou de l'octroi d'un régime de semi-liberté (cf. <ref-ruling> consid. 6 p. 215). 1.3 Selon la Chambre d'accusation, aucun élément nouveau ne permettrait d'affirmer que le recourant se trouverait dans l'incapacité de fournir le montant de la caution, fixé à 200'000 fr. Le recourant critique cette appréciation, qu'il tient pour arbitraire. Dépourvu et sans soutien, il ne disposerait pas des moyens de réunir le montant réclamé. Comme succédané de la détention préventive, la caution est une application du principe de la proportionnalité dans le domaine de la détention préventive, laquelle ne doit être ordonnée ou maintenue que si aucune autre mesure moins incisive n'est envisageable (<ref-ruling> consid. 2a p. 208). Dans l'arrêt du 23 septembre 2002 (consid. 2.3.2), le principe de la caution avait été admis en tenant compte de l'importance des délits patrimoniaux (portant sur un montant total d'environ 13'000'000 fr.) dont le recourant était soupçonné à l'époque (cf. notamment l'arrêt Punzelt, précité). Dans son verdict, la Cour d'assises a évalué à 10'000'000 fr. le dommage causé aux parties civiles, sans pouvoir déterminer si l'enrichissement était supérieur à ce montant estimatif (arrêt du 14 février 2003, pages 1D et 2D). Pour le surplus, toutes les sociétés que le recourant avait utilisées pour les activités mises à sa charge sont faillies. Les indices qui pouvaient laisser à penser que le recourant ait caché une partie du butin (cf. arrêt du 23 septembre 2002), se sont estompés. En tout cas, ils n'ont pas été confirmés. Dans ces conditions, l'affirmation selon laquelle le recourant devrait être en mesure de fournir la caution réclamée, est privée de fondement. Le recours doit être admis sur ce point et la décision attaquée annulée, sans qu'il soit nécessaire d'examiner les autres griefs soulevés. Comme succédané de la détention préventive, la caution est une application du principe de la proportionnalité dans le domaine de la détention préventive, laquelle ne doit être ordonnée ou maintenue que si aucune autre mesure moins incisive n'est envisageable (<ref-ruling> consid. 2a p. 208). Dans l'arrêt du 23 septembre 2002 (consid. 2.3.2), le principe de la caution avait été admis en tenant compte de l'importance des délits patrimoniaux (portant sur un montant total d'environ 13'000'000 fr.) dont le recourant était soupçonné à l'époque (cf. notamment l'arrêt Punzelt, précité). Dans son verdict, la Cour d'assises a évalué à 10'000'000 fr. le dommage causé aux parties civiles, sans pouvoir déterminer si l'enrichissement était supérieur à ce montant estimatif (arrêt du 14 février 2003, pages 1D et 2D). Pour le surplus, toutes les sociétés que le recourant avait utilisées pour les activités mises à sa charge sont faillies. Les indices qui pouvaient laisser à penser que le recourant ait caché une partie du butin (cf. arrêt du 23 septembre 2002), se sont estompés. En tout cas, ils n'ont pas été confirmés. Dans ces conditions, l'affirmation selon laquelle le recourant devrait être en mesure de fournir la caution réclamée, est privée de fondement. Le recours doit être admis sur ce point et la décision attaquée annulée, sans qu'il soit nécessaire d'examiner les autres griefs soulevés. 2. Cela n'entraîne pas la libération du recourant, en raison du risque concret de fuite (consid. 1.2 ci-dessus). La détention doit être maintenue jusqu'à la nouvelle décision que prendra la Chambre d'accusation. Celle-ci devra envisager soit de maintenir purement et simplement la détention, eu égard au risque de fuite, soit assortir la libération provisoire de mesures propres à assurer que le recourant ne se soustraira pas à l'action de la justice. Il est statué sans frais (art. 156 OJ). Le recourant a agi en personne; l'allocation de dépens - qu'il n'a au demeurant pas requise - n'entre pas en ligne de compte (art. 159 OJ).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est admis et la décision attaquée annulée. 1. Le recours est admis et la décision attaquée annulée. 2. La demande de libération est rejetée. 2. La demande de libération est rejetée. 3. Il n'est pas perçu d'émolument judiciaire, ni alloué de dépens. 3. Il n'est pas perçu d'émolument judiciaire, ni alloué de dépens. 4. Le présent arrêt est communiqué en copie au recourant, au Ministère public et à la Chambre d'accusation du canton de Genève. Lausanne, le 30 juillet 2003 Au nom de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le président: Le greffier:
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Sachverhalt: A. A.a Die 1957 geborene W._ war bei der R._ angestellt und damit bei der Zürich Versicherungs-Gesellschaft (nachfolgend: Zürich) gegen die Folgen von Unfällen versichert, als sie am 10. Oktober 1997 beim Anfahren vor einem Rotlicht mit ihrem Auto in das vor ihr stehend Fahrzeug fuhr. Sie litt danach unter Schulter- und Nackenschmerzen, Blockaden in der Halswirbelsäule (HWS) und später dann an Kopfschmerzen, Müdigkeit und Konzentrationsstörungen. In der Folge steigerte sie ihre Arbeitstätigkeit wieder auf 100 %. A.b Am 23. Januar 2000 rutschte W._ aus, stürzte und brach sich dabei das rechte Handgelenk. Zu diesem Zeitpunkt war sie bei der Winterthur International (heute: AXA Versicherungen AG; nachfolgend: AXA) unfallversichert. Die ärztliche Behandlung dauerte bis 11. Juli 2000. Am 7. November 2001 meldete sie einen Rückfall zum Unfall vom 10. Oktober 1997. Mit Verfügung vom 23. Mai 2003 sprach die Zürich W._ eine Integritätsentschädigung gestützt auf einen Integritätsschaden von 7 % zu und verneinte den Anspruch auf eine Rente der Unfallversicherung. A.c Am 4. Juni 2005 erlitt sie mit ihrem Fahrzeug in einer Kolonne stehend einen Auffahrunfall. Die AXA, bei der sie versichert war, erbrachte die gesetzlichen Leistungen. Am 21. Juli 2007 erstattete das Spital B._ ein polydisziplinäres Gutachten. Mit Verfügung vom 16. Juni 2008 und Einspracheentscheid vom 9. Januar 2009 stellte die AXA die Versicherungsleistungen ein. Auch die Zürich stellte mit Verfügung vom 22. Januar 2008 und Einspracheentscheid vom 16. März 2009 ihre Leistungen ein. B. W._ liess gegen beide Einspracheentscheide Beschwerde erheben. Das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich vereinigte die beiden Verfahren und wies mit Entscheid vom 6. Dezember 2010 die Beschwerden ab. C. Mit Beschwerde lässt W._ die Aufhebung des vorinstanzlichen Entscheides und von der AXA die Ausrichtung einer Rente basierend auf einem Invaliditätsgrad von mindestens 70 % ab Juli 2006 beantragen. Die AXA sei zudem zu verpflichten, eine Integritätsentschädigung gestützt auf einen Integritätsschaden von 45 % zu bezahlen. Ferner wird die Zusprache einer Prozessentschädigung für das vorinstanzliche Verfahren beantragt. Die Zürich beantragt, es sei festzustellen, dass der Entscheid der Vorinstanz hinsichtlich ihrer Leistungspflicht unangefochten geblieben sei und demzufolge keine Leistungspflicht der Zürich bestehe. Eventualiter sei die Beschwerde hinsichtlich der Leistungspflicht der Zürich abzuweisen. Die AXA schliesst auf Abweisung der Beschwerde. Das Bundesamt für Gesundheit verzichtet auf eine Vernehmlassung.
Erwägungen: 1. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann wegen Rechtsverletzung gemäss Art. 95 f. BGG erhoben werden. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (<ref-law>). Es prüft grundsätzlich nur die geltend gemachten Rügen, sofern die rechtlichen Mängel nicht geradezu offensichtlich sind (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG; <ref-ruling> E. 1.4.1 S. 254). Im Beschwerdeverfahren um die Zusprechung oder Verweigerung von Geldleistungen der Unfallversicherung ist das Bundesgericht nicht an die vorinstanzliche Feststellung des rechtserheblichen Sachverhalts gebunden (Art. 97 Abs. 2 und Art. 105 Abs. 3 BGG). 2. Die Zusprechung von Leistungen der obligatorischen Unfallversicherung setzt grundsätzlich das Vorliegen eines Berufsunfalles, eines Nichtberufsunfalles oder einer Berufskrankheit voraus (<ref-law>). Der Unfallversicherer haftet jedoch für einen Gesundheitsschaden nur insoweit, als dieser nicht nur in einem natürlichen, sondern auch in einem adäquaten Kausalzusammenhang zum versicherten Ereignis steht (<ref-ruling> E. 3 S. 181). Dabei spielt die Adäquanz als rechtliche Eingrenzung der sich aus dem natürlichen Kausalzusammenhang ergebenden Haftung des Unfallversicherers im Bereich organisch objektiv ausgewiesener Unfallfolgen praktisch keine Rolle, da sich hier die adäquate weitgehend mit der natürlichen Kausalität deckt (<ref-ruling> E. 2 S. 111 f.; <ref-ruling> E. 5b/bb S. 103). Sind die geklagten Beschwerden natürlich unfallkausal, nicht aber objektiv ausgewiesen, so ist bei der Beurteilung der Adäquanz vom augenfälligen Geschehensablauf auszugehen, und es sind gegebenenfalls weitere unfallbezogene Kriterien einzubeziehen (<ref-ruling> E. 2.1 S. 111 f.). 3. Streitig und zu prüfen ist der Kausalzusammenhang zwischen dem Unfallereignis vom 4. Juni 2005 und den noch geklagten Beschwerden. 3.1 Das kantonale Gericht stützte sich bei seiner Beurteilung einerseits auf das polydisziplinäre Gutachten des Spitals B._ vom 21. Juli 2007. Andererseits berücksichtigte es die Stellungnahmen der beiden beratenden Ärzte der AXA Dr. med. H._ vom 29. November 2007 und 5. Juni 2008 sowie Dr. med. A._ vom 29. Mai 2009. Es folgte dem Gutachten des Spitals B._ insofern, als es einen natürlichen Kausalzusammenhang zwischen den noch geklagten Beschwerden und dem Verkehrsunfall vom 10. Oktober 1997 sowie der beim Sturz vom 23. Januar 2000 erlittenen Radiusfraktur verneinte. Dies ist unbestritten. Eine Leistungspflicht der Zürich besteht daher nicht. 3.2 Die Gutachter des Spitals B._ diagnostizierten bei der Beschwerdeführerin im Wesentlichen ein chronisches zervikozephales und rechtsseitiges zerviko-spondylogenes Schmerzsyndrom. Sie beurteilten eine deutliche Osteochondrose C4/5 als organisches Substrat für die Nackenbeschwerden, die Ausstrahlungen gegen den Hinterkopf und rechten Gesichtsschädel sowie den rechten Arm. Bereits im Dezember 1997 sei im MRI eine diskrete mediale Diskusprotrusion C4/5 dokumentiert gewesen. Bei einer weiteren Befunderhebung vom 26. Februar 2002 sei keine wesentliche Änderung festgestellt worden. Hingegen sei zwischen diesem Zeitpunkt und dem MRI vom 20. Juni 2006 eine eindeutige Progredienz eingetreten. In diesem Zeitraum liege auch der Unfall vom 4. Juni 2005. Es scheine daher wahrscheinlich, dass dieser Unfall zu einer richtunggebenden Verschlimmerung geführt habe, wenn gleich dies anhand der lückenhaften Dokumentation radiologisch nicht mit letzter Sicherheit aufgezeigt werden könne. Die beratende Ärzte der AXA, Dres. med. H._ und A._, widersprachen dieser Beurteilung. Sie kamen mit Verweis auf verschiedene Aussagen im Gutachten zum Schluss, die erhobenen objektiven Befunde an der HWS seien jedenfalls nicht überwiegend wahrscheinlich unfallkausal. Dr. med. H._ verwies z.B. auf die Aussagen der Gutachter, dass eine Zunahme der degenerativen Befunde nie linear verlaufe, sodass aus dieser Zunahme nicht auf eine unfallkausale richtunggebende Verschlimmerung geschlossen werden könne. Die Röntgenuntersuchungen zeigten vor allem Veränderungen der HWS links, während die klinischen Symptome vor allem rechts aufträten, was unterstreiche, dass die radiologisch feststellbaren Verschlechterungen wahrscheinlich nicht relevant sein dürften. 3.3 Nach Einholung eines externen Gutachtens im Sinne von <ref-law> kann grundsätzlich nicht lediglich gestützt auf Stellungnahmen versicherungsinterner Ärzte, die diesem widersprechen, ohne weitere Abklärungen vom Gutachten abgewichen werden. Sprechen konkrete Indizien gegen die Zuverlässigkeit einer solchen Expertise (<ref-ruling> E. 3b/bb S. 353), ist ein weiteres Gutachten einzuholen. Vorliegend widerspricht die Kausalitätsbeurteilung der Gutachter allerdings einer anerkannten medizinischen Erfahrungstatsache im Bereich des Unfallversicherungsrecht. Danach können degenerative Veränderungen an der Wirbelsäule nur ganz ausnahmsweise als im eigentlichen Sinne unfallbedingt angesehen werden. Eine unfallbedingte Veränderung muss organisch objektiv ausgewiesen sein (vgl. SVR 2008 UV Nr. 36 S. 137, 8C_637/2007 E. 2.2; Urteile 8C_623/2009 vom 2. März 2009 E. 3 und 8C_999/2008 30. Juli 2009 E. 3). Bei Fehlen unfallbedingter Wirbelkörperfrakturen oder struktureller Läsionen an der Wirbelsäule ist in der Regel nach sechs bis neun Monaten, spätestens jedoch nach einem Jahr davon auszugehen, die durch den Unfall verursachte Verschlimmerung des Vorzustandes habe sich auf jenen Zustand zurückgebildet, der sich aufgrund des schicksalsmässigen Verlaufs des krankhaften Vorzustandes auch ohne Unfall mit überwiegender Wahrscheinlichkeit eingestellt hätte (SVR 2008 UV Nr. 11 S. 34, U 290/06 E. 4.2.1 mit weiteren Hinweisen, Urteil 8C_129/2009 vom 15. September 2009 E. 4.1). Angesichts dieser Erfahrungstatsache kann auf die Einholung eines weiteren Gutachtens in antizipierter Beweiswürdigung verzichtet werden. Es ist unbestritten, dass das Unfallereignis vom 4. Juni 2005 zu keinen strukturellen Wirbelkörperfrakturen oder strukturellen Läsionen/Verletzungen an der Wirbelsäule geführt hat. Auch die neuropsychologischen Einschränkungen beruhen aufgrund der medizinischen Abklärungen nicht auf einer traumatischen Hirnverletzung oder bildgebend ausgewiesenen, unfallbedingten Befunden an Schädel oder HWS, womit sie selber keine organische Unfallfolge darstellen (<ref-ruling> E. 2b/bb S. 341; Urteil 8C_715/2009 vom 30. März 2010 E. 4). Da die zum Zeitpunkt der Leistungseinstellung geklagten Beschwerden somit nicht auf hinreichend nachweisbaren organischen unfallbedingten Befunden beruhen, durfte die Vorinstanz im Ergebnis zu Recht eine Prüfung der Adäquanz vornehmen (vgl. E. 2 hievor). 4. Bei der Beurteilung der Adäquanz ist vom augenfälligen Geschehensablauf auszugehen, und es sind gegebenenfalls weitere unfallbezogene Kriterien einzubeziehen (<ref-ruling> E. 2.1 S. 111 f.). Hat die versicherte Person einen Unfall erlitten, welcher die Anwendung der Schleudertrauma-Rechtsprechung rechtfertigt, so sind hierbei die durch <ref-ruling> E. 10 S. 126 ff. präzisierten Kriterien massgebend. 4.1 Die Vorinstanz beurteilte den Autoauffahrunfall vom 4. Juni 2005 unbestrittenermassen als mittelschweres Ereignis im Grenzbereich zu den leichten Unfällen. Dies ist nicht zu beanstanden. Gemäss Unfallanalyse der Zürich vom 15. Dezember 2005 betrug die kollisionsbedingte Geschwindigkeitsänderung 8.3 bis 11.8 km/h. Für die Bejahung des adäquaten Kausalzusammenhangs müssten folglich von den Adäquanzkriterien entweder ein einzelnes in besonders ausgeprägter Weise oder aber mehrere in gehäufter oder auffallender Weise gegeben sein. 4.2 Die Beschwerdeführerin macht zu Recht nicht geltend, die Adäquanzkriterien der besonders dramatischen Begleitumstände oder besonderen Eindrücklichkeit des Unfalls sowie der ärztlichen Fehlbehandlung, welche die Unfallfolgen erheblich verschlimmerten, seien erfüllt. Ebenso unbestritten kann das Kriterium der Schwere oder besonderen Art der Verletzung wegen der Vorschädigung der HWS und das Kriterium der erheblichen Beschwerden bejaht werden, wie dies die Vorinstanz tat. 4.2 Die Beschwerdeführerin macht zu Recht nicht geltend, die Adäquanzkriterien der besonders dramatischen Begleitumstände oder besonderen Eindrücklichkeit des Unfalls sowie der ärztlichen Fehlbehandlung, welche die Unfallfolgen erheblich verschlimmerten, seien erfüllt. Ebenso unbestritten kann das Kriterium der Schwere oder besonderen Art der Verletzung wegen der Vorschädigung der HWS und das Kriterium der erheblichen Beschwerden bejaht werden, wie dies die Vorinstanz tat. 4.3 4.3.1 Das Kriterium der fortgesetzten, spezifischen Behandlung verneinte die Vorinstanz zu Recht. Im Vergleich zur früheren Rechtsprechung wurde der Gehalt dieses Kriteriums in <ref-ruling> E. 10.2.3 S. 128 inzwischen neu gefasst. Zudem kann aufgrund der Physiotherapie-Übungen, welche die Beschwerdeführerin vor allem zuhause ausführt, und der medizinischen Trainingstherapie, die in Ausdauertraining auf dem Velo und Übungen an verschiedenen Geräten besteht, sowie der Medikamenteneinnahme dieses Kriterium nicht bejaht werden. 4.3.2 Ebenfalls nicht erfüllt ist das Kriterium des schwierigen Heilungsverlaufs. Aus den erheblichen Beschwerden - welche im Rahmen des spezifischen Adäquanzkriteriums zu berücksichtigen sind - darf nicht auf einen schwierigen Heilungsverlauf geschlossen werden. Es bedarf hiezu besonderer Gründe, welche die Heilung beeinträchtigt haben. Die Einnahme von Medikamenten und die Durchführung von Therapien, auch vier Jahre nach dem Unfall, genügen nicht zur Bejahung dieses Kriteriums. 4.3.3 Das Kriterium der erheblichen Arbeitsunfähigkeit trotz ausgewiesener Anstrengungen (vgl. die Präzisierung dazu in <ref-ruling> E. 10.2.7 S. 129) kann schliesslich offen gelassen werden. Denn selbst wenn dieses Kriterium bejaht wird, ändert dies im Ergebnis nichts an der Adäquanzbeurteilung. 4.4 Somit ergibt sich, dass höchstens drei der Adäquanzkriterien erfüllt sind, jedoch nicht in besonders ausgeprägt oder auffallender Weise. Dies reicht zur Adäquanzbejahung praxisgemäss nicht aus. Die Vorinstanz verneinte damit zu Recht einen adäquaten Kausalzusammenhang zwischen dem Unfall vom 4. Juni 2005 sowie den geklagten Beschwerden und damit einen Rentenanspruch der Beschwerdeführerin. 5. Bei fehlendem adäquaten Kausalzusammenhang zwischen Unfall und Beschwerden ist auch die Verneinung des Anspruchs auf Integritätsentschädigung durch das kantonale Gericht nicht zu beanstanden. Die Beschwerde ist demzufolge abzuweisen. 6. Die Gerichtskosten werden der Beschwerdeführerin als unterliegender Partei auferlegt (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 750.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich und dem Bundesamt für Gesundheit schriftlich mitgeteilt. Luzern, 14. September 2011 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Ursprung Der Gerichtsschreiber: Kathriner
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2,012
de
Nach Einsicht in die Verfassungsbeschwerde gegen den Beschluss vom 30. März 2012 des Obergerichts des Kantons Zürich, das auf eine Beschwerde der Beschwerdeführerin gegen ein ihre Klage (auf Beseitigung von Töpfen auf den Terrassenbrüstungen sowie auf Zurückschneiden von Pflanzen auf den Balkonen) abweisendes Urteil des Bezirksgerichts Meilen nicht eingetreten ist,
in Erwägung, dass gegen den in einer vermögensrechtlichen Angelegenheit ergangenen Beschluss des Obergerichts mangels Erreichens der Streitwertgrenze (Art. 74 Abs. 1 lit. b BGG) und mangels Vorliegens einer Ausnahme gemäss Art. 74 Abs. 2 BGG allein die subsidiäre Verfassungsbeschwerde nach Art. 113ff. BGG offen steht, weshalb die Eingabe der Beschwerdeführerin als solche entgegengenommen worden ist, dass im Hinblick auf den Verfahrensausgang ausnahmsweise davon abgesehen wird, die Beschwerdeführerin zur Unterzeichnung der (von einem Nichtanwalt und daher von einer nicht vertretungsbefugten Person unterzeichneten: Art. 40 Abs. 1 BGG) Beschwerde aufzufordern (Art. 42 Abs. 5 BGG), dass in einer subsidiären Verfassungsbeschwerde die Rüge der Verletzung verfassungsmässiger Rechte vorzubringen und zu begründen (Art. 117 i.V.m. Art. 106 Abs. 2 BGG sowie Art. 116 BGG), d.h. anhand der Erwägungen des kantonalen Entscheids klar und detailliert darzulegen ist, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch diesen Entscheid verletzt sein sollen (<ref-ruling> E. 3.1 S. 399), ansonst auf die Beschwerde nicht eingetreten wird (Art. 117 i.V.m. Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG), dass sodann in einem Fall wie dem vorliegenden, wo sich die Verfassungsbeschwerde gegen einen auf mehreren selbstständigen Begründungen beruhenden kantonalen Entscheid richtet, auf Grund jeder dieser Begründungen nach den erwähnten Anforderungen eine Verfassungsverletzung darzulegen ist (<ref-ruling> E. 6), dass das Obergericht im Beschluss vom 30. März 2012 erwog, die Beschwerde der Beschwerdeführerin genüge den Anforderungen an die Beschwerdebegründung nicht, die Beschwerdeführerin habe es auch unterlassen, ihre Beschwerde zu ergänzen, neue Vorbringen und Beweismittel seien im Beschwerdeverfahren ohnehin unzulässig, auf die Beschwerde sei daher nicht einzutreten, im Übrigen wäre das erstinstanzliche Urteil zu bestätigen, wenn auf die Beschwerde eingetreten würde, dass die Beschwerdeführerin in ihrer Eingabe an das Bundesgericht zwar den Beschluss des Obergerichts pauschal als willkürlich bezeichnet, dass sie damit jedoch nicht in nachvollziehbarer Weise auf die obergerichtliche Hauptbegründung eingeht, dass sie erst recht nicht anhand dieser Hauptbegründung nach den gesetzlichen Anforderungen, d.h. klar und detailliert aufzeigt, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch den Beschluss des Obergerichts vom 30. März 2012 verletzt sein sollen, dass somit auf die - offensichtlich keine hinreichende Begründung enthaltende - Verfassungsbeschwerde in Anwendung von Art. 117 i.V.m. Art 108 Abs. 1 lit. b BGG nicht einzutreten ist, dass die unterliegende Beschwerdeführerin kostenpflichtig wird (Art. 66 Abs. 1 BGG), dass in den Fällen des Art. 117 i.V.m. Art. 108 Abs. 1 BGG das vereinfachte Verfahren zum Zuge kommt und die Abteilungspräsidentin zuständig ist,
erkennt die Präsidentin: 1. Auf die Verfassungsbeschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.-- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Zürich schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 30. April 2012 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Hohl Der Gerichtsschreiber: Füllemann
CH_BGer_005
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2,015
it
Considerando: che con decisione 11 giugno 2015 il Pretore aggiunto del Distretto di Lugano ha stralciato dai ruoli, per mancato versamento dell'anticipo delle spese giudiziarie, la causa introdotta da A._ nei confronti della B._SA in materia di diritto di risposta (art. 28g segg. CC); che con sentenza 20 luglio 2015 la III Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino ha dichiarato inammissibile un reclamo proposto da A._ contro tale decisione pretorile, siccome tardivo; che la Corte cantonale ha pure rilevato a titolo abbondanziale l'infondatezza del rimedio: non avendo ricevuto nei termini assegnati né il pagamento dell'anticipo delle spese né la documentazione attestante l'avvenuto versamento, a ragione il Pretore aggiunto ha stralciato la causa dai ruoli; che con ricorso 30 agosto 2015 A._ chiede al Tribunale federale di "redimere la questione " e, implicitamente, di essere posta al beneficio dell'assistenza giudiziaria; che giusta l'<ref-law> il ricorrente deve spiegare nei motivi del ricorso, in modo conciso e confrontandosi con i considerandi della sentenza impugnata (<ref-ruling> consid. 2; <ref-ruling> consid. 2.1), perché l'atto impugnato viola il diritto; che in virtù dell'<ref-law> il Tribunale federale esamina la violazione di diritti fondamentali e di disposizioni di diritto cantonale e intercantonale soltanto se il ricorrente ha sollevato e motivato tale censura; che quando, come nella fattispecie, la sentenza impugnata si fonda su due motivazioni indipendenti, alternative o sussidiarie, il ricorrente deve confrontarsi con entrambe, sotto pena di inammissibilità del ricorso, e l'impugnativa può unicamente essere accolta se le critiche volte contro tutte e due le motivazioni si rivelano fondate (<ref-ruling> consid. 4.1.4 con rinvii); che in concreto la ricorrente non spende una parola per contestare la motivazione principale del giudizio cantonale relativa alla tardività del reclamo, limitandosi a ribadire la tempestività del pagamento dell'anticipo delle spese giudiziarie in prima istanza; che pertanto il ricorso, manifestamente non motivato in modo sufficiente, si appalesa inammissibile e può essere deciso nella procedura semplificata dell'<ref-law>; che nel caso concreto si può rinunciare al prelievo di spese giudiziarie (art. 66 cpv. 1 seconda frase LTF); che in tali condizioni la domanda di assistenza giudiziaria della ricorrente diviene priva d'oggetto;
per questi motivi, il Presidente pronuncia: 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Non si prelevano spese giudiziarie. 3. Comunicazione alle parti e alla III Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
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2,007
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. X._ ist Eigentümer einer Stockwerkeinheit in A._. Er bewohnt im Parterre eine 41⁄2-Zimmer-Wohnung, zu welcher die Garage Nr. 6 gehört. Bei der Erstellung der betreffenden Liegenschaft wurden unter Berücksichtigung der Garagenvorplätze insgesamt zwölf Autoabstellplätze erstellt. Zwei davon, die Plätze Nrn. 3 und 4, wurden in Art. 5 des Stockwerkeigentümerreglements vom 28. Oktober 1994 als Besucherparkplätze ausgeschieden. Bei der Erstellung der betreffenden Liegenschaft wurden unter Berücksichtigung der Garagenvorplätze insgesamt zwölf Autoabstellplätze erstellt. Zwei davon, die Plätze Nrn. 3 und 4, wurden in Art. 5 des Stockwerkeigentümerreglements vom 28. Oktober 1994 als Besucherparkplätze ausgeschieden. B. Am 29. April 2003 beschloss die Stockwerkeigentümergemeinschaft mit vier gegen die eine Stimme des vertretenen X._ u.a. Änderungen bei der Parkierordnung (Schaffung neuer Parkplätze und Benutzungsmodalität dahingehend, dass die bisherigen und die neuen Parkplätze nicht nur von Besuchern, sondern auch von den Stockwerkeigentümern benutzt werden können). Mit Klage vom 27. Mai 2003 verlangte X._ die Aufhebung bzw. Nichtigerklärung dieser Beschlüsse. Mit Urteilen vom 15. Juni 2004 und 17. Mai 2005 haben sowohl das Bezirksgericht Baden als auch das Obergericht des Kantons Aargau die Klage abgewiesen. Das Obergericht anerkannte zwar, dass das kantonale und kommunale Baurecht die Erstellung und Erhaltung von Besucherparkplätzen fordert. Es verwies aber auf die Möglichkeit von Ausnahmen in der Baubewilligung und erwog, weil der Beschwerdeführer diese nicht eingereicht habe, könne nicht geprüft werden, ob die Reglementsänderung überhaupt gegen öffentliches Recht verstosse. Mit Klage vom 27. Mai 2003 verlangte X._ die Aufhebung bzw. Nichtigerklärung dieser Beschlüsse. Mit Urteilen vom 15. Juni 2004 und 17. Mai 2005 haben sowohl das Bezirksgericht Baden als auch das Obergericht des Kantons Aargau die Klage abgewiesen. Das Obergericht anerkannte zwar, dass das kantonale und kommunale Baurecht die Erstellung und Erhaltung von Besucherparkplätzen fordert. Es verwies aber auf die Möglichkeit von Ausnahmen in der Baubewilligung und erwog, weil der Beschwerdeführer diese nicht eingereicht habe, könne nicht geprüft werden, ob die Reglementsänderung überhaupt gegen öffentliches Recht verstosse. C. Mit Urteil vom 12. Dezember 2005 hob das Bundesgericht das obergerichtliche Urteil in dahingehender Gutheissung der Berufung von X._ auf und wies dies Sache zur Feststellung des massgeblichen Sachverhalts und zur neuen materiellen Beurteilung an das Obergericht zurück (5C.162/2005). Mit Urteil vom 11. September 2006 hat dieses die Klage erneut abgewiesen. Mit Urteil vom 11. September 2006 hat dieses die Klage erneut abgewiesen. D. Gegen dieses Urteil hat X._ am 25. Oktober 2006 sowohl Berufung als auch staatsrechtliche Beschwerde erhoben. Mit Letzterer verlangt er dessen Aufhebung und die Rückweisung der Sache an die Vorinstanz zur Durchführung eines gehörigen Beweisverfahrens sowie zur neuen Entscheidung. Die Beschwerdegegnerin und das Obergericht haben auf eine Vernehmlassung verzichtet.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. Am 1. Januar 2007 ist das Bundesgesetz über das Bundesgericht (BGG; SR 173.110) in Kraft getreten (AS 2006 1205, 1243). Der angefochtene Entscheid ist vorher ergangen, so dass noch die Bestimmungen des Bundesrechtspflegegesetzes (OG) anzuwenden sind (vgl. <ref-law>). Wird in der gleichen Sache sowohl Berufung als auch staatsrechtliche Beschwerde eingereicht, ist in der Regel zuerst über die staatsrechtliche Beschwerde zu befinden und die Entscheidung über die Berufung auszusetzen (Art. 57 Abs. 5 OG). Es besteht kein Anlass, anders zu verfahren. Wird in der gleichen Sache sowohl Berufung als auch staatsrechtliche Beschwerde eingereicht, ist in der Regel zuerst über die staatsrechtliche Beschwerde zu befinden und die Entscheidung über die Berufung auszusetzen (Art. 57 Abs. 5 OG). Es besteht kein Anlass, anders zu verfahren. 2. In seinem Urteil vom 12. Dezember 2005 hat das Bundesgericht in E. 2.3 festgehalten, dass für den Nachweis einer Ausnahmebewilligung die Stockwerkeigentümergemeinschaft beweisbelastet wäre, und es hat erwogen, dass als Voraussetzung für die Beantwortung der Rechtsfrage, ob die Reglementsänderung gegen das öffentlich-rechtliche Zweckerhaltungsgebot verstosse, in welchem Fall sie anfechtbar wäre, in tatsächlicher Hinsicht abzuklären sei, ob sämtliche Parkplätze dauerhaft von Stockwerkeigentümern belegt werden, wie dies vom Kläger behauptet werde. Das Obergericht hat in seinem neuen Urteil befunden, der Beschwerdeführer habe im erstinstanzlichen Verfahren einzig mit Bezug auf den Parkplatz Nr. 4 eine Benutzung durch die Familie S._ beanstandet. Hinsichtlich des Parkplatzes Nr. 3 habe er einfach eine regelmässige Beanspruchung durch die Bewohner der Liegenschaft behauptet. Dies genüge nicht zur Substanziierung, weshalb darüber auch gar kein Beweis abzunehmen sei. Für den Parkplatz Nr. 5 fehle es schliesslich gänzlich an irgendwelchen Vorbringen. Im obergerichtlichen Verfahren habe der Beschwerdeführer ergänzend ausgeführt, der Parkplatz Nr. 3 werde ausschliesslich durch den Sohn von Herrn T._ benutzt. Der neu geschaffene Parkplatz Nr. 5 werde faktisch ausschliesslich von Herrn U._ und dessen Freundin beansprucht. Diese Vorbringen seien indes novenrechtlich unbeachtlich, weil keine Entschuldigungsgründe vorgebracht würden. Offenbar sei der Sohn der Familie T._ in der Zwischenzeit ohnehin ausgezogen, was als echtes Novum zu berücksichtigen wäre. Habe aber der Beschwerdeführer die dauernde Benutzung der Parkplätze Nrn. 3 und 5 nicht nachgewiesen, könne offen bleiben, inwiefern der Platz Nr. 4 tatsächlich dauernd durch die Familie S._ belegt werde. Das Obergericht hat in seinem neuen Urteil befunden, der Beschwerdeführer habe im erstinstanzlichen Verfahren einzig mit Bezug auf den Parkplatz Nr. 4 eine Benutzung durch die Familie S._ beanstandet. Hinsichtlich des Parkplatzes Nr. 3 habe er einfach eine regelmässige Beanspruchung durch die Bewohner der Liegenschaft behauptet. Dies genüge nicht zur Substanziierung, weshalb darüber auch gar kein Beweis abzunehmen sei. Für den Parkplatz Nr. 5 fehle es schliesslich gänzlich an irgendwelchen Vorbringen. Im obergerichtlichen Verfahren habe der Beschwerdeführer ergänzend ausgeführt, der Parkplatz Nr. 3 werde ausschliesslich durch den Sohn von Herrn T._ benutzt. Der neu geschaffene Parkplatz Nr. 5 werde faktisch ausschliesslich von Herrn U._ und dessen Freundin beansprucht. Diese Vorbringen seien indes novenrechtlich unbeachtlich, weil keine Entschuldigungsgründe vorgebracht würden. Offenbar sei der Sohn der Familie T._ in der Zwischenzeit ohnehin ausgezogen, was als echtes Novum zu berücksichtigen wäre. Habe aber der Beschwerdeführer die dauernde Benutzung der Parkplätze Nrn. 3 und 5 nicht nachgewiesen, könne offen bleiben, inwiefern der Platz Nr. 4 tatsächlich dauernd durch die Familie S._ belegt werde. 3. Der Beschwerdeführer macht mit Bezug auf den "offenbar erfolgten" Auszug des Sohnes der Familie T._ eine Verletzung des rechtlichen Gehörs geltend, habe er doch zu dieser neuen und im Übrigen unbelegten Behauptung in der Appellationsantwort keine Stellung nehmen können. Sodann rügt er eine Verletzung des Willkürverbotes. Der Parkplatz Nr. 5 sei erst während des Verfahrens neu geschaffen worden, weshalb er dazu in erster Instanz gar keine Ausführungen habe machen können. Des Weiteren habe das Obergericht entgegen den bundesgerichtlichen Vorgaben über die bestrittene Tatsache der ausschliesslichen Beanspruchung der Besucherparkplätze durch Stockwerkeigentümer kein Beweisverfahren durchgeführt, sondern sei aktenwidrig davon ausgegangen, dass einzig die Benutzung des Parkplatzes Nr. 4 durch die Familie S._ behauptet worden sei. Seine Ausführung zur Beanspruchung der Besucherparkplätze durch die anderen Hausbewohner seien durchaus klar gewesen, zumal diesbezüglich nur vier Familien in Frage kämen. 3. Der Beschwerdeführer macht mit Bezug auf den "offenbar erfolgten" Auszug des Sohnes der Familie T._ eine Verletzung des rechtlichen Gehörs geltend, habe er doch zu dieser neuen und im Übrigen unbelegten Behauptung in der Appellationsantwort keine Stellung nehmen können. Sodann rügt er eine Verletzung des Willkürverbotes. Der Parkplatz Nr. 5 sei erst während des Verfahrens neu geschaffen worden, weshalb er dazu in erster Instanz gar keine Ausführungen habe machen können. Des Weiteren habe das Obergericht entgegen den bundesgerichtlichen Vorgaben über die bestrittene Tatsache der ausschliesslichen Beanspruchung der Besucherparkplätze durch Stockwerkeigentümer kein Beweisverfahren durchgeführt, sondern sei aktenwidrig davon ausgegangen, dass einzig die Benutzung des Parkplatzes Nr. 4 durch die Familie S._ behauptet worden sei. Seine Ausführung zur Beanspruchung der Besucherparkplätze durch die anderen Hausbewohner seien durchaus klar gewesen, zumal diesbezüglich nur vier Familien in Frage kämen. 4. Aus dem Anspruch auf rechtliches Gehör fliesst insbesondere ein Replikrecht in allen Gerichts- und Verwaltungsverfahren, das nach der neusten Rechtsprechung sogar dann besteht, wenn die urteilende Behörde bei ihrem Entscheid durch die Eingabe der anderen Partei nicht beeinflusst worden ist (zur Publikation bestimmtes Urteil 1A.56/2006, E. 4.3-4.6). Jedenfalls ist <ref-law> verletzt, wenn - wie vorliegend im Zusammenhang mit der Behauptung, der Sohn von Herrn T._ sei inzwischen ausgezogen - tatsächlich auf neue Vorbringen der Gegenpartei abgestellt wird, ohne dass diesbezüglich Gelegenheit zur Stellungnahme gegeben worden wäre; dies entspricht der konstanten Rechtsprechung, wie sie bereits zu Art. 4 aBV bestanden hat (vgl. <ref-ruling> E. 3 S. 3; <ref-ruling> E. 1 S. 323). Aufgrund der formellen Natur des rechtlichen Gehörs muss das angefochtene Urteil unabhängig von den Erfolgsaussichten in der Sache bereits aus diesem Grund aufgehoben werden (vgl. <ref-ruling> E. 2a S. 10 unten; <ref-ruling> E. 4a S. 469). Indes wäre eine Rückweisung mit dem alleinigen Zweck, dem Beschwerdeführer Gelegenheit zur Stellungnahme zu geben, insofern nicht prozessökonomisch, als sich die weiteren Erwägungen des Obergerichts überdies als willkürlich erweisen. Auf die vom Beschwerdeführer erhobenen Willkürrügen ist deshalb im Folgenden einzugehen. Aufgrund der formellen Natur des rechtlichen Gehörs muss das angefochtene Urteil unabhängig von den Erfolgsaussichten in der Sache bereits aus diesem Grund aufgehoben werden (vgl. <ref-ruling> E. 2a S. 10 unten; <ref-ruling> E. 4a S. 469). Indes wäre eine Rückweisung mit dem alleinigen Zweck, dem Beschwerdeführer Gelegenheit zur Stellungnahme zu geben, insofern nicht prozessökonomisch, als sich die weiteren Erwägungen des Obergerichts überdies als willkürlich erweisen. Auf die vom Beschwerdeführer erhobenen Willkürrügen ist deshalb im Folgenden einzugehen. 5. Das materielle Bundesrecht bestimmt, wie weit die anspruchsbegründenden Tatsachen inhaltlich zu substanziieren sind, damit sie unter die massgeblichen Bestimmungen des materiellen Rechts subsumiert werden können. Tatsachenbehauptungen müssen dabei so konkret formuliert sein, dass ein substanziiertes Bestreiten möglich ist oder der Gegenbeweis angetreten werden kann (<ref-ruling> E. 2b S. 368). Diese so genannte Substanziierungslast ist auch in der Zivilprozessordnung des Kantons Aargau enthalten und wird dort in <ref-law>/AG näher umschrieben. Danach haben die Parteien dem Richter die Tatsachen, auf die sie ihre Begehren stützen, darzulegen und ihre Beweismittel anzugeben. Diese Anforderungen sind erfüllt, wenn die Tatsachenbehauptungen so in Einzeltatsachen aufgegliedert sind, dass darüber Beweis abgenommen werden kann und die Rechtsanwendung möglich wird (vgl. Bühler/Edelmann/Killer, Kommentar zur aargauischen Zivilprozessordnung, 2. Aufl., Aarau 1998, N. 7 zu <ref-law>/AG). Indem der Beschwerdeführer die permanente Belegung der Besucherparkplätze durch andere Stockwerkeigentümer behauptet hat, ist er seiner Substanziierungslast im erwähnten Sinn nachgekommen, hat er doch damit eine Einzeltatsache genannt, über die ohne weiteres Beweis abgenommen werden kann. Zudem ging es anders als etwa bei einer Behauptung anhand von schriftlichen Dokumenten um ein Thema, bei welchem der Beschwerdeführer im Rahmen der schriftlichen Klage naturgemäss nicht sämtliche Details dartun konnte; vielmehr ist der Umfang der effektiven Benutzung eben gerade Beweisthema. Das Obergericht hat deshalb die Anforderungen an die Substanziierungslast überspannt. Vor diesem Hintergrund ist es in Willkür verfallen, wenn es von einer Beweisabnahme abgesehen hat mit der Begründung, der Beschwerdeführer hätte im Einzelnen darlegen müssen, wer welche Plätze wann und wie lange in Beschlag nimmt, verlangt es doch damit von ihm letztlich, dass er das Beweisergebnis bereits in der Klageschrift hätte vorwegnehmen, ja sogar im eigentlichen Sinn hätte nachweisen müssen. Von vornherein keine Ausführungen konnte der Beschwerdeführer zur Belegung des Parkplatzes Nr. 5 machen, wurde doch dieser erst im Verlauf des Verfahrens überhaupt angelegt. Im Übrigen darf nicht einfach übergangen werden, dass erstellte Besucherplätze grundsätzlich in ihrem Zweck zu erhalten sind und die Stockwerkeigentümergemeinschaft dafür beweisbelastet ist, dass eine Ausnahme von der öffentlich-rechtlichen Pflicht zur Errichtung und Erhaltung der erforderlichen Anzahl von Besucherplätzen besteht und sie deshalb die entsprechenden Parkplätze dauerhaft belegen dürfen; dies hat das Bundesgericht unmissverständlich festgehalten (Urteil 5C.162/2005, E. 2.3). Indem das Obergericht vom Beschwerdeführer den Nachweis verlangt, dass und inwiefern die anderen Stockwerkeigentümer die Besucherparkplätze dauernd in Beschlag nehmen, auferlegt es die Beweislast für das Vorliegen einer Ausnahme vom Zweckerhaltungsgebot im Ergebnis wiederum dem Beschwerdeführer; auch vor diesem Hintergrund erweist sich sein Urteil als willkürlich. Das Obergericht wird nicht umhinkommen, das vom Bundesgericht geforderte Beweisverfahren durchzuführen (Urteil 5C.162/2005, E. 2.3), allenfalls durch Rückweisung an das Bezirksgericht, zumal die für das Vorliegen einer Ausnahme beweisbelastete Beschwerdegegnerin bezüglich der Belegung der Besucherplätze eine Parteibefragung, S._ als Zeugen sowie "alle erforderlichen Beweismittel" angeboten hat (Klageantwort, S. 4 und 5). Das Obergericht wird nicht umhinkommen, das vom Bundesgericht geforderte Beweisverfahren durchzuführen (Urteil 5C.162/2005, E. 2.3), allenfalls durch Rückweisung an das Bezirksgericht, zumal die für das Vorliegen einer Ausnahme beweisbelastete Beschwerdegegnerin bezüglich der Belegung der Besucherplätze eine Parteibefragung, S._ als Zeugen sowie "alle erforderlichen Beweismittel" angeboten hat (Klageantwort, S. 4 und 5). 6. Zusammenfassend ergibt sich, dass das angefochtene Urteil in Gutheissung der staatsrechtlichen Beschwerde aufzuheben ist. Die Beschwerdegegnerin wird somit kosten- und entschädigungspflichtig (Art. 156 Abs. 1 und Art. 159 Abs. 2 OG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die staatsrechtliche Beschwerde wird gutgeheissen und das Urteil des Obergerichts des Kantons Aargau vom 11. September 2006 wird aufgehoben. 1. Die staatsrechtliche Beschwerde wird gutgeheissen und das Urteil des Obergerichts des Kantons Aargau vom 11. September 2006 wird aufgehoben. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 2'500.-- wird der Beschwerdegegnerin auferlegt. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 2'500.-- wird der Beschwerdegegnerin auferlegt. 3. Die Beschwerdegegnerin hat den Beschwerdeführer für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 3'000.-- zu entschädigen. 3. Die Beschwerdegegnerin hat den Beschwerdeführer für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 3'000.-- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Aargau schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 24. April 2007 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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2,002
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Sachverhalt: Sachverhalt: A. Mit Verfügung vom 17. August 1999 lehnte die IV-Stelle Bern das im Rahmen einer Neuanmeldung gestellte Rentengesuch der gelernten Coiffeuse und zuletzt als Verkäuferin tätig gewesenen M._ (geboren 1962) mangels einer anspruchsbeeinflussenden Veränderung der tatsächlichen Verhältnisse seit der erstmaligen, rechtskräftigen Rentenverweigerung vom 6. Februar 1998 erneut ab. A. Mit Verfügung vom 17. August 1999 lehnte die IV-Stelle Bern das im Rahmen einer Neuanmeldung gestellte Rentengesuch der gelernten Coiffeuse und zuletzt als Verkäuferin tätig gewesenen M._ (geboren 1962) mangels einer anspruchsbeeinflussenden Veränderung der tatsächlichen Verhältnisse seit der erstmaligen, rechtskräftigen Rentenverweigerung vom 6. Februar 1998 erneut ab. B. Hiegegen erhob M._ Beschwerde, worauf die IV-Stelle den Invaliditätsgrad im Rahmen der Vernehmlassung von 25 % auf neu 32 % heraufsetzte. In der Folge wies das Verwaltungsgericht des Kantons Bern, Sozialversicherungsrechtliche Abteilung, die Beschwerde ab (Entscheid vom 9. August 2001). B. Hiegegen erhob M._ Beschwerde, worauf die IV-Stelle den Invaliditätsgrad im Rahmen der Vernehmlassung von 25 % auf neu 32 % heraufsetzte. In der Folge wies das Verwaltungsgericht des Kantons Bern, Sozialversicherungsrechtliche Abteilung, die Beschwerde ab (Entscheid vom 9. August 2001). C. M._ lässt Verwaltungsgerichtsbeschwerde führen mit dem Rechtsbegehren, in Aufhebung des kantonalen Entscheids sei die Streitsache zur Neubeurteilung an die Vorinstanz zurückzuweisen; eventualiter sei ihr eine halbe, subeventualiter eine Viertelsrente zuzusprechen. Die IV-Stelle schliesst auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde. Das Bundesamt für Sozialversicherung hat auf eine Vernehmlassung verzichtet.
Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1. In formeller Hinsicht wird gerügt, die Vorinstanz habe sich mit einem zentralen Einwand der vorinstanzlich eingereichten Beschwerdeschrift nicht auseinandergesetzt, womit die aus dem verfassungsrechtlichen Anspruch auf rechtliches Gehör fliessende Begründungspflicht verletzt worden sei. 1.1 Die Begründungspflicht ist wesentlicher Bestandteil des verfassungsrechtlichen Gehörsanspruchs (<ref-law>; siehe auch Art. 35 Abs. 1 und 61 Abs. 2 in Verbindung mit <ref-law>). Sie soll verhindern, dass sich die Behörde von unsachlichen Motiven leiten lässt, und der betroffenen Person ermöglichen, die Verfügung oder den Gerichtsentscheid gegebenenfalls sachgerecht anzufechten. Dies setzt voraus, dass sowohl die betroffene Person als auch die Rechtsmittelinstanz sich über die Tragweite des Entscheids ein Bild machen können. In diesem Sinn müssen wenigstens kurz die Überlegungen genannt werden, von denen sich die Behörde hat leiten lassen und auf welche sich ihre Verfügung bzw. ihr Urteil stützt. Sie muss sich indessen nicht ausdrücklich mit jeder tatbeständlichen Behauptung oder jedem rechtlichen Einwand auseinandersetzen. Vielmehr kann sie sich auf die für den Entscheid wesentlichen Gesichtspunkte beschränken. Dabei darf sich die Behörde nicht damit begnügen, die vorgebrachten Einwände tatsächlich zur Kenntnis zu nehmen und zu prüfen; sie hat ihre Überlegungen der betroffenen Person gegenüber auch namhaft zu machen und sich dabei ausdrücklich mit den entscheidwesentlichen Argumenten auseinanderzusetzen oder aber zumindest die Gründe anzugeben, weshalb sie gewisse Gesichtspunkte nicht berücksichtigen kann (SZS 2001 S. 563 Erw. 3b mit Hinweisen). 1.2 Der nach Auffassung der Beschwerdeführerin vorinstanzlich nicht geprüfte Einwand geht dahin, die Verwaltung habe im Rahmen der Invaliditätsbemessung dem Umstand nicht Rechnung getragen, dass sich die im - von der IV-Stelle als ausschlaggebend erachteten - Bericht des Dr. med. S._, Chefarzt der Medizinischen Klinik am Regionalspital X._, vom 26. März 1999 attestierte Restarbeitsfähigkeit von täglich 4 Stunden mit 30 %igem Leistungsvermögen auf eine Vollzeit-Erwerbstätigkeit beziehe und daher angesichts der im Gesundheitsfall (unbestrittenermassen) lediglich 50 %igen Erwerbstätigkeit der Versicherten entsprechend hätte halbiert werden müssen. Es trifft zu, dass sich die Vorinstanz mit dieser Argumentation, welche (implizit) die unrichtige Anwendung der für Teilerwerbstätige massgebenden Methode der Invaliditätsbemessung (<ref-law> in Verbindung mit <ref-law>; vgl. Erw. 2 nachfolgend) rügt, nicht näher auseinandergesetzt und die Gründe hierfür nicht ausdrücklich ausgeführt hat. Dieser Umstand allein vermag indessen keine Verletzung des Anspruchs auf rechtliches Gehör zu begründen. Mit Blick auf die den zentralen Streitgegenstand bildende Frage nach der zumutbaren Restarbeitsfähigkeit hat das kantonale Gericht nach Wiedergabe der Ausführungen im Bericht des Dr. med. S._ erwogen, mit der Verwaltung sei auf die einleuchtenden und begründeten Schlussfolgerungen des Arztes abzustellen. In der Folge hat die Vorinstanz deutlich gemacht, dass sie die angefochtene Verfügung der IV-Stelle nicht nur im Ergebnis, sondern auch hinsichtlich der methodischen Vorgehensweise als korrekt erachtet, indem sie, wie diese, das trotz Gesundheitsschaden zumutbare Einkommen auf 30 % des im Rahmen einer vollzeitlichen, leidensangepassten Tätigkeit erzielbaren Verdienstes festsetzte. Damit hat sie hinreichend deutlich gemacht, von welchen Überlegungen sie sich in ihrem Entscheid hat leiten lassen und der Beschwerdeführerin dessen sachgerechte Anfechtung ermöglicht. Ins Gewicht fällt überdies, dass die IV-Stelle als verfügende Instanz im Rahmen des vorinstanzlichen Vernehmlassungsverfahrens ausdrücklich auf den von der Beschwerdeführerin erhobenen Einwand Bezug genommen und ihn mit kurzer Begründung zurückgewiesen hat. Vor diesem Hintergrund wurde dem Gehörsanspruch Genüge getan, weshalb dem formellrechtlich begründeten Rückweisungsantrag der Beschwerdeführerin nicht stattzugeben ist. 1.2 Der nach Auffassung der Beschwerdeführerin vorinstanzlich nicht geprüfte Einwand geht dahin, die Verwaltung habe im Rahmen der Invaliditätsbemessung dem Umstand nicht Rechnung getragen, dass sich die im - von der IV-Stelle als ausschlaggebend erachteten - Bericht des Dr. med. S._, Chefarzt der Medizinischen Klinik am Regionalspital X._, vom 26. März 1999 attestierte Restarbeitsfähigkeit von täglich 4 Stunden mit 30 %igem Leistungsvermögen auf eine Vollzeit-Erwerbstätigkeit beziehe und daher angesichts der im Gesundheitsfall (unbestrittenermassen) lediglich 50 %igen Erwerbstätigkeit der Versicherten entsprechend hätte halbiert werden müssen. Es trifft zu, dass sich die Vorinstanz mit dieser Argumentation, welche (implizit) die unrichtige Anwendung der für Teilerwerbstätige massgebenden Methode der Invaliditätsbemessung (<ref-law> in Verbindung mit <ref-law>; vgl. Erw. 2 nachfolgend) rügt, nicht näher auseinandergesetzt und die Gründe hierfür nicht ausdrücklich ausgeführt hat. Dieser Umstand allein vermag indessen keine Verletzung des Anspruchs auf rechtliches Gehör zu begründen. Mit Blick auf die den zentralen Streitgegenstand bildende Frage nach der zumutbaren Restarbeitsfähigkeit hat das kantonale Gericht nach Wiedergabe der Ausführungen im Bericht des Dr. med. S._ erwogen, mit der Verwaltung sei auf die einleuchtenden und begründeten Schlussfolgerungen des Arztes abzustellen. In der Folge hat die Vorinstanz deutlich gemacht, dass sie die angefochtene Verfügung der IV-Stelle nicht nur im Ergebnis, sondern auch hinsichtlich der methodischen Vorgehensweise als korrekt erachtet, indem sie, wie diese, das trotz Gesundheitsschaden zumutbare Einkommen auf 30 % des im Rahmen einer vollzeitlichen, leidensangepassten Tätigkeit erzielbaren Verdienstes festsetzte. Damit hat sie hinreichend deutlich gemacht, von welchen Überlegungen sie sich in ihrem Entscheid hat leiten lassen und der Beschwerdeführerin dessen sachgerechte Anfechtung ermöglicht. Ins Gewicht fällt überdies, dass die IV-Stelle als verfügende Instanz im Rahmen des vorinstanzlichen Vernehmlassungsverfahrens ausdrücklich auf den von der Beschwerdeführerin erhobenen Einwand Bezug genommen und ihn mit kurzer Begründung zurückgewiesen hat. Vor diesem Hintergrund wurde dem Gehörsanspruch Genüge getan, weshalb dem formellrechtlich begründeten Rückweisungsantrag der Beschwerdeführerin nicht stattzugeben ist. 2. Materiell streitig und zu prüfen ist der Anspruch auf eine Invalidenrente. Un-einigkeit besteht dabei einzig in der Frage, ob und in welchem Ausmass der - im Gesundheitsfall hypothetisch zu 50 % erwerbstätigen - Beschwerdeführerin eine ausserhäusliche Tätigkeit noch zuzumuten ist. 2.1 In der Verfügung vom 17. August 1999 werden die für die Beurteilung des strittigen Rentenanspruchs massgebenden gesetzlichen Bestimmungen über die Voraussetzungen und den Umfang des Rentenanspruchs (Art. 28 Abs. 1 und 1bis IVG) sowie die vom Erwerbsstatus abhängigen Methoden der Invaliditätsbemessung (Art. 28 Abs. 2 und 3 IVG in Verbindung mit Art. 27 und 27bis IVV; <ref-ruling> Erw. 1, 125 V 148 ff. Erw. 2a und b, je mit Hinweisen) richtig wiedergegeben. Sodann wird im kantonalen Entscheid die Rechtsprechung zutreffend dargelegt, wonach im Rahmen einer Neuanmeldung analog zur Rentenrevision gemäss <ref-law> (in Verbindung mit Art. 87 Abs. 1, 3 und 4 IVV) zu prüfen ist, ob sich der Gesundheitszustand oder dessen erwerblichen Auswirkungen seit Erlass der früheren rechtskräftigen Verfügung in einem anspruchserheblichen Ausmass verändert haben (<ref-ruling> Erw. 3a mit Hinweis). Darauf wird verwiesen. 2.2 Ergänzend ist festzuhalten, dass das Eidgenössische Versicherungsgericht in <ref-ruling> ff. die in <ref-law> die für Teilerwerwerbstätige mit einem Aufgabenbereich im Sinne von <ref-law> statuierte Methode der Invaliditätsbemessung für gesetzeskonform befunden und die Praxis bestätigt hat, wonach im Falle der Teilerwerbstätigkeit die erwerblich bedingte Leistungseinbusse unabhängig von der Einschränkung im häuslichen Aufgabenbereich zu ermitteln ist; wechselseitige, auf die Tätigkeit im jeweils anderen Bereich zurückzuführende Leistungseinbussen sind demnach grundsätzlich unbeachtlich (<ref-ruling> ff. Erw. 4 und 5). 2.2 Ergänzend ist festzuhalten, dass das Eidgenössische Versicherungsgericht in <ref-ruling> ff. die in <ref-law> die für Teilerwerwerbstätige mit einem Aufgabenbereich im Sinne von <ref-law> statuierte Methode der Invaliditätsbemessung für gesetzeskonform befunden und die Praxis bestätigt hat, wonach im Falle der Teilerwerbstätigkeit die erwerblich bedingte Leistungseinbusse unabhängig von der Einschränkung im häuslichen Aufgabenbereich zu ermitteln ist; wechselseitige, auf die Tätigkeit im jeweils anderen Bereich zurückzuführende Leistungseinbussen sind demnach grundsätzlich unbeachtlich (<ref-ruling> ff. Erw. 4 und 5). 3. 3.1 Nach Lage der Akten steht fest und ist unbestritten, dass sich der Gesundheitszustand der Beschwerdeführerin seit der erstmaligen Rentenverweigerung im Februar 1998 insoweit verschlechtert hat, als ihr damals trotz diverser gesundheitlicher Leiden (insbesondere chronisch rezidivierende Lumbalgien, Diabetes mellitus, orthopädische Probleme, Übergewicht) von den Ärzten sowohl für Haushaltarbeiten als auch für eine rückenschonende und wechselbelastende Erwerbstätigkeit volle Einsatzfähigkeit attestiert wurde, während als Hausfrau nunmehr eine (unbestrittene) Einschränkung von 26 % (gewichtet 13 %) besteht und das Leistungsvermögen in einer leidensangepassten Erwerbstätigkeit gemäss Bericht des Dr. med. S._ vom 26. März 1999 lediglich noch 30 % bei einem zumutbaren täglichen Arbeitspensum von mindestens 4 Stunden beträgt (vgl. Erw. 1.2 hievor). 3.2 Entgegen dem in der Verwaltungsgerichtsbeschwerde erhobenen Einwand ist die Frage der zumutbaren Restarbeitsfähigkeit im erwerblichen Bereich für den hier massgebenden Zeitraum bis Verfügungserlass am 17. August 1999 (<ref-ruling> Erw. 1b mit Hinweisen) umfassend und ausreichend abgeklärt worden. Namentlich durften Vorinstanz und Verwaltung aufgrund der verfügbaren medizinischen Unterlagen davon ausgehen, dass ein zusätzliches psychiatrisches Gutachten bezüglich der erwerblichen Einschränkung keine neuen, entscheidwesentlichen Gesichtspunkte zutage fördern würde, nachdem Dr. med. S._ der - auf das belastende psychosoziale Umfeld (Erkrankung des Ehemannes) zurückzuführenden - chronischen leichten Depressivität der Versicherten und dem daraus resultierenden verminderten Arbeitstempo bei der Beurteilung des gesamten Leistungsvermögens ausdrücklich Rechnung getragen hat. Darüber hinaus ergeben sich aus den Akten nach wie vor keine Anhaltspunkte für ein - von der psychosozialen Belastungssituation unterscheidbares und in diesem Sinne verselbstständigtes - psychisches Leiden mit Krankheitswert (<ref-ruling> Erw. 5a), insbesondere auch keine Hinweise auf eine seit 1998 (allenfalls) eingetretene somatoforme Schmerzstörung mit möglichen Auswirkungen auf die Arbeitsfähigkeit, welche mittels eines psychiatrischen Gutachtens näher abzuklären wäre (AHI 2000 S. 159 Erw. 4b mit Hinweisen; vgl. auch <ref-ruling> Erw. 4c mit Hinweisen; AHI 2001 S. 228 Erw. 2b). Da von wei-teren Sachverhaltsabklärungen mit Bezug auf den massgebenden Verfügungs-zeitpunkt keine neuen Erkenntnisse zu erwarten sind, ist von einer Rückweisung der Streitsache an die Verwaltung abzusehen. 3.3 Ist nach dem Gesagten auf die Einschätzung der Restarbeitsfähigkeit im Bericht des Dr. med. S._ vom 26. März 1999 abzustellen, ergibt sich nach den zutreffenden Erwägungen der Vorinstanz für den erwerblichen Bereich ein Invaliditätsgrad von (gewichtet) weniger als 27 %. Entgegen der Auffassung der Beschwerdeführerin (siehe Erw. 1.2 hievor) muss der Umstand, dass sie im Gesundheitsfall lediglich einer 50 %-Erwerbstätigkeit nachginge, nach der geltenden Praxis zur gemischten Bemessungsmethode wohl bei der für die Be-stimmung des Gesamtinvaliditätsgrades erforderlichen Gewichtung der einzel-nen Tätigkeitsbereiche berücksichtigt werden; für die Beurteilung der Restar-beitsfähigkeit ausser Hause ist er jedoch ohne Belang. Ausschlaggebend ist allein, welches Mass an erwerblichem Einsatz die Ärzte - ungeachtet der Arbeitsbelastung im häuslichen Tätigkeitsfeld - objektiv als zumutbar erachten (vgl. Erw. 2.2 hievor). Diesbezüglich hält der Bericht des Dr. med. S._ unmissverständlich fest, dass die Beschwerdeführerin zwar nach wie vor ein Ar-beitspensum von mindestens 4 Stunden täglich - mithin von weiterhin rund 50 % - bestreiten kann, sie dabei lediglich noch eine Leistung von 30 % zu erbringen vermag. Der trotz Gesundheitsbeeinträchtigung erzielbare Lohn ist demnach praxisgemäss auf 30 % jenes Einkommens festzusetzen, das die Beschwerdeführerin als vollzeitlich Erwerbstätige in derselben (leidensangepassten) Tätigkeit verdienen würde, und der aus dem Vergleich zum (in einer 50 %-Erwerbstätigkeit hypothetisch erzielbaren) Einkommen ohne Gesundheitsschaden (Valideneinkommen) resultierende Invaliditätsgrad in der Gesamtbeurteilung schliesslich hälftig zu gewichten. 3.4 Die Beschwerdeführerin arbeitete ab 1988 nicht mehr in ihrem angestammten Beruf als Coiffeuse, sondern war seither als Kassiererin und später Verkäuferin tätig. Der gemäss Bescheinigung des letzten Arbeitgebers in dieser Funktion zuletzt erzielte Lohn (1996) lag deutlich unter dem damaligen, aufgrund der Lohnstrukturerhebungen (LSE) des Bundesamtes für Statistik ermittelten Durchschnittslohn von Frauen in einer anderweitigen Hilfstätigkeit, weshalb es sich zwecks Wahrung der Parallelität der Bemessungsfaktoren (vgl. ZAK 1989 S. 458 f. Erw. 3b; RKUV Nr. U 168 S. 103 Erw. 5b; Urteil S. vom 29. August 2002 [I 97/00] Erw. 3.3; vgl. auch ZAK 1992 S. 92 Erw. 4a) rechtfertigt, bei der Ermittlung des Validen- ebenso wie des Invalideneinkommens auf die statistischen Tabellenlöhne gemäss LSE 1998 abzustellen. Damit beläuft sich das ohne Gesundheitsschaden hypothetisch erzielbare Einkommen unter Berücksichtigung der betriebsüblichen Arbeitszeit von wöchentlich 41.9 Stunden sowie der Nominallohnentwicklung bis 1999 (Verfügungszeitpunkt) bei einem 50 %-Arbeitspensum auf Fr. 22'095.01 jährlich (LSE 1998 TA1/Anforderungsniveau 4/TOTAL/Frauen: 3505.- x 41.9/40 x 12 = 44'057.85; 44'057.85 + 132.17 [0,3 %] = 44'190.02 x 0,5 = 22'095.01). Für das Invalideneinkommen ergibt sich - ausgehend vom selben Tabellenwert (3505.-) - nach dem unter Erw. 3.3 hievor Gesagten ein Betrag von Fr. 13'257.-. Da mit der Annahme einer Restarbeitsfähigkeit von gesamthaft 30 % (trotz eines an sich zumutbaren Arbeitspensums von rund 50 %) den leidensbedingten Einschränkungen bereits ausreichend Rechnung getragen wurde, kann im Rahmen des praxisgemäss zulässigen Abzugs vom statistischen Lohn (siehe im einzelnen <ref-ruling> ff. Erw. 5; AHI 2002, S. 67 ff. Erw. 4 mit Hinweisen) lediglich noch der Umstand Berücksichtigung finden, dass die Beschwerdeführerin zufolge Teilzeitarbeit allenfalls eine Lohneinbusse hinnehmen muss. Bei einer angemessenen Kürzung des Tabellenlohnes um 10 bis maximal 15 % ergibt sich somit ein Invalideneinkommen von Fr. 11'268.45, womit der Invaliditätsgrad im erwerblichen Bereich 49 % und aufgrund der 50 %igen Gewichtung schliesslich 24,5 % beträgt. Es resultiert demnach ein rentenausschliessender Gesamtinvaliditätsgrad von 37,5 % (24,5 % + 13 % [Erw. 3.1 hievor]), sodass es beim vorinstanzlichen Entscheid sein Bewenden hat.
Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsgericht des Kantons Bern, Sozialversicherungsrechtliche Abteilung, der Ausgleichskasse des Kantons Bern und dem Bundesamt für Sozialversicherung zugestellt. Luzern, 17. Dezember 2002 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Der Präsident der II. Kammer: Die Gerichtsschreiberin:
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2,009
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Faits: A. X._ a déposé plainte pénale contre la banque A._ pour infractions contre le patrimoine. Par arrêt du 25 septembre 2003, le Tribunal d'accusation du canton de Vaud a confirmé le refus du Juge d'instruction cantonal de suivre à cette plainte. B. Contre cet arrêt cantonal, X._ a formé un pourvoi en nullité au sens des art. 268 ss aPPF, que la Cour de cassation pénale du Tribunal fédéral a déclaré irrecevable par un arrêt du 30 mars 2004 (arrêt 6S.438/2003). C. X._ demande la révision de ce dernier arrêt. Il requiert l'assistance judiciaire, restreinte à la dispense des frais de justice. Le Tribunal fédéral n'a pas ordonné d'échange d'écritures.
Considérant en droit: 1. La révision des arrêts du Tribunal fédéral, même rendus avant l'entrée en vigueur de la LTF (cf. arrêt 6F_1/2007 du 9 mai 2007 consid. 1, non publié aux <ref-ruling>), ne peut être demandée que pour l'un des motifs et dans les délais prévus aux art. 121 ss LTF. Dans le cas présent, l'arrêt attaqué déclare irrecevable le pourvoi du requérant pour un motif de procédure (défaut de qualité pour recourir). Le requérant motive sa demande de révision par des explications sur la crise financière actuelle, qui prouverait, d'après lui, que sa plainte contre la banque A._ était fondée. Ainsi, il n'invoque aucun des motifs de révision prévus aux art. 121 ss LTF, de sorte que sa demande est irrecevable. 2. Comme ses conclusions étaient dénuées de chance de succès, le requérant doit être débouté de sa demande d'assistance judiciaire (art. 64 al. 1 LTF a contrario) et supporter les frais de justice, réduits à 800 fr. pour tenir compte de sa situation financière.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. La demande de révision est irrecevable. 2. La demande d'assistance judiciaire est rejetée. 3. Les frais judiciaires, arrêtés à 800 fr., sont mis à la charge du requérant. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties et au Tribunal d'accusation du canton de Vaud. Lausanne, le 30 avril 2009 Au nom de la Cour de droit pénal du Tribunal fédéral suisse Le Président: Le Greffier: Favre Oulevey
CH_BGer_011
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2,009
de
Sachverhalt: A. A.a A._, aus Kosovo stammend, hielt sich seit 1988 wiederholt als Saisonnier in der Schweiz auf, bis er Anfang 1993 wegen Zuwiderhandlungen gegen ausländerrechtliche Bestimmungen eine zweijährige Einreisesperre erwirkte. Nach Ablauf dieser Massnahme bemühte er sich im Mai 1995 erfolglos um eine Einreisebewilligung zwecks Vorbereitung der Ehe mit der Schweizer Bürgerin B._. Darauf reiste er im Juli 1995 illegal in die Schweiz ein und stellte ein Asylgesuch. Wenige Wochen später, am 25. August 1995, heiratete er B._ und zog sein Asylgesuch zurück. In der Folge erhielt A._ eine Aufenthaltsbewilligung zum Verbleib in der Schweiz. A.b Während eines Aufenthalts in Kosovo zeugte A._ mit seiner Landsfrau C._ den Sohn D._, der am 25. Oktober 1999 auf die Welt kam. A.c Am 1. Mai 2001 ersuchte A._ gestützt auf die Ehe mit B._ um erleichterte Einbürgerung. Die Frage nach der Existenz ausserehelicher ausländischer Kinder unter 20 Jahren verneinte er im Formulargesuch. Die Eheleute unterzeichneten am 24. September 2001 zuhanden der Einbürgerungsbehörde eine gemeinsame Erklärung, wonach sie in einer tatsächlichen, ungetrennten, stabilen ehelichen Gemeinschaft an derselben Adresse zusammenlebten und weder Trennungs- noch Scheidungsabsichten bestünden. Die Ehegatten nahmen ferner unterschriftlich zur Kenntnis, dass die erleichterte Einbürgerung nicht möglich ist, wenn vor oder während des Einbürgerungsverfahrens einer der Ehegatten die Trennung oder Scheidung beantragt hat oder keine tatsächliche eheliche Gemeinschaft mehr besteht, und dass die Verheimlichung dieser Umstände zur Nichtigerklärung der Einbürgerung führen kann. Am 15. November 2001 wurde A._ erleichtert eingebürgert. Nebst dem Schweizer Bürgerrecht erwarb er die Bürgerrechte des Kantons Obwalden und der Gemeinde Lungern. A.d Am 28. November 2002 unterzeichneten A._ und seine schweizerische Ehefrau eine Scheidungskonvention und unterbreiteten Anfang Dezember 2002 dem Bezirksgericht Obwalden ein gemeinsames Scheidungsbegehren. Am 2. April 2003 wurde die Ehe geschieden. Im November desselben Jahres erwirkte A._, der zwischenzeitlich in den Kanton Zürich gezogen war, die Erteilung von Besuchervisa an C._ und den gemeinsamen Sohn D._. Am 29. Januar 2004 wurde D._ von seinem Vater förmlich anerkannt. Wenige Tage später, am 9. Februar 2004, ging A._ mit C._ die Ehe ein. In der Folge stellte er ein Gesuch um Familiennachzug, dem am 16. August 2006 unter Vorbehalt entsprochen wurde. Aus der Ehe mit C._ gingen zwei weitere Kinder hervor. A.e Von der Migrationsbehörde des Kantons Zürich auf die erwähnten Sachumstände aufmerksam gemacht, teilte das Bundesamt für Migration A._ mit, dass gegen ihn ein Verfahren auf Nichtigerklärung der erleichterten Einbürgerung eröffnet werde. Am 7. November 2006 erteilte der Kanton Obwalden als Heimatkanton von A._ seine Zustimmung zur Nichtigerklärung der Einbürgerung. Mit Verfügung vom 9. November 2006 erklärte das Bundesamt für Migration die erleichterte Einbürgerung des Beschwerdeführers für nichtig. Weiter stellte die Vorinstanz fest, dass sich die Nichtigkeit auf alle Familienmitglieder erstrecke, deren Schweizer Bürgerrecht auf der nichtig erklärten Einbürgerung beruhe. A._ focht die Verfügung des Bundesamtes für Migration an. Mit Urteil vom 5. August 2009 wies das Bundesverwaltungsgericht die Beschwerde ab, soweit es darauf eintrat. B. A._ hat gegen das Urteil des Bundesverwaltungsgerichts beim Bundesgericht Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten erhoben. Neben der Aufhebung des angefochtenen Urteils beantragt er, es sei festzustellen, dass das Verfahren betreffend Nichtigerklärung der erleichterten Einbürgerung gesamthaft nicht innert der verfassungsrechtlich gebotenen Frist abgeschlossen worden sei, was im Ergebnis zu einer Aufhebung des angefochtenen Urteils führe. Ferner ersucht der Beschwerdeführer um Erteilung der aufschiebenden Wirkung der Beschwerde. C. Das Bundesverwaltungsgericht hat auf Vernehmlassung verzichtet. Das Bundesamt für Migration schliesst auf Beschwerdeabweisung. D. Mit Verfügung vom 14. Oktober 2009 hat der Präsident der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Bundesgerichts der Beschwerde die aufschiebende Wirkung zuerkannt.
Erwägungen: 1. Das angefochtene Urteil, ein Endentscheid des Bundesverwaltungsgerichts (Art. 86 Abs. 1 lit. a, Art. 90 BGG), betrifft eine Nichtigerklärung einer gestützt auf Art. 27 Abs. 1 des Bundesgesetzes vom 29. September 1952 über Erwerb und Verlust des Schweizer Bürgerrechts (Bürgerrechtsgesetz, BüG; SR 141.0) gewährten erleichterten Einbürgerung, somit eine öffentlich-rechtliche Angelegenheit im Sinne von <ref-law>. Die Ausnahme der ordentlichen Einbürgerung gemäss <ref-law> erstreckt sich nicht auf die Nichtigerklärung der Einbürgerung. Der Beschwerdeführer hat sich am Verfahren vor der Vorinstanz beteiligt und ist zur Beschwerde legitimiert (<ref-law>). Die übrigen Eintretensvoraussetzungen geben zu keinen Bemerkungen Anlass. Auf die Beschwerde kann eingetreten werden. 2. 2.1 Als erstes rügt der Beschwerdeführer eine Verletzung des Beschleunigungsgebots und stützt sich dabei auf <ref-law> sowie auf Art. 6 EMRK. Das erstinstanzliche Verfahren vor dem Bundesamt für Migration habe 2 Jahre und 3 Monate gedauert. Das Bundesamt sei 17 Monate lang untätig geblieben. Das Bundesverwaltungsgericht habe seinerseits mehr als 21⁄2 Jahre für die Urteilsfällung in Anspruch genommen. Diese überlange Verfahrensdauer habe zu einer eigentlichen Beweisvereitelung geführt. Die Ehefrau hätte nochmals ergänzend befragt werden müssen. Diese könne sich nun aber nach so langer Zeit nicht mehr an Details ihrer ehelichen Gemeinschaft erinnern. Bereits aufgrund dieses Umstandes hätte das Bundesverwaltungsgericht nicht davon ausgehen dürfen, dass er, der Beschwerdeführer, die erleichterte Einbürgerung erschlichen habe. 2.2 Nach <ref-law> hat in Verfahren vor Gerichts- und Verwaltungsinstanzen jedermann Anspruch auf Beurteilung seiner Sache innert angemessener Frist. Die Beurteilung der Verfahrensdauer entzieht sich starren Regeln. Es ist vielmehr in jedem Einzelfall unter Würdigung aller konkreten Umstände zu prüfen, ob sich diese als angemessen erweist (Urteil des Bundesgerichts 6B_122/2007 vom 21. Juni 2007 E. 4, nicht publ. in <ref-ruling>; <ref-ruling> E. 5.1. S. 331 mit Hinweis auf die Rechtsprechung zu Art. 4 aBV). Nicht einzutreten ist dagegen auf den Vorwurf der Verletzung von Art. 6 EMRK, denn diese Konventionsbestimmung findet nur auf zivil- und strafrechtliche Verfahren Anwendung (<ref-ruling> E. 2 S. 347). Einbürgerungsangelegenheiten gehören nicht dazu (Urteile des Bundesgerichts 5A.20/2003 vom 22. Januar 2004 E. 2.4.1; 5A.23/2001 vom 11. Februar 2002 E. 2b/bb). 2.3 Die Vorinstanz ist der Ansicht, in Anbetracht der vergleichsweise kurzen Verwirkungsfrist von fünf Jahren, innerhalb der die Behörde die Nichtigkeit der Einbürgerung erklären muss, der Komplexität des Verfahrens und der Begrenztheit der zur Verfügung stehenden Ressourcen sei die Verfahrensführung des Bundesamtes, welche 2 Jahre und drei Monate in Anspruch nahm, nicht zu beanstanden. Dies gelte trotz des Umstandes, dass zwischen der Einholung der rogatorischen Einvernahme der schweizerischen Ex-Ehefrau vom 13. Februar 2005 und der Einladung zur abschliessenden Stellungnahme des Beschwerdeführers am 18. Juli 2006 17 Monate vergangen seien, während denen die Angelegenheit nicht vorangetrieben worden sei. Bis zur Fällung des Urteils des Bundesverwaltungsgerichts vergingen, wie gesagt, weitere 2 Jahre und 9 Monate. 2.4 Der Standpunkt des Bundesverwaltungsgerichts hält vor <ref-law> nicht stand. Für die lange Verfahrensdauer von insgesamt 5 Jahren ist kein sachlicher Grund ersichtlich. Der Fall ist weder besonders komplex noch besonders umfangreich. Es ist zwar gerichtsnotorisch, dass das Bundesverwaltungsgericht bei seiner Inbetriebnahme am 1. Januar 2007 eine grosse Zahl hängiger Verfahren zum Teil älteren Datums vom Eidgenössischen Justiz- und Polizeidepartement übernehmen musste und dementsprechend eine grosse Arbeitslast zu bewältigen hatte. Dies entbindet es jedoch nicht von der Pflicht, innert angemessener Frist zu entscheiden. Ebenso entschied das Bundesgericht in einem kürzlich eröffneten Urteil 1C_211/2009 vom 14. September 2009, welches einen ähnlichen Fall betraf. Die Beschwerde ist in diesem Punkt begründet. 2.5 Der Beschwerdeführer macht geltend, infolge der mit der übermässigen Verfahrensdauer verbundenen Beweisschwierigkeiten dürfe nicht angenommen werden, die Voraussetzungen der erleichterten Einbürgerung seien im massgeblichen Zeitpunkt der Gesuchstellung und Einbürgerung nicht vorhanden gewesen, und er habe die erleichterte Einbürgerung erschlichen. Das angefochtene Urteil müsse deshalb aufgehoben werden. Diese Rechtsfolge ist im Gesetz nicht vorgesehen (<ref-ruling> E. 5.3. S. 333; <ref-ruling> E. 1.3-1.4 S. 417 f. und E. 3.4 S. 422). Sie wäre auch nicht gerechtfertigt, da der Beschwerdeführer im Verfahren vor dem Bundesamt nicht beantragt hatte, seiner schweizerischen Ex-Ehefrau Ergänzungsfragen zu stellen. Erst vor dem Bundesverwaltungsgericht zieht der Beschwerdeführer die in der rogatorischen Befragung gemachten Aussagen seiner Ex-Ehefrau in Zweifel und beanstandet, er habe im erstinstanzlichen Verfahren keine Ergänzungsfragen stellen können. Die Aufhebung des angefochtenen Urteils infolge Verletzung des Beschleunigungsgebots kommt demnach nicht in Frage. Es ist aber angebracht, die Verletzung des Beschleunigungsgebots im Dispositiv des bundesgerichtlichen Urteils festzustellen und dem Beschwerdeführer auf diese Weise eine Genugtuung für die erlittene Rechtsverletzung zu verschaffen. 3. 3.1 Da die Möglichkeit zur Stellung von Ergänzungsfragen an die Schweizer Ex-Ehefrau fehlte, rügt der Beschwerdeführer auch eine Verletzung des Anspruchs auf rechtliches Gehör (<ref-law>). 3.2 Das Bundesverwaltungsgericht verweist auf die Rechtsprechung des Bundesgerichts, wonach die Rüge der Verletzung des rechtlichen Gehörs (Art. 12 i.V.m. <ref-law>) verspätet ist, wenn die Partei nach Treu und Glauben gehalten gewesen wäre, ihren Anspruch auf Teilnahme an der Befragung bereits zu einem früheren Zeitpunkt geltend zu machen (Urteile 5A.24/2003 vom 19. Mai 2004 E. 2.3 und 5A.30/2004 vom 15. Dezember 2004 E. 2.2). An dieser Rechtsprechung ist festzuhalten. 3.3 Gemäss den tatsächlichen Feststellungen der Vorinstanz, welche der Beschwerdeführer nicht bestreitet, wurde ihm das vom 13. Februar 2005 datierende Protokoll der Einvernahme der Schweizer Ex-Ehefrau zusammen mit den restlichen Verfahrensakten zugestellt. Der Beschwerdeführer nahm die Möglichkeit zur abschliessenden Stellungnahme wahr und äusserte sich mit Eingabe vom 5. September 2006 zur Sache, wobei er ausdrücklich Bezug auf einzelne protokollierte Aussagen seiner geschiedenen Ehefrau nahm. Weder beanstandete er, dass er an der Befragung nicht habe teilnehmen können, noch stellte er den Antrag, die Einvernahme sei in seiner Gegenwart zu wiederholen, oder es seien der geschiedenen Ehefrau zumindest Ergänzungsfragen zu stellen. Unter diesen Umständen ist die Annahme der Vorinstanz, die erst im Rechtsmittelverfahren gegen den erstinstanzlichen Entscheid vorgetragene Rüge der Gehörsverletzung sei verspätet, bundesrechtskonform. Das Bundesverwaltungsgericht war demzufolge auch nicht gehalten, eine ergänzende Befragung nachzuholen. 4. 4.1 Schliesslich macht der Beschwerdeführer geltend, er habe keine wesentlichen, einer erleichterten Einbürgerung entgegenstehende Tatsachen verschwiegen. Im Moment der Einbürgerung sei die Ehe mit der Schweizer Ex-Ehefrau stabil gewesen. Er habe das Bürgerrecht somit nicht erschlichen. 4.2 Nach <ref-law> kann eine gestützt auf die Ehe mit einem Schweizer oder einer Schweizerin erfolgte erleichterte Einbürgerung vom Bundesamt mit Zustimmung der Behörde des Heimatkantons innert fünf Jahren nichtig erklärt werden, wenn sie durch falsche Angaben oder Verheimlichung erheblicher Tatsachen erschlichen, das heisst mit einem unlauteren und täuschenden Verhalten erwirkt worden ist. Dies trifft insbesondere dann zu, wenn der Gesuchsteller im Einbürgerungsverfahren über die für die Einbürgerung erforderliche Voraussetzung einer stabilen, auf Zukunft gerichteten Ehe bewusst falsche Angaben macht bzw. die Behörde bewusst in einem falschen Glauben lässt (vgl. zum Ganzen <ref-ruling> E. 2 und 3 S. 164 ff. mit Hinweisen). Die Grundsätze der Nichtigerklärung der erleichterten Einbürgerung hat das Bundesverwaltungsgericht bundesrechtskonform dargestellt. Der Beschwerdeführer richtet sich mit seinen Vorbringen denn auch nur gegen die beweismässigen Schlussfolgerungen der Vorinstanz. 4.3 Das Bundesgericht legt seinem Urteil den von der Vorinstanz festgestellten Sachverhalt zugrunde (<ref-law>). Die Feststellung des Sachverhalts kann nur gerügt bzw. vom Bundesgericht von Amtes wegen berichtigt oder ergänzt werden, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruht (Art. 97 Abs. 1 bzw. <ref-law>). Eine entsprechende Rüge, welche rechtsgenüglich substantiiert vorzubringen ist (vgl. dazu <ref-ruling> E. 1.4.3 S. 254 f.), setzt zudem voraus, dass die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (<ref-law>). 4.4 Das Bundesverwaltungsgericht hat (in E. 9) auf die Umstände hingewiesen, unter denen der Beschwerdeführer zu einer erleichterten Einbürgerung gelangte. Die dargestellten Eckdaten, namentlich die aussereheliche Zeugung eines Kindes, die unterlassene legung dieses Sachverhalts gegenüber der Einbürgerungsbehörde, der rasche Zerfall der Ehe mit der Schweizerin nach der erleichterten Einbürgerung, welcher bis zur Unterzeichnung der Scheidungskonvention nur zwölf Monate in Anspruch genommen habe, die fünf Monate nach der Scheidung erfolgten Bemühungen des Beschwerdeführers, seinem Kind und der von ihm als Verlobten bezeichneten Kindsmutter die Einreise in die Schweiz zu ermöglichen, sowie der zwei Monate nach der Einreise erfolgte Eheschluss würden in ihrer Gesamtheit die natürliche Vermutung begründen, dass im massgeblichen Zeitpunkt des Einbürgerungsverfahrens keine intakte eheliche Gemeinschaft mit der Schweizerin bestanden und der Beschwerdeführer diesbezüglich die Unwahrheit gesagt habe. Weiter führt das Gericht aus, der Beschwerdeführer habe die abweichenden Aussagen seiner Schweizer Ex-Ehefrau zum Niedergang ihrer Beziehung nach zwei Jahren Ehedauer, zum Fehlen von Gemeinsamkeiten während der Ehe und zur völlig gegensätzlichen Darstellung der zentralen Frage der Familienplanung ausgeblendet. Unglaubwürdig sei ferner die Schilderung in der Entwicklung des Verhältnisses zum Kind und zur Kindesmutter, der heutigen Ehefrau des Beschwerdeführers. Die Behauptung des Beschwerdeführers, er habe bis zum Vorliegen des Ergebnisses eines Vaterschaftstests im August 2002 von der Vaterschaft nichts gewusst, treffe nicht zu. Dies ergebe sich aus einer UNMIK-Geburtsurkunde seines Kindes, in welcher seine Vaterschaft registriert sei. Eine spontane sexuelle Beziehung ausserhalb der Ehe, wie sie der Beschwerdeführer behaupte, widerspreche im Übrigen diametral den traditionellen Vorstellungen, die in der gesellschaftlichen Realität des ländlichen Kosovos, aus dem der Beschwerdeführer und die Kindsmutter stammen, nach wie vor das gegenseitige Verhältnis der Geschlechter prägen. 4.5 Vor Bundesgericht wiederholt der Beschwerdeführer seine vor der Vorinstanz vorgetragene Behauptung, er habe von der Vaterschaft frühestens im August 2002 gewusst, andernfalls kein Gutachten darüber hätte erstellt werden müssen. Die Angaben auf der Geburtsurkunde seines Sohnes stammten von der Kindsmutter. Eine weitere, während der Ehe mit der Schweizerin begonnene Fremdbeziehung habe er der Einbürgerungsbehörde nicht verschwiegen und beweise, dass er die Ehe mit der Kindsmutter nicht von Anfang an geplant habe. Die Familienplanung sei für ihn und seine Schweizer Ex-Ehefrau nie eine zentrale Frage für den Fortbestand ihrer Ehe gewesen. Zudem basiere die Ansicht der Vorinstanz, die Schilderung seines Verhältnisses zum Sohn und zur Kindsmutter seien lebensfremd, auf "Allgemeinplätzen". 4.6 Mit diesen teilweise unzulässigen, da appellatorische Kritik beinhaltenden Äusserungen gelingt es dem Beschwerdeführer nicht, die tatsächliche Annahme der Vorinstanz, dass im Zeitpunkt der Einbürgerung keine stabile Ehe zwischen ihm und der Schweizer Ex-Ehefrau mehr bestand, als offensichtlich falsch im Sinne von <ref-law> darzustellen. Der Umstand, dass der Beschwerdeführer während der Ehe zwei Fremdbeziehungen einging, ohne Begleitung durch seine Ex-Ehefrau diverse Reisen in den Kosovo unternahm sowie der zeitliche Ablauf des Geschehens (Geburt des ausserehelichen Sohnes im Oktober 1999, Einbürgerung im November 2001, Abschluss der Scheidungskonvention im November 2002, Scheidung im April 2003, Gesuch um Besuchervisa für die Kindsmutter und den Sohn im November 2003, Ehe mit der Kindsmutter im Februar 2004) lassen die Schlussfolgerung, dass seitens des Beschwerdeführers ein auf die Zukunft gerichteter Wille zur Fortführung der Ehe mit der Schweizerin im Zeitpunkt der Einbürgerung fehlte, ohne Weiteres zu. Ebenso wenig erscheint die Annahme als offensichtlich falsch, dass der Beschwerdeführer bereits vor August 2002 von seiner Vaterschaft wusste bzw. mit einer solchen rechnen musste, gibt er doch selbst zu, dass ihn die Kindsmutter darüber informiert hatte. Unter diesen Umständen nahm er zumindest in Kauf, die im Einbürgerungsverfahren gestellte Frage nach der Existenz ausserehelicher ausländischer Kinder wahrheitswidrig zu beantworten. Dieser Umstand stand einer erleichterten Einbürgerung aber wie gesagt ebenfalls entgegen. Die Vorinstanz durfte daher davon ausgehen, dass die Ehe bereits im Einbürgerungsverfahren zerrüttet war und der Beschwerdeführer die erleichterte Einbürgerung im Sinne der Rechtsprechung erschlich. 5. Zusammenfassend ist festzustellen, dass das Verfahren betreffend Nichtigerklärung der erleichterten Einbürgerung gesamthaft nicht innert der verfassungsrechtlich gebotenen Frist abgeschlossen worden ist. Insoweit ist die Beschwerde gutzuheissen. Im Übrigen ist die Beschwerde abzuweisen, soweit darauf eingetreten werden kann. Dem Beschwerdeführer wird eine reduzierte Gerichtsgebühr auferlegt (<ref-law>). Die Schweizerische Eidgenossenschaft hat dem teilweise obsiegenden Beschwerdeführer für das bundesgerichtliche Verfahren eine reduzierte Parteientschädigung zu entrichten (Art. 68 Abs. 1 und 2 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird teilweise gutgeheissen. Es wird festgestellt, dass das Verfahren betreffend Nichtigerklärung der erleichterten Einbürgerung gesamthaft nicht innert der verfassungsrechtlich gebotenen Frist abgeschlossen worden ist. 2. Im Übrigen wird die Beschwerde abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 3. Die reduzierten Gerichtskosten von Fr. 1'500.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Die Schweizerische Eidgenossenschaft (Bundesamt für Migration) hat dem Beschwerdeführer für das bundesgerichtliche Verfahren eine reduzierte Parteientschädigung von Fr. 500.-- zu entrichten. 5. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, dem Bundesamt für Migration und dem Bundesverwaltungsgericht, Abteilung III, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 24. November 2009 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin: Féraud Schoder
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2,013
de
Sachverhalt: A. In der von Z._ gegen X._ eingeleiteten Betreibung Nr. .... des Betreibungsamts A._ für eine Forderung von Fr. 90'000.-- nebst Zins zu 5% seit 1. Januar 2011 auf Fr. 50'000.-- stellte das Betreibungsamt am 9. August 2012 den Zahlungsbefehl zu. X._ erhob Rechtsvorschlag. B. Am 13. August 2012 ersuchte Z._ das Bezirksgericht Schwyz um provisorische Rechtsöffnung für den in Betreibung gesetzten Betrag. Das Bezirksgericht erteilte Z._ mit Verfügung vom 16. Oktober 2012 die provisorische Rechtsöffnung für Fr. 30'000.-- nebst Zins zu 5% seit 1. Januar 2011 sowie für die Kosten des Zahlungsbefehls von Fr. 103.-- und die Spruchgebühr von Fr. 500.--. Die Rechtsmittelbelehrung in dieser Verfügung lautete auszugsweise wie folgt (Hervorhebungen im Original): "Gegen diesen Entscheid kann innert 10 Tagen seit der Zustellung beim Kantonsgericht in 6430 Schwyz Beschwerde eingereicht werden. Die Beschwerde ist schriftlich und begründet (mindestens im Doppel) einzureichen (...)." C. C.a Am 5. November 2012 (Postaufgabe am letzten Tag der Beschwerdefrist) erhob der damals nicht anwaltlich vertretene X._ Beschwerde an das Kantonsgericht Schwyz. Er beantragte, es sei ihm für die Begründung der Beschwerde eine Fristerstreckung von 20 Tagen zu gewähren. Sodann sei seine Beschwerde aufgrund der nachzureichenden Begründung gutzuheissen und die provisorische Rechtsöffnung nur im Umfang gemäss den Darlegungen in der nachzureichenden Begründung zu erteilen. C.b Mit Schreiben vom 14. November 2012 forderte das Kantonsgericht X._ auf, sich zur Stellungnahme des Bezirksgerichts vom 13. November 2012 (Antrag, auf die Beschwerde nicht einzutreten) zu vernehmen. Mit Schreiben vom 26. November 2012 äusserte sich X._ zu dieser Stellungnahme und reichte eine Beschwerdebegründung nach. Am 28. November 2012 ersuchte er zudem um unentgeltliche Rechtspflege für das Beschwerdeverfahren. C.c Mit Verfügung vom 29. November 2012 trat das Kantonsgericht auf die Beschwerde nicht ein. Zudem wies es das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege ab. D. Dem Bundesgericht beantragt X._ (nachfolgend Beschwerdeführer) in seiner Beschwerde in Zivilsachen vom 28. Januar 2013, die kantonsgerichtliche Verfügung vom 29. November 2012 sei aufzuheben und die Sache zur materiellen Behandlung an das Kantonsgericht zurückzuweisen. Das Bundesgericht hat die Vorakten, hingegen keine Vernehmlassungen eingeholt.
Erwägungen: 1. 1.1 Angefochten ist der Endentscheid eines oberen Gerichts, das auf Rechtsmittel hin kantonal letztinstanzlich über eine provisorische Rechtsöffnung entschieden hat (Art. 90 und Art. 75 BGG). Es handelt sich um eine vermögensrechtliche Angelegenheit in einer Schuldbetreibungs- und Konkurssache (Art. 72 Abs. 2 lit. a BGG), wobei der erforderliche Streitwert erreicht ist (Art. 74 Abs. 1 lit. b BGG). Der angefochtene Entscheid unterliegt ohne Beschränkung der Beschwerdegründe im Sinne von Art. 98 BGG der Beschwerde in Zivilsachen (<ref-ruling> E. 1.5 S. 400). Die im Übrigen fristgerecht (Art. 100 Abs. 1 i.V.m. Art. 46 Abs. 1 lit. c BGG) eingereichte Beschwerde in Zivilsachen ist demnach grundsätzlich zulässig. 1.2 Der Beschwerdeführer beantragt, es sei die kantonsgerichtliche Verfügung vom 29. November 2012 aufzuheben. Wie sein Antrag auf Rückweisung zur materiellen Beurteilung und seine Beschwerdebegründung verdeutlichen, ficht er vor Bundesgericht einzig den kantonsgerichtlichen Nichteintretensentscheid an, nicht hingegen auch die Abweisung seines Gesuchs um unentgeltliche Rechtspflege für das kantonsgerichtliche Beschwerdeverfahren. 2. 2.1 Das Kantonsgericht ist auf die Beschwerde des Beschwerdeführers wegen fehlender Begründung innerhalb der Beschwerdefrist nicht eingetreten. Eine Fristerstreckung zur späteren Einreichung der Begründung sei ausgeschlossen, da es sich bei der Beschwerdefrist um eine unabänderliche gesetzliche Frist handle. 2.2 Der Beschwerdeführer macht geltend, bei nicht anwaltlich vertretenen und rechtsunkundigen Beschwerdeführern könne selbst bei gesetzlichen Fristen eine kurze Nachfrist geboten sein, falls es - wie vorliegend - um kurze Fristen gehe. Es sei jedenfalls bei gesetzlichen Fristen nicht kategorisch ausgeschlossen, eine Nachfrist anzusetzen. Eine rechtsunkundige Person kenne zwar das Institut der Fristerstreckung, nicht aber die Unterscheidung zwischen gesetzlichen und gerichtlichen Fristen. Er sei deshalb im vorliegenden Beschwerdeverfahren vor dem Kantonsgericht davon ausgegangen, die zehntägige Frist gemäss der bezirksgerichtlichen Rechtsmittelbelehrung sei erstreckbar. Zum Fristerstreckungsgesuch sei er gezwungen gewesen, da damals in der Landwirtschaft übermässig viele Tagesarbeiten angestanden seien und er als Rechtsunkundiger mit dem betreibungsrechtlichen Verfahren überfordert gewesen sei. Das Kantonsgericht verfalle in überspitzten Formalismus, wenn es ihm eine kurze Nachfrist zur Einreichung einer Begründung verwehre. Da er mit seiner Eingabe vom 26. November 2012 eine Beschwerdebegründung nachgereicht habe, erübrige es sich vorliegend, ihm eine Nachfrist anzusetzen. Vielmehr sei das Kantonsgericht anzuweisen, die nunmehr begründete Beschwerde materiell zu behandeln. 3. 3.1 Gemäss Art. 321 Abs. 1 ZPO ist die Beschwerde bei der Rechtsmittelinstanz innert 30 Tagen seit der Zustellung des begründeten Entscheids oder seit der nachträglichen Zustellung der Entscheidbegründung schriftlich und begründet einzureichen. Bei in summarischen Verfahren ergangenen Entscheiden, wozu auch Entscheide des Rechtsöffnungsgerichts zählen (Art. 251 lit. a ZPO), beträgt die Beschwerdefrist zehn Tage (Art. 321 Abs. 2 ZPO). 3.2 Das Bundesgericht hat zur Berufung (Art. 311 Abs. 1 ZPO), festgehalten, dass es sich bei der Begründung um eine gesetzliche, von Amtes wegen zu prüfende Zulässigkeitsvoraussetzung handelt. Fehlt sie, so tritt das obere kantonale Gericht auf die Berufung nicht ein (Urteile 4A_651/2012 vom 7. Februar 2013 E. 4.2; 4A_252/2012 vom 27. September 2012 E. 9.2.1; 5A_438/2012 vom 27. August 2012 E. 2.2; vgl. auch <ref-ruling> E. 4.3.1 S. 375). Art. 321 Abs. 1 und Art. 311 Abs. 1 ZPO verlangen übereinstimmend, dass die Rechtsmitteleingabe "schriftlich und begründet einzureichen" ist. Das soeben zur Berufungsbegründung Gesagte muss demnach auch für die Beschwerdebegründung gelten (vgl. auch Botschaft vom 28. Juni 2006 zur ZPO [nachfolgend Botschaft ZPO], BBl 2006 7378 Ziff. 5.23.2). Art. 321 Abs. 1 und Art. 311 Abs. 1 ZPO verlangen übereinstimmend, dass die Rechtsmitteleingabe "schriftlich und begründet einzureichen" ist. Das soeben zur Berufungsbegründung Gesagte muss demnach auch für die Beschwerdebegründung gelten (vgl. auch Botschaft vom 28. Juni 2006 zur ZPO [nachfolgend Botschaft ZPO], BBl 2006 7378 Ziff. 5.23.2). 3.3 3.3.1 Die richterliche Erstreckung gesetzlicher Fristen ist nur zulässig, soweit das Gesetz diese Möglichkeit vorsieht (GULDENER, Schweizerisches Zivilprozessrecht, 3. Aufl. 1979, S. 267). Gemäss Art. 144 Abs. 1 ZPO können gesetzliche Fristen nicht erstreckt werden. Zu den gesetzlichen Fristen zählen namentlich die Rechtsmittelfristen (Urteil 5A_378/2012 vom 6. Dezember 2012 E. 4.4.3, zur Publikation vorgesehen). Die Beschwerdefrist ist demnach (gleich wie die Berufungsfrist: Urteil 4D_69/2011 vom 2. Mai 2012 E. 4.2.5) nicht erstreckbar. 3.3.2 Anders als andere Prozessgesetze enthält die ZPO keine Bestimmung, wonach immer eine angemessene Frist zur Verbesserung anzusetzen wäre, wenn die Rechtsmitteleingabe den gesetzlichen Vorgaben (wie insbesondere dem Erfordernis von Antrag und Begründung) nicht genügt (so beispielsweise Art. 61 lit. b ATSG [SR 830.1]; vgl. auch <ref-ruling> E. 2 f. S. 210 ff.; Urteile 2C_319/2011 vom 26. Januar 2012 E. 5; 2D_3/2011 vom 20. April 2011 E. 2.3). 3.3.3 Nach Art. 132 ZPO sind Mängel einer Eingabe wie fehlende Unterschrift und fehlende Vollmacht innert einer gerichtlichen Nachfrist zu verbessern, andernfalls die Eingabe als nicht erfolgt gilt (Abs. 1). Gleiches gilt für unleserliche, ungebührliche, unverständliche oder weitschweifige Eingaben (Abs. 2). Art. 132 Abs. 1 und 2 ZPO entsprechen Art. 42 Abs. 5 und 6 BGG (Botschaft ZPO, a.a.O., 7306 Ziff. 5.9.2), wonach eine Nachfrist zur Ergänzung von Rechtsschriften, die den formellen Anforderungen, wie sie sich aus Gesetz und Rechtsprechung ergeben, nicht genügen, nicht gewährt werden kann (vgl. <ref-ruling> E. 6.4 S. 622 mit Hinweis). Demnach sind Art. 132 Abs. 1 und 2 ZPO nicht dazu bestimmt, eine inhaltlich ungenügende Begründung zu ergänzen oder nachzubessern (Urteile 5A_438/2012 vom 27. August 2012 E. 2.4, wonach dies auch bei Laieneingaben gilt; 4A_659/2011 vom 7. Dezember 2011 E. 5, in: SJ 2012 I S. 231). 3.4 Zusammenfassend gilt damit Folgendes: Reicht die beschwerdeführende Partei innerhalb der Beschwerdefrist keine Begründung der Beschwerde ein und ist wie soeben dargelegt eine Fristerstreckung ausgeschlossen (Art. 144 Abs. 1 ZPO) beziehungsweise eine Nachfrist gemäss Art. 132 ZPO in solchen Fällen nicht anzusetzen, ist eine Nachreichung der Begründung nach Ablauf der Rechtsmittelfrist unzulässig. Vielmehr ist in solchen Fällen - wie dies das Bundesgericht zur Berufung bereits entschieden hat (vgl. E. 3.2 oben) - auf die Beschwerde nicht einzutreten und erweist sich dies nicht als überspitzt formalistisch (vgl. auch <ref-ruling> E. 2.4.2 S. 248; zum Begriff des überspitzten Formalismus <ref-ruling> E. 2.1 S. 9). 4. 4.1 Vorliegend enthielt die Beschwerde des Beschwerdeführers vom 5. November 2012 an das Kantonsgericht unbestrittenermassen keine Begründung. Die nachgereichte Begründung vom 26. November 2012 erfolgte sodann nach Ablauf der Beschwerdefrist. Das Kantonsgericht ist damit zu Recht auf die Beschwerde nicht eingetreten. 4.2 Daran vermag die Behauptung des Beschwerdeführers, er habe gemeint, auch die zehntägige Beschwerdefrist sei erstreckbar und ihm sei die Unterscheidung zwischen gesetzlicher und gerichtlicher Frist nicht bekannt gewesen, nichts zu ändern. Auszugehen ist vielmehr vom allgemeinen Grundsatz, wonach niemand Vorteile aus seiner eigenen Rechtsunkenntnis ableiten kann (<ref-ruling> E. 4.2.3.1 S. 336; Urteil 5P.241/2004 vom 23. September 2004 E. 4.2). Der Beschwerdeführer behauptet zudem zu Recht nicht, seine irrige Ansicht beruhe auf behördlichem Verhalten (zum Vertrauensschutz vgl. <ref-ruling> E. 8.3 S. 53 f.): Die bezirksgerichtliche Rechtsmittelbelehrung verweist klar auf die gesetzliche Regelung, wonach die Beschwerde innerhalb von zehn Tagen begründet einzureichen ist. 4.3 Der Beschwerdeführer hat schliesslich die Beschwerde innerhalb der Beschwerdefrist eingereicht. Damit erübrigt es sich von vornherein, auf die Fristwiederherstellung (Art. 148 ZPO) einzugehen. 5. Aus den dargelegten Gründen muss die Beschwerde abgewiesen werden. Der Beschwerdeführer wird kosten- (Art. 66 Abs. 1 BGG), nicht hingegen entschädigungspflichtig (Art. 68 Abs. 1 und 2 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 2'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Kantonsgericht Schwyz schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 18. März 2013 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Escher Der Gerichtsschreiber: Bettler
CH_BGer_005
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null
null
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2,004
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. Gestützt auf die Ergebnisse der von der Firma Y._ für das Staatssekretariat für Wirtschaft (nachfolgend seco) am 12. September 2001 durchgeführten Arbeitgeberkontrolle verpflichtete die Arbeitslosenkasse des Kantons Zürich die Firma V._ AG (im Folgenden Firma) mit Verfügung vom 26. April 2002, die für die Zeit von September bis November 1998 bereits ausbezahlten Kurzarbeitsentschädigungen im Betrag von Fr. 22'664.25 zurückzuerstatten. A. Gestützt auf die Ergebnisse der von der Firma Y._ für das Staatssekretariat für Wirtschaft (nachfolgend seco) am 12. September 2001 durchgeführten Arbeitgeberkontrolle verpflichtete die Arbeitslosenkasse des Kantons Zürich die Firma V._ AG (im Folgenden Firma) mit Verfügung vom 26. April 2002, die für die Zeit von September bis November 1998 bereits ausbezahlten Kurzarbeitsentschädigungen im Betrag von Fr. 22'664.25 zurückzuerstatten. B. Die dagegen erhobene Beschwerde wies das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich mit Entscheid vom 17. Dezember 2002 ab. B. Die dagegen erhobene Beschwerde wies das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich mit Entscheid vom 17. Dezember 2002 ab. C. Mit Verwaltungsgerichtsbeschwerde lässt die Firma die Aufhebung des angefochtenen Entscheids sowie der Verfügung vom 26. April 2002 beantragen. Die Arbeitslosenkasse und das seco verzichten auf eine Vernehmlassung.
Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1. Am 1. Januar 2003 ist das Bundesgesetz über den Allgemeinen Teil des Sozialversicherungsrechts (ATSG) vom 6. Oktober 2000 in Kraft getreten. Mit ihm sind Bestimmungen im Arbeitslosenversicherungsbereich geändert worden. Weil in zeitlicher Hinsicht grundsätzlich diejenigen Rechtssätze massgebend sind, die bei der Erfüllung des zu Rechtsfolgen führenden Tatbestandes Geltung haben (<ref-ruling> Erw. 1), und weil ferner das Sozialversicherungsgericht bei der Beurteilung eines Falles grundsätzlich auf den bis zum Zeitpunkt des Erlasses der streitigen Verfügung (hier: 26. April 2002) eingetretenen Sachverhalt abstellt (<ref-ruling> Erw. 1b), sind im vorliegenden Fall die bis zum 31. Dezember 2002 geltenden Bestimmungen anwendbar. 1. Am 1. Januar 2003 ist das Bundesgesetz über den Allgemeinen Teil des Sozialversicherungsrechts (ATSG) vom 6. Oktober 2000 in Kraft getreten. Mit ihm sind Bestimmungen im Arbeitslosenversicherungsbereich geändert worden. Weil in zeitlicher Hinsicht grundsätzlich diejenigen Rechtssätze massgebend sind, die bei der Erfüllung des zu Rechtsfolgen führenden Tatbestandes Geltung haben (<ref-ruling> Erw. 1), und weil ferner das Sozialversicherungsgericht bei der Beurteilung eines Falles grundsätzlich auf den bis zum Zeitpunkt des Erlasses der streitigen Verfügung (hier: 26. April 2002) eingetretenen Sachverhalt abstellt (<ref-ruling> Erw. 1b), sind im vorliegenden Fall die bis zum 31. Dezember 2002 geltenden Bestimmungen anwendbar. 2. Das kantonale Gericht hat die Bestimmungen und Grundsätze über den Anspruch auf rechtliches Gehör (Art. 29 Abs. 2 BV; <ref-ruling> Erw. 2b, 127 III 578 Erw. 2c, 126 V 130 Erw. 2a; zu Art. 4 Abs. 1 aBV ergangene, weiterhin geltende Rechtsprechung: <ref-ruling> Erw. 2a/aa, 124 V 181 Erw. 1a, 375 Erw. 3b, je mit Hinweisen) zutreffend wiedergegeben. Richtig sind auch die Erwägungen über den Ausschluss von Arbeitnehmern, deren Arbeitszeit nicht ausreichend kontrollierbar ist, vom Anspruch auf Kurzarbeitsentschädigung (Art. 31 Abs. 3 lit. a AVIG, Art. 46b AVIV; ARV 1999 Nr. 34 S. 200, 1998 Nr. 35 S. 196; Urteil D. vom 30. Juni 2001, C 229/00, Erw. 2a) sowie die Rückforderung zu Unrecht bezogener Versicherungsleistungen (Art. 95 Abs. 1 AVIG; <ref-ruling> Erw. 2c, 122 V 138 Erw. 2c, 272 Erw. 2, 368 Erw. 3). Ferner hat das kantonale Gericht die Voraussetzungen, unter denen ein behördliches Verhalten eine vom materiellen Recht abweichende Behandlung gebietet, ebenfalls treffend wiedergegeben (<ref-ruling> Erw. 3a, 126 II 387 Erw. 3a; RKUV 2001 Nr. KV 171 S. 281 Erw. 3b, 2000 Nr. KV 126 S. 223, Nr. KV 133 S. 291 Erw. 2a; zu Art. 4 Abs. 1 aBV ergangene, weiterhin geltende Rechtsprechung: <ref-ruling> Erw. 2a mit Hinweisen). Darauf ist zu verweisen. 2. Das kantonale Gericht hat die Bestimmungen und Grundsätze über den Anspruch auf rechtliches Gehör (Art. 29 Abs. 2 BV; <ref-ruling> Erw. 2b, 127 III 578 Erw. 2c, 126 V 130 Erw. 2a; zu Art. 4 Abs. 1 aBV ergangene, weiterhin geltende Rechtsprechung: <ref-ruling> Erw. 2a/aa, 124 V 181 Erw. 1a, 375 Erw. 3b, je mit Hinweisen) zutreffend wiedergegeben. Richtig sind auch die Erwägungen über den Ausschluss von Arbeitnehmern, deren Arbeitszeit nicht ausreichend kontrollierbar ist, vom Anspruch auf Kurzarbeitsentschädigung (Art. 31 Abs. 3 lit. a AVIG, Art. 46b AVIV; ARV 1999 Nr. 34 S. 200, 1998 Nr. 35 S. 196; Urteil D. vom 30. Juni 2001, C 229/00, Erw. 2a) sowie die Rückforderung zu Unrecht bezogener Versicherungsleistungen (Art. 95 Abs. 1 AVIG; <ref-ruling> Erw. 2c, 122 V 138 Erw. 2c, 272 Erw. 2, 368 Erw. 3). Ferner hat das kantonale Gericht die Voraussetzungen, unter denen ein behördliches Verhalten eine vom materiellen Recht abweichende Behandlung gebietet, ebenfalls treffend wiedergegeben (<ref-ruling> Erw. 3a, 126 II 387 Erw. 3a; RKUV 2001 Nr. KV 171 S. 281 Erw. 3b, 2000 Nr. KV 126 S. 223, Nr. KV 133 S. 291 Erw. 2a; zu Art. 4 Abs. 1 aBV ergangene, weiterhin geltende Rechtsprechung: <ref-ruling> Erw. 2a mit Hinweisen). Darauf ist zu verweisen. 3. Die Beschwerdeführerin rügt, ihr Anspruch auf Entscheidbegründung sei von der Verwaltung verletzt und es sei ihr damit das rechtliche Gehör verweigert worden, weil die Kasse zur Begründung der Verfügung auf aussenstehende Schriften des seco verwiesen habe. Dieser formelle Einwand ist vorab zu prüfen. Aus Art. 29 Abs. 2 BV ergibt sich kein Anspruch auf Begründung in einem einzigen Dokument; mit dem Verweis auf die Berichte des seco ist vielmehr den Anforderungen von Art. 29 Abs. 2 BV Genüge getan (Urteil des Bundesgerichts in Sachen S. vom 19. Dezember 2001, 4P.237/2001; siehe auch <ref-ruling>). Aus Art. 29 Abs. 2 BV ergibt sich kein Anspruch auf Begründung in einem einzigen Dokument; mit dem Verweis auf die Berichte des seco ist vielmehr den Anforderungen von Art. 29 Abs. 2 BV Genüge getan (Urteil des Bundesgerichts in Sachen S. vom 19. Dezember 2001, 4P.237/2001; siehe auch <ref-ruling>). 4. In materieller Hinsicht hat die Vorinstanz mit zutreffender Begründung dargelegt, weshalb weder das Formular "Rapport über die wirtschaftlich bedingten Ausfallstunden" des einzelnen Arbeitnehmers noch der "Rapport über die wirtschaftlich bedingten Ausfallstunden pro Betrieb bzw. Betriebsabteilung" oder die nachträglich von der Firma erstellten Monatsblätter über die täglich verrichtete Arbeitszeit der Angestellten als Arbeitszeitnachweis genügen. Darauf ist zu verweisen. Was die Beschwerdeführerin dagegen vorbringt, überzeugt nicht. Das Eidgenössische Versicherungsgericht hat schon verschiedentlich festgehalten, dass dem Erfordernis einer betrieblichen Arbeitszeitkontrolle, vorbehältlich ganz besonderer, hier nicht gegebener, Umstände (vgl. hiezu Urteil X. vom 5. November 2001, C 59/01), nur mit einer täglich fortlaufend geführten Arbeitszeiterfassung über die effektiv geleisteten Arbeitsstunden der von der Kurzarbeit betroffenen Mitarbeiter Genüge getan ist, die nicht durch erst nachträglich erstellte Dokumente ersetzt werden kann. Dabei müssen die gearbeiteten Stunden keineswegs zwingend mit einem elektronischen System erfasst sein. Wesentlich ist allein die ausreichende Detailliertheit und die zeitgleiche Dokumentierung (statt vieler: Urteile W. vom 22. August 2001, C 260/00, und D. vom 30. Juli 2001, C 229/00), weshalb auch nicht argumentiert werden kann, die geforderte Zeiterfassung könne Kleinbetrieben nicht zugemutet werden. An letztgenanntem Erfordernis sind übrigens die nachträglich eingereichten Monatsblätter gescheitert, wogegen diese - nunmehr fortlaufend ausgefüllt - ab Dezember 1998 dieser Anforderung genügen. Es ist sodann keineswegs überspitzt formalistisch (vgl. hierzu <ref-ruling> Erw. 2a, 127 I 34 Erw. 2aa/bb, je mit Hinweis), wenn von einem Betrieb, der das Formular "Rapport über die wirtschaftlich bedingten Ausfallstunden" fortlaufend ausfüllt, zwecks Kontrolle des geltend gemachten Arbeitszeitausfalls darüber hinaus fortlaufende Aufzeichnungen der tatsächlich geleisteten Arbeitszeit verlangt werden. Denn weil die an gewissen Tagen geleistete Überzeit innerhalb der Abrechnungsperiode auszugleichen ist (ARV 1999 Nr. 34 S. 200), wird der Arbeitszeitausfall erst durch derartige Aufzeichnungen überprüfbar. Ohnehin ist fraglich, ob das genannte Formular - wie von der Beschwerdeführerin behauptet - tatsächlich jeweils fortlaufend ausgefüllt worden ist: Das Schriftbild der Einträge lässt auf stets die selbe Person als Urheberin schliessen. Diese hat die Ausfallstunden der von der Kurzarbeit Betroffenen innerhalb eines Monats mit unterschiedlichen Schreibgeräten notiert, wobei der Stift nicht tageweise, sondern bei jedem Betroffenen gewechselt worden ist, was deutlich gegen eine fortlaufende Aufzeichnung spricht. Was die Beschwerdeführerin dagegen vorbringt, überzeugt nicht. Das Eidgenössische Versicherungsgericht hat schon verschiedentlich festgehalten, dass dem Erfordernis einer betrieblichen Arbeitszeitkontrolle, vorbehältlich ganz besonderer, hier nicht gegebener, Umstände (vgl. hiezu Urteil X. vom 5. November 2001, C 59/01), nur mit einer täglich fortlaufend geführten Arbeitszeiterfassung über die effektiv geleisteten Arbeitsstunden der von der Kurzarbeit betroffenen Mitarbeiter Genüge getan ist, die nicht durch erst nachträglich erstellte Dokumente ersetzt werden kann. Dabei müssen die gearbeiteten Stunden keineswegs zwingend mit einem elektronischen System erfasst sein. Wesentlich ist allein die ausreichende Detailliertheit und die zeitgleiche Dokumentierung (statt vieler: Urteile W. vom 22. August 2001, C 260/00, und D. vom 30. Juli 2001, C 229/00), weshalb auch nicht argumentiert werden kann, die geforderte Zeiterfassung könne Kleinbetrieben nicht zugemutet werden. An letztgenanntem Erfordernis sind übrigens die nachträglich eingereichten Monatsblätter gescheitert, wogegen diese - nunmehr fortlaufend ausgefüllt - ab Dezember 1998 dieser Anforderung genügen. Es ist sodann keineswegs überspitzt formalistisch (vgl. hierzu <ref-ruling> Erw. 2a, 127 I 34 Erw. 2aa/bb, je mit Hinweis), wenn von einem Betrieb, der das Formular "Rapport über die wirtschaftlich bedingten Ausfallstunden" fortlaufend ausfüllt, zwecks Kontrolle des geltend gemachten Arbeitszeitausfalls darüber hinaus fortlaufende Aufzeichnungen der tatsächlich geleisteten Arbeitszeit verlangt werden. Denn weil die an gewissen Tagen geleistete Überzeit innerhalb der Abrechnungsperiode auszugleichen ist (ARV 1999 Nr. 34 S. 200), wird der Arbeitszeitausfall erst durch derartige Aufzeichnungen überprüfbar. Ohnehin ist fraglich, ob das genannte Formular - wie von der Beschwerdeführerin behauptet - tatsächlich jeweils fortlaufend ausgefüllt worden ist: Das Schriftbild der Einträge lässt auf stets die selbe Person als Urheberin schliessen. Diese hat die Ausfallstunden der von der Kurzarbeit Betroffenen innerhalb eines Monats mit unterschiedlichen Schreibgeräten notiert, wobei der Stift nicht tageweise, sondern bei jedem Betroffenen gewechselt worden ist, was deutlich gegen eine fortlaufende Aufzeichnung spricht. 5. Steht das Fehlen einer den rechtsprechungsgemässen Anforderungen genügenden Arbeitszeitkontrolle fest, erübrigen sich Ausführungen dazu, ob die den untauglichen Beweismitteln zu entnehmenden Aussagen glaubhaft sind oder nicht. Insoweit sind die vorinstanzlichen Erwägungen hierzu obsolet. Auf hiegegen letztinstanzlich vorgetragene Einwände braucht auch nicht näher eingegangen zu werden. 5. Steht das Fehlen einer den rechtsprechungsgemässen Anforderungen genügenden Arbeitszeitkontrolle fest, erübrigen sich Ausführungen dazu, ob die den untauglichen Beweismitteln zu entnehmenden Aussagen glaubhaft sind oder nicht. Insoweit sind die vorinstanzlichen Erwägungen hierzu obsolet. Auf hiegegen letztinstanzlich vorgetragene Einwände braucht auch nicht näher eingegangen zu werden. 6. Soweit die Firma eine vom materiellen Recht abweichende Behandlung verlangt, indem sie geltend macht, die Kasse habe sich treuwidrig verhalten, weil sie die eingereichten Dokumente zunächst akzeptiert und erst nachträglich beanstandet habe, so hat sich bereits das kantonale Gericht einlässlich mit diesen Vorbringen auseinandergesetzt und dabei die dazu ergangene Rechtsprechung (<ref-ruling> Erw. 2b/aa mit Hinweisen; Urteil A. vom 5. Juni 2001, C 132/00) treffend angewandt. Danach obliegt es der Antrag stellenden Firma abzuklären, ob ihr Zeiterfassungssystem eine im Hinblick auf die Anspruchsberechtigung ausreichende Kontrolle gewährleistet (vgl. auch ARV 2002 Nr. 37 S. 255 Erw. 4b). Konkrete Anfragen bezüglich des Zeiterfassungssystems werden weder behauptet, noch sind solche aus den Akten ersichtlich. Zuletzt ist die erstmals am 2. Dezember 1998 erfolgte Auszahlung mangels Ursächlichkeit von vornherein ungeeignet, einen Vertrauenstatbestand für die davor liegenden Abrechnungsperioden September bis November 1998 zu begründen.
Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich, dem Amt für Wirtschaft und Arbeit, Arbeitslosenversicherung, Zürich, und dem Staatssekretariat für Wirtschaft zugestellt. Luzern, 25. März 2004 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Die Präsidentin der III. Kammer: Der Gerichtsschreiber:
CH_BGer_016
Federation
null
null
null
social_law
nan
[]
[]
f1e8badc-17fb-47da-ae5f-9b41d7fcf845
2,015
de
Erwägungen: 1. A._ hat gegen den Entscheid des Obergerichts des Kantons Bern, Zivilabteilung, Kindes- und Erwachsenenschutzgericht, vom 10. April 2015, das die gegen sie ärztlich verfügte fürsorgerische Unterbringung in Gutheissung der Beschwerde aufgehoben und die sofortige Entlassung der Betroffenen angeordnet hat, beim Bundesgericht Beschwerde in Zivilsachen erhoben. 2. Die Beschwerde in Zivilsachen an das Bundesgericht setzt voraus, dass die beschwerdeführende Person durch den angefochtenen Ent-scheid besonders berührt ist und ein aktuelles schutzwürdiges Interesse an dessen Aufhebung hat (<ref-law>). Nachdem die angeordnete fürsorgerische Unterbringung durch die Vorinstanz aufgehoben worden ist, besteht kein aktuelles schützenswertes Interesse an der Aufhebung oder Änderung des angefochtenen Entscheids. Ein virtuelles Interesse an der Beschwerde ist weder behauptet noch dargetan. Fehlt es am aktuellen praktischen Interesse und ist auch kein virtuelles Interesse auszumachen, ist auf die Beschwerde im vereinfachten Verfahren nach <ref-law> durch den Präsidenten der Abteilung nicht einzutreten, zumal der Nachteil bereits vor Einreichung der Beschwerde weggefallen ist (<ref-ruling> E. 2.1 S. 500). 3. Den konkreten Umständen entsprechend werden keine Gerichtskosten erhoben (<ref-law>).
Demnach erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Kosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird der Beschwerdeführerin, B._ und dem Obergericht des Kantons Bern, Zivilabteilung, Kindes- und Erwachsenenschutzgericht, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 5. Mai 2015 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: von Werdt Der Gerichtsschreiber: Zbinden
CH_BGer_005
Federation
null
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civil_law
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2,015
de
Sachverhalt: A. Mit Verfügung vom 16. Mai 2007 erklärte die Schweizerische Unfallversicherungsanstalt (SUVA) den 1955 geborenen A._ als nicht geeignet für Arbeiten mit Absturzgefahr. Die SUVA erbrachte daraufhin ein Übergangstaggeld und eine Übergangsentschädigung. Mit Schreiben vom 31. Dezember 2008 erstellte die SUVA eine Abrechnung der bereits ausbezahlten Leistungen und der Verrechnung mit einer Rückforderung der Zürich Versicherungsgesellschaft. Gleichzeitig stellte sie dem Versicherten ab Februar 2009 bis 15. September 2009 eine monatliche Zahlung von Fr. 4'834.35 in Aussicht. Mit Eingabe vom 15. April 2013 erklärte sich der Versicherte für nicht einverstanden mit der Berechnung der Leistungshöhe und mit der Verrechung. Mit "Verfügung" vom 16. Mai 2013 bestätigte die SUVA ihr bisheriges Handeln. Auf die Einsprache des Versicherten trat die SUVA mit Entscheid vom 25. Oktober 2013 nicht ein, da über die Höhe der Leistungen und die Verrechnung bereits rechtskräftig entschieden worden sei und die "Verfügung" vom 16. Mai 2013 deshalb nichtig sei. B. Die von A._ hiegegen erhobene Beschwerde hiess das Versicherungsgericht des Kantons Solothurn mit Entscheid vom 11. Februar 2015 insoweit teilweise gut, als sie die Höhe der Leistungen in der Zeit vom 16. September 2009 bis 15. September 2011 betraf, und verpflichtete die SUVA, diesbezüglich auf die Einsprache des Versicherten einzutreten. Im Übrigen wies es die Beschwerde ab. C. Mit Beschwerde beantragt A._, die SUVA sei unter Aufhebung des Einspracheentscheides und Anpassung des kantonalen Gerichtsentscheides zu verpflichten, auf seine Einsprache auch bezüglich der Zeit vor dem 16. September 2009 einzutreten.
Erwägungen: 1. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann wegen Rechtsverletzung gemäss Art. 95 und Art. 96 BGG erhoben werden. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (<ref-law>). Es ist somit weder an die in der Beschwerde geltend gemachten Argumente noch an die Erwägungen der Vorinstanz gebunden; es kann eine Beschwerde aus einem anderen als dem angerufenen Grund gutheissen oder es kann sie mit einer von der Argumentation der Vorinstanz abweichenden Begründung abweisen (<ref-ruling> E. 1.1 S. 137 f.). Das Bundesgericht prüft indessen, unter Berücksichtigung der allgemeinen Rüge- und Begründungspflicht (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG), nur die geltend gemachten Vorbringen, falls allfällige weitere rechtliche Mängel nicht geradezu offensichtlich sind (<ref-ruling> E. 1.6 S. 280; vgl. auch <ref-ruling> E. 1.1 S. 138). 2. Streitig ist, ob die SUVA auf die Einsprache des Versicherten gegen die "Verfügung" vom 16. Mai 2013 auch insoweit hätte eintreten sollen, als sie die Zeit vor dem 16. September 2009 betrifft. Soweit diesen Zeitraum betreffend, hat das kantonale Gericht einen (Teil-) Endentscheid gefällt. Auf die Beschwerde des Versicherten ist demnach einzutreten. 3. Es ist letztinstanzlich unbestritten, dass die SUVA über die Leistungsansprüche des Versicherten im hier streitigen Zeitraum am 31. Dezember 2008 einen formlosen Entscheid getroffen hat und dass über diese daher rechtskräftig entschieden ist. Der Versicherte macht jedoch geltend, die SUVA sei mit ihrer "Verfügung" vom 16. Mai 2013 sinngemäss auf sein Wiedererwägungsgesuch eingetreten und habe dieses abgewiesen. Ob diese Abweisung rechtmässig sei, könne aber auf Einsprache hin überprüft werden; auf seine Einsprache gegen die Verfügung vom 16. Mai 2013 sei daher (auch) betreffend die Ansprüche für den Zeitraum vor dem 16. September 2009 einzutreten. 4. 4.1. Gemäss einem allgemeinen Grundsatz des Sozialversicherungsrechts kann die Verwaltung formell rechtskräftige Verfügungen oder Einspracheentscheide, die nicht Gegenstand materieller richterlicher Beurteilung waren, in Wiedererwägung ziehen, wenn sie zweifellos unrichtig sind und ihre Berichtigung von erheblicher Bedeutung ist (<ref-law>). Dieses Zurückkommen liegt - beim Fehlen eigentlicher Revisionsgründe (vgl. <ref-law>) - im Ermessen des Versicherungsträgers. Es besteht demnach kein gerichtlich durchsetzbarer Anspruch auf Wiedererwägung. Verfügungen, mit denen das Eintreten auf ein Wiedererwägungsgesuch abgelehnt wird, sind grundsätzlich weder beschwerde- noch einspracheweise anfechtbar (<ref-ruling>). 4.2. Wenn die Verwaltung hingegen auf ein Wiedererwägungsgesuch eintritt, die Wiedererwägungsvoraussetzungen prüft und anschliessend einen erneut ablehnenden Sachentscheid trifft, ist dieser mit Einsprache und hernach beschwerdeweise anfechtbar. Die entsprechende Überprüfung hat sich in einem solchen Falle indessen auf die Frage zu beschränken, ob die Voraussetzungen für eine Wiedererwägung der bestätigten Verfügung gegeben sind. Thema des Einsprache- und des Beschwerdeverfahrens bildet also einzig die Prüfung, ob der Versicherungsträger zu Recht die ursprüngliche, formell rechtskräftige Verfügung nicht als zweifellos unrichtig und/oder deren Korrektur als von unerheblicher Bedeutung qualifizierte (<ref-ruling> E. 1b/cc S. 479, 117 V 8 E. 2a S. 13, 116 V 62; vgl. auch Urteil 8C_89/2014 vom 24. Juli 2014 E. 2.3). 5. Der Versicherte erklärte sich mit Eingabe vom 15. April 2013 mit verschiedenen Punkten der Leistungsabrechnungen der SUVA nicht einverstanden. Er stellte jedoch nicht ausdrücklich ein Wiedererwägungsgesuch; in seinem Schreiben fehlen denn auch Ausführungen zu den Wiedererwägungsvoraussetzungen. Entsprechend weist auch die "Verfügung" vom 16. Mai 2013 keine Auseinandersetzung mit dieser Thematik auf; die Verfügung beinhaltet - soweit sie sich auf den vorliegend streitigen Zeitraum bezieht - lediglich eine Zusammenfassung des Standpunktes der SUVA. Es ist somit davon auszugehen, dass die SUVA die Eingabe vom 15. April 2013 nicht als Wiedererwägungsgesuch verstand und damit in ihrer "Verfügung" vom 16. Mai 2013 auch nicht über ein entsprechendes Gesuch entscheiden wollte. Die gegenteilige Argumentation des Beschwerdeführers würde darauf hinauslaufen, jedes Festhalten eines Versicherungsträgers an seinem bisherigen Standpunkt nach Vorliegen eines rechtskräftigen Entscheides als ein sinngemässes Abweisen eines Wiedererwägungsgesuchs aufzufassen. Damit würde in all diesen Fällen dem Versicherten der Rechtsweg geöffnet. Dies würde wiederum die Rechtsprechung, wonach kein gerichtlich durchsetzbarer Anspruch auf Wiedererwägung besteht, faktisch ausser Kraft setzen. Die Vorinstanz ist damit zu Recht nicht davon ausgegangen, bei der "Verfügung" vom 16. Mai 2013 handle es sich um ein anfechtbares Abweisen eines Wiedererwägungsgesuchs. Die Beschwerde des Versicherten ist somit abzuweisen. 6. Dem Ausgang des Verfahrens entsprechend sind die Gerichtskosten dem Beschwerdeführer aufzuerlegen (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 800.- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons Solothurn und dem Bundesamt für Gesundheit schriftlich mitgeteilt. Luzern, 4. August 2015 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Leuzinger Der Gerichtsschreiber: Nabold
CH_BGer_008
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2,011
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Sachverhalt: A. Die X._ GmbH, A._, verkaufte im Jahr 2007 ein Geschäftsfahrzeug (BMW X5 3,0 D) zu dem in der Geschäftsbuchhaltung ausgewiesenen Buchwert von Fr. 8'000.-- an ihren Gesellschafter Z._. Im Oktober 2008 leitete das Steueramt des Kantons Solothurn gegen die Gesellschaft ein Hinterziehungsverfahren ein betreffend die Staatssteuern 2007 und die direkte Bundessteuer 2007. Der Gesellschaft wird vorgeworfen, das Fahrzeug Fr. 12'000.-- unter dem (wegen kleinerer Schäden) reduzierten Eurotax-Wert von Fr. 20'000.-- verkauft zu haben, womit eine Privatentnahme vorliege, die beim Reingewinn aufzurechnen sei. Am 15. April 2009 verfügte das Steueramt des Kantons Solothurn gegen die Steuerpflichtige Bussen wegen versuchter vorsätzlicher Hinterziehung der Staatssteuern 2007 (Busse Fr. 333.35) und der direkten Bundessteuer 2007 (Busse Fr. 566.65). Eine Einsprache der Gesellschaft blieb ohne Erfolg. Mit Urteil vom 10. Dezember 2010 hiess das Kantonale Steuergericht Solothurn Rekurs und Beschwerde der Steuerpflichtigen gut und hob die Bussenverfügungen auf. B. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten beantragt das Steueramt des Kantons Solothurn dem Bundesgericht, das erwähnte Urteil des Kantonalen Steuergerichts aufzuheben und die Bussen zu bestätigen. Die X._ GmbH und das Kantonale Steuergericht beantragen, die Beschwerde abzuweisen, soweit darauf einzutreten sei. Die eidgenössische Steuerverwaltung schliesst sich den Anträgen des kantonalen Steueramtes an.
Erwägungen: 1. Die Beschwerde richtet sich gegen den Entscheid einer letzten kantonalen Instanz in einer Angelegenheit des öffentlichen Rechts (vgl. Art. 82 bzw. <ref-law> in Verbindung mit Art. 146 des Bundesgesetzes über die direkte Bundessteuer vom 14. Dezember 1990 [DBG, SR 642.11] und Art. 73 des Bundesgesetzes vom 14. Dezember 1990 über die Harmonisierung der direkten Steuern der Kantone und Gemeinden [StHG; SR 642.14]). Eine Ausnahme gemäss <ref-law> liegt nicht vor. Die kantonale Steuerverwaltung ist zur Beschwerde berechtigt (vgl. <ref-law>, <ref-law>, Art. 73 Abs. 2 StHG). Auf die form- und fristgerecht eingereichte Beschwerde ist einzutreten. 2. 2.1 Nach <ref-law> bzw. § 189 Abs. 1 des kantonalen Gesetzes vom 1. Dezember 1985 über die Staats- und Gemeindesteuern (StG/SO) wird unter anderem mit Busse bestraft, wer als Steuerpflichtiger vorsätzlich oder fahrlässig bewirkt, dass eine Veranlagung zu Unrecht unterbleibt oder dass eine rechtskräftige Veranlagung unvollständig ist. Wer eine Steuer zu hinterziehen versucht, wird gemäss <ref-law> bzw. § 190 Abs. 1 StG/SO mit Busse bestraft. 2.2 Bei der versuchten Steuerhinterziehung tritt der erwünschte Deliktserfolg, die ausgebliebene oder unvollständige Veranlagung, nicht ein, d.h. dass die Veranlagung steuerrechtlich korrekt und umfassend erfolgt. Die Vorinstanz hat zudem berücksichtigt, dass die in Frage stehende Aufrechnung auf einer Schätzung beruht. Bei dieser bestehe ein Spielraum, dessen obere und untere Grenze nicht mit Sicherheit erkennbar seien. Steuerstrafverfahren seinen deshalb in solchen Fällen nur mit Zurückhaltung einzuleiten. Dies wird vom Beschwerdeführer nicht in Frage gestellt. 2.3 Der subjektive Tatbestand der versuchten Steuerhinterziehung setzt Vorsatz voraus; Fahrlässigkeit genügt dafür nicht. Nach der bundesgerichtlichen Rechtsprechung gilt der Nachweis des Vorsatzes als erbracht, wenn mit hinreichender Sicherheit feststeht, dass sich der Beschuldigte der Unrichtigkeit oder Unvollständigkeit der gemachten Angaben bewusst war. Ist dieses Wissen erwiesen, so muss angenommen werden, dass er auch mit Willen handelte, d.h. eine Täuschung der Steuerbehörden beabsichtigt und eine zu niedrige Veranlagung bezweckt (direkter Vorsatz) oder zumindest in Kauf genommen hat (Eventualvorsatz). Diese Vermutung lässt sich nicht leicht entkräften, weil in der Regel ein anderer Beweggrund für die Unrichtigkeit oder Unvollständigkeit der gemachten Angaben nur schwer vorstellbar ist. Lediglich fahrlässig handelt der Steuerpflichtige demgegenüber, wenn er die Folgen seines Verhaltens aus pflichtwidriger Unvorsichtigkeit nicht bedacht oder darauf nicht Rücksicht genommen hat. Pflichtwidrig ist die Unvorsichtigkeit, wenn der Steuerpflichtige die Vorsicht nicht beachtet, zu der er nach den Umständen und nach seinen persönlichen Verhältnissen verpflichtet ist (Urteil 2A.194/2002 vom 25. April 2003 E. 2.3, mit Hinweisen). 2.4 Ein Steuerpflichtiger kann sich der Verantwortung für die Richtigkeit und Vollständigkeit der Angaben in der Steuererklärung nicht dadurch entziehen, dass er seine Steuerangelegenheiten durch einen vertraglichen Vertreter besorgen lässt. Hat der Vertreter in der Steuererklärung unrichtige Angaben gemacht und damit eine Steuerverkürzung bewirkt, so hat sich der Steuerpflichtige dessen schuldhaftes Verhalten anzurechnen, wenn er in der Lage gewesen wäre, die Fehler zu erkennen. Namentlich nimmt er den Versuch einer Steuerverkürzung in Kauf, wenn er die Erstellung der Steuererklärung ohne klare Instruktionen und ohne jegliche Kontrolle einem Treuhänder überträgt und sich nicht darum kümmert, ob die in der Steuererklärung enthaltenen Angaben richtig und vollständig sind (Urteil 2A.194/2002 vom 25. April 2003 E. 2.5.1, mit Hinweisen). 2.5 Was der Täter wusste, wollte und in Kauf nahm, betrifft innere Tatsachen, und ist damit Tatfrage; Rechtsfrage ist, ob im Lichte der festgestellten Tatsachen der Schluss auf Eventualvorsatz berechtigt erscheint (vgl. <ref-ruling> E. 5). 2.6 Die Beschwerdegegnerin hat vor der Vorinstanz vorgebracht, es sei ihr nicht bewusst gewesen, dass es zu einer Steuerverkürzung kommen könnte; sie habe nie daran gedacht, dass eine "unrichtige" Bewertung vorliegen könnte; sie habe ihrer damaligen Buchhalterin vertraut und sich nicht um die Bewertungsfrage gekümmert. Die Vorinstanz hat gestützt darauf in Bezug auf den Vorsatz festgestellt, der strikte Nachweis, dass der Beschwerdegegnerin die unvollständige Deklaration bewusst gewesen wäre, sei aufgrund der Aktenlage nicht zu erbringen. Unter den geschilderten Umständen dürfe das Vorbringen der Beschwerdegegnerin, der Buchwert habe für sie ungefähr dem "Verkehrswert" entsprochen, mindestens als nicht vollständig abwegig eingestuft werden. Als ebenso glaubhaft dürfe die Äusserung der Beschwerdegegnerin gewertet werden, dass sie kein Wissen darüber gehabt habe, dass die unterpreisliche Überführung eines Fahrzeuges vom Geschäfts- ins Privatvermögen eines Gesellschafters zu einer Steuerverkürzung hätte führen können. Damit habe sie das erforderliche Wissen nicht gehabt, weshalb sie auch die Möglichkeit strafbaren Verhaltens nicht habe in Kauf nehmen können. 2.7 Was der Beschwerdeführer dagegen vorbringt, lässt die tatsächlichen Feststellungen bzw. die Beweiswürdigung der Vorinstanz nicht als offensichtlich unrichtig oder unhaltbar erscheinen. Er legt namentlich nicht dar, inwiefern die Feststellung des fehlenden Wissens offensichtlich unrichtig sein soll (Beschwerde Ziff. III.9). Das Argument, der vereinbarte Veräusserungspreis halte einem Drittvergleich nicht stand, zeigt nicht auf, dass mit hinreichender Sicherheit feststand, dass sich die Beschwerdegegnerin bewusst war, dass ihre Angaben unrichtig oder unvollständig waren. Anders als im Fall 2A.187/2000 vom 3. November 2000 (vierjähriger Porsche 911 Carrera mit 4'000 km zu lediglich Fr. 10'000.-- ins Privateigentum überführt, Aufrechnung von Fr. 70'000.--) geht es im vorliegenden Fall um ein auch vom Steueramt noch mit Fr. 20'000.-- bewertetes fünfjähriges Fahrzeug mit einer Laufleistung von 80'000 km (Eurotax-Wert Fr. 26'400.--) sowie verschiedenen Mängeln, welches offensichtlich auch wegen seiner Grösse und seinem Gewicht grundsätzlich nicht auf ein breites Kaufinteresse stösst. Nach unbestrittener Darstellung der Beschwerdegegnerin hat sich das Fahrzeug zudem als sehr reparaturanfällig erwiesen. Darüber hinaus legte sie eine Schätzung eines lokalen offiziellen Markenvertreters vor, welcher einen Eintauschwert von Fr. 13'500.-- ermittelte. Nachträglich seien weitere Reparaturen im Betrag von mindestens von Fr. 6'000.-- erforderlich gewesen. Unter Berücksichtigung aller Umstände kann die Folgerung der Vorinstanz nicht als unhaltbar bezeichnet werden. Auch das Argument, die Gesellschafter der Beschwerdegegnerin seien als renommierte und erfolgreiche Gastronomen mit gewerblichen Gepflogenheiten vertraut und geschäftserfahren, lässt nicht zwingend darauf schliessen, dass die Beschwerdegegnerin über das erforderliche Wissen verfügt hat. 3. Die Beschwerde ist aus diesen Gründen abzuweisen. Entsprechend diesem Ausgang hat der Beschwerdeführer die Kosten des Verfahrens vor Bundesgericht zu tragen (Art. 66 Abs. 1 und 4 BGG) sowie der Beschwerdegegnerin eine angemessene Parteientschädigung auszurichten (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 1'500.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Der Kanton Solothurn hat der Beschwerdegegnerin für das Verfahren vor Bundesgericht eine Parteientschädigung von Fr. 2'000.-- auszurichten. 4. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten, dem Kantonalen Steuergericht Solothurn und der Eidgenössischen Steuerverwaltung schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 16. Juni 2011 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Zünd Küng
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2,006
de
Sachverhalt: A. Der Inhaber der Firma Y._ ersuchte das Bundesamt für Sozialversicherung (BSV) am 22. November 2001 um Erteilung der Betriebsbewilligung unter der Leitung von Dr. med. X._. Dr. med. X._ erwarb nach dem Medizinstudium in München vom Bayerischen Staatsministerium des Innern die Approbation als Arzt (Approbationsurkunde vom 4. Mai 1983). Vom 15. Januar 1984 bis 31. Dezember 1987 war er am Institut für Toxikologie und Umwelthygiene der Technischen Universität in München tätig. Von der Fakultät für Medizin der Technischen Universität München erwarb er den akademischen Grad eines Doktors der Medizin (Promotionsurkunde vom 30. März 1989). Vom 1. Januar 1988 bis 31. Mai 1990 war er Assistenzarzt am Krankenhaus für Naturheilwesen in München, wo er eine Weiterbildung im Bereich Innere Medizin absolvierte. Daraufhin war er vom 1. Juni 1990 bis 30. Juni 1993 am Institut für Klinische Chemie und Laboratoriumsmedizin des Klinikums der Stadt Nürnberg tätig, wobei er gemäss Bestätigung von Chefarzt Dr. med. W._ vom 1. Juni 1990 bis 31. März 1992 im Rahmen seiner Weiterbildung zum Laborarzt den Teilbereich Medizinische Chemie absolvierte. Von der Bayerischen Landesärztekammer erhielt er das Recht, die Bezeichnung "Laborarzt" zu führen (Anerkennungsurkunde vom 6. Mai 1992). Laut Beschluss des Zulassungsausschusses Ärzte Mittelfranken vom 23. Juni 1993 wurde ihm daraufhin die Genehmigung zur Ausübung einer vertragsärztlichen Tätigkeit als Laborarzt erteilt. Vom 1. Juli 1993 bis 31. Dezember 2001 war er Laborleiter und Teilhaber einer Gemeinschaftspraxis für Labormedizin in Nürnberg. Mit Schreiben vom 10. Februar 2002 teilte Dr. med. X._ dem BSV mit, er beantrage die Anerkennung der Gleichwertigkeit seiner Aus- und Weiterbildung für den Facharzttitel FAMH (Schweizerischer Verband der Leiter medizinisch-analytischer Laboratorien) in den Bereichen klinische Chemie, Mikrobiologie, Infektions-Immunologie und Hämatologie. Gleichzeitig legte er Zeugnisse und Bescheinigungen auf über seine bisherige Aus- und Weiterbildung. Das BSV holte daraufhin eine Stellungnahme des FAMH-Fachausschusses ein zur Frage der Gleichwertigkeit der Weiterbildung mit der FAMH-Weiterbildung zum Spezialisten für labormedizinische Analytik. Dieser verneinte die Gleichwertigkeit mit einer monodisziplinären FAMH-Weiterbildung in den Fachgebieten Hämatologie, klinische Chemie, klinische Immunologie oder medizinische Mikrobiologie sowie mit einer pluridisziplinären FAMH-Weiterbildung in den vier Fachbereichen. Zudem umfasse das pluridisziplinäre FAMH-Weiterbildungsprogramm seit dem 1. März 2001 auch die medizinische Genetik. Hinweise auf eine diesbezügliche Weiterbildung fehlten jedoch. Gestützt darauf eröffnete das BSV dem Gesuchsteller am 5. März 2003, dass seine Qualifikationen den Weiterbildungsgrundsätzen der FAMH nicht entsprechen würden und es deshalb beabsichtige, das Gesuch um Anerkennung der Gleichwertigkeit seiner Laborweiterbildung abzuweisen. Gleichzeitig gab es Dr. med. X._ Gelegenheit zur Stellungnahme. Dieser hielt mit Eingabe vom 8. April 2003 an seinem Gesuch fest. Mit Schreiben vom 18. August 2003 bestätigte das BSV seinen ablehnenden Standpunkt, worauf Dr. med. X._ um Erlass einer anfechtbaren Verfügung ersuchte. B. Mit Verfügung vom 5. November 2003 lehnte das Eidgenössische Departement des Innern (nachfolgend: Departement) das Gesuch des Dr. med. X._ um Anerkennung der Gleichwertigkeit seiner deutschen Laborweiterbildung mit dem schweizerischen FAMH-Weiterbildungstitel in Hämatologie, klinischer Chemie, klinischer Immunologie und medizinischer Mikrobiologie ab. C. Dagegen lässt Dr. med. X._ beim Schweizerischen Bundesgericht Verwaltungsgerichtsbeschwerde führen mit dem Antrag, in Aufhebung des vorinstanzlichen Entscheids sei der deutsche Laborweiterbildungstitel anzuerkennen; eventuell sei die Sache zur ergänzenden Abklärung und Neubeurteilung an die Vorinstanz zurückzuweisen. Nach durchgeführtem Meinungsaustausch überwies das Schweizerische Bundesgericht die Angelegenheit am 23. Dezember 2003 an das Eidgenössische Versicherungsgericht. Das Departement schliesst auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde.
Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1. 1.1 Die angefochtene Verfügung beschlägt die Zulassung als Leistungserbringer im Sinne von Art. 35 Abs. 2 lit. f und Art. 38 KVG in Verbindung mit <ref-law>. Gemäss dieser Verordnungsbestimmung sind Laboratorien, die im Auftrage eines anderen zugelassenen Leistungserbringers neben den Analysen der Grundversorgung weitere Analysen durchführen, zur Tätigkeit zu Lasten der Krankenversicherung zugelassen, wenn sie unter der Leitung eines Arztes oder einer Ärztin, eines Apothekers oder einer Apothekerin oder eines Leiters oder einer Leiterin mit einer vom Departement anerkannten Hochschulausbildung naturwissenschaftlicher Richtung stehen (lit. a) und sich die leitende Person über eine Weiterbildung in der Laboranalytik ausweist, deren Inhalt vom Departement geregelt wird (lit. b). Nach <ref-law> kann das Departement für die Vornahme von bestimmten Analysen weitergehende Anforderungen an Einrichtungen sowie Qualifikation und Weiterbildung von Laborleitung und Laborpersonal vorsehen. Es kann im Weitern für die Durchführung bestimmter Analysen einzelne Zentren bestimmen und sie mit der Führung von Evaluationsregistern beauftragen. Als Weiterbildung im Sinne von <ref-law> gilt gemäss <ref-law> (in der bis Ende 2003 gültigen, hier anwendbaren Fassung; <ref-ruling> Erw. 1.2) die vom FAMH anerkannte Weiterbildung in Hämatologie, klinischer Chemie, klinischer Immunologie oder medizinischer Mikrobiologie. Das Departement entscheidet über die Gleichwertigkeit einer Weiterbildung, die den Regelungen der FAMH nicht entspricht. Nach <ref-law> kann das Departement Laborleiter oder Laborleiterinnen, die über eine Weiterbildung verfügen, welche den Anforderungen von Abs. 3 nicht entspricht, für bestimmte Spezialanalysen zulassen. Es bezeichnet die Spezialanalysen. 1.2 Die Regelung des <ref-law> beansprucht Geltung für das Gebiet der Krankenversicherung nach KVG und betrifft somit Bundessozialversicherungsrecht. Andere Rechtsgebiete, wie beispielsweise kantonale Gewerbe- oder Gesundheitsbestimmungen werden dadurch nicht berührt oder präjudiziert. Da das Eidgenössische Versicherungsgericht gemäss Art. 128 in Verbindung mit Art. 98 lit. b OG letztinstanzlich Verwaltungsgerichtsbeschwerden gegen Verfügungen der Departemente des Bundesrates auf dem Gebiete der Sozialversicherung beurteilt, ist es für die Beurteilung des anhängig gemachten Rechtsstreites zuständig (RKUV 2004 Nr. KV 290 S. 315). 1.3 Mit der vorliegenden Verwaltungsgerichtsbeschwerde kann die Verletzung von Bundesrecht, einschliesslich Überschreitung oder Missbrauch des Ermessens, sowie die unrichtige oder unvollständige Feststellung des rechtserheblichen Sachverhalts gerügt werden (Art. 132 in Verbindung mit Art. 104 lit. a und b OG). Ausserdem kann das Eidgenössische Versicherungsgericht die Feststellung des Sachverhaltes von Amtes wegen überprüfen (Art. 132 in Verbindung mit Art. 105 Abs. 1 OG). 2. 2.1 Streitig ist, ob der Beschwerdeführer über eine den Regelungen der FAMH gleichwertige Weiterbildung im Sinne von <ref-law> verfügt. Das Departement hat dies verneint, da weder mit Bezug auf eine monodisziplinäre FAMH-Weiterbildung in einem der vom Gesuchsteller gewünschten Bereiche Hämatologie, klinische Chemie, klinische Immunologie und medizinische Mikrobiologie noch mit einer pluridisziplinären FAMH-Weiterbildung die zeitlichen und inhaltlichen Voraussetzungen erfüllt seien. 2.2 Der Beschwerdeführer rügt eine unrichtige Auslegung des Begriffs der gleichwertigen Aus- und Weiterbildung im Sinne von <ref-law> in Verbindung mit <ref-law> und Art. 9 FZA. Zudem gelte nach Art. 2 FZA ein Diskriminierungsverbot für Staatsangehörige einer Vertragspartei. Der private FAMH-Weiterbildungstitel sei zwar in Anhang III des Freizügigkeitsabkommens nicht formell geregelt, doch müsse das Landesrecht in dessen Sinn und Geist ausgelegt werden. Gerügt wird weiter, dass eine gleichwertige und nicht eine identische Aus- und Weiterbildung von Leitern medizinisch-analytischer Laboratorien vorausgesetzt werde. Dabei sei die Prüfung der Gleichwertigkeit nach materiellen und inhaltlichen Kriterien und nicht nach einem zahlenmässigen System durchzuführen. Seit 1992 führe er den Titel eines Laborarztes mit Gültigkeit für ganz Deutschland und alle EU-Länder. Zudem sei er von 1993 bis 2001 Mitinhaber einer Gemeinschaftspraxis für Labormedizin in Nürnberg gewesen und habe somit während mehr als acht Jahren ein Labor im Sinne von <ref-law> geführt. Ausserdem habe die Vorinstanz das rechtliche Gehör verletzt, indem sie nicht geprüft habe, ob seine Aus- und Weiterbildung trotz formaler Unterschiede und unter Mitberücksichtigung seiner praktischen Erfahrung inhaltlich der FAMH-Qualifikation gleichwertig sei. 3. 3.1 In zeitlicher Hinsicht sind grundsätzlich diejenigen Rechtssätze massgebend, die bei der Erfüllung des zu Rechtsfolgen führenden Tatbestandes Geltung haben (<ref-ruling> Erw. 1.2.1, 127 V 467 Erw. 1). Weiter stellt das Sozialversicherungsgericht bei der Beurteilung eines Falles grundsätzlich auf den bis zum Zeitpunkt des Erlasses der streitigen Verfügung eingetretenen Sachverhalt ab (<ref-ruling> Erw. 1b; RKUV 2001 Nr. U 419 S. 101). Zu beurteilen ist eine in Deutschland abgeschlossene Weiterbildung als Facharzt, über deren Gleichwertigkeit mit einem FAMH-Titel als Laborleiter in der Schweiz das Departement am 5. November 2003 verfügt hat. Unter diesen Umständen ist die zeitliche Anwendbarkeit des am 1. Juni 2002 in Kraft getretenen Abkommens vom 21. Juni 1999 zwischen der Schweizerischen Eidgenossenschaft einerseits und der Europäischen Gemeinschaft und ihren Mitgliedstaaten andererseits über die Freizügigkeit (FZA) zu bejahen. Dass die Weiterbildung und die Gesuchstellung vor In-Kraft-Treten des FZA erfolgten, steht dessen Anwendbarkeit nicht entgegen. 3.2 Nach Art. 1 des auf der Grundlage des Art. 9 FZA ausgearbeiteten und Bestandteil des Abkommens bildenden (Art. 15 FZA) Anhangs III (gegenseitige Anerkennung beruflicher Qualifikationen [Diplome, Prüfungszeugnisse und sonstiger Befähigungsnachweise]) zum FZA in Verbindung mit Abschnitt A dieses Anhangs wenden die Vertragsparteien die für die Diplomanerkennung geltenden allgemeinen und besonderen Richtlinien an. Es sind dies die beiden "Allgemeinen Richtlinien" im Abschnitt A, nämlich die Richtlinie 89/48/EWG des Rates vom 21. Dezember 1988 über eine allgemeine Regelung zur Anerkennung der Hochschuldiplome, die eine mindestens dreijährige Berufsausbildung abschliessen (nachfolgend: Richtlinie 89/48) und die Richtlinie 92/51/EWG des Rates vom 18. Juni 1992 über eine zweite allgemeine Regelung zur Anerkennung beruflicher Befähigungsnachweise in Ergänzung zur Richtlinie 89/48/EWG. Unter die zweite allgemeine Richtlinie fallen alle Befähigungsnachweise für reglementierte Berufe, die nicht von der ersten allgemeinen Richtlinie erfasst werden und für die es keine Spezialrichtlinien gibt (vgl. Art. 2 Abs. 2 der Richtlinie 92/51). Betroffen sind vor allem Berufe im paramedizinischen und sozialpädagogischen Bereich (Max Wild, Die Anerkennung von Diplomen im Rahmen des Abkommens über die Freizügigkeit der Personen, in: Daniel Felder/Christine Kaddous [Hrsg.], Bilaterale Abkommen Schweiz-EU, Basel 2001, S. 399; Rudolf Natsch, Gegenseitige Anerkennung beruflicher Qualifikationen, in: Daniel Thürer/Rolf H. Weber/Roger Zäch [Hrsg.], Bilaterale Verträge Schweiz-EG, Zürich 2002, S. 199 f.; Philippe Kenel/Bettina Kahil-Wolff/Martine Ray-Suillot, Etranger en Suisse, Guide Juridique, Centre patronal [Hrsg.], 2005, Reconnaissance mutuelle des diplômes, V/4, 8a). Die erste allgemeine Richtlinie erfasst Berufe, für die eine mindestens dreijährige Hochschulausbildung erforderlich ist und welche nicht gleichzeitig durch eine sektorale Richtlinie abgedeckt sind (vgl. Art. 2 Abs. 2 der Richtlinie 89/48). Zudem muss es sich um eine reglementierte berufliche Tätigkeit im Sinne der Richtlinie 89/48 handeln (vgl. Urteil des EuGH vom 11. Juli 2002 in der Rechtssache C-294/00, Deutsche Paracelsus Schulen für Naturheilverfahren GmbH/Gräbner, Slg. 2002, I-6515, Randnr. 32; Tomas Poledna/Brigitte Berger, Öffentliches Gesundheitsrecht, Bern 2002, Rz 84 S. 39; Jacques Pertek, L'Europe des professionnels de la santé, in: Paul Nihoul/Anne-Claire Simon [Hrsg.], L'Europe et les soins de santé, 2005, S. 225 f.). Spezialrichtlinien sind im sich auf die medizinischen und paramedizinischen Berufe beziehenden Abschnitt A Bst. C des Anhangs III zum FZA enthalten. Für die Ärzte ist dies die Richtlinie 93/16/EWG des Rates vom 5. April 1993 zur Erleichterung der Freizügigkeit für Ärzte und zur gegenseitigen Anerkennung ihrer Diplome, Prüfungserzeugnisse und sonstigen Befähigungsnachweise (nachfolgend: Richtlinie 93/16). Abschnitt A Ziff. 6 erweitert diese um die in der Schweiz offiziellen Berufs- und Diplomanerkennungen (Thomas Spoerri, Medizinalpersonen, in: Tomas Poledna/Ueli Kieser [Hrsg.], Gesundheitsrecht, Schweizerisches Bundesverwaltungsrecht Bd. VIII, Basel 2005, S. 117). 3.3 Die Richtlinie 93/16 normiert zunächst eine generelle gegenseitige Anerkennung der ärztlichen Grundausbildung (Art. 2 in Verbindung mit Art. 3). In Bezug auf die Anerkennung von Diplomen, Prüfungszeugnissen und sonstigen Befähigungsnachweisen von Ärzten, die Gemeinschaftsangehörige sind und eine fachärztliche Weiterbildung absolviert haben, unterscheidet die Richtlinie drei Fälle. Der erste Fall betrifft zuwandernde Ärzte, die über Diplome, Prüfungszeugnisse oder sonstige Befähigungsnachweise auf einem Gebiet verfügen, das zu den allen Mitgliedstaaten gemeinsamen Fachgebieten gehört und in Art. 5 Abs. 2 aufgeführt ist. Nach Art. 4 werden diese Diplome, Prüfungszeugnisse und sonstigen Befähigungsnachweise in allen Mitgliedstaaten automatisch und unbedingt anerkannt. Die zweite Fallgruppe bezieht sich auf zuwandernde Ärzte, die über Diplome, Prüfungszeugnisse oder sonstige Befähigungsnachweise auf einem Gebiet verfügen, das zwar nicht zu den allen Mitgliedstaaten gemeinsamen Fachgebieten gehört, jedoch in der in Art. 7 Abs. 2 aufgeführten Liste der zwei oder mehreren Mitgliedstaaten eigenen Fachgebiete genannt ist. Nach Art. 6 werden solche Diplome, Prüfungszeugnisse und sonstigen Befähigungsnachweise in den betreffenden Mitgliedstaaten - jedoch nur in diesen - automatisch und unbedingt anerkannt. Die dritte Fallgruppe erfasst zuwandernde Ärzte, die in einem Mitgliedstaat eine Facharzttätigkeit ausüben wollen und im Rahmen einer ärztlichen Ausbildung in einem anderen Mitgliedstaat Diplome, Prüfungszeugnisse oder sonstige Befähigungsnachweise erworben haben, die keinen Zugang zu der betreffenden Facharzttätigkeit im Aufnahmestaat gemäss Art. 4 oder 6 eröffnen. In einem solchen Fall soll Art. 8 diesen Ärzten die Freizügigkeit erleichtern, indem er es ihnen ermöglicht, im Aufnahmestaat nach den nationalen Bestimmungen dieses Staates die für die Ausübung der betreffenden Facharzttätigkeit erforderliche Weiterbildung durchzuführen. Art. 8 ist u.a. anwendbar, wenn der zuwandernde Arzt über ein Diplom auf einem Fachgebiet verfügt, für das im Aufnahmestaat kein entsprechendes, sondern nur ein verwandtes Fachgebiet besteht, so dass für die Ausübung dieser verwandten Facharzttätigkeit im Aufnahmestaat eine ergänzende Weiterbildung erforderlich ist. Die ergänzende Weiterbildung darf sich nach Art. 8 Abs. 3 jedoch nur auf solche Gebiete erstrecken, die nach dem nationalen Recht des Aufnahmestaates nicht bereits von den Diplomen, Prüfungszeugnissen und sonstigen Befähigungsnachweisen des zuwandernden Arztes erfasst sind (vgl. Urteil des EuGH vom 16. Mai 2002 in der Rechtssache C-232/99, Kommission/Spanien, Slg. 2002, I-4235, Randnr. 26 ff.). Die Vertragsstaaten sind aufgrund des Freizügigkeitsabkommens und der Anerkennungsrichtlinien somit nicht verpflichtet, jeden in einem Mitgliedstaat bestehenden Weiterbildungstitel anzuerkennen, sondern nur solche, die in einer Anerkennungsrichtlinie aufgeführt werden und die einem im Anerkennungsstaat bestehenden Weiterbildungstitel entsprechen (Thomas Spoerri, a.a.O., S. 129). Der von der Bayerischen Landesärztekammer zuerkannte Facharzttitel "Laborarzt" ist im Verzeichnis der Facharztausbildungen in Art. 5 und Art. 7 der Richtlinie 93/16 sowie in Abschnitt A Ziff. 6 b und c von Anhang III zum FZA nicht aufgeführt. Im Schreiben vom 21. Mai 2002 an den Rechtsvertreter des Beschwerdeführers teilt die Bayerische Landesärztekammer diesem denn auch mit, dass nach der Richtlinie 93/16 das deutsche Gebiet "Laboratoriumsmedizin" nicht in dem Sinne erfasst sei, dass in der Schweiz eine automatische Anerkennung erfolgen könnte. Sodann wurden auch keine Harmonisierungsmassnahmen erlassen, um die Ausübung der Tätigkeiten von Labors für medizinische Analysen spezifisch zu regeln (vgl. Urteil des EuGH vom 11. März 2004 in der Rechtssache C-496/01, Kommission /Frankreich, Slg. 2004, I-2351, Randnr. 56). 3.4 Die Anerkennung der Diplome, Zeugnisse und sonstigen Befähigungsnachweise soll der Koordinierung der Verfahren zur Berufszulassung dienen. Nicht Gegenstand von Art. 9 FZA ist die akademische Anerkennung (Urteil V. vom 24. Januar 2003 [2A.331/2002]; Rudolf Natsch, a.a.O., S. 205; Udo Adrian Essers, Das Freizügigkeitsabkommen Schweiz EG: Auswirkungen auf die Berufe der Humanmedizin, Diss. 2002, S. 139). Zudem berührt die Richtlinie 93/16 gemäss deren 22. Begründungserwägung die Zuständigkeit der Mitgliedstaaten für die Gestaltung ihres eigenen Sozialversicherungssystems sowie für die Festlegung der Tätigkeiten, die im Rahmen dieses Systems ausgeübt werden können, nicht. Art. 36 der Richtlinie 93/16 verpflichtet die Vertragsstaaten lediglich, Ärzte nur dann zur Tätigkeit im Rahmen der sozialen Krankenversicherung zuzulassen, wenn sie einen staatlich anerkannten Weiterbildungstitel erworben haben, der mindestens der zweijährigen spezifischen Ausbildung in Allgemeinmedizin nach Art. 30 der Richtlinie entspricht (vgl. Urteil des EuGH vom 18. November 2004 in den verbundenen Rechtssachen C-10/02 und C-11/02, Fascicolo u.a. und Berardi u.a., Slg. 2004, I 11107, Randnr. 28). 4. 4.1 Zur Umsetzung der fachspezifischen Richtlinien für Medizinalberufe und zur Schaffung der nötigen gesetzlichen Grundlage für die Anerkennung der bislang von privaten Organisationen verliehenen Fachtitel durch den Bund wurde das Bundesgesetz betreffend die Freizügigkeit des Medizinalpersonals in der Schweizerischen Eidgenossenschaft (FMPG) mit Bestimmungen über die Weiterbildung erweitert (vgl. Änderungen des FMPG gemäss Ziff. I 3 des Bundesgesetzes vom 8. Oktober 1999 zum FZA, in Kraft seit 1. Juni 2002). Gleichzeitig ist auch die Verordnung über die Weiterbildung und die Anerkennung der Diplome und Weiterbildungstitel der medizinischen Berufe vom 17. Oktober 2001 in Kraft getreten (VO FMPG). Nach Art. 7 Abs. 2 FMPG bestimmt der Bundesrat, welche eidgenössischen Weiterbildungstitel auf welchen Gebieten erteilt werden. Für Fach- und praktische Ärzte werden diese gemäss Art. 1 VO FMPG in einem Bereich nach Anhang 1 verliehen. Die ordentliche Weiterbildungsdauer liegt je nach Fachgebiet zwischen zwei und sechs Jahren (Art. 9 Abs. 1 FMPG). Damit wird den Art. 26 f. und 31 f. der Richtlinie 93/16 Rechnung getragen, die neben der zweijährigen spezifischen Ausbildung in Allgemeinmedizin drei Gruppen von Fachgebieten mit unterschiedlicher Mindestweiterbildungsdauer zwischen 3 bis 5 Jahren vorsehen. Laboranalytik ist in Anhang 1 der VO FMPG nicht aufgeführt und fällt daher nicht unter die eidgenössischen Weiterbildungstitel für Fachärzte. 4.2 Nach Art. 10 Abs. 1 FMPG anerkennt der Weiterbildungsausschuss ausländische Weiterbildungstitel, die aufgrund eines Vertrages über die gegenseitige Anerkennung mit dem betreffenden Staat als gleichwertig gelten und deren Inhaberin oder Inhaber eine Landessprache beherrscht. Ein anerkannter ausländischer Weiterbildungstitel hat in der Schweiz die gleichen Wirkungen wie der entsprechende eidgenössische Weiterbildungstitel (Art. 10 Abs. 2 FMPG). Wird der ausländische Weiterbildungstitel nicht anerkannt, so entscheidet der Weiterbildungsausschuss, unter welchen Voraussetzungen der entsprechende eidgenössische Weiterbildungstitel erworben werden kann (Art. 10 Abs. 3 FMPG). Art. 3 VO FMPG verweist für die Anerkennung ausländischer Weiterbildungstitel auf die einschlägigen gemeinschaftsrechtlichen Richtlinien und für die Ärzte auf die Richtlinie 93/16 im Besonderen. Übergangsrechtlich sieht Art. 11 Abs. 3 VO FMPG vor, dass an die geforderte Weiterbildung für einen eidgenössischen Weiterbildungstitel gemäss Anhang 1 u.a. die selbständige Praxistätigkeit bis zu einem Jahr angerechnet werden kann (vgl. zum Ganzen Erika Schmidt, Die Medizinalberufe und das Abkommen über die Freizügigkeit der Personen, in: Daniel Felder/Christine Kaddous [Hrsg.], a.a.O., S. 405 ff.; dieselbe, Revision des Bundesgesetzes betreffend die Freizügigkeit des Medizinalpersonals, in: Daniel Thürer/Rolf H. Weber/Roger Zäch [Hrsg.], a.a.O., S. 223). 4.3 In der Botschaft zur Genehmigung der sektoriellen Abkommen zwischen der Schweiz und der EG vom 23. Juni 1999 (BBl 1999 VII 6128) führte der Bundesrat aus, im Hinblick auf die Umsetzung des FZA müsse mit Bezug auf Ärzte, Zahnärzte und Apotheker sowie der paramedizinischen Berufe (Physio-, Ergotherapie, Krankenpflege usw.) eine Anpassung der KVV vorgenommen werden, weil sich aufgrund der nun erfolgenden gegenseitigen Anerkennung der in der Schweiz und den EU-Staaten ausgestellten Diplome die Frage der Gleichwertigkeit und des Gegenrechts in diesen Fällen nicht mehr stelle (BBl 1999 VII 6338). Mit Bezug auf Leiter von Laboratorien, die im Auftrag eines anderen zugelassenen Leistungserbringers Analysen durchführen, hat sich keine Änderung ergeben (vgl. <ref-law> in der vor und nach dem 1. Juni 2002 in Kraft stehenden Fassung, welche die inhaltliche Bestimmung der Weiterbildung in Laboranalytik dem Departement überträgt). Es besteht diesbezüglich kein eidgenössischer oder aufgrund eines Vertrages über die gegenseitige Anerkennung als gleichwertig geltender ausländischer Weiterbildungstitel (vgl. Erw. 3.3 und 4.1). Anders als für die Zulassung als Leistungserbringer zur Tätigkeit zu Lasten der sozialen Krankenversicherung in anderen Bereichen üblich (vgl. <ref-law>), wird mit <ref-law> in Verbindung mit Art. 42 Abs. 3 KVL auch keine solche Weiterbildung verlangt. 5. 5.1 Der FMH und andere Trägerorganisationen verleihen neben den in der Weiterbildungsverordnung vorgesehenen eidgenössischen Weiterbildungstiteln noch zusätzliche Weiterbildungstitel, welche für die Qualitätssicherung und teilweise für die Abrechnung von Leistungen zu Lasten der Sozialversicherer in der Schweiz eine wichtige Rolle spielen. Deren Vorschriften sind privatrechtlicher Natur und stellen nicht öffentliches Recht des Bundes dar. Das FMPG enthält keine Rechtsetzungsdelegation an die Träger akkreditierter Weiterbildungsprogramme (vgl. Thomas Spoerri, a.a.O., S. 80 ff.). Aufgrund der Akkreditierung der Weiterbildungsprogramme (vgl. Art. 12 ff. FMPG) werden sie dem öffentlichen Recht des Bundes gleichgestellt (Urteil X. vom 27. April 2005 [2A.536/2004]). Der Schweizerische Verband der Leiter medizinisch-analytischer Laboratorien ist ein Verein im Sinne von <ref-law> (vgl. Art. 1 der Statuten FAMH vom 19. Juni 1986 in der revidierten Fassung vom 12. Juni 2003). Er verleiht auf Vorschlag des FAMH-Fachausschusses gemäss Richtlinien der Schweizerischen Akademie der Medizinischen Wissenschaften das Diplom "Spezialist/Spezialistin für labormedizinische Analytik FAMH" (Art. 20 Abs. 4 lit. b der Statuten). Es handelt sich dabei jedoch nicht um einen eidgenössischen Weiterbildungstitel, der nach den Vorgaben eines akkreditierten Weiterbildungsprogramms erteilt wird. 5.2 Das Reglement und Weiterbildungsprogramm zum Spezialisten für labormedizinische Analytik FAMH (nachfolgend: Reglement-FAMH) sieht in seiner auf den 1. März 2001 in Kraft gesetzten Fassung einen fünfjährigen pluridisziplinären Weiterbildungslehrgang in labormedizinischer Analytik in den Fachgebieten hämatologische Analytik, klinische Chemie, klinische Immunologie, medizinische Mikrobiologie und medizinisch-genetische Laboranalytik vor, die gemäss Ziff. 2.1 zur Titelbezeichnung Spezialist für labormedizinische Analytik FAMH führt. Nach Ziff. 2.2 kann in den fünf Laborfachgebieten hämatologische Analytik, klinisch-chemische Analytik, klinisch-immunologische Analytik, medizinisch-mikrobiologische Analytik und medizinisch-genetische Analytik ein monodisziplinärer Weiterbildungsgang absolviert werden, welcher zu entsprechenden Titelbezeichnungen führt. Der monodisziplinäre Weiterbildungsgang dauert mindestens drei Jahre. Kandidaten, die ihre Aus- und Weiterbildung im Ausland absolviert haben, können gemäss Ziff. 2.4 Abs. 1 ihre entsprechenden Unterlagen zur Validierung dem FAMH-Fachausschuss vorlegen. Dieser prüft, ob die vom Kandidaten nachgewiesene Aus- und Weiterbildung den Anforderungen dieses Weiterbildungsprogrammes ebenbürtig ist. Dabei müssen sämtliche im Weiterbildungsprotokoll aufgeführten Lernziele erfüllt sein. Ist dies der Fall, so stellt der Fachausschuss dem Kandidaten eine Äquivalenz-Bestätigung aus, gegebenenfalls nur für gewisse Fachgebiete (Abs. 2). Kandidaten, die ihre Tätigkeit zu Lasten der obligatorischen Krankenpflegeversicherung ausüben wollen, benötigen ausserdem die Anerkennung der Gleichwertigkeit ihrer Weiterbildung durch das Departement gemäss KVG (Abs. 3). Ziff. 4 regelt die Modalitäten der Weiterbildung. Ziff. 8 enthält Übergangsbestimmungen. Sie betreffen die aufgrund von <ref-law> nicht vorausgesetzte Weiterbildung in medizinisch-genetischer Analytik, jene in hämatologischer Analytik, wie auch die pluridisziplinäre Weiterbildung. Laut Ziff. 8.2 des Reglements kann der Titel "Spezialist für hämotologische Analytik FAMH" an bereits in der Praxis sich befindliche Laborleiter (Stichtag 1.3.2001) verliehen werden, wenn der Antragsteller als verantwortlicher Laborspezialist einem gemäss KVG zugelassenen hämatologischen Labor vorsteht und sich zudem über einen FMH-Titel in Hämatologie und über eine Weiterbildung gemäss den Bedingungen des Weiterbildungsprogramms in hämatologischer Laboranalytik ausweist, wobei zwei Jahre praktischer Haupttätigkeit als ein Jahr Weiterbildung angerechnet werden können. Er muss weder die im Weiterbildungsprogramm vorgesehene Eintrittsprüfung nachholen noch die Schlussprüfung absolvieren, es sei denn, der Fachausschuss verlange dies. FAMH-Titelträger gemäss altem Reglement mit Hämatologie als Hauptfach erhalten den monodisziplinären Titel auf Antrag ohne weitere Bedingungen. Die Anträge müssen bis zum 31. Dezember 2002 eingereicht werden. Ziff. 8.3 des Reglements betrifft den pluridisziplinären Titel (inkl. medizinisch-genetische Analytik), wobei auch hier zwei Jahre Berufserfahrung als ein Jahr praktische Weiterbildung angerechnet werden können. In den Anhängen zum Reglement werden die vorausgesetzten Grundkenntnisse (Anhang I) und die Lernziele (Anhang II) aufgelistet. Im Anhang III allenfalls zu bezeichnende Lernziele für Spezialtitel sind nicht ergangen. 6. 6.1 Art. 2 FZA weist folgenden Wortlaut auf: Staatsangehörige einer Vertragspartei, die sich rechtmässig im Hoheitsgebiet einer anderen Vertragspartei aufhalten, werden bei der Anwendung dieses Abkommens gemäss den Anhängen I, II und III nicht auf Grund ihrer Staatsangehörigkeit diskriminiert. Die Bestimmung entspricht weitgehend Art. 12 EG (Vertrag zur Gründung der Europäischen Gemeinschaft in der Fassung nach In-Kraft-Treten des eine Umnummerierung der Artikel bewirkenden Vertrages von Amsterdam am 1. Mai 1999), wonach in dessen Anwendungsbereich jede Diskriminierung aus Gründen der Staatsangehörigkeit verboten ist. Dabei ist jedoch zu berücksichtigen, dass der sachliche Geltungsbereich von Art. 2 FZA weniger weit geht als derjenige von Art. 12 EGV. Während dieser für den gesamten - sehr weiten - Anwendungsbereich des Vertrages gilt, bezieht sich Art. 2 FZA einzig auf die vom Freizügigkeitsabkommen umfassten Gegenstände. Unterschiedliche Behandlungen, die sich aufgrund anderer Rechtsbereiche ergeben, fallen nicht darunter (<ref-ruling> Erw. 3.2.2; vgl. zur Reichweite des Diskriminierungsverbotes des Art. 2 FZA auch Astrid Epiney, Zur Bedeutung der Rechtsprechung des EuGH für Anwendung und Auslegung des Personenfreizügigkeitsabkommens, in: ZBJV 2005, S. 12). Das allgemeine Diskriminierungsverbot des Art. 2 FZA gilt ungeachtet des Wortlautes, wonach Diskriminierungen "bei der Anwendung dieses Abkommens gemäss den Anhängen I, II und III" verboten sind, im Rahmen des Anwendungsbereiches des FZA nicht nur hinsichtlich der in den Anhängen enthaltenen Bestimmungen, sondern allgemein (Urteile X.Y, vom 25. August 2005 [2A.325/2004], X. vom 14. Juli 2005 [2A.434/2005], X. und Y. vom 23. April 2004 [2A.114/2003]). 6.2 Die Diskriminierungsverbote und Gleichbehandlungsgebote verbieten nach der auch bei der Auslegung des FZA zu berücksichtigenden (Art. 16 Abs. 2 FZA) Rechtsprechung des EuGH nicht nur offenkundige Diskriminierungen aufgrund der Staatsangehörigkeit (unmittelbare/direkte Diskriminierungen), sondern auch alle versteckten Formen der Diskriminierung, die durch die Anwendung anderer Unterscheidungsmerkmale tatsächlich zum gleichen Ergebnis führen (mittelbare/indirekte Diskriminierung). Sofern sie nicht objektiv gerechtfertigt ist und in einem angemessenen Verhältnis zum verfolgten Zweck steht, ist eine Vorschrift des nationalen Rechts mittelbar diskriminierend, wenn sie sich ihrem Wesen nach eher auf Wanderarbeitnehmer als auf inländische Arbeitnehmer auswirkt und folglich die Gefahr besteht, dass sie Wanderarbeitnehmer besonders benachteiligt (<ref-ruling> Erw. 6.2 f. und 397 Erw. 5.1, 130 I 35 Erw. 3.2.3). 6.3 Indem <ref-law> das Departement verpflichtet, über die Gleichwertigkeit einer Weiterbildung, die den Regelungen der FAMH nicht entspricht, zu entscheiden, geht die Bestimmung über das Diskriminierungsverbot hinaus. Es braucht daher in diesem Verfahren nicht näher geprüft zu werden, ob dem Freizügigkeitsabkommen (nur) ein weit zu verstehendes Diskriminierungsverbot oder auch ein allgemeines Beschränkungsverbot - welches mitunter nur schwierig von der mittelbaren Diskriminierung abzugrenzen ist - entnommen werden kann (vgl. zu dieser Kontroverse Astrid Epiney, a.a.O., S. 9 ff.). 6.4 Bei der Prüfung der Gleichwertigkeit rechtfertigt es sich, im Sinne einer einheitlichen Praxis für den Nachweis der fachlichen Befähigung von den Richtlinien der FAMH auszugehen. So hat das Bundesgericht mit Bezug auf die Beurteilung der Gleichwertigkeit von ausländischen Diplomen erwogen, der Nachweis könne beispielsweise dadurch erbracht werden, dass anerkannte schweizerische Ausbildungsinstitutionen ein hinreichendes Ausbildungsniveau definierten und durch solche Institutionen oder anerkannte Berufsverbände die Gleichwertigkeit der vorgelegten ausländischen Abschlüsse überprüft werde (<ref-ruling> Erw. 5e). Die Regelungen der FAMH sind dabei indessen so auszulegen, dass sie sich für Laborleiter aus dem EU-Raum nicht ungünstiger auswirken als auf Personen mit einer in der Schweiz abgeschlossenen Aus- und Weiterbildung. 7. Für das Anerkennungsverfahren des Departements gemäss <ref-law> und <ref-law> und 42 Abs. 3 KLV sind die Vorschriften des VwVG anwendbar (<ref-law>; vgl. auch SVR 1998 KV Nr. 14 S. 49). Nach <ref-law> hat die entscheidende Behörde den Sachverhalt von Amtes wegen festzustellen. Obwohl der FAMH keine Entscheidungskompetenz hat und seine Stellungnahme Behörden und Gerichte nicht zu binden vermögen, erscheint es mitunter sinnvoll, wenn das Departement vom FAMH-Fachausschuss einen Bericht zur Gleichwertigkeit der vorgelegten Diplome aus dem Bereich Laborleitung einholt. Gestützt auf dessen Vorarbeiten und die Vorbringen der Beteiligten obliegt dem Departement sodann nach Art. 32 Abs. 1 und Art. 35 Abs. 1 VwVG eine eigenständige Prüfungs- und Begründungspflicht. 8. 8.1 Das Departement hat erwogen, als offizielle Weiterbildungszeit könne zweifelsfrei nur die Zeitspanne zwischen dem 1. Juni 1990 und dem 31. März 1992 gewertet werden. Die Aufenthalte an der Technischen Universität München und im Krankenhaus für Naturheilwesen hätten der Forschung gedient und kämen für die zeitliche Wertung nicht in Betracht. Allfällige weitere Tätigkeiten lägen ausserhalb der offiziellen Weiterbildungszeit und seien somit irrelevant. Bezüglich der inhaltlichen Kriterien lasse sich aufgrund der zur Verfügung gestellten Unterlagen nicht eindeutig feststellen, ob die absolvierte Weiterbildung mit derjenigen gemäss FAMH übereinstimme. Widersprüchlichkeiten und Doppelspurigkeiten liessen keine klaren Schlussfolgerungen zu. Der Zweifel müsse zu Lasten des Gesuchstellers gehen. Den geltend gemachten Miteinbezug der tatsächlichen Fachkenntnisse hat das Departement - ohne dies näher zu begründen - abgelehnt. Aus diesem Grund hat es denn auch von der beantragten Einholung einer Expertise zur fachlichen Gleichwertigkeit abgesehen. 8.2 Bezüglich der Dauer der Weiterbildung hat die Vorinstanz somit die Zeit am Klinikum der Stadt Nürnberg vom 1. Juni 1990 bis zum 31. März 1992 berücksichtigt. Diese Annahme beruht auf den Angaben im Zeugnis über die Weiterbildung an dieser Klinik vom 31. März 1992. Danach hat der Beschwerdeführer dort am 1. Juni 1990 im Institut für Klinische Chemie und Laboratoriumsmedizin im Rahmen seiner Weiterbildung als Laborarzt unter der Leitung von Chefarzt Dr. med. W._ den Teilabschnitt Medizinische Chemie begonnen. Als Hinweis für eine erst am 1. Juni 1990 aufgenommene Weiterbildung wurde zudem der im Zeugnis der Stiftung Krankenhaus für Naturheilwesen vom 31. Mai 1990 enthaltene Vermerk gewertet, Dr. med. X._ scheide im Zuge einer geplanten Weiterbildung zum Laborarzt aus der Klinik aus. Im persönlichen und wissenschaftlichen Werdegang gab der Beschwerdeführer an, von 1990 bis 1993 den restlichen Teil seiner Facharztausbildung mit den Schwerpunkten klinische Chemie, toxikologische Analytik und Immunologie absolviert zu haben. Nach Auffassung der Vorinstanz können jedoch Tätigkeiten, die nach der Anerkennung als Laborarzt vom 6. Mai 1992 ausgeübt wurden, nicht als Weiterbildung berücksichtigt werden. 8.3 In der Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird geltend gemacht, die Anmeldung zur Prüfung sei nicht identisch mit dem Durchführen der Weiterbildung. Bezüglich Weiterbildung nach 1992 verweist der Beschwerdeführer zudem auf in den Jahren 1993 bis 1995 verfasste oder mitverfasste Publikationen und reicht eine umfangreiche Liste von fachrelevanten Fortbildungen ein. Auch zählt er die anschliessende praktische berufliche Tätigkeit zur Weiterbildung. 9. 9.1 Gemäss § 14 Abs. 2 der Weiterbildungsordnung für die Ärzte Bayerns vom 1. Januar 1988 werden für die Laboratoriumsmedizin fünf Jahre Weiterbildung verlangt, davon ein Jahr Innere Medizin und vier Jahre Laboratoriumsmedizin, davon mindestens ein Jahr medizinische Mikrobiologie, ein Jahr medizinische Immunologie und ein Jahr medizinische Chemie. Laut Stellungnahme des FAMH-Fachausschusses besteht keine übereinstimmende Äquivalenz zwischen dem pluridisziplinären Weiterbildungsprogramm zum Laborarzt in Deutschland und dem Reglement-FAMH, weil das Programm in Bayern fünf Jahre Weiterbildung beinhalte, davon ein Jahr Klinik (FAMH: nicht gefordert) und vier Jahre Labor (FAMH: fünf Jahre). Nach Ziff. 2.1 Abs. 1 des Reglements-FAMH haben die Laborjahre in der Regel je ein Jahr in hämatologischer, klinisch-chemischer, klinisch-immunologischer Analytik, 18 Monate in medizinisch-mikrobiologischer und sechs Monate in medizinisch-genetischer Analytik zu umfassen. Für eine Gleichwertigkeit zur pluridisziplinären FAMH-Weiterbildung fehlen laut Fachausschuss Hinweise für die geforderten fünf Jahre Labormedizin. Gemäss Weiterbildungszeugnis habe diese beim Beschwerdeführer nur 21 Monate gedauert. Es seien auch keine Hinweise auf eine dreijährige labormedizinische Weiterbildung in einem Fach gefunden worden, die eine Gleichwertigkeit mit einem monodisziplinären FAMH-Weiterbildungsgang erlauben würden. 9.2 Diese Betrachtungsweise vermag insofern nicht zu überzeugen, als in der Anerkennungsurkunde der Bayerischen Landesärztekammer vom 6. Mai 1992 immerhin bestätigt wird, dass der Titelinhaber die vorgeschriebene Weiterbildung abgeleistet hat und gemäss § 14 Abs. 2 der Weiterbildungsordnung vom 1. Januar 1988 das Recht erhalte, die Bezeichnung "Laborarzt" zu führen. Es ist daher von der Vermutung auszugehen, dass der Beschwerdeführer die entsprechenden zeitlichen Voraussetzungen erfüllt hat. Hinzu kommt, dass die Unterteilung der Laborweiterbildung für den pluridisziplinären FAMH-Titel gemäss Ziff. 2.1 des Reglements-FAMH nicht absolut gilt, sondern nur "in der Regel", was grundsätzlich Ausnahmen zulässt. 9.3 Unter diesen Umständen kommt Inhalt und Qualität der Weiterbildung eine massgebliche Rolle zu. Es lässt sich nicht bestreiten und ergibt sich auch aus der Stellungnahme des FAMH-Fachausschusses, dass sich eine Überprüfung der inhaltlichen Gleichwertigkeit der in Deutschland absolvierten Weiterbildung angesichts der unterschiedlichen Anforderungsprofile als schwierig erweist. Ganz besonders trifft dies offenbar für den Bereich Hämatologie zu. Der Bereich Genetik steht hier nicht zur Diskussion, da sich das Departement in der angefochtenen Verfügung bereit erklärt hat, im Sinne einer Übergangsregelung die Gleichwertigkeit der Weiterbildung mit dem pluridisziplinären FAMH-Titel auch ohne Genetik zu bejahen (vgl. auch Art. 42 Abs. 3 und Art. 43 KLV). Die Schwierigkeit einer Gleichwertigkeitsprüfung ausländischer Weiterbildungstitel an sich vermag eine Verweigerung der Anerkennung jedoch nicht zu rechtfertigen. Indem die Vorinstanz nicht näher dargelegt hat, weshalb die Weiterbildungsinhalte nicht gleichwertig seien, erweist sich ihre Argumentation zudem als zu pauschal. Immerhin verfügt der Beschwerdeführer über einen Weiterbildungstitel, der ihm im Herkunftsland das Recht zur kassenärztlichen Tätigkeit als Laborarzt verleiht (vgl. Beschluss des Zulassungsausschusses für Ärzte Mittelfranken vom 23. Juni 1993). 9.4 Bei diesen Gegebenheiten erscheint die Frage berechtigt, ob nicht ein Teil der effektiv ausgeübten Tätigkeit als Laborleiter angerechnet oder zumindest mitberücksichtigt werden kann. Nach den Übergangsbestimmungen des Reglements-FAMH wird innerhalb bestimmter Grenzen eine praktische Tätigkeit als Weiterbildung angerechnet. Dabei wird unter praktischer Erfahrung eine hauptamtliche Tätigkeit verstanden, welche dem Inhalt des Lernzielkatalogs entspricht (vgl. Ziff. 8.1 Abs. 1). Es betrifft dies insbesondere den monodisziplinären Titel "Spezialist für medizinisch-genetische Analytik FAMH" (Ziff. 8.1 Abs. 2) und den monodisziplinären Titel "Spezialist für hämatologische Analytik FAMH" gemäss Ziff. 8.2 Abs. 2 sowie den pluridisziplinären Titel (inkl. medizinisch-genetische Analytik; Ziff. 8.3). Ohne dass das Reglement-FAMH eine abschliessende Übergangsordnung enthält, können in diesen Fällen unter bestimmten Voraussetzungen jeweils zwei Jahre praktischer Haupttätigkeit als ein Jahr Weiterbildung angerechnet werden. Dies zeigt, dass nach dem System der Regelungen der FAMH in Bezug auf den Ausbildungsstand und die Fachkenntnisse eine Weiterbildungszeit durch eine Zeit praktischer Tätigkeit kompensiert werden kann. In diesem Rahmen wird somit Gleichwertigkeit angenommen. Auch Art. 11 Abs. 3 lit. a VO FMPG sieht die Anrechenbarkeit einer selbstständigen Praxistätigkeit an die geforderte Weiterbildung vor (vgl. Erw. 4.2). Die Übergangsbestimmungen kommen Personen zugute, die während ihrer Weiterbildung oder Praxistätigkeit in zeitlicher Hinsicht noch nicht den zur Diskussion stehenden Vorschriften unterstanden. Eine in die Schweiz einwandernde Person befindet sich in einer vergleichbaren Situation, indem sie während ihrer Weiterbildung oder Praxistätigkeit in räumlicher Hinsicht noch nicht den zur Diskussion stehenden Vorschriften unterstand. Die Richtlinien der FAMH sind so auszulegen, dass sie sich für Laborleiter aus dem EU-Raum nicht ungünstiger auswirken als auf Personen mit einer in der Schweiz abgeschlossenen Aus- und Weiterbildung (vgl. Erw. 6.4). Daher kann die praktische Tätigkeit bei der Prüfung der Gleichwertigkeit nicht gänzlich ausser Acht gelassen werden. Vielmehr ist sie angemessen zu berücksichtigen. Im Zusammenhang mit der Gleichwertigkeit ausländischer Aus- oder Weiterbildung in durch keine Richtlinie geregelten Sachverhalten hat der EuGH übrigens erwogen, die mit einem Antrag auf Zulassung zu einem Beruf befasste Behörde, dessen Aufnahme nach nationalem Recht vom Besitz eines Diploms oder einer beruflichen Qualifikation oder von Zeiten praktischer Erfahrung abhänge, habe sämtliche Diplome, Prüfungszeugnisse oder sonstigen Befähigungsnachweise sowie die einschlägige Erfahrung der betroffenen Person in der Weise zu berücksichtigen, dass sie die durch diese Nachweise und diese Erfahrung belegten Fachkenntnisse mit den nach nationalem Recht vorgeschriebenen Kenntnissen und Fähigkeiten vergleiche. Führe diese vergleichende Prüfung der Diplome und der entsprechenden Berufserfahrung zu der Feststellung, dass die durch das im Ausland ausgestellte Diplom bescheinigten Kenntnisse und Fähigkeiten einander nur teilweise entsprechen, so könne die zuständige Behörde vom Betroffenen den Nachweis verlangen, dass er die nicht belegten Kenntnisse und Fähigkeiten tatsächlich erworben habe (Urteile des EuGH vom 14. September 2000 in der Rechtssache C-238/98, Hocsman, Slg. 2000, I-6623; vom 7. Mai 1991 in der Rechtssache C-340/89, Vlassopoulou, Slg. 1991, I-2357 und vom 22. Januar 2002 in der Rechtssache C-31/00, Conseil national de l'ordre des architectes/Nicolas Dreessen, Slg. 2002, I-663; vgl. auch Jacques Pertek, a.a.O., S. 231 ff.). Aufgrund der Akten ist allerdings nicht ersichtlich, ob die Tätigkeit des Beschwerdeführers als Laborleiter in Deutschland von ihrem Inhalt her als dem Lernzielkatalog der FAMH entsprechend bewertet werden kann. 9.5 Zusammenfassend ist nicht auszuschliessen, dass eine Gleichwertigkeit zu bejahen ist, doch genügt die Sachverhaltsabklärung nicht zum Entscheid. Die Sache ist daher an die Vorinstanz zurückzuweisen zur ergänzenden Sachverhaltsfeststellung sowie zum neuen Entscheid. Das Departement wird zu untersuchen und zu entscheiden haben, ob die Weiterbildung, die zur Anerkennung als Laborarzt in Deutschland geführt hat, in zeitlicher und inhaltlicher Hinsicht sowie gegebenenfalls unter Mitberücksichtigung der praktischen Tätigkeit als Laborleiter mit den an einen in der Schweiz nach <ref-law> für die Kassenpraxis zugelassenen Laborleiter gestellten Anforderungen gleichwertig ist. Verneint die Vorinstanz dies und hält sie dementsprechend im Ergebnis an ihrem bisherigen Entscheid fest, so wird sie die Nichtgleichwertigkeit zu begründen haben. 9.5 Zusammenfassend ist nicht auszuschliessen, dass eine Gleichwertigkeit zu bejahen ist, doch genügt die Sachverhaltsabklärung nicht zum Entscheid. Die Sache ist daher an die Vorinstanz zurückzuweisen zur ergänzenden Sachverhaltsfeststellung sowie zum neuen Entscheid. Das Departement wird zu untersuchen und zu entscheiden haben, ob die Weiterbildung, die zur Anerkennung als Laborarzt in Deutschland geführt hat, in zeitlicher und inhaltlicher Hinsicht sowie gegebenenfalls unter Mitberücksichtigung der praktischen Tätigkeit als Laborleiter mit den an einen in der Schweiz nach <ref-law> für die Kassenpraxis zugelassenen Laborleiter gestellten Anforderungen gleichwertig ist. Verneint die Vorinstanz dies und hält sie dementsprechend im Ergebnis an ihrem bisherigen Entscheid fest, so wird sie die Nichtgleichwertigkeit zu begründen haben. 10. Gemäss Art. 156 Abs. 2 OG werden dem unterliegenden Departement keine Gerichtskosten auferlegt. Indessen hat dieses gemäss Art. 159 Abs. 2 OG dem obsiegenden Beschwerdeführer eine Parteientschädigung auszurichten.
Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: 1. In teilweiser Gutheissung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird die Verfügung vom 5. November 2003 aufgehoben, und es wird die Sache an das Eidgenössische Departement des Innern zurückgewiesen, damit es im Sinne der Erwägungen verfahre und über das Gesuch des Beschwerdeführers um Anerkennung der Gleichwertigkeit seiner Weiterbildung neu entscheide. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Der geleistete Kostenvorschuss von Fr. 3000.- wird dem Beschwerdeführer zurückerstattet. 4. Das Eidgenössische Departement des Innern hat dem Beschwerdeführer für das Verfahren vor dem Eidgenössischen Versicherungsgericht eine Parteientschädigung von Fr. 2'500.- (einschliesslich Mehrwertsteuer) zu bezahlen. 5. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Bundesamt für Sozialversicherung und dem Bundesamt für Gesundheit zugestellt. Luzern, 27. März 2006 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Die Präsidentin der I. Kammer: Die Gerichtsschreiberin:
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2,015
de
Sachverhalt: A. A.a. A._ (geb. 1978) stammt aus Jordanien. Er heiratete am 10. Oktober 2000 eine Schweizerin (geb. 1976), woraufhin er im Kanton Basel-Stadt eine Aufenthaltsbewilligung erhielt. Im April 2002 verlegte er zusammen mit seiner Gattin und der gemeinsamen Tochter (geb. 2001) seinen Wohnsitz in den Kanton Aargau. Die ihm dort erteilte Aufenthaltsbewilligung wurde letztmalig bis zum 30. September 2011 verlängert. Im August 2005 trennten sich die Ehegatten ein erstes Mal. Das Gerichtspräsidium Rheinfelden traf am 7. Dezember 2005 eine Regelung betreffend Getrenntleben. Im Juni 2009 nahmen die Ehegatten ihr Zusammenleben wieder auf. A.b. Während des Zeitraums Mai 2004 bis März 2009 wurde A._ wie folgt verurteilt: - 15. Juni 2004, Bezirksamt Rheinfelden: Fahren in angetrunkenem Zustand; Führen eines nicht betriebssicheren Fahrzeugs; Busse Fr. 1'050.--, bedingt vollziehbar - 10. August 2005, Bezirksstatthalteramt Liestal: Vereitelung der Blut-probe, Verletzung der Verkehrsregeln; 30 Tage Gefängnis, bedingt vollziehbar, Busse Fr. 2'000.-- - 15. Mai 2006, Bezirksamt Rheinfelden: Tätlichkeiten, Beschimpfung, Drohung, Gewalt und Drohung gegen Behörden und Beamte; 20 Tage Gefängnis, Busse Fr. 200.-- - 14. September 2007, Strafgerichtspräsident Basel-Stadt: Raub, Dieb-stahl, mehrfaches geringfügiges Vermögensdelikt, Sachentziehung, Tätlichkeiten, mehrfache Übertretung des Betäubungsmittelgesetzes; 12 Monate Freiheitsstrafe, bedingt vollziehbar, Busse Fr. 500.-- - 14. Mai 2008, Strafbefehlsrichter Basel-Stadt: Vergehen gegen das Waffengesetz: Geldstrafe 5 Tagessätze zu CHF 30.-, Busse Fr. 300.-- - 26. März 2009, Strafgericht Basel-Stadt: Raub, mehrfache versuchte Erpressung, mehrfache Hehlerei, Verletzung der Verkehrsregeln, mehrfache Widerhandlung gegen das Strassenverkehrsgesetz, Fahren in fahrunfähigem Zustand, mehrfache Übertretung des Betäubungsmittelgesetzes; 14 Monate Freiheitsstrafe, bedingt vollziehbar, Busse Fr. 500.-- Diese sechs Verurteilungen nahm das Migrationsamt des Kantons Aargau zum Anlass, A._ am 14. Juli 2009 zu verwarnen. A.c. Eine zweite Trennung der Ehegatten fand gegen Ende 2010 statt. Das Gerichtspräsidium Rheinfelden bestätigte das Getrenntleben am 15. Juni 2011. Die Obhut über die gemeinsame Tochter beliess es - offenbar entsprechend der früheren Regelung - bei der Ehegattin. Gemäss weiteren Feststellungen des Bundesverwaltungsgerichts ergaben sich keine Bemühungen von A._ um Kontakt zu seinem Kind; aus diesem Grund wurde davon abgesehen, eine Besuchsregelung zu treffen. Ein Gesuch von A._ um Erteilung der Niederlassungsbewilligung wies das Migrationsamt am 30. Juli 2010 ab. Es erwog indessen, die Aufenthaltsbewilligung von A._ zu verlängern (vorinstanzl. act. 332). Den Antrag auf Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung legte es dem Bundesamt für Migration (ab 1.1.2015: Staatssekretariat für Migration SEM; in der Folge: Staatssekretariat) zur Zustimmung vor. B. B.a. Unter Bezugnahme auf zwei neuerliche strafrechtliche Verurteilungen aus dem Jahr 2010 (Vergehen gegen das Betäubungsmittelgesetz; Geldstrafe zu 15 Tagessätzen) und 2011 (vier Monate Freiheitsstrafe wegen Verstössen gegen das Strassenverkehrsgesetz; mehrfache Übertretung des Betäubungsmittelgesetz) teilte das Staatssekretariat am 1. Juli 2011 mit, es erwäge, die Zustimmung zur Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung zu verweigern. Nach einer weiteren Verurteilung zu zwölf Monaten Freiheitsstrafe am 30. Januar 2012 (wegen einfacher Körperverletzung mit einem gefährlichen Gegenstand, einfacher Körperverletzung, Sachbeschädigung, mehrfachen Hausfriedensbruchs, mehrfacher Gewalt und Drohung gegen Behörden und Beamte und mehrfacher Übertretung des Betäubungsmittelgesetzes) verweigerte das Staatssekretariat am 12. April 2012 die Zustimmung zur Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung von A._ und wies ihn aus der Schweiz weg. B.b. Hiergegen erhob A._ Beschwerde an das Bundesverwaltungsgericht. Er beantragte die Erteilung der Zustimmung zur Aufenthaltsverlängerung und rügte gleichzeitig, die Delegationsnormen, auf die sich das Staatssekretariat für die Verweigerung der Zustimmung stützten, würden keine genügende gesetzliche Grundlage darstellen. Er ersuchte um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung. Mit Zwischenverfügung vom 23. Mai 2012 hat das Bundesverwaltungsgericht diese wegen Aussichtslosigkeit abgewiesen. Die gegen die Zwischenverfügung erhobene Beschwerde hiess das Bundesgericht am 18. September 2012 gut. Es erwog, die Rüge betreffend der Delegationsnormen erfordere eine eingehendere Prüfung, als sie das Bundesverwaltungsgericht bisher vorgenommen habe (Urteil 2C_536/2012 vom 18. September 2012 E. 3). Daraufhin, am 18. April 2013, hat das Bundesverwaltungsgericht dem Gesuch um unentgeltliche Prozessführung und Verbeiständung entsprochen. Am 6. Januar 2014 wies es die Beschwerde von A._ ab. C. Mit Eingabe vom 6. Februar 2014 beantragt A._ dem Bundesgericht, das Urteil des Bundesverwaltungsgerichts vom 6. Januar 2014 sei aufzuheben. Das Migrationsamt des Kantons Aargau sei anzuweisen, die Aufenthaltsbewilligung des Beschwerdeführers zu verlängern. Der verweigerten Zustimmung zur Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung des Staatssekretariats fehle es an einer gültigen gesetzlichen Grundlage. Eventualiter sei die Sache an die Vorinstanz zu neuer Beurteilung zurückzuweisen. Die Kosten des Verfahrens vor dem Bundesverwaltungsgericht seien neu zu verteilen. Der Beschwerdeführer ersucht um unentgeltliche Rechtspflege. Das Bundesverwaltungsgericht verzichtet auf Vernehmlassung. Das Staatssekretariat beantragt, die Beschwerde abzuweisen. Der Beschwerdeführer hält in einer weiteren Eingabe an seinen Anträgen fest. Mit Verfügung vom 12. Februar 2014 hat der Präsident der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung der Beschwerde antragsgemäss aufschiebende Wirkung zuerkannt.
Erwägungen: 1. 1.1. Ausgangspunkt des vorliegenden Verfahrens bildet die Verfügung des Staatssekretariats, womit dieses die Zustimmung zur vom Beschwerdeführer nachgesuchten Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung verweigert hat (Art. 99 AuG; Art. 85 f. der Verordnung vom 24. Oktober 2007 über Zulassung, Aufenthalt und Erwerbstätigkeit [VZAE; SR 142.201]). Gegen den Endentscheid (<ref-law>) des Bundesverwaltungsgerichts in dieser Angelegenheit des öffentlichen Rechts ist grundsätzlich die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten zulässig (Art. 82 lit. a, Art. 86 Abs. 1 lit. a BGG). Der Beschwerdeführer macht in vertretbarer Weise einen Anspruch auf Verlängerung seiner Aufenthaltsbewilligung gestützt auf Art. 50 Abs. 1 lit. a AuG und Art. 8 EMRK geltend (<ref-law> e contrario). Er hat am vorinstanzlichen Verfahren teilgenommen und verfügt über ein aktuelles Interesse an der Zustimmung des Staatssekretariats zur Verlängerung seiner Aufenthaltsbewilligung (<ref-law>). Auf die form- und fristgerecht eingereichte Beschwerde ist einzutreten (Art. 42 Abs. 2 und Art. 100 Abs. 1 BGG). 1.2. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (<ref-law>). Es ist weder an die in der Beschwerde geltend gemachten Argumente noch an die Erwägungen der Vorinstanz gebunden (<ref-ruling> E. 3 S. 415). Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (<ref-law>). Die Feststellung des Sachverhaltes kann nur gerügt werden, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruht und wenn die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (<ref-law>). "Offensichtlich unrichtig" bedeutet dabei "willkürlich" (<ref-ruling> E. 2 S. 117; <ref-ruling> E. 4.1.2 S. 62; <ref-ruling> E. 1.5 S. 401; <ref-ruling> E. 1.2.2 S. 252). 1.3. Neue tatsächliche Vorbringen und Beweismittel sind im bundesgerichtlichen Verfahren grundsätzlich unzulässig (<ref-law>; <ref-ruling> E. 3.1.2 S. 123; <ref-ruling> E. 3.5 S. 397; <ref-ruling> E. 5.2.4 S. 229; <ref-ruling> E. 2.1 S. 343 f.; je mit Hinweisen). Auf ein Schreiben "Strafvollzug BS" vom 31. Januar 2014, einen "Therapie-Verlaufsbericht" vom 6. Februar 2014 und einen Arbeitsvertrag vom 27. Januar 2014, die alle nach dem vorinstanzlichen Urteil verfasst wurden, kann nicht weiter eingegangen werden. Es handelt sich um unzulässige Noven. 2. 2.1. Unter Vorbehalt von Art. 51 Abs. 1 AuG haben ausländische Ehegatten von Schweizer Bürgern Anspruch auf Erteilung und Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung, wenn sie mit ihrem Partner zusammenwohnen (Art. 42 Abs. 1 AuG). Der Bewilligungsanspruch besteht trotz Auflösens bzw. definitiven Scheiterns der Ehegemeinschaft fort, wenn diese mindestens drei Jahre gedauert und die betroffene ausländische Person sich hier erfolgreich integriert hat (Art. 50 Abs. 1 lit. a AuG; <ref-ruling> E. 3.3.3 S. 119; Urteile 2C_873/2013 vom 25. März 2014 E. 2, nicht publ. in: <ref-ruling> ff.; 2C_40/2012 E. 6; 2C_821/2011 vom 22. Juni 2012 E. 2). 2.2. Der Beschwerdeführer lebt gemäss den vorinstanzlichen Sachverhaltsfeststellungen, die für das Bundesgericht verbindlich sind (vgl. <ref-law>), seit spätestens Ende 2010 nicht mehr mit seiner Gattin. Die Trennung wurde am 15. Juni 2011 gerichtlich festgehalten. Er hat infolge Getrenntlebens keinen unmittelbaren Anspruch mehr auf Verlängerung seiner Aufenthaltsbewilligung nach Art. 42 Abs. 1 AuG. Er kann sich hierauf jedoch unter Bezugnahme auf Art. 50 Abs. 1 lit. a (oder b) AuG auch nach Beendigung der ehelichen Gemeinschaft berufen (Urteile 2C_1123/2012 vom 11. Juli 2013 E. 3.3; 2C_682/2012 vom 7. Februar 2013 E. 6.2.2 e contrario, 2C_431/2010 vom 25. Juli 2011 E. 1.2). 2.3. Das kantonale Migrationsamt erwog die Möglichkeit, die Aufenthaltsbewilligung des Beschwerdeführers zu verlängern (vgl. Sachverhalt Ziff. A.c). Noch vor einem eigenen Bewilligungsentscheid unterbreitete es indessen den Antrag auf Verlängerung der Aufenthaltserlaubnis dem Staatssekretariat zur Zustimmung, welches diese gestützt auf <ref-law> in Verbindung mit Art. 50 Abs. 1 AuG verweigerte. Der Beschwerdeführer erachtet die Bestimmung von <ref-law> als unzulängliche gesetzliche Grundlage für die verweigerte Zustimmung des Staatssekretariats. So bestehe bereits in der Delegationsnorm von Art. 99 AuG ein - in Anbetracht von <ref-law> allerdings hinzunehmender - Verstoss gegen das Legalitätsprinzip. Nicht hinzunehmen sei indessen der Umstand, dass der Bundesrat entgegen dem Wortlaut von Art. 99 AuG die zustimmungsbedürftigen Fälle nicht präzise genug auf Verordnungsstufe umschrieben, sondern diese Kompetenz vielmehr weiter an das Staatssekretariat delegiert habe. Indem die Vorinstanz dies zwar erkannt habe, die angefochtene Verordnungsbestimmung jedoch - gleichwohl - weiterhin zur Anwendung bringe und die angefochtene Verfügung nicht aufhebe, verstosse auch sie gegen das Legalitätsprinzip. Zu prüfen ist demnach, ob das Staatssekretariat die Zustimmung zur Verlängerung des Aufenthalts des Beschwerdeführers noch vor Abschluss des Bewilligungsverfahrens wirksam verweigern durfte. 3. 3.1. Gemäss <ref-law> bedarf jedes staatliche Handeln einer gesetzlichen Grundlage. Das Legalitätsprinzip besagt, dass ein staatlicher Akt sich auf eine materiellgesetzliche Grundlage stützen muss, die hinreichend bestimmt und vom staatsrechtlich hierfür zuständigen Organ erlassen worden ist. Es dient damit einerseits dem demokratischen Anliegen der Sicherung der staatsrechtlichen Zuständigkeitsordnung, anderseits dem rechtsstaatlichen Anliegen der Rechtsgleichheit, Berechenbarkeit und Voraussehbarkeit staatlichen Handelns (<ref-ruling> E. 3c S. 121). 3.2. <ref-law> konkretisiert dieses Prinzip für die Bundesgesetzgebung. Danach sind die wichtigen Recht setzenden Bestimmungen in der Form des Bundesgesetzes zu erlassen. Dazu gehören insbesondere die Einschränkung verfassungsmässiger Rechte sowie die grundlegenden Bestimmungen über Rechte und Pflichten von Personen (Art. 164 Abs. 1 lit. b und c BV) und kantonale Vollzugszuständigkeiten (<ref-law>). Die grundlegenden Bestimmungen als dem formellen Gesetzgeber vorbehaltene Befugnisse dürfen nicht delegiert werden. Andere Rechtsetzungsbefugnisse können jedoch durch Bundesgesetz übertragen werden, soweit dies nicht durch die Bundesverfassung ausgeschlossen wird (<ref-law>). 3.3. Die Kompetenz zum Erlass gesetzesvertretender Verordnungen setzt eine entsprechende Delegationsnorm im Gesetz voraus (<ref-law>). Auch wenn der Gesetzgeber davon abgesehen hat, der Exekutive derartige (beschränkte) Legislativfunktionen zu übertragen, obliegt es dem Bundesrat, die Gesetzgebung zu vollzi ehen (<ref-law>). Der Anwendungsbereich von Ausführungs- und Vollziehungsverordnungen ist indes darauf beschränkt, die Bestimmungen des betreffenden Bundesgesetzes durch Detailvorschriften näher auszuführen und mithin zur verbesserten Anwendbarkeit des Gesetzes beizutragen. Ausgangspunkt sind Sinn und Zweck des Gesetzes; sie kommen in grundsätzlicher Weise durch die Bestimmung im formellen Gesetz zum Ausdruck (vgl. <ref-ruling> E. 2.1 S. 462 f.; <ref-ruling> E. 7.2.2 S. 348; <ref-ruling> E. 3b S. 291; <ref-ruling> E. 3b S. 132 f.). 3.4. Vor dem Hintergrund dieser Kompetenzausscheidung kann das Bundesgericht Rechtsverordnungen des Bundesrates vorfrageweise (inzident, im Einzelfall), aber inhaltlich eingeschränkt auf ihre Rechtmässigkeit prüfen. Gesetzesvertretende Rechtsverordnungen und Vollziehungsverordnungen sind zunächst auf ihre Gesetzmässigkeit (<ref-ruling> E. 2.3 S. 220 f.; <ref-ruling> E. 3.3.2 S. 331; <ref-ruling> E. 5.1 S. 348 f.) und hernach, soweit das Gesetz den Bundesrat nicht ermächtigt, von der Bundesverfassung abzuweichen, auf ihre Verfassungsmässigkeit zu prüfen (<ref-ruling> E. 2.3 S. 463 f.; <ref-ruling> E. 3.3.2 S. 331; <ref-ruling> E. 4 S. 276; <ref-ruling> E. 3.3 S. 252; <ref-ruling> E. 3b S. 290). In vorfrageweiser Normenkontrolle unterzieht das Bundesgericht die bundesrätliche Rechtsverordnung vorab einer Geltungskontrolle. Die Gesetzmässigkeit der Rechtsverordnung prüft es anhand dessen, ob der Bundesrat die Grenzen der ihm gesetzlich eingeräumten Befugnisse eingehalten hat (<ref-law>; <ref-ruling> E. 6.4 S. 413; <ref-ruling> E. 5.1 S. 43). Es konzentriert seine Prüfung darauf, ob die Verordnung den Rahmen der dem Bundesrat gesetzlich delegierten Kompetenzen offensichtlich sprengt (<ref-ruling> E. 2.3 S. 220 f.; <ref-ruling> E. 3.3.2 S.331; <ref-ruling> E. 5.1 S. 348 f.; <ref-ruling> E. 3.2 S. 566). 3.5. Die sogenannte Subdelegation ist in der Bundesverfassung nicht ausdrücklich geregelt. Eine solche liegt vor, wenn der Bundesrat eine ihm delegierte Befugnis weiterdelegiert (<ref-ruling> E. 5.4.2 S. 289; Urteile 2C_64/2013 vom 26. September 2014 E. 2.3.5; 2C_391/2013 13. November 2013 E. 3.2; vgl. Giovanni Biaggini, BV, Bundesverfassung der Schweizerischen Eidgenossenschaft, 2007, Art. 182 N. 10). Gemäss Art. 48 Abs. 1 des Regierungs- und Verwaltungsorganisationsgesetzes vom 21. März 1997 (RVOG, SR 172.010) ist die Übertragung von Rechtsetzungskompetenzen vom Bundesrat an ein Departement zulässig, wobei der Bundesrat die Tragweite der Rechtssätze zu berücksichtigen hat. Auch die Weiterübertragung von Rechtssetzungsbefugnissen an Gruppen und Ämter ist zulässig; hierfür setzt Art. 48 Abs. 2 RVOG jedoch die Ermächtigung durch ein Bundesgesetz oder einen allgemeinverbindlichen Bundesbeschluss voraus (vgl. Urteil 2C_391/2013 vom 13. November 2013 E. 3.3.3). 4. 4.1. Gemäss <ref-law> steht dem Bund die umfassende Gesetzgebungskompetenz im Bereich des Ausländerrechts zu. Aufgrund des in <ref-law> enthaltenen Grundsatzes, dass die Kantone das Bundesrecht nach Massgabe von Verfassung und Gesetz umsetzen, hat folglich der Bundesgesetzgeber zu bestimmen, inwieweit die Kantone auf dem Gebiet des Ausländerrechts mit dem Vollzug des Bundesrechts betraut werden (<ref-law>; vgl. <ref-ruling> E. 3a S. 51 f.; Urteil 2C_100/2014 vom 22. August 2014 E. 3.1; Martin Nyffenegger, in: Caroni/Gächter/Thurnherr (Hrsg.), Kommentar zum Bundesgesetz über die Ausländerinnen und Ausländer, 2010, N. 4 zu Art. 99 AuG). Die kantonal zuständige Behörde erteilt die Bewilligungen gemäss Art. 32-35 AuG und Art. 37-39 AuG; vorbehalten bleibt die Zustimmung des Staatssekretariats in den dafür vorbehaltenen Fällen (Art. 40 Abs. 1 AuG in Verbindung mit Art. 99 AuG und Art. 86 Abs. 2 lit. a-c VZAE). Aufgrund der gesetzlichen Regelung sind die Kantone somit befugt, eine ausländerrechtliche Bewilligung in eigener Zuständigkeit zu verweigern. Deren Erteilung bedarf jedoch in den dafür vorgesehenen Fällen der Zustimmung des Staatssekretariats (Urteil 2C_774/2008 vom 15. Januar 2009 E. 4.2, in Fortführung einer unter dem ANAG [BS 1 121] entwickelten Rechtsprechung, vgl. dazu <ref-ruling> E. 3 S. 51 ff.). 4.2. Das Ausländergesetz enthält keine eigenständige Regelung für das Zustimmungsverfahren, sondern delegiert diese an den Verordnungsgeber. So ermächtigt Art. 99 AuG den Bundesrat festzulegen, "in welchen Fällen Kurzaufenthalts-, Aufenthalts- und Niederlassungsbewilligungen sowie kantonale arbeitsmarktliche Vorentscheide dem SEM zur Zustimmung zu unterbreiten sind". In <ref-law> erklärt der Verordnungsgeber das Staatssekretariat für die Zustimmung zur Erteilung der Kurzaufenthalts-, Aufenthalts- oder Niederlassungsbewilligung sowie zur Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung für zuständig, wenn: "a. es ein Zustimmungsverfahren zur Koordination der Praxis im Rahmen des Gesetzesvollzugs für bestimmte Personen- und Gesuchskategorien als notwendig erachtet; b. es die Unterbreitung zur Zustimmung in einem Einzelfall verlangt; c. eine vorzeitige Erteilung der Niederlassungsbewilligung nach Artikel 34 Absätze 3 und 4 AuG erfolgen soll; d. Bewilligungen zur Erwerbstätigkeit bis zu längstens vier Monaten nach Artikel 19 Absatz 4 Buchstabe a erteilt werden". Auch arbeitsmarktliche Vorentscheide (<ref-law>) sind dem Staatssekretariat zur Zustimmung zu unterbreiten (<ref-law>). <ref-law> sieht schliesslich vor, dass die kantonale Ausländerbehörde (<ref-law>) dem Staatssekretariat zudem einen kantonalen Entscheid für die Überprüfung der bundesrechtlichen Voraussetzungen zur Zustimmung unterbreiten kann. Das Staatssekretariat verweigert die Zustimmung zur Erteilung einer Aufenthaltsbewilligung insbesondere, wenn Widerrufsgründe nach Art. 62 AuG vorliegen (<ref-law>). 4.3. Die Vorinstanz erachtet die Regelung in <ref-law> für unzulässig, möchte sie aber aus Gründen der Rechtssicherheit weiterhin zur Anwendung bringen. Für Streitigkeiten wie die vorliegende sind indessen zwei Konstellationen grundlegend zu unterscheiden, und zwar einerseits die behördliche Zusammenarbeit zwischen dem Staatssekretariat und den kantonalen Ausländerbehörden wie vorliegend (hierzu nachfolgend E. 4.3.1 ff.) und andererseits das Zustimmungsverfahren, wenn eine Entscheidung im Kanton im Rechtsmittelverfahren getroffen wird (nachfolgend E. 4.4). 4.3.1. Im Rahmen der behördlichen Zusammenarbeit zwischen dem Staatssekretariat und den kantonalen Ausländerbehörden (vgl. Art. 97 Abs. 1 AuG) ist der Bundesrat für die Koordination und den Vollzug der ausländerrechtlichen Regelungen ausserhalb der Gesetzesdelegation jederzeit auch ohne spezifische Ermächtigung berechtigt, Vollziehungsbestimmungen zu erlassen (<ref-law>; oben E. 3.3), die inhaltlich die gesetzliche Regelung des AuG konkretisieren (vgl. <ref-ruling> E. 2.1 S. 462 f.; <ref-ruling> E. 7.2.2 S. 348). Vom Bundesrat erlassene Vollzugsbestimmungen sollen nicht in die Kompetenzordnung eingreifen, wie sie sich aus Verfassung und Gesetz ergibt (vgl. hiervor E. 3.3 f.). Vollziehungsverordnungen dürfen weder die Rechte der Bürgerinnen und Bürger (zusätzlich) beschränken noch ihnen (weitere) Pflichten auferlegen, und zwar selbst dann nicht, wenn dies durch den Gesetzeszweck gedeckt wäre (<ref-ruling> E. 2.2 S. 463; <ref-ruling> E. 3.3 S. 33; <ref-ruling> E. 5.1 S. 149 mit Hinweisen). Sowohl das Erfordernis der Zustimmung des Staatssekretariats als auch die Möglichkeit, Ansprüche auf Verlängerung einer Aufenthaltsbewilligung einzuschränken, ergeben sich bereits aus den einschlägigen Bestimmungen des Bundesrechts (vgl. etwa Art. 62 und 63 AuG). Es besteht diesbezüglich keine ausschliessliche Zuständigkeit der Kantone (vgl. E. 4.1); auch kann das Staatssekretariat grundsätzlich nach Kenntnis einer Bewilligungserteilung durch das ZEMIS-System (vgl. Art. 5 lit. a der Verordnung über das Zentrale Migrationsinformationssystem [SR 142.513]) und insbesondere nach einem letztinstanzlichen kantonalen Bewilligungsentscheid (vgl. <ref-law> in Verbindung mit Art. 1 der Verordnung über die Eröffnung letztinstanzlicher kantonaler Entscheide in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten [SR 173.110.47]) Beschwerde gegen die Aufenthaltserlaubnis führen (Art. 89 Abs. 2 lit. a und <ref-law>; vgl. <ref-ruling> E. 1.2 S. 362 f.; <ref-ruling> E. 1.1 S. 203; Urteile 2C_280/2014 vom 22. August 2014 E. 1.2; 2C_801/2013 vom 18. März 2014 E. 1.1; 2C_326/2013 vom 20. November 2013 E. 1.1). 4.3.2. Das Staatssekretariat kann demnach Verwaltungsweisungen erlassen, die die Vorgaben des AuG konkretisieren und sich an weitere Vollzugsbehörden richten. Kraft seiner spezifischen Aufsicht im Ausländerbereich kann es auch festlegen, dass ihm die kantonalen Vollzugsbehörden gewisse Fälle zu unterbreiten haben. Wenn die kantonale Ausländerbehörde die Angelegenheit demnach wie vorliegend dem Staatssekretariat unterbreitet, ist dies zulässig: Die Anrufung von <ref-law> beschränkt sich in dieser Konstellation darauf, die (Vollzugs-) Bestimmungen des AuG, die in grundsätzlicher Weise durch die Bestimmung im formellen Gesetz zum Ausdruck kommen (vgl. hiervor E. 4.3.1; <ref-ruling> E. 2.1 S. 462 f.), im erstinstanzlichen Verfahren besser zu koordinieren. Der kantonalen Migrationsbehörde war es vorliegend im Rahmen der allgemeinen Vollzugskompetenz und im Sinne einer Zusammenarbeit der Behörden somit nicht verwehrt, die Angelegenheit dem Staatssekretariat zu unterbreiten. 4.4. Anders verhielte es sich, wenn das Staatssekretariat nicht im Rahmen der Zusammenarbeit mit der kantonalen Ausländerbehörde über die Zustimmung zu einer Bewilligung befindet, sondern eine Rechtsmittelbehörde die Bewilligung verbindlich anordnet und für die Bewilligungserteilung gleichwohl - kumulativ - die Zustimmung des Staatssekretariats erforderlich ist. Gegenüber einem Entscheid der kantonalen Rechtsmittelinstanz kann sich das Staatssekretariat für die Eröffnung eines Zustimmungsverfahrens nicht auf die in seinen Weisungen definierten Sachverhaltskonstellationen berufen. Vielmehr müssten diese im Sinne von Art. 99 AuG vom Verordnungsgeber präzise umschrieben und die Delegationsgrundsätze in Art. 85 Abs. 1 lit. a und b VZAE eingehalten werden. Nach der geltenden Rechtslage sind diese Voraussetzungen, wie die Vorinstanz für <ref-law> bereits ausgeführt hat, nicht eingehalten: 4.4.1. Soweit die Zustimmung gestützt auf <ref-law> ("Koordination der Praxis im Rahmen des Gesetzesvollzugs für bestimmte Personen- und Gesuchskategorien") verweigert worden wäre, könnte die Bestimmung keine gültige gesetzliche Grundlage für die Zustimmungsverweigerung darstellen: Gemäss <ref-law> ist das Staatssekretariat zuständig für die Zustimmung zur Erteilung der Kurzaufenthalts-, Aufenthalts- und Niederlassungsbewilligung sowie zur Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung, wenn es ein Zustimmungsverfahren zur Koordination der Praxis im Rahmen des Gesetzesvollzugs für bestimmte Personen- und Gesuchskategorien als notwendig erachtet. Die generell-abstrakte Umschreibung der zustimmungserforderlichen Konstellationen wird auf das Staatssekretariat übertragen, welches diese in seinen Weisungen vornimmt; vgl. etwa die dort angeführte Kategorie der ausländischen Personen, die "schwerwiegend oder wiederholt straffällig geworden sind" (Ziff. 1.3.1.4 der "Weisungen und Erläuterungen Ausländerbereich", S. 37; <www.bfm.admin.ch>, zuletzt besucht am 5. Januar 2015). Es liegt damit eine Rechtsetzung durch das Staatssekretariat, mithin eine Subdelegation vor. Da hierfür keine Ermächtigung in einem Bundesgesetz besteht (und auch kein allgemeinverbindlicher Bundesbeschluss erging), ist die Subdelegation unzulässig (Art. 48 Abs. 2 RVOG; oben E. 3.5; Urteil 2C_391/2013 vom 13. November 2013 E. 3.3.3). 4.4.2. Dasselbe gilt für die Bestimmung von <ref-law>, die das Staatssekretariat in seiner Stellungnahme hilfsweise als gesetzliche Grundlage für die Verweigerung der Zustimmung heranzieht. Indem der Verordnungsgeber das Staatssekretariat in <ref-law> für alle Fälle zur Erteilung der Kurzaufenthalts-, Aufenthalts- oder Niederlassungsbewilligung sowie zur Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung als zuständig erklärt, in welchen "es die Unterbreitung zur Zustimmung in einem Einzelfall verlangt", kommt er den sich aus dem Bundesgesetz ergebenden Pflichten, die Fallkategorien von Zustimmungserfordernissen positiv - mithin für die betroffenen Personen und Ämter vorhersehbar - festzulegen, nicht nach. Auch mit der Übertragung sämtlicher Entscheidungsbefugnisse im Einzelfall in <ref-law> sind (mangels hinreichender inhaltlicher Bestimmung der Materie gemäss Art. 99 AuG) die Anforderungen an eine Gesetzesdelegation durch den Verordnungsgeber nicht eingehalten worden. Die Bestimmungen von Art. 85 Abs. 1 lit. a und b VZAE genügen dem Legalitätsprinzip nicht und könnten daher keine Grundlage für die Verweigerung der Zustimmung durch das Staatssekretariat sein, wenn ein Rechtsmittelentscheid des Kantons vorliegt. 4.4.3. Das Bundesgericht hat bis anhin das Bewilligungsverfahren und das Zustimmungsverfahren als zwei voneinander getrennte Verfahren betrachtet und das Erfordernis der Zustimmung des Staatssekretariats auch dort als zulässig angesehen, wo eine kantonale Rechtsmittelbehörde bereits über die Bewilligungsfrage entschieden hat (vgl. Urteile 2C_774/2008 vom 15. Januar 2009 E. 4.2; 2C_176/2011 vom 12. September 2011 E. 3.2; 2C_505/2013 vom 4. Oktober 2013 E. 3; 2C_100/2014 vom 22. August 2014 E. 3.3; vgl. bereits zum alten Recht <ref-ruling> E. 2 und 3 S. 8 ff.; <ref-ruling> E. 3c S. 54 f.). Zur Vermeidung von Doppelspurigkeiten und in Änderung der bisherigen Rechtsprechung ist nunmehr zu beachten, dass ein Zustimmungsverfahren nach dem Erlass eines kantonalen Rechtsmittelentscheids dort nicht angestrengt werden kann, wo es dem Staatssekretariat offensteht, selbst Beschwerde zu führen; in solchen Fällen wäre gestützt auf die Kompetenzordnung die Erhebung einer Behördenbeschwerde die richtige Vorgehensweise (<ref-law>). Diese ist, da im bundesgerichtlichen Verfahren vorgesehen, grundsätzlich in sämtlichen kantonalen Verfahren zulässig (vgl. <ref-law>; vgl. zur Kenntnisnahme des Staatssekretariats insbesondere nach dem obersten kantonalen Gerichtsentscheid vorne E. 4.3.1). 4.4.4. Eine Behördenbeschwerde ist indessen nur im Zusammenhang mit Bewilligungen gegeben, auf welche ein Anspruch besteht (<ref-law>), bzw. dann, wenn gerade die Frage nach dem Bestehen oder Nichtbestehen eines Bewilligungsanspruchs Streitgegenstand bildet (vgl. <ref-ruling> E. 1.2 S. 140 f.). In allen andern Fällen ergibt sich für das Staatssekretariat weder im bundesgerichtlichen Verfahren noch vor der kantonalen Rechtsmittelinstanz die Möglichkeit der Beschwerde (Art. 89 Abs. 2 lit. a und <ref-law> e contrario). Es kann hier seine eigenständige Kontrolle gegenüber kantonalen Rechtsmittelentscheiden ausschliesslich auf dem Weg des Zustimmungsverfahrens wahren. Ein solches zu eröffnen muss ihm diesfalls auch im Rechtsmittelverfahren nach wie vor gestattet sein (vgl. insoweit bereits <ref-ruling> E. 2 und 3 S. 8 ff.; <ref-ruling> E. 3c S. 54 f.). Dafür aber bedarf es einer Regelung in der bundesrätlichen Verordnung, die unter Beachtung der Delegationsgrundsätze präzise umschreibt, für welche Kategorien von Bewilligungen (vorab für solche ohne Bewilligungsanspruch) das Zustimmungsverfahren vorgeschrieben ist. 4.4.5. Es liesse sich einwenden, dass das Bundesgericht die Handhabung des Zustimmungsverfahrens auch unter der Geltung des AuG bisher nicht beanstandet hat (vgl. die unpublizierten Urteile hiervor in E. 4.4.3). Indessen springt die diesbezügliche Kompetenzordnung und Rechtslage nicht in die Augen und hat noch nie ein Rechtsunterworfener substanziiert geltend gemacht, die bundesrätliche Verordnung verletze die Delegationsgrundsätze. Das Bundesgericht kam deshalb im hier zu beurteilenden Fall erstmals in die Lage, sich damit einlässlich zu befassen. 4.5. Angesichts der voranstehenden Ausführungen ergibt sich für die zu beurteilende Sachverhaltskonstellation demnach Folgendes: Vorliegend hat die kantonale Ausländerbehörde die Angelegenheit noch vor der Fällung eines eigenen positiven Bewilligungsentscheids dem Staatssekretariat unterbreitet. Im Rahmen einer Zusammenarbeit der Vollzugsbehörden war dies - im Unterschied zu Konstellationen, wo die Rechtsmittelbehörde die Bewilligungserteilung verbindlich angeordnet hat - zulässig. Im Ergebnis durfte die Vorinstanz demnach hier von einer hinreichenden gesetzlichen Grundlage ausgehen und es stand ihr offen, die Bewilligungsfrage in materieller Hinsicht zu überprüfen. 5. Zu beurteilen bleibt, ob das Bundesverwaltungsgericht einen Anspruch des Beschwerdeführers nach Art. 50 Abs. 1 AuG zu Recht verneinte. Unstrittig ist, dass die Ehegemeinschaft des Beschwerdeführers mehr als drei Jahre gedauert hat. Zu untersuchen ist demnach zunächst im Rahmen von Art. 50 Abs. 1 lit. a AuG, ob der Beschwerdeführer in der Schweiz integriert ist (vgl. hiervor E. 2.1 und 2.2). 5.1. Zu Recht hat die Vorinstanz gestützt auf die Kontinuität und Art der Delikte (u.a. Verurteilungen wegen Gewaltdelikten) sowie die Tatsache, dass im Verlauf von siebeneinhalb Jahren gegen den Beschwerdeführer Freiheitsstrafen von insgesamt 42 Monaten ausgesprochen werden mussten, eine erfolgreiche Integration in der Schweiz verneint (vgl. <ref-law>) : Delikte wie Raub oder räuberische Erpressung wie auch Verstösse gegen das Waffengesetz lassen sich entgegen der Vorbringen des Beschwerdeführers nicht einfach auf "Drogensucht und Beschaffungskriminalität" zurückführen. Soweit der Beschwerdeführer das Urteil des EGMR Udeh gegen die Schweiz vom 16. April 2013 [Nr. 12020/09]) heranzieht und damit aufzeigen möchte, dass "eine positive Entwicklung seit der Delinquenz" zu berücksichtigen sei, verkennt er die Tragweite des Urteils hinsichtlich seiner prozessrechtlichen Konstellation. Der EGMR hat dort keinen Grundsatzentscheid gefällt, sondern die Umstände des konkreten Einzelfalls berücksichtigt, die teilweise erst nach der Beurteilung durch das Bundesgericht eintraten und in verschiedenerlei Hinsicht nicht mit der vorliegenden Angelegenheit vergleichbar sind (vgl. hierzu <ref-ruling> E. 2.4 S. 327 ff.; Urteile 2C_366/2014 vom 6. Juni 2014 E. 2.3.2; 2C_245/2014 vom 28. Mai 2014 E. 3.3.3, je mit Hinweisen). Dass der Beschwerdeführer im März 2012 eine Drogentherapie begonnen hat, ist ihm zugutezuhalten, vermag indessen die fehlende Integration nicht entscheidend infrage zu stellen. Ohnehin erging die neueste Verurteilung des Beschwerdeführers aus dem Jahr 2012 noch während der Hängigkeit des vorliegenden Verfahrens. Eine "positive Entwicklung" lässt sich vor diesem Hintergrund nicht erkennen. In Übereinstimmung mit den vorinstanzlichen Erwägungen liegt demnach ein Verlängerungsanspruch für seine Aufenthaltsbewilligung gestützt auf Art. 50 Abs. 1 lit. a AuG nicht vor (<ref-ruling> E. 3.3.3 S. 119; <ref-ruling> E. 3.1.3 S. 347). 5.2. Der Beschwerdeführer beruft sich schliesslich auf einen Anspruch gestützt auf die Beziehung zu seiner in der Schweiz aufenthaltsberechtigten Tochter nach Art. 8 EMRK. 5.2.1. Das in Art. 8 EMRK bzw. in <ref-law> geschützte Recht auf Privat- und Familienleben ist berührt, wenn eine staatliche Entfernungs- oder Fernhaltemassnahme eine nahe, echte und tatsächlich gelebte familiäre Beziehung einer in der Schweiz gefestigt anwesenheitsberechtigten Person beeinträchtigt, ohne dass es dieser möglich bzw. zumutbar wäre, ihr Familienleben andernorts zu pflegen (<ref-ruling> E. 3.2 S. 147; <ref-ruling> E. 2.2 S. 319; <ref-ruling> E. 4.1.2 S. 249 f.). Bei nicht sorgeberechtigten ausländischen Elternteilen eines hier aufenthaltsberechtigten Kindes, welche aufgrund einer inzwischen aufgelösten ehelichen Gemeinschaft mit einem/-er schweizerischen Staatsangehörigen bereits eine Aufenthaltsbewilligung besassen, besteht nach der Rechtsprechung ein Anspruch nach Art. 8 EMRK, wenn der persönliche Kontakt im Rahmen eines nach heutigem Massstab üblichen Besuchsrechts ausgeübt wird, eine in wirtschaftlicher Hinsicht enge Beziehung zum aufenthaltsberechtigten Kind besteht und die um Aufenthalt suchende Person zu keinerlei wesentlichen Klagen Anlass gegeben hat (<ref-ruling> E. 2.5 S. 321 f.; Urteile 2C_547/2014 vom 5. Januar 2015 E.3.2; 2C_606/2013 vom 4. April 2014 E. 6.3). 5.2.2. Gemäss den vorinstanzlichen Sachverhaltsfeststellungen steht die Tochter des Beschwerdeführers unter der Sorge und Obhut ihrer Mutter. Aufgrund der fehlenden Kontaktaufnahmen zu seinem Kind wurde dem Beschwerdeführer anlässlich der gerichtlichen Regelung des Getrenntlebens von seiner Frau im Jahr 2011 kein Besuchsrecht eingeräumt. Der Beschwerdeführer substanziiert in seiner Beschwerdeschrift keine gegenteiligen Anhaltspunkte oder eine willkürliche Sachverhaltsfeststellung durch die Vorinstanz hinsichtlich des Kontakts zu seinem Kind (vgl. oben E. 1.2). Es ist auch nicht ersichtlich und wird von ihm auch nicht behauptet, dass er in den vergangenen Jahren Unterhaltszahlungen an seine Tochter geleistet hätte. Ein Anspruch auf Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung gestützt auf Art. 8 EMRK besteht bereits deswegen und ebenso aufgrund der zahlreichen Verurteilungen nicht (<ref-ruling> E. 2.5 S. 321 f.; Urteil 2C_582/2013 vom 2. April 2014 E. 2.1 f.). Das Vorliegen eines Härtefalls im Sinne von Art. 50 Abs. 1 lit. b AuG (vgl. hierzu BGE <ref-ruling> E. 3.2.1 S. 348; <ref-law>) wird im bundesgerichtlichen Verfahren nicht mehr geltend gemacht. 6. 6.1. Zusammenfassend ergibt sich demnach, dass die kantonale Ausländerbehörde eine beabsichtigte positive Bewilligungsentscheidung gestützt auf die allgemeine Vollzugs- und Koordinationsregelung dem Staatssekretariat - im Rahmen einer Zusammenarbeit der mit dem Vollzug betrauten Behörden - vorlegen kann. Dies ist anders zu beurteilen, sobald ein kantonaler Entscheid einer Rekursbehörde oder ein Gerichtsentscheid vorliegt (vgl. hiervor E. 4.4). Gegenüber einem Entscheid einer Rechtsmittelbehörde kann sich das Staatssekretariat hingegen für die Beanspruchung des Zustimmungsverfahrens nicht auf seine Weisungen berufen; vielmehr sind für diesen Fall die zustimmungsbedürftigen Bewilligungen unter Wahrung der Delegationsgrundsätze neu zu umschreiben (E. 4.4.1 und 4.4.2) bzw. ist - soweit es sich um einen Anspruchstatbestand handelt - der Rechtsmittelweg einzuschlagen (vgl. hiervor E. 4.4.3) Für die vorliegende Konstellation der Behördenzusammenarbeit durfte das Bundesverwaltungsgericht demnach - im Ergebnis - davon ausgehen, das Legalitätsprinzip sei nicht verletzt, womit die Bewilligungsfrage in materieller Hinsicht zu überprüfen war. In diesem Rahmen hat das Bundesverwaltungsgericht in Übereinstimmung mit der bundesgerichtlichen Rechtsprechung erkannt, dass die Zustimmung zu einer Bewilligungsverlängerung nach Art. 50 Abs. 1 lit. a AuG bzw. Art. 8 EMRK zu verweigern war. 6.2. Nach dem Gesagten ist die Beschwerde abzuweisen. Dem Verfahrensausgang entsprechend wird der Beschwerdeführer kostenpflichtig. Er ersucht indessen um unentgeltliche Prozessführung und Verbeiständung. Da sich die Beschwerde hinsichtlich der Vollzugs- und Delegationsfragen nicht als aussichtslos erweist und der Beschwerdeführer bedürftig ist, kann die beantragte unentgeltliche Rechtspflege bewilligt und auf die Erhebung von Gerichtskosten verzichtet werden (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wird gutgeheissen. 2.1. Es werden keine Kosten erhoben. 2.2. Dem Beschwerdeführer wird Advokat Prof. Niklaus Ruckstuhl, Allschwil, als Rechtsbeistand beigegeben. Diesem wird aus der Gerichtskasse eine Entschädigung von Fr. 3'788.10 (Honorarnote) ausgerichtet. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten, dem Bundesverwaltungsgericht, Abteilung III, und dem Amt für Migration und Integration des Kantons Aargau schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 30. März 2015 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Zünd Die Gerichtsschreiberin: Hänni
CH_BGer_002
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2,009
de
Nach Einsicht in die Beschwerde vom 23. Januar 2009 (Poststempel) gegen den Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 31. Oktober 2008 und die Gesuche um unentgeltliche Rechtspflege sowie aufschiebende Wirkung der Beschwerde, in die Verfügung vom 13. Februar 2009, mit welcher das Gesuch des K._ um unentgeltliche Rechtspflege wegen Aussichtslosigkeit der Beschwerde und jenes um aufschiebende Wirkung mangels überzeugender Gründe abgewiesen wurden, in die Verfügung vom 18. Februar 2009, mit welcher K._ zur Leistung eines Kostenvorschusses aufgefordert wurde, in die Verfügung vom 17. März 2009, mit welcher auf das Ausstandsbegehren des K._ bezüglich Personen des Bundesgerichts nicht eingetreten wurde, seine erneuerten Gesuche um aufschiebende Wirkung und unentgeltliche Rechtspflege wiederum abgewiesen wurden und ihm eine Ordnungsbusse wegen Verletzung des Anstandes auferlegt wurde, in die Verfügung vom 23. März 2009, mit welcher K._ zur Bezahlung eines Kostenvorschusses innert einer Nachfrist bis zum 3. April 2009 verpflichtet wurde, ansonsten auf das Rechtsmittel nicht eingetreten werde, in die als "national wirksame Beschwerde" bezeichnete Eingabe vom 3. April 2009 (Poststempel), worin K._ die Aufhebung der Verfügungen vom 17. und 23. März 2009 beantragt und die bisher gestellten Rechtsbegehren erneuert,
in Erwägung, dass sich die Eingabe vom 3. April 2009 weitestgehend in Wiederholungen bereits rechtskräftig beurteilter Vorbringen und einer Anhäufung von Ungebührlichkeiten, Verunglimpfungen und Verbalinjurien gegenüber verschiedenen Gerichtspersonen erschöpft, dass diese Eingabe daher als rechtsmissbräuchlich, querulatorisch und somit unzulässig im Sinne von <ref-law> einzustufen und auf sie im vereinfachten Verfahren nach <ref-law> nicht einzutreten ist, dass sich das Bundesgericht vorbehält, weitere Eingaben dieser Art in der gleichen Sache ohne Antwort abzulegen, nachdem der Beschwerdeführer bereits mehrmals missbräuchlich oder querulatorisch Prozess geführt hat (vgl. u.a. Verfügung vom 17. März 2009; Urteile 8F_11/2008 vom 4. August 2008; 9C_423/2008 vom 12. Juni 2008; 2C_619/2007 vom 6. November 2007), dass im Übrigen ohnehin keine Veranlassung für eine Wiedererwägung der in diesem Verfahren erlassenen Verfügungen besteht (vgl. <ref-law>; Heimgartner/Wiprächtiger, Basler Kommentar, Bundesgerichtsgesetz, N. 9 zu <ref-law>), dass der Beschwerdeführer den Vorschuss auch innerhalb der Nachfrist nicht geleistet hat, dass deshalb gestützt auf <ref-law> im vereinfachten Verfahren nach <ref-law> auch in der Hauptsache auf die Beschwerde nicht einzutreten ist, dass der Beschwerdeführer nach Art. 66 Abs. 1 und 3 BGG kostenpflichtig wird, wobei die querulatorische Art der Prozessführung bei der Bemessung der Gerichtsgebühr zu berücksichtigen ist (<ref-law>),
erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde vom 23. Januar 2009 und die Eingabe vom 3. April 2009 wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 1'000.- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich und dem Bundesamt für Gesundheit schriftlich mitgeteilt. Luzern, 21. April 2009 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin: Meyer Dormann
CH_BGer_009
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2,013
de
Sachverhalt: A. Der 1962 geborene Z._ meldete sich am 25. Januar 2002 wegen Rückenschmerzen zur Übernahme der Kosten einer Rumpforthese bei der Invalidenversicherung an. Mit Mitteilung vom 20. Februar 2002 sprach ihm die Verwaltung dieses Hilfsmittel zu. Am 1. Juli 2003 beantragte Z._ zudem eine Invalidenrente. Die IV-Stelle des Kantons Aargau tätigte medizinische und berufliche Abklärungen und gab schliesslich am 2. April 2007 eine interdisziplinäre Begutachtung im Zentrum X._ in Auftrag. Gestützt auf das Gutachten des Zentrums X._ vom 31. Januar 2008 sprach ihm die IV-Stelle mit Verfügung vom 25. August 2008 eine Viertelsrente ab 1. Januar 2006 zu. Nachdem der Versicherte Beschwerde an das Versicherungsgericht des Kantons Aargau erheben liess, stellte dieses mit Beschluss vom 22. Oktober 2009 eine reformatio in peius in Aussicht und schrieb das Verfahren nach Beschwerderückzug ab. In der Folge veranlasste die IV-Stelle eine erneute medizinische Abklärung. Gestützt auf das Gutachten des Instituts Y._, vom 31. Januar 2011) zog die Verwaltung mit Verfügung vom 16. Mai 2011 ihre Verfügung vom 25. August 2008 in Wiedererwägung und stellte die Viertelsrente auf Ende des nach Zustellung der Verfügung folgenden Monats ein. B. Die hiegegen eingereichte Beschwerde wies das Versicherungsgericht des Kantons Aargau mit Entscheid vom 5. November 2012 ab. C. Z._ lässt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten führen und sinngemäss beantragen, in Aufhebung des vorinstanzlichen Entscheids sei ihm über Ende Juni 2011 hinaus mindestens eine unbefristete Viertelsrente zuzusprechen, eventualiter sei die Sache an die Vorinstanz oder an die Verwaltung zu weiteren Abklärungen zurückzuweisen. Das Bundesgericht führt keinen Schriftenwechsel durch.
Erwägungen: 1. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann wegen Rechtsverletzung gemäss den Art. 95 f. BGG erhoben werden. Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (<ref-law>), und kann deren Sachverhaltsfeststellung von Amtes wegen nur berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruht (<ref-law>; vgl. auch <ref-law>). Mit Blick auf diese Kognitionsregelung ist aufgrund der Vorbringen in der Beschwerde ans Bundesgericht zu prüfen, ob der angefochtene Gerichtsentscheid in der Anwendung der massgeblichen materiell- und beweisrechtlichen Grundlagen (u.a.) Bundesrecht verletzt (<ref-law>), einschliesslich einer allfälligen rechtsfehlerhaften Tatsachenfeststellung (Art. 97 Abs. 1, <ref-law>). 2. Streitig und zu prüfen ist, ob der Beschwerdeführer auch nach dem 30. Juni 2011 einen Anspruch auf eine Invalidenrente hat, wobei zunächst zu beurteilen ist, ob die vorinstanzlich geschützte Begründung der Wiedererwägung (<ref-law>) und die daraus resultierende Renteneinstellung vor Bundesrecht standhalten. 3. 3.1 Letztinstanzlich kann frei überprüft werden, ob im angefochtenen Entscheid von einem bundesrechtskonformen Verständnis der zweifellosen Unrichtigkeit ausgegangen wurde. Die Feststellungen, welche der entsprechenden Beurteilung zugrunde liegen, sind hingegen tatsächlicher Natur und folglich nur auf offensichtliche Unrichtigkeit oder Unvollständigkeit hin überprüfbar (Urteil I 803/06 vom 21. Februar 2007 in: SVR 2008 IV Nr. 53 S. 177 f. E. 4.2). Dagegen ist die Auslegung (Konkretisierung) des Begriffs der zweifellosen Unrichtigkeit als Wiedererwägungsvoraussetzung nach <ref-law> eine frei zu prüfende Rechtsfrage (Urteil 9C_994/2010 vom 12. April 2011 in: SVR 2011 IV Nr. 71 S. 213 E. 2). Ferner ist festzuhalten, dass mit der Annahme zweifelloser Unrichtigkeit im Bereich der invaliditätsmässigen Leistungsvoraussetzungen Zurückhaltung geboten ist (Urteil 9C_994/2010 vom 12. April 2011 in: SVR 2011 IV Nr. 71 S. 213 E. 3.2.1). 3.2 Unabhängig von einem materiellen Revisionsgrund kann der Versicherungsträger nach <ref-law> wiedererwägungsweise auf formell rechtskräftige Verfügungen oder Einsprachentscheide zurückkommen, wenn diese zweifellos unrichtig sind und ihre Berichtigung von erheblicher Bedeutung ist. Die zweifellose Unrichtigkeit der ursprünglichen Rentenverfügung ist in der Regel erfüllt, wenn eine Leistungszusprache aufgrund falscher Rechtsregeln erfolgt ist oder wenn massgebliche Bestimmungen nicht oder unrichtig angewandt wurden (<ref-ruling>). 3.3 Das kantonale Gericht ging nach Würdigung der der ursprünglichen Rentenverfügung vom 25. August 2008 zugrunde liegenden medizinischen Unterlagen davon aus, dass die im Gutachten des Zentrums X._ vom 31. Januar 2008 unter anderem diagnostizierte anhaltende somatoforme Schmerzstörung aus rechtlicher Sicht willentlich überwindbar sei. Es erwog weiter, nachdem die Rechtsprechung <ref-ruling> der Verwaltung zum Zeitpunkt des Verfügungserlasses am 25. August 2008 hätte bekannt sein müssen, habe sie entgegen klarer Rechtspraxis verfügt, was als zweifellos unrichtig zu qualifizieren sei. Die Wiedererwägungsvoraussetzungen seien demnach erfüllt. 3.4 Vorweg ist festzuhalten, dass die behauptete Verletzung von Art. 14 und Art. 6 EMRK durch die Rechtsprechung zur grundsätzlichen Überwindbarkeit somatoformer Schmerzstörungen (und anderer unklarer syndromaler Beschwerdebilder) gestützt auf das Rechtsgutachten des Prof. Dr. M._ und des Dr. K._ vom 24. November 2012 zur Rechtslage betreffend Zusprache von IV-Renten in Fällen andauernder somatoformer Schmerzstörungen und ähnlicher Krankheiten nichts an der Tatsache ändert, dass die ursprüngliche Rentenverfügung entgegen dieser klaren, ständigen Rechtspraxis (<ref-ruling>, 132 V 65, 136 V 279, 137 V 64) erfolgte. Diese mit Blick auf die Rechtslage qualifizierte, von der Verwaltung korrigierte Unrichtigkeit rechtfertigt auch bei zurückhaltender Annahme zweifelloser Unrichtigkeit ein wiedererwägungsweises Zurückkommen auf den ursprünglichen Rentenentscheid. Dessen Berichtigung ist, da es sich um eine periodische Dauerleistung handelt, von erheblicher Bedeutung (<ref-ruling> E. 1c S. 480 mit Hinweisen). Die weiteren dagegen vorgebrachten Einwendungen - insbesondere die Ausführungen zum Gutachten des Zentrums X._ vom 31. Januar 2008 und der Einwand, medizinische Einschätzungen, namentlich bei psychischen Beschwerden, würden auf Ermessen beruhen, weshalb keine zweifellose Unrichtigkeit gegeben sein könne - vermögen zu keinem anderen Ergebnis zu führen. Nicht stichhaltig ist auch die Rüge, die Vorinstanz habe die im Gutachten des Zentrums X._ diagnostizierte depressive Fehlentwicklung, gegenwärtig leichte Episode, 3.5 nicht als psychische Störung von erheblicher Schwere qualifiziert. Denn nach der Rechtsprechung stellen leichte bis mittelgradige depressive Episoden grundsätzlich keine von depressiven Verstimmungszuständen klar unterscheidbare andauernde Depression im Sinne eines verselbstständigten Gesundheitsschadens dar, die es der betroffenen Person verunmöglichten, trotz der Schmerzstörung eine angepasste Tätigkeit auszuüben. Leichte bis höchstens mittelschwere psychische Störungen depressiver Natur gelten grundsätzlich als therapeutisch angehbar (Urteil 9C_736/2011 vom 7. Februar 2012 E. 4.2.2.1 mit Hinweisen). Mit Blick auf die Frage der Rechtmässigkeit der wiedererwägungsweisen Rentenaufhebung zielen sämtliche Rügen ins Leere, weil vorliegend einzig massgebend ist, dass die Leistungszusprache vom 25. August 2008 aufgrund falscher Rechtsregeln erfolgte, indem die Verwaltung entgegen klarer Rechtspraxis verfügte, und ohne sich mit den Rechtsgrundsätzen gemäss <ref-ruling> auseinanderzusetzen, was zum Ergebnis der Überwindbarkeit der Schmerzproblematik geführt hätte. Die Vorinstanz schlussfolgerte demnach ohne den Anschein der Befangenheit zu erwecken (<ref-ruling> E. 4.2) zu Recht, dass die Wiedererwägungsvoraussetzungen, insbesondere die Voraussetzung der zweifellosen Unrichtigkeit, erfüllt seien. 4. Soweit der Beschwerdeführer eine gesundheitliche Verschlechterung geltend macht und insbesondere rügt, dass das kantonale Gericht dem Gutachten des Instituts Y._ vom 31. Januar 2011, wonach eine Restarbeitsfähigkeit von 80 % in der angestammten und in einer angepassten Tätigkeit besteht, zu Unrecht Beweiskraft beimass, gilt Folgendes: 4.1 Beim Institut Y._ handelt es sich um eine medizinische Abklärungsstelle der Invalidenversicherung (MEDAS), die grundsätzlich in der Lage ist, Administrativbehörden und Gerichten beweistaugliche ärztliche Gutachten zur Verfügung zu stellen. Dies ist in der Rechtsprechung mehrfach anerkannt worden und wird auch in der Beschwerdeschrift nicht infrage gestellt. Der Vorwurf, wonach das Gutachten nach "altem Standard" in Auftrag gegeben wurde, begründet deshalb noch keine Zweifel an der Zuverlässigkeit und Schlüssigkeit des Gutachtens (<ref-ruling> E. 4.4, 137 V 210 E. 2.1-2.3; Urteile 9C_942/2011 vom 6. Juli 2012 E. 5.2 und 9C_776/2010 vom 20. Dezember 2011 E. 3.3). 4.2 Das kantonale Gericht hat sodann die medizinischen Unterlagen ausführlich und schlüssig gewürdigt und sich mit den erhobenen Vorbringen auseinandergesetzt. Der Beschwerdeführer bringt mit seiner über weite Strecken appellatorischen, im Rahmen der gesetzlichen Kognition unzulässigen Kritik nichts vor, was die vorinstanzliche festgestellte Restarbeitsfähigkeit als Entscheidung über eine Tatfrage (<ref-ruling> E. 3.2) als offensichtlich unrichtig oder als rechtsverletzend erscheinen lassen könnte. Soweit er eine bundesrechtswidrige Beweiswürdigung der Vorinstanz darin sieht, dass sie der Expertise des Instituts Y._ vom 31. Januar 2011 (und dem diese ergänzenden Bericht vom 7. April 2011) vollen Beweiswert zuerkannte, obwohl diese namentlich in neurologischer und psychiatrischer Hinsicht in Widerspruch zu den Ausführungen des Neurologen Dr. med. S._ und des Psychiaters Dr. med. C._ stehe, wehalb begründete Zweifel an der Zuverlässigkeit und Vollständigkeit der Beurteilung durch die Gutachter des Instituts Y._ bestünden, dringt er nicht durch. Dieser Rüge ist entgegenzuhalten, dass es mit Blick auf die prinzipielle Verschiedenheit von Behandlungs- und Begutachtungsauftrag nicht Sache der behandelnden Ärzte und Spitäler sein kann, in umstritten Fällen verbindlich zur Arbeitsfähigkeit Stellung zu nehmen (vgl. <ref-ruling> E. 4 S. 175; Urteil 9C_746/2010 vom 28. Januar 2011 E. 3.1). Nach ständiger Rechtsprechung führt der Umstand, dass die mit der versicherten Person therapeutisch befassten Ärzte und Ärztinnen die restliche Arbeitsfähigkeit tiefer festlegen, nur dann zu ergänzenden Abklärungen, wenn sie objektive Anhaltspunkte vortragen, die dem Administrativgutachten entgangen sind (Urteil 9C_317/2010 vom 11. November 2010 E. 2.3.1). Dem ist vorliegend nicht so, wie die Vorinstanz in nachvollziehbarer und schlüssiger Weise ausführlich darlegte, zumal sich Dr. med. S._ im Bericht vom 19. Februar 2010 für eine psychiatrische Abklärung aussprach und es vermied, zur Arbeitsfähigkeit Stellung zu nehmen. Wenn das kantonale Gericht dem Gutachten des Instituts Y._ vom 31. Januar 2011 und der ergänzenden Stellungnahme vom 27. Mai 2009 folgte sowie von weiteren Abklärungen absah, liegt weder eine offensichtlich unrichtige Sachverhaltsfeststellung noch eine Verletzung von Bundesrecht vor. 4.3 Die Invaliditätsbemessung wird im Übrigen nicht beanstandet. Mit der verfügten und vorinstanzlich bestätigten Rentenaufhebung auf Ende Juni 2011 hat es somit sein Bewenden. 5. Der Beschwerdeführer hat als unterliegende Partei die Gerichtskosten zu tragen (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 800.- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons Aargau und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 14. Mai 2013 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Leuzinger Die Gerichtsschreiberin: Polla
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2,001
de
Wegweisung von öffentlichem Grund, hat sich ergeben: A.- Nach den Feststellungen des Verwaltungsgerichts Zürich beruht das vorliegende Verfahren auf folgendem Sachverhalt: "Am 7. Februar 1999 verteilten zwei Jugendliche, die Mitglieder des Vereins gegen Tierfabriken Schweiz (VgT) sind, im Auftrag des VgT in der Nähe des Kinos ABC in Bülach auf öffentlichem Grund das Journal "VgT-Nachrichten". Dabei wurde einer der beiden von einem in Zivilkleidung vorbeigehenden Stadtpolizisten angesprochen, der im Verlauf des folgenden Gesprächs, dessen Inhalt aufgrund der vorliegenden Akten unklar und umstritten ist, beide Jugendliche aufforderte, die Passanten nicht zu belästigen und sich zu entfernen.. " Am 10. Februar 1999 reichte der VgT beim Stadtrat Bülach "Verwaltungsbeschwerde gegen einen unbekannten Beamten der Stadtpolizei Bülach" ein mit dem Antrag, "es sei festzustellen, dass die Wegweisung von VgT-Aktivisten, die am 7.2.1999 in der Nähe des Kinos ABC Bülach auf öffentlichem Grund ein Journal verteilten, zu Unrecht erfolgte". Der Stadtrat Bülach trat am 10. März 1999 auf die Beschwerde nicht ein. Er stellte fest, beim fraglichen Beamten der Stadtpolizei handle es sich um Wachmeister Günther Prassl. Eine interne Untersuchung habe glaubwürdig ergeben, dass sich dieser nicht als Kantonspolizist ausgegeben habe. Nachdem er habe feststellen müssen, dass sich ein Jugendlicher Passanten und Kinobesuchern so in den Weg gestellt habe, dass diese nicht ungehindert an ihm hätten vorbeigehen können und deshalb fast genötigt worden seien, ein VgT-Journal entgegenzunehmen, "hat er richtig gehandelt, indem er die Jugendlichen aufforderte, vorbeigehende Personen nicht zu belästigen. Eine Gesetzesverletzung kann dabei nicht festgestellt werden. " In der Handlungsweise von Prassl könne daher keine Dienstpflichtverletzung und kein Disziplinarvergehen erblickt werden, weshalb auf die Beschwerde nicht einzutreten sei. Abschliessend sei zu erwähnen, dass wenige Tage zuvor widerrechtlich Kleber und Plakate des VgT angebracht worden seien. Auf Rekurs des VgT hin beschloss der Bezirksrat Bülach am 16. Dezember 1999: "I. Es wird im Sinne der Erwägungen festgestellt, dass die VgT-Aktivisten berechtigt gewesen sind, Journale auf öffentlichem Grund zu verteilen, soweit Dritte nicht unverhältnismässig behindert worden sind.. " In den Erwägungen führte er aus, dass sich mit diesem positiven Feststellungsentscheid weitere Untersuchungshandlungen zur Frage erübrigten, was sich konkret ereignet habe bzw. "ob und inwieweit verfassungswidrige Handlungen (eine solche wäre beispielsweise eine polizeiliche Wegweisung) erfolgt" seien. B.- Am 29. August 2000 wies das Verwaltungsgericht des Kantons Zürich die Beschwerde des VgT ab, welche ihm vom Regierungsrat zuständigkeitshalber überwiesen wordenwar. Mit staatsrechtlicher Beschwerde vom 4. Oktober 2000 wegen Rechtsverweigerung, Willkür und Gehörsverweigerung beantragt der VgT, den Entscheid des Verwaltungsgerichts aufzuheben und die Sache zur Neubeurteilung an dieses zurückzuweisen. C.- Die Stadt Bülach verzichtet auf Vernehmlassung. Das Verwaltungsgsgericht beantragt unter Verweis auf seinen Entscheid, die Beschwerde abzuweisen, soweit darauf einzutreten sei.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1.- Der Beschwerdeführer macht geltend, das Verwaltungsgericht habe eine formelle Rechtsverweigerung begangen, indem es den Entscheid des Bezirksrates geschützt habe, welcher auf sein Begehren, die Widerrechtlichkeit des Wegweisungsbefehls des Polizeibeamten Prassl festzustellen, nicht eingetreten sei. Da dem Beschwerdeführer im kantonalen Verfahren Parteistellung zukam, kann er, ob er in der Sache selber beschwerdebefugt wäre oder nicht, die Verletzung von Verfahrensrechten geltend machen, deren Missachtung eine formelle Rechtsverweigerung darstellt (<ref-ruling> E. 3c mit Hinweisen). Die übrigen Sachurteilsvoraussetzungen sind erfüllt, sodass auf die Beschwerde, unter dem Vorbehalt gehörig begründeter Rügen (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG; <ref-ruling> E. 1; <ref-ruling> E. 1b; <ref-ruling> E. 1c), einzutreten ist. 2.- a) Das Verwaltungsgericht hat im angefochtenen Entscheid erwogen, soweit das Feststellungsbegehren des VgT sinngemäss auch als Aufsichtsbeschwerde verstanden werde, könne gegen deren Ablehnung kein Rekurs erhoben werden. Aus dieser Sicht sei nicht zu beanstanden, dass der Stadtrat Bülach auf das streitige Begehren nicht eingetreten sei. Zu prüfen bleibe, ob er auf das Begehren auch insoweit zu Recht nicht eingetreten sei, als dieses als eigentliches Feststellungsbegehren zu verstehen sei. Für die Bejahung des schutzwürdigen Interesses an einer Feststellungsvefügung seien zunächst die gleichen Kriterien wie für die Rekurslegitimation massgebend, darüber hinaus aber auch spezifische Kriterien für die Schutzwürdigkeit des Feststellungsinteresses: über den Bestand, Nichtbestand, oder Umfang öffentlicher Rechte und Pflichten müsse Unklarheit bestehen. Das Feststellungsinteresse müsse sodann in dem Sinne aktuell sein, dass der Gesuchsteller bei Verweigerung Gefahr laufen würde, Massnahmen zu treffen oder zu unterlassen mit der Folge, dass ihm daraus Nachteile erwachsen könnten. Es müsse ferner ein konkretes Rechtsverhältnis betreffen, Feststellungsbegehren zur Ermittlung von Tatsachen oder zur Klärung bloss theoretischer oder abstrakter Rechtsfragen seien ausgeschlossen. Der VgT beharre auf einem weiter gehenden Feststellungsentscheid, als ihn der Bezirksrat getroffen habe, wonach die Wegweisung der beiden VgT-Aktivisten am 7. Februar 1999 durch den Polizeibeamten unrechtmässig gewesen sei. Die Beantwortung dieser Frage hänge "von den näheren Umständen ab, unter denen sich der Vorfall abspielte und die ungeklärt und umstritten sind. Soll der die Würdigung eines vergangenen Ereignisses betreffende Feststellungsentscheid dem Gesuchsteller eine taugliche Beurteilungsgrundlage für sein künftiges Verhalten abgeben, setzt dies voraus, dass sich Letzteres unter gleichen oder annähernd gleichen Umständen abspielt". Da dies kaum der Fall sein dürfte, sei ein hinreichendes aktuelles Interesse zu verneinen. Diese Beurteilung stehe im Einklang mit der Praxis zum Erfordernis des aktuellen Rechtsschutzinteresses im Zusammenhang mit der Rekurs- und Beschwerdelegitimation, wonach darauf nur zu verzichten sei, wenn es um eine Grundsatzfrage gehe, über die sonst kaum je ein rechtzeitiger Entscheid gefällt werden könnte und die sich jederzeit unter gleichen oder ähnlichen Umständen wiederholen könnte. Eine derartige Grundsatzfrage stehe vorliegend nicht zur Diskussion, weshalb der Bezirksrat habe darauf verzichten dürfen, den streitbetroffenen Vorfall beweismässig weiter abzuklären. b) Gegenstand des Feststellungsbegehrens des Beschwerdeführers, auf das nicht eingetreten wurde, war, ob seine Aktivisten in ihrem Bestreben, möglichst viele Broschüren unter die Leute zu bringen, die Passanten in einer unzumutbaren Weise belästigten und ob der dazu gestossene Polizeibeamte deswegen berechtigt war, sie wegzuweisen. An der Beantwortung insbesondere der Frage, wieweit seine Aktivisten beim Verteilen von Broschüren auf öffentlichem Grund gehen dürfen bzw. wo die Grenzen des bewilligungsfreien gemeinverträglichen Gebrauchs öffentlichen Grundes liegen, hatte der Beschwerdeführer nach den unbestritten gebliebenen allgemeinen Grundsätzen des Verwaltungsgerichts ohne weiteres ein schützenswertes Interesse. Die Kernfrage, wann beim Verteilen von Broschüren mit ideellem Inhalt eine unzulässige Belästigung der Passanten vorliegt, könnte kaum je gerichtlich geklärt werden, wenn nicht ein konkreter, in der Vergangenheit liegender Vorfall näher abgeklärt wird, um dann zu entscheiden, ob eine Belästigung der Passanten vorlag oder nicht, die eine Unterbindung der weiteren Verteilung des Propagandamaterials erlaubte, ohne die Meinungsfreiheit des Beschwerdeführers zu verletzen. Eine Wegweisung oder Unterbindung der Propagandaktion auf andere Weise wird in aller Regel gleichzeitig verfügt und vollzogen, weshalb eine Ausnahme vom Erfordernis des aktuellen praktischen Interesses grundsätzlich bejaht werden muss. Dieser Auffassung scheint auch das Verwaltungsgericht Zürich zu sein. Wenn es jedoch zum Schluss kam, der Vorfall dürfte sich kaum wieder unter gleichen oder annähernd gleichen Umständen abspielen, weshalb ein Rechtsschutzinteresse zu verneinen sei, so ist dies mit sachlichen Gründen nicht vertretbar und im Übrigen mit Art. 13 EMRK nicht vereinbar. Das umstrittene Vorgehen der Aktivisten des VgT, sich dort aufzustellen, wo eine grössere Menschenmenge - wie beim Verlassen eines Kinos - auftritt, ist das durchaus Übliche und es wirft gerade die Grundsatzfrage auf, unter welchen Umständen dies so aufdringlich ist, dass von einer unzulässigen Belästigung gesprochen werden muss, und wann nicht. Die angestrebte Feststellung kann dem Gesuchsteller auch sehr wohl als Beurteilungsgrundlage für sein künftiges Verhalten dienen, so dass auch diese besondere Voraussetzung für ein Feststellungsinteresse erfüllt ist. Das Verwaltungsgericht verneinte daher zu Unrecht ein Rechtsschutzinteresse des Beschwerdeführers. Es beging eine formelle Rechtsverweigerung, indem es den Entscheid des Bezirksrates schützte, obwohl dieser das streitige weiter gehende Feststellungsbegehren materiell nicht behandelt hatte. Die Rechtsverweigerungsrüge ist begründet. 3.- Die Beschwerde ist damit aus formellen Gründen gutzuheissen und der angefochtene Entscheid des Verwaltungsgerichts aufzuheben, ohne dass die materiellen Rügen zu prüfen wären. Dazu sei nur angemerkt, dass die polizeiliche Wegweisung von Aktivisten, die bei der Verteilung von Broschüren Passanten übermässig belästigen, nicht von vornherein verfassungswidrig ist (<ref-ruling> E. 7b S. 385). Bei diesem Ausgang des Verfahrens sind keine Kosten zu erheben (Art. 156 Abs. 2 OG). Auf eine Parteienentschädigung hat der nicht anwaltlich vertretene Beschwerdeführer praxisgemäss keinen Anspruch.
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1.- Die Beschwerde wird gutgeheissen und der angefochtene Entscheid des Verwaltungsgerichts des Kantons Zürich vom 29. August 2000 aufgehoben. 2.- Es werden keine Kosten erhoben. 3.- Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, dem Stadtrat Bülach und dem Verwaltungsgericht des Kantons Zürich, 3. Abteilung, 3. Kammer, schriftlich mitgeteilt. _ Lausanne, 9. Januar 2001 Im Namen der I. öffentlichrechtlichen Abteilung des SCHWEIZERISCHEN BUNDESGERICHTS Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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2,011
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Sachverhalt: A. Nach mit Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 26. Januar 2009 erfolgter Aufhebung einer rentenablehnenden Verfügung der IV-Stelle des Kantons Zürich vom 15. März 2007 und darauf anordnungsgemäss durchgeführten weiteren Erhebungen medizinischer und erwerblicher Art sowie durchgeführtem Vorbescheidverfahren sprach die IV-Stelle B._ (Jg. 1951) mit Verfügung vom 19. August 2010 für die Zeit ab 1. April 2006 eine bis 30. September 2006 befristete Dreiviertelsrente zu. B. Das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich wies die dagegen gerichtete Beschwerde mit Entscheid vom 30. Juni 2011 ab. C. B._ lässt Beschwerde ans Bundesgericht erheben mit dem Begehren, es seien ihr unter Aufhebung des kantonalen Entscheids vom 30. Juni 2011 ab April bis Mai 2006 eine Dreiviertelsrente und ab Juni 2006 eine Viertelsrente zuzusprechen. Ein Schriftenwechsel ist nicht durchgeführt worden.
Erwägungen: 1. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten (<ref-law>) kann wegen Rechtsverletzungen gemäss den Art. 95 f. BGG erhoben werden. Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (<ref-law>), und kann eine - für den Ausgang des Verfahrens entscheidende (vgl. <ref-law>) - Sachverhaltsfeststellung von Amtes wegen nur berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruht (<ref-law>). Im Übrigen wendet es das Recht von Amtes wegen an (<ref-law>), prüft indessen - unter Beachtung der allgemeinen Begründungspflicht in Beschwerdeverfahren (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG) - grundsätzlich nur die geltend gemachten Rügen, sofern die rechtlichen Mängel nicht geradezu offensichtlich sind, und ist nicht gehalten, wie eine erstinstanzliche Behörde alle sich stellenden Fragen zu untersuchen, also auch solche, die vor Bundesgericht nicht mehr aufgeworfen werden (<ref-ruling> E. 1.4.1 S. 254). 2. Das kantonale Gericht hat die für die Beurteilung des streitigen Rentenanspruches massgebenden gesetzlichen Bestimmungen und die von der Rechtsprechung hiezu weiter konkretisierten Grundsätze sowohl in materiell- als auch in formell-, namentlich beweisrechtlicher Hinsicht in seinen Entscheiden vom 26. Januar 2009 und 30. Juni 2011 richtig dargelegt, worauf verwiesen wird. Es betrifft dies unter anderem die Invaliditätsbemessung bei teilweise ausserhäuslich erwerbstätigen Hausfrauen nach der gemischten Methode (<ref-law> in der seit 1. Januar 2008 und <ref-law> in der früheren, seit 1. Januar 2004 geltenden Fassung) sowie die gerichtliche Überprüfung rückwirkender Zusprachen abgestufter und/oder befristeter Renten zufolge nach erfolgter Rentengewährung eingetretener revisionsrelevanter Veränderungen der gesundheitlichen und/oder erwerblichen Verhältnisse (vgl. <ref-ruling> E. 2d S. 417 f. mit Hinweis; bestätigt durch <ref-ruling> und 132 V 393 E. 2.1 [in fine] S. 395). 3. 3.1 Unbestrittenermassen würde die Beschwerdeführerin - wäre sie gesund geblieben - zu 70 % einer ausserhäuslichen Erwerbstätigkeit nachgehen und sich im Übrigen der Haushaltführung widmen, sodass die Bemessung des Invaliditätsgrades nach der gemischten Methode zu erfolgen hat. Von der Beschwerdeführerin nicht mehr thematisiert worden ist auch, dass im Juni 2006 eine Verbesserung des Gesundheitszustandes und damit eine Verminderung der Behinderung im Erwerbsleben eingetreten ist, welche eine Rentenrevision zu rechtfertigen vermag. Weiter wird die im erwerblichen Bereich verbliebene zumutbare Restarbeitsfähigkeit von 20 % nach Ablauf der Wartezeit im April 2006 bis Mai desselben Jahres und von 50 % ab Juni 2006 ebenso wenig in Frage gestellt wie die im Haushalt resultierende Teilinvalidität von 10,95 %. Im erwerblichen Bereich werden hingegen die Bestimmung des ohne Gesundheitsschädigung mutmasslich erzielten Verdienstes (Valideneinkommen) und des trotz leidensbedingter Beeinträchtigung zumutbarerweise realisierbaren Lohnes (Invalideneinkommen) beanstandet, mithin beide dem im erwerblichen Tätigkeitsbereich vorzunehmenden Einkommensvergleich nach <ref-law> zugrunde zu legende Werte. 3.2 Was das Valideneinkommen anbelangt, führt die Beschwerdeführerin aus: "fälschlicherweise geht die Vorinstanz von einem Valideneinkommen von CHF 49'696.- aus, indem sie den Tabellenwert des jährlichen Invalideneinkommens von CHF 70'994.- auf ein Pensum von 70 % herunter rechnet." Diese Darstellung ist nicht nur kaum nachvollziehbar, sondern genau besehen auch unzutreffend. Das kantonale Gericht hat das ohne gesundheitliche Beeinträchtigung mutmasslich erzielte Jahreseinkommen ausgehend von den gemäss Lohnstrukturerhebung des Bundesamtes für Statistik für das Jahr 2006 (LSE 2006) ausgewiesenen Lohnzahlungen an weibliche Angestellte mit Sekretariats- und Kanzleiaufgaben von monatlich Fr. 5'675.- (Tabelle TA7 der LSE 2006, Anforderungsniveau 3) unter Berücksichtigung der betriebsüblichen Normalarbeitszeit von 41,7 Wochenstunden auf Fr. 70'994.- pro Jahr hochgerechnet, was bei einem - entsprechend dem auf den erwerblichen Bereich entfallenden Anteil an der Gesamttätigkeit - 70 % ausmachenden Arbeitspensum tatsächlich noch Fr. 49'696.- ergibt (0,7 x Fr. 70'994.-). Dabei ist auch nicht zu beanstanden, dass die Vorinstanz Tabellenlöhne aus der LSE 2006 (dem Jahr des mutmasslichen Rentenbeginns) beigezogen hat, nachdem die Beschwerdeführerin im Sekretariat einer Musikschule arbeitet, wo sie ihr Pensum betriebsbedingt nicht auf ein ihr gesundheitlich zumutbares Ausmass steigern kann, und auch nicht versucht hat, ihr verbliebenes Leistungsvermögen anderweitig erwerblich voll zu verwerten. Aus diesem Grund müssen denn auch die Lohnangaben des Arbeitgebers vom 8. September 2005, auf welche sich die Beschwerdeführerin beruft, für die Bestimmung des hier massgeblichen Valideneinkommens unbeachtlich bleiben. 3.3 Davon ausgehend, dass das Invalideneinkommen nach derselben Tabelle der LSE zu ermitteln und der Invaliditätsgrad dementsprechend mit der ärztlicherseits ausgewiesenen Arbeitsunfähigkeit grundsätzlich identisch ist, hat die Vorinstanz im Erwerbsbereich für die Monate April und Mai 2006 eine Arbeitsunfähigkeit von 80 % und ab Juni 2006 eine solche von 50 % angenommen, was unbestritten geblieben ist. Damit ergaben sich - unter zusätzlicher Zubilligung eines 10%igen leidensbedingten Abzuges (vgl. <ref-ruling> E. 5 S. 78 ff.) ab April 2006 ein Invalideneinkommen von Fr. 12'779.- (Fr. 70'994.- x 0,2 x 0,9) und ab Juni 2006 ein solches von Fr. 31'947.- (Fr. 70'994.- x 0,5 x 0,9), womit laut angefochtenem vorinstanzlichen Entscheid verglichen mit dem Valideneinkommen von Fr. 49'696.- (E. 3.2 hievor) aus dem erwerblichen Bereich - entsprechend dem hypothetischen Arbeitspensum zu 70 % zu Buche schlagende - Teilinvaliditäten von 52 % (ab April 2006) und von 25 % (ab Juni 2006) resultierten (100 % x [49'696 - 12'779] / 49'696.- x 0,7 = 52 % resp. 100 % x [49'696 - 31'947] / 49'696.- x 0,7 = 25 %). Zusammen mit der unbestritten gebliebenen Teilinvalidität aus dem nicht erwerblichen Bereich von 10,95 % (E. 3.1 hievor) ergeben sich so ab April 2006 eine Gesamtinvalidität von rund 63 % und ab Juni 2006 von - nicht mehr rentenrelevanten - knapp 36 %. 4. Unter dem einzigen Vorbehalt des - nachstehend noch zu prüfenden - beschwerdeführerischen Einwands, der leidensbedingte Abzug vom Invalideneinkommen sei zu gering ausgefallen, erweist sich die vorinstanzliche Invaliditätsbemessung demnach in allen Teilen als korrekt, sodass sich die in Anwendung von <ref-law> verfügte und vorinstanzlich bestätigte Rentenaufhebung per Ende September 2006 als rechtens erweist. Es besteht weder Anlass noch eine gesetzliche Grundlage dazu, diesen Zeitpunkt - wie in der Beschwerde ans Bundesgericht beantragt - bereits auf Ende Mai 2006 vorzuverlegen, weshalb davon abzusehen ist. 4.1 Die Frage, ob ein so genannt leidens- oder behinderungsbedingter Abzug (<ref-ruling> E. 5.2 S. 301 mit Hinweisen) vom auf tabellarischer Grundlage ermittelten Invalidenlohn nach Massgabe der in <ref-ruling> aufgestellten Grundsätze vorgenommen werden kann, ist rechtlicher Natur und insoweit vom Bundesgericht frei überprüfbar. Die Festlegung der Höhe eines solchen Leidensabzuges hingegen beschlägt eine typische Ermessensfrage, welche angesichts der dem Bundesgericht zukommenden Überprüfungsbefugnis letztinstanzlicher Korrektur nurmehr dort zugänglich ist (Art. 95 und 97 BGG), wo das kantonale Gericht sein Ermessen rechtsfehlerhaft ausgeübt hat, also bei Ermessensüber- oder -unterschreitung resp. bei Ermessensmissbrauch als Formen rechtsfehlerhafter (<ref-law>) Ermessensbetätigung (<ref-ruling> E. 2.2 S. 396 und E. 3.3 S. 399). 4.2 Praxisgemäss ist der Tatsache, dass persönliche und berufliche Merkmale wie etwa Art und Ausmass der Behinderung, Lebensalter, Dauer der Betriebszugehörigkeit, Nationalität oder Aufenthaltskategorie sowie Beschäftigungsgrad Auswirkungen auf die Höhe des Lohnes einer versicherten Person haben können, durch einen Abzug vom LSE-Tabellenlohn Rechnung zu tragen (<ref-ruling> E. 3b/aa S. 322 f.). Ein (behinderungsbedingt oder anderweitig begründeter) Abzug kann aber nur vorgenommen werden, wenn im Einzelfall Anhaltspunkte dafür bestehen, dass die versicherte Person wegen eines oder mehrerer der genannten Kriterien ihre gesundheitlich bedingte (Rest-)Arbeitsfähigkeit auch auf einem ausgeglichenen Arbeitsmarkt nur mit unterdurchschnittlichem Erfolg erwerblich verwerten kann (<ref-ruling> E. 5.2 S. 301 mit Hinweisen). 4.3 Den abzugsrelevanten Aspekten hat das kantonale Gericht mit einer 10%igen Reduktion des sich aus den Tabellenlöhnen gemäss LSE ergebenden Betrages hinreichend Rechnung getragen. Ein darüber hinausgehender Abzug wäre entgegen den Vorbringen in der Beschwerdeschrift durch nichts zu rechtfertigen, zumal die Beschwerdeführerin den geltend gemachten höheren Abzug zur Hauptsache mit gesundheitlichen Beeinträchtigungen begründet, welche indessen - wie die Vorinstanz richtig befunden hat - schon durch die Anerkennung der Verminderung des Leistungsvermögens hinreichend Berücksichtigung gefunden haben. Auch dass die Vorinstanz dem Alter der Beschwerdeführerin, welches im massgebenden Zeitpunkt des Rentenbeginns bei rund 55 Jahren lag, keine einen zusätzlichen Abzug rechtfertigende Bedeutung beimessen wollte, ist seitens des Bundesgerichts angesichts der ihm zukommenden Überprüfungsbefugnis (E. 4.1 hievor) nicht zu beanstanden. 5. Bei diesem Ausgang des - ohne Schriftenwechsel durchzuführenden (<ref-law>) - Verfahrens sind die Gerichtskosten (Art. 65 Abs. 1 und Abs. 4 lit. a BGG) von der Beschwerdeführerin als unterliegender Partei zu tragen (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 2. November 2011 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Ursprung Der Gerichtsschreiber: Krähenbühl
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2,003
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. Mit Verfügung vom 4. April 2001 stellte die Öffentliche Arbeitslosenkasse des Kantons Solothurn H._ (geb. 1967) wegen Auflösung des Arbeitsverhältnisses ohne Zusage einer anderen Beschäftigung für 26 Tage ab 1. März 2001 in der Anspruchsberechtigung ein. A. Mit Verfügung vom 4. April 2001 stellte die Öffentliche Arbeitslosenkasse des Kantons Solothurn H._ (geb. 1967) wegen Auflösung des Arbeitsverhältnisses ohne Zusage einer anderen Beschäftigung für 26 Tage ab 1. März 2001 in der Anspruchsberechtigung ein. B. Auf Beschwerde von H._ hin erliess die Kasse am 21. Mai 2001 pendente lite eine neue Verfügung, worin sie die Einstelldauer auf 20 Tage reduzierte. H._ beantragte die Aufhebung auch dieser Verfügung. Mit Entscheid vom 12. September 2001 hiess das Versicherungsgericht des Kantons Solothurn die Beschwerde in dem Sinne gut, dass es die Sache zu näheren Abklärungen an die Arbeitslosenkasse zurückwies. B. Auf Beschwerde von H._ hin erliess die Kasse am 21. Mai 2001 pendente lite eine neue Verfügung, worin sie die Einstelldauer auf 20 Tage reduzierte. H._ beantragte die Aufhebung auch dieser Verfügung. Mit Entscheid vom 12. September 2001 hiess das Versicherungsgericht des Kantons Solothurn die Beschwerde in dem Sinne gut, dass es die Sache zu näheren Abklärungen an die Arbeitslosenkasse zurückwies. C. Mit Verfügung vom 12. November 2001 erliess die Kasse wiederum eine Verfügung, mit welcher sie H._ erneut für 20 Tage ab 1. März 2001 in der Anspruchsberechtigung einstellte, da er durch sein Verhalten Anlass zur Auflösung des Arbeitsverhältnisses gegeben habe. C. Mit Verfügung vom 12. November 2001 erliess die Kasse wiederum eine Verfügung, mit welcher sie H._ erneut für 20 Tage ab 1. März 2001 in der Anspruchsberechtigung einstellte, da er durch sein Verhalten Anlass zur Auflösung des Arbeitsverhältnisses gegeben habe. D. Die dagegen erhobene Beschwerde hiess das Versicherungsgericht des Kantons Solothurn mit Entscheid vom 7. Mai 2002 gut und hob die genannte Verfügung auf. D. Die dagegen erhobene Beschwerde hiess das Versicherungsgericht des Kantons Solothurn mit Entscheid vom 7. Mai 2002 gut und hob die genannte Verfügung auf. E. Das Amt für Wirtschaft und Arbeit (AWA) des Kantons Solothurn führt Verwaltungsgerichtsbeschwerde mit dem Antrag, der kantonale Entscheid sei aufzuheben. H._ äussert sich zur Sache, ohne einen konkreten Antrag zu stellen. Das Staatssekretariat für Wirtschaft (seco) verzichtet auf eine Vernehmlassung.
Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1. 1.1 Die Vorinstanz hat die massgebenden Gesetzes- und Verordnungsbestimmungen über die Einstellung in der Anspruchsberechtigung wegen selbstverschuldeter Arbeitslosigkeit zufolge Verletzung arbeitsvertraglicher Pflichten (<ref-law> in Verbindung mit <ref-law>) zutreffend dargelegt. Darauf wird verwiesen. Zu ergänzen ist, dass das am 1. Januar 2003 in Kraft getretene Bundesgesetz über den Allgemeinen Teil des Sozialversicherungsrechts (ATSG) vom 6. Oktober 2000 im vorliegenden Fall nicht anwendbar ist, da nach dem massgebenden Zeitpunkt des Erlasses der streitigen Verfügung (hier: 12. November 2001) eingetretene Rechts- und Sachverhaltsänderungen vom Sozialversicherungsgericht nicht berücksichtigt werden (<ref-ruling> Erw. 1, 121 V 366 Erw. 1b). 1.2 Die Einstellung in der Anspruchsberechtigung wegen selbstverschuldeter Arbeitslosigkeit gemäss <ref-law> setzt keine Auflösung des Arbeitsverhältnisses aus wichtigen Gründen gemäss Art. 337 bzw. <ref-law> voraus. Es genügt, dass das allgemeine Verhalten der versicherten Person Anlass zur Kündigung bzw. Entlassung gegeben hat; Beanstandungen in beruflicher Hinsicht müssen nicht vorgelegen haben. Mithin gehören dazu auch charakterliche Eigenschaften im weiteren Sinne, die den Arbeitnehmer für den Betrieb als untragbar erscheinen lassen (<ref-ruling> Erw. 1 mit Hinweisen). Eine Einstellung in der Anspruchsberechtigung kann jedoch nur verfügt werden, wenn das der versicherten Person zur Last gelegte Verhalten klar feststeht. Bei Differenzen zwischen dem Arbeitgeber und dem Arbeitnehmer darf nicht ohne Weiteres auf ein fehlerhaftes Verhalten des Arbeitnehmers geschlossen werden, wenn der Arbeitgeber nur unbestimmte Gründe geltend zu machen vermag, für welche er keine Beweise anführen kann (<ref-ruling> Erw. 1 mit Hinweisen; Gerhards, Kommentar zum Arbeitslosenversicherungsgesetz, N. 10 ff. zu Art. 30). Art. 20 lit. b des Übereinkommens Nr. 168 der Internationalen Arbeitsorganisation (IAO) über Beschäftigungsförderung und den Schutz gegen Arbeitslosigkeit vom 21. Juni 1988 (SR 0.822.726.8) setzt zudem voraus, dass die versicherte Person vorsätzlich zu ihrer Entlassung beigetragen hat (<ref-ruling> Erw. 3b, welche Rechtsprechung gemäss den Urteilen G. vom 26. April 2001, C 380/00, und M. vom 17. Oktober 2000, C 53/00, auch im Bereich von <ref-law> anwendbar ist), wobei auch Eventualvorsatz genügt (erwähntes Urteil G.; Urteil B. vom 11. Januar 2001, C 282/00). 1.2 Die Einstellung in der Anspruchsberechtigung wegen selbstverschuldeter Arbeitslosigkeit gemäss <ref-law> setzt keine Auflösung des Arbeitsverhältnisses aus wichtigen Gründen gemäss Art. 337 bzw. <ref-law> voraus. Es genügt, dass das allgemeine Verhalten der versicherten Person Anlass zur Kündigung bzw. Entlassung gegeben hat; Beanstandungen in beruflicher Hinsicht müssen nicht vorgelegen haben. Mithin gehören dazu auch charakterliche Eigenschaften im weiteren Sinne, die den Arbeitnehmer für den Betrieb als untragbar erscheinen lassen (<ref-ruling> Erw. 1 mit Hinweisen). Eine Einstellung in der Anspruchsberechtigung kann jedoch nur verfügt werden, wenn das der versicherten Person zur Last gelegte Verhalten klar feststeht. Bei Differenzen zwischen dem Arbeitgeber und dem Arbeitnehmer darf nicht ohne Weiteres auf ein fehlerhaftes Verhalten des Arbeitnehmers geschlossen werden, wenn der Arbeitgeber nur unbestimmte Gründe geltend zu machen vermag, für welche er keine Beweise anführen kann (<ref-ruling> Erw. 1 mit Hinweisen; Gerhards, Kommentar zum Arbeitslosenversicherungsgesetz, N. 10 ff. zu Art. 30). Art. 20 lit. b des Übereinkommens Nr. 168 der Internationalen Arbeitsorganisation (IAO) über Beschäftigungsförderung und den Schutz gegen Arbeitslosigkeit vom 21. Juni 1988 (SR 0.822.726.8) setzt zudem voraus, dass die versicherte Person vorsätzlich zu ihrer Entlassung beigetragen hat (<ref-ruling> Erw. 3b, welche Rechtsprechung gemäss den Urteilen G. vom 26. April 2001, C 380/00, und M. vom 17. Oktober 2000, C 53/00, auch im Bereich von <ref-law> anwendbar ist), wobei auch Eventualvorsatz genügt (erwähntes Urteil G.; Urteil B. vom 11. Januar 2001, C 282/00). 2. Streitig und zu prüfen ist, ob der Beschwerdegegner auf Grund seines Verhaltens seinem Arbeitgeber in einstellungsrechtlich relevanter Weise Anlass zur Auflösung des Arbeitsverhältnisses gegeben hat. 2.1 Der Versicherte trat am 1. November 2000 eine Stelle als Brandschutzinspektor beim Amt X._ an. Am 8. Januar 2001 führte er ein Gespräch mit dem zuständigen Abteilungsleiter. Sodann telefonierte er am 11. und 12. Januar 2001 mit der Arbeitslosenkasse, wobei auch die Problematik der Einstellung in der Anspruchsberechtigung bei selbstverschuldeter Arbeitslosigkeit zur Sprache kam. Am 21. Januar 2001 kündigte er die erwähnte Anstellung in gegenseitigem Einvernehmen auf Ende Februar 2001. Zur Begründung führte er im Kündigungsschreiben aus, das Fachgebiet Brandschutz habe ihn bisher nicht zu fesseln vermocht. Die tägliche Arbeit scheine ihm sehr eintönig. Er könne als Brandschutzinspektor seine berufliche Befriedigung nicht finden und so auch nicht den vollen Einsatz für das Amt X._ erbringen. In der Beschwerde gegen die Verfügung vom 4. April gab er an, die Tätigkeit beim Amt X._ habe ihm nicht zugesagt, weshalb er die Situation mit dem Abteilungsleiter erörtert habe. Am Schluss des Gesprächs habe er erwähnt: "Ich hoffe, dass Sie mir nicht auf Grund dieses Gesprächs bereits per 28. Februar 2001 kündigen." 2.2 Die Verwaltung kam zum Schluss, der Beschwerdegegner habe mit seinem Verhalten dem Arbeitgeber Anlass zur Kündigung gegeben, weshalb er nach <ref-law> in der Anspruchsberechtigung einzustellen sei. Demgegenüber erwog die Vorinstanz, der Versicherte sei wohl naiv gewesen; indessen sei ihm zu glauben, dass er nicht damit gerechnet habe, dass sein Gespräch mit dem Abteilungsleiter zu einer Entlassung führen werde. Daher könne ihm weder Vorsatz noch Eventualvorsatz vorgeworfen werden, weshalb keine Einstellung auszusprechen sei. Gemäss dem Beschwerde führenden AWA hingegen sei mindestens der Eventualvorsatz zu bejahen. Wer seinem Arbeitgeber mitteile, dass ihm die Arbeit nicht gefalle, weshalb kein voller Einsatz möglich sei, müsse mit einer Entlassung rechnen. 2.3 Dem AWA ist beizupflichten. Wer, wie der Beschwerdegegner, seinen Vorgesetzten mitteilt, dass er keine Befriedigung am Arbeitsplatz finde und sich deshalb nicht voll einsetzen könne, muss damit rechnen, dass er seinem Arbeitgeber Anlass für eine Kündigung bietet. Dies gilt im vorliegenden Fall umso mehr, als die Anstellung beim Amt X._ sich noch in der Probezeit befand, während welcher es bei beiden Vertragsparteien um ein Abtasten und Kennenlernen geht, die Bindung daher lockerer ist und demzufolge eine Auflösung des Arbeitsverhältnisses schneller erfolgt als bei einer langdauernden Festanstellung. Bei seinem Vorgehen hätte der Beschwerdegegner daher wissen müssen, dass er eine Kündigung in Kauf nahm, weshalb der Eventualvorsatz zu bejahen ist. Von blosser Naivität zu sprechen, wie die Vorinstanz dies getan hat, wird dem vorliegenden Fall nicht gerecht. Zudem ist kein Grund ersichtlich, weshalb der Versicherte nicht seine Stelle als Brandschutzinspektor vorläufig hätte beibehalten können, um eine anderweitige Beschäftigung zu suchen und erst nach entsprechender Zusage beim Amt X._ zu kündigen. Dass die Arbeit beim Brandschutz unzumutbar gewesen wäre, macht der Beschwerdegegner selbst nicht geltend. 2.4 Nach <ref-law> liegt ein schweres Verschulden vor, wenn der Versicherte ohne entschuldbaren Grund eine zumutbare Arbeitsstelle ohne Zusicherung einer neuen aufgegeben hat. Rechtsprechungsgemäss kann das Verschulden unter Umständen milder beurteilt werden, wenn die Kündigung noch während der Probezeit erfolgt ist (Urteil W. vom 18. September 1998, C 199/98). Indem die Verwaltung eine Einstellung von lediglich 20 Tagen, somit im unteren Bereich des mittelschweren Verschuldens (<ref-law>), verfügt hat, trug sie dem vorliegenden Fall angemessen Rechnung.
Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: 1. In Gutheissung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird der Entscheid des Versicherungsgerichts des Kantons Solothurn vom 7. Mai 2002 aufgehoben. 1. In Gutheissung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird der Entscheid des Versicherungsgerichts des Kantons Solothurn vom 7. Mai 2002 aufgehoben. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons Solothurn, dem Amt für Wirtschaft und Arbeit des Kantons Solothurn und dem Staatssekretariat für Wirtschaft zugestellt. Luzern, 27. Januar 2003 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Der Präsident der II. Kammer: Der Gerichtsschreiber:
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A.- D._ travaillait comme concierge au service d'une communauté de copropriétaires. A ce titre, elle était assurée contre le risque d'accidents auprès de la société suisse d'assurances Elvia (ci-après : l'Elvia). Le 19 décembre 1995, la prénommée a été victime d'une agression : alors qu'elle se promenait à Genève, une femme l'a empoignée par les cheveux, l'a brusquement tirée en arrière, puis l'a faite tomber à terre en la projetant en avant, et l'a ensuite frappée sur la tête avec une poêle. D._ s'est rendue le même jour chez SOS Médecins, où le docteur P._ a diagnostiqué un traumatisme crânio-cervical sans perte de connaissance. Il a fait état de quelques discrètes nausées sans vomissements, de vertiges, de troubles d'équilibre, ainsi que de cervicalgies lors des mouvements de rotation latérale et a prescrit des analgésiques (rapport du 22 décembre 1995). Une tomodensitométrie pratiquée par le docteur B._ n'a révélé la présence d'aucune lésion osseuse au niveau du rachis cervical (rapport du 30 janvier 1996). Dans un rapport du 16 octobre 1996, le docteur H._, médecin traitant, a indiqué qu'il avait été consulté par sa patiente le 20 décembre 1995. Il a constaté, en sus du diagnostic précité, la présence d'une entorse cervicale et d'un traumatisme laryngé. Sa patiente avait été traumatisée psychologiquement; elle était abattue, anxieuse et révoltée. Il a prescrit un arrêt de travail à 100 %, du 19 décembre 1995 au 22 janvier 1996, et l'a revue régulièrement par la suite en raison de la persistance des troubles, notamment de cervicalgies et de douleurs dans la nuque (rapport du 16 octobre 1996). Le 16 juin 1997, l'employeur de D._ a annoncé une rechute. Ayant pris en charge le cas, l'Elvia a fait examiner l'assurée par le docteur R._, spécialiste en chirurgie orthopédique. Selon ce médecin, l'accident était probablement l'unique cause de l'état constaté alors (rapport du 25 juillet 1997). Dans un rapport du 30 juillet 1997, le docteur H._ a constaté l'existence d'un syndrome fibromyalgique post-traumatique et a fait état d'une incapacité de travail de deux tiers dès le 1er juillet 1997. D._ a cessé définitivement de travailler le 10 septembre 1997. Dans un rapport du 2 juillet 1998, le docteur J._, spécialiste en médecine interne et rhumatologie, mandaté par l'Elvia, a constaté l'existence d'un syndrome fibromyalgique se caractérisant par des migraines, un état dépressif, des insomnies, une colopathie fonctionnelle et une fatigue chronique. Ce syndrome ne pouvait pas être la conséquence d'un traumatisme. Selon lui, seule une expertise psychiatrique avec un examen neurologique était à même de déterminer si l'accident pouvait avoir causé un éventuel état de stress post-traumatique (ci-après : ESP). Ce médecin proposait de confier l'examen de cette question au docteur F._, spécialiste en psychiatrie et psychothérapie. Selon le docteur J._, si le diagnostic d'ESP n'était pas retenu, on ne pourrait pas considérer que le syndrome fibromyalgique et l'état anxio-dépressif présentés par D._ sont en relation de causalité avec l'accident. Dans un rapport du 22 septembre 1998, les docteurs B._ et E._, respectivement chef de clinique et médecin assistant à la Policlinique et clinique de neurologie des Hôpitaux Universitaires (ci-après : HUG), ont constaté que la prénommée présentait un ESP lié à l'agression. Une IRM pratiquée aux HUG le 29 septembre 1998 n'a révélé aucune anomalie décelable. Le 1er octobre 1998, la prénommée a subi un examen neuropsychologique aux HUG, dont il ressort que le tableau présenté (manque du mot important, lenteur d'exécution, dissociation des rendements dans certaines épreuves) suggère fortement une atteinte des structures temporales gauches (rapport du 6 octobre 1998 du docteur M._, neuropsychologue, et de G._, psychologue stagiaire). Dans un rapport du 12 octobre 1998, le docteur F._ a exclu formellement toute atteinte cérébro-organique, tout trouble de l'adaptation post-traumatique pour ne retenir qu'un état dépressif majeur de degré léger. Selon lui l'accident a agi comme le simple révélateur d'un terrain extrêmement précaire; le lien de causalité naturelle entre l'événement traumatique du 19 décembre 1995 et les troubles psychiques actuels ne pouvait pas être reconnu. Se fondant sur les rapports d'expertise des docteurs J._ et F._, par décision du 3 novembre 1998, l'Elvia a mis fin à ses prestations à partir du 31 août 1998. D._ a formé opposition à cette décision. Elle a produit un rapport du 26 novembre 1998 de la doctoresse X._, médecin-chef de la Clinique, spécialiste en neurologie et médecin traitant, selon lequel les douleurs et différentes pathologies dont elle souffrait étaient très certainement dues à l'agression. Par décision du 22 avril 1999, l'Elvia a écarté l'opposition. B.- Par jugement du 15 février 2000, le Tribunal administratif de la République et canton de Genève a rejeté le recours formé par l'assurée contre la décision sur opposition de l'Elvia. C.- D._ interjette recours de droit administratif contre ce jugement dont elle requiert l'annulation, en sollicitant, préalablement la mise en oeuvre d'une nouvelle expertise (neurologique). Elle conclut, principalement, au maintien du droit à des prestations de l'assurance-accidents au-delà du 31 août 1998 et, subsidiairement, à ce qu'elle soit admise à acheminer à prouver par toutes voies de droit les faits allégués dans son recours. L'Elvia conclut au rejet du recours. La caisse-maladie Intras, à laquelle est affiliée D._, de même que l'Office fédéral des assurances sociales, ont renoncé à se déterminer.
Considérant en droit : 1.- Le litige porte sur le droit de la recourante à des prestations de l'Elvia au-delà du 31 août 1998, au titre de l'assurance-accidents. 2.- La recourante demande à titre préalable la mise en oeuvre d'une expertise médicale. Cette requête doit être rejetée. En effet, le dossier médical est très fourni et contient tous les éléments nécessaires à la Cour de céans pour trancher en connaissance de cause le présent litige. 3.- Les premiers juges ont correctement rappelé les règles jurisprudentielles applicables en matière de causalité naturelle, de sorte qu'il peut y être renvoyé. a) Pour l'essentiel, la recourante leur reproche d'avoir écarté sans motif valable les conclusions de ses médecins traitants, les docteurs H._ et D._, de même que celles des neurologues et du neuropsychologue des HUG (consultés par la recourante à la demande du docteur H._), au profit de celles des docteurs J._ et F._. Ce grief n'est pas fondé. b) Désignés d'entente entre les parties comme experts, les docteurs J._ et F._ ont en effet rendu des conclusions dont la valeur probante n'est pas contestable, dès lors qu'elles sont fondées sur une anamnèse détaillée et des examens complets et qu'elles prennent pleinement en considération les plaintes de l'assurée et les autres avis médicaux au dossier (cf. <ref-ruling> consid. 3, 122 V 160 consid. 1c et les références). Selon les deux experts, les atteintes à la santé physique (docteur J._) et psychique (docteur F._) dont souffre actuellement la recourante ne sont pas en relation de causalité avec l'accident. Plus spécifiquement, le docteur J._ a précisé que si le syndrome d'ESP n'était pas retenu par le spécialiste en psychiatrie, dont il avait réservé l'appréciation, on ne pourrait considérer que le syndrome fibromyalgique et l'état anxio-dépressif sont en relation de causalité avec l'accident. Or, le docteur F._ a exclu sans ambiguïté tout trouble de l'adaptation post-traumatique et tout lien de causalité naturelle entre les affections psychiques actuelles de la recourante et l'événement accidentel du 19 décembre 1995. L'avis du docteur H._, exprimé par lettre du 21 octobre 1998 au docteur F._ - selon lequel le rapport de l'expert était en totale contradiction avec celui des neurologues des HUG et devrait être considéré comme «irrecevable», si l'IRM pratiquée le 29 septembre 1998 mettait en évidence d'éventuelles lésions post-traumatiques au niveau temporal gauche - n'est plus déterminant dès lors que l'IRM n'a permis de déceler aucune anomalie. Au contraire, les résultats de l'IRM renforcent encore, si besoin était, la valeur probante des conclusions du docteur F._ au détriment de celles du docteur H._ et des neurologues des HUG, les docteurs B._ et E._ (dont le rapport, au demeurant, est très peu motivé). Par ailleurs, l'existence d'une éventuelle atteinte aux structures temporales gauches, suspectée par le docteur M._, a également été infirmée par les résultats de l'IRM du 29 septembre 1998. Quant au rapport de la doctoresse D._ du 26 no- vembre 1996, il n'est pas motivé, ce médecin se bornant à répondre par un (voire deux) mots aux questions du mandataire de la recourante. Dans ces circonstances, l'existence d'un lien de causalité naturelle entre l'accident du 19 décembre 1995 et les troubles physiques et psychiques présentés par la recourante au-delà du 31 août 1998 (date se situant à michemin entre celles des deux rapports d'expertise) n'est pas établie. Sur le vu de ce qui précède, le recours est mal fondé.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances p r o n o n c e : I. Le recours est rejeté. II. Il n'est pas perçu de frais de justice ni alloué de dépens. III. Le présent arrêt sera communiqué aux parties, au Tribunal administratif de la République et canton de Genève, à la Caisse Maladie INTRAS et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 15 septembre 2000 Au nom du Tribunal fédéral des assurances Le Président de la IIIe Chambre : La Greffière :
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2,007
de
Sachverhalt: A. A._ (Beschwerdegegner) trat am 1. Mai 2006 bei der X._ AG (Beschwerdeführerin) eine Stelle als Facharzt für Anästhesie mit einem Pensum von 80 % an. Am 15. Mai 2006 fand zwischen dem Beschwerdegegner und dem Verwaltungsratspräsidenten der Beschwerdeführerin eine Besprechung statt. Per E-Mail vom 16. Mai 2006 teilte der Beschwerdegegner der Beschwerdeführerin mit, er wolle nicht, dass sein Name für Inserate im Zusammenhang mit der geplanten Schmerzklinik verwendet werde und halte das Inserat zum jetzigen Zeitpunkt für verfrüht und kontraproduktiv. Die Chance für einen späteren geordneten Aufbau der Schmerzklinik werde vertan. B. Mit Schreiben vom 22. Mai 2006, noch innerhalb der Probezeit, löste die Beschwerdeführerin den Vertrag mit dem Beschwerdegegner auf den 31. Mai 2006 auf. Der Verwaltungsratspräsident führte zur Begründung aus, er habe sich vorgestellt, dass der Beschwerdegegner neben seiner 80 % Tätigkeit als Anästhesiearzt die Schmerztherapie in einer 20 % Tätigkeit in der Klinik und für die Belegärzte übernehmen werde. Leider habe er nach einer Sitzung feststellen müssen, dass der Beschwerdegegner mit der Vorgehensweise und dem Zeitpunkt des Beginns der Schmerztherapie nicht einverstanden sei. Da man nicht die Zeit habe, noch einige Monate zu warten, und im Juni 2006 mit der Schmerztherapie starten möchte, kam der Verwaltungsratspräsident zum Schluss, die Stelle entspreche nicht der Vorstellung der Parteien, so dass man sich für eine andere Lösung entschieden habe. C. Am 14. Juli 2006 reichte der Beschwerdegegner beim Arbeitsgericht Rorschach Klage ein und verlangte von der Beschwerdeführerin als Entschädigung wegen missbräuchlicher Kündigung Fr. 26'800.--, entsprechend zwei Monatslöhnen, nebst Zins. Während das Arbeitsgericht die Klage abwies, sprach das Kantonsgericht St. Gallen dem Beschwerdegegner am 21. August 2007 in teilweiser Gutheissung der kantonalen Berufung Fr. 20'000.-- nebst Zins zu. Die Beschwerdeführerin erhebt gegen diesen Entscheid Beschwerde in Zivilsachen und beantragt dem Bundesgericht im Wesentlichen, die Klage abzuweisen. Der Beschwerdegegner schliesst auf kostenfällige Abweisung der Beschwerde.
Erwägungen: 1. Mit Fr. 26'800.-- übersteigt der Streitwert die für die Zulässigkeit der Beschwerde in Zivilsachen in arbeitsrechtlichen Fällen vorgesehene Grenze von Fr. 15'000.-- (<ref-law>), so dass sich die Beschwerde unter diesem Gesichtspunkt als zulässig erweist. 1.1 Die Beschwerde in Zivilsachen ist gegen Entscheide letzter kantonaler Instanzen zulässig (<ref-law>). Das setzt voraus, dass die vor Bundesgericht erhobenen Rügen mit keinem kantonalen Rechtsmittel hätten geltend gemacht werden können. Nach Art. 237 Abs. 1 lit. a des Zivilprozessgesetzes vom 20. Dezember 1990 (sGS 961.2; ZPO/SG) unterliegen Urteile, Erledigungsbeschlüsse und Teilentscheide des Kantonsgerichtes St. Gallen grundsätzlich der Nichtigkeitsbeschwerde an das Kassationsgericht. In Angelegenheiten, in denen der Streitwert Fr. 30'000.-- nicht übersteigt oder das Bundesrecht ein einfaches, rasches Verfahren vorschreibt (vgl. <ref-law>), ist die Nichtigkeitsbeschwerde indessen ausgeschlossen (Art. 238 lit. a und c ZPO/SG; vgl. Leuenberger/Uffer-Tobler, Kommentar zur Zivilprozessordnung des Kantons St. Gallen, N. 3 zu <ref-law>/SG). Der angefochtene Entscheid erweist sich mithin als letztinstanzlich. 1.2 Nach <ref-law> legt das Bundesgericht seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Abs. 1). Es kann diese Sachverhaltsfeststellung von Amtes wegen berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruht (Abs. 2). Die Voraussetzungen für eine Sachverhaltsrüge nach <ref-law> und für eine Berichtigung des Sachverhalts von Amtes wegen nach <ref-law> stimmen im Wesentlichen überein. Soweit es um die Frage geht, ob der Sachverhalt willkürlich oder unter verfassungswidriger Verletzung einer kantonalen Verfahrensregel ermittelt worden ist, sind strenge Anforderungen an die Begründungspflicht der Beschwerde gerechtfertigt. Entsprechende Beanstandungen sind nach Massgabe von <ref-law> zu begründen. Demzufolge genügt es nicht, einen von den tatsächlichen Feststellungen der Vorinstanz abweichenden Sachverhalt zu behaupten. Vielmehr ist in der Beschwerdeschrift nach den erwähnten gesetzlichen Erfordernissen darzulegen, inwiefern diese Feststellungen willkürlich bzw. unter Verletzung einer verfahrensrechtlichen Verfassungsvorschrift zustande gekommen sind. Andernfalls können Vorbringen mit Bezug auf einen Sachverhalt, der von den Feststellungen im angefochtenen Entscheid abweicht, nicht berücksichtigt werden. Vorbehalten bleiben offensichtliche Sachverhaltsmängel im Sinne von <ref-law>, die dem Richter geradezu in die Augen springen (<ref-ruling> E. 1.4.3 S. 254 f.). 1.3 Dies verkennt insbesondere der Beschwerdegegner, der dem Bundesgericht in seiner Beschwerdeantwort ohne substantiierte Sachverhaltsrüge einen Sachverhalt unterbreitet, der in verschiedenen Punkten über die tatsächlichen Feststellungen im angefochtenen Entscheid hinausgeht. Damit ist er nicht zu hören. 2. Die Vorinstanz hielt fest, es sei der Beschwerdeführerin bei der Anstellung bekannt gewesen, dass der Beschwerdegegner zumindest vorübergehend neben der Tätigkeit bei der Beschwerdeführerin noch einer anderen Arbeit nachging. Beim Anstellungsgespräch sei über die Aufnahme einer Tätigkeit im Bereich des Schmerzzentrums gesprochen worden, ohne dass dem Beschwerdegegner dafür ein definitiver Termin zugesichert worden sei. Dieser sei dem Beschwerdegegner erst später durch den Verwaltungsratspräsidenten mitgeteilt worden. Trotzdem habe die Beschwerdeführerin beim Beschwerdegegner das Vertrauen geweckt, dass er noch eine bestimmte, länger als einen Monat dauernde Periode teilzeitlich beschäftigt sein würde. Der Beschwerdegegner habe nicht damit rechnen müssen, dass von ihm so rasch erwartet würde, der Beschwerdeführerin zusätzliche Kapazität zur Verfügung zu stellen, zumal die Beschwerdeführerin wusste, dass er die restlichen 20 % einer anderen entgeltlichen Tätigkeit nachging, deren Beendigung in der Regel nicht so rasch möglich, jedenfalls aber nicht zumutbar sei. Aus diesen Gründen erachtete es die Vorinstanz für widersprüchlich und damit missbräuchlich, wenn die Beschwerdeführerin trotz des erweckten Vertrauens die Kündigung aussprach, als der Beschwerdegegner nicht zu einer sofortigen Aufstockung seiner Tätigkeit bereit war. 3. Die Beschwerdeführerin rügt zunächst eine offensichtlich unrichtige Feststellung des Sachverhaltes. Ihre Geschäftsführerin habe ausgesagt, sie habe dem Beschwerdegegner beim Anstellungsgespräch mitgeteilt, dass es bezüglich des Schmerzzentrums noch eine Sitzung geben werde, an welcher der Verwaltungsratspräsident entscheiden werde, wann es definitiv losgehe, so dass der Beschwerdegegner nicht auf die Beständigkeit der Teilzeitabrede habe vertrauen können. Dieser Argumentation kann nicht gefolgt werden. Die Vorinstanz ging davon aus, dem Beschwerdegegner sei kein bestimmter Termin zugesichert worden. Dies deckt sich mit der zitierten Aussage. Das ändert aber nichts daran, dass die Beschwerdeführerin wusste, dass der Beschwerdegegner einer anderen Arbeit nachging. Dass er ihr binnen kürzester Zeit (zwei Wochen) zu 100 % zur Verfügung stehen könnte, durfte sie unter diesen Umständen nicht erwarten. Da die Beschwerdeführerin beim Abschluss des Vertrages über eine 80 %-ige Anstellung nicht darauf hinwies, dass er sich allenfalls schon in wenigen Wochen für eine Aufstockung der Tätigkeit bereit halten müsse, durfte der Beschwerdegegner darauf vertrauen, dass die Eröffnung der Schmerzklinik in einem zeitlichen Rahmen festgesetzt wird, der ihm eine Anpassung seiner Arbeitssituation erlaubt. Sein Wissen darum, dass die Bestimmung des Zeitpunkts, ab welchem das Schmerzzentrum operativ werden sollte, noch ausstand, ändert daran nichts. Die Ausführungen der Vorinstanz sind nicht nur nicht offensichtlich unrichtig, sondern sie treffen offensichtlich zu, so dass unter diesem Gesichtspunkt nicht massgeblich ist, dass es sich dabei nicht um eine tatsächliche Feststellung handelt, wie die Beschwerdeführerin anzunehmen scheint, sondern vielmehr um die Auslegung der Erklärung der Beschwerdeführerin nach dem Vertrauensprinzip, welche das Bundesgericht als Rechtsfrage frei überprüft (<ref-ruling> E. 2.2.1 S. 67). 4. Die Beschwerdeführerin beruft sich auf die Bestimmungen im Reglement/Arbeitsbedingungen, wonach dem Mitarbeiter längerfristig eine andere als die vertraglich vereinbarte Arbeit zugewiesen, beziehungsweise ihm zusätzliche Aufgaben übertragen werden können, soweit dadurch der Rahmen des Zumutbaren nicht überschritten wird. Daraus kann die Beschwerdeführerin nichts für ihren Standpunkt ableiten. Die Vorinstanz hält zu Recht fest, dass es dabei um die Zuteilung von Arbeit im Rahmen der vereinbarten 80 % geht und nicht um eine Ausweitung der Tätigkeit in prozentualer Hinsicht. Aus diesem Grund hilft der Beschwerdeführerin auch der Hinweis, der Beschwerdegegner habe sich ja bereits während der ersten drei Wochen teilweise zur Behandlung von Schmerzpatienten bereit erklärt, nichts, da nicht festgestellt ist, dass er damit sein 80 % Pensum überschritten hätte. 5. Entgegen der Auffassung der Beschwerdeführerin trifft nicht zu, dass die Vorinstanz die Kündigung nur bezüglich des allzu frühen Beginns der Schmerztherapie beurteilt hat, obwohl die Kündigung auch damit begründet worden sei, dass der Beschwerdegegner mit dem gesamten Vorgehen des Verwaltungsratspräsidenten und der weiteren Beteiligten in Bezug auf das zu errichtende Schmerzzentrum nicht einverstanden war. Die Vorinstanz erwähnt in ihrem Entscheid vielmehr beide Begründungen. Sie hält aber gestützt auf das Kündigungsschreiben, wonach die Beschwerdeführerin leider keine Zeit habe, noch einige Monate zu warten, und mit der Schmerztherapie im Juni 2006 starten wolle, für erwiesen, dass der temporale Aspekt als gewichtigeres Element erscheint. Der Einfluss der unterschiedlichen Kündigungsgründe ist eine Frage der natürlichen Kausalität und damit grundsätzlich der tatsächlichen Feststellung der Vorinstanz (<ref-ruling> E. 4.1 S. 702 f.). Inwiefern diese Feststellung offensichtlich unzutreffend sein soll, legt die Beschwerdeführerin nicht einmal ansatzweise dar und genügt damit ihrer Begründungspflicht bezüglich Kritik an den tatsächlichen Feststellungen der Vorinstanz nicht. Auf die Vorbringen ist nicht einzugehen. 6. Die Beschwerdeführerin macht geltend, die Vorinstanz begründe die Rechtsmissbräuchlichkeit der Kündigung ausschliesslich mit einer inneren Tatsache, nämlich mit dem Vertrauen des Beschwerdegegners in die Beständigkeit der Teilzeitabrede. Da diese innere Tatsache der Beschwerdeführerin nicht bekannt gewesen sei, könne ihr auch kein rechtsmissbräuchliches Verhalten vorgeworfen werden, sei doch die Rechtsmissbräuchlichkeit subjektiv zu beurteilen. Dieser Einwand ist nicht nachvollziehbar. Da der Beschwerdegegner nach Treu und Glauben aus dem Verhalten der Beschwerdeführerin, die mit einem 80 % Pensum einverstanden war und um die anderweitige Tätigkeit des Beschwerdegegners wusste, auf eine gewisse Beständigkeit des Teilzeitarbeitsverhältnisses schliessen durfte (vgl. E. 3 hiervor), muss sich die Beschwerdeführerin bei diesem Verständnis behaften lassen. Sie verhält sich widersprüchlich, wenn sie die Kündigung ausspricht, weil sich der Beschwerdegegner nicht bereits nach einem Monat zu einer Aufstockung des vereinbarten Arbeitspensums bereit findet. Ob sie sich tatsächlich darüber im Klaren war, welche Bedeutung der Beschwerdegegner ihrer Erklärung beimass, spielt im Rahmen der Auslegung ihres Verhaltens nach dem Vertrausensprinzip, die greift wenn sich nicht nachweisen lässt, in welchem Sinne sich die Parteien tatsächlich übereinstimmend verstanden haben (<ref-ruling> E. 2.2.1 S. 67), keine Rolle (Kramer, Berner Kommentar, N. 126 zu <ref-law>). 7. Die Beschwerdeführerin ist der Auffassung, selbst wenn der Kündigung ein gewisses Willkürelement anhaften würde, vermöchte dies keine Rechtsmissbräuchlichkeit nach <ref-law> zu begründen, da diese Bestimmung während der Probezeit nur zurückhaltend anzuwenden sei. 7.1 Ob der sachliche Kündigungsschutz auch während der Probezeit greift, wird in der Lehre uneinheitlich beurteilt (für eine Anwendung: Staehelin, Zürcher Kommentar, N. 8 zu <ref-law>; Vischer, Der Arbeitsvertrag, 3. Aufl., in: Schweizerisches Privatrecht VII/4, S. 234; Streiff/von Kaenel, Der Arbeitsvertrag, 6. Aufl., N. 9 zu <ref-law>, je mit Hinweisen; dagegen Troxler, Der sachliche Kündigungsschutz nach Schweizer Arbeitsvertragsrecht, Diss. Basel 1992, S. 36 ff.; Brand/Dürr/Gutknecht/Platzer/Schnyder/Stampfli/Wanner, Der Einzelarbeitsvertrag im Obligationenrecht, N. 1 und 5 zu <ref-law>). Das Bundesgericht hat die Frage nicht abschliessend beurteilt (Urteile des Bundesgerichts 4A_281/2007 vom 18. Oktober 2007, E. 5.2 am Ende; 4C.272/1993 vom 6. Januar 1994, E. 2 mit Hinweisen; vgl. auch Urteil des Bundesgerichts C.265/1984 vom 2. Oktober 1984, E. 5, publ. in SJ 1986 S. 295 f.). Es hat allerdings festgehalten, für den Fall, dass der Kündigungsschutz zur Anwendung kommen sollte, sei nur mit Zurückhaltung auf die Missbräuchlichkeit der Kündigung zu schliessen (zit. Urteil 4A_281/2007, E. 5.2 am Ende; ebenso Wyler, Droit du travail, S. 332). Der Schutz vor missbräuchlichem Verhalten ergibt sich indessen bereits aus dem allgemeinen Rechtsmissbrauchsverbot (Staehelin, a.a.O., N. 8 zu <ref-law>), das durch <ref-law> konkretisiert wird, wobei die Aufzählung in <ref-law> nicht abschliessend ist (<ref-ruling> E. 2.1 S. 116 f. mit Hinweisen). Selbst Troxler, der die Anwendung des sachlichen Kündigungsschutzes grundsätzlich ablehnt, anerkennt Ausnahmen, namentlich wenn eine Kündigung während der Probezeit ausgesprochen wird, um Ansprüche des Arbeitnehmers zu vereiteln oder wenn sie als Reaktion auf in guten Treuen erhobene Ansprüche aus dem Arbeitsverhältnis erfolgt (Troxler, a.a.O., S. 45). Soweit die Lehre die Missbrauchsbestimmungen nicht oder nur einschränkend zur Anwendung kommen lassen will, rechtfertigt sie dies mit Hinweis auf den Sinn und Zweck der Probezeit (Brand/Dürr/Gutknecht/Platzer/Schnyder/Stampfli/Wanner, a.a.O., N. 1 zu <ref-law>; Troxler, a.a.O., S. 36 ff.; Streiff/von Kaenel, a.a.O., N. 9 zu <ref-law>; Wyler, a.a.O., S. 332). Damit ist grundsätzlich davon auszugehen, dass auch eine Kündigung während der Probezeit missbräuchlich sein kann. Zu prüfen bleibt aber im Einzelfall, ob die Kündigung, welche einen Tatbestand nach <ref-law> erfüllt oder sonst in einem gewöhnlichen Arbeitsverhältnis als missbräuchlich angesehen würde, mit Blick auf den durch die Probezeit verfolgten Zweck zulässig erscheint. 7.1.1 Die Probezeit soll den Parteien die Möglichkeit bieten, einander kennenzulernen, was zur Schaffung eines Vertrauensverhältnisses notwendig ist (Vischer, a.a.O., S. 234). Sie erlaubt den Parteien abzuschätzen, ob sie die gegenseitigen Erwartungen erfüllen (vgl. <ref-ruling> E. 2a), und sie werden in die Lage versetzt, über die in Aussicht genommene langfristige Bindung in Kenntnis der konkreten Umstände zu urteilen (<ref-ruling> E. 3.1 S. 125 f. mit Hinweisen; vgl. auch Urteile des Bundesgerichts RK.2/2005 vom 5. Oktober 2005, E. 4.3; 4C.272/1993 vom 6. Januar 1994, E. 2). Das Recht, während der Probezeit mit verkürzter Frist zu kündigen, ist ein Ausfluss der Vertragsfreiheit (vgl. Troxler, a.a.O., S. 38). Bei Abschluss des Vertrages liegt es grundsätzlich im Belieben des Arbeitgebers, welchen von mehreren Kandidaten er einstellen will. Ebenso entscheidet der Arbeitnehmer frei, für welche Arbeitsstelle er sich bewirbt. Nach <ref-law> wirkt diese Abschlussfreiheit in die Probezeit nach, indem die Parteien grundsätzlich den Entscheid über eine langfristige Bindung aufgrund der in der Probezeit gewonnenen Erkenntnisse frei treffen können. Soweit sich die Kündigung an diesem Zweck der Probezeit orientiert, ist allein darin, dass ihr etwas "Willkürliches" anhaftet, in der Tat kein Rechtsmissbrauch zu erblicken. Die zulässige "Willkür" entspricht der Freiheit der Parteien, darüber zu entscheiden, ob sie sich langfristig binden wollen (zit. Urteil des Bundesgerichts C.265/1984, E. 5; vgl. Wyler, a.a.O., S. 332; Streiff/von Kaenel, a.a.O., N. 9 zu <ref-law>). 7.1.2 Der zu beurteilende Fall liegt indessen anders. Die Beschwerdeführerin wusste bei Vertragsabschluss, dass der Beschwerdegegner zu 20 % für einen anderen Arbeitgeber tätig war. Es musste ihr klar sein, dass dem Beschwerdegegner eine sofortige Aufgabe dieser Tätigkeit kaum möglich oder zumutbar sein würde. Indem die Beschwerdeführerin in den Vertragsverhandlungen lediglich eine Pensumsaufstockung in unbestimmter Zukunft thematisierte, gab sie dem Beschwerdegegner nach Treu und Glauben zu verstehen, dass seine anderweitige Tätigkeit, die einem sofortigen Ausbau seiner Arbeit für die Beschwerdeführerin entgegenstand, keinen Hinderungsgrund für dessen Anstellung bildete. Wenn sie dennoch umgehend wegen der mangelnden sofortigen Verfügbarkeit des Beschwerdegegners kündigte, liegt darin nicht eine vom Zweck der Probezeit erfasste, "zulässige Willkür", sondern ein Verhalten, das im Widerspruch zu erwecktem Vertrauen steht und keinen Rechtsschutz verdient (vgl. Troxler, a.a.O., S. 38), zumal es nicht in Erkenntnissen gründet, die erst aufgrund der Arbeit während der Probezeit gewonnen wurden. Die Kündigung erfolgte zudem als Reaktion darauf, dass der Beschwerdegegner seinen Anspruch auf die vorläufige Einhaltung der vertraglich vereinbarten Arbeitszeit von 80 % geltend gemacht hatte (vgl. Troxler, a.a.O., S. 45). Damit hat die Vorinstanz die Kündigung zu Recht als missbräuchlich qualifiziert. 8. Schliesslich ist die Beschwerdeführerin der Auffassung, die Entschädigung von Fr. 20'000.-- sei zu hoch. Angesichts der speziellen Situation (Probezeit, lediglich drei Arbeitswochen, wegweisender Entscheid für die Zukunft der Klinik), sei einem allfälligen rechtsmissbräuchlichen Verhalten der Beschwerdeführerin mit Fr. 5'000.-- hinreichend Rechnung getragen. 8.1 <ref-law> sieht als Sanktion für eine missbräuchliche Kündigung eine Strafzahlung von maximal sechs Monatslöhnen vor. Sie hat sich entscheidend nach der Schwere des Eingriffs in die Persönlichkeit der gekündigten Partei, der Enge der vertraglichen Beziehungen sowie der Art und Weise der Kündigung des vertraglichen Verhältnisses zu richten (<ref-ruling> E. 6a S. 255, 391 E. 3c S. 394, je mit Hinweisen). 8.2 Die Höhe der Entschädigung wird vom Sachgericht nach pflichtgemässem Ermessen auf Grund der Umstände des Einzelfalles festgesetzt (<ref-ruling> E. 6a S. 255, 391 E. 3c S. 394, je mit Hinweisen). Ermessensentscheide überprüft das Bundesgericht im Rahmen der Beschwerde in Zivilsachen grundsätzlich frei. Es übt dabei aber Zurückhaltung und schreitet nur ein, wenn die Vorinstanz grundlos von in Lehre und Rechtsprechung anerkannten Grundsätzen abgewichen ist, wenn sie Tatsachen berücksichtigt hat, die für den Entscheid im Einzelfall keine Rolle hätten spielen dürfen, oder wenn sie umgekehrt Umstände ausser Betracht gelassen hat, die zwingend hätten beachtet werden müssen. Ausserdem greift das Bundesgericht in Ermessensentscheide ein, falls sich diese als offensichtlich unbillig, als in stossender Weise ungerecht erweisen (<ref-ruling> E. 4.1 S. 508; <ref-ruling> E. 2 S. 382, je mit Hinweisen). 8.3 Der Gesetzgeber hat als Referenzgrösse den Monatslohn des Arbeitnehmers angegeben. Die Fr. 20'000.-- dürfen daher nicht davon losgelöst betrachtet werden. Der Beschwerdegegner hat nach den Feststellungen der Vorinstanz ursprünglich zwei Monatslöhne gefordert, entsprechend Fr. 26'800.--. Diesen Betrag hat die Vorinstanz gerade mit Hinweis auf die Probezeit und die kurze Tätigkeit von nur rund drei Wochen (zur Frage, ob die Dauer des Arbeitsverhältnisses überhaupt zu berücksichtigen ist, vgl. <ref-ruling> E. 6a S. 256 mit Hinweisen) unterschritten. Sie hat diese von der Beschwerdeführerin angeführten Tatsachen also nicht ausser Acht gelassen. Was die Beschwerdeführerin unter dem "wegweisenden Entscheid für die Zukunft" versteht und was sich daraus zu ihren Gunsten ableiten lassen sollte, legt sie nicht dar. Soweit sie sich auf die Notwendigkeit der Eröffnung der Schmerzklinik bezieht, wirkt sich der Aspekt nicht zu ihren Gunsten aus. Sie hat dem Beschwerdegegner mitgeteilt, dass die Entscheidung über den Zeitpunkt der Eröffnung der Schmerzklinik bevorstand. War sie darauf angewiesen, dass der angestellte Arzt binnen kürzester Frist seine Tätigkeit um 20 % erhöhen kann, ist nicht nachvollziehbar, dass sie beim Anstellungsgespräch nicht darauf hinwies (vgl. E. 3 hiervor). 8.4 Wenngleich die Entschädigung eher hoch angesetzt ist, erscheint der angefochtene Entscheid nicht als offensichtlich unbillig oder in stossender Weise ungerecht, namentlich im Hinblick darauf, dass der Beschwerdegegner angeboten hat, im Rahmen seiner 80 % Tätigkeit einzelne Schmerzpatienten zu behandeln. Die Auflösung des Arbeitsverhältnisses ist somit ausschliesslich von der Beschwerdeführerin zu verantworten. Hinzu kommt, dass der Beschwerdegegner nach den Feststellungen der Vorinstanz seine frühere unselbständige Tätigkeit eingeschränkt hatte, wodurch die Kündigung einschneidende Wirkungen zeitigte, was bei der Bemessung der Entschädigung zu berücksichtigen war. Die Beschwerdeführerin zeigt nicht auf, und es ist auch nicht ersichtlich, dass die Vorinstanz zu ihren Lasten Umstände berücksichtigt hätte, die keine Rolle hätten spielen dürfen. Somit besteht für das Bundesgericht kein Anlass, in das weite Ermessen der Vorinstanz einzugreifen. 9. Die Beschwerde erweist sich insgesamt als unbegründet und ist abzuweisen, soweit darauf einzutreten ist. Dem Ausgang des Verfahrens entsprechend wird die Beschwerdeführerin kosten- und entschädigungspflichtig (Art. 66 Abs. 1 und 68 Abs. 2 BGG). Da es sich um eine Streitigkeit aus einem Arbeitsverhältnis mit einem Streitwert von unter Fr. 30'000.-- handelt, kommt gemäss <ref-law> nur eine reduzierte Gerichtsgebühr in Ansatz. Hingegen ist die volle Parteientschädigung geschuldet.
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 800.-- wird der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Die Beschwerdeführerin hat den Beschwerdegegner für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 2'500.-- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Kantonsgericht St. Gallen, III. Zivilkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 28. November 2007 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Corboz Luczak
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2,012
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Sachverhalt: A. Der 1967 geborene F._ arbeitete nach einer abgebrochenen Gipserlehre während einiger Jahre als Maurer und Chauffeur. Im Herbst 1988 trat er in die Firma Q._ AG ein, wo er zunächst als Kundenberater, später als Verkaufskoordinator im Bereich Derivatehandel und schliesslich als Mitglied der Geschäftsleitung (Head of Investment Consulting) tätig war. Im Herbst 2009 verlor er seine Stelle, weil die betreffende Abteilung geschlossen wurde. Am 11. September 2009 meldete sich F._ mit Hinweis auf eine Diskushernie und eine psychische Erkrankung bei der Invalidenversicherung an. Die IV-Stelle des Kantons Aargau klärte den medizinischen und erwerblichen Sachverhalt ab. Am 29. Dezember 2010 erliess die Verwaltung eine Verfügung, mit welcher sie einen Anspruch auf berufliche Massnahmen (Umschulung) mangels Invalidität verneinte. Mit Verfügung vom 6. Januar 2011 sprach sie F._ für die Zeit von März bis August 2010 eine ganze Rente zu. B. Das Versicherungsgericht des Kantons Aargau wies die gegen die Verfügung vom 6. Januar 2011 erhobene Beschwerde ab (Entscheid vom 1. November 2011). C. F._ lässt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten führen mit dem Rechtsbegehren, angefochtener Entscheid und strittige Verfügung seien aufzuheben und sei ihm über den 31. August 2010 hinaus eine Invalidenrente zuzusprechen. Eventuell sei die Sache zur Ermittlung des richtigen medizinischen Sachverhaltes und zu neuer Entscheidung an die Vorinstanz zurückzuweisen; subeventuell sei über seinen Gesundheitszustand ein Gutachten zu erstellen.
Erwägungen: 1. 1.1 Das kantonale Gericht stellte massgeblich auf ein Gutachten der Klinik X._ vom 17. Mai 2010 (Dr. L._, Psychiatrie, und Prof. M._, Neurologie) ab, gemäss welchem belastende Lebensumstände eine depressiv-ängstliche Anpassungsstörung hervorgerufen hätten, die inzwischen vollständig abgeklungen sei; die Leistungsfähigkeit des Beschwerdeführers sei aus psychiatrischer Sicht nicht vermindert. Auch aus einem Gutachten des Regionalen Ärztlichen Dienstes (RAD) gehe hervor, dass die bei der Untersuchung vom 26. Mai 2010 festgestellte leichte depressive Episode nur noch durch den Umstand aufrecht erhalten werde, dass der Versicherte über keine Stelle mehr verfüge, nachdem er diese infolge betrieblicher Restrukturierungsmassnahmen verloren habe. 1.2 Der Beschwerdeführer begründet einen über August 2010 hinausreichenden Anspruch auf eine Invalidenrente damit, die vorinstanzliche Beweiswürdigung sei willkürlich. Das kantonale Gericht habe ausserdem den Untersuchungsgrundsatz (Art. 61 lit. c ATSG) verletzt. Im Einzelnen macht der Beschwerdeführer geltend, die Expertise der Klinik X._ vom 17. Mai 2010, bei welcher es sich um ein Parteigutachten zuhanden des Taggeldversicherers handle, weise verschiedene Mängel auf: So sei der mitunterzeichnende Dr. L._ im Zeitpunkt der psychiatrischen Exploration sowie der Verfertigung des Gutachtens nicht Mitarbeiter der betreffenden Klinik gewesen. Angesichts der unter der Signatur platzierten blossen Angabe "Psychiatrie" sei davon auszugehen, dass Dr. L._ keinen Facharzttitel besitze und daher nicht in der Lage sei, die Berichte des behandelnden Facharztes für Psychiatrie zu beurteilen. Der ebenfalls als Gutachter fungierende Prof. M._ sei Neurologe; zudem habe er den Beschwerdeführer nie gesehen und konsiliarisch beurteilt. Insgesamt könne nicht von einem - hier erforderlichen - psychiatrischen Gutachten gesprochen werden. Hinzu kämen Mängel wie derjenige, dass belastende krankheitsrelevante Faktoren (gesundheitliche Probleme des Beschwerdeführers im Jahr 2009, Krebserkrankung seiner Ehefrau, Stellenverlust) nicht berücksichtigt worden seien. Die Gutachter ignorierten nicht nur anamnestische Angaben des Beschwerdeführers, sondern auch Stellungnahmen zweier Fachärzte der Psychiatrie, die übereinstimmend eine ernsthafte depressive Störung mittelgradiger Ausprägung diagnostiziert hätten; ebensowenig hätten die Gutachter Kontakt zum behandelnden Arzt aufgenommen. 2. 2.1 Im Rahmen der eingeschränkten Sachverhaltskontrolle ist es dem Bundesgericht regelmässig verwehrt, auf umfassender Würdigung des medizinischen Dossiers beruhende Feststellungen des kantonalen Gerichts über Gesundheitsschädigungen und deren funktionelle Folgen durch eigene Sachverhaltsfestlegungen zu ersetzen. Es kann die Feststellungen der Vorinstanz allerdings dann von Amtes wegen berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig oder unvollständig (SVR 2009 IV Nr. 10 S. 21 E. 1, 9C_40/2007) sind oder sonst auf einer Verletzung von Bundesrecht beruhen (vgl. Art. 97 Abs. 1 und 105 Abs. 2 BGG). 2.2 Mit Blick auf diese Grundsätze kann die unter verschiedenen Gesichtspunkten strittige Frage offen bleiben, ob die Vorinstanz zu Recht massgebend auf die vom Beschwerdeführer kritisierte Expertise abgestellt hat. Die IV-Stelle liess den Beschwerdeführer durch ihren Regionalen Ärztlichen Dienst (Dr. A._) psychiatrisch begutachten. Dieser kam im Wesentlichen zu den gleichen Ergebnissen wie die vom Taggeldversicherer beauftragten Sachverständigen der Klinik X._. Der ausführliche Bericht des RAD vom 26. Mai 2010 ist formell unter keinem Aspekt zu beanstanden (vgl. die Leitlinien der Schweizerischen Gesellschaft für Versicherungspsychiatrie für die Begutachtung psychischer Störungen, in: Schweizerische Ärztezeitung [SAeZ] 2004 S. 1048 ff.). Da der - die Qualität eines Gutachtens erreichende - RAD-Bericht auch inhaltlich überzeugt, ist er uneingeschränkt beweiswertig (SVR 2009 IV Nr. 56 S. 174, 9C_323/2009 E. 4.3), so dass es nicht entscheidend auf das Gutachten der Klinik X._ ankommt. Ebenso erübrigen sich die beantragten weiteren Abklärungen. 2.3 Aus dem RAD-Bericht geht hervor, dass der Beschwerdeführer auf mehrere Belastungsfaktoren mit einer mittelschweren Depression reagiert hat. Diese habe sich unter fachärztlicher Behandlung bis hin zur Symptomfreiheit gebessert. Ein verzögerter Beginn der Umschulung habe indes zu erneuten depressiven Symptomen geführt. Der Versicherte wisse, dass er heute trotz der langjährigen Berufserfahrung keine Aussicht mehr auf eine der früheren entsprechende Stelle habe, weil der einschlägige Berufsabschluss fehle; er sei aber an einer Aus-/Weiterbildung interessiert, um in einem verwandten Berufsfeld tätig sein zu können. Wenn der sehr leistungsorientierte Versicherte nicht bald wieder in das Berufsleben integriert werden könne, bestehe die Gefahr, dass sich das Leiden verstärke und chronifiziere. Für die psychische Stabilität des Versicherten sei also entscheidend, dass er wieder eine Zukunftsperspektive entwickeln könne; dies sei am besten mit beruflichen Massnahmen zu erreichen. Der Versicherte sei aus ärztlicher Sicht in der Lage, eine solche Weiterbildung und eine spätere berufliche Tätigkeit ohne Einschränkung zu versehen. 2.4 Die Ausführungen des RAD zeigen, dass das ("reaktive") depressive Geschehen unmittelbare Folge externer Belastungen war, namentlich der Krebserkrankung der Ehefrau, der Bandscheibenoperation, dem Arbeitsplatzverlust und den Problemen im Verlauf der beruflichen Umorientierung. Dafür spricht auch das gute Ansprechen auf fachärztliche Behandlung. Die weiteren psychiatrischen Berichte (des Dr. W._ vom 10. Oktober 2009 und des Dr. R._ vom 29. März 2010) sehen den Verlauf der Beeinträchtigung ebenfalls vorab an die beruflichen Perspektiven gebunden und attestieren gute Aussichten auf eine vollständige berufliche Reintegration. Somit besteht (und bestand) nach einhelliger medizinischer Beurteilung keine von der Belastungssituation unterscheidbare und in diesem Sinne verselbständigte psychische Störung. Nach ständiger Rechtsprechung kann in solchen Fällen kein invalidisierender Gesundheitsschaden angenommen werden (<ref-ruling> E. 5a S. 299). Wenn der RAD-Psychiater Dr. A._ von einem "eigenständigen" depressiven Geschehen spricht, erfolgt dies zur Abgrenzung von der früher (durch Dr. W._) gestellten Diagnose einer Anpassungsstörung. 2.5 Das Fehlen eines invalidisierenden Gesundheitsschadens ergibt sich - im Umkehrschluss - auch insoweit aus dem RAD-Bericht vom 26. Mai 2010, als (erst) im Falle einer fortwährenden Ungewissheit über die berufliche Zukunft eine chronifizierende, die Arbeitsfähigkeit beeinträchtigende depressive Störung einzutreten drohe. Der Ausschluss einer Invalidität im Hinblick auf den Rentenanspruch ist im Übrigen nicht per se auf die Eingliederungsfrage übertragbar. Angesichts des wiederholt beschriebenen engen Zusammenhangs zwischen den beruflichen Perspektiven und dem gesundheitlichen Geschehen sowie der Chronifizierungsgefahr ist bei der Prüfung der Voraussetzungen für einen Anspruch auf Eingliederungsmassnahmen (vgl. Verfügung der IV-Stelle vom 29. Dezember 2010, paralleles vorinstanzliches Verfahren VBE 2010.91) zu beachten, dass auch schon von der Invalidität bedrohte Versicherte gegebenenfalls Anspruch auf Eingliederungsmassnahmen haben können (Art. 8 Abs. 1 IVG und Art. 1novies IVV; Silvia Bucher, Eingliederungsrecht der Invalidenversicherung, S. 73 Rz. 116 ff.). 2.6 Nach dem Gesagten besteht die vorinstanzliche Schlussfolgerung, beim Beschwerdeführer habe bis zum Abschluss des Verwaltungsverfahrens (vgl. <ref-ruling> E. 3.1.1 S. 220) keine rentenbegründende Invalidität vorgelegen, zu Recht. 3. Dem Verfahrensausgang entsprechend werden die Gerichtskosten dem Beschwerdeführer auferlegt (Art. 66 Abs. 1 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons Aargau und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 5. Juli 2012 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Meyer Der Gerichtsschreiber: Traub
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2,011
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Faits: A. Alors qu'il étudiait en Inde en 1997, X._, ressortissant jordanien né en 1971, a rencontré A._, citoyenne suisse, née en 1977. Le 11 septembre 1997, les prénommés se sont mariés à Jaipur, en Inde. Au lendemain de ce mariage, A._ est rentrée en Suisse, afin d'y entamer une formation, alors que son époux a poursuivi ses études en Inde dans le but d'y obtenir un diplôme. Le 5 août 1998, X._ a rejoint son épouse en Suisse. Le couple a vécu trois ans au domicile des parents de A._, avant de s'installer dans un appartement en novembre 2001. Le 25 août 2003, X._ a déposé une demande de naturalisation facilitée fondée sur son mariage. Dans le cadre de l'instruction de cette demande, les époux ont contresigné, le 3 juin 2004, une déclaration écrite aux termes de laquelle ils confirmaient vivre en communauté conjugale effective et stable, résider à la même adresse et n'envisager ni séparation, ni divorce. Leur attention a été attirée sur le fait que la naturalisation facilitée ne pouvait pas être octroyée lorsque, avant ou pendant la procédure de naturalisation, l'un des époux demandait le divorce ou la séparation, ou lorsque la communauté conjugale effective n'existait plus. La déclaration signée précisait en outre que si cet état de fait était dissimulé, la naturalisation facilitée pouvait être annulée dans les cinq ans. Par décision du 24 juin 2004, l'office fédéral compétent a accordé la naturalisation facilitée à X._. B. Le 21 février 2006, les époux ont déposé une requête commune de divorce. Par jugement exécutoire dès le 20 septembre 2006, le Tribunal d'arrondissement de Lausanne a prononcé la dissolution du mariage. Le 22 octobre 2006, le prénommé s'est remarié à Zarqa en Jordanie avec une ressortissante jordanienne, née en 1982. Le 7 juin 2007, l'Office fédéral des migrations (ci-après: l'ODM) a informé X._ qu'il allait examiner la possibilité d'ouvrir une procédure en annulation de sa naturalisation facilitée et l'a invité à se déterminer. Par courrier du 12 septembre 2007, l'intéressé a répondu, par l'entremise de son avocat, que le mariage conclu en 1997 était sincère et qu'il avait duré neuf ans. Il a indiqué que la séparation des époux était intervenue à la fin de l'année 2005. Entendue par l'autorité cantonale compétente sur réquisition de l'ODM, A._ a exposé que l'initiative du mariage revenait en premier lieu à son mari et qu'il s'agissait d'un mariage d'amour. Elle a déclaré avoir partagé ses loisirs avec son mari jusqu'au début 2006 et l'avoir accompagné en Jordanie à quatre ou cinq reprises. Elle a affirmé que les difficultés conjugales avaient commencé entre fin décembre 2005 et début janvier 2006 et qu'elles avaient pour origine, dans le contexte des différences culturelles et religieuses prévalant entre les époux, l'éducation des enfants qu'ils entendaient avoir. Enfin, elle a assuré que lors de la signature de la déclaration commune, ils avaient bien l'intention de fonder une famille. Par courrier du 31 janvier 2008, X._ s'est déterminé sur les déclarations de son ex-épouse. Il a fourni les 28 avril 2008 et 8 juillet 2008 des informations et des preuves complémentaires. Il a en outre sollicité l'audition de différents témoins. C. Par décision du 16 décembre 2008, l'ODM a prononcé, avec l'assentiment de l'autorité cantonale compétente, l'annulation de la naturalisation facilitée accordée à X._. En substance, il a retenu que l'octroi de la naturalisation facilitée s'était fait sur la base de déclarations mensongères, voire de dissimulation de faits essentiels. Le Tribunal administratif fédéral a confirmé la décision de l'ODM dans un arrêt rendu le 16 février 2011. Il a considéré en particulier que l'enchaînement rapide des événements fondait la présomption que la communauté conjugale des intéressés n'était plus étroite et effective au moment de la signature de la déclaration commune, les éléments avancés par X._ n'étant pas suffisants pour renverser cette présomption. D. Agissant par la voie du recours en matière de droit public, X._ demande principalement au Tribunal fédéral de réformer l'arrêt du Tribunal administratif fédéral en ce sens que la naturalisation facilitée n'est pas annulée. Il conclut subsidiairement à l'annulation de l'arrêt attaqué et à son renvoi à l'instance précédente pour nouvelle instruction. L'ODM s'est déterminé par courrier du 12 avril 2011. Le Tribunal administratif fédéral a renoncé à se déterminer. Le recourant a présenté des observations, par lettre du 16 juin 2011.
Considérant en droit: 1. Dirigé contre la décision du Tribunal administratif fédéral qui confirme l'annulation de la naturalisation facilitée accordée au recourant, le recours est recevable comme recours en matière de droit public (art. 82 al. 1 let. a et 86 al. 1 let. a LTF). Le motif d'exclusion de l'<ref-law> n'entre pas en ligne de compte, dès lors qu'il s'agit en l'espèce de naturalisation facilitée et non pas de naturalisation ordinaire. Pour le surplus, le recourant a la qualité pour recourir au sens de l'<ref-law> et les conditions formelles de recevabilité sont remplies, de sorte qu'il y a lieu d'entrer en matière. 2. Aux termes de l'<ref-law>, aucun fait nouveau ni preuve nouvelle ne peut être présenté à moins de résulter de la décision de l'autorité précédente. Cette exclusion vaut non seulement pour les faits postérieurs à la décision attaquée, mais également pour ceux que les parties ont omis d'alléguer dans la procédure cantonale. Ces dernières sont en effet tenues de présenter devant les instances précédentes tous les faits qui leur paraissent pertinents et d'offrir les moyens de preuve adéquats (Message du Conseil fédéral concernant la révision totale de l'organisation judiciaire fédérale, FF 2001 p. 4137). Les témoignages écrits des parents du recourant et de l'imam de la mosquée de Lausanne, datés respectivement du 30 mars 2011 et du 26 mars 2011, sont postérieurs au prononcé de l'arrêt attaqué. Il s'agit donc de vrais nova, qui échappent à la cognition du Tribunal fédéral (<ref-ruling> consid. 2.2 p. 344). Les autres pièces produites ne figuraient pas au dossier du Tribunal administratif fédéral. Elles ne résultent pas non plus de l'arrêt attaqué. Il n'en sera dès lors pas tenu compte. 3. Dans un grief d'ordre formel qu'il convient d'examiner en premier lieu, le recourant se plaint d'une violation de son droit d'être entendu, plus précisément de son droit de faire administrer des preuves. Il reproche à l'instance précédente de ne pas avoir donné suite à sa demande d'auditionner différents témoins, dont la mère de son ex-épouse. Il allègue que l'audition desdits témoins était indispensable pour établir l'évolution du couple et de la crise ayant conduit au divorce, le remariage de l'intéressé et les circonstances de cet événement. 3.1 Garanti à l'art. 29 al. 2 Cst., le droit d'être entendu comprend notamment le droit pour l'intéressé de prendre connaissance du dossier, d'offrir des preuves pertinentes, d'obtenir qu'il soit donné suite à ses offres de preuves pertinentes, de participer à l'administration des preuves essentielles ou à tout le moins de s'exprimer sur son résultat lorsque cela est de nature à influer sur la décision à rendre (<ref-ruling> consid. 5.1 p. 293; <ref-ruling> consid. 2.2 p. 504 s.; <ref-ruling> consid. 2a/aa p. 16 et les arrêts cités). Toutefois, le droit d'être entendu ne peut être exercé que sur les éléments qui sont déterminants pour décider de l'issue du litige. Il est ainsi possible de renoncer à l'administration de certaines preuves offertes, lorsque le fait dont les parties veulent rapporter l'authenticité n'est pas important pour la solution du cas, lorsque les preuves résultent déjà de constatations versées au dossier ou lorsque le juge parvient à la conclusion qu'elles ne sont pas décisives pour la solution du litige ou qu'elles ne pourraient l'amener à modifier son opinion. Ce refus d'instruire ne viole le droit d'être entendu des parties que si l'appréciation anticipée de la pertinence du moyen de preuve offert, à laquelle le juge a ainsi procédé, est entachée d'arbitraire (<ref-ruling> consid. 5.3 p. 236; <ref-ruling> consid. 3 p. 157; <ref-ruling> consid. 6c/cc in fine p. 135; <ref-ruling> consid. 4a p. 211). 3.2 En l'occurrence, le Tribunal administratif fédéral a considéré qu'il n'y avait pas lieu de donner suite aux requêtes d'audition de témoins, ceux-ci ayant déjà fourni des témoignages écrits. Il a retenu que l'examen des pièces du dossier laissait apparaître des éléments suffisamment probants pour lui permettre de renoncer à ordonner des compléments de preuve, en se fondant sur le principe de la libre appréciation des preuves. Le recourant a notamment produit les témoignages écrits de son ex-épouse, datés du 6 mars 2008 et du 18 janvier 2009, et ceux de la mère de son ex-épouse, datés du 23 avril 2008 et du 16 juin 2009. Il a ainsi été en mesure de verser au dossier tous les renseignements qu'il entendait fournir par les témoins dont il a requis l'audition. Dans ces conditions, procédant à une appréciation anticipée des preuves, le Tribunal administratif fédéral n'a pas violé le droit d'être entendu du recourant en écartant, sur la base d'une appréciation anticipée des preuves, ces demandes d'audition. Le grief tiré de la violation du droit d'être entendu doit être écarté. 4. Le recourant conteste avoir obtenu la naturalisation par des déclarations mensongères. Il reproche au Tribunal administratif fédéral d'avoir apprécié de façon arbitraire les pièces et les témoignages, et d'avoir ainsi rendu une décision arbitraire et contraire au but de la loi fédérale du 29 septembre 1952 sur l'acquisition et la perte de la nationalité suisse (LN; RS 141.0). 4.1 Selon la jurisprudence, l'arbitraire ne résulte pas du seul fait qu'une autre solution serait envisageable ou même préférable. Le Tribunal fédéral n'annule la décision attaquée que lorsque celle-ci est manifestement insoutenable, qu'elle se trouve en contradiction claire avec la situation de fait, qu'elle viole gravement une norme ou un principe juridique indiscuté, ou encore lorsqu'elle heurte de manière choquante le sentiment de la justice et de l'équité. Pour qu'une décision soit annulée au titre de l'arbitraire, il ne suffit pas qu'elle se fonde sur une motivation insoutenable; encore faut-il qu'elle apparaisse arbitraire dans son résultat (<ref-ruling> consid. 1.3 p. 4 s.; <ref-ruling> consid. 5.4 p. 148, 263 consid. 3.1 p. 265 s.). S'agissant plus précisément de l'appréciation des preuves et de l'établissement des faits, il y a arbitraire lorsque l'autorité ne prend pas en compte, sans aucune raison sérieuse, un élément de preuve propre à modifier la décision, lorsqu'elle se trompe manifestement sur son sens et sa portée, ou encore lorsque, en se fondant sur les éléments recueillis, elle en tire des constatations insoutenables (<ref-ruling> consid. 4.3 p. 62; <ref-ruling> consid. 2.1 p. 9). 4.2 Conformément aux art. 41 al. 1 LN et 14 al. 1 de l'ordonnance du 17 novembre 1999 sur l'organisation du Département fédéral de justice et police (RS 172.213.1), l'Office fédéral des migrations peut, avec l'assentiment de l'autorité du canton d'origine, annuler dans les cinq ans une naturalisation facilitée obtenue par des déclarations mensongères ou par la dissimulation de faits essentiels. 4.2.1 Pour qu'une naturalisation facilitée soit annulée, il ne suffit pas qu'elle ait été accordée alors que l'une ou l'autre de ses conditions n'était pas remplie; il faut qu'elle ait été acquise grâce à un comportement déloyal et trompeur. S'il n'est point besoin que ce comportement soit constitutif d'une escroquerie au sens du droit pénal, il est nécessaire que l'intéressé ait donné sciemment de fausses informations à l'autorité ou qu'il l'ait délibérément laissée dans l'erreur sur des faits qu'il savait essentiels (<ref-ruling> consid. 2 p. 165; <ref-ruling> consid. 3.1 p. 115 et les arrêts cités). Tel est notamment le cas si le requérant déclare vivre en communauté stable avec son conjoint alors qu'il envisage de se séparer une fois obtenue la naturalisation facilitée; peu importe que son mariage se soit ou non déroulé jusqu'ici de manière harmonieuse (arrêt 1C_406/2009 du 28 octobre 2009 consid. 3.1.1 et l'arrêt cité). La nature potestative de l'art. 41 al. 1 LN confère une certaine liberté d'appréciation à l'autorité compétente, qui doit toutefois s'abstenir de tout abus dans l'exercice de celle-ci. Commet un abus de son pouvoir d'appréciation l'autorité qui se fonde sur des critères inappropriés, ne tient pas compte de circonstances pertinentes ou rend une décision arbitraire, contraire au but de la loi ou au principe de la proportionnalité (<ref-ruling> consid. 3.1 p. 115; <ref-ruling> consid. 4a p. 101 et les arrêts cités). D'après la jurisprudence, la notion de communauté conjugale suppose non seulement l'existence formelle d'un mariage, mais encore une véritable communauté de vie des conjoints; tel est le cas s'il existe une volonté commune et intacte de ceux-ci de maintenir une union conjugale stable; une séparation survenue peu après l'octroi de la naturalisation constitue un indice de l'absence de cette volonté lors de l'obtention de la citoyenneté suisse (<ref-ruling> consid. 2 p. 165; <ref-ruling> consid. 2 p. 484; <ref-ruling> consid. 3a p. 98; <ref-ruling> consid. 2b p. 52). 4.2.2 La procédure administrative fédérale est régie par le principe de la libre appréciation des preuves (art. 40 de la loi fédérale de procédure civile fédérale du 4 décembre 1947 [PCF; RS 273], applicable par renvoi de l'art. 19 de la loi fédérale du 20 décembre 1968 sur la procédure administrative [PA; RS 172.021]). Ce principe vaut également devant le Tribunal administratif fédéral (<ref-law>). L'administration supporte le fardeau de la preuve lorsque la décision intervient, comme en l'espèce, au détriment de l'administré. Cela étant, la jurisprudence admet dans certaines circonstances que l'autorité puisse se fonder sur une présomption. C'est notamment le cas pour établir que le conjoint naturalisé a menti lorsqu'il a déclaré former une union stable, dans la mesure où il s'agit d'un fait psychique, lié à des éléments relevant de la sphère intime, souvent inconnus de l'administration et difficiles à prouver (<ref-ruling> consid. 3 p. 166; <ref-ruling> consid. 3.2 p. 485). Partant, si l'enchaînement rapide des événements fonde la présomption de fait que la naturalisation a été obtenue frauduleusement, il incombe alors à l'administré de renverser cette présomption, en raison, non seulement de son devoir de collaborer à l'établissement des faits (<ref-law> ; cf. <ref-ruling> consid. 3 p. 166; <ref-ruling> consid. 3.2 p. 115 s.), mais encore de son propre intérêt (ATF <ref-ruling> consid. 3.2 p. 485 s.). S'agissant d'une présomption de fait, qui ressortit à l'appréciation des preuves et ne modifie pas le fardeau de la preuve (cf. ATF <ref-ruling> consid. 3.2 p. 486), l'administré n'a pas besoin, pour la renverser, de rapporter la preuve contraire du fait présumé, à savoir faire acquérir à l'autorité la certitude qu'il n'a pas menti; il suffit qu'il parvienne à faire admettre l'existence d'une possibilité raisonnable qu'il n'ait pas menti en déclarant former une communauté stable avec son conjoint. Il peut le faire en rendant vraisemblable, soit la survenance d'un événement extraordinaire susceptible d'expliquer une détérioration rapide du lien conjugal, soit l'absence de conscience de la gravité de ses problèmes de couple et, ainsi, l'existence d'une véritable volonté de maintenir une union stable avec son conjoint lorsqu'il a signé la déclaration (<ref-ruling> consid. 3 p. 165 s. et les arrêts cités). 4.3 En l'espèce, le Tribunal administratif fédéral a considéré que le laps de temps relativement court entre la déclaration commune et l'octroi de la naturalisation facilitée (juin 2004), le dépôt de la requête commune de divorce (février 2006) et le remariage du recourant avec une citoyenne jordanienne (octobre 2006) fondait la présomption que la naturalisation facilitée avait été obtenue frauduleusement. Le recourant ne conteste aucun de ces éléments, lesquels sont propres à fonder la présomption que sa naturalisation a été obtenue frauduleusement. Conformément à la jurisprudence précitée, il s'agit donc uniquement de déterminer si l'intéressé est parvenu à renverser cette présomption en rendant vraisemblable, soit la survenance d'un événement extraordinaire susceptible d'expliquer une dégradation aussi rapide du lien conjugal, soit l'absence de conscience de la gravité des problèmes de couple au moment de la signature de la déclaration commune. 4.4 Selon le recourant, l'instance précédente aurait en particulier tiré du témoignage des parents de l'intéressé des conclusions erronées au sujet du déroulement exact du remariage du recourant. Le Tribunal administratif fédéral a retenu que le recourant s'était remarié rapidement et que "ce rapide enchaînement constituait un indice sérieux que le second mariage devait forcément avoir été planifié par l'intéressé depuis un certain temps déjà, soit bien avant que ce dernier eût entamé les démarches administratives y relatives. L'affirmation du recourant selon laquelle le remariage était un projet qui s'est élaboré après son divorce en 2006 ne paraît pas crédible. Cette opinion se trouve corroborée par le témoignage écrit des parents du recourant, daté du 18 février 2009, aux termes duquel le «mariage officiel» se tiendrait une année après sa planification". Il est vrai que la déduction opérée par l'instance précédente selon laquelle le second mariage devait "forcément avoir été planifié par l'intéressé depuis un certain temps déjà" est discutable. A tout le moins, l'interprétation qu'elle fait du témoignage écrit des parents du recourant n'est pas exacte: il doit être retenu que l'enregistrement civil et religieux du mariage a eu lieu en octobre 2006 et la fête d'annonce publique du mariage en juillet 2007. Cette appréciation inexacte des preuves n'est cependant pas déterminante pour l'issue du litige: en effet, la motivation principale de l'arrêt attaqué retient que le déroulement chronologique des événements - la date du remariage retenue et non contestée est le 22 octobre 2006 - fonde la présomption de fait que la communauté conjugale du recourant n'était pas stable au moment de la signature de la déclaration commune: le fait que le remariage du recourant "devait forcément avoir été planifié depuis un certain temps", n'est qu'un argument supplémentaire, dont l'abandon n'entraîne pas l'invalidation de l'argumentation principale. De même, le fait d'avoir retenu que "le dossier ne permet pas de déceler une quelconque trace d'éventuels efforts entrepris pour sauver l'union conjugale" est critiquable, ce point n'ayant pas été véritablement instruit. Cependant, cet élément est accessoire et tend uniquement à appuyer le fait que le motif essentiel de rupture, à savoir le désaccord des époux sur l'éducation des enfants, existait depuis de nombreuses années et posait déjà problème au moment de la signature de la déclaration commune. Par conséquent, le grief d'appréciation arbitraire des preuves doit être rejeté. 4.5 Le recourant met également en évidence le fait que son ex-épouse n'est pas restée indifférente au sort de la procédure d'annulation de la naturalisation facilitée et qu'elle souhaite encore témoigner. Cet élément ne permet toutefois pas d'établir qu'au moment de la signature de la déclaration commune, l'harmonie existait toujours au sein du couple au point d'envisager la continuation de la vie commune. Le fait que les ex-époux ont effectué un voyage au Sri Lanka après la signature de la déclaration commune et le témoignage de B._ ne suffisent pas non plus à établir que les ex-époux formaient une communauté stable lors de la signature de la déclaration commune. Le recourant fait aussi valoir, pour la première fois devant le Tribunal de céans, qu'il a effectué des démarches pour permettre à son ex-épouse d'acquérir la nationalité jordanienne. Ces faits nouveaux ne résultent pas de la décision attaquée et sont irrecevables (<ref-law>). L'intéressé avance enfin que le motif de la désunion, soit le litige sur l'éducation des enfants, n'était pas source de conflit jusqu'en 2005: le jeune âge des époux, les formations professionnelles qu'ils avaient entreprises ainsi que leur situation financière précaire les avaient dans un premier temps convaincus de ne pas concrétiser un projet qui leur tenait à coeur. Ainsi au moment du mariage et jusqu'en 2005, le thème des enfants avait été abordé, mais il était resté abstrait. Il était devenu concret lorsque son ex-épouse avait achevé sa formation continue, soit en juillet 2005. Le témoignage de la mère de son ex-épouse confirme ces allégations. Si le motif de rupture a bien été le désaccord des époux sur l'éducation des enfants, il n'est pas vraisemblable qu'il soit survenu de manière inattendue après neuf ans de mariage. Cet élément n'est pas de nature à expliquer la fin subite de la vie d'un couple marié depuis de nombreuses années, sauf à considérer que leur union n'était pas stable. Ce d'autant moins que le recourant ne précise pas en quoi consistaient les divergences d'ordre culturel et religieux sur l'éducation des enfants. Dans ces circonstances, l'intéressé ne rend pas vraisemblable qu'il n'avait pas conscience de la gravité des problèmes du couple au moment de la signature de la déclaration commune. Par ailleurs, il n'apporte aucun élément propre à démontrer la survenance d'un événement extraordinaire postérieur à la signature de la déclaration commune et susceptible d'expliquer une dégradation aussi rapide du lien conjugal. 4.6 En définitive, les éléments avancés par le recourant ne suffisent pas à renverser la présomption établie. Il en découle que les conditions d'application de l'art. 41 LN sont réunies et que le Tribunal administratif fédéral n'a pas versé dans l'arbitraire en confirmant l'annulation de la naturalisation facilitée qui avait été octroyée au recourant. 5. Il s'ensuit que le recours doit être rejeté. Le recourant, qui succombe, doit supporter les frais de la présente procédure (<ref-law>).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 2'000 francs, sont mis à la charge du recourant. 3. Le présent arrêt est communiqué au mandataire du recourant, à l'Office fédéral des migrations et à la Cour III du Tribunal administratif fédéral. Lausanne, le 26 août 2011 Au nom de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président: Fonjallaz La Greffière: Tornay Schaller
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2,008
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Erwägungen: Erwägungen: 1. X._, geb. 1974, Staatsangehörige von Angola, heiratete am 4. Dezember 1998 in Kenia den Schweizer Bürger Y._; das Ehepaar hat eine am **. ** 1999 geborene Tochter, welche Schweizer Bürgerin ist. Im Juli 2001 erhielt X._ gestützt auf Art. 7 ANAG die Aufenthaltsbewilligung. Seit November 2002 leben die Ehegatten getrennt. In einer am 21. Dezember 2004 gerichtlich genehmigten Trennungsvereinbarung wurde die Tochter für die Dauer der Aufhebung des gemeinsamen Haushalts unter die Obhut des Vaters gestellt; die Mutter, welche seit 2003 von den Sozialhilfebehörden unterstützt wird, hat ein Besuchsrecht. Am 20. Februar 2007 lehnte der Migrationsdienst des Kantons Bern das Gesuch von X._ um Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung ab und setzte ihr eine Ausreisefrist an (Wegweisung). Die Polizei- und Militärdirektion des Kantons Bern wies am 16. August 2007 die gegen die Verfügung des Migrationsdienstes erhobene Beschwerde ab, wobei dem für das Beschwerdeverfahren vor der Direktion gestellten Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege entsprochen wurde. Am 17. September 2007 erhob X._ gegen diesen Entscheid Beschwerde ans Verwaltungsgericht des Kantons Bern; sie ersuchte auch für das Verfahren vor Verwaltungsgericht um Gewährung der unentgeltlichen Prozessführung. Mit Verfügung des Instruktionsrichters vom 14. Dezember 2007 wies das Verwaltungsgericht das Gesuch ab; zugleich wurde X._ aufgefordert, bis zum 14. Januar 2008 einen Gerichtskostenvorschuss von Fr. 2'500.-- beim Verwaltungsgericht einzuzahlen. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten vom 14. Januar 2008 beantragt X._ dem Bundesgericht, die Verfügung des Verwaltungsgerichts aufzuheben und dieses anzuweisen, ihr im dort hängigen Beschwerdeverfahren das Recht auf unentgeltliche Prozessführung zu gewähren. Es ist weder ein Schriftenwechsel noch sind andere Instruktionsmassnahmen angeordnet worden. 2. 2.1 Gemäss <ref-law> hat jede Person, die nicht über die erforderlichen Mittel verfügt, Anspruch auf unentgeltliche Rechtspflege, wenn ihr Rechtsbegehren nicht aussichtslos erscheint. Keine weitergehenden Garantien räumt das kantonale Recht ein; die Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege ist insbesondere an die Voraussetzung geknüpft, dass das Verfahren nicht aussichtslos erscheint (Art. 111 Abs. 1 des bernischen Gesetzes vom 23. Mai 1989 über die Verwaltungsrechtspflege [VRPG]). Nach der Rechtsprechung zu <ref-law> sind Prozessbegehren als aussichtslos anzusehen, bei denen die Gewinnaussichten beträchtlich geringer sind als die Verlustgefahren und die deshalb kaum als ernsthaft bezeichnet werden können. Dagegen gilt ein Begehren nicht als aussichtslos, wenn sich Gewinnaussichten und Verlustgefahren ungefähr die Waage halten oder jene nur wenig geringer sind als diese. Massgebend ist, ob eine Partei, die über die nötigen finanziellen Mittel verfügt, sich bei vernünftiger Überlegung zu einem Prozess entschliessen würde. Eine Partei soll einen Prozess, den sie auf eigene Rechnung und Gefahr nicht führen würde, nicht deshalb anstrengen können, weil er sie nichts kostet (<ref-ruling> E. 2.3.1 S. 135 f.; <ref-ruling> E. 2.5.3 S. 235 f.). Die über die unentgeltliche Rechtspflege befindende Behörde prüft die Prozessaussichten aufgrund einer summarischen Prüfung der Angelegenheit und begründet ihre Einschätzung entsprechend bloss summarisch. Die Beschwerdeführerin hebt hervor, dass der Prozessausgang massiv ihre persönlichen Rechte und Lebenschancen betreffe; jede bemittelte Person würde unter diesen Umständen den Prozess unter Einsatz der zur Verfügung stehenden Mittel führen, selbst wenn die Erfolgschancen gering eingestuft würden. Die Beschwerdeführerin übersieht bei dieser Gewichtung, dass es nicht Sinn und Zweck von <ref-law> entspricht, das Gemeinwesen selbst dann dazu zu verpflichten, einer Partei die zur Führung eines Prozesses fehlenden Mittel zur Verfügung zu stellen, wenn die Erfolgsaussichten von deren Rechtsvorkehr bei vernünftiger Betrachtungsweise nur gering erscheinen. 2.2 Das Verwaltungsgericht hat die Frage der Erfolgsaussichten in Anwendung der vorstehend wiedergegebenen Kriterien geprüft. Gegenstand des bei ihm hängigen Beschwerdeverfahrens, für welches die unentgeltliche Rechtspflege beansprucht wird, ist der Beschwerdeentscheid der Polizei- und Militärdirektion des Kantons Bern über die Nichtverlängerung der Aufenthaltsbewilligung der Beschwerdeführerin. Das Verwaltungsgericht hält vorerst fest, eine Berufung auf die Ehe mit einem Schweizer Bürger bzw. auf Art. 7 ANAG erweise sich im Fall der Beschwerdeführerin als rechtsmissbräuchlich, nachdem seit der Trennung im November 2002 mit einer Wiederaufnahme der ehelichen Gemeinschaft nicht mehr gerechnet werden könne. An dieser Einschätzung bestehen in Berücksichtigung der diesbezüglichen, in der angefochtenen Verfügung zutreffend wiedergegebenen bundesgerichtlichen Rechtsprechung keine ernsthaften Zweifel; die Berufung der Beschwerdeführerin auf das am 1. Januar 2008 in Kraft getretene Bundesgesetz vom 16. Dezember 2005 über die Ausländerinnen und Ausländer (Ausländergesetz, AuG; SR 142.20/AS 2007 5437) geht schon angesichts von Art. 126 Abs. 1 AuG fehl, wobei zudem das eheliche Zusammenleben in der Schweiz nicht drei Jahre, sondern bloss ein Jahr und wenige Monate dauerte. Für den Bewilligungsentscheid ist allein die - im Rahmen eines Besuchsrechts gepflegte - Beziehung der Beschwerdeführerin zu ihrer Tochter von Bedeutung. Das Verwaltungsgericht hat die diesbezüglich von der Rechtsprechung aus Art. 8 EMRK abgeleiteten Grundsätze richtig dargestellt: die Beziehung zwischen dem Ausländer und seinem (mit gefestigtem Anwesenheitsrecht) in der Schweiz ansässigen Kind muss in wirtschaftlicher und affektiver Hinsicht besonders eng sein; zudem darf das bisherige Verhalten des Ausländers zu keinerlei Klagen Anlass gegeben haben. Die Beschwerdeführerin stellt nicht in Abrede, dass sie ihrer Tochter zu keinem Zeitpunkt eine finanzielle Stütze war und mehrfach und in strafrechtlich relevanter Weise zu Klagen Anlass gegeben hat. Das Verwaltungsgericht geht zudem davon aus, dass es an den Voraussetzungen zur Annahme einer besonders engen affektiven Mutter-Tochter-Beziehung fehle; namentlich hält es fest, dass die Beschwerdeführerin ihr Besuchsrecht bis Ende 2006 kaum bzw. unregelmässig ausgeübt habe und dass für die Zeit ab 2007 keine konkreten Angaben über Art, Häufigkeit und Intensität der Kontaktpflege gemacht worden seien. Zu diesem Gesichtspunkt äussert sich die Beschwerdeführerin vor Bundesgericht überhaupt nicht. Schliesslich widerspricht sie den Erwägungen des Verwaltungsgerichts über fehlende Integration nicht. Damit aber lässt sich in keiner Weise beanstanden, dass das Verwaltungsgericht die bei ihm hängige Beschwerde als aussichtslos erachtet hat. Es hat <ref-law> nicht verletzt, wenn es das Gesuch der Beschwerdeführerin um unentgeltliche Prozessführung ablehnte und sie zur Bezahlung eines Kostenvorschusses aufforderte. Ergänzend kann darauf hingewiesen werden, dass die Beschwerdeführerin eine Überprüfung des negativen Bewilligungsentscheids durch die Justiz- und Polizeidirektion herbeiführen und insofern wirksam Beschwerde führen konnte (Art. 13 in Verbindung mit Art. 8 EMRK). 2.3 Die Beschwerde erweist sich als im Sinne von <ref-law> offensichtlich unbegründet und ist im vereinfachten Verfahren nach <ref-law> abzuweisen. 2.4 Wie sich aus den vorstehenden Erwägungen ergibt, erschien die Beschwerde von vornherein aussichtslos. Das auch für das bundesgerichtliche Verfahren gestellte Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung ist daher gestützt auf Art. 64 Abs. 1 und 2 BGG abzuweisen. Dem Verfahrensausgang entsprechend sind die Gerichtskosten (<ref-law>) der Beschwerdeführerin aufzuerlegen (<ref-law>). 2.5 Mit der Ausfällung des vorliegenden Urteils wird das im Hinblick auf die Aufforderung, im Verfahren vor dem Verwaltungsgericht innert am 14. Januar 2008 ablaufender Frist einen Kostenvorschuss zu bezahlen, gestellte Gesuch um aufschiebende Wirkung gegenstandslos. Es obliegt dem Verwaltungsgericht zu entscheiden, wie die am letzten Tag erfolgte Einreichung des vorliegenden bundesrechtlichen Rechtsmittels, welches beim Bundesgericht erst nach Ablauf der Zahlungsfrist eingegangen ist, im Hinblick auf die Fristwahrung zu werten ist.
Demnach erkennt das Bundesgericht: Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wird abgewiesen. 3. Die Gerichtsgebühr von Fr. 400.-- wird der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Die Gerichtsgebühr von Fr. 400.-- wird der Beschwerdeführerin auferlegt. 4. Dieses Urteil wird der Beschwerdeführerin, dem Verwaltungsgericht des Kantons Bern, Verwaltungsrechtliche Abteilung, und der Polizei- und Militärdirektion des Kantons Bern schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 21. Januar 2008 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Merkli Feller
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2,015
de
In Erwägung, dass der Beschwerdeführer gegen den Schiedsentscheid des Tribunal Arbitral du Sport (TAS) vom 15. September 2015 mit Eingabe vom 26. Oktober 2015 beim Bundesgericht Beschwerde erhob; dass die Beschwerdeschrift entgegen der Vorschrift von Art. 42 Abs. 1 in Verbindung mit <ref-law> nicht in einer Amtssprache abgefasst war; dass der Beschwerdeführer deshalb in Anwendung von <ref-law> mit Verfügung vom 13. November 2015 aufgefordert wurde, diesen Mangel bis am 30. November 2015 zu beheben, wobei darauf hingewiesen wurde, dass ansonsten die Rechtsschrift unbeachtet bleibe; dass der Beschwerdeführer dem Bundesgericht am letzten Tag der angesetzten Frist, am 30. November 2015, per elektronischer Post (E-Mail) eine ins Deutsche übersetzte Beschwerdeschrift einreichte; dass Rechtsschriften an das Bundesgericht die Unterschrift der Partei oder ihres Vertreters zu enthalten haben (<ref-law>); dass Beschwerden an das Bundesgericht nur in den gesetzlich vorgeschriebenen Formen erhoben werden können, d.h. durch Übergabe an das Bundesgericht oder an die Schweizerische Post (<ref-law>) oder aber durch elektronische Eingabe mit elektronisch anerkannter Signatur (Art. 42 Abs. 4 und Art. 48 Abs. 2 BGG); dass andere elektronische Eingaben ungültig sind, da sie - worüber der Ansprecher sich bewusst sein muss - keine Original-Unterschrift enthalten können, und dass sie daher auch nicht fristwahrend wirken (Urteil des Bundesgerichts 9C_739/2007 vom 28. November 2007 E. 1.1 mit Hinweis auf die Mitteilungen des Bundesgerichts in ZBJV 143/2007 S. 67 f.; <ref-ruling> E. 4a S. 255); dass eine Behebung eines Mangels bestehend in der Einreichung einer elektronischen Eingabe, die nicht mit elektronisch anerkannter Signatur versehen ist, nach Fristablauf nicht möglich ist (vgl. die vorstehend zit. Urteile); dass der Beschwerdeführer daher nichts zu seinen Gunsten ableiten kann, dass er das Original seiner auf Deutsch abgefassten Beschwerdeschrift mit Originalunterschrift seines Vertreters nach Ablauf der gesetzten Frist postalisch nachreichte; dass daher auf die Beschwerde mangels Einhaltung der zur Mängelbehebung angesetzten Frist nicht eingetreten werden kann (<ref-law>); dass ausnahmsweise auf die Erhebung von Gerichtskosten verzichtet werden kann (Art. 66 Abs. 1 zweiter Satz BGG); dass der Beschwerdegegner keinen Anspruch auf eine Parteientschädigung hat, da ihm aus dem bundesgerichtlichen Verfahren kein Aufwand entstanden ist (<ref-law>);
erkennt die Präsidentin: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Tribunal Arbitral du Sport (TAS) schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 9. Dezember 2015 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Kiss Der Gerichtsschreiber: Widmer
CH_BGer_004
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2,015
de
Sachverhalt: A. Gegen A._ läuft im Kanton Zürich ein Strafverfahren wegen Mordes. Am 11. Dezember 2013 stellte das Bezirksgericht Affoltern in einem Teilurteil fest, A._ habe die ihm vorgeworfene Handlung vom 7. Januar 2009 begangen. Im Übrigen ist das Verfahren noch offen. Am 14. April 2014 reichte die Staatsanwaltschaft IV des Kantons Zürich eine Nachtragsanklage gegen A._ wegen Gefährdung des Lebens, Nötigung und Widerhandlung gegen das Waffengesetz ein. Auf Antrag der Staatsanwaltschaft vereinigte das Bezirksgericht dieses Verfahren am 30. September 2014 mit demjenigen der Mordanklage. B. A._ stellte für die Behandlung der Nachtragsanklage am 6. Oktober 2014 ein Ausstandsgesuch gegen die bereits am Teilurteil vom 11. Dezember 2013 beteiligten Richter, nämlich Gerichtspräsident Peter Frey, Bezirksrichterin Marina Schellenberg und Ersatzrichter Tobias Walthert. Mit Beschluss vom 6. Februar 2015 wies das Obergericht des Kantons Zürich, III. Strafkammer, dieses Ausstandsgesuch ab. C. Mit Beschwerde in Strafsachen vom 13. März 2015 an das Bundesgericht beantragt A._, den Beschluss des Obergerichts aufzuheben und dieses anzuweisen, die Befangenheit von Peter Frey, Marina Schellenberg und Tobias Walthert zur Beurteilung der Nachtragsanklage vom 14. April 2014 festzustellen. Überdies ersucht A._ um Erteilung der aufschiebenden Wirkung sowie der unentgeltlichen Rechtspflege und Verbeiständung. Zur Begründung wird im Wesentlichen geltend gemacht, mit dem Teilurteil vom 11. Dezember 2013 hätten die daran beteiligten Richter die Tathandlung in der Mordanklage bereits A._ zugeschrieben, weshalb sie bei der Beurteilung der ihm mit der Nachtragsanklage vorgeworfenen Nachfolgetat nicht mehr unvoreingenommen seien, was insbesondere für die Aussagen der Hauptzeugin gelte, die auch das Opfer der angeklagten Nachfolgetat sei. Das Obergericht verzichtete auf eine Stellungnahme. Peter Frey, Marina Schellenberg und Tobias Walthert sowie das Bezirksgericht Affoltern liessen sich innert Frist nicht vernehmen.
Erwägungen: 1. 1.1. Beim angefochtenen Beschluss des Obergerichts des Kantons Zürich über den Ausstand von drei Mitgliedern des Bezirksgerichts Affoltern handelt es sich um einen selbständig anfechtbaren, kantonal letztinstanzlichen (vgl. Art. 59 Abs. 1 lit. b StPO) Zwischenentscheid, gegen den gemäss Art. 78 ff. in Verbindung mit Art. 92 BGG die Beschwerde in Strafsachen an das Bundesgericht offen steht. 1.2. Mit der Beschwerde an das Bundesgericht kann insbesondere die Verletzung von Bundesrecht gerügt werden (Art. 95 lit. a BGG). Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG), prüft die bei ihm angefochtenen Entscheide aber grundsätzlich nur auf Rechtsverletzungen hin, die von den Beschwerdeführern geltend gemacht und begründet werden (vgl. Art. 42 Abs. 2 BGG; vgl. auch Art. 106 Abs. 2 BGG). 2. Art. 56 StPO zählt verschiedene Gründe auf, die zum Ausstand von in einer Strafbehörde tätigen Personen führen. Nach Art. 56 lit. f StPO trifft dies namentlich aus anderen (als den in lit. a-e der gleichen Bestimmung genannten) Gründen zu, insbesondere wenn die in der Strafverfolgung tätige Person wegen Freundschaft oder Feindschaft mit einer Partei oder deren Rechtsbeistand befangen sein könnte. Art. 56 StPO konkretisiert die Verfassungsbestimmung von Art. 30 Abs. 1 BV. Danach hat jede Person Anspruch darauf, dass ihre Sache von einem unparteiischen, unvoreingenommenen und unbefangenen Richter ohne Einwirken sachfremder Umstände entschieden wird. Art. 30 Abs. 1 BV soll zu der für einen korrekten und fairen Prozess erforderlichen Offenheit des Verfahrens im Einzelfall beitragen und damit ein gerechtes Urteil ermöglichen. Die Garantie des verfassungsmässigen Richters wird verletzt, wenn bei objektiver Betrachtung Gegebenheiten vorliegen, die den Anschein der Befangenheit oder die Gefahr der Voreingenommenheit zu begründen vermögen. Solche Umstände können entweder in einem bestimmten Verhalten des betreffenden Richters oder in gewissen äusseren Gegebenheiten funktioneller und organisatorischer Natur begründet sein (<ref-ruling> E. 3.4 S. 116). Bei der Anwendung von Art. 56 lit. f StPO ist entscheidendes Kriterium, ob bei objektiver Betrachtungsweise der Ausgang des Verfahrens noch als offen erscheint. Die Mehrfachbefassung mit derselben Angelegenheit, nicht zuletzt im Zusammenhang mit einem prozessualen Zwischenentscheid, genügt dafür ebenfalls nicht, solange das Verfahren noch als offen erscheint (vgl. das Urteil des Bundesgerichts 1B_170/2012 vom 19. Juni 2012 E. 4.2). Nach der bundesgerichtlichen Rechtsprechung erscheint es insbesondere heikel, wenn verschiedene Teilnehmer einer gleichen Straftat durch dasselbe Richtergremium beurteilt werden, nachdem dieses bereits einmal in der Sache entschieden hat. Ausschlaggebend dafür, ob ein Schuldvorwurf wegen der Beurteilung eines Mitbeschuldigten in einem separaten Verfahren als nicht mehr offen gilt, sind jedoch die konkreten Umstände (vgl. das Urteil des Bundesgerichts 1P.648/2002 vom 4. März 2003). 3. 3.1. Mit dem Teilurteil vom 11. Dezember 2013 stellte das Bezirksgericht Affoltern in der Zusammensetzung der drei Richter, deren Ausstand der Beschwerdeführer verlangt, fest, der des Mordes angeklagte Beschwerdeführer habe die ihm vorgeworfene Tathandlung vom 7. Januar 2009 begangen. In diesem Punkt haben sich die Bezirksrichter demnach bereits festgelegt, auch wenn Anschlussfragen wie das Schuldmass und die Folgen auf Seiten des Beschwerdeführers wie insbesondere die ihm allenfalls aufzuerlegende Sanktion noch offen sind (vgl. Art. 342 StPO). Mit der Nachtragsanklage wird wiederum dem Beschwerdeführer Gefährdung des Lebens, Nötigung und Widerhandlung gegen das Waffengesetz vorgeworfen. Es steht mithin nicht - wie im vom Beschwerdeführer angerufenen Urteil des Bundesgerichts 1P.648/2002 vom 4. März 2003 - die Beteiligung anderer Täter an der bereits beurteilten Tathandlung in Frage, sondern es geht um die Beurteilung einer anderen Straftat des gleichen mutmasslichen Täters. Dass derselbe Richter oder das gleiche Richtergremium eine andere Tat desselben Angeklagten im gleichen oder in einem späteren Strafverfahren beurteilt, stellt nach ständiger Praxis keine massgebliche Vorbefassung und damit keinen Ausstandsgrund dar. Zu prüfen ist, ob allenfalls der Zusammenhang zwischen der bereits beurteilten Tathandlung und dem nachträglich angeklagten neuen Tatvorwurf im vorliegenden Fall zu einer ausnahmsweise anderen Beurteilung führt, weil der Ausgang des zweiten Strafverfahrens nicht mehr offen erscheint. 3.2. Der Beschwerdeführer soll nach Begehung der ersten Tat die mutmassliche Hauptzeugin derselben bedroht und zum Schweigen aufgefordert haben. Dabei handelt es sich um eine Folgetat im Anschluss an die erste Tathandlung, die massgeblich von der Aussage des mutmasslichen Opfers abhängt, das bereits eine wesentliche Zeugin der ersten bereits beurteilten Tat ist. Allerdings ist nicht bekannt, welchen Stellenwert das Bezirksgericht Affoltern bei der Beurteilung der als Mord angeklagten Tathandlung der Aussage der Zeugin, des mutmasslichen Opfers der Zweittat, beigemessen hat, weil die entsprechende Urteilsbegründung noch nicht vorliegt. Darauf kommt es aber nicht an. Trotz des zeitlichen und sachlichen Zusammenhangs von Haupt- und Folgetat handelt es sich um zwei verschiedene Tatvorwürfe. Wie auch immer das Bezirksgericht Affoltern in seinem Teilurteil vom 11. Dezember 2013 die Glaubwürdigkeit der Zeugin und zugleich des mutmasslichen Opfers der Nachfolgetat eingeschätzt hat, bleiben die Richter für die Beurteilung der Folgetat frei. Es geht um zwei verschiedene Tatvorwürfe, bei denen grundsätzlich davon ausgegangen werden kann, dass die Richter fähig und willens sind, die Tatumstände auch separat nach der jeweils vorliegenden Beweislage zu prüfen und zu beurteilen, sofern es nicht besondere Anhaltspunkte dafür gibt, dass dem nicht so ist. Der Sachzusammenhang für sich allein genügt für die Annahme von Vorbefassung oder Voreingenommenheit nicht. Massgebliche besondere Hinweise für eine solche Ausnahme werden jedoch nicht geltend gemacht und sind auch nicht ersichtlich. Der Beschwerdeführer begründet den angeblichen Anschein von Befangenheit einzig mit dem engen Zusammenhang der beiden mutmasslichen Straftaten. Das genügt zur Rechtfertigung des Ausstandes der beteiligten Richter nicht. Vielmehr erscheint der Verfahrensausgang für den Vorwurf der Zweittat weiterhin offen. 3.3. Der angefochtene Beschluss verstösst demnach nicht gegen Bundesrecht. 4. 4.1. Die Beschwerde erweist sich als unbegründet und ist abzuweisen. 4.2. Dem offenkundig bedürftigen unterliegenden Beschwerdeführer, dessen Rechtsbegehren nicht als von vornherein aussichtslos erscheinen, ist für das bundesgerichtliche Verfahren antragsgemäss die unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung mit seinem Rechtsvertreter zu gewähren (vgl. Art. 64 BGG). Damit sind keine Kosten zu erheben, und es ist dem Rechtsvertreter des Beschwerdeführers eine angemessene Parteientschädigung aus der Bundesgerichtskasse auszurichten. 4.3. Mit dem Entscheid in der Sache wird das Gesuch um Erteilung der aufschiebenden Wirkung gegenstandslos.
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege für das bundesgerichtliche Verfahren wird gutgeheissen und es wird dem Beschwerdeführer Rechtsanwalt Dr. Stefan Flachsmann als unentgeltlicher Rechtsbeistand beigegeben. 3. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 4. Rechtsanwalt Dr. Stefan Flachsmann wird aus der Gerichtskasse eine Entschädigung von Fr. 2'000.-- ausgerichtet. 5. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Bezirksgericht Affoltern und dem Obergericht des Kantons Zürich, III. Strafkammer, und zur Kenntnis der Staatsanwaltschaft IV des Kantons Zürich, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 30. Juni 2015 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Fonjallaz Der Gerichtsschreiber: Uebersax
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2,007
de
Sachverhalt: A. A._ (Beschwerdeführer) war seit Ende 1996/Anfang 1997 für die inzwischen verstorbenen Eltern von C.B._, D.B._ und E.B._ (Beschwerdegegnerinnen) beratend tätig. Die Eltern der Beschwerdegegnerinnen nahmen innert kurzer Zeit eine umfangreiche Umschichtung ihres Vermögens vor, die mehrere Käufe bzw. Verkäufe von Immobilien beinhaltete. Der Vater der Beschwerdegegnerinnen, F.B._, verkaufte insbesondere sein Mehrfamilienhaus in Zürich-Oerlikon mit Vertrag vom 23. Februar 1998 an H.G._ und I.G._ zum Preis von Fr. 850'000.--. Das Ehepaar G._ war F.B._ vom Beschwerdeführer vermittelt worden. B. Die Beschwerdegegnerinnen belangten den Beschwerdeführer am 16. November 2001 beim Kantonsgericht des Kantons Zug auf Bezahlung von Fr. 250'000.-- zuzüglich Zins seit 23. Februar 1998. Am 12. Juni 2006 verpflichtete das Kantonsgericht den Beschwerdeführer in teilweiser Gutheissung der Klage, den Beschwerdegegnerinnen Fr. 122'000.-- nebst Zins zu 5 % seit 23. Februar 1998 zu bezahlen. Es kam zum Schluss, dass der Beschwerdeführer im Zusammenhang mit dem Verkauf der Liegenschaft in Zürich-Oerlikon seine auftragsrechtlichen Treue- und Aufklärungspflichten verletzt habe und den Beschwerdegegnerinnen daher Schadenersatz in der Höhe von Fr. 112'000.-- schulde. Zusätzlichen Schadenersatz im Betrag von Fr. 10'000.-- müsse der Beschwerdeführer aufgrund nicht gehöriger Erfüllung des Kaufvertrags bezüglich der Liegenschaft Horgen leisten. Mit kantonaler Berufung gelangte der Beschwerdeführer an das Obergericht des Kantons Zug. Er beantragte, das Urteil des Kantonsgerichts im Betrag von Fr. 112'000.-- nebst Zins aufzuheben und die Klage in diesem Umfang abzuweisen. Die Bezahlung des Schadenersatzes von Fr. 10'000.-- betreffend die Liegenschaft Horgen akzeptierte er. Das Obergericht wies am 11. September 2007 die kantonale Berufung ab und bestätigte das Urteil des Kantonsgerichts. C. Mit Beschwerde in Zivilsachen begehrt der Beschwerdeführer, das Urteil des Obergerichts vom 11. September 2007 vollumfänglich aufzuheben. Die Klage sei abzuweisen, eventuell zur Neubeurteilung an die kantonalen Vorinstanzen zurückzuweisen. Die Beschwerdegegnerinnen beantragen, die Beschwerde abzuweisen. Das Obergericht schliesst ebenfalls auf Abweisung der Beschwerde. D. Der Beschwerde wurde mit Präsidialverfügung vom 14. November 2007 die aufschiebende Wirkung gewährt.
Erwägungen: 1. Mit Beschwerde in Zivilsachen, deren Sachurteilsvoraussetzungen nach <ref-law> vorliegend grundsätzlich erfüllt sind und zu keinen Bemerkungen Anlass geben, können Rechtsverletzungen gemäss Art. 95 und 96 BGG gerügt werden. Die Beschwerde ist hinreichend zu begründen, andernfalls wird darauf nicht eingetreten. In der Beschwerdeschrift ist in gedrängter Form darzulegen, inwiefern der angefochtene Akt Recht verletzt (<ref-law>). Die Feststellung des Sachverhaltes kann nur gerügt werden, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruht und wenn die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (<ref-law>). "Offensichtlich unrichtig" bedeutet dabei "willkürlich" (<ref-ruling> E. 1.2.2). Auf ungenügend begründete Rügen und rein appellatorische Kritik tritt das Bundesgericht nicht ein. 2. Der Beschwerdeführer rügt eine Verletzung von <ref-law> und <ref-law>, weil die Vorinstanz zu Unrecht das Vorliegen eines "genügenden bzw. adäquaten Kausalzusammenhangs" bejaht habe. 2.1 Die Vorinstanz erwog, der Beschwerdeführer sei bezüglich des Verkaufs der Liegenschaft in Zürich-Oerlikon für die Eheleute B._ im Auftragsverhältnis nach <ref-law> und gleichzeitig für das Ehepaar G._ als Mäkler nach <ref-law> tätig gewesen. Gegenüber den Eheleuten B._ habe er nicht offen gelegt, dass er zugleich als Mäkler für das Ehepaar G._ tätig sei. Mit diesem Verhalten habe er gegen die ihm obliegende Aufklärungspflicht verstossen und somit eine Vertragsverletzung begangen. Die Vorinstanz schützte die Erwägungen des Kantonsgerichts zum hypothetischen Kausalzusammenhang. Das Kantonsgericht führte aus, dieser sei zu bejahen, da anzunehmen sei, F.B._ hätte die Liegenschaft am 23. Februar 1998 nicht zum Preis von Fr. 850'000.-- an das Ehepaar G._ verkauft, wenn er vom Beschwerdeführer darüber aufgeklärt worden wäre, dass dieser gleichzeitig für das Ehepaar G._ als Mäkler tätig sei und von ihnen bereits ein Mäklerhonorar von Fr. 100'000.-- (d.h. über 11 % des Kaufpreises) erhalten habe. 2.2 Ob ein natürlicher Kausalzusammenhang zwischen dem geltend gemachten Schaden und dem haftungsbegründenden Verhalten gegeben ist, beschlägt die tatsächlichen Verhältnisse (<ref-ruling> E. 2.2; <ref-ruling> E. 5.3 S. 601 mit Hinweisen). Ebenso liegt eine Tatfrage vor, wenn zu entscheiden ist, ob der Schaden nach dem hypothetischen Geschehensablauf auch bei Vornahme der pflichtwidrig unterlassenen Handlung eingetreten wäre (sogenannter hypothetischer Kausalzusammenhang), sofern die entsprechende Schlussfolgerung auf dem Weg der Beweiswürdigung aus konkreten Anhaltspunkten getroffen wurde und nicht ausschliesslich auf allgemeiner Lebenserfahrung beruht (<ref-ruling> E. 5d; <ref-ruling> E. 5a/b, je mit Hinweisen). Diese Voraussetzung ist im vorliegenden Fall erfüllt. Die Vorinstanz bestätigte nicht allein gestützt auf die allgemeine Lebenserfahrung die Auffassung des Kantonsgerichts, wonach eine Aufklärung über das Vorliegen des Mäklerverhältnisses dazu geführt hätte, dass F.B._ die Liegenschaft nicht für Fr. 850'000.--, sondern zum höheren Marktpreis verkauft hätte. Sie zog diesen Schluss namentlich in Würdigung der Vereinbarung "Regelungen per 20. Nov. 1997 der Vermögensverhältnisse" sowie der Aussagen des Zeugen K._ und des Beschwerdeführers. Somit hat die Vorinstanz in tatsächlicher Hinsicht das Vorliegen des hypothetischen Kausalzusammenhangs bejaht. 2.3 Die Rüge des Beschwerdeführers, es liege eine Bundesrechtsverletzung vor, weil die Vorinstanz zu Unrecht von einem "genügenden bzw. adäquaten Kausalzusammenhang" ausgegangen sei, beruht auf einem unzutreffenden Verständnis des angefochtenen Entscheids. Denn der Beschwerdeführer verkennt, dass es sich bei vorliegender Problematik des Kausalzusammenhangs nicht um eine Rechtsfrage handelt, sondern um eine Tatfrage (vgl. Erwägung 2.2). Die Vorinstanz hat mit Bejahung des Vorliegens der hypothetischen Kausalität eine tatsächliche Feststellung getroffen, an die das Bundesgericht unter Vorbehalt der in Art. 97 bzw. <ref-law> genannten Ausnahmen gebunden ist (<ref-law>). Der Beschwerdeführer erhebt keine Sachverhaltsrüge nach <ref-law>. Eine solche kann auch nicht in seinen Ausführungen erblickt werden, mit denen er in appellatorischer Weise aufzeigt, wie die Vereinbarung "Regelungen per 20. Nov. 1997 der Vermögensverhältnisse" und seine Aussagen anlässlich der Parteibefragung vom 26. März 2003 seines Erachtens zu würdigen gewesen wären. Zudem ist nicht ersichtlich, inwiefern die Ausführungen der Vorinstanz zum hypothetischen Kausalzusammenhang offensichtlich unrichtig wären. 3. Der Beschwerdeführer bringt weiter verschiedene Rügen dagegen vor, dass die Vorinstanz das Vorliegen eines Schadens in der Höhe von Fr. 112'000.-- für erwiesen hielt. 3.1 Die Feststellungen über Bestand und Umfang des Schadens sind tatsächlicher Natur, an die das Bundesgericht grundsätzlich gebunden ist (<ref-law>). Als Rechtsfragen werden indes frei geprüft, ob das kantonale Sachgericht einen zutreffenden Rechtsbegriff des Schadens verwendet und den Schaden nach zutreffenden Rechtsgrundsätzen berechnet hat (<ref-ruling> E. 6.2 S. 576; <ref-ruling> E. 2e; <ref-ruling> E. 3c, je mit Hinweisen). 3.2 Das Kantonsgericht führte aus, der Beschwerdeführer hafte für die Differenz zwischen dem auf Fr. 990'000.-- geschätzten Verkehrswert im Zeitpunkt des Verkaufs der Liegenschaft und dem Verkaufspreis von Fr. 850'000.--, abzüglich der Grundstückgewinnsteuer von 20 %, die auf der Differenz von Fr. 140'000.-- angefallen wäre. Der so festgesetzte Schaden im Betrag von Fr. 112'000.-- wurde von der Vorinstanz bestätigt. 3.3 Der Beschwerdeführer legt seiner ersten Rüge einen Verkehrswert der Liegenschaft von Fr. 905'000.-- zugrunde, ohne eine entsprechende Sachverhaltsrüge zu erheben. Er tut nicht dar, inwiefern die vorinstanzliche Festsetzung des Verkehrswerts auf Fr. 990'000.-- offensichtlich unrichtig sein sollte, sondern führt lediglich aus, der gerichtliche Experte L._ habe den Verkehrswert der Liegenschaft auf Fr. 905'000.-- geschätzt. Auf diese Rüge ist demnach nicht einzutreten. 3.4 Der Beschwerdeführer rügt weiter, der gerichtliche Experte habe in seinem Ergänzungsgutachten vom 20. Januar 2006 ausgeführt, der Verkaufspreis von Fr. 850'000.-- liege 5 % bis 6 % unter dem von ihm ermittelten Schätzwert. Halte man sich die "Regelungen per 20. Nov. 1997 der Vermögensverhältnisse" vor Augen, wonach sich die Beschwerdegegnerinnen mit dem von F.B._ fixierten, 10 % unter dem Schätzwert der Bank liegenden Verkaufspreis von Fr. 850'000.-- einverstanden erklärten, könne nicht die Rede von einem Vermögensschaden sein. Der Beschwerdeführer sieht darin - ohne nähere Begründung - sowohl eine Bundesrechtsverletzung als auch eine offensichtlich unrichtige Sachverhaltsfeststellung i.S.v. <ref-law>. Wie bereits die Vorinstanz festhielt, beruht die Feststellung des Gutachters, wonach der Verkaufspreis von Fr. 850'000.-- 5 % bis 6 % unter dem eigenen Schätzwert und somit im normalen Streubereich liege, auf einem Schätzwert von Fr. 900'000.--. Demzufolge stützt sich der Beschwerdeführer wiederum nicht auf den von der Vorinstanz festgestellten Verkehrswert von Fr. 990'000.--, ohne aufzuzeigen, inwiefern dieser offensichtlich unrichtig wäre. Somit erweist sich auch diese Rüge als unzulässig. 3.5 Schliesslich macht der Beschwerdeführer sinngemäss geltend, der Schaden sei nach unzutreffenden Rechtsgrundsätzen berechnet worden. Von der Differenz zwischen dem Verkehrswert und Verkaufspreis hätten nicht nur die im Kanton Zürich anfallende Grundstückgewinnsteuer von 20 %, sondern auch der übliche hälftige Anteil an den Kosten der Handänderung und die üblichen Kosten eines Mäklers in der Höhe von 2 % der Verkaufssumme abgezogen werden müssen. Den Einwand betreffend Abzug eines Anteils an den Handänderungskosten berücksichtigte die Vorinstanz nicht, weil der Beschwerdeführer diese in keiner Weise beziffert hatte. Der Beschwerdeführer zeigt keine Bundesrechtsverletzung auf, wenn er dagegen vorbringt, er sei nicht Vertragspartei jenes Immobiliengeschäfts gewesen, weshalb er keine Angaben zu den Handänderungskosten machen könne. Um eine hinlängliche Substanziierung vorzunehmen, war die Eigenschaft als Vertragspartei nicht erforderlich, zumal er an jenem Immobiliengeschäft als Berater bzw. Vermittler beteiligt war. Auch das Vorbringen zum Abzug der Mäklerprovision ist unbehelflich, da der Beschwerdeführer nach Feststellung der Vorinstanz von den Eltern der Beschwerdegegnerinnen für seine Tätigkeit im Zusammenhang mit dem Verkauf der Liegenschaft bereits nach Aufwand entschädigt wurde. 4. Aus diesen Gründen ist die Beschwerde abzuweisen, soweit darauf eingetreten werden kann. Bei diesem Verfahrensausgang wird der Beschwerdeführer kosten- und entschädigungspflichtig (Art. 66 Abs. 1 und Art. 68 Abs. 2 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 5'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Der Beschwerdeführer hat die Beschwerdegegnerinnen für das bundesgerichtliche Verfahren mit insgesamt Fr. 6'000.-- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Zug, Zivilrechtliche Abteilung, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 21. Dezember 2007 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin: Corboz Sommer
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2,014
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Faits: A. D._ a accompli une période d'affectation au service civil en 2005/2006 et a entrepris des démarches pour organiser une deuxième période d'affectation simultanément à l'achèvement de ses études: il a pris contact avec la «Fondation X._», y a effectué une journée d'essai le 5 juin 2012, a obtenu sa maîtrise universitaire en géographie et sciences du territoire le 22 juin 2012, a convenu d'une période d'affectation le 26 juillet 2012 et a rempli ses obligations auprès de l'institution mentionnée du 1er octobre 2012 au 1er février 2013. Il a revendiqué son droit aux allocations pour perte de gain (APG) le 22 décembre 2012, expliquant dans sa requête concernant le mois d'octobre 2012 qu'il subissait une perte salariale importante, puisqu'il avait renoncé à des remplacements rémunérateurs de longue durée dans l'enseignement avec taux d'activité complet. Il a produit des attestations à l'appui de ses allégations. La caisse cantonale genevoise de compensation (ci-après: la CCGC ou la caisse de compensation) a obtenu des informations supplémentaires relatives aux salaires versés en 2012 et au poste de remplaçant évoqué auprès de l'État de Genève puis a reconnu le droit de l'assuré à une allocation journalière minimale de 62 fr.; elle a considéré que l'irrégularité des revenus réalisés entre avril et septembre 2012 ne permettait pas d'aboutir à une autre solution et que le salaire de référence ne pouvait être ni celui de professeur-remplaçant ni celui de professeur-titulaire, dès lors que le travail auquel l'intéressé avait dû renoncer n'était pas de longue durée et que l'achèvement du cursus universitaire n'était pas intervenu immédiatement avant l'entrée en service (décision du 28 janvier 2013). D._ a contesté la décision, sans succès (décision du 27 février 2013). L'assuré a fait valoir son droit pour les mois de novembre et décembre 2012 ainsi que janvier 2013 les 28 février et 15 mars 2013. Il a en substance développé la même argumentation qu'auparavant. La caisse de compensation a à nouveau reconnu le droit de l'intéressé à une allocation journalière minimale de 62 fr. pour les motifs déjà mentionnés (décision du 18 mars 2013 confirmée sur opposition le 4 avril 2013). B. D._ a déféré les décisions administratives des 27 février et 4 avril 2013 devant la Chambre des assurances sociales de la Cour de justice de la République et canton de Genève les 4 mars et 5 avril suivant. Il a repris son argumentation et a implicitement conclu à la reconnaissance de son droit à une allocation fondée sur un salaire d'enseignant à temps complet. Il a produit plusieurs certificats et attestations à l'appui de ses allégations. La CCGC a conclu au rejet des recours. Les parties ont été auditionnées au cours de la procédure. L'assuré a notamment apporté des précisions sur son parcours universitaire et professionnel, telles que la préparation d'une maîtrise universitaire spécialisée en enseignement secondaire (MASE), ainsi que sur les démarches qu'il avait entreprises pour organiser la seconde période d'affectation. Invitées à se déterminer, les parties ont maintenu leurs positions respectives. L'autorité judiciaire de première instance a joint les causes, a partiellement admis le recours, a annulé les décisions administratives et a renvoyé le dossier à la caisse de compensation pour nouvelle décision au sens des considérants; elle a estimé que l'assuré devait être considéré comme une personne ayant complété sa formation universitaire immédiatement avant d'entrer en service et que, sans la nécessité d'accomplir sa seconde période d'affectation, il aurait vraisemblablement assumé un poste d'enseignant-remplaçant, à mi-temps, dans le cadre de la seconde maîtrise universitaire; elle a par conséquent invité la CCGC à calculer l'allocation journalière due en fonction du salaire inféré des attestations figurant au dossier de 3'474 fr. 40 (jugement du 9 décembre 2013). C. La caisse de compensation recourt contre le jugement dont elle sollicite l'annulation, concluant à la confirmation des décisions des 27 février et 4 avril 2013.
Considérant en droit: 1. Saisi d'un recours en matière de droit public (cf. art. 82 ss LTF) interjeté pour violation du droit fédéral (comprenant les droits fondamentaux) au sens de l'art. 95 let. a LTF, le Tribunal fédéral applique le droit d'office (art. 106 al. 1 LTF). Il statue sur la base des faits retenus par la juridiction précédente (art. 105 al. 1 LTF) qu'il peut rectifier ou compléter d'office si des lacunes et erreurs manifestes apparaissent aussitôt (art. 105 al. 2 LTF). Il n'examine en principe que les griefs allégués et motivés (art. 42 al. 2 LTF) surtout s'il portent sur la violation des droits fondamentaux (art. 106 al. 2 LTF). Il ne peut pas aller au-delà des conclusions des parties (art. 107 al. 1 LTF). Le recourant n'est habilité à critiquer la constatation des faits influant sur le sort du litige que si ceux-ci ont été établis en violation du droit ou de façon manifestement inexacte (art. 97 al. 1 LTF). 2. L'objet du litige est en l'occurrence le droit de l'intimé à des allocations pour perte de gain dans le cadre d'une période d'affectation au service civil. Vu les critiques que la caisse de compensation recourante formule contre le jugement cantonal ainsi que les exigences de motivation et d'allégation prévues à l'art. 42 al. 2 LTF (<ref-ruling> consid. 2.2 p. 550; dans ce sens, voir aussi Florence Aubry Girardin, in: Commentaire de la LTF, 2009, n° 25 ad art. 42 LTF), il s'agit singulièrement d'examiner si le tribunal cantonal pouvait légitimement déduire des circonstances que l'assuré avait achevé sa formation immédiatement avant d'entrer en service et que son allocation devait dès lors être calculée sur la base du salaire initial versé selon l'usage local dans la profession concernée. L'acte attaqué expose les dispositions légales et les principes jurisprudentiels indispensables à la résolution du cas. Il suffit donc d'y renvoyer. 3. 3.1. La juridiction cantonale a constaté que, compte tenu des circonstances établies du cas particulier (diplôme universitaire obtenu le 22 juin 2012 et reçu le 31 juillet 2012; remplacements effectués avant et après la fin des études, en particulier pendant le mois de septembre 2012; remplacement de longue durée proposé à partir du 6 novembre 2012), des spécificités du domaine de l'enseignement dans lequel l'intimé projetait son avenir (contrat d'engagement ne pouvant débuter avant le début de l'année scolaire), des renseignements communiqués par celui-ci (recherche d'une place de remplaçant à plein temps voir dans un autre secteur dès la fin des études pour le cas où l'obligation de servir n'avait pas été agendée pour le mois d'octobre 2012; entreprise de la maîtrise spécialisée en enseignement secondaire et d'un remplacement à 50% depuis le mois de septembre 2013) et des autres éléments figurant au dossier (absence de recherche de travail dans un autre domaine que celui de l'enseignement; obligation d'avoir une maîtrise universitaire spécialisée en enseignement secondaire pour enseigner dans le canton de Genève; incompatibilité de la maîtrise universitaire spécialisée en enseignement secondaire et l'exercice d'un emploi à plein temps), il était vraisemblable que l'assuré avait assumé une place de remplaçant dans l'enseignement à mi-temps dans le contexte de sa maîtrise universitaire en enseignement secondaire dès le mois de septembre 2012 s'il n'avait pas été obligé d'accomplir une période d'affectation à partir du 1er octobre 2012. D'après elle, l'allocation devait donc être déterminée en fonction du salaire usuel pour un tel poste. 3.2. L'administration recourante critique ces conclusions. Elle reproche fondamentalement aux premiers juges d'avoir procédé à une appréciation arbitraire des preuves. Elle conteste tout d'abord le point, selon lequel la formation de l'assuré se serait achevée par l'obtention du diplôme en géographie et sciences du territoire, puisque celui-ci a complété son cursus universitaire par une maîtrise spécialisée en enseignement secondaire. Elle soutient ensuite que la période de latence admise généralement entre la fin d'une formation et le début du service n'est que de quelques dizaines de jours et pas de quatre mois comme en l'espèce, de sorte que l'intimé aurait eu le temps de chercher un emploi. Elle souligne enfin que l'assuré avait échoué à démontrer qu'il aurait postulé pour un travail de longue durée, s'il n'avait pas dû accomplir une période d'affectation, dans la mesure où le seul élément rendu vraisemblable en l'occurrence est le remplacement prévu du 3 décembre 2012 jusqu'au terme de l'année scolaire 2012/2013 auprès du Collège Y._ qui ne saurait en aucun cas être qualifié d'emploi de longue durée. 4. Les critiques de la caisse de compensation recourante sont infondées. 4.1. Contrairement à ce que celle-ci prétend, le fait pour l'intimé d'avoir commencé une maîtrise universitaire spécialisée en enseignement secondaire après l'obtention de la maîtrise universitaire en géographie et sciences du territoire ne suffit pas à démontrer que le tribunal cantonal s'est trompé en considérant que l'assuré avait achevé sa formation, au sens des art. 1 al. 2 let. c et 4 al. 2 seconde phrase RAPG. La maîtrise en géographie et sciences du territoire est effectivement une formation complète en soi qui permet d'accéder à différents métiers, dont l'enseignement, et ne peut être considérée comme une étape vers ce domaine professionnel. S'il est vrai que le Département de l'instruction publique du canton de Genève exige une maîtrise spécialisée en enseignement secondaire - ou un diplôme jugé équivalent - pour enseigner sur son territoire, il n'en demeure pas moins que ladite formation constitue une formation complémentaire technique, visant à permettre une pratique éclairée de l'enseignement et conçue pour accompagner un poste à mi-temps. L'absence de diplôme en enseignement secondaire ne fait donc pas obstacle à l'occupation d'un poste de professeur-remplaçant, ni à l'occupation d'un poste de titulaire, à temps partiel, simultanément à l'accomplissement de ladite formation. Il n'était dès lors pas arbitraire, ni contraire au droit de retenir que l'intimé avait terminé une formation. 4.2. S'agissant par ailleurs de l'immédiateté légalement exigée entre la fin de la formation et le début de la période d'affectation, on remarquera que l'allusion à une pratique considérée comme établie par une juridiction cantonale («délai de latence [...] de quelques dizaines de jours seulement») - non-examinée mais non-annulée par le Tribunal fédéral - ne saurait être qualifiée de «communément admise», dès lors que le Tribunal fédéral n'a pas nécessairement entériné cette soi-disant pratique étant donné son pouvoir d'examen restreint (cf. consid. 1) et qu'on ignore tout des circonstances du cas particulier, d'autant moins que de telles circonstances sont essentielles pour statuer sur le point litigieux, comme le suggèrent les premiers juges. En effet, il ressort des constatations de ceux-ci que l'assuré avait entrepris des démarches afin d'organiser une seconde période d'affectation avant même d'avoir obtenu son diplôme et fait tout ce qui était en son pouvoir pour commencer ladite période le plus rapidement possible, ainsi que l'a attesté la Fondation auprès de laquelle s'est accompli le service civil. On ne saurait en l'espèce imputer à l'intimé les facteurs impondérables rencontrés dans l'organisation de sa seconde période d'affectation de sorte que, même si trois mois s'étaient écoulés entre les moments déterminants, le tribunal cantonal pouvait admettre que la condition de l'immédiateté était remplie sans violer le droit, ni commettre d'arbitraire. On ajoutera enfin qu'il est vain de reprocher à l'assuré de ne pas avoir recherché de travail pendant le délai de latence, dès lors qu'il a été établi par la juridiction cantonale que celui-ci avait effectué un remplacement en septembre 2012 et qu'on ne saurait exiger d'un diplômé qui se destine à l'enseignement qu'il exerce pour la première fois son métier durant les vacances d'été ni de tout individu qu'il entreprenne simultanément l'organisation d'une période d'affectation ainsi que des recherches d'emploi de durée indéterminée dans la mesure où ces deux genres d'activités sont foncièrement incompatibles. 4.3. Compte tenu de ce qui précède, les premiers juges pouvaient légitimement admettre la vraisemblance de l'exercice à 50% d'une activité de remplaçant dans l'enseignement et la préparation d'une maîtrise en enseignement secondaire dès le mois de septembre 2012, pour le cas où la seconde période d'affection n'avait pas commencé le 1er octobre 2012. Les conditions des art. 1 al. 2 let. c et 4 al. 2 seconde phrase RAPG étant réunies, ils n'avaient pas à examiner d'autres cas de figure. Il n'est dès lors pas nécessaire d'examiner le troisième grief soulevé par la caisse de compensation recourante. Son recours doit être rejeté. 5. Vu l'issue du litige, les frais judiciaires sont à la charge de l'administration recourante (art. 66 al. 1 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 500 fr., sont mis à la charge de la caisse de compensation recourante. 3. Le présent arrêt est communiqué aux parties, à la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre des assurances sociales, et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 3 avril 2014 Au nom de la IIe Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse Le Président: Kernen Le Greffier: Cretton
CH_BGer_009
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2,003
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Faits: Faits: A. A.a Du 7 au 9 mars 1991, X._ SA a organisé pour la classe de première gymnasiale scientifique un camp de retraite facultatif à l'Hospice du Grand-Saint-Bernard. Les activités prévues comprenaient des périodes de réflexion et des randonnées à ski avec peaux de phoque, notamment pour accéder à l'Hospice qui est situé à 2469 mètres d'altitude. Dix élèves de cette classe, dont D._ né le 25 juillet 1975, ont participé à cette retraite; certains d'entre eux n'avaient jamais pratiqué le ski à peaux de phoque. Le groupe se trouvait sous la responsabilité du chanoine Z._: sans être ni professeur de ski ni guide patenté, ce dernier était considéré comme un bon montagnard, qui connaissait en particulier la région du Grand-Saint-Bernard pour être monté chaque week-end pendant une année à l'Hospice. A.b Le 8 mars 1991, Z._ a décidé d'effectuer l'après-midi une excursion à peaux de phoque avec ses élèves jusqu'à la selle du Petit-Mont-Mort, située 500 mètres en aval du sommet. Ce jour-là, les conditions météorologiques étaient mauvaises: le vent soufflait à 45 km/h avec des rafales fréquentes à 75 km/h et il neigeait. La veille, il était tombé entre 10 et 20 centimètres de neige fraîche sur la crête principale des Alpes, dont le Col du Grand-Saint-Bernard fait partie. Selon le bulletin de l'Institut fédéral pour l'étude de la neige et des avalanches (IFENA) du 7 mars 1991, le risque local d'avalanches était important au-dessus de 1500 mètres; le bulletin du 8 mars 1991 parlait de grand danger local d'avalanches sur le versant sud et la crête principale des Alpes. La course effectuée par le chanoine Z._ et son groupe de skieurs est techniquement facile; elle dure entre 45 minutes et deux heures, retour compris, pour un dénivelé de 130 mètres environ. L'itinéraire est protégé sur toute sa longueur, à l'exception du dernier tronçon, par la grosse moraine qui sert aussi d'abri naturel à l'Hospice; il ne coupe à aucun moment un couloir d'avalanche. De mémoire humaine, le trajet en question n'avait jamais été pris sous une avalanche avant le 8 mars 1991 et cette course était et est toujours considérée par les guides et les montagnards locaux comme un "parcours de mauvais temps", sûr pratiquement en toutes circonstances. Z._ avait effectué cette randonnée entre 50 et 100 fois. A.c Le 8 mars 1991 vers 14 h 00, Z._ est parti avec ses élèves auxquels s'étaient joints deux autres jeunes. Les élèves étaient correctement équipés. Malgré certaines réticences, tous les élèves ont pris part à la course de leur plein gré. Seul Z._ était porteur d'un appareil de détection en cas d'avalanche (barryvox), ce qui était conforme aux usages en vigueur en 1991. Vers 14 h 15, à 300 mètres environ de leur but, Z._ et ses skieurs ont croisé un autre groupe mené par le prieur de l'Hospice qui, parti à 13 h 40 environ, redescendait du Petit-Mont-Mort. Le prieur n'avait discerné aucun danger sur l'itinéraire. Vers 14 h 30, le groupe de Z._ progressait dans une petite cuvette longue de 20 à 30 mètres qu'il ne faut pas plus d'une minute pour traverser à peaux de phoque. A cet instant, s'est déclenchée une avalanche dont la zone de rupture se trouvait dans un compartiment de terrain séparé de la cuvette par une crête, à un kilomètre en amont. La masse neigeuse, qualifiée de très importante, est descendue, pour l'essentiel, dans la Combe-des-Morts, soit derrière la moraine protégeant l'avancée du groupe et l'Hospice. Cependant, un cône de neige, d'une largeur de 4 à 5 mètres et d'une hauteur de 3 mètres à 3 mètres 50, s'est détaché de l'avalanche, a quitté le cheminement normal de celle-ci et a été projeté par-dessus la crête. Ce cône est alors arrivé verticalement sur le groupe; comme les skieurs avançaient en colonne, leurs skis distants de dix à vingt centimètres les uns des autres, la masse de neige les a ensevelis sur un espace très limité. Le skieur en queue de colonne a pu se dégager seul et donner l'alerte à 14 h 45 à l'Hospice. Les secours ont été rapides et efficaces, mais seuls trois élèves et un participant extérieur ont pu être dégagés en vie; les six autres élèves, au nombre desquels figurait D._, ainsi que Z._ étaient tous décédés, semble-t-il par suffocation immédiate. A.d A la suite de l'accident du 8 mars 1991, une instruction pénale a été ouverte contre le prieur de l'Hospice du Grand-Saint-Bernard. Elle a conduit à un non-lieu. Quant à la dénonciation visant le recteur de X._ S.A., le Juge d'instruction a décidé de ne pas y donner suite. Ces décisions sont définitives et exécutoires. A.e X._ SA a accepté de renoncer à se prévaloir de la prescription jusqu'au 31 décembre 1993. Sur réquisition du 31 décembre 1993, rédigée notamment au nom des hoirs de D._, un commandement de payer lui a été notifié le 6 janvier 1994 avec la mention "dommages-intérêts et interruption de la prescription". La date de remise de la réquisition de poursuite à l'office compétent ou à la poste n'a pas été établie. A.e X._ SA a accepté de renoncer à se prévaloir de la prescription jusqu'au 31 décembre 1993. Sur réquisition du 31 décembre 1993, rédigée notamment au nom des hoirs de D._, un commandement de payer lui a été notifié le 6 janvier 1994 avec la mention "dommages-intérêts et interruption de la prescription". La date de remise de la réquisition de poursuite à l'office compétent ou à la poste n'a pas été établie. B. B.a Le 23 décembre 1994, A._ et B._, les parents de feu D._, ainsi que C._, la soeur du défunt, ont assigné conjointement X._ SA en paiement des sommes de 100'000 fr. à titre de réparation du tort moral et de 30'000 fr. pour les frais d'un traitement psychothérapeutique, intérêts en sus. Les parents demandeurs ont réclamé en outre le paiement de 20'000 fr. pour les frais funéraires. La défenderesse a excipé de la prescription; sur le fond, elle a conclu au déboutement des demandeurs. B.b Au cours de l'instruction, une expertise technique a été confiée à un guide de montagne. Estimant qu'il n'était pas possible d'imputer à Z._ une violation des règles de prudence habituellement observées en la matière, l'expert judiciaire a souligné que le déroulement de l'accident, soit la chute verticale d'un cône de neige, expliquait la position des victimes retrouvées non dispersées, pratiquement en position de marche, et constituait une exception dans toutes les annales des avalanches connues à ce jour. A son avis, l'accident résultait d'un concours de circonstances incroyable que personne, pas même un guide de montagne, ne pouvait prévoir. Tous les professionnels de la montagne entendus ont déclaré que l'accident était dû à la fatalité et non à une erreur humaine. Quant aux guides présents à l'Hospice le jour du drame, ils n'avaient pas perçu de danger d'avalanche et aucun d'entre eux n'aurait déconseillé de faire la course du Petit-Mont-Mort ce jour-là. Enfin, un autre groupe mené par deux guides de montagne avait emprunté l'itinéraire de la Combe-des-Morts, qui traverse le couloir d'avalanches, peu avant le déclenchement de celle-ci. Si ces guides avaient perçu un danger d'avalanche, ils n'auraient pas entrepris cette course. Edité par l'IFENA, un dépliant résume les principes à connaître dans le domaine des excursions en haute montagne. Ce document relève notamment que, en cas de signes d'alarme tels que des avalanches spontanées, de récentes plaques de neige, un déclenchement à distance, des bruits sourds et des fissures lorsque l'on pénètre le manteau neigeux, il est recommandé de respecter des distances de délestage (au moins dix mètres à la montée) et de traverser un à un les zones à risque. B.c Par jugement du 8 août 2001, la Cour civile du Tribunal cantonal vaudois a rejeté toutes les conclusions des demandeurs. En résumé, elle a retenu que les parents du défunt pouvaient fonder leur demande tant sur la responsabilité délictuelle que sur la responsabilité contractuelle, tandis que la soeur de feu D._ ne pouvait se prévaloir que des <ref-law>. En raison de la prescription de la responsabilité aquilienne, seule la responsabilité fondée sur le contrat entrait en ligne de compte pour les parents du de cujus. La responsabilité de la défenderesse n'était cependant pas engagée en l'absence de toute faute de ses auxiliaires. Ce jugement a été confirmé par arrêt de la Chambre des recours du Tribunal cantonal du 20 novembre 2002. B.c Par jugement du 8 août 2001, la Cour civile du Tribunal cantonal vaudois a rejeté toutes les conclusions des demandeurs. En résumé, elle a retenu que les parents du défunt pouvaient fonder leur demande tant sur la responsabilité délictuelle que sur la responsabilité contractuelle, tandis que la soeur de feu D._ ne pouvait se prévaloir que des <ref-law>. En raison de la prescription de la responsabilité aquilienne, seule la responsabilité fondée sur le contrat entrait en ligne de compte pour les parents du de cujus. La responsabilité de la défenderesse n'était cependant pas engagée en l'absence de toute faute de ses auxiliaires. Ce jugement a été confirmé par arrêt de la Chambre des recours du Tribunal cantonal du 20 novembre 2002. C. Les demandeurs ont interjeté un recours en réforme contre le jugement de la Cour civile et un recours de droit public contre l'arrêt de la Chambre des recours. Dans le premier recours, ils ont repris les conclusions qu'ils avaient soumises à la Cour civile. La défenderesse propose le rejet du recours en réforme.
Le Tribunal fédéral considère en droit: Le Tribunal fédéral considère en droit: 1. Aux termes de l'art. 57 al. 5 OJ, il est sursis en règle générale à l'arrêt sur le recours en réforme jusqu'à droit connu sur le recours de droit public. Cette disposition s'applique également lorsque, comme en l'espèce, le recours en réforme est dirigé contre la décision finale d'une autorité suprême cantonale et que le recours de droit public vise la décision rendue sur un recours en nullité cantonal dans la même cause (arrêt 4P.203/2001, du 18 mars 2002, consid. 1). Elle souffre toutefois des exceptions (<ref-ruling> consid. 1a et les références). En effet, il ne se justifie pas de surseoir à statuer sur le recours en réforme lorsque le recours de droit public n'aurait aucune incidence sur la solution du litige (Jean-François Poudret, COJ, n. 5 ad art. 57 OJ p. 464). Il en va ainsi en l'espèce, dès lors que, pour les motifs indiqués ci-après, la demande doit être rejetée sur le fond, quel que soit le sort réservé à la question de la prescription de l'action délictuelle des demandeurs, question qui constitue l'unique objet du recours de droit public dirigé contre l'arrêt rendu par la Chambre des recours dans la même affaire. 1. Aux termes de l'art. 57 al. 5 OJ, il est sursis en règle générale à l'arrêt sur le recours en réforme jusqu'à droit connu sur le recours de droit public. Cette disposition s'applique également lorsque, comme en l'espèce, le recours en réforme est dirigé contre la décision finale d'une autorité suprême cantonale et que le recours de droit public vise la décision rendue sur un recours en nullité cantonal dans la même cause (arrêt 4P.203/2001, du 18 mars 2002, consid. 1). Elle souffre toutefois des exceptions (<ref-ruling> consid. 1a et les références). En effet, il ne se justifie pas de surseoir à statuer sur le recours en réforme lorsque le recours de droit public n'aurait aucune incidence sur la solution du litige (Jean-François Poudret, COJ, n. 5 ad art. 57 OJ p. 464). Il en va ainsi en l'espèce, dès lors que, pour les motifs indiqués ci-après, la demande doit être rejetée sur le fond, quel que soit le sort réservé à la question de la prescription de l'action délictuelle des demandeurs, question qui constitue l'unique objet du recours de droit public dirigé contre l'arrêt rendu par la Chambre des recours dans la même affaire. 2. 2.1 Interjeté par les personnes qui ont succombé dans leurs conclusions condamnatoires et dirigé contre un jugement final rendu en dernière instance cantonale par un tribunal supérieur (art. 48 al. 1 OJ) sur une contestation civile dont la valeur litigieuse atteint le seuil de 8'000 fr. (art. 46 OJ), le recours en réforme est en principe recevable, puisqu'il a été déposé en temps utile (art. 54 al. 1 OJ) dans les formes requises (art. 55 OJ). 2.2 Le recours en réforme est ouvert pour violation du droit fédéral, mais non pour violation directe d'un droit de rang constitutionnel (art. 43 al. 1 OJ) ou pour violation du droit cantonal (<ref-ruling> consid. 2c). L'acte de recours doit être motivé et indiquer succinctement quelles sont les règles de droit fédéral violées par la décision attaquée et en quoi consiste cette violation (art. 55 al. 1 let. c OJ). Saisi d'un recours en réforme, le Tribunal fédéral doit conduire son raisonnement juridique sur la base des faits contenus dans la décision attaquée, à moins que des dispositions fédérales en matière de preuve n'aient été violées, qu'il y ait lieu à rectification de constatations reposant sur une inadvertance manifeste (art. 63 al. 2 OJ) ou qu'il faille compléter les constatations de l'autorité cantonale parce que celle-ci n'a pas tenu compte de faits pertinents et régulièrement allégués (art. 64 OJ; <ref-ruling> consid. 2c). Dans la mesure où un recourant présente un état de fait qui s'écarte de celui contenu dans la décision attaquée sans se prévaloir avec précision de l'une des exceptions qui viennent d'être rappelées, il n'est pas possible d'en tenir compte. L'appréciation des preuves à laquelle s'est livrée l'autorité cantonale ne peut être remise en cause (<ref-ruling> consid. 2c). II ne peut être présenté de griefs contre les constatations de fait, ni de faits ou de moyens de preuve nouveaux (art. 55 al. 1 let. c OJ). Le Tribunal fédéral ne peut aller au-delà des conclusions des parties, mais il n'est pas lié par les motifs qu'elles invoquent (art. 63 al. 1 OJ), ni par l'argumentation juridique retenue par la cour cantonale (art. 63 al. 3 OJ; <ref-ruling> consid. 2c). Le Tribunal fédéral ne peut aller au-delà des conclusions des parties, mais il n'est pas lié par les motifs qu'elles invoquent (art. 63 al. 1 OJ), ni par l'argumentation juridique retenue par la cour cantonale (art. 63 al. 3 OJ; <ref-ruling> consid. 2c). 3. La question de la prescription des prétentions délictuelles des demandeurs contre la défenderesse peut rester ouverte: en raison du rejet du recours sur le fond (infra consid. 4), cette question apparaît sans aucune pertinence pour le sort du litige, de sorte que le Tribunal fédéral n'a pas à l'examiner (cf. Poudret, op. cit., n. 2.2.4 ad art. 63 p. 517). 3. La question de la prescription des prétentions délictuelles des demandeurs contre la défenderesse peut rester ouverte: en raison du rejet du recours sur le fond (infra consid. 4), cette question apparaît sans aucune pertinence pour le sort du litige, de sorte que le Tribunal fédéral n'a pas à l'examiner (cf. Poudret, op. cit., n. 2.2.4 ad art. 63 p. 517). 4. Les demandeurs reprochent aux auxiliaires de la défenderesse de ne pas avoir observé les règles élémentaires de prudence qui imposaient de renoncer à la randonnée fatale: les élèves étaient mal équipés, inexpérimentés et réticents; le temps était très mauvais et, en raison des fortes chute de neige, le risque local d'avalanche était important. Pendant la course, les mesures de précaution n'étaient pas suffisantes: les skieurs étaient trop rapprochés les uns des autres et ils ne portaient pas d'appareils de détection en cas d'avalanche. En argumentant ainsi, les demandeurs critiquent l'application qu'a faite l'autorité intimée des art. 41, 97 et 398 CO. Même si une référence expresse à ces articles de loi fait défaut dans leur recours, celui-ci n'en est pas moins recevable car sa motivation permet de saisir en quoi la décision attaquée est censée violer le droit fédéral (Bernard Corboz, Le recours en réforme au Tribunal fédéral, in SJ 2000 II p. 46). 4.1 A juste titre, la juridiction cantonale a retenu que les parents du défunt étaient liés à la défenderesse par un contrat relevant des règles du mandat, lesquelles sont applicables tant au contrat d'enseignement (Walter Fellmann, Commentaire bernois, n. 175 ad <ref-law>; Pierre Tercier, Les contrats spéciaux, 3e éd., n. 4935) qu'au contrat de guide de montagne (Fellmann, op. cit., n. 442 ad <ref-law>; Laurent Moreillon, La responsabilité civile en cas d'accident de haute montagne, thèse Lausanne 1987, n. 243). Le mandat comporte des obligations accessoires, en particulier celle de prendre les mesures de précaution commandées par les circonstances pour protéger la vie et l'intégrité corporelle de son cocontractant (Ernst. A. Kramer, Commentaire bernois, n. 97 ss ad Allgemeine Einleitung in das schweizerische Obligationenrecht; Fellmann, op. cit., n. 133 ss ad <ref-law>). Pour déterminer concrètement quels sont les devoirs de la prudence, on peut prendre en compte les normes édictées en vue d'assurer la sécurité et d'éviter les accidents. A défaut de dispositions légales ou réglementaires, il est également possible de se référer à des règles analogues qui émanent d'associations privées ou semi-publiques, lorsqu'elles sont généralement reconnues. A supposer qu'aucune norme de sécurité imposant ou interdisant un comportement n'ait été transgressée, il faudra encore se demander si l'auteur s'est conformé aux devoirs généraux de la prudence (<ref-ruling> consid. 2b et les arrêts cités). Pour apprécier le degré de diligence, le juge doit comparer le comportement qu'a eu l'auteur à celui qu'une personne raisonnable et réfléchie aurait tenu pour nécessaire dans les circonstances du cas (Henri Deschenaux/Pierre Tercier, La responsabilité civile, 2e éd., p. 83). 4.2 Parmi les critiques énoncées par les demandeurs, il convient d'en écarter certaines qui sont en contradiction avec les faits tels que les a établis l'autorité intimée. Ainsi, il a été retenu, de manière à lier le Tribunal fédéral en instance de réforme (art. 63 al. 2 OJ), que les élèves étaient correctement équipés et qu'ils avaient tous pris part à la course de leur plein gré. Par ailleurs, il a été établi que la détention d'appareils de détection en cas d'avalanche n'aurait pas permis d'améliorer les secours, ce qui rend également vaine l'argumentation des demandeurs à ce sujet. Enfin, le caractère inexpérimenté de certains élèves apparaît sans incidence sur le déroulement de l'accident. La conclusion inverse se fût éventuellement imposée si l'avalanche meurtrière avait été provoquée par le comportement inadéquat du chef ou de certains membres de la colonne; or, pareil comportement, qui n'a d'ailleurs jamais été allégué, se trouverait en contradiction avec les faits retenus, puisque la chute de neige meurtrière s'est déclenchée dans un compartiment de terrain éloigné et séparé de celui où se trouvaient les randonneurs. En revanche, le point de savoir si la décision d'entreprendre la course en question dans les conditions météorologiques régnant alors contrevenait aux règles de la prudence relève du droit et peut être librement examiné par le Tribunal fédéral. En l'absence de normes de sécurité spécifiques, il faut s'en remettre aux règles générales de la prudence. En matière d'avalanches, le Tribunal fédéral se réfère avant tout au bulletin des avalanches pour déterminer leur caractère prévisible (<ref-ruling> consid. 4d). Cependant, dans la mesure où ces bulletins ne prennent pas en compte les données locales, ils ne suffisent pas au juge pour apprécier le caractère prévisible des mouvements de neige à l'endroit où s'est produit l'accident (dans ce sens: Moreillon, op. cit., n. 453). En effet, même si, le 8 mars 1991, les conditions météorologiques étaient mauvaises, tant en raison du vent qui soufflait en rafales et de la neige qui tombait qu'en raison du risque d'avalanches qui était important au-dessus de 1500 mètres, il faut garder à l'esprit les caractéristiques de l'itinéraire choisi par le chef de course. Il s'agit d'un tracé avec un faible dénivelé, ne coupant à aucun moment un couloir d'avalanche et bénéficiant sur presque toute sa longueur de la protection naturelle qu'offre une grosse moraine contre les chutes de neige. De surcroît, deux autres équipes de randonneurs expérimentés étaient sorties le même jour, sans pressentir de danger sur les parcours qu'elles empruntaient. Dans de telles circonstances, on ne peut prétendre qu'une personne raisonnable et réfléchie aurait adopté un comportement différent de celui tenu par le défunt chef de colonne, qui a choisi d'entreprendre ce jour-là ce que les guides et les montagnards locaux qualifient de "parcours de mauvais temps". Cette appréciation apparaît encore renforcée par le fait que le groupe des élèves de la défenderesse a croisé sur son chemin, une quinzaine de minutes avant le drame, un autre groupe de skieurs menés par le prieur de l'Hospice qui n'avait pas non plus discerné de danger sur l'itinéraire. 4.3 Les demandeur voient dans la très grande proximité des skieurs entre eux au moment de l'accident une imprudence de la part du chef de colonne dans l'organisation du groupe. La progression en montagne peut imposer à un groupe de respecter des distances de délestage, voire de traverser certains passage un à un. Cette règle de prudence est énoncée dans le dépliant de l'IFENA, mais elle n'a pas la portée générale que lui prêtent les demandeurs. En effet, toujours selon ce document, cette mesure de sécurité n'est recommandée qu'en cas de signes concrets d'alarme. De même, la doctrine ne réserve une telle évolution des randonneurs que lorsqu'il faut éviter une surcharge de poids sur la couche neigeuse ou progresser sur une pente exposée (Moreillon, op. cit., n. 469 et 479). Comme aucun danger concret d'avalanche n'était perceptible pour le chef de colonne durant la randonnée, les devoirs généraux de la prudence ne commandaient pas de scinder le groupe en plusieurs unités. Ainsi que le relève la cour cantonale, il paraissait au contraire plus sage de conserver une colonne bien formée pour éviter une perte de contact visuel entre les élèves. Les conditions très particulières de l'avalanche ont certes donné tort au défunt chanoine, mais cela ne suffit pas pour y voir un défaut de diligence puisque, dans ce domaine, il faut s'en tenir à ce qui était normalement prévisible (Deschenaux/Tercier, op. cit., p. 84). 4.4 En conclusion, eu égard au déroulement très particulier du présent accident qui, au dire de l'expert technique, constitue une exception dans toutes les annales des avalanches au point que même un guide de montagne n'aurait pu le prévoir, on ne peut reprocher un défaut de diligence au chef de colonne ou au recteur du collège. Dès lors, la responsabilité de la défenderesse pour le fait de ses auxiliaires (<ref-law>) n'est pas engagée. Aussi l'examen des autres conditions de la responsabilité contractuelle de l'intéressée s'avère-t-il superflu. 4.4 En conclusion, eu égard au déroulement très particulier du présent accident qui, au dire de l'expert technique, constitue une exception dans toutes les annales des avalanches au point que même un guide de montagne n'aurait pu le prévoir, on ne peut reprocher un défaut de diligence au chef de colonne ou au recteur du collège. Dès lors, la responsabilité de la défenderesse pour le fait de ses auxiliaires (<ref-law>) n'est pas engagée. Aussi l'examen des autres conditions de la responsabilité contractuelle de l'intéressée s'avère-t-il superflu. 5. Selon la jurisprudence, les exigences de sécurité que l'on peut déduire du contrat ne vont pas au-delà de celles applicables à la responsabilité délictuelle (<ref-ruling> consid. 2a/bb). Les demandeurs ne prétendent d'ailleurs pas dans leur acte de recours que le devoir de diligence du chef de colonne devrait être analysé de manière distincte sous l'angle des art. 41 et 55 CO. Partant, l'absence de violation du devoir de diligence entraîne aussi bien le rejet de l'action contractuelle que celui de l'action délictuelle, à supposer que celle-ci ne soit pas prescrite. 5. Selon la jurisprudence, les exigences de sécurité que l'on peut déduire du contrat ne vont pas au-delà de celles applicables à la responsabilité délictuelle (<ref-ruling> consid. 2a/bb). Les demandeurs ne prétendent d'ailleurs pas dans leur acte de recours que le devoir de diligence du chef de colonne devrait être analysé de manière distincte sous l'angle des art. 41 et 55 CO. Partant, l'absence de violation du devoir de diligence entraîne aussi bien le rejet de l'action contractuelle que celui de l'action délictuelle, à supposer que celle-ci ne soit pas prescrite. 6. Cela étant, le recours ne peut qu'être rejeté. Par conséquent, l'émolument judiciaire et les dépens afférents à la procédure fédérale seront mis à la charge des demandeurs, avec solidarité entre eux (art. 156 al. 1 et 7 OJ; art. 159 al. 1 et 5 OJ).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 1. Le recours est rejeté. 2. Un émolument judiciaire de 5'500 fr. est mis à la charge des recourants, solidairement entre eux. 2. Un émolument judiciaire de 5'500 fr. est mis à la charge des recourants, solidairement entre eux. 3. Les recourants sont condamnés solidairement à verser à l'intimée une indemnité de 6'500 fr. à titre de dépens. 4. Le présent arrêt est communiqué en copie aux mandataires des parties et à la Cour civile du Tribunal cantonal du canton de Vaud. Lausanne, le 28 août 2003 Au nom de la Ire Cour civile du Tribunal fédéral suisse Le président: Le greffier:
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2,005
fr
Faits: Faits: A. Ressortissant de l'ex-Yougoslavie né le 6 avril 1965, X._ est entré en Suisse le 31 décembre 1990. Il y a résidé et travaillé illégalement jusqu'à son mariage, le 17 janvier 1997, avec Y._, ressortissante suisse. Il s'est alors vu octroyer une autorisation de séjour et de travail qui a été régulièrement renouvelée. Le 5 février 2002, il a obtenu une autorisation d'établissement. En août 2002, le Service de la population du canton de Vaud (ci-après: le Service cantonal) a appris qu'il était divorcé depuis le 16 juillet 2002. A. Ressortissant de l'ex-Yougoslavie né le 6 avril 1965, X._ est entré en Suisse le 31 décembre 1990. Il y a résidé et travaillé illégalement jusqu'à son mariage, le 17 janvier 1997, avec Y._, ressortissante suisse. Il s'est alors vu octroyer une autorisation de séjour et de travail qui a été régulièrement renouvelée. Le 5 février 2002, il a obtenu une autorisation d'établissement. En août 2002, le Service de la population du canton de Vaud (ci-après: le Service cantonal) a appris qu'il était divorcé depuis le 16 juillet 2002. B. Le 16 avril 2003, Z._ a déposé, pour elle-même et pour son fils A._, une demande de visa pour la Suisse afin de rejoindre X._, leur mari et père. Entendu le 11 juin 2004 par la Police lausannoise, X._ a déclaré qu'il était marié à Z._ depuis environ deux ans; ils avaient fait connaissance en 2001 et A._ était né de cette union le 1er octobre 2001. Par décision du 23 septembre 2004, le Service cantonal a révoqué l'autorisation d'établissement de X._ et refusé la délivrance d'une autorisation d'entrée en Suisse, respectivement de séjour au titre du regroupement familial, à Z._ et à son fils A._. Il a retenu en particulier que X._ avait invoqué abusivement son mariage, vidé de toute substance, et qu'il avait fait de fausses déclarations et dissimulé des faits essentiels à l'autorité, ce qui justifiait la révocation de son autorisation d'établissement selon l'art. 9 al. 4 lettre a de la loi fédérale du 26 mars 1931 sur le séjour et l'établissement des étrangers (LSEE; RS 142.20); en outre, compte tenu de cette révocation, la femme et l'enfant de X._ ne pouvaient plus prétendre au regroupement familial, de sorte qu'il n'y avait pas lieu de les autoriser à venir en Suisse. Par décision du 23 septembre 2004, le Service cantonal a révoqué l'autorisation d'établissement de X._ et refusé la délivrance d'une autorisation d'entrée en Suisse, respectivement de séjour au titre du regroupement familial, à Z._ et à son fils A._. Il a retenu en particulier que X._ avait invoqué abusivement son mariage, vidé de toute substance, et qu'il avait fait de fausses déclarations et dissimulé des faits essentiels à l'autorité, ce qui justifiait la révocation de son autorisation d'établissement selon l'art. 9 al. 4 lettre a de la loi fédérale du 26 mars 1931 sur le séjour et l'établissement des étrangers (LSEE; RS 142.20); en outre, compte tenu de cette révocation, la femme et l'enfant de X._ ne pouvaient plus prétendre au regroupement familial, de sorte qu'il n'y avait pas lieu de les autoriser à venir en Suisse. C. Par arrêt du 14 juin 2005, le Tribunal administratif du canton de Vaud (ci-après: le Tribunal administratif) a rejeté le recours de X._ contre la décision du Service cantonal du 23 septembre 2004, confirmé ladite décision et imparti à l'intéressé un délai échéant le 15 juillet 2005 pour quitter le canton de Vaud. D. Agissant par la voie du recours de droit administratif, X._ demande au Tribunal fédéral, sous suite de frais et dépens, d'annuler l'arrêt du Tribunal administratif du 14 juin 2005 et la décision du Service cantonal du 23 septembre 2004; il lui demande en outre de dire que lui-même et "les siens" ont droit respectivement à une autorisation d'établissement, renouvelée si nécessaire, et à des autorisations de séjour au titre du regroupement familial; subsidiai- rement, il demande au Tribunal fédéral de renvoyer le dossier aux "autorités inférieures" pour nouvelle instruction et nouvelle décision dans le sens des considérants. Le recourant reproche notamment au Tribunal administratif d'avoir affirmé qu'il avait menti sans avoir établi que tel était bien le cas ainsi que d'avoir violé son droit d'être entendu et, par là même, commis un déni de justice. Le Tribunal fédéral n'a pas ordonné d'échange d'écritures. Le Tribunal fédéral n'a pas ordonné d'échange d'écritures. E. Par ordonnance du 19 juillet 2005, le Juge présidant la IIe Cour de droit public a refusé de conférer l'effet suspensif au recours.
Le Tribunal fédéral considère en droit: Le Tribunal fédéral considère en droit: 1. Le présent recours est recevable selon les art. 100 al. 1 lettre b ch. 3 et 101 lettre d OJ, en tant qu'il s'en prend à l'arrêt du Tribunal administratif du 14 juin 2005. En revanche, dans la mesure où il est dirigé contre la décision du Service cantonal du 23 septembre 2004, il est irrecevable au regard de l'art. 98 lettre g OJ, car cette décision n'émane pas d'une autorité cantonale statuant en dernière instance. 1. Le présent recours est recevable selon les art. 100 al. 1 lettre b ch. 3 et 101 lettre d OJ, en tant qu'il s'en prend à l'arrêt du Tribunal administratif du 14 juin 2005. En revanche, dans la mesure où il est dirigé contre la décision du Service cantonal du 23 septembre 2004, il est irrecevable au regard de l'art. 98 lettre g OJ, car cette décision n'émane pas d'une autorité cantonale statuant en dernière instance. 2. 2.1 D'après l'art. 7 LSEE, le conjoint étranger d'un ressortissant suisse a droit à l'octroi et à la prolongation de l'autorisation de séjour (al. 1 1ère phrase) et, après un séjour régulier et ininterrompu de cinq ans, il a droit à l'autorisation d'établissement (al. 1 2ème phrase), à moins que le mariage n'ait été contracté dans le but d'éluder les dispositions sur le séjour et l'établissement des étrangers (al. 2), sous réserve au surplus d'un abus de droit manifeste. Il y a abus de droit lorsque le conjoint étranger invoque un mariage n'existant plus que formellement dans le seul but d'obtenir une autorisation de police des étrangers, car cet objectif n'est pas protégé par l'art. 7 al. 1 LSEE (<ref-ruling> consid. 2.2 p. 151; <ref-ruling> consid. 4a p. 104). A l'échéance du délai de cinq ans, le conjoint étranger dispose d'un droit propre et indépendant à une autorisation d'établissement et n'a donc plus besoin de se référer au mariage (ATF <ref-ruling> consid. 4c p. 104/105). Selon l'art. 9 al. 4 lettre a LSEE, l'autorisation d'établissement peut cependant être révoquée lorsque l'étranger l'a obtenue par surprise, en faisant de fausses déclarations ou en dissimulant des faits essentiels. Une simple négligence ne suffit pas; il faut que le requérant ait intentionnellement donné de fausses indications ou dissimulé des faits essentiels dans l'intention d'obtenir l'autorisation d'établissement (<ref-ruling> consid. 3b p. 475). L'étranger est tenu de renseigner exactement l'autorité sur tout ce qui est de nature à déterminer sa décision (art. 3 al. 2 LSEE). Sont essentiels non seulement les faits au sujet desquels l'autorité administrative pose expressément des questions au requérant, mais encore ceux dont il doit savoir qu'ils sont déterminants pour l'octroi de l'autorisation. Il importe peu que l'autorité eût pu découvrir de tels faits par elle-même si elle avait fait preuve de diligence. L'étranger doit en particulier indiquer si la communauté conjugale n'est plus effectivement vécue (arrêt 2A.199/2005 du 13 avril 2005, consid. 2.1). Même lorsque ces conditions sont remplies, l'autorité n'est pas tenue de prononcer la révocation; elle doit examiner les circonstances du cas particulier et dispose d'une certaine marge d'appréciation (<ref-ruling> consid. 4 p. 478). 2.2 Selon l'arrêt attaqué, le recourant a caché aux autorités que sa femme et lui-même s'étaient séparés l'année de leur mariage et qu'il avait eu lui-même un enfant d'une relation extra-conjugale en 2001. Il a donc dissimulé des faits essentiels au sens de l'art. 9 al. 4 lettre a LSEE. Par ailleurs, une fois l'autorisation d'établissement obtenue, le recourant a annoncé la modification de sa situation matrimoniale, qui remontait déjà à plus de quatre ans. En outre, il ressort de l'arrêt attaqué qu'en juin 2001, les époux X._ ont convenu de vivre séparés pour une durée indéterminée et de ne pas introduire de procédure de divorce avant le mois de janvier 2002. Le comportement ainsi adopté par le recourant ne s'explique que par le fait qu'il savait qu'il devait informer les autorités et connaissait les conséquences qu'aurait eues l'annonce de la séparation d'avec sa femme - voire de l'existence d'un enfant adultérin - sur l'octroi d'une autorisation d'établissement. Le fait qu'il ait différé cette annonce ainsi que le début d'une procédure de divorce démontre qu'il avait l'intention de tromper les autorités. C'est donc à juste titre que le Tribunal administratif a confirmé qu'il existait en l'espèce un abus de droit antérieur au délai de cinq ans de l'art. 7 al. 1 LSEE justifiant la révocation de l'autorisation d'établissement sur la base de l'art. 9 al. 4 lettre a LSEE ainsi que le refus d'autorisation d'entrée en Suisse, respectivement de séjour au titre du regroupement familial, pour la femme et l'enfant du recourant. Au surplus, le Tribunal administratif a développé une argumentation convaincante (arrêt attaqué, consid. 1 à 3, p. 3-5) à laquelle on peut se référer (art. 36a al. 3 OJ). Contrairement à ce que soutient le recourant, l'arrêt attaqué se fonde non pas tellement sur des "mensonges" de l'intéressé que sur la dissimulation de faits essentiels qu'il aurait dû annoncer selon l'art. 3 al. 2 LSEE. Au demeurant, les faits pertinents retenus par le Tribunal administratif ne sont pas contestés par le recourant. Contrairement à ce que soutient le recourant, l'arrêt attaqué se fonde non pas tellement sur des "mensonges" de l'intéressé que sur la dissimulation de faits essentiels qu'il aurait dû annoncer selon l'art. 3 al. 2 LSEE. Au demeurant, les faits pertinents retenus par le Tribunal administratif ne sont pas contestés par le recourant. 3. 3.1 Le recourant reproche au Tribunal administratif d'avoir violé son droit d'être entendu et, par là même, commis un déni de justice, en ne procédant pas à l'audition de témoins qu'il avait requise; l'autorité intimée lui a imparti un délai pour produire des déclarations écrites desdits témoins, mais n'a même pas évoqué "ces récits écrits" dans l'arrêt attaqué. 3.2 Le droit d'être entendu découlant de l'art. 29 al. 2 Cst. ne comprend pas le droit d'être entendu oralement, ni celui d'obtenir l'audition de témoins. En effet, l'autorité peut mettre un terme à l'instruction lorsque les preuves administrées lui ont permis de former sa conviction et que, procédant d'une manière non arbitraire à une appréciation anticipée des preuves qui lui sont encore proposées, elle a la certitude que ces dernières ne pourraient l'amener à modifier son opinion (<ref-ruling> consid. 2.1 p. 428/429). 3.3 Le Tribunal administratif n'a pas procédé à une audition de témoins, mais il a donné la possibilité au recourant de produire des déclarations écrites des personnes qu'il voulait faire entendre. De plus, le recourant n'indique pas quel fait pertinent ignoré de l'autorité intimée n'aurait pu être établi que par une audition de témoins. Le Tribunal administratif n'a donc pas violé le droit d'être entendu de l'intéressé au regard de la jurisprudence rappelée ci-dessus (consid. 3.2) ni, par conséquent, commis un déni de justice. 3.3 Le Tribunal administratif n'a pas procédé à une audition de témoins, mais il a donné la possibilité au recourant de produire des déclarations écrites des personnes qu'il voulait faire entendre. De plus, le recourant n'indique pas quel fait pertinent ignoré de l'autorité intimée n'aurait pu être établi que par une audition de témoins. Le Tribunal administratif n'a donc pas violé le droit d'être entendu de l'intéressé au regard de la jurisprudence rappelée ci-dessus (consid. 3.2) ni, par conséquent, commis un déni de justice. 4. Vu ce qui précède, le présent recours est manifestement mal fondé en tant que recevable. Il doit être rejeté dans la mesure où il est recevable, selon la procédure simplifiée de l'art. 36a OJ. Succombant, le recourant doit supporter les frais judiciaires (art. 156 al. 1, 153 et 153a OJ) et n'a pas droit à des dépens (art. 159 al. 1 OJ).
Par ces motifs, vu l'art. 36a OJ, le Tribunal fédéral prononce: Par ces motifs, vu l'art. 36a OJ, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 2. Un émolument judiciaire de 2'000 fr. est mis à la charge du recourant. 2. Un émolument judiciaire de 2'000 fr. est mis à la charge du recourant. 3. Le présent arrêt est communiqué en copie au mandataire du recourant, au Service de la population et au Tribunal administratif du canton de Vaud ainsi qu'à l'Office fédéral des migrations. Lausanne, le 2 septembre 2005 Au nom de la IIe Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le président: La greffière:
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2,009
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Vu: la lettre du 9 décembre 2008 par laquelle B._ a déclaré retirer sa demande de révision, formée le 20 novembre 2008 (timbre postal), à l'encontre de l'arrêt du Tribunal fédéral du 25 septembre 2008 (cause 8C_271/2008),
considérant: que la cause doit être rayée du rôle en application des art. 32 al. 2 et 71 LTF, en relation avec l'<ref-law>, qu'il se justifie en appliquant l'<ref-law> de statuer sans frais judiciaires,
par ces motifs, le Juge instructeur ordonne: 1. La cause est radiée du rôle par suite de retrait de la demande de révision. 2. Il n'est pas perçu de frais judiciaires. 3. La présente ordonnance est communiquée aux parties, au Tribunal cantonal des assurances sociales de la République et canton de Genève et au Secrétariat d'Etat à l'économie. Lucerne, le 15 janvier 2009 Au nom de la Ire Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse Le Juge instructeur: La Greffière: Frésard von Zwehl
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2,006
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. A.a Die 1961 geborene P._ war als Mitarbeiterin der Firma X._ AG bei der Zürich Versicherungs-Gesellschaft (nachfolgend: Zürich) obligatorisch unfallversichert. Am 15. Oktober 1998 zerbrach eine Spanplatte, auf der die Versicherte stand, worauf diese stürzte und sich gemäss dem von ihrem am 20. Oktober 1998 konsultierten Hausarzt, Dr. med. G._, FMH für Innere Medizin, am 7. November 1998 ausgestellten Arztzeugnis UVG eine Kontusion lumbal rechts mit Verdacht auf Hämatombildung zuzog. Die Zürich erbrachte die gesetzlichen Leistungen (Heilbehandlung, Taggeld) für die gemäss Unfallschein am 8. Dezember 1998 endende ärztliche Behandlung und für eine bis 1. Dezember 1998 dauernde Arbeitsunfähigkeit (100 % von 20. Oktober 1998 bis 7. November 1998; 50 % von 8. November 1998 bis 1. Dezember 1998). A.b Anfangs 2001 meldete die Versicherte der Zürich einen ersten Rückfall im Zusammenhang mit einer am 27. November 2000 begonnenen Behandlung und einer vom 27. November 2000 bis zum 24. Dezember 2000 dauernden Arbeitsunfähigkeit (100 % von 27. November 2000 bis 4. Dezember 2000; 50 % von 5. Dezember 2000 bis 24. Dezember 2000). Der Hausarzt diagnostizierte ein Schultergürtelsyndrom sowie eine Chronic pelvic inflammation (erstes ärztliches Zeugnis UVG, zugleich Schlusszeugnis, des Dr. med. G._ vom 28. Februar 2001). Eine zweite Rückfallmeldung erfolgte am 5. November 2002. Diagnostiziert wurde seitens des Hausarztes eine akute Exazerbation eines nach einer Kontusion der Wirbelsäule persistierenden lumbosakralen Schmerzes. Es wurde eine vom 4. bis am 12. November 2002 dauernde Arbeitsunfähigkeit attestiert (Arztzeugnis UVG des Dr. med. G._ vom 12. November 2002). Seit dem 1. Januar 2004 ist die Versicherte vollständig arbeitsunfähig geschrieben (Bericht des Dr. med. G._ vom 16. April 2004 zuhanden der Rechtsschutzversicherung der Versicherten). Die Zürich holte bei Dr. med. R._, Facharzt für Neurochirurgie, Klinik Y._, ein Gutachten ein unter anderem mit der Frage, ob die noch vorhandenen gesundheitlichen Beeinträchtigungen auf den Unfall als alleinige oder als Teilursache zurückzuführen seien. Gestützt auf die am 5. Mai 2003 mit der Diagnose eines lumbospondylogenen Syndroms erstattete Expertise dieses Arztes verneinte die Zürich mit Verfügung vom 6. September 2004, welche sie mit Einspracheentscheid vom 10. Januar 2005 bestätigte, ihre Leistungspflicht. Die Zürich holte bei Dr. med. R._, Facharzt für Neurochirurgie, Klinik Y._, ein Gutachten ein unter anderem mit der Frage, ob die noch vorhandenen gesundheitlichen Beeinträchtigungen auf den Unfall als alleinige oder als Teilursache zurückzuführen seien. Gestützt auf die am 5. Mai 2003 mit der Diagnose eines lumbospondylogenen Syndroms erstattete Expertise dieses Arztes verneinte die Zürich mit Verfügung vom 6. September 2004, welche sie mit Einspracheentscheid vom 10. Januar 2005 bestätigte, ihre Leistungspflicht. B. Die von der Versicherten gegen den Einspracheentscheid erhobene Beschwerde wies das Verwaltungsgericht des Kantons Luzern mit Entscheid vom 7. Dezember 2005 ab. B. Die von der Versicherten gegen den Einspracheentscheid erhobene Beschwerde wies das Verwaltungsgericht des Kantons Luzern mit Entscheid vom 7. Dezember 2005 ab. C. P._ lässt Verwaltungsgerichtsbeschwerde führen mit dem Rechtsbegehren, der angefochtene Entscheid sei aufzuheben und es sei die Sache zur Neubeurteilung ans kantonale Gericht zurückzuweisen. Der Rechtsschrift liegt ein Schreiben des Dr. med. G._ vom 25. Januar 2006 bei, mit welchem dieser eine Anfrage des Anwalts der Versicherten beantwortete. Die Zürich schliesst auf Abweisung des Rechtsmittels. Das Bundesamt für Gesundheit verzichtet auf eine Vernehmlassung. Die Zürich schliesst auf Abweisung des Rechtsmittels. Das Bundesamt für Gesundheit verzichtet auf eine Vernehmlassung. D. Das Eidgenössische Versicherungsgericht edierte beim Rechtsvertreter der Versicherten ein zuhanden der Invalidenversicherung erstattetes bidisziplinäres Gutachten, dessen Existenz aus dem Schreiben des Dr. med. G._ vom 25. Januar 2006 ersichtlich war und das aus einem psychiatrischen Teilgutachten des Dr. med. S._, Facharzt FMH für Psychiatrie und Psychotherapie, vom 22. September 2005 und einem medizinisch-rheumatologischen Teilgutachten des Dr. med. Z._, Facharzt FMH für Physikalische Medizin und Rehabilitation, Klinik H._, vom 31. Dezember 2005 besteht. Diagnostiziert wurden darin aus medizinisch-rheumatologischer Sicht insbesondere eine Myalgie (mehrere Lokalisationen), unspezifische Weichteilschmerzen weitgehend am ganzen Körper bei muskulärer Dekonditionierung sowie allgemeiner Müdigkeit und psychiatrischerseits eine somatoforme Schmerzstörung. Die Explorandin wurde als aus gesamtmedizinischer Sicht zurzeit voll arbeitsfähig erklärt. D. Das Eidgenössische Versicherungsgericht edierte beim Rechtsvertreter der Versicherten ein zuhanden der Invalidenversicherung erstattetes bidisziplinäres Gutachten, dessen Existenz aus dem Schreiben des Dr. med. G._ vom 25. Januar 2006 ersichtlich war und das aus einem psychiatrischen Teilgutachten des Dr. med. S._, Facharzt FMH für Psychiatrie und Psychotherapie, vom 22. September 2005 und einem medizinisch-rheumatologischen Teilgutachten des Dr. med. Z._, Facharzt FMH für Physikalische Medizin und Rehabilitation, Klinik H._, vom 31. Dezember 2005 besteht. Diagnostiziert wurden darin aus medizinisch-rheumatologischer Sicht insbesondere eine Myalgie (mehrere Lokalisationen), unspezifische Weichteilschmerzen weitgehend am ganzen Körper bei muskulärer Dekonditionierung sowie allgemeiner Müdigkeit und psychiatrischerseits eine somatoforme Schmerzstörung. Die Explorandin wurde als aus gesamtmedizinischer Sicht zurzeit voll arbeitsfähig erklärt. E. Das Eidgenössische Versicherungsgericht räumte P._ Gelegenheit ein, sich nicht nur zum edierten bidisziplinären Gutachten, sondern auch zur im bisherigen Verfahren noch nicht substanziell diskutierten Frage des adäquaten Kausalzusammenhangs zwischen dem Unfall vom 15. Oktober 1998 und allfälligen psychischen Unfallfolgen (<ref-ruling>) vernehmen zu lassen. Der Rechtsanwalt der Versicherten reichte in der Folge eine Stellungnahme, einen von ihm aufgestellten Fragenkatalog an Dr. med. G._, die von diesem Arzt am 13. März 2006 verfasste Antwort auf diese Fragen, ein Schreiben des gleichen Arztes an die IV-Stelle Luzern vom 7. Dezember 2005 und einen Bericht des Dr. med. K._, Leitender Arzt Neurochirurgie am Kantonsspital A._, vom 2. Mai 2006 ein.
Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1. Streitig und zu prüfen ist, ob die in den Akten liegenden medizinischen Unterlagen für die durch Verwaltung und Vorinstanz erfolgte Verneinung eines Leistungsanspruchs für die Zeit nach dem 8. Dezember 1998 ausreichen. 1. Streitig und zu prüfen ist, ob die in den Akten liegenden medizinischen Unterlagen für die durch Verwaltung und Vorinstanz erfolgte Verneinung eines Leistungsanspruchs für die Zeit nach dem 8. Dezember 1998 ausreichen. 2. 2.1 Die Vorinstanz hat zunächst zutreffend darauf hingewiesen, dass eine Leistungspflicht gemäss UVG - beim Grundfall ebenso wie bei Rückfällen und Spätfolgen (<ref-law>; <ref-ruling> Erw. 2c) - nach einem Unfall (vgl. <ref-law>) das Vorliegen eines - natürlichen und adäquaten - Kausalzusammenhangs zwischen dem Unfall und dem Gesundheitsschaden voraussetzt (<ref-ruling> Erw. 3.3). Sodann hat sie den Begriff des natürlichen Kausalzusammenhangs (<ref-ruling> Erw. 3.1, 406 Erw. 4.3.1) richtig erläutert und zutreffend festgehalten, dass es sich bei der Frage des natürlichen Kausalzusammenhangs um eine Tatfrage handelt, über welche Verwaltung und Gericht nach dem im Sozialversicherungsrecht üblichen Beweisgrad der überwiegenden Wahrscheinlichkeit zu befinden haben (<ref-ruling> Erw. 3.1). Auf diese rechtlichen Ausführungen des kantonalen Gerichts kann verwiesen werden. 2.2 Beizufügen ist, dass hinsichtlich des Beweiswertes eines Arztberichtes entscheidend ist, ob der Bericht für die streitigen Belange umfassend ist, auf allseitigen Untersuchungen beruht, auch die geklagten Beschwerden berücksichtigt, in Kenntnis der Vorakten (Anamnese) abgegeben worden ist, in der Beurteilung der medizinischen Zusammenhänge und Situation einleuchtet und ob die Schlussfolgerungen des Experten begründet sind (<ref-ruling> Erw. 3a). Den im Rahmen des Verwaltungsverfahrens durch die Schweizerische Unfallversicherungsanstalt (SUVA) oder durch UVG-Privatversicherer eingeholten Gutachten von externen Spezialärzten, welche aufgrund eingehender Beobachtungen und Untersuchungen sowie nach Einsicht in die Akten Bericht erstatten und bei der Erörterung der Befunde zu schlüssigen Ergebnissen gelangen, ist bei der Beweiswürdigung volle Beweiskraft zuzuerkennen, solange nicht konkrete Indizien gegen die Zuverlässigkeit der Expertise sprechen (<ref-ruling> Erw. 3b/bb). In Bezug auf Berichte von Hausärzten darf und soll das Gericht der Erfahrungstatsache Rechnung tragen, dass Hausärzte mitunter im Hinblick auf ihre auftragsrechtliche Vertrauensstellung in Zweifelsfällen eher zugunsten ihrer Patienten aussagen (<ref-ruling> Erw. 3b/cc). Hausärztliche Berichte sind deshalb mit Vorbehalt zu würdigen (Urteil S. vom 20. März 2006, I 655/05, Erw. 5.4), und es kommt ihnen nicht der gleiche Beweiswert zu wie den Berichten von Ärzten, die von der Verwaltung mit der Erstattung einer neutralen Expertise beauftragt werden (SVR 2005 UV Nr. 16 [U 192/03] S. 54 Erw. 2.2). Die Divergenz von medizinischem Behandlungsauftrag durch den therapeutisch tätigen (Fach-)Arzt einerseits, von medizinischem Begutachtungsauftrag durch den amtlich bestellten (fach-)ärztlichen Experten anderseits (<ref-ruling> Erw. 4; Urteile H. vom 18. April 2006, I 783/05, und D. vom 13. Juni 2001, I 506/00), lässt es nicht zu, ein medizinisches Administrativ- oder Gerichtsgutachten stets dann in Frage zu stellen und zum Anlass weiterer Abklärungen zu nehmen, wenn die behandelnden Ärzte nachher zu unterschiedlichen Einschätzungen gelangen oder an solchen vorgängig geäusserten abweichenden Auffassungen festhalten, ohne objektiv feststellbare (neue) Gesichtspunkte vorzubringen (in diesem Sinne das zur psychiatrischen Begutachtung ergangene Urteil G. vom 13. März 2006, I 676/05, Erw. 2.4); dies hat auch bei der Beurteilung medizinischer Zusammenhangsfragen im Kausalitätsprozess nach <ref-law> seine Richtigkeit. In Bezug auf Berichte von Hausärzten darf und soll das Gericht der Erfahrungstatsache Rechnung tragen, dass Hausärzte mitunter im Hinblick auf ihre auftragsrechtliche Vertrauensstellung in Zweifelsfällen eher zugunsten ihrer Patienten aussagen (<ref-ruling> Erw. 3b/cc). Hausärztliche Berichte sind deshalb mit Vorbehalt zu würdigen (Urteil S. vom 20. März 2006, I 655/05, Erw. 5.4), und es kommt ihnen nicht der gleiche Beweiswert zu wie den Berichten von Ärzten, die von der Verwaltung mit der Erstattung einer neutralen Expertise beauftragt werden (SVR 2005 UV Nr. 16 [U 192/03] S. 54 Erw. 2.2). Die Divergenz von medizinischem Behandlungsauftrag durch den therapeutisch tätigen (Fach-)Arzt einerseits, von medizinischem Begutachtungsauftrag durch den amtlich bestellten (fach-)ärztlichen Experten anderseits (<ref-ruling> Erw. 4; Urteile H. vom 18. April 2006, I 783/05, und D. vom 13. Juni 2001, I 506/00), lässt es nicht zu, ein medizinisches Administrativ- oder Gerichtsgutachten stets dann in Frage zu stellen und zum Anlass weiterer Abklärungen zu nehmen, wenn die behandelnden Ärzte nachher zu unterschiedlichen Einschätzungen gelangen oder an solchen vorgängig geäusserten abweichenden Auffassungen festhalten, ohne objektiv feststellbare (neue) Gesichtspunkte vorzubringen (in diesem Sinne das zur psychiatrischen Begutachtung ergangene Urteil G. vom 13. März 2006, I 676/05, Erw. 2.4); dies hat auch bei der Beurteilung medizinischer Zusammenhangsfragen im Kausalitätsprozess nach <ref-law> seine Richtigkeit. 3. Die Versicherte leidet an einem chronifizierten spondylogenen Syndrom mit Beschwerden unter anderem im Bereich der ganzen Wirbelsäule, besonders lumbal, und im Schultergürtel (Gutachten des Dr. med. R._ vom 5. Mai 2003; Bericht des Dr. med. K._ vom 2. Mai 2006) und an einer Myalgie mit mehreren Lokalisationen/unspezifischen Weichteilschmerzen (Gutachten des Dr. med. Z._ vom 31. Dezember 2005). Psychiatrischerseits wurde eine somatoforme Schmerzstörung diagnostiziert (Gutachten des Dr. med. S._ vom 22. September 2005). Der Hausarzt, Dr. med. G._, geht vom Bestehen einer Fibromyalgie aus, betont die Existenz eines aus einem MRI der Lendenwirbelsäule vom 29. Januar 2003 ersichtlichen Anuluseinrisses L4/L5, diagnostiziert ein Chronic-pelvic-inflammation-Syndrom und erwähnt eine depressive Entwicklung. Nach seiner Auffassung sind alle diese Leiden auf den Unfall vom 15. Oktober 1998 zurückzuführen. Er rapportiert insbesondere eine unfallbedingte Arthrose im Bereich der unteren Lendenwirbelsäule, erklärt, der Anuluseinriss, der als Ursache der persistierenden Schmerzen zu bezeichnen sei, könne nur unfallbedingt sein und möglicherweise vorbestandene degenerative Befunde seien durch den Unfall richtunggebend verschlimmert worden. Ausserdem wirft er die Frage nach einem milden hirnorganischen Syndrom auf und hält diesbezüglich eine neuropsychologische Beurteilung für die Feststellung der Unfallfolgen für erforderlich. 3. Die Versicherte leidet an einem chronifizierten spondylogenen Syndrom mit Beschwerden unter anderem im Bereich der ganzen Wirbelsäule, besonders lumbal, und im Schultergürtel (Gutachten des Dr. med. R._ vom 5. Mai 2003; Bericht des Dr. med. K._ vom 2. Mai 2006) und an einer Myalgie mit mehreren Lokalisationen/unspezifischen Weichteilschmerzen (Gutachten des Dr. med. Z._ vom 31. Dezember 2005). Psychiatrischerseits wurde eine somatoforme Schmerzstörung diagnostiziert (Gutachten des Dr. med. S._ vom 22. September 2005). Der Hausarzt, Dr. med. G._, geht vom Bestehen einer Fibromyalgie aus, betont die Existenz eines aus einem MRI der Lendenwirbelsäule vom 29. Januar 2003 ersichtlichen Anuluseinrisses L4/L5, diagnostiziert ein Chronic-pelvic-inflammation-Syndrom und erwähnt eine depressive Entwicklung. Nach seiner Auffassung sind alle diese Leiden auf den Unfall vom 15. Oktober 1998 zurückzuführen. Er rapportiert insbesondere eine unfallbedingte Arthrose im Bereich der unteren Lendenwirbelsäule, erklärt, der Anuluseinriss, der als Ursache der persistierenden Schmerzen zu bezeichnen sei, könne nur unfallbedingt sein und möglicherweise vorbestandene degenerative Befunde seien durch den Unfall richtunggebend verschlimmert worden. Ausserdem wirft er die Frage nach einem milden hirnorganischen Syndrom auf und hält diesbezüglich eine neuropsychologische Beurteilung für die Feststellung der Unfallfolgen für erforderlich. 4. 4.1 Was zunächst das spondylogene Syndrom und die Myalgie mit mehreren Lokalisationen/Weichteilschmerzen betrifft, so nahm Dr. med. R._, der die Versicherte klinisch untersuchte, deren Schilderung der Unfallgeschichte und Beschwerden aufnahm und über die medizinischen Vorakten - insbesondere auch über radiologische Befunde der Lendenwirbelsäule von Januar und Dezember 2002 sowie das erwähnte MRI der Lendenwirbelsäule vom 29. Januar 2003 - verfügte, in seinem Gutachten vom 5. Mai 2003 zur Frage eines natürlichen Kausalzusammenhangs zwischen der Beschwerde-Symptomatik im Bereich der Lumbalregion sowie der Schultern und dem Unfall vom 15. Oktober 1998 Stellung. Er verneinte einen solchen Zusammenhang für die im Zeitpunkt seiner Beurteilung geklagte Beschwerde-Symptomatik. Dabei konnte er nicht genau feststellen, seit wann es an einem Kausalzusammenhang fehle, sondern hielt diesbezüglich fest, aus seiner Sicht wäre nur eine grobe Schätzung möglich. Zur Begründung seiner Verneinung eines Kausalzusammenhangs im Zeitpunkt seiner Beurteilung wies er zum einen darauf hin, es sei auffällig, dass die Fibromyalgiepunkte im Bereich des Schultergürtels, des Beckens und der Knie ebenfalls positiv seien, weshalb ein Fibromyalgie-Syndrom postuliert werden müsse. Zum andern erklärte er, die durch die bildgebenden Untersuchungen nachgewiesenen degenerativen Veränderungen seien sehr diskret und deren Beschleunigung durch das Trauma vom 15. Oktober 1998 sei auch aufgrund des zeitlichen Verlaufs nicht anzunehmen. 4. 4.1 Was zunächst das spondylogene Syndrom und die Myalgie mit mehreren Lokalisationen/Weichteilschmerzen betrifft, so nahm Dr. med. R._, der die Versicherte klinisch untersuchte, deren Schilderung der Unfallgeschichte und Beschwerden aufnahm und über die medizinischen Vorakten - insbesondere auch über radiologische Befunde der Lendenwirbelsäule von Januar und Dezember 2002 sowie das erwähnte MRI der Lendenwirbelsäule vom 29. Januar 2003 - verfügte, in seinem Gutachten vom 5. Mai 2003 zur Frage eines natürlichen Kausalzusammenhangs zwischen der Beschwerde-Symptomatik im Bereich der Lumbalregion sowie der Schultern und dem Unfall vom 15. Oktober 1998 Stellung. Er verneinte einen solchen Zusammenhang für die im Zeitpunkt seiner Beurteilung geklagte Beschwerde-Symptomatik. Dabei konnte er nicht genau feststellen, seit wann es an einem Kausalzusammenhang fehle, sondern hielt diesbezüglich fest, aus seiner Sicht wäre nur eine grobe Schätzung möglich. Zur Begründung seiner Verneinung eines Kausalzusammenhangs im Zeitpunkt seiner Beurteilung wies er zum einen darauf hin, es sei auffällig, dass die Fibromyalgiepunkte im Bereich des Schultergürtels, des Beckens und der Knie ebenfalls positiv seien, weshalb ein Fibromyalgie-Syndrom postuliert werden müsse. Zum andern erklärte er, die durch die bildgebenden Untersuchungen nachgewiesenen degenerativen Veränderungen seien sehr diskret und deren Beschleunigung durch das Trauma vom 15. Oktober 1998 sei auch aufgrund des zeitlichen Verlaufs nicht anzunehmen. 4.2 4.2.1 Entgegen der Auffassung der Beschwerdeführerin ist nicht ersichtlich, inwiefern das Gutachten des Dr. med. R._, eines dank seiner Spezialisierung in Neurochirurgie für die von ihm beurteilten und damals einzig relevanten Beschwerden geeigneten Mediziners, den in Erw. 2.2 hievor angeführten Anforderungen an einen Arztbericht nicht genügen sollte. Ein Gutachten muss nicht schlechthin alle objektiven Befunde und die ganze Krankengeschichte wiedergeben und diskutieren, sondern kann sich auf die für die konkrete Fragestellung relevanten Aspekte beschränken. Sodann wird ein mögliches Fibromyalgiesyndrom durch die Diagnose eines lumbospondylogenen Syndroms nicht ausgeschlossen, sondern mitumfasst, soweit es um die vom Experten zu beurteilenden Rücken- und Schulterprobleme geht; denn bei einem "Syndrom" handelt es sich bloss um die Benennung eines bestimmten Symptomenkomplexes (vgl. Pschyrembel, Klinisches Wörterbuch, 260. Aufl., Berlin 2004, S. 1767 "Syndrom"), und es geht, soweit hier von Interesse, beim lumbospondylogenen Syndrom wie bei der medizinisch umstrittenen Diagnose der Fibromyalgie (dazu <ref-ruling> Erw. 3.3) um die Benennung eines Schmerzzustandes. In diesem Zusammenhang ist im Übrigen zu beachten, dass auch Dr. med. Z._, Facharzt FMH Physikalische Medizin und Rehabilitation, eine mögliche Fibromyalgie nur unter den Differenzialdiagnosen anführt. Schliesslich hat Dr. med. R._ auch das Fortschreiten der (sehr leichten) Degeneration der Lendenwirbelsäule zwischen Januar und Dezember 2002 berücksichtigt, indem er eine Beschleunigung einer degenerativen Entwicklung durch den Unfall nicht mangels zunehmender degenerativer Erscheinungen schlechthin, sondern insbesondere aufgrund des zeitlichen Verlaufs verneinte. 4.2.2 Nicht nachvollziehbar ist, inwiefern - so die nicht näher ausgeführte und in keiner Weise untermauerte Behauptung des beschwerdeführerischen Rechtsvertreters - diverse andere Fachärzte in medizinischer Hinsicht eine diametral andere Auffassung als Dr. med. R._ vertreten sollen. Vielmehr trifft Letzteres einzig auf den Hausarzt der Versicherten zu. Demgegenüber widerspricht Dr. med. Z._ im Gutachten vom 31. Dezember 2005 der hausärztlichen Kausalitätsbeurteilung, und bestätigt nun der vom Hausarzt beigezogene Dr. med. K._, Leitender Arzt Neurochirurgie am Kantonsspital A._, die Kausalitätsbeurteilung des Dr. med. R._, indem er in seinem Bericht vom 2. Mai 2006 ausführt, dass das chronifizierte spondylogene Syndrom seinen Beginn zweifellos im eher leichten Sturztrauma vom Oktober 1998 habe, "ohne dass eine ursächliche Verbindung mit diesem Trauma beweisbar wäre". 4.3 Die Berichte des Hausarztes, Dr. med. G._, vermögen keine Zweifel an der Zuverlässigkeit der durch Dr. med. K._ bestätigten Einschätzung des Dr. med. R._ zu wecken: 4.3.1 Was zunächst die Rückenproblematik betrifft, schmälern die Stellungnahmen des Hausarztes die Beweiskraft der neurochirurgischen Beurteilungen schon aus dem Grunde nicht, weil seine gegenüber dem Anwalt der Beschwerdeführerin gemachten Aussagen, als Ursache für den Anulusriss komme nur der Unfall in Frage und es seien durch das Trauma allfällige vorbestandene degenerative Befunde richtunggebend verschlimmert worden (abgesehen von der Angabe, die erste Aussage werde durch den Radiologen, der die Bilder angefertigt habe, bestätigt, und von einem pauschalen Hinweis auf die Adäquanz des Unfallmechanismus, die Anamnese, die Klinik und die Befunde) nicht begründet werden (Schreiben vom 25. Januar 2006 und vom 13. März 2006, je ad Frage 3). Demgegenüber entsprechen die Kausalitätsbeurteilungen der beiden Neurochirurgen medizinischen Erfahrungstatsachen, welche in die Rechtsprechung des Eidgenössischen Versicherungsgerichts eingeflossen sind. Danach entstehen zum einen praktisch alle Diskushernien bei Vorliegen degenerativer Bandscheibenveränderungen, während ein Unfallereignis nur ausnahmsweise als Ursache in Betracht fällt, wobei dafür ein - hier offensichtlich nicht gegebenes - Unfallereignis von besonderer Schwere vorausgesetzt ist (RKUV 2000 Nr. U 378 S. 190 Erw. 3; Urteil K. vom 13. März 2006, U 317/05, Erw. 3). Zum andern kann eine richtungweisende, mithin dauernde, unfallbedingte Verschlimmerung einer vorbestandenen degenerativen Erkrankung der Wirbelsäule nur als nachgewiesen gelten, wenn eine rasche Höhenverminderung der betroffenen Bandscheibe und das Auftreten oder die Vergrösserung von Randzacken nach einem Trauma durch bildgebende Verfahren erstellt sind (RKUV 2000 Nr. U 363 S. 46 Erw. 3a; Urteil B. vom 6. Februar 2002, U 126/99, Erw. 2). Inwiefern dies der Fall sein sollte, ist nicht ersichtlich. Dr. med. Z._ verneint in seinem Gutachten vom 31. Dezember 2005 gestützt auf die gleichen bildgebenden Befunde, die schon Dr. med. R._ vorlagen, denen auch er nur leichte degenerative Veränderungen entnehmen kann, ein solches Geschehen eindeutig. Der vom Rechtsvertreter der Beschwerdeführerin eigens auf die entsprechende Passage der Expertise angesprochene Hausarzt hält dieser Aussage des Dr. med. Z._ nichts Substanzielles entgegen. Der Bandscheibenschaden L4/L5 an sich wurde von Dr. med. Z._ sehr wohl berücksichtigt, erwähnt dieser doch zum einen eine beginnende Protrusion und zum andern - als indirekten Hinweis für eine Diskushernie - eine Höhenminderung der entsprechenden Bandscheibe (ohne Hinweise auf eine Foraminal- oder Spinalkanalstenosierung oder Kompression neuraler Strukturen). 4.3.2 Was sodann die Schulterbeschwerden anbelangt, so war ursprünglich nicht von solchen die Rede. Vielmehr fanden diese erstmals über zwei Jahre nach dem Unfall im Zeugnis des Dr. med. G._ vom 28. Februar 2001 Erwähnung. Darin diagnostizierte der Hausarzt ein Schultergürtelsyndrom, gab an, die ärztliche Behandlung habe am 27. November 2000 und die Schulterbeschwerden hätten einen Monat vor der Kontrolle begonnen, wobei die Patientin wegen dieses Leidens nicht schon früher in ärztlicher Behandlung gewesen sei. Demgegenüber steht in einem hausärztlichen Bericht vom 26. Februar 2002, im Schultergürtel hätten sich "unmittelbar nach dem Unfall" eine Irritation entlang der Scapula links, Irritation TH1 bis TH4, und eine Verspannung des M. Omohyoideus beidseits gefunden. Die "damalige Therapie des Schultergürtels" habe günstige Auswirkungen auf die lumbale Problematik gehabt und pseudoradikuläre Ausstrahlungen in die Arme hätten sich vollständig zurückgebildet. In einem Bericht des Dr. med. G._ vom 16. April 2004 wird ebenfalls schon für die Zeit zwischen dem 20. Oktober, dem Datum der Erstkonsultation, und dem 2. Dezember 1998 von einer Abnahme der "Schmerzzustände im Schultergürtel" unter entsprechenden segmentalen Behandlungen gesprochen, wohingegen gemäss Schreiben des gleichen Arztes vom 25. Januar 2006 die Schmerzen im Schultergürtel in der Krankengeschichte am 8. Dezember 1998 Erwähnung fanden, dem Tag, an dem gemäss Unfallschein die ärztliche Behandlung endete. In Anbetracht dieser Aktenlage ist davon auszugehen, dass, wenn schon vor Herbst 2000 Beschwerden im Schultergürtel bestanden und behandelt wurden, diese offenbar vom Hausarzt selbst entweder als unerheblich oder als nicht unfallbedingt eingestuft wurden und dass jedenfalls sehr lange kein Schulterleiden mehr bestanden haben kann, ansonsten die Beginn und Behandlung der Beschwerden betreffenden Erklärungen im Zeugnis vom 28. Februar 2001 unverständlich wären. Unter diesen Umständen ist die Auffassung des Hausarztes, die - erst im Herbst 2000 (wieder?) aufgetretenen - Schulterbeschwerden seien mit überwiegender Wahrscheinlichkeit auf den Unfall vom 15. Oktober 1998 zurückzuführen (Berichte vom 26. Februar 2002, ad 7 und 8, und vom 16. April 2004, ad 4 bis 6), nicht nachvollziehbar. Die hausärztlichen Berichte stellen daher auch hinsichtlich der Probleme im Bereich des Schultergürtels kein Indiz gegen die Zuverlässigkeit der Kausalitätsbeurteilung des Dr. med. R._ dar. 4.4 Somit ist festzustellen, dass das spondylogene Syndrom einschliesslich der Aspekte des Anuluseinrisses und der vom Hausarzt diagnostizierten Arthrose der unteren Lendenwirbelsäule (und die Myalgie/Weichteilschmerzen) in somatischer Hinsicht - die Dres. med. R._, Z._ und K._ äussern sich aufgrund ihrer Spezialisierungen (abgesehen davon, dass bei einer allfälligen Fibromyalgie psychosomatische Faktoren mitspielen dürften; <ref-ruling> Erw. 3.3) nur zur Frage organischer Unfallfolgen - nicht auf den Unfall vom 15. Oktober 1998 zurückgeführt werden kann. Zusätzliche medizinische Abklärungen sind diesbezüglich nicht erforderlich (vgl. zur antizipierten Beweiswürdigung <ref-ruling> Erw. 4b; SVR 2006 IV Nr. 1 [I 573/03] S. 2 Erw. 2.3 mit Hinweisen). 4.5 Was sodann die Abdominalbeschwerden anbelangt, in Bezug auf welche Dr. med. G._ ein Chronic-pelvic-inflammation-Syndrom postuliert, welches er einem nach seiner Auffassung beim Unfall vom 15. Oktober 1998 erlittenen stumpfen Bauchtrauma mit gedeckter Perforation und in der Folge Infektkomplikation zuschreibt, so sind die diesbezüglichen hausärztlichen Ausführungen nach den Erwägungen der Vorinstanz, an deren Entscheid Fachrichter Dr. med. W._, Facharzt FMH Innere Medizin, mitgewirkt hat, schulmedizinisch nicht nachvollziehbar. Auch Dr. med. Z._ bezeichnet ein stumpfes Bauchtrauma als schwer nachvollziehbar. Es ist denn auch in der Tat nicht einzusehen, wie erst innerhalb von Wochen (Bericht des Dr. med. G._ vom 16. April 2004) oder Monaten (Bericht des Dr. med. G._ vom 26. Februar 2002) nach dem Unfall aufgetretene, dem Unfallversicherer erst am 28. Februar 2001 gemeldete Bauchbeschwerden, die zwar auf Antibiotika ansprechen, aber jeweils zusammen mit den übrigen Schmerzschüben wieder auftreten (Berichte des Dr. med. G._ vom 28. Februar 2001, vom 26. Februar 2002 und vom 16. April 2004), mit überwiegender Wahrscheinlichkeit auf den Unfall vom 15. Oktober 1998 mit Sturz auf den Rücken zurückzuführen sein sollen. Auch diesbezüglich ist somit - ohne zusätzliche Beweisvorkehren, von denen auch in dieser Hinsicht keine neuen entscheidwesentlichen Erkenntnisse zu erwarten wären - festzustellen, dass der Unfall in somatischer Hinsicht nicht als Ursache der Beschwerden betrachtet werden kann. 4.6 Was schliesslich die Frage eines posttraumatischen hirnorganischen Syndroms betrifft, wurden nach dem Unfall vom 15. Oktober 1998 bei der Versicherten, die zunächst weiterarbeitete, nicht die geringsten Anzeichen eines erheblichen Schädelhirntraumas, welches zu Langzeitfolgen hätte führen können (vgl. Pschyrembel, Klinisches Wörterbuch, 260. Aufl., Berlin 2004, S. 1620 "Schädelhirntrauma", S. 338 "Commotio cerebri", S. 343 "Contusio cerebri" und S. 1272 "Syndrom, postkommotionelles"), rapportiert. Vielmehr wurde im Arztzeugnis UVG des Dr. med. G._ vom 7. November 1998 ausschliesslich die lumbale Problematik erwähnt. Der Umstand allein, dass erstmals im Gutachten des Dr. med. R._ vom 5. Mai 2003 zu lesen ist, die Beschwerdeführerin habe den Kopf angeschlagen, und insbesondere vom Hausarzt in der Folge Jahre nach dem Unfallereignis neu rückwirkend auch eine okzipitale Kontusion diagnostiziert wird (insbesondere Schreiben des Dr. med. G._ an die IV-Stelle Luzern vom 7. Dezember 2005), bildet keinen hinreichenden Anlass zur Durchführung einer neuropsychologischen Abklärung. So hält denn auch Dr. med. S._ im psychiatrischen Gutachten vom 22. September 2005 eine solche nicht für indiziert. 4.7 Im Übrigen fällt auf, dass sich Dr. med. G._ bezüglich der von ihm angenommenen kausalen Zusammenhänge selbst nicht sicher zu sein scheint. So bezeichnete er in einem an die IV-Stelle Luzern adressierten Bericht vom 7. Dezember 2005 eine richtunggebende Verschlimmerung eines möglichen Vorzustandes einer Kieferostitis durch den Unfall als "überwiegend wahrscheinlich", wohingegen er in seinem Schreiben vom 25. Januar 2006 an den Rechtsvertreter der Versicherten eine traumatisch bedingte Osteomyelitis des Kieferapparates als bloss "möglich" bezeichnete, wobei sich die Frage des Anwalts nicht auf eine Kieferosteomyelitis, sondern auf die zuvor diagnostizierte Kieferostitis bezogen hatte. 4.8 Als Zwischenergebnis ist festzustellen, dass in körperlicher Hinsicht kein natürlicher Kausalzusammenhang zwischen dem Unfallereignis vom 15. Oktober 1998 und den zur Diskussion stehenden Beschwerden der Versicherten besteht. Zur Frage des Zeitpunkts des Wegfalls der Unfallkausalität sind von einer neuen Begutachtung keine weiteren Aufschlüsse zu erwarten, nachdem Dr. med. R._ schon im März 2003, als er die Versicherte untersuchte, nicht zu eruieren vermochte, seit wann es an der Unfallkausalität fehlt. Da der Hausarzt im Unfallschein den Behandlungsabschluss auf den 8. Dezember 1998 datierte, die Beschwerden danach im Laufe der Jahre (wieder) zunahmen, dem Unfallversicherer erst rund zwei Jahre nach dem Unfall wieder gemeldet wurden und der Hausarzt somit zuvor selbst davon ausgegangen zu sein scheint, dass es sich nicht mehr um einen relevanten unfallbedingten Gesundheitsschaden handelte (vgl. auch ärztliche Zeugnisse des Dr. med. G._ vom 4., 7. und 18. Dezember 2000 zuhanden der Arbeitgeberin in Bezug auf die vom 27. November bis am 24. Dezember 2000 dauernde Arbeitsunfähigkeit, worin von Krankheit die Rede ist), ist nach dem Beweisgrad der überwiegenden Wahrscheinlichkeit davon auszugehen, dass alle nach dem 8. Dezember 1998 erfolgten Behandlungen und attestierten Arbeitsunfähigkeiten in somatischer Hinsicht nicht mehr auf den Unfall vom 15. Oktober 1998 zurückzuführen sind. Dies gilt umso mehr, als nach den Erwägungen der mit einem Fachrichter besetzten Vorinstanz die Zeitspanne bis zum im Unfallschein angegebenen Fallabschluss einem üblichen Verlauf bei der bis dahin gestellten Diagnose entspricht. 4.9 Wie es sich mit dem natürlichen Kausalzusammenhang zwischen dem Unfall und einer psychischen Erkrankung der Beschwerdeführerin verhält - der psychiatrische Gutachter, Dr. med. S._, diagnostiziert (nach Diskussion mit dem Mitgutachter Dr. med. Z._) eine somatoforme Schmerzstörung, während der Hausarzt auf eine depressive Entwicklung hinweist -, kann offen gelassen werden, wenn es ohnehin an einem adäquaten Kausalzusammenhang fehlt, was nachstehend zu prüfen ist. Gleiches gilt für eine allfällige Fibromyalgie, die vorliegend, obwohl als rheumatologische Störung klassifiziert (<ref-ruling> Erw. 3.2), in Anbetracht ihrer Gemeinsamkeiten mit der als psychische Störung klassifizierten (ICD-10 F45.4) somatoformen Schmerzstörung (<ref-ruling> Erw. 4.1) nicht nur in Bezug auf die Frage der Invalidität (<ref-ruling> Erw. 4.1), sondern auch hinsichtlich der hier interessierenden Frage der Adäquanz gleich zu behandeln wäre wie eine psychische Krankheit (Urteil S. vom 5. April 2006, U 20/05, Erw. 4.2.2). 4.9 Wie es sich mit dem natürlichen Kausalzusammenhang zwischen dem Unfall und einer psychischen Erkrankung der Beschwerdeführerin verhält - der psychiatrische Gutachter, Dr. med. S._, diagnostiziert (nach Diskussion mit dem Mitgutachter Dr. med. Z._) eine somatoforme Schmerzstörung, während der Hausarzt auf eine depressive Entwicklung hinweist -, kann offen gelassen werden, wenn es ohnehin an einem adäquaten Kausalzusammenhang fehlt, was nachstehend zu prüfen ist. Gleiches gilt für eine allfällige Fibromyalgie, die vorliegend, obwohl als rheumatologische Störung klassifiziert (<ref-ruling> Erw. 3.2), in Anbetracht ihrer Gemeinsamkeiten mit der als psychische Störung klassifizierten (ICD-10 F45.4) somatoformen Schmerzstörung (<ref-ruling> Erw. 4.1) nicht nur in Bezug auf die Frage der Invalidität (<ref-ruling> Erw. 4.1), sondern auch hinsichtlich der hier interessierenden Frage der Adäquanz gleich zu behandeln wäre wie eine psychische Krankheit (Urteil S. vom 5. April 2006, U 20/05, Erw. 4.2.2). 5. 5.1 Für die Beurteilung der Adäquanz psychischer Unfallfolgen ist zunächst entscheidend, ob es sich ausgehend vom augenfälligen Geschehensablauf und den zugezogenen Verletzungen (in SVR 2003 UV Nr. 12 S. 35 nicht abgedruckte Erw. 5.3 des Urteils U 78/02) um einen banalen oder leichten Unfall einerseits, um einen schweren Unfall andererseits oder um einen dem dazwischenliegenden mittleren Bereich zuzuordnenden Unfall handelt. Während der adäquate Kausalzusammenhang zwischen Unfall und psychischen Gesundheitsstörungen bei banalen und leichten Unfällen in der Regel ohne weiteres verneint werden kann, ist er bei schweren Unfällen in der Regel zu bejahen. Im mittleren Bereich sind weitere objektiv erfassbare Umstände, welche unmittelbar mit dem Unfall im Zusammenhang stehen oder als direkte oder indirekte Folgen davon erscheinen, in eine Gesamtwürdigung einzubeziehen. Wichtigste Kriterien bilden besonders dramatische Begleitumstände oder eine besondere Eindrücklichkeit des Unfalls, die Schwere oder besondere Art der erlittenen (somatischen) Verletzungen, insbesondere ihre erfahrungsgemässe Eignung, psychische Fehlentwicklungen auszulösen, eine ungewöhnlich lange Dauer der ärztlichen Behandlung, körperliche Dauerschmerzen, eine ärztliche Fehlbehandlung, welche die Unfallfolgen erheblich verschlimmert, ein schwieriger Heilungsverlauf und erhebliche Komplikationen sowie Grad und Dauer der physisch bedingten Arbeitsunfähigkeit. Dabei sind je nach Schwere des Unfalls unterschiedliche Anforderungen an diese weiteren Beurteilungskriterien zu stellen (<ref-ruling> Erw. 4.1, 407 Erw. 4.4, 115 V 138 Erw. 6). Bei der Prüfung der Kriterien der Dauer der ärztlichen Behandlung, der Dauerschmerzen, der Schwierigkeit des Heilungsverlaufs sowie des Grades und der Dauer der Arbeitsunfähigkeit sind anders als grundsätzlich (vgl. <ref-ruling> Erw. 2a; RKUV 2002 Nr. U 470 S. 532 Erw. 4a) bei Vorliegen eines Schleudertraumas der Halswirbelsäule, einer einem solchen äquivalenten Verletzung oder eines Schädelhirntraumas nur die physischen Komponenten zu berücksichtigen, die psychischen Anteile hingegen ausser Acht zu lassen (<ref-ruling> Erw. 6a, 382 Erw. 4b; SVR 2003 UV Nr. 12 [U 78/02] S. 36 Erw. 3.2.3). 5.2 Der von der Beschwerdeführerin erlittene Unfall wird in der von der Arbeitgeberin am 26. Oktober 1998 ausgefüllten Unfallmeldung UVG wie folgt beschrieben: "Frau P._ stand auf eine Spanplatte die das Gewicht nicht halten konnte und zerbrach. Sie fiel dadurch um und schlug an der Kante der Spanplatte an." Im von Dr. med. G._ am 7. November 1998 ausgestellten Arztzeugnis UVG wird der Unfallhergang folgendermassen beschrieben: "Patientin stand auf unsicherer Unterlage, diese brach. Beim Sturz verletzte sich die Patientin in der Flanke rechts". Unter dem Befund wurde ausgeführt: "Contusionsmarke lumbal rechts mit Hartspann der paravertebralen Muskulatur rechts. Keine Hinweise auf segmentale Problematik. Keine Hinweise auf Fraktur". Diagnostiziert wurde eine "Contusion lumbal rechts mit Verdacht auf Hämatombildung". Aus der im Gutachten des Dr. med. Z._ vom 31. Dezember 2005 enthaltenen Schilderung des Unfallhergangs ist ersichtlich, dass es sich nicht um einen Sturz aus grosser Höhe gehandelt haben kann. Danach war die 157 cm grosse Patientin zu klein, um ein auf einem erhöhten Tablar liegendes Paket herunterzuholen; neben dem Tablar stand eine Palette mit Brettern, wobei zuoberst eine Spanplatte lag, welche die anderen Hölzer seitlich überragte, was die Versicherte nicht bemerkte; diese stand auf den ungesicherten Teil der Spanplatte, welche in der Folge brach, sodass die Versicherte rückwärts auf die übrigen Bretter stürzte. 5.3 Selbst wenn man dieses Ereignis aufgrund des augenfälligen Geschehensablaufs und der zugezogenen Verletzungen nicht den leichten Unfällen (vgl. die in SVR 2003 UV Nr. 12 S. 35 nicht abgedruckte Erw. 5.3 des Urteils U 78/02, worin das Eidgenössische Versicherungsgericht ein Ereignis, bei dem die betroffene Person auf einer Eisfläche ausrutschte, auf den Rücken stürzte sowie mit dem Kopf auf den Boden prallte und sich dabei gemäss Arztzeugnis UVG eine Commotio cerebri sowie eine Contusio/Distorsio im Bereich der Wirbelsäule und des Beckens/der Hüftgelenke zuzog, noch als leichten Unfall qualifizierte), sondern den leichteren Fällen im mittleren Bereich zuordnen will, setzt die Bejahung des adäquaten Kausalzusammenhangs voraus, dass eines der für die Adäquanzprüfung heranzuziehenden objektiven unfallbezogenen Kriterien (Erw. 5.1 hievor) in besonders ausgeprägter Weise erfüllt ist oder solche Kriterien in gehäufter oder auffallender Weise gegeben sind (RKUV 2005 Nr. U 548 [U 306/04] S. 232 Erw. 3.2.3). 5.4 Entgegen der Auffassung der Beschwerdeführerin ist weder das Kriterium der ungewöhnlich langen Dauer der ärztlichen Behandlung noch jenes des Grades und der Dauer der Arbeitsunfähigkeit erfüllt, nachdem bei deren Prüfung nur die physischen Unfallfolgen zu beachten sind. Diesbezüglich (Erw. 4.8 hievor) endete die ärztliche Behandlung weniger als zwei Monate nach dem Unfall und war die Beschwerdeführerin nur während rund dreier Wochen ganz und danach noch während dreieinhalb Wochen zur Hälfte arbeitsunfähig. Gleiches gilt für das Kriterium der Dauerschmerzen. Auch andere für die Adäquanzbeurteilung massgebende Kriterien sind offensichtlich nicht erfüllt. Die Beschwerdeführerin macht denn auch nicht geltend, es könnte ein anderes Kriterium gegeben sein. Ein adäquater Kausalzusammenhang ist deshalb zu verneinen. 5.5 Da es jedenfalls an der adäquaten Kausalität fehlt, kann dahingestellt bleiben, welches - somatoforme Schmerzstörung, depressive Störung und/oder Fibromyalgie - die richtige Diagnose ist und ob diesbezüglich die natürliche Kausalität gegeben ist. Dementsprechend erübrigen sich von vornherein Sachverhaltsabklärungen zu diesen Fragen, und es braucht insbesondere nicht auf den Beweiswert des psychiatrischen Gutachtens des Dr. med. S._ eingegangen zu werden. 5.5 Da es jedenfalls an der adäquaten Kausalität fehlt, kann dahingestellt bleiben, welches - somatoforme Schmerzstörung, depressive Störung und/oder Fibromyalgie - die richtige Diagnose ist und ob diesbezüglich die natürliche Kausalität gegeben ist. Dementsprechend erübrigen sich von vornherein Sachverhaltsabklärungen zu diesen Fragen, und es braucht insbesondere nicht auf den Beweiswert des psychiatrischen Gutachtens des Dr. med. S._ eingegangen zu werden. 6. Nachdem für die Zeit nach dem 8. Dezember 1998 teils kein natürlicher, teils jedenfalls kein adäquater Kausalzusammenhang zwischen dem Unfall vom 15. Oktober 1998 und dem Gesundheitsschaden besteht, haben Verwaltung und Vorinstanz einen diesbezüglichen Leistungsanspruch der Beschwerdeführerin zu Recht verneint.
Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsgericht des Kantons Luzern, Sozialversicherungsrechtliche Abteilung, und dem Bundesamt für Gesundheit zugestellt. Luzern, 2. August 2006 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Der Präsident der III. Kammer: Die Gerichtsschreiberin:
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2,001
fr
A.- X._, né en 1956, est entré à l'école d'aspirant de gendarmerie en mai 1976. Il a toutefois été suspendu en raison d'une enquête ouverte contre lui pour attentat à la pudeur, infraction pour laquelle il a été condamné à 45 jours d'emprisonnement avec sursis en juin 1977. Autorisé à terminer sa formation, il l'a achevée en 1978, classé quatrième sur 21 candidats. Le 1er janvier 1983, il a été promu appointé de gendarmerie. Le 14 avril 1987, alors qu'il était en service, il a été pris en otage par un malfaiteur qui venait de braquer la poste de Y._ et avait été contraint, sous la menace d'une arme à feu, à prendre le volant d'un fourgon. Lors de l'intervention des forces de police, le criminel a été abattu, si bien que la vie de l'intéressé a été gravement menacée; son comportement lors de ce hold-up a valu à X._ les félicitations du Conseil d'Etat du canton de Vaud (ci-après: le Conseil d'Etat). En 1990, l'intéressé a reçu une mise en garde pour avoir, alors qu'il n'était pas en service, frappé de deux coups de poing et blessé un individu qui s'était attaqué à l'un de ses collègues. Ses supérieurs hiérarchiques, satisfaits de son activité, lui ont attribué d'excellentes qualifications. Seul le responsable du poste de Z._ le décrit comme un collaborateur vite satisfait de son travail, quelque peu imbu de lui-même, beau parleur, cherchant toujours des excuses pour justifier certains retards dans ses écrits et fréquentant des gens qu'il aurait plutôt dû éviter. B.- Interpellé le 24 juillet 1991, X._ a été inculpé de faux dans les certificats et de contravention à la loi vaudoise sur les armes. Le 25 juillet 1991, il a été suspendu préventivement de ses fonctions avec effet immédiat. Sa suspension a été confirmée le 26 juillet 1991 par le Chef du Département vaudois de la justice, de la police et des affaires militaires, qui a assorti cette mesure de la suppression totale du traitement de l'intéressé avec effet au 25 juillet 1991. Le 14 novembre 1991, il a été inculpé d'entrave à l'action pénale. C.-Le 6 mars 1992, le Conseil d'Etat a renvoyé X._ pour justes motifs au sens de l'art. 89 de la loi vaudoise du 9 juin 1947 sur le statut général des fonctions publiques cantonales (RSV 1.6; ci-après: le Statut) et a supprimé par moitié son traitement du 25 juillet 1991 à la date de son renvoi pour justes motifs. Il lui a reproché en substance de ne pas avoir dénoncé des trafiquants de drogue, d'avoir utilisé une carte de presse indûment obtenue et d'avoir porté sur son lieu de travail une autre arme que celle de service - au surplus chargée de la munition "Action" -, contrevenant ainsi aux ordres de service émis par le Commandant de la police cantonale du canton de Vaud (ci-après: le Commandant de police). L'intéressé n'a pas recouru contre cette décision. Le 12 octobre 1993, il a été libéré du chef d'accusation d'entrave à l'action pénale et a été condamné pour faux dans les certificats à une amende de 500 fr., avec un délai d'épreuve et de radiation de deux ans. D.- Le 18 décembre 1998, la Chambre du contentieux des fonctionnaires du Tribunal cantonal du canton de Vaud (ci-après: la Chambre du contentieux) a rejeté la demande d'indemnité pour le dommage subi (555'602 fr. 27) en raison de son renvoi présentée par X._ contre l'Etat de Vaud. Le 12 avril 2000, la Chambre des recours du Tribunal cantonal du canton de Vaud (ci-après: la Chambre des recours) a rejeté le recours de l'intéressé et confirmé le jugement précité. Elle a considéré en substance qu'en vertu de la loi vaudoise du 17 novembre 1975 sur la police cantonale (RSV 3.11 A; ci-après: la loi sur la police cantonale) et du Statut, les exigences quant au comportement d'un fonctionnaire de police, y compris en dehors de son service, excédaient largement celles imposées à un travailleur du secteur privé ainsi qu'aux autres fonctionnaires. Sous peine de mettre en péril l'autorité de l'Etat, les policiers, qui étaient chargés d'assurer le maintien de la sécurité et de l'ordre publics et exerçaient à ce titre une part de la puissance publique, devaient être eux-mêmes irréprochables. La Chambre des recours a reproché à X._ sa condamnation pour faux dans les certificats - infraction qui n'avait pas été commise sous le coup de l'émotion mais relevait d'une démarche intellectuelle consciente -, le fait qu'il avait porté en service une arme qui n'était pas celle de service et qui était chargée d'une balle "Action", contrevenant ainsi à l'ordre de service, et de ne pas avoir renseigné ses supérieurs sur les activités délictueuses (trafic de stupéfiants) dont un ami se prétendait l'auteur, même si cet ami était connu comme hâbleur. L'intéressé avait ainsi démontré son absence de respect de la loi et son incapacité à respecter les injonctions de la hiérarchie. Par ailleurs, l'ensemble de son comportement passé n'apportait rien de déterminant en sa faveur. En outre, la comparaison avec d'autres procédures disciplinaires apparaissait sans pertinence dans la mesure où X._ ne pouvait se prévaloir avec succès, au nom de l'égalité de traitement, de cas dans lesquels les règles contraignant les fonctionnaires à un certain comportement auraient été appliquées avec laxisme. Le cumul des trois manquements précités ruinait définitivement la confiance mise en lui et ceux-ci étaient dès lors constitutifs de justes motifs de renvoi. E.- Agissant par la voie du recours de droit public, l'intéressé demande l'annulation de l'arrêt précité et le renvoi de la cause à l'autorité cantonale pour nouvelle décision dans le sens des considérants. Il invoque une violation des principes de l'interdiction de l'arbitraire et de l'égalité de traitement. L'Etat de Vaud conclut au rejet du recours dans la mesure où il est recevable. La Chambre du contentieux s'en remet à justice. La Chambre des recours se réfère à l'arrêt attaqué.
Considérant en droit : 1.- a) Déposé en temps utile contre une décision finale prise en dernière instance cantonale, qui ne peut être attaquée que par la voie du recours de droit public et qui touche le recourant dans ses intérêts juridiquement protégés, le présent recours est en principe recevable au regard des art. 84 ss OJ. b) Sous réserve d'exceptions non réalisées en l'espèce, le recours de droit public est de nature purement cassatoire (<ref-ruling> consid. 8c p. 395 et la jurisprudence citée). Dans la mesure où l'intéressé demande autre chose que l'annulation de l'arrêt attaqué, soit le renvoi de la cause à l'autorité cantonale pour nouvelle décision dans le sens des considérants, ses conclusions sont dès lors irrecevables. c) En vertu de l'art. 90 al. 1 lettre b OJ, l'acte de recours doit, à peine d'irrecevabilité, contenir un exposé succinct des droits constitutionnels ou des principes juridiques violés et préciser en quoi consiste la violation. Lorsqu'il est saisi d'un recours de droit public, le Tribunal fédéral n'a donc pas à vérifier de lui-même si l'arrêt entrepris est en tous points conforme au droit et à l'équité. Il n'examine que les griefs d'ordre constitutionnel invoqués et suffisamment motivés dans l'acte de recours (<ref-ruling> consid. 1c p. 76; <ref-ruling> consid. 4a p. 30; <ref-ruling> consid. 2b p. 318). En outre, dans un recours pour arbitraire fondé sur l'art. 9 Cst. (cf. art. 4 aCst.), le recourant ne peut se contenter de critiquer l'arrêt attaqué comme il le ferait dans une procédure d'appel où l'autorité de recours peut revoir librement l'application du droit. Il doit préciser en quoi cet arrêt serait arbitraire, ne reposerait sur aucun motif sérieux et objectif, apparaîtrait insoutenable ou heurterait gravement le sens de la justice (<ref-ruling> consid. 1b p. 495 et la jurisprudence citée). C'est à la lumière de ces principes que doivent être appréciés les moyens soulevés par l'intéressé. 2.- a) Le recourant soutient essentiellement que son renvoi serait totalement infondé, estimant qu'il n'existerait pas de justes motifs pouvant motiver son licenciement avec effet immédiat; l'arrêt entrepris reposerait dès lors sur une application arbitraire du droit cantonal. L'intéressé prétend également que la sanction prononcée serait disproportionnée. b) Une décision est arbitraire lorsqu'elle contredit clairement la situation de fait, lorsqu'elle viole gravement une norme ou un principe juridique clair et indiscuté, ou lorsqu'elle heurte d'une manière choquante le sentiment de la justice et de l'équité. A cet égard, le Tribunal fédéral ne s'écarte de la solution retenue par l'autorité cantonale de dernière instance que si elle apparaît insoutenable, en contradiction manifeste avec la situation effective, adoptée sans motifs objectifs ou en violation d'un droit certain. De plus, il ne suffit pas que les motifs de l'arrêt attaqué soient insoutenables, encore faut-il que ce dernier soit arbitraire dans son résultat. Il n'y a en outre pas arbitraire du seul fait qu'une autre solution que celle de l'autorité intimée paraît concevable, voire préférable (<ref-ruling> consid. 2a p. 168 et la jurisprudence citée). La nouvelle Constitution n'a pas amené de changement à cet égard (cf. art. 8 et 9 Cst. ; <ref-ruling> consid. 3a p. 170). 3.- a) aa) En vertu de l'art. 89 du Statut - applicable par renvoi de l'art. 8 de la loi sur police cantonale -, le Conseil d'Etat ou le Tribunal cantonal pour l'ordre judiciaire peut en tout temps ordonner la cessation des fonctions pour justes motifs (al. 1). Constituent de justes motifs le fait que le fonctionnaire ne remplit plus les conditions dont dépend la nomination et toutes autres circonstances qui font que, selon les règles de la bonne foi, la poursuite des rapports de service ne peut pas être exigée (al. 3.- a) aa) En vertu de l'art. 89 du Statut - applicable par renvoi de l'art. 8 de la loi sur police cantonale -, le Conseil d'Etat ou le Tribunal cantonal pour l'ordre judiciaire peut en tout temps ordonner la cessation des fonctions pour justes motifs (al. 1). Constituent de justes motifs le fait que le fonctionnaire ne remplit plus les conditions dont dépend la nomination et toutes autres circonstances qui font que, selon les règles de la bonne foi, la poursuite des rapports de service ne peut pas être exigée (al. 2). bb) En 1988, le législateur vaudois a modifié le Statut et a intégré la révocation disciplinaire dans le renvoi pour justes motifs de l'art. 89. Selon le message du Conseil d'Etat, la notion de justes motifs est désormais "calquée" sur celle du droit privé, soit de l'<ref-law>, de sorte qu'il y a lieu de se référer à la jurisprudence rendue dans ce domaine (Bulletin des séances du Grand Conseil du canton de Vaud, séance du 18 mai 1988, p. 855, spéc. p. 861 ss). Selon la jurisprudence rendue en application du droit privé, il existe de justes motifs lorsque la confiance, qui est la base essentielle du rapport de travail, a été ruinée, voire ébranlée à tel point qu'on ne saurait exiger de l'employeur la continuation de celui-ci (<ref-ruling> consid. 4d p. 472; <ref-ruling> consid. 3 p. 73; 560 consid. 3 p. 561; <ref-ruling> consid. 6a p. 150 et les arrêts cités). En outre, l'employeur qui entend résilier le contrat pour justes motifs doit le faire sans tarder, une trop longue attente comportant renonciation à se prévaloir de ce moyen (<ref-ruling> consid. 3b p. 51; <ref-ruling> consid. 5a p. 310; <ref-ruling> consid. 2a p. 146). Toutefois, la jurisprudence relative à l'<ref-law> doit être appliquée en tenant compte des particularités de la situation du fonctionnaire ou, comme en l'espèce, du gendarme. cc) Selon la loi sur la police cantonale, cette dernière a pour mission d'assurer le maintien de la sécurité et de l'ordre publics (art. 1er) et la prévention criminelle (art. 1er a). Aux termes de la promesse solennelle faite par le fonctionnaire de police, ce dernier s'engage à exercer ses fonctions et devoirs en toute conscience et avec zèle, assiduité et fidélité, et promet de se conformer strictement aux lois et d'obéir scrupuleusement aux ordres de ses chefs (art. 13). Il a le droit de prendre les mesures nécessaires à établir l'identité ou la culpabilité de toute personne interpellée (art. 20 et 21) et de pénétrer à certaines conditions dans un domicile (art. 22). L'usage de la force, dans une mesure proportionnée aux circonstances, (art. 24) et le recours aux armes en tant qu'ultime moyen de contrainte (art. 25) sont permis. dd) On peut noter que le texte de l'art. 89 du Statut correspond également, pour l'essentiel, à l'art. 55 de la loi fédérale du 30 juin 1927 sur le statut des fonctionnaires (StF; RS 172. 221.10), qui prévoit que l'autorité peut, pour de justes motifs, résilier immédiatement les rapports de service; sont considérées comme de justes motifs, l'incapacité constatée, la faillite, la saisie infructueuse, la perte de l'éligibilité, les incompatibilités et toutes autres circonstances qui, d'après les règles de la bonne foi, font admettre que l'autorité qui nomme ne peut plus continuer les rapports de service (cf. également l'art. 12 al. 7 de la loi fédérale du 24 mars 2000 sur le personnel de la Confédération [LPers; RS 172. 220.1; RO 2001 894] déjà partiellement en vigueur). Selon la doctrine, l'autorité doit tenir compte de toutes les circonstances du cas concret, notamment de la situation, de la place occupée et de la responsabilité de l'agent (Blaise Knapp, La violation du devoir de fidélité, cause de cessation de l'emploi des fonctionnaires fédéraux, in RDS 103/1984 I p. 489 ss, p. 510/511; Elmar Mario Jud, Besonderheiten öffentlichrechtlicher Dienstverhältnisse nach schweizerischem Recht, insbesondere bei deren Beendigung aus nichtdisziplinarischen Gründen, St-Gall 1975, p. 189, 190 et 197). Elle est en outre tenue de respecter le principe de la proportionnalité (Peter Hänni, La fin des rapports de service en droit public, in RDAF 1995 n. 5/6 p. 407 ss, p. 422; Hermann Schroff/David Gerber, Die Beendigung der Dienstverhältnisse in Bund und Kantonen, St-Gall 1985, n. 107 p. 83/84) b) aa) En l'espèce, l'autorité intimée a reproché à l'intéressé sa condamnation pour faux dans les certificats (utilisation d'une fausse carte de presse), d'avoir porté en service une arme qui n'était pas celle de service et qui était chargée d'une balle "Action", contrevenant ainsi à l'ordre du Commandant de police, et de ne pas avoir renseigné ses supérieurs sur les activités délictueuses (trafic de stupéfiants) dont un ami se prétendait l'auteur, même si cet ami était connu comme hâbleur. Elle a estimé que le recourant avait ainsi démontré son absence de respect de la loi et son incapacité à respecter les injonctions de la hiérarchie. Le cumul des trois manquements précités ruinait définitivement la confiance mise en lui, justifiant dès lors le renvoi pour justes motifs. Par ailleurs, l'ensemble de son comportement passé n'apportait rien de déterminant en sa faveur. bb) Cette appréciation de la Chambre des recours n'est pas arbitraire. Un renvoi pour justes motifs ne nécessite en effet pas une condamnation pénale, mais une accumulation de manquements suffit. Comme l'autorité intimée l'a relevé, les exigences quant au comportement d'un policier excèdent celles imposées aux autres fonctionnaires. Sous peine de mettre en péril l'autorité de l'Etat, les fonctionnaires de police, qui sont chargés d'assurer le maintien de la sécurité et de l'ordre publics (cf. art. 1er de la loi sur la police cantonale) et exercent à ce titre une part importante de la puissance publique, doivent être eux-mêmes irréprochables (cf. art. 13 de la loi sur la police cantonale relative à la promesse solennelle). S'agissant d'un policier ayant été renvoyé disciplinairement après 35 ans de service pour avoir donné des indications fausses pour justifier son absence et utilisé abusivement une carte de locataire d'un parking, le Tribunal fédéral a estimé que la mesure n'était pas arbitraire (cf. l'arrêt non publié du 25 avril 2000 en la cause X. contre le Conseil d'Etat du canton de Lucerne). Il a également considéré que le renvoi pour justes motifs d'un inspecteur principal adjoint à la police de sûreté ayant été mis hors de cause dans les procédures pénales et disciplinaires dirigées contre lui ne prêtait pas le flanc à la critique dès lors que sa présence était objectivement de nature à provoquer des rapports personnels difficiles et des rivalités susceptibles d'entraver les activités du service (cf. l'arrêt du 14 février 2000 en la cause X. contre le Tribunal administratif du canton de Neuchâtel). Il a en outre jugé que le licenciement administratif d'un gardien de prison pour vol de denrées alimentaires sur son lieu de travail n'était pas arbitraire (cf. l'arrêt non publié du 25 août 1998 en la cause X. contre le Conseil d'Etat du canton des Grisons). Dans cette dernière affaire, l'autorité de céans a considéré que l'intégrité d'un surveillant de prison doit remplir des exigences particulièrement élevées (cf. l'arrêt non publié précité du 25 août 1998 consid. 3c/dd). Ces exigences sont encore plus grandes pour un fonctionnaire de police - au surplus appointé - qui, comme l'intéressé, doit assurer le maintien de la sécurité et l'ordre publics ainsi que la prévention criminelle et à qui des pouvoirs étendus sont conférés à cet effet (cf. art. 19 à 26 de la loi sur la police). L'arrêt de la Chambre de recours, qui a considéré que les conditions pour un renvoi pour justes motifs au sens de l'art. 89 du Statut étaient remplies, n'est dès lors pas arbitraire. Eu égard à l'incompatibilité des manquements du recourant avec l'intégrité et le caractère irréprochable exigés d'un gendarme, son licenciement ne viole pas non plus le principe de la proportionnalité. 4.- a) L'intéressé estime que son renvoi était constitutif d'une inégalité de traitement. En effet, dans d'autres cas, objectivement plus graves, les manquements constatés n'auraient entraînés pour les policiers concernés tout au plus un blâme. b) Une décision viole le principe de l'égalité de traitement lorsqu'elle établit des distinctions juridiques qui ne se justifient par aucun motif raisonnable au regard de la situation de fait à réglementer ou lorsqu'elle omet de faire des distinctions qui s'imposent au vu des circonstances, c'est-à-dire lorsque ce qui est semblable n'est pas traité de manière identique et lorsque ce qui est dissemblable ne l'est pas de manière différente. Il faut que le traitement différent ou semblable injustifié se rapporte à une situation de fait importante (<ref-ruling> consid. 2b/aa p. 4). c) Les quatre exemples cités par le recourant à l'appui du grief tiré de l'inégalité de traitement ne se rapportent toutefois pas à des situations similaires et leurs auteurs n'ont pas commis les mêmes manquements que lui, peu importe au demeurant que l'intéressé les considère comme plus graves. Hormis le cas du sergent P., les comportements fautifs cités ont été commis hors service, alors que les manquements du recourant se rapportent - à l'exception du faux dans les certificats - à des faits en relation avec son travail. Par ailleurs, l'intéressé - qui se contente de présenter son point de vue - ne critique pas l'appréciation de l'autorité intimée, qui a estimé à juste titre que, dans les cas invoqués, aucun fonctionnaire n'avait cumulé autant de manquements que le recourant. Le grief soulevé doit dès lors être rejeté. 5.- Vu ce qui précède, le présent recours doit être rejeté dans la mesure où il est recevable. Succombant, l'intéressé doit supporter les frais judiciaires - qui sont fixés à un montant réduit compte tenu de sa situation financière - (art. 156 al. 1, 153 et 153a OJ) et n'a pas droit à des dépens (art. 159 al. 1 OJ). Il n'y a pas non plus lieu d'allouer une indemnité de dépens au canton qui obtient gain de cause (art. 159 al. 2 OJ), bien qu'il ait été représenté par un avocat devant l'autorité de céans. Une exception à cette règle ne se justifie que pour les petites ou moyennes communes qui ne disposent pas d'un service juridique et qui sont dès lors obligées de recourir au service d'un avocat. Pour un canton, comme l'Etat de Vaud en l'occurrence, ce problème ne se pose en général pas (cf. <ref-ruling>82 consid. 7 p. 202 et les références citées).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral : 1. Rejette le recours dans la mesure où il est recevable. 2. Met un émolument judiciaire de 1'500 fr. à la charge du recourant. 3. Dit qu'il n'est pas alloué de dépens. 4. Communique le présent arrêt en copie aux mandataires des parties, à la Chambre du contentieux des fonctionnaires du Tribunal cantonal et à la Chambre des recours du Tribunal cantonal du canton de Vaud. _ Lausanne, le 11 avril 2001 DVR/elo Au nom de la IIe Cour de droit public du TRIBUNAL FEDERAL SUISSE: Le Président, Le Greffier,
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2,005
it
Fatti: Fatti: A. Con decisione dell'8 novembre 1996 il Dipartimento del territorio del Cantone Ticino, constatato che sui fondi part. n. xxx e yyy di Arbedo, di proprietà di X._, e sui fondi part. n. aaa e bbb, di proprietà dello Stato, erano depositati numerosi veicoli inservibili, oltre a rottami e copertoni usati appartenenti a X._, ha tra l'altro ordinato a questi di sgomberarli entro trenta giorni e di consegnarli a un centro di raccolta autorizzato. Poiché il ricorrente si era impegnato a costruire un capannone per svolgervi la sua attività e depositarvi il materiale oggetto dell'ordine dipartimentale, il termine di sgombero è poi stato prorogato sino al 30 novembre 1997. A. Con decisione dell'8 novembre 1996 il Dipartimento del territorio del Cantone Ticino, constatato che sui fondi part. n. xxx e yyy di Arbedo, di proprietà di X._, e sui fondi part. n. aaa e bbb, di proprietà dello Stato, erano depositati numerosi veicoli inservibili, oltre a rottami e copertoni usati appartenenti a X._, ha tra l'altro ordinato a questi di sgomberarli entro trenta giorni e di consegnarli a un centro di raccolta autorizzato. Poiché il ricorrente si era impegnato a costruire un capannone per svolgervi la sua attività e depositarvi il materiale oggetto dell'ordine dipartimentale, il termine di sgombero è poi stato prorogato sino al 30 novembre 1997. B. Dopo ulteriori atti procedurali che non occorre qui rievocare, il 17 aprile 2002 il Dipartimento del territorio ha diffidato inappellabilmente X._ a sgomberare entro quindici giorni i veicoli, avvertendolo che in caso di inadempienza sarebbe stata ordinata con spese a relativo carico l'esecuzione d'ufficio. Essendo anche questo termine trascorso infruttuoso, con decisione del 10 aprile 2003, la Divisione dell'ambiente del Dipartimento del territorio ha avvertito X._ che a partire dal 5 maggio 2003 si sarebbe proceduto all'esecuzione sostitutiva dell'ordine 8 novembre 1996, invitandolo a spostare sulla particella n. yyy i veicoli ancora idonei alla circolazione. B. Dopo ulteriori atti procedurali che non occorre qui rievocare, il 17 aprile 2002 il Dipartimento del territorio ha diffidato inappellabilmente X._ a sgomberare entro quindici giorni i veicoli, avvertendolo che in caso di inadempienza sarebbe stata ordinata con spese a relativo carico l'esecuzione d'ufficio. Essendo anche questo termine trascorso infruttuoso, con decisione del 10 aprile 2003, la Divisione dell'ambiente del Dipartimento del territorio ha avvertito X._ che a partire dal 5 maggio 2003 si sarebbe proceduto all'esecuzione sostitutiva dell'ordine 8 novembre 1996, invitandolo a spostare sulla particella n. yyy i veicoli ancora idonei alla circolazione. C. L'interessato ha impugnato questa risoluzione dinanzi al Consiglio di Stato del Cantone Ticino che, con decisione del 13 maggio 2003, ha dichiarato irricevibile il gravame siccome volto essenzialmente a rimettere in discussione l'ordine oggetto dell'esecuzione, ciò che non era più possibile in quella procedura. Adito da X._, il Tribunale cantonale amministrativo ne ha respinto il 3 settembre 2003 il ricorso, confermando sostanzialmente l'argomentazione del Governo. Con sentenza del 6 novembre 2003, il Tribunale federale ha dichiarato inammissibile un ricorso presentato dall'interessato contro il giudizio dell'ultima istanza cantonale (causa 1P.604/2003). C. L'interessato ha impugnato questa risoluzione dinanzi al Consiglio di Stato del Cantone Ticino che, con decisione del 13 maggio 2003, ha dichiarato irricevibile il gravame siccome volto essenzialmente a rimettere in discussione l'ordine oggetto dell'esecuzione, ciò che non era più possibile in quella procedura. Adito da X._, il Tribunale cantonale amministrativo ne ha respinto il 3 settembre 2003 il ricorso, confermando sostanzialmente l'argomentazione del Governo. Con sentenza del 6 novembre 2003, il Tribunale federale ha dichiarato inammissibile un ricorso presentato dall'interessato contro il giudizio dell'ultima istanza cantonale (causa 1P.604/2003). D. Previo avvertimento dell'interessato da parte della Divisione dell'ambiente, la ditta Y._ SA di Giubiasco ha eseguito lo sgombero a partire dal 17 novembre 2003. Con decisione del 22 gennaio 2004, la Divisione dell'ambiente ha quindi accertato che le spese di esecuzione sostitutiva, corrispondenti alla fattura emessa dalla ditta incaricata, ammontavano a fr. 34'631.-- ed ha ordinato a X._ di rifonderle allo Stato. Il Consiglio di Stato ha respinto, con risoluzione del 4 maggio 2004, un ricorso dell'interessato e confermato la decisione della Divisione dell'ambiente. Adito da X._, il Tribunale cantonale amministrativo ha respinto, con sentenza del 20 agosto 2004, un ricorso contro la risoluzione governativa. Ha ritenuto superflue, e non le ha quindi assunte, le prove indicate dal ricorrente. Ha poi considerato insufficientemente motivata e comunque infondata l'eccezione di nullità dell'ordine di sgombero, respingendo pure le censure relative alle modalità di esecuzione dello sgombero, nonché al modo di classificare il materiale asportato. D. Previo avvertimento dell'interessato da parte della Divisione dell'ambiente, la ditta Y._ SA di Giubiasco ha eseguito lo sgombero a partire dal 17 novembre 2003. Con decisione del 22 gennaio 2004, la Divisione dell'ambiente ha quindi accertato che le spese di esecuzione sostitutiva, corrispondenti alla fattura emessa dalla ditta incaricata, ammontavano a fr. 34'631.-- ed ha ordinato a X._ di rifonderle allo Stato. Il Consiglio di Stato ha respinto, con risoluzione del 4 maggio 2004, un ricorso dell'interessato e confermato la decisione della Divisione dell'ambiente. Adito da X._, il Tribunale cantonale amministrativo ha respinto, con sentenza del 20 agosto 2004, un ricorso contro la risoluzione governativa. Ha ritenuto superflue, e non le ha quindi assunte, le prove indicate dal ricorrente. Ha poi considerato insufficientemente motivata e comunque infondata l'eccezione di nullità dell'ordine di sgombero, respingendo pure le censure relative alle modalità di esecuzione dello sgombero, nonché al modo di classificare il materiale asportato. E. X._ impugna la sentenza del Tribunale cantonale amministrativo con un ricorso di diritto amministrativo e un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede di dichiararla nulla e subordinatamente di annullarla. Con entrambi i rimedi egli fa valere una violazione dell'uguaglianza giuridica, del divieto dell'arbitrio, del principio della buona fede, della garanzia della proprietà, della libertà economica e delle garanzie procedurali generali. Il ricorrente postula inoltre di essere ammesso al beneficio dell'assistenza giudiziaria e del gratuito patrocinio. Dei motivi si dirà, per quanto necessario, nei considerandi. E. X._ impugna la sentenza del Tribunale cantonale amministrativo con un ricorso di diritto amministrativo e un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede di dichiararla nulla e subordinatamente di annullarla. Con entrambi i rimedi egli fa valere una violazione dell'uguaglianza giuridica, del divieto dell'arbitrio, del principio della buona fede, della garanzia della proprietà, della libertà economica e delle garanzie procedurali generali. Il ricorrente postula inoltre di essere ammesso al beneficio dell'assistenza giudiziaria e del gratuito patrocinio. Dei motivi si dirà, per quanto necessario, nei considerandi. F. La Corte cantonale si riconferma nella sua sentenza. Il Consiglio di Stato si rimette al giudizio del Tribunale federale. La Divisione dell'ambiente del Dipartimento del territorio e il Municipio di Arbedo-Castione chiedono di respingere i ricorsi. Invitato a presentare eventuali osservazioni, l'Ufficio federale dell'ambiente, delle foreste e del paesaggio ha comunicato di condividere la decisione impugnata. Il ricorrente ha in seguito preso posizione sulle risposte delle Autorità e prodotto ulteriori documenti. Con decreto presidenziale del 28 ottobre 2004 ai ricorsi è stato conferito l'effetto sospensivo.
Diritto: Diritto: 1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei ricorsi che gli vengono sottoposti, senza essere vincolato dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (<ref-ruling> consid. 1, 306 consid. 1.1). 1.1 Il ricorrente presenta un ricorso di diritto amministrativo e un ricorso di diritto pubblico dai contenuti praticamente identici. Per la natura sussidiaria del ricorso di diritto pubblico (art. 84 cpv. 2 OG), occorre innanzitutto esaminare se siano date le condizioni per l'ammissibilità del ricorso di diritto amministrativo (<ref-ruling> consid. 1.1 e rinvii). Secondo gli art. 97 e 98 lett. g OG, combinati con l'<ref-law>, la via del ricorso di diritto amministrativo è aperta contro le decisioni delle autorità cantonali d'ultima istanza fondate sul diritto federale - o che avrebbero dovuto esserlo - sempre che non sia realizzata alcuna delle eccezioni previste agli art. 99 a 102 OG o nella legislazione speciale (<ref-ruling> consid. 1.1 e rinvii). Il ricorso di diritto amministrativo è pure ammissibile contro le decisioni cantonali fondate nel medesimo tempo sul diritto federale e su quello cantonale, in quanto sia in discussione la violazione di norme di diritto federale direttamente applicabili (<ref-ruling> consid. 1b/aa, 128 II 56 consid. 1a/aa e rinvii). In concreto, i gravami sono diretti contro una decisione dell'ultima istanza cantonale che conferma la decisione della Divisione dell'ambiente di porre a carico del ricorrente le spese per lo sgombero di veicoli inservibili e rottami depositati, esternamente, sui fondi già citati. La Corte cantonale ha reso il suo giudizio fondandosi in prevalenza sull'art. 34 della legge ticinese di procedura per le cause amministrative, del 19 aprile 1966 (LPamm), per il quale l'Autorità amministrativa esegue le proprie decisioni (cpv. 1), e l'esecuzione forzata avviene segnatamente mediante esecuzione d'ufficio a spese dell'obbligato (cpv. 3, lett. b). La Divisione dell'ambiente e il Dipartimento del territorio hanno tuttavia fondato l'ordine di sgombero, l'esecuzione sostitutiva e l'obbligo di rifusione allo Stato dei relativi costi essenzialmente sulla base della legge federale sulla protezione delle acque, del 24 gennaio 1991 (LPAc; RS 814.20), la rimozione delle carcasse essendo stata dettata soprattutto da ragioni di protezione dell'ambiente e delle acque. In particolare, l'<ref-law> prevede esplicitamente che i costi di prevenzione e di riparazione dei danni siano accollati a chi li ha causati (cfr. anche l'analogo <ref-law>). La Corte cantonale ha del resto fondato la propria competenza sulla legge cantonale del 2 aprile 1975 di applicazione della previgente legge federale contro l'inquinamento delle acque, dell'8 ottobre 1971 (cfr. art. 124 lett. f), che all'art. 3 riprende in sostanza il principio dell'imposizione delle spese alla persona che ha causato l'evento dannoso o pericoloso. In tale ambito, il diritto cantonale non ha una portata autonoma rispetto all'<ref-law>, direttamente applicabile, sicché in concreto è data solo la via del ricorso di diritto amministrativo (cfr. sentenza 1A.248/2002 del 17 marzo 2003, consid. 1.1, indicata in URP 2003, pag. 371 segg.). 1.2 Il ricorrente, che è stato obbligato a rifondere allo Stato le spese per l'esecuzione sostitutiva dello sgombero, ha un interesse degno di protezione all'annullamento della decisione impugnata ed è quindi legittimato a ricorrere (art. 103 lett. a OG). 1.3 Con il ricorso di diritto amministrativo si può far valere la violazione del diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere di apprezzamento (art. 104 lett. a OG). L'accertamento dei fatti vincola il Tribunale federale se l'istanza inferiore, come nel caso, è un'autorità giudiziaria e i fatti non risultino manifestamente inesatti o incompleti oppure siano stati accertati violando norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG; <ref-ruling> consid. 2d). Nell'ambito di questo rimedio possono essere giudicate anche le censure relative alla violazione di diritti costituzionali, che pure rientrano nella nozione di diritto federale ai sensi dell'art. 104 lett. a OG (<ref-ruling> consid. 1b, 121 II 39 consid. 2d/bb e rispettivi rinvii). 1.4 Nel ricorso di diritto amministrativo il ricorrente è comunque tenuto a presentare una chiara e precisa motivazione, con riferimento alla fattispecie cui si riferisce l'atto impugnato e alle tesi in esso contenute (cfr. art. 108 cpv. 2 OG; <ref-ruling> consid. 1.3.1 e riferimenti). Nell'ambito di questa procedura il ricorrente non è però più abilitato a rimettere in discussione l'ordine di sgombero originario, su cui sono basate le decisioni dell'esecuzione sostitutiva e di rifusione dei costi allo Stato. Né egli può in questa sede validamente contestare ulteriori precedenti decisioni definitive e cresciute in giudicato (art. 101 lett. c OG; <ref-ruling> consid. 3c/bb). Nella misura in cui il ricorrente critichi l'ordine di sgombero, insistendo segnatamente sulla pretesa utilizzabilità di taluni materiali come pezzi di ricambio, sul fatto che l'ubicazione della sua attività sarebbe conforme al piano regolatore e che non avrebbe mai causato inquinamenti, il ricorso è pertanto inammissibile. Né il gravame può essere esaminato nel merito laddove il ricorrente invochi genericamente una pretesa violazione di diritti costituzionali senza confrontarsi con l'oggetto del litigio, segnatamente con le argomentazioni esposte nel giudizio impugnato. 1.4 Nel ricorso di diritto amministrativo il ricorrente è comunque tenuto a presentare una chiara e precisa motivazione, con riferimento alla fattispecie cui si riferisce l'atto impugnato e alle tesi in esso contenute (cfr. art. 108 cpv. 2 OG; <ref-ruling> consid. 1.3.1 e riferimenti). Nell'ambito di questa procedura il ricorrente non è però più abilitato a rimettere in discussione l'ordine di sgombero originario, su cui sono basate le decisioni dell'esecuzione sostitutiva e di rifusione dei costi allo Stato. Né egli può in questa sede validamente contestare ulteriori precedenti decisioni definitive e cresciute in giudicato (art. 101 lett. c OG; <ref-ruling> consid. 3c/bb). Nella misura in cui il ricorrente critichi l'ordine di sgombero, insistendo segnatamente sulla pretesa utilizzabilità di taluni materiali come pezzi di ricambio, sul fatto che l'ubicazione della sua attività sarebbe conforme al piano regolatore e che non avrebbe mai causato inquinamenti, il ricorso è pertanto inammissibile. Né il gravame può essere esaminato nel merito laddove il ricorrente invochi genericamente una pretesa violazione di diritti costituzionali senza confrontarsi con l'oggetto del litigio, segnatamente con le argomentazioni esposte nel giudizio impugnato. 2. 2.1 Il ricorrente rimprovera alla Corte cantonale una violazione del diritto di essere sentito per non avere assunto le prove da lui richieste, che avrebbero tra l'altro permesso di accertare la mancata cernita del materiale e l'eliminazione di veicoli e pezzi di ricambio ancora utilizzabili. 2.2 Il diritto di essere sentito, che comprende la facoltà per l'interessato di offrire mezzi di prova su punti rilevanti e di partecipare alla loro assunzione, o perlomeno di potersi esprimere sui risultati, in quanto possano influire sul giudizio (<ref-ruling> consid. 2a/aa e rinvii), non impedisce di principio all'autorità di procedere a un apprezzamento anticipato delle prove richieste, se è convinta che esse non potrebbero condurla a modificare il suo giudizio (<ref-ruling> consid. 4a, 122 II 464 consid. 4a). 2.3 La Corte cantonale ha motivato le ragioni per cui ha ritenuto superflue le prove addotte dal ricorrente, rilevando in particolare che l'entità e la natura dei materiali da rimuovere risultava con sufficiente chiarezza dalla documentazione fotografica agli atti, che un sopralluogo avrebbe permesso a quel momento unicamente di constatare l'avvenuto sgombero e che una perizia sullo stato del terreno non si giustificava alla luce della natura degli oggetti e della portata dell'ordine di rimozione. Premesso che il ricorrente non sostanzia un eventuale arbitrio nell'apprezzamento anticipato delle prove da parte della Corte cantonale, i mezzi probatori da lui indicati concernevano essenzialmente questioni, come la fondatezza e le modalità dello sgombero, già oggetto di decisioni anteriori definitive. D'altra parte, come rilevato nel giudizio impugnato, il ricorrente era stato esplicitamente invitato nelle decisioni dell'8 novembre 1996 e del 10 aprile 2003 a separare i veicoli che intendeva conservare ed avvertito che, in caso di mancata separazione, la scelta dei veicoli che avrebbero eventualmente potuto essere rimessi in circolazione sarebbe stata eseguita in forma sommaria dai funzionari della Sezione della circolazione. Non avendo il ricorrente dato seguito all'invito, la Corte cantonale ha ritenuto contrario al principio della buona fede sollevare in quella sede contestazioni sulle modalità della cernita. In tali circostanze, sulla base di tale argomentazione, l'audizione di testimoni riguardo allo svolgimento delle operazioni di sgombero poteva, senza con ciò incorrere nell'arbitrio, essere considerata irrilevante. In sostanza, essendo il litigio dinanzi all'ultima istanza cantonale circoscritto all'aspetto dei costi dell'esecuzione forzata, la decisione di rinunciare ad assumere ulteriori prove sulla base dell'apprezzamento anticipato della loro rilevanza non è certo manifestamente insostenibile. Considerata altresì la natura delle censure proponibili con il rimedio in esame (cfr. consid. 1.4), l'assunzione di ulteriori prove non si giustifica quindi nemmeno in questa sede (art. 95 OG; <ref-ruling> consid. 2a, 122 II 274 consid. 1d). 2.3 La Corte cantonale ha motivato le ragioni per cui ha ritenuto superflue le prove addotte dal ricorrente, rilevando in particolare che l'entità e la natura dei materiali da rimuovere risultava con sufficiente chiarezza dalla documentazione fotografica agli atti, che un sopralluogo avrebbe permesso a quel momento unicamente di constatare l'avvenuto sgombero e che una perizia sullo stato del terreno non si giustificava alla luce della natura degli oggetti e della portata dell'ordine di rimozione. Premesso che il ricorrente non sostanzia un eventuale arbitrio nell'apprezzamento anticipato delle prove da parte della Corte cantonale, i mezzi probatori da lui indicati concernevano essenzialmente questioni, come la fondatezza e le modalità dello sgombero, già oggetto di decisioni anteriori definitive. D'altra parte, come rilevato nel giudizio impugnato, il ricorrente era stato esplicitamente invitato nelle decisioni dell'8 novembre 1996 e del 10 aprile 2003 a separare i veicoli che intendeva conservare ed avvertito che, in caso di mancata separazione, la scelta dei veicoli che avrebbero eventualmente potuto essere rimessi in circolazione sarebbe stata eseguita in forma sommaria dai funzionari della Sezione della circolazione. Non avendo il ricorrente dato seguito all'invito, la Corte cantonale ha ritenuto contrario al principio della buona fede sollevare in quella sede contestazioni sulle modalità della cernita. In tali circostanze, sulla base di tale argomentazione, l'audizione di testimoni riguardo allo svolgimento delle operazioni di sgombero poteva, senza con ciò incorrere nell'arbitrio, essere considerata irrilevante. In sostanza, essendo il litigio dinanzi all'ultima istanza cantonale circoscritto all'aspetto dei costi dell'esecuzione forzata, la decisione di rinunciare ad assumere ulteriori prove sulla base dell'apprezzamento anticipato della loro rilevanza non è certo manifestamente insostenibile. Considerata altresì la natura delle censure proponibili con il rimedio in esame (cfr. consid. 1.4), l'assunzione di ulteriori prove non si giustifica quindi nemmeno in questa sede (art. 95 OG; <ref-ruling> consid. 2a, 122 II 274 consid. 1d). 3. 3.1 Il ricorrente considera nulla sia la decisione di rifusione delle spese allo Stato sia la sentenza impugnata che la conferma. Ritiene inoltre gravemente viziato già l'ordine di sgombero dell'8 novembre 1996, adducendo ch'esso non sarebbe stato sorretto da accertamenti tecnici visto che una perizia da lui commissionata escluderebbe un inquinamento del suolo e delle acque. Premesso che con questa censura il ricorrente mette ancora in discussione il provvedimento alla base della decisione di rifusione delle spese, egli non espone difetti particolarmente gravi e manifesti, tali da fondare la nullità della procedura avviata nei suoi confronti, né si confronta con le argomentazioni addotte al proposito dalla Corte cantonale, che ha in concreto escluso un simile vizio (cfr. sentenza impugnata, consid. 3.1; cfr. inoltre, sulla nozione di nullità delle decisioni, <ref-ruling> consid. 3.3, 129 I 361 consid. 2.1, 122 I 97 consid. 3a/aa). 3.2 Il ricorrente ritiene in ogni modo la decisione impugnata lesiva del diritto, siccome le spese di cui è chiesto il rimborso non si riferirebbero all'oggetto dell'ordine di sgombero dell'8 novembre 1996, al quale era allegato uno specifico elenco dei veicoli inservibili da asportare. Sostiene che, poiché i veicoli elencati sarebbero stati a suo tempo rimossi, si imponeva di aggiornare la distinta, dando al ricorrente un'ulteriore possibilità di ricorso, prima di eventualmente procedere all'esecuzione forzata. Contrariamente all'opinione del ricorrente, il fatto che le autovetture inservibili elencate nella distinta annessa all'ordine di sgombero sarebbero state nel frattempo rimosse non è decisivo, essendo le stesse comunque sostituite con altri veicoli dallo stato sostanzialmente analogo. La tesi del ricorrente implicherebbe infatti per l'autorità l'obbligo di notificargli una nuova decisione ogni qualvolta gli oggetti interessati dalla decisione di esecuzione fossero sostituiti da altri, ciò che equivarrebbe in pratica ad ostacolare un ripristino efficace della situazione conforme alla legge (cfr. sentenza 1A.248/2002 del 17 marzo 2003, citata, consid. 2.1). La decisione posta in esecuzione imponeva chiaramente al ricorrente di sgomberare tutti i veicoli inservibili unitamente ai rottami e ai copertoni usati e di consegnarli a un centro di raccolta autorizzato. Invitando il ricorrente a separare e a depositare in uno specifico luogo i veicoli che intendeva conservare, essa implicava d'altra parte il divieto di continuare a depositare indiscriminatamente altre carcasse e rottami sui fondi in questione. Inoltre, la decisione di sgombero, menzionando a piè di pagina il citato elenco, specificava che lo stesso si riferiva alla situazione esistente il 7 novembre 1996. Attribuendo in tali circostanze una valenza soltanto indicativa all'elenco dei singoli oggetti e ritenendo, a ragione, che il ricorrente avesse in ogni caso compreso la portata del provvedimento, la Corte cantonale non ha ecceduto o abusato del proprio potere di apprezzamento. 3.3 In considerazione di quanto esposto, non risulta quindi che l'esecuzione sostitutiva abbia oltrepassato il contenuto dell'ordine di sgombero, né che i costi esposti comprendano spese inutili, non giustificate dalle necessità di una corretta attuazione del provvedimento. Al proposito il ricorrente si limita del resto a criticare genericamente la quantità di materiale asportato e l'importo fatturato dalla ditta esecutrice. Premesso che in quest'ambito l'autorità beneficia di un ampio margine d'apprezzamento, che impone di stralciare unicamente le voci di spesa manifestamente inutili (<ref-ruling> consid. 6), il ricorrente né fornisce concreti elementi che permettano di ritenere inattendibili i quantitativi esposti né allega indicazioni e prove riguardo ai prezzi usualmente praticati da altre imprese del ramo. Risulta inoltre dagli atti che lo Stato ha deliberato i lavori di sgombero alla ditta Y._ SA dopo averli messi a concorso. 3.3 In considerazione di quanto esposto, non risulta quindi che l'esecuzione sostitutiva abbia oltrepassato il contenuto dell'ordine di sgombero, né che i costi esposti comprendano spese inutili, non giustificate dalle necessità di una corretta attuazione del provvedimento. Al proposito il ricorrente si limita del resto a criticare genericamente la quantità di materiale asportato e l'importo fatturato dalla ditta esecutrice. Premesso che in quest'ambito l'autorità beneficia di un ampio margine d'apprezzamento, che impone di stralciare unicamente le voci di spesa manifestamente inutili (<ref-ruling> consid. 6), il ricorrente né fornisce concreti elementi che permettano di ritenere inattendibili i quantitativi esposti né allega indicazioni e prove riguardo ai prezzi usualmente praticati da altre imprese del ramo. Risulta inoltre dagli atti che lo Stato ha deliberato i lavori di sgombero alla ditta Y._ SA dopo averli messi a concorso. 4. Ne consegue che il ricorso di diritto pubblico è inammissibile, mentre il ricorso di diritto amministrativo deve essere respinto nella misura della sua ammissibilità. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG). La domanda di assistenza giudiziaria deve essere respinta siccome i gravami erano sin dall'inizio privi della possibilità di esito favorevole (art. 152 cpv. 1 OG; <ref-ruling> consid. 2b). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti nella procedura del ricorso di diritto amministrativo (art. 159 cpv. 2 OG).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 1. Il ricorso di diritto pubblico è inammissibile. 1. Il ricorso di diritto pubblico è inammissibile. 2. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso di diritto amministrativo è respinto. 2. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso di diritto amministrativo è respinto. 3. La domanda di assistenza giudiziaria è respinta. 3. La domanda di assistenza giudiziaria è respinta. 4. La tassa di giustizia di complessivi fr. 4'000.-- è posta a carico del ricorrente. 4. La tassa di giustizia di complessivi fr. 4'000.-- è posta a carico del ricorrente. 5. Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Municipio di Arbedo-Castione, alla Divisione dell'ambiente del Dipartimento del territorio, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale dell'ambiente, delle foreste e del paesaggio.
CH_BGer_001
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2,009
fr
Faits: A. Le 21 février 2008, A._ a ouvert action contre les sociétés X._ Inc. et Y._ SA devant le Tribunal de prud'hommes du canton de Genève. Sur la base d'un contrat de travail, après qu'elle eut modifié ses conclusions, elle réclamait diverses sommes au total de plus de 1'590'000 fr. en capital. Le tribunal s'est prononcé le 7 juillet 2009. Accueillant partiellement l'action, il a condamné Y._ SA à payer 41'452 fr.; il a condamné les deux défenderesses à payer 94'189 fr., et ces deux sommes portent intérêts au taux de 5% par an dès le 1er mai 2008. Ce jugement fut notifié à la demanderesse le 14 juillet 2009. Cette partie a interjeté appel le 14 septembre 2009. Par arrêt présidentiel du 9 octobre 2009, la Cour d'appel a déclaré le pourvoi irrecevable parce que tardif. Elle a considéré que la suspension légale des délais du 15 juillet au 15 août, prévue pour la procédure civile ordinaire, n'est pas applicable en procédure prud'homale. B. Agissant par la voie du recours en matière civile, la demanderesse requiert le Tribunal fédéral d'annuler l'arrêt présidentiel et de renvoyer la cause à la Cour d'appel pour qu'elle se saisisse de l'action. Les défenderesses n'ont pas déposé de réponse au recours.
Considérant en droit: 1. Le recours est dirigé contre un jugement final (<ref-law>), rendu en matière civile (<ref-law>) et en dernière instance cantonale (<ref-law>). Son auteur a pris part à l'instance précédente et succombé dans ses conclusions (<ref-law>). La valeur litigieuse excède le minimum légal de 15'000 fr. prévu en matière de droit du travail (art. 51 al. 1 let. a et 74 al. 1 let. a LTF). Introduit en temps utile (<ref-law>) et dans les formes requises (art. 42 al. 1 à 3 LTF), le recours est en principe recevable. Le recours est ouvert pour violation du droit fédéral (<ref-law>). Le Tribunal fédéral applique ce droit d'office, hormis les droits fondamentaux (<ref-law>). Il n'est pas lié par l'argumentation des parties et il apprécie librement la portée juridique des faits; il s'en tient cependant, d'ordinaire, aux questions juridiques que la partie recourante soulève dans la motivation du recours (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 1.4 p. 400; <ref-ruling> consid. 1.4.1 p. 254), et il ne se prononce sur la violation de droits fondamentaux que s'il se trouve saisi d'un grief invoqué et motivé de façon détaillée (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 3.2 p. 88; <ref-ruling> consid. 2.2 p. 246; <ref-ruling> consid. 1.4.2). En règle générale, il conduit son raisonnement juridique sur la base des faits constatés dans la décision attaquée (<ref-law>). Le recours n'est pas recevable pour violation du droit cantonal, hormis les droits constitutionnels cantonaux (art. 95 let. c LTF) et certaines dispositions sans pertinence en matière civile (art. 95 let. d LTF). 2. Aux termes de l'art. 59 al. 1 de la loi genevoise sur la juridiction des prud'hommes, du 25 février 1999 (LJP gen.), l'appel doit être déposé dans les trente jours qui suivent la notification de la décision du tribunal. La loi ne comporte pas de dispositions générales sur les délais et leur computation, ni sur d'éventuelles périodes de suspension. L'art. 11 al. 1 LJP gen. prévoit seulement que les dispositions générales de la loi d'organisation judiciaire (OJ gen.) et de la loi de procédure civile (LPC gen.) sont applicables à titre supplétif, dans la mesure compatible avec les exigences de simplicité et de rapidité propres à la procédure applicable devant la juridiction des prud'hommes. A teneur de l'<ref-law> gen., les délais fixés « par la présente loi » ne courent pas du 15 juillet au 15 août inclusivement. Selon la jurisprudence de la Cour d'appel, cette disposition n'est pas visée par le renvoi de l'art. 11 al. 1 LJP gen. et elle ne s'applique donc pas au délai d'appel prévu par l'art. 59 al. 1 LJP gen. Selon la jurisprudence du Tribunal fédéral, cette manière d'interpréter et d'appliquer la législation genevoise est compatible avec la protection contre l'arbitraire garantie par l'art. 9 Cst. (arrêt 4P.107/2001 du 2 juillet 2001; voir aussi arrêt 4P.239/2000 du 8 février 2001). 3. La demanderesse tient l'arrêt présidentiel pour contraire, surtout, à l'<ref-law> selon lequel les cantons sont tenus de soumettre à une procédure simple et rapide tous les litiges qui résultent du contrat de travail et dont la valeur litigieuse ne dépasse pas 30'000 francs. En l'espèce, la valeur litigieuse excède très nettement ce montant, de sorte que la cause n'est pas soumise à cette disposition. Quoique longuement développée dans l'acte de recours, la critique de la demanderesse doit être rejetée sans plus de discussion. 4. La demanderesse invoque aussi l'art. 29 al. 1 et 2 Cst. concernant la garantie d'un procès équitable, où les parties sont dûment entendues. Elle admet que « la faculté d'exposer ses moyens devant [la Cour d'appel] doit se faire dans le cadre des règles de procédure applicables ». Elle affirme seulement que ces règles ne sont pas suffisamment connues ni reconnaissables, en particulier parce que la jurisprudence relative aux art. 11 al. 1 LJP gen. et 30 LPC gen., précitée, n'est pas publiée et n'est que difficilement accessible. Un extrait de la loi sur la juridiction des prud'hommes était annexé au jugement notifié à la demanderesse le 14 juillet 2009. En particulier, l'art. 59 al. 1 de cette loi y était reproduit textuellement; les art. 11 al. 1 LJP gen. et 30 LPC gen. n'y apparaissaient pas. Les indications fournies aux parties étaient donc exemptes de toute ambiguïté et déterminer le délai à observer pour l'appel ne présentait aucune difficulté. Il y a néanmoins lieu d'inviter les autorités genevoises à préciser, dans l'annexe des jugements destinée à indiquer la voie et le délai d'appel, que les périodes de suspension consacrées en procédure civile ordinaire ne sont pas applicables. La demanderesse argue encore de l'art. 9 Cst., alors qu'elle mentionne la jurisprudence y relative de la cour de céans; elle fait aussi état de la législation et de la jurisprudence des autres cantons, et aussi du code de procédure civile suisse qui n'est pas encore en vigueur. Tous ces moyens sont inconsistants. 5. Le recours se révèle privé de fondement, ce qui conduit à son rejet. A titre de partie qui succombe, son auteur doit acquitter l'émolument à percevoir par le Tribunal fédéral. Les défenderesses n'ont pas déposé de réponse et il ne leur sera donc pas alloué de dépens.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. La demanderesse acquittera un émolument judiciaire de 2'000 francs. 3. Il n'est pas alloué de dépens. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Cour d'appel de la juridiction des prud'hommes du canton de Genève. Lausanne, le 11 décembre 2009 Au nom de la Ire Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse La présidente: Le greffier: Klett Thélin
CH_BGer_004
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2,014
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Sachverhalt: A. Das Amt für Wirtschaft und Arbeit des Kantons Aargau (AWA) erteilte am 21. Februar 2011 der X._ AG, eine Bewilligung für die private Arbeitsvermittlung sowie für den Personalverleih gemäss Art. 2 und 12 des Bundesgesetzes vom 6. Oktober 1989 über die Arbeitsvermittlung und den Personalverleih (Arbeitsvermittlungsgesetz, AVG; SR 823.11). Nachdem beim AWA verschiedene Mitteilungen und Hinweise auf mögliche Verstösse gegen gesetzliche Bestimmungen eingegangen waren, führte das AWA mehrere Prüfungen und Besprechungen mit der X._ AG durch. Mit Verfügung vom 5. Juni 2013 entzog es der X._ AG die Bewilligungen für die private Arbeitsvermittlung und den Personalverleih. Alle Aktivitäten seien "auf den nächstmöglichen Termin einzustellen" und es dürften "ab sofort keine neuen Arbeits- und Verleihverträge abgeschlossen werden und die bestehenden Arbeits- und Verleihverträge sind unverzüglich auf den nächst möglichen Termin zu kündigen." B. Dagegen erhob die X._ AG Beschwerde beim Regierungsrat des Kantons Aargau und stellte das Begehren, die Bewilligungen seien per 30. September 2013 zu entziehen. Am 3. Juli 2013 wies der Regierungsrat die Beschwerde ab und entzog einer allfälligen Beschwerde die aufschiebende Wirkung. Gegen diesen Entscheid erhob die X._ AG am 11. Juli 2013 Beschwerde beim Verwaltungsgericht des Kantons Aargau und erneuerte das beim Regierungsrat gestellte Begehren. Zudem beantragte sie Erteilung der aufschiebenden Wirkung und superprovisorische Wiedererteilung der aufschiebenden Wirkung. Der Instruktionsrichter stellte am 12. Juli 2013 superprovisorisch die aufschiebende Wirkung der Beschwerde wieder her, wies aber am 29. Juli 2013 das Gesuch um Wiederherstellung der aufschiebenden Wirkung ab. Am 6. November 2013 teilte die X._ AG dem Verwaltungsgericht mit, sie wünsche einen Entscheid; gegen sie laufe ein Strafverfahren, so dass sie ein Interesse an der Frage habe, ob sie die Arbeitsvermittlung bis zum 30. September 2013 rechtmässig habe betreiben dürfen. Mit Urteil vom 19. November 2013 schrieb das Verwaltungsgericht die Beschwerde als gegenstandslos geworden von der Geschäftskontrolle ab. Die Kosten auferlegte es der X._ AG; eine Parteientschädigung sprach es nicht zu. C. Mit Eingabe vom 16. Januar 2014 erhebt die X._ AG Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten. Sie beantragt, in Aufhebung des angefochtenen Urteils sei die Sache zur materiellen Beurteilung an das Verwaltungsgericht zurückzuweisen. Das Amt für Wirtschaft und Arbeit beantragt Abweisung der Beschwerde. Das Generalsekretariat des Departements Volkswirtschaft und Inneres des Kantons Aargau verzichtet auf Vernehmlassung. Das Verwaltungsgericht äussert sich zur Beschwerde, ohne einen ausdrücklichen Antrag zu stellen. Die X._ AG repliziert.
Erwägungen: 1. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten ist zulässig (Art. 82 lit. a, Art. 86 Abs. 1 lit. d und Art. 90 BGG) und die Beschwerdeführerin ist dazu legitimiert (<ref-law>). Insbesondere hat die Beschwerdeführerin ein aktuelles und praktisches Interesse an der Beschwerde, da sie geltend macht, die Vorinstanz habe sich zu Unrecht nicht materiell mit ihrem Rechtsmittel befasst. Das Bundesgericht prüft frei die richtige Anwendung von Bundesrecht mit Einschluss des Verfassungsrechts (<ref-law>), die Anwendung kantonalen Rechts aber nur darauf hin, ob dadurch Bundesrecht verletzt wurde, namentlich durch willkürliche Anwendung des kantonalen Rechts. 2. 2.1. Streitgegenstand vor der Vorinstanz war die Rechtmässigkeit des Bewilligungsentzugs in zeitlicher Hinsicht. Die Beschwerdeführerin hatte nicht gegen den Entzug opponiert, sondern bloss beantragt, die Bewilligungen seien nicht per sofort, sondern erst per 30. September 2013 zu entziehen. Mit Ablauf dieses Datums ist das Rechtsbegehren grundsätzlich gegenstandslos geworden. Die Vorinstanz hat deshalb in Anwendung von § 42 lit. a des Gesetzes [des Kantons Aargau] vom 4. Dezember 2007 über die Verwaltungsrechtspflege (VRG/AG; SAR 271.200) das Verfahren mangels eines aktuellen praktischen Rechtsschutzinteresses abgeschrieben. 2.2. Die Beschwerdeführerin rügt eine willkürliche Anwendung von § 42 lit. a VRG/AG sowie eine Verletzung von <ref-law> unter zwei Aspekten: Zum einen sei ihr durch den sofortigen Bewilligungsentzug die mit dem AWA vereinbarte Schonfrist bis zum 30. September 2013 überraschend verweigert worden. Zum anderen habe der Bewilligungsentzug die Beschwerdeführerin und ihre Organe der strafrechtlichen Verfolgung ausgesetzt, zumal es ihr unmöglich gewesen sei, die Geschäftstätigkeit inmitten der Hochsaison sofort zu beenden. Es sei ein Strafverfahren wegen Widerhandlung gegen Art. 39 Abs. 1 AVG im Gange; sie habe daher ein schutzwürdiges Interesse an der Beurteilung der Frage, ob ein allfälliger Personalverleih zwischen dem 5. Juni und dem 30. September 2013 ohne Bewilligung erfolgt sei. 2.3. Ist das Streitobjekt während der Dauer des Verfahrens entfallen, schreibt das Gericht ein Verfahren als gegenstandslos geworden ab. Das gilt auch dann, wenn die Gegenstandslosigkeit darauf zurückzuführen ist, dass infolge Entzugs der aufschiebenden Wirkung einer Beschwerde der Streitgegenstand während des noch laufenden Rechtsmittelverfahrens entfallen ist (vgl. Urteil 2C_11/2012 vom 25. April 2012). Vorliegend hatten das AWA und der Regierungsrat einer allfälligen Beschwerde die aufschiebende Wirkung entzogen und das Verwaltungsgericht hat das Gesuch der Beschwerdeführerin um Wiederherstellung der aufschiebenden Wirkung abgewiesen. Damit wurde der für die Dauer des Verfahrens provisorisch massgebliche Rechtszustand festgelegt. Der Entscheid wäre im Rahmen der Art. 93 und 98 BGG beim Bundesgericht anfechtbar gewesen. Die Beschwerdeführerin hat auf eine Anfechtung verzichtet. Der Umstand allein, dass der sofortige Entzug der Bewilligung für die Beschwerdeführerin überraschend gewesen sei und einer (vom AWA bestrittenen) Vereinbarung widersprochen habe, begründet für sich allein noch kein praktisches und aktuelles Rechtsschutzinteresse an einer nachträglichen Beurteilung des sofortigen Entzugs. 2.4. Fraglich ist, ob das drohende Strafverfahren daran etwas ändert: 2.4.1. Die Vorinstanz hat dies verneint mit der Begründung, das Strafverfahren ändere nichts an der Tatsache, dass die beantragte Frist bis Ende September 2013 verstrichen sei; zudem falle die Frage eines strafbaren Verhaltens nicht in die Zuständigkeit des Verwaltungsgerichts, sondern des Strafrichters. 2.4.2. Nach Art. 39 Abs. 1 lit. a AVG wird bestraft, wer ohne die erforderliche Bewilligung Arbeit vermittelt oder Personal verleiht. Das Fehlen einer Bewilligung ist Tatbestandsmerkmal des Delikts. Hat die Beschwerdeführerin in der Zeit vom 5. Juni bis 30. September 2013 Arbeit vermittelt oder Personal verliehen, so ist somit rechtserheblich, ob eine Bewilligung vorlag oder nicht. Das begründet aber noch kein Rechtsschutzinteresse an einer verwaltungsgerichtlichen Beurteilung: Nach ständiger Rechtsprechung kann nämlich ein Strafgericht auch verwaltungsrechtliche Vorfragen beurteilen, soweit die Verwaltungsjustiz darüber nicht entschieden hat (<ref-ruling> E. 2 S. 249 f.; Urteil 1P.730/2003 vom 22. März 2004 E. 2.3.1, in: SJ 2004 I S. 459). Ein schutzwürdiges Interesse an einer verwaltungsgerichtlichen Beurteilung kann deshalb nicht mit Hinblick auf ein allfälliges Strafverfahren begründet werden (Urteil 2C_596/2010 vom 11. März 2011 E. 3.2). Hinzu kommt, dass für die strafrechtliche Beurteilung wesentlich sein wird, ob eine allfällige Gutheissung der Beschwerde zur Folge gehabt hätte, dass dieser nachträglich festgestellte Rechtszustand auch auf die Dauer des Verfahrens zurückzubeziehen ist, während der infolge Entzugs der aufschiebenden Wirkung die bewilligungspflichtigen Handlungen vorläufig nicht ausgeübt werden durften (vgl. für die umgekehrte Konstellation: <ref-ruling> E. 2b S. 76). Diese strafrechtliche Frage hätte das Verwaltungsgericht in seinem Entscheid ohnehin nicht beantworten können. 2.5. Die Vorinstanz hat somit weder Art. 29 Abs. 1 bzw. <ref-law> verletzt noch § 42 lit. a VRG/AG willkürlich angewendet, indem sie das Verfahren als gegenstandslos abgeschrieben hat. 3. Die Beschwerde ist abzuweisen. Die Beschwerdeführerin trägt die Kosten des bundesgerichtlichen Verfahrens (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 2'000.-- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten und dem Verwaltungsgericht des Kantons Aargau, 3. Kammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 28. März 2014 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Seiler Der Gerichtsschreiber: Winiger
CH_BGer_002
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2,013
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Erwägungen: 1. Am 14. August 2013 erliess das Betreibungsamt Z._ in der gegen X._ (Beschwerdeführerin) angehobenen Betreibung Nr. xxx eine Pfändungsurkunde, welche die Beschwerdeführerin erfolglos beim Kreisgericht St. Gallen, untere kantonale Aufsichtsbehörde für Schuldbetreibung, anfocht (Entscheid vom 3. September 2013). Mit Entscheid vom 26. September 2013 trat das Kantonsgericht St. Gallen, obere kantonale Aufsichtsbehörde für Schuldbetreibung, auf eine dagegen erhobene Beschwerde nicht ein. Die Beschwerdeführerin gelangt gegen diesen ihr am 3. Oktober 2013 zugestellten Entscheid mit Eingabe vom 7. Oktober 2013 an das Bundesgericht und ersucht sinngemäss um dessen Aufhebung und um Weisung an die Vorinstanz, auf die bei ihr erhobene Beschwerde einzutreten. Es sind keine Vernehmlassungen eingeholt worden. 2. 2.1. Die Vorinstanz hat erwogen, Beschwerden nach <ref-law> hätten einen Antrag und eine Begründung zu enthalten, auf welche Voraussetzung in der Rechtsmittelbelehrung ausdrücklich hingewiesen werde. An die Begründung dürften allerdings keine zu hohen Anforderungen gestellt werden. Laut den Ausführungen der unteren Aufsichtsbehörde enthalte die Eingabe der Beschwerdeführerin weder einen Antrag noch eine Darstellung des Sachverhalts noch eine Begründung und erfülle daher die erwähnten Begründungsanforderungen nicht. Die Beschwerdeführerin setze sich mit den Erwägungen der unteren Aufsichtsbehörde nicht auseinander. Bereits aus diesem Grund sei auf die Beschwerde nicht einzutreten. Im Übrigen sei es im schweizerischen Betreibungsrecht möglich, eine Betreibung einzuleiten, ohne dass der Betreibende seine Forderung nachweisen müsse. Der Zahlungsbefehl als Grundlage des Vollstreckungsverfahrens könne gegen jedermann erwirkt werden, unabhängig davon, ob tatsächlich eine Schuld bestehe oder nicht. Wolle der Schuldner die materielle Begründetheit der Forderung bestreiten, müsse er Rechtsvorschlag gegen den Zahlungsbefehl erheben. Mit der Beschwerde gegen die Pfändungsurkunde könne die Schuld nicht bestritten werden. 2.2. In der Beschwerde ist in Auseinandersetzung mit den Erwägungen des angefochtenen Entscheids darzulegen, welche Rechte der beschwerdeführenden Partei durch das kantonale Gericht verletzt worden sind (<ref-law>; <ref-ruling> E. 2.1 S. 245), wobei eine allfällige Verletzung verfassungsmässiger Rechte vom Bundesgericht nicht von Amtes wegen geprüft wird, sondern nur dann, wenn solche Rügen in der Beschwerdeschrift ausdrücklich erhoben und begründet werden (<ref-law>; <ref-ruling> E. 1.2 S. 234). 2.3. Die Beschwerdeführerin geht in ihrer Eingabe an das Bundesgericht überhaupt nicht auf die Erwägungen der Vorinstanz ein und zeigt nicht einmal ansatzweise auf, inwiefern die Vorinstanz Bundesrecht verletzt haben könnte. 2.4. Auf die nicht begründete und damit offensichtlich unzulässige Beschwerde ist somit im vereinfachten Verfahren (<ref-law>) durch das präsidierende Mitglied der Abteilung unter Kostenfolge für die Beschwerdeführerin (<ref-law>) nicht einzutreten.
Demnach erkennt das präsidierende Mitglied: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 200.-- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Betreibungsamt Z._ und dem Kantonsgericht St. Gallen, obere kantonale Aufsichtsbehörde für Schuldbetreibung, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 14. Oktober 2013 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Escher Der Gerichtsschreiber: Zbinden
CH_BGer_005
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2,014
de
Sachverhalt: A. A.a. Mit Entscheid vom 16. Januar 2012 erliess das Kantonsgericht Zug auf Begehren von B._, C._, D._, E._, F._, G._ und H._ (als Kläger) gegen A._ (als Beklagten) gerichtete vorsorgliche Massnahmen und verpflichtete die Kläger, innert Frist ein ordentliches Verfahren anhängig zu machen. Die Klage auf Berichtigung von Wertquoten (Stockwerkeigentum, <ref-law>) ist seit dem 20. April 2012 hängig. A.b. In seiner als vorläufig bezeichneten Klageantwort vom 22. August 2012 beantragte A._, "aus prozessökonomischen Gründen über die Zulassung der Klage" und die Aufhebung der vorsorglichen Massnahmen zu befinden. Dabei machte er namentlich geltend, es fehle die Klagebewilligung. Dieses Begehren wiederholte er in seinen Eingaben vom 30. Januar 2013 und vom 20. März 2013. Mit Einschreiben vom 21. März 2013 teilte das Kantonsgericht A._ mit, über seine Anträge betreffend Zulassung der Klage und Aufhebung von vorsorglichen Massnahmen sei nicht in einem vorgängigen Verfahren zu befinden; sie würden im laufenden Verfahren geprüft. In der Folge erneuerte A._ gegenüber dem Kantonsgericht mehrfach seine gleichlautenden Begehren. A.c. Am 24. September 2013 ordnete das Kantonsgericht ein Gutachten über die Verifizierung der neuen Wertquoten an. Es forderte die Parteien auf, binnen Frist zwei sachverständige Immobilienfachleute vorzuschlagen. Ausserdem würden die Parteien nach Bestimmung des Gutachters mit separater Verfügung zur Leistung eines Kostenvorschusses aufgefordert. A.d. Mit Verfügung vom 26. November 2013 bezeichnete das Kantonsgericht einen Gutachter. Es forderte beide Parteien zur Leistung eines Kostenvorschusses von Fr. 2'500.-- auf. Sodann verpflichtete es die Parteien, dem Gutachter Einsicht in sämtliche Unterlagen zu gewähren, Auskünfte zu erteilen und ihm bei einem allfälligen Augenschein den Zutritt zu den Räumlichkeiten zu gewähren, soweit dies für die Durchführung des Gutachtens notwendig sei. Zusätzlich forderte es A._ auf, zwei bereits mit der Klage eingereichte Pläne noch einmal farbig und mit lesbaren Flächenangaben einzureichen sowie den Verkaufsspiegel 1994. B. A._ erhob gegen diesen Entscheid am 13. Dezember 2013 Beschwerde beim Obergericht des Kantons Zug. Er verlangte zusammengefasst, das Kantonsgericht sei anzuweisen, vorab über die Klagezulassung zu befinden und ihm das rechtliche Gehör zu gewähren. Sodann sei es dem Gericht zu untersagen, bis zum Entscheid über die Beschwerde weitere Verfahrensschritte einzuleiten. Das Obergericht trat mit Präsidialverfügung vom 18. Dezember 2013 auf die Beschwerde nicht ein und auferlegte die Verfahrenskosten A._. Es erwog, der angefochtene Entscheid sei eine prozessleitende Verfügung, welche nur unter der in <ref-law> genannten Voraussetzung des drohenden, nicht leicht wieder gutzumachenden Nachteils angefochten werden könne, und es sei nicht ersichtlich, inwiefern ein solcher drohe. Ausserdem könne nicht auf die Beschwerde eingetreten werden, soweit A._ verlange, dem Kantonsgericht Zug Weisungen über die Art und Weise der Prozessleitung zu erteilen. C. Hiergegen gelangt A._ (Beschwerdeführer) mit Beschwerde vom 27. Januar 2014 an das Bundesgericht. Er beantragt, die Sache sei an das Obergericht oder eventualiter an das Kantonsgericht zurückzuweisen mit der Anweisung, dass vorab die Klagevoraussetzungen geprüft würden, namentlich sei die Legitimation der Kläger (Beschwerdegegner) zu prüfen. Zudem sei ihm das rechtliche Gehör und ein faires und unabhängiges Verfahren zu gewähren. Eventualiter habe das Bundesgericht festzustellen, dass ihm bisher das rechtliche Gehör verweigert worden sei. Bei einer Rückweisung an die erste Instanz sei dem befassten Richter der Fall zu entziehen. Seiner Beschwerde sei ausserdem aufschiebende Wirkung zu gewähren. Das Bundesgericht hat in der Sache keine Vernehmlassungen eingeholt.
Erwägungen: 1. 1.1. Das Bundesgericht prüft von Amtes wegen und mit freier Kognition, ob eine Beschwerde zulässig ist (<ref-ruling> E. 1 S. 216; <ref-ruling> E. 1 S. 117; je mit Hinweisen). 1.2. Angefochten ist - binnen Frist (<ref-law>) - ein kantonal letztinstanzlicher Nichteintretensentscheid (<ref-law>), der das erstinstanzliche Verfahren nicht abschliesst und damit als Zwischenentscheid zu qualifizieren ist (<ref-ruling>; zuletzt Urteil 5A_421/2013 vom 19. August 2013 E. 1.3, in: FamPra.ch 2013, 1032). Dass der angefochtene Rechtsmittelentscheid auf Nichteintreten lautet, ändert an dieser Qualifikation nichts (<ref-ruling> E. 1.1 S. 381 f.). Bei Zwischenentscheiden folgt der Rechtsweg jenem der Hauptsache. In dieser geht es um die Berichtigung von Wertquoten (Stockwerkeigentum, <ref-law>) und damit um eine vermögensrechtliche Zivilsache (<ref-law>). Ob das Streitwerterfordernis gemäss <ref-law> erfüllt ist, kann angesichts des Ausgangs des Verfahrens offen bleiben. 2. 2.1. Wie bereits im Sachverhalt ausgeführt, rügt der Beschwerdeführer in erster Linie, dass eine Klagebewilligung für das (Haupt-) Verfahren fehle. Es sei nämlich keine Schlichtungsverhandlung durchgeführt worden. Sodann beanstandet er die Vollmacht des Vertreters der Beschwerdegegner. Entgegen seiner Anträge hätten die Vorinstanzen sich geweigert, die Zulässigkeit der Klage vorab zu prüfen. 2.2. Der Entscheid, auf eine Klage einzutreten, da ein vorgängiges Schlichtungsverfahren nicht erforderlich sei, ist ein nach <ref-law> anfechtbarer Zwischenentscheid über die funktionelle Zuständigkeit (<ref-ruling> E. 1.3 S. 559). Damit ein Entscheid indes Beschwerdegegenstand gemäss <ref-law> bilden kann, ist vorausgesetzt, dass darin endgültig über die Frage der Zuständigkeit befunden wird (<ref-ruling> E. 2.2 S. 291). Vorliegend teilte das Kantonsgericht dem Beschwerdeführer am 21. März 2013 mit, dass nicht vorab über die Zuständigkeit befunden werde (vorstehend A.b). Der Beschwerdeführer hat hiergegen kein Rechtsmittel eingereicht. Er erhob erst gegen die Verfügung vom 26. November 2013 betreffend Gutachter und Kostenvorschuss Beschwerde. Es kann daher offen gelassen werden, ob die Vorinstanz in der prozessleitenden Verfügung vom 21. März 2013 endgültig über die Zuständigkeit befunden hat, womit der vom Beschwerdeführer angefochtene Entscheid in den Anwendungsbereich von <ref-law> fallen würde, oder ob gerade kein endgültiger Entscheid vorliegt und mithin eine Anfechtung nur unter dem Titel von <ref-law> möglich ist (<ref-ruling> E. 3 S. 291). Soweit der Beschwerdeführer rügt, die Vorinstanz habe bundesrechtswidrig die Klagevoraussetzungen nicht geprüft, betrifft dies die nicht angefochtene Verfügung vom 21. März 2013. Indem er seine Rügen erst mit Rechtsmittel gegen die Verfügung vom 26. November 2013 vorbrachte, handelte er in jedem Fall verspätet. Insofern ist auf die Beschwerde nicht einzutreten. 2.3. Der Vollständigkeit halber sei erwähnt, dass das angerufene Gericht in Anwendung von Art. 59 Abs. 1 und 2 ZPO i.V.m. <ref-law> zu prüfen hat, ob es für die Beurteilung der Angelegenheit zuständig ist. Ein Anspruch auf die vom Beschwerdeführer verlangte (Vorab-) Prüfung der Klagevoraussetzungen besteht indes nicht. Das Gericht kann zwar zu diesen Aspekten des Prozesses einen Zwischenentscheid treffen, aber nur, wenn durch die abweichende oberinstanzliche Beurteilung sofort ein Endentscheid herbeigeführt und so ein bedeutender Zeit- oder Kostenaufwand gespart werden kann (<ref-law>). Wie sich aus der Formulierung des Gesetzes ergibt, "kann" das Gericht einen Zwischenentscheid treffen; es steht ihm diesbezüglich ein grosses Ermessen zu. 3. In Bezug auf die Beweisverfügung vom 26. November 2013 rügt der Beschwerdeführer, er habe die Durchführung einer Expertise abgelehnt, damit hätte weder ein Kostenvorschuss einverlangt noch ein Experte eingesetzt werden dürfen. Die Expertise sei auf der Basis von falschen Plänen angeordnet worden und soweit er informiert worden sei, habe auch die Gegenseite auf eine Expertise verzichtet. Das Vorgehen der Vorinstanzen verursache allen Beteiligten unnötige und unzumutbare Verfahrenskosten, deren Ersatz wohl kaum mehr vollständig erfolgen könne, und damit unwiederbringlichen Schaden. 3.1. Entscheide über Beweismassnahmen sind Zwischenentscheide im Sinne von <ref-law>. Gemäss <ref-law> ist die Beschwerde gegen einen selbständig eröffneten Zwischenentscheid zulässig, wenn ein nicht wieder gutzumachender Nachteil droht (lit. a), oder wenn die Gutheissung der Beschwerde sofort einen Endentscheid herbeiführen und damit einen bedeutenden Aufwand an Zeit oder Kosten für ein weitläufiges Beweisverfahren ersparen würde (lit. b). Ein drohender nicht wieder gutzumachender Nachteil im Sinne von <ref-law> muss rechtlicher Natur sein, was voraussetzt, dass er sich auch mit einem späteren günstigen Endentscheid nicht oder nicht gänzlich beseitigen lässt. Rein tatsächliche Nachteile wie die Verfahrensverlängerung oder -verteuerung genügen nicht (<ref-ruling> E. 1.2.1 S. 382 mit Hinweisen). Anordnungen betreffend die Beweisführung bewirken nach bundesgerichtlicher Rechtsprechung in aller Regel keinen nicht wieder gutzumachenden Nachteil. Davon gibt es Ausnahmen, so namentlich, wenn im Rahmen von Beweismassnahmen Geschäftsgeheimnisse offen gelegt werden müssen (Urteil 4A_269/2011 vom 10. November 2011 E. 1.3 mit Hinweisen). Der Beschwerdeführer muss begründen, weshalb die Voraussetzungen gemäss <ref-law> erfüllt sein sollen, sofern deren Vorhandensein nicht auf der Hand liegt (<ref-ruling> E. 1.1 S. 329; <ref-ruling> E. 1.2 S. 429). 3.2. <ref-law> fällt bei den nun zu prüfenden Vorbringen von vornherein ausser Betracht. Der Entscheid des Bundesgerichts kann - unabhängig davon, wie er ausfällt - das erstinstanzliche Verfahren nicht beenden. Auch einen drohenden Nachteil im Sinne von <ref-law>, welcher ihm durch die Begutachtung selbst, die Wahl des Experten oder durch die Herausgabe der Dokumente entstehen könnte, zeigt der Beschwerdeführer nicht auf. Über die Frage der Verfahrenskosten - inkl. allenfalls unnötiger Prozessaufwendungen im Sinne von <ref-law> - wird im Endurteil zu befinden sein. Wie bereits dargelegt, stellen sodann rein tatsächliche Nachteile wie die Verfahrensverlängerung oder -verteuerung keinen drohenden nicht wieder gutzumachenden Nachteil dar (E. 3.1). Sämtliche diesbezüglichen Vorbringen kann der Beschwerdeführer bei einer allfälligen Anfechtung des Endentscheides noch einwenden (<ref-law>). Auch insofern ist auf die Beschwerde nicht einzutreten. 4. Soweit der Beschwerdeführer darüber hinaus verlangt, dem erstinstanzlich zuständigen Richter sei im Falle einer Weiterführung des Verfahrens vor dem Kantonsgericht der Fall zu entziehen, handelt es sich um ein neues Begehren. Solche sind vor Bundesgericht nicht zulässig (<ref-law>). Dasselbe gilt für das erstmals vor Bundesgericht gestellte Begehren, es sei zumindest eine Gehörsverletzung festzustellen. Entsprechend kann auf die Beschwerde nicht eingetreten werden. Mit vorliegendem Entscheid wird sodann das Gesuch betreffend aufschiebende Wirkung gegenstandslos. 5. Bei Nichteintreten werden der beschwerdeführenden Partei praxisgemäss reduzierte Gerichtsgebühren auferlegt. Den Beschwerdegegnern ist mangels Einholung einer Vernehmlassung kein entschädigungspflichtiger Aufwand entstanden (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 1'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Zug, II. Beschwerdeabteilung, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 18. März 2014 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: von Werdt Die Gerichtsschreiberin: Friedli-Bruggmann
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2,013
de
Sachverhalt: A. Die Staatsanwaltschaft Sursee führt eine Strafuntersuchung gegen X._ wegen schweren Widerhandlungen gegen das Strassenverkehrsgesetz. Am 2. Oktober 2012 verfügte die Staatsanwaltschaft die Beschlagnahme eines Personenwagens des Beschuldigten. Eine dagegen erhobene Beschwerde wies das Obergericht des Kantons Luzern, 2. Abteilung, mit Beschluss vom 6. Februar 2013 ab. B. Gegen den Beschluss des Obergerichtes gelangte der Beschuldigte mit Beschwerde vom 13. März 2013 an das Bundesgericht. Er beantragt die Aufhebung des angefochtenen Entscheides und der verfügten Beschlagnahme. Am 27. März 2013 reichte der Beschwerdeführer eine weitere Eingabe ein. Das Obergericht und die Staatsanwaltschaft beantragen mit Stellungnahmen vom 24. April bzw. 1. Mai 2013 je die Abweisung der Beschwerde, soweit darauf einzutreten ist. Der Beschwerdeführer replizierte am 11. Juni 2013.
Erwägungen: 1. Streitig ist eine strafprozessuale Einziehungsbeschlagnahme. Es droht damit ein nicht wieder gutzumachender Nachteil im Sinne von <ref-law> (vgl. <ref-ruling> E. 1 S. 131; nicht amtl. publizierte E. 1 von <ref-ruling>). Auch die übrigen Sachurteilserfordernisse von <ref-law> sind erfüllt. Die verfügte Beschlagnahme führt zu einem Eingriff in die Eigentumsgarantie des Beschwerdeführers (<ref-law>). Eine Einschränkung dieser Grundrechte ist zulässig, wenn sie auf einer gesetzlichen Grundlage beruht, im öffentlichen Interesse liegt und verhältnismässig ist; zudem darf sie den Kerngehalt des Grundrechts nicht beeinträchtigen (<ref-law>, Art. 197 Abs. 1 lit. c-d und Abs. 2 StPO). Die Kognitionsbeschränkung von <ref-law> gelangt bei strafprozessualen Zwangsmassnahmen nicht zur Anwendung (<ref-ruling> E. 2 S. 125, 340 E. 2.4 S. 346; Urteil 1B_277/2011 vom 28. Juni 2011 E. 1.2). Soweit jedoch reine Sachverhaltsfragen und damit Fragen der Beweiswürdigung zu beurteilen sind, greift das Bundesgericht nur ein, wenn die tatsächlichen Feststellungen der Vorinstanz offensichtlich unrichtig sind oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruhen (Art. 97 Abs. 1 i.V.m. <ref-law>; <ref-ruling> E. 2.5 S. 73 f.). 2. Der Beschwerdeführer macht Folgendes geltend: Ein Personenwagen in den Händen eines "berechtigten Lenkers" gefährde die öffentliche Ordnung nicht über Gebühr. Wenn ein Führerausweis entzogen wurde, dürfe keine Sicherungseinziehung des verwendeten Fahrzeuges erfolgen. Die Beschlagnahme sei als verkehrssichernde Zwangsmassnahme ungeeignet, da er auch das Fahrzeug eines Dritten verwenden oder ein neues Fahrzeug erwerben könnte. Beim Vorfall vom 2. Oktober 2012, der zur Beschlagnahme führte, sei er zwar ohne Fahrerlaubnis unterwegs gewesen, aber ansonsten als korrekter Fahrzeuglenker. Die Streifkollision habe nicht er verursacht, sondern der ihm entgegen kommende Unfallgegner. Er, der Beschwerdeführer, sei auf das Fahrzeug angewiesen, um seine Mobilität "mittels eines Chauffeurs" sicherzustellen. Gestützt auf <ref-law> müsse auf Sicherungseinziehungen von Fahrzeugen das zwischenzeitlich in Kraft gesetzte mildere Recht zur Anwendung kommen, nämlich <ref-law>. Es könne ihm keine in skrupelloser Weise begangene grobe Verkehrsregelverletzung (<ref-law>) vorgeworfen werden, weshalb eine Sicherungseinziehung zum Vornherein nicht in Frage komme. Seit 2002 habe er sich "normal am Verkehr beteiligt, wie jeder andere Verkehrsteilnehmer". Der angefochtene Entscheid verletze die Eigentumsfreiheit, den Verhältnismässigkeitsgrundsatz sowie materielles Bundesstrafrecht (Art. 1, Art. 2 Abs. 2 und <ref-law>). 3. 3.1. Strafprozessuale Beschlagnahmen setzen voraus, dass ein hinreichender, objektiv begründeter konkreter Tatverdacht besteht (Art. 197 Abs. 1 lit. b i.V.m. <ref-law>). Die Zwangsmassnahme muss ausserdem vor dem Verhältnismässigkeitsgrundsatz standhalten (Art. 197 Abs. 1 lit. c-d und Abs. 2 StPO). Einziehungsbeschlagnahmen sind auch aufzuheben, falls eine strafrechtliche Sicherungs- oder Ausgleichseinziehung des beschlagnahmten Gegenstandes aus materiellrechtlichen Gründen bereits als offensichtlich unzulässig erscheint (<ref-ruling> E. 6.4 S. 151 f.; <ref-ruling> E. 4 S. 316; s. auch <ref-ruling> E. 3.1.3 S. 133 f.; <ref-ruling> E. 3d/aa S. 107). 3.2. Der angefochtene Entscheid und die am 2. Oktober 2012 erstinstanzlich verfügte Einziehungsbeschlagnahme stützen sich auf <ref-law> i.V.m. <ref-law> (Einziehungsbeschlagnahme im Hinblick auf eine allfällige Sicherungseinziehung). Die am 1. Januar 2013 (im Rahmen des Handlungsprogramms "Via sicura") in Kraft getretenen Bestimmungen über die Einziehung von Motorfahrzeugen (<ref-law>) gelangten hier nicht zur Anwendung. Mit dem neuen <ref-law> wollte der Gesetzgeber die an sich nach <ref-law> schon bisher mögliche und in verschiedenen Kantonen auch praktizierte Einziehung und Verwertung von Motorfahrzeugen auf Bundesebene einheitlich regeln (<ref-ruling> E. 2.3.3 S. 254). 3.3. Gemäss <ref-law> verfügt das Gericht (ohne Rücksicht auf die Strafbarkeit einer bestimmten Person) die Einziehung von Gegenständen, die zur Begehung einer Straftat gedient haben oder bestimmt waren oder die durch eine Straftat hervorgebracht worden sind, wenn diese Gegenstände die Sicherheit von Menschen, die Sittlichkeit oder die öffentliche Ordnung gefährden. Im Hinblick auf eine Sicherungseinziehung eines beschlagnahmten Motorfahrzeuges hat der Richter im Sinne einer Gefährdungsprognose zu prüfen, ob das Fahrzeug in der Hand des Beschuldigten künftig die Verkehrssicherheit gefährdet bzw. ob dessen Einziehung geeignet ist, den Beschuldigten vor weiteren groben Verkehrswidrigkeiten abzuhalten (<ref-ruling> E. 2.3.3 S. 254; <ref-ruling> E. 4.4. S. 255; je mit Hinweisen). 3.4. Im angefochtenen Entscheid wird Folgendes dargelegt: Der Beschwerdeführer sei am 4. Juni 2011 von einer Polizeipatrouille angehalten worden, als er ohne gültigen Führerausweis einen Personenwagen gelenkt habe. Mit Urteil vom 16. April 2012 des Bezirksgerichtes Willisau sei er deswegen des Führens eines Personenwagens trotz entzogenem Führerausweis schuldig gesprochen worden. Das Bezirksgericht habe im Strafurteil darauf hingewiesen, dass im Wiederholungsfall das verwendete Motorfahrzeug einzuziehen sei. Am 2. Oktober 2012 habe der Beschwerdeführer erneut einen Personenwagen ohne gültigen Führerausweis gelenkt, wobei es zu einer Streifkollision gekommen sei. Die Staatsanwaltschaft wirft ihm vor, er habe den Unfall verursacht, indem er nicht ausreichend rechts gefahren sei. In Verletzung seiner Meldepflicht habe er sich von der Unfallstelle entfernt und die Entnahme einer Blutprobe vereitelt. Zwar sei das Strafverfahren betreffend den Vorfall vom 4. Juni 2011 (nach einem Rückweisungsentscheid des Obergerichtes vom 23. Oktober 2012) noch nicht rechtskräftig abgeschlossen. Bei ihrem Beschlagnahmeentscheid habe die Staatsanwaltschaft jedoch die polizeilich protokollierten Vorfälle vom 4. Juni 2011 und 2. Oktober 2012 sowie die rechtskräftigen Vorstrafen des Beschwerdeführers berücksichtigen dürfen. Das Amtsgericht Willisau habe ihn am 21. September 2000 des zweimaligen Führens eines Motorfahrzeuges in angetrunkenem Zustand (mit 1,72 bzw. 1,64 Promille Blutalkokolgehalt) schuldig gesprochen und eine Gefängnisstrafe von zwei Monaten (bedingt) sowie eine Busse von Fr. 1'500.-- gegen ihn verhängt. Am 15. Mai 2003 habe ihn dasselbe Gericht wegen einer neuerlichen Trunkenheitsfahrt (1,13 Promille) sowie wegen mehrfachen Führens eines Personenwagens trotz entzogenem Führerausweis mit drei Wochen Gefängnis (unbedingt) sowie einer Busse von Fr. 1'500.-- bestraft. Am 22. Februar 2008 habe das Obergericht des Kantons Luzern den Beschwerdeführer erneut des Fahrens (mit einem Lieferwagen) trotz entzogenem Führerausweis schuldig gesprochen; es habe gegen ihn eine Geldstrafe von Fr. 7'500.-- ausgefällt und eine ambulante Massnahme (nach <ref-law>) angeordnet. Mit ebenfalls rechtskräftigem Strafbefehl vom 9. März 2011 sei er wegen erneuten Führens eines Personenwagens trotz entzogenem Führerausweis sowie Fälschens eines Führerausweises zu einer Geldstrafe von Fr. 1'750.-- verurteilt worden. Der erste der beiden neu untersuchten (bzw. gerichtshängigen) Vorfälle vom 4. Juni 2011 bzw. 2. Oktober 2012 sei knapp drei Monate nach der letzten rechtskräftigen Verurteilung erfolgt. Die Beschlagnahme des am 2. Oktober 2012 verwendeten Personenwagens (im Hinblick auf eine mögliche Sicherungseinziehung) sei daher zulässig. 3.5. Entgegen der Ansicht des Beschwerdeführers zieht <ref-law> hier nicht die Anwendung des neuen <ref-law> nach sich. Es wurde keine strafrechtliche Sanktion (im Sinne von Art. 1 und <ref-law>) gegen ihn ausgefällt, sondern erst eine strafprozessuale sichernde Zwangsmassnahme gestützt auf <ref-law> angeordnet. Für Rechtsmittel dagegen gilt grundsätzlich das massgebliche Recht im Zeitpunkt des erstinstanzlichen Entscheides (vgl. <ref-law>). Als die Beschlagnahmeverfügung am 2. Oktober 2012 erging, war <ref-law> noch nicht in Kraft. Und selbst wenn die Bestimmung hier bereits anwendbar wäre, hätte der Beschlagnahmerichter das materielle Einziehungserfordernis der Skrupellosigkeit (Abs. 1 lit. a) noch nicht abschliessend zu prüfen. Dies bliebe vielmehr dem Straf- und Einziehungsrichter vorbehalten (vgl. <ref-ruling> E. 2.3.4 S. 254 f.). 3.6. Der Beschwerdeführer ist dringend verdächtig, mehrfach trotz Führerausweisentzug einen Personenwagen gelenkt zu haben. Aufgrund der vorliegenden Akten, insbesondere der diversen einschlägigen Vorstrafen und der Polizeiberichte über die neuesten Vorfälle vom 4. Juni 2011 und 2. Oktober 2012 durften die kantonalen Instanzen willkürfrei davon ausgehen, dass ernsthaft zu befürchten ist, dass der Beschwerdeführer ständig neue schwere Verkehrsdelikte begeht und dabei die Sicherheit anderer Personen massiv gefährdet. Damit erscheint eine Sicherungseinziehung des am 2. Oktober 2012 verwendeten Fahrzeugs (im Hinblick auf auf <ref-law>) nicht ausgeschlossen. Entgegen der Ansicht des Beschwerdeführers ist die vorsorgliche Beschlagnahme angesichts der drohenden neuen Delikte und Verkehrsgefährdungen auch verhältnismässig (vgl. Art. 197 Abs. 1 lit. c-d und Abs. 2 StPO; <ref-ruling> E. 2.4 S. 255). Die vorläufige Einziehungsbeschlagnahme erweist sich als bundesrechtskonform. 4. Die Beschwerde ist als unbegründet abzuweisen. Bei diesem Ausgang des Verfahrens trägt der Beschwerdeführer die Kosten (Art. 66 Abs. 1 und Art. 68 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 2'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, der Staatsanwaltschaft Sursee und dem Obergericht, 2. Abteilung, des Kantons Luzern, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 5. Dezember 2013 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Fonjallaz Der Gerichtsschreiber: Forster
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in Erwägung, dass gegen den in einer vermögensrechtlichen Angelegenheit ergangenen Entscheid des Thurgauer Obergerichts mangels Erreichens der Streitwertgrenze (Art. 74 Abs. 1 lit. b BGG) und mangels Vorliegens einer Ausnahme gemäss Art. 74 Abs. 2 BGG allein die subsidiäre Verfassungsbeschwerde nach Art. 113ff. BGG offen steht, weshalb die Eingabe des Beschwerdeführers als solche entgegengenommen worden ist, dass in einer subsidiären Verfassungsbeschwerde die Rüge der Verletzung verfassungsmässiger Rechte vorzubringen und zu begründen (Art. 117 i.V.m. Art. 106 Abs. 2 BGG sowie Art. 116 BGG), d.h. (entsprechend den altrechtlichen Anforderungen des Art. 90 Abs. 1 lit. b OG: Botschaft vom 28. Februar 2001 zur Totalrevision der Bundesrechtspflege, BBl 2001 S. 4207ff., Ziff. 4.1.2.4 zu Art. 39 Entwurf, S. 4294) anhand der Erwägungen des kantonalen Entscheids klar und detailliert darzulegen ist, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch diesen Entscheid verletzt sein sollen (<ref-ruling> E. 1.3 S. 261f.), ansonst auf die Beschwerde nicht eingetreten wird (Art. 117 i.V.m. Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG), dass das Obergericht des Kantons Thurgau im Entscheid vom 4. September 2007 erwog, der kantonale Rekurs, mit dem der Beschwerdeführer einzig seine Fähigkeit zur Alimentenzahlung bestreite, jedoch keine zulässigen Einwendungen nach Art. 81 Abs. 1 SchKG erhebe, erweise sich als aussichtslos, weshalb die unentgeltliche Rechtspflege nicht gewährt werden könne, dass der Beschwerdeführer in seiner Eingabe an das Bundesgericht keine Verfassungsverletzung geltend macht, dass er ebenso wenig auf die entscheidenden Erwägungen des Obergerichts über die Frage der Aussichtslosigkeit des kantonalen Rekurses eingeht, dass er erst recht nicht nach den erwähnten gesetzlichen Anforderungen anhand dieser Erwägungen aufzeigt, inwiefern der Entscheid vom 4. September 2007 des Obergerichts verfassungswidrig sein soll, dass dies auch für seine nachträglichen Eingaben gilt, zumal das Bundesgericht ohnehin nicht dafür zuständig wäre, diese als Strafanzeigen zu behandeln, dass somit auf die - offensichtlich keine hinreichende Begründung enthaltende - Verfassungsbeschwerde in Anwendung von Art. 117 i.V.m. Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG nicht einzutreten ist, dass der unterliegende Beschwerdeführer kostenpflichtig wird (Art. 66 Abs. 1 BGG), dass in den Fällen des Art. 117 i.V.m. Art. 108 Abs. 1 BGG das vereinfachte Verfahren zum Zuge kommt und der Abteilungspräsident zuständig ist,
erkannt: erkannt: 1. Auf die Verfassungsbeschwerde wird nicht eingetreten. 1. Auf die Verfassungsbeschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 500.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 500.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer und dem Obergericht des Kantons Thurgau schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 19. September 2007 Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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Fatti: A. A.a Mediante decisione dell'11 luglio 2007, sostanzialmente confermata il 7 settembre seguente anche in seguito all'opposizione interposta dall'interessato, la Sezione del lavoro del Cantone Ticino, venuta a conoscenza dell'espulsione dalla Svizzera di K._ con effetto dal 31 gennaio 2007, ne ha decretato l'inidoneità al collocamento a partire dal 1° febbraio 2007. A.b Per parte sua, con decisione del 25 luglio 2007, rimasta incontestata, la Cassa Disoccupazione X._ ha ordinato la restituzione delle prestazioni percepite indebitamente durante il periodo da febbraio ad aprile 2007, ossia per un totale di fr. 5'826.75. A.c In data 16 dicembre 2007, l'assicurato ha postulato la concessione del condono dell'obbligo di rimborsare l'ammontare richiestogli. Per decisione del 22 gennaio 2008, confermata su opposizione il 15 aprile 2008, la Sezione del lavoro ha respinto la richiesta. B. Adito su ricorso, il Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino lo ha respinto, confermando l'operato dell'amministrazione (pronuncia del 17 settembre 2008). C. Allegando nuova documentazione, K._ ha interposto ricorso al Tribunale federale, al quale chiede di annullare il giudizio cantonale e di essere messo a beneficio del condono relativamente all'intera somma pretesa in restituzione. Inoltre, formula una domanda di assistenza giudiziaria, volta alla dispensa dal pagamento delle spese giudiziarie. La Sezione del lavoro e la Segreteria di Stato dell'economia hanno rinunciato a determinarsi.
Diritto: 1. Il ricorso può essere presentato per violazione del diritto, conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF. Per il resto, il Tribunale federale fonda la sua sentenza sui fatti accertati dall'autorità inferiore (<ref-law>). Può scostarsi da questo accertamento solo qualora esso sia avvenuto in modo manifestamente inesatto o in violazione del diritto ai sensi dell'<ref-law> (<ref-law>). 2. Oggetto del contendere è sapere se K._ abbia diritto al condono dell'obbligo di restituire la somma richiesta, percepita a titolo di prestazioni dell'assicurazione contro la disoccupazione durante i mesi di febbraio, marzo e aprile 2007. 3. Nei considerandi dell'impugnato giudizio è stato correttamente ricordato che ai sensi dell'<ref-law>, cui rinvia l'<ref-law>, le prestazioni indebitamente riscosse non devono essere restituite se l'interessato era in buona fede e verrebbe a trovarsi in gravi difficoltà. A questa esposizione può essere fatto riferimento e prestata adesione, non senza tuttavia ribadire che i predetti due presupposti devono essere cumulativamente adempiuti (<ref-ruling> consid. 3c pag. 53; DLA 2001 no. 18 pag. 163 consid. 5, C 223/00; v. pure UELI KIESER, ATSG-Kommentar, Zurigo 2003, n. 19 all'art. 25). 4. Per quanto concerne la nozione di buona fede, giova ricordare che la giurisprudenza sviluppata a proposito del vecchio <ref-law> (abrogato con l'entrata in vigore della LPGA il 1° gennaio 2003) vale per analogia anche in materia di assicurazione contro la disoccupazione (<ref-ruling> consid. 4.1 pag. 582, 126 V 48 consid. 1b pag. 50; DLA 1998 no. 14 pag. 73 consid. 4a; SVR 1998 ALV no. 14 pag. 41 consid. 3 e sentenze ivi citate). Di conseguenza, il solo fatto che l'assicurato ignorasse di non avere diritto alle prestazioni versate non basta per ammetterne la buona fede. La buona fede, in quanto condizione necessaria per il condono, è esclusa a priori se i fatti che danno luogo all'obbligo di restituzione (per es. una violazione dell'obbligo di annunciare o di informare) sono imputabili a un comportamento doloso oppure a una grave negligenza. Per contro, l'assicurato può invocare la propria buona fede se l'azione o l'omissione in questione costituiscono una lieve negligenza (per es. una lieve violazione dell'obbligo di annunciare o di informare; cfr. DLA 1998 no. 14 pag. 73 consid. 4a; 1992 no. 7 pag. 103 consid. 2b; cfr. pure <ref-ruling> consid. 2c pag. 103; <ref-ruling> consid. 3c pag. 180). In questo ordine di idee, occorre differenziare tra la buona fede intesa come mancata consapevolezza dell'illiceità ("Unrechtsbewusstsein") e la questione di sapere se l'interessato, facendo uso dell'attenzione che le circostanze permettevano di esigere da lui, avrebbe potuto e dovuto riconoscere il vizio giuridico esistente. La consapevolezza o meno dell'illiceità dell'atto o dell'omissione è una questione di fatto, in merito alla quale il potere d'esame del Tribunale federale è limitato (art. 97 e 105 LTF). Per contro, il tema di sapere se una persona abbia fatto prova dell'attenzione ragionevolmente esigibile, è una questione di diritto, che il Tribunale esamina liberamente (<ref-ruling> consid. 3 pag. 223 e riferimenti; DLA 1998 no. 41 pag. 237 consid. 3; sentenza 8C_383/2007 del 15 luglio 2008 consid. 7.1). 5. Per l'<ref-law> gli assicurati e il loro datore di lavoro devono collaborare gratuitamente all'esecuzione delle varie leggi d'assicurazione sociale (cpv. 1). Colui che rivendica prestazioni assicurative deve fornire gratuitamente tutte le informazioni necessarie per accertare i suoi diritti e per stabilire le prestazioni assicurative (cpv. 2). In particolare, a giusta ragione, la Corte cantonale ha ricordato che la giurisprudenza sviluppata sulla base del vecchio <ref-law> (abrogato con l'entrata in vigore della LPGA il 1° gennaio 2003), il quale regolava l'obbligo d'informare e di annunciare, mantiene la sua validità nel diritto vigente e in particolare per quanto riguarda l'<ref-law> (cfr. sentenza del Tribunale federale delle assicurazioni C 273/05 del 7 aprile 2006 consid. 2.3.2.2). Secondo l'<ref-law> inoltre l'avente diritto, i suoi congiunti o i terzi ai quali è versata la prestazione sono tenuti a notificare all'assicuratore o, secondo i casi, al competente organo esecutivo qualsiasi cambiamento importante sopraggiunto nelle condizioni determinanti per l'erogazione di una prestazione (cpv. 1). Qualsiasi persona o servizio che partecipa all'esecuzione delle assicurazioni sociali ha l'obbligo di informare l'assicuratore se apprende che le condizioni determinanti per l'erogazione di prestazioni hanno subito modifiche (cpv. 2). Infine, l'art. 17 cpv. 3 lett. c LADI prevede che l'assicurato è obbligato, su istruzione dell'ufficio del lavoro competente, a fornire i documenti necessari per valutare l'idoneità al collocamento o l'adeguatezza di un'occupazione. 6. 6.1 Nella fattispecie, il 24 ottobre 2006 il ricorrente ha inoltrato alla Cassa Disoccupazione X._ una domanda d'indennità di disoccupazione con effetto dal 1° novembre 2006. A partire da quest'ultima data, egli ha quindi beneficiato di un'indennità mensile di fr. 2'066.- lordi. 6.2 A seguito delle richieste della Cassa Disoccupazione, in data 7 marzo 2007 le è pervenuta una copia del permesso di dimora dell'assicurato con l'indicazione che la validità si estendeva fino all'11 settembre 2007. Non essendo venuta a conoscenza dell'autorizzazione di corta durata valida dal 2 novembre 2006 al 31 gennaio 2007, rilasciata dall'Ufficio regionale degli stranieri di Y._ il 16 novembre 2006 sulla base di una sentenza del Tribunale federale del 30 ottobre 2006 (2A.537/2006), la quale confermava in ultima istanza una decisione del 6 febbraio 2006 della Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Dipartimento cantonale delle istituzioni che respingeva la domanda di rinnovo del permesso di dimora e fissava all'interessato un termine con scadenza il 31 marzo successivo per lasciare il Cantone, la Sezione del lavoro ha ritenuto che l'assicurato aveva violato l'obbligo d'informazione ai sensi degli art. 28 e 31 cpv. 1 LPGA. Secondo l'amministrazione, questo comportamento costituiva una grave negligenza, che escludeva il riconoscimento della buona fede del ricorrente e quindi la concessione del condono della restituzione delle prestazioni indebitamente riscosse. 6.3 Dalle disposizioni summenzionate emerge che a ragione il Tribunale cantonale delle assicurazioni ha a sua volta mantenuto tale argomentazione, aggiungendo che l'informazione omessa da K._ era essenziale per l'amministrazione al fine di stabilire il suo diritto alle indennità di disoccupazione. 6.4 Per quanto concerne la buona fede, il Tribunale di prime cure ha già accertato che K._ conosceva la sua situazione giuridica in relazione al soggiorno in Svizzera. Egli era infatti al corrente sia della sentenza del Tribunale federale in merito al suo permesso di dimora, sia dell'ordine dell'Ufficio regionale degli stranieri di lasciare il suolo elvetico entro il 31 gennaio 2007. Al riguardo, occorre precisare che il ricorrente fa valere di avere ignorato il fatto che il ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo non avesse effetto sospensivo, continuando perciò a percepire l'indennità di disoccupazione e a cercare lavoro. Ai sensi dell'art. 39 cpv. 1 del Regolamento della Corte europea dei diritti dell'uomo (RS 0.101.2), la Camera o, se del caso, il suo presidente può, su istanza di parte o dei terzi interessati o d'ufficio, indicare alle parti le misure cautelari che ritiene debbano essere adottate nell'interesse delle parti o della corretta conduzione del procedimento. Dall'incarto non risulta tuttavia che al ricorso in questione sia stato conferito effetto sospensivo, anzi dallo scritto della Sezione dei permessi e dell'immigrazione del 27 giugno 2007 emerge proprio il contrario. K._ doveva dunque pure essere a conoscenza del fatto che il ricorso inoltrato alla Corte dei diritti dell'uomo era privo di effetto sospensivo. 6.5 A sostegno del suo gravame il ricorrente ha prodotto un articolo apparso il 29 aprile 2007 sul settimanale "Z._", nel quale egli dichiara di non essere in possesso di un regolare permesso di dimora, e nuova documentazione medica datata 1° settembre 2008. Dal momento che tali documenti non si trovano nell'incarto cantonale, essi costituiscono degli inammissibili nuovi mezzi di prova ai sensi dell'<ref-law> (Ulrich Meyer in: Niggli/Uebersax/Wiprächtiger [editori], Basler Kommentar zum Bundesgerichtsgesetz, Basilea 2008, n. 43 all'<ref-law>). In merito al referto medico, si aggiunge, a titolo abbondanziale, che la diagnosi del dott. F._ riguardo alle turbe psichiche dell'interessato non fa che confermare quella posta il 18 giugno 2008 dal dott. B._, già esaminata in sede giudiziaria cantonale. In proposito, non risulta neppure censurabile la valutazione del giudice di prime cure, il quale ha ritenuto che lo stato di salute dell'assicurato non era tale da influire sulla sua capacità di comprendere i suoi obblighi e di gestirsi a livello personale ed amministrativo. Difatti, secondo la giurisprudenza, lo stato depressivo influisce sulla capacità di discernimento solo se si tratta di turbe psichiche costanti, aventi valore di malattia, la cui intensità osterebbe al rispetto dell'obbligo di annunciare ("fortdauernde krankheitswertige psychische Störung, deren Intensität einer Erfüllung der Meldepflicht entgegen gestanden wäre", v. sentenza 8C_1/2007 dell'11 maggio 2007 consid. 3, in SVR 2007 EL n. 8 pag. 20). 6.6 In tali condizioni, avendo potuto e dovuto riconoscere l'illegittimità della propria richiesta di indennità di disoccupazione, l'insorgente non poteva giustamente essere ritenuto in buona fede al momento della loro riscossione. Ne consegue pertanto che l'omissione da parte dell'assicurato di aver informato la Cassa Disoccupazione riguardo al suo soggiorno limitato in Svizzera costituisce una grave negligenza e a ragione la precedente istanza gli ha negato il diritto al condono dell'obbligo di restituzione delle prestazioni indebitamente percepite. 7. Mancando uno dei due presupposti che cumulativamente devono essere adempiuti ai sensi dell'<ref-law> (cfr. pure l'<ref-law>), in concreto la buona fede, la domanda di concessione del condono dell'importo chiesto in restituzione non può essere accolta. 8. In esito alle suesposte considerazioni, la pronuncia impugnata, non violando il diritto federale, né fondandosi su un accertamento dei fatti manifestamente errato, merita di essere confermata, mentre il gravame deve essere respinto. 9. Pur essendo la procedura onerosa, nella fattispecie si può eccezionalmente dispensare il ricorrente dall'onere delle spese processuali (art. 62 cpv. 1 seconda frase e art. 66 cpv. 1 seconda frase LTF). Di conseguenza, la richiesta di esonero dal pagamento di simili spese risulta priva di oggetto.
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 1. Il ricorso è respinto. 2. Non si prelevano spese giudiziarie. 3. Comunicazione alle parti, al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino e alla Segreteria di Stato dell'economia.
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2,014
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Erwägungen: 1. Die im Kanton Solothurn Steuerpflichtigen A._ und B._ reichten seit Jahren keine Steuererklärungen ein und wurden jeweilen nach Ermessen eingeschätzt. Im Nachsteuerverfahren wurden für die Jahre 2001 bis 2009 bei den Staatssteuern und der direkten Bundessteuer Aufrechnungen vorgenommen. Rechtsmittel an das Kantonale Steuergericht Solothurn (Urteil vom 25. Juni 2012) und an das Bundesgericht (Nichteintretensurteil 2C_965/2012 und 2C_966/2012 vom 1. Oktober 2012) blieben erfolglos. Die Steuerpflichtigen gelangten am 15. Dezember 2013 an das Steueramt des Kantons Solothurn und verlangten namentlich die Aufhebung der Nach- und Strafsteuerverfügung vom 9. August 2011. Das Steuergericht nahm die Eingabe als Revisionsgesuch gegen sein Urteil vom 25. Juni 2012 betreffend Nachsteuern entgegen; mit Urteil vom 28. April 2014 wies es das Revisionsgesuch ab. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten vom 18. Juni 2014 beschwert sich A._ über das Revisionsurteil des Steuergerichts. Er beantragt dem Bundesgericht, die persönlichen Verhältnisse seien abzuklären; die Nach- und Strafsteuern seien zu revidieren. 2. 2.1. Gemäss Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG haben Rechtsschriften die Begehren und deren Begründung zu enthalten; in der Begründung ist in gedrängter Form darzulegen, inwiefern der angefochtene Akt Recht verletze. Die Begründung muss sachbezogen sein; die Beschwerde führende Partei hat sich gezielt mit den für das Ergebnis des angefochtenen Entscheids massgeblichen Erwägungen der Vorinstanz auseinanderzusetzen. Besonderes gilt hinsichtlich der Sachverhaltsfeststellungen der Vorinstanz. Diese sind für das Bundesgericht verbindlich, es sei denn, die Partei zeige auf, dass sie qualifiziert falsch, d.h. willkürlich, sind oder in Verletzung von Verfahrensvorschriften getroffen wurden; entsprechende Rügen bedürfen besonderer Geltendmachung und Begründung (Art. 106 Abs. 2 in Verbindung mit Art. 105 Abs. 1 und 2 und <ref-law>; dazu <ref-ruling> E. 4.1.2 S. 62 mit Hinweisen). 2.2. Das Steuergericht hat geprüft, ob die Voraussetzungen für eine Revision der rechtskräftigen Nachsteuerentscheide erfüllt sind; für die Staatssteuern ist diesbezüglich (nebst dem vom Steuergericht allein erwähnten § 165 des Solothurner Gesetzes vom 1. Dezember 1985 [Steuergesetz; StG-SO]) Art. 51 StHG massgeblich, für die direkte Bundessteuer <ref-law>. Das Steuergericht hat erkannt, dass die vom Beschwerdeführer geltend gemachten gesundheitlichen Probleme nicht ausreichten, um die früheren Versäumnisse zu entschuldigen; namentlich kommt es dabei auf die Rolle und Mitpflichten der (gesunden) Ehefrau zu sprechen; weiter hält es dafür, dass Arztzeugnisse (ein solches wurde erst Ende November 2013 beschafft) längst hätten vorgelegt werden können und müssen (z.B. nach einer Parteibefragung vom 25. Juni 2012, an welcher die Ehefrau beteiligt war) und erst im jetzigen Revisionsverfahren nicht mehr zulässig seien (§ 165 Abs. 2 StG-SO [bzw. Art. 51 Abs. 2 StHG] sowie <ref-law>). Inwiefern das Steuergericht mit diesen Erwägungen den massgeblichen Sachverhalt offensichtlich unrichtig oder unter Verletzung von Verfahrensrecht ermittelt, namentlich Untersuchungspflichten verletzt (die Beschwerdeschrift enthält keine gezielte Verfassungsrüge) und auf diesen Sachverhalt schweizerisches Recht fehlerhaft angewendet hätte, legt der Beschwerdeführer mit seinen Äusserungen nicht dar. Soweit der Beschwerdeführer auf die Steuerbussen zu sprechen kommt und rudimentär Grundsätze aus dem Strafverfahren erwähnt, hat das Steuergericht dieses Thema aus der von ihm zu behandelnden Revisionsproblematik ausgeklammert (s. Sachverhaltsteil des angefochtenen Urteils S. 2 ZIff. 2); dass diese Einschränkung des Verfahrensgegenstands rechtsverletzend sei, rügt der Beschwerdeführer nicht. 2.3. Die Beschwerde enthält offensichtlich keine hinreichende Rüge (<ref-law>), sodass darauf mit Entscheid des Einzelrichters im vereinfachten Verfahren nach <ref-law> nicht einzutreten ist 2.4. Die Gerichtskosten (<ref-law>) sind bei diesem Verfahrensausgang dem Beschwerdeführer aufzuerlegen (Art. 66 Abs. 1 erster Satz BGG).
Demnach erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten, dem Kantonalen Steuergericht Solothurn und der Eidgenössischen Steuerverwaltung schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 29. Juni 2014 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Zünd Der Gerichtsschreiber: Feller
CH_BGer_002
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2,005
de
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. A._ (alias B._), geb. 1980, Staatsangehöriger von Algerien, reiste im März 2004 illegal in die Schweiz ein, nachdem er sich zuvor während Jahren illegal in verschiedenen europäischen Ländern aufgehalten hatte. Nach seiner Festnahme und Verurteilung zu einer bedingten Gefängnisstrafe von 30 Tagen wegen Widerhandlungen gegen das Bundesgesetz über Aufenthalt und Niederlassung der Ausländer (ANAG; SR 142.20) wurde er im Kanton Zürich in Ausschaffungshaft genommen (Haftverfügung des Haftrichters des Bezirksgerichts Zürich vom 25. Mai 2004). Am 12. August 2004 wurde er aus der Haft entlassen und zur Ausreise aus der Schweiz innert 48 Stunden aufgefordert. Am 15. August 2004 reichte A._ an der Empfangsstelle X._ ein Asylgesuch ein. Das Bundesamt für Flüchtlinge (heute Bundesamt für Migration) trat am 27. September 2004 gestützt auf Art. 33 des Asylgesetzes (AsylG; SR 142.31) auf das Gesuch nicht ein, unter gleichzeitiger Anordnung der Wegweisung. Die Verfügung erwuchs in Rechtskraft. Am 15. März 2005 stellte A._ an der Empfangsstelle Y._ ein weiteres Asylgesuch. Das Bundesamt für Migration trat mit Verfügung vom 23. März 2005 gestützt auf <ref-law> (Missachtung elementarer Mitwirkungspflichten) auf das Gesuch nicht ein und ordnete seinerseits die Wegweisung an. Auch diese Verfügung erwuchs in Rechtskraft. Am 19. September 2005 wurde A._ im Kanton Tessin aufgegriffen und den Behörden des Kantons Graubünden zugeführt. Das Amt für Polizeiwesen, Abteilung Asyl und Massnahmenvollzug, des Kantons Graubünden nahm ihn mit Haftbefehl vom 20. September 2005 in Ausschaffungshaft. Nach mündlicher Verhandlung bestätigte das Bezirksgerichtspräsidium Plessur am 23. September 2005 die Rechtmässigkeit und Angemessenheit der Ausschaffungshaft und genehmigte die Haft bis zum 19. Dezember 2005. Mit Verwaltungsgerichtsbeschwerde vom 17. Oktober (Postaufgabe 18. Oktober) 2005 beschwert sich A._ beim Bundesgericht über "eine weitere Inhaftierung gemäss dem Entscheid des Bezirksgerichtspräsidiums Plessur vom 23.9.05". Die Akten des Amtes für Polizeiwesen des Kantons Graubünden und des Bezirksgerichtspräsidiums Plessur sind eingeholt worden. Von der Anordnung eines Schriftenwechsels und weiterer Instruktionsmassnahmen ist abgesehen worden. Das Urteil ergeht im vereinfachten Verfahren (Art. 36a OG). Die Akten des Amtes für Polizeiwesen des Kantons Graubünden und des Bezirksgerichtspräsidiums Plessur sind eingeholt worden. Von der Anordnung eines Schriftenwechsels und weiterer Instruktionsmassnahmen ist abgesehen worden. Das Urteil ergeht im vereinfachten Verfahren (Art. 36a OG). 2. Der Beschwerdeführer ist aus der Schweiz weggewiesen worden; die gegen ihn angeordnete Ausschaffungshaft dient der Sicherstellung des Wegweisungsvollzugs und damit einem vom Gesetz vorgesehenen Zweck. Wie sich aus den Erwägungen des angefochtenen Entscheids sowie dem Haftbefehl des Amtes für Polizeiwesen vom 20. September 2005 ergibt, worauf verwiesen werden kann (Art. 36a Abs. 3 OG), genügt sie sämtlichen Anforderungen: Die Haft stützt sich auf den Haftgrund von Art. 13b Abs. lit. c ANAG, wonach der Ausländer zur Sicherstellung des Wegweisungsvollzugs in Haft genommen werden kann, wenn konkrete Anzeichen befürchten lassen, dass er sich der Ausschaffung entziehen will, insbesondere weil er der Mitwirkungspflicht nach Art. 13f ANAG und <ref-law> nicht nachkommt. Aus den für das Bundesgericht verbindlichen Sachverhaltsfeststellungen der richterlichen Vorinstanz (Art. 105 Abs. 2 OG) sowie aus den vorliegenden Akten ergibt sich mit aller Deutlichkeit, dass der Beschwerdeführer seit je jegliche Kooperation ablehnt und auch nach zwei rechtskräftigen asylrechtlichen Wegweisungsentscheiden nach wie vor eine Rückkehr nach Algerien ablehnt, wobei eine legale Ausreise in ein anderes Land (etwa wie von ihm gewünscht nach Frankreich) nicht möglich ist. Sodann ist der Beschwerdeführer untergetaucht, dies selbst während der Hängigkeit des zweiten Asylverfahrens; er hat dabei teilweise, unter Umgehung behördlicher Kontrollen, nach eigenen Angaben im Kanton Tessin schwarz gearbeitet. Bei derartigem Verhalten muss angenommen werden, dass der Beschwerdeführer sich behördlichen Anordnungen im Hinblick auf die Ausschaffung entziehen würde. Der geltend gemachte Haftgrund ist klar erfüllt. Zudem liesse sich die Haft auch mit Art. 13b Abs. 1 lit. d ANAG begründen, sind doch gegen den Beschwerdeführer zwei asylrechtliche Nichteintretensentscheide ergangen, wovon der erste sich auf <ref-law>, der zweite auf <ref-law> stützt. Auch die weiteren Haftvoraussetzungen sind erfüllt. Insbesondere sind keine Gründe erkennbar, die im Sinne von Art. 13c Abs. 5 lit. a ANAG gegen die Durchführbarkeit des Wegweisungsvollzugs innert noch absehbarer Zeit sprechen würden. Inwiefern die Haft in anderer Hinsicht unverhältnismässig oder sonst wie rechtswidrig sein könnte, ist nicht ersichtlich. Was die angebliche Bereitschaft des Beschwerdeführers betrifft, sofort nach Frankreich auszureisen, besteht diesbezüglich einerseits, wie erwähnt, keine legale Möglichkeit, und könnte andererseits diese Erklärung angesichts des bisherigen beharrlichen illegalen Verweilens im Land ohnehin nicht ernst genommen werden. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde ist in jeder Hinsicht offensichtlich unbegründet und somit abzuweisen. Bei diesem Verfahrensausgang würde der Beschwerdeführer grundsätzlich kostenpflichtig (Art. 156 Abs. 1 OG). In Fällen der vorliegenden Art rechtfertigt es sich jedoch, von der Erhebung einer Gerichtsgebühr abzusehen (Art. 154 und 153a OG).
Demnach erkennt das Bundesgericht im Verfahren nach Art. 36a OG: im Verfahren nach Art. 36a OG: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 2. Es werden keine Kosten erhoben. 2. Es werden keine Kosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, dem Amt für Polizeiwesen Graubünden und dem Bezirksgerichtspräsidium Plessur sowie dem Bundesamt für Migration schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 26. Oktober 2005 Im Namen der II. öffentlichrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
CH_BGer_002
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2,015
de
In Erwägung, dass der Beschwerdeführer am 9. Dezember 2014 gegen den Club B._ Schaffhausen beim Kantonsgericht Schaffhausen eine Klage auf Zahlung von Fr. 8'000.-- nebst Zins erhob und um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege ersuchte; dass das Kantonsgericht Schaffhausen mit Verfügung vom 12. Februar 2015 das Gesuch um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege mit der Begründung abwies, die Klage sei aussichtslos und der Beschwerdeführer nicht mittellos, und dem Beschwerdeführer Frist ansetzte zur Zahlung eines Gerichtskostenvorschusses von Fr. 2'000.-- mit der Androhung, dass im Säumnisfall auf die Klage nicht eingetreten werde; dass der Beschwerdeführer an das Obergericht des Kantons Schaffhausen gelangte, das seine Beschwerde mit Entscheid vom 9. Juni 2015 abwies; dass der Beschwerdeführer dem Bundesgericht eine vom 4. Juli 2015 datierte Rechtsschrift einreichte, in der er erklärte, den Entscheid des Obergerichts vom 9. Juni 2015 mit Beschwerde anzufechten; dass eine Beschwerde in Zivilsachen im vorliegenden Fall nicht zulässig ist, weil der erforderliche Streitwert von Fr. 30'000.-- (<ref-law>) nicht erreicht wird und sich keine Rechtsfrage von grundsätzlicher Bedeutung im Sinne von <ref-law> stellt; dass die Eingabe des Beschwerdeführers unter diesen Umständen als subsidiäre Verfassungsbeschwerde im Sinne von <ref-law> zu behandeln ist; dass mit einer solchen Beschwerde ausschliesslich die Verletzung von verfassungsmässigen Rechten gerügt werden kann (<ref-law>); dass in der Beschwerdeschrift dargelegt werden muss, welche verfassungsmässigen Rechte durch das kantonale Gericht verletzt worden sind, und solche Rügen unter Bezugnahme auf die Erwägungen des angefochtenen Entscheides zu begründen sind (Art. 106 Abs. 2 in Verbindung mit <ref-law>); dass die Rechtsschrift vom 4. Juli 2015 diese Begründungsanforderungen offensichtlich nicht erfüllt, weshalb auf die Beschwerde im Verfahren nach <ref-law> nicht einzutreten ist; dass unter den gegebenen Umständen auf die Erhebung von Gerichtskosten zu verzichten ist (Art. 66 Abs. 1 zweiter Satz BGG);
erkennt die Präsidentin: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Schaffhausen schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 21. Juli 2015 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Kiss Der Gerichtsschreiber: Huguenin
CH_BGer_004
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2,009
de
Sachverhalt: A. Vor der Strafkammer des Bundesstrafgerichts ist ein Strafverfahren hängig gegen Y._ und weitere Mitangeklagte wegen Unterstützung bzw. Beteiligung an einer kriminellen Organisation und Geldwäscherei. Rechtsanwalt X._ trat nach Einleitung des Ermittlungsverfahrens als privater Verteidiger von Y._ und Z._ auf. B. Mit rechtskräftiger Verfügung vom 2. September 2004 liess die Bundesanwaltschaft (BA) den privaten Verteidiger wegen Interessenkollisionen nicht weiter zu. Mit ebenfalls in Rechtskraft erwachsener Verfügung vom 1. September 2004 ernannte die BA Rechtsanwalt A._ als amtlichen Verteidiger von Y._, nachdem dieser (trotz entsprechender Aufforderung der BA) keinen neuen erbetenen Privatverteidiger gemeldet hatte. C. Mit Schreiben vom 18. bzw. 21. November 2008 ersuchte Rechtsanwalt X._ um Wiederzulassung als erbetener privater Verteidiger von Y._. Am 19. Dezember 2008 wies der Präsident der Strafkammer des Bundesstrafgerichts das Gesuch ab. D. Gegen die Präsidialverfügung der Strafkammer vom 19. Dezember 2008 gelangten Rechtsanwalt X._ sowie Y._ mit Beschwerde vom 16. Januar 2009 an das Bundesgericht. Sie beantragen (in der Hauptsache) die Zulassung des Beschwerdeführers 1 als erbetener privater Verteidiger des Beschwerdeführers 2 im hängigen gerichtlichen Hauptverfahren. Die BA und der Präsident der Strafkammer beantragen mit Stellungnahmen vom 5. bzw. 9. Februar 2009 je die Abweisung der Beschwerde, soweit darauf einzutreten ist. Die Beschwerdeführer replizierten am 16. Februar 2009.
Erwägungen: 1. Strafprozessuale Zwischenentscheide der Strafkammer des Bundesstrafgerichts sind (unter den Voraussetzungen von Art. 92-94 BGG) grundsätzlich anfechtbar (<ref-law>). Dies gilt grundsätzlich auch für verfahrensleitende Entscheide des Präsidenten der Strafkammer (vgl. <ref-ruling>). Im Gegensatz zu <ref-law> (Entscheide der Beschwerdekammer) beschränkt das Gesetz die Anfechtbarkeit nicht auf Zwangsmassnahmenentscheide der Strafkammer. 1.1 Zu prüfen ist, ob die Eintretensvoraussetzungen von <ref-law> erfüllt sind: 1.2 Als oberste rechtsprechende Behörde des Bundes soll sich das Bundesgericht in der Regel nur einmal mit der gleichen Streitsache befassen müssen. Nach ständiger Praxis zu <ref-law> (und schon zum altrechtlichen Art. 87 Abs. 2 OG) ist ein Vor- oder Zwischenentscheid daher nur ausnahmsweise anfechtbar, sofern ein konkreter rechtlicher Nachteil droht, der auch durch einen (für die rechtsuchende Partei günstigen) Endentscheid nachträglich nicht mehr behoben werden könnte (<ref-ruling> E. 3.1 S. 86 f.; <ref-ruling> E. 2.1 S. 45; <ref-ruling> E. 4 S. 141; 288 E. 3.1 S. 291; 335 E. 4 S. 338, je mit Hinweisen). Der blosse Umstand, dass es sich beim Offizialverteidiger nicht um den Wunsch- bzw. Vertrauensanwalt des Angeschuldigten handelt, schliesst eine wirksame und ausreichende Verteidigung nicht aus. Die Ablehnung eines Gesuches des Angeschuldigten um Auswechslung des Offizialverteidigers begründet daher grundsätzlich keinen nicht wieder gutzumachenden Rechtsnachteil im Sinne des Gesetzes (<ref-ruling> E. 2b S. 211). Anders kann der Fall liegen, wenn der amtliche Verteidiger seine Pflichten erheblich vernachlässigt (vgl. <ref-ruling> E. 2 S. 50 ff.) oder wenn die Strafjustizbehörden gegen den Willen des Angeschuldigten und seines Offizialverteidigers dessen Abberufung anordnen (<ref-ruling> E. 4 S. 339). 1.3 Die Beschwerdeführer sehen einen Nachteil im Sinne von <ref-law> darin, dass der Beschwerdeführer 2 im hängigen Gerichtsverfahren nicht vom Anwalt seines Vertrauens verteidigt werde. Der Nachteil könne innert nützlicher Frist nicht behoben werden, da eine rückwirkende Korrektur nicht möglich wäre. Dies gelte auch im Hinblick auf eine allfällige neue Prüfung der prozessualen Rügen durch die Strafkammer des Bundesstrafgerichts. 1.4 Die Beschwerdeführer verlangen die forensische Zulassung des Beschwerdeführers 1 als privater Wahlverteidiger im hängigen Gerichtsverfahren. Der Beschwerdeführer 2 wird seit dem 1. September 2004 durch seinen amtlichen Verteidiger vertreten. Die Beschwerdeführer beantragen keine Abberufung des Offizialverteidigers (und keine Einsetzung des Beschwerdeführers 1 als neuer Offizialverteidiger). Ebenso wenig wird in der Beschwerdeschrift geltend gemacht, dass der amtliche Verteidiger seine Pflichten vernachlässigt hätte. Allerdings könnte durch die Nichtzulassung des Beschwerdeführers 1 als erbetener Verteidiger bewirkt werden, dass dem Beschwerdeführer 2 eine (ausschliessliche) Offizialverteidigung faktisch aufgedrängt bzw. die (zusätzliche) Interessenvertretung durch den gewünschten Privatverteidiger verunmöglicht würde. Dies könnte gegebenenfalls im Widerspruch stehen zum Anspruch des Angeklagten auf erbetene (privat finanzierte) Verteidigung durch den Anwalt seiner Wahl (vgl. Art. 6 Ziff. 3 lit. c EMRK; Art. 14 Abs. 3 lit. d UNO-Pakt II; Art. 32 Abs. 2 Satz BV). Insofern kann hier ein drohender Nachteil im Sinne von <ref-law> bejaht werden. 1.5 Damit ist die Beschwerde grundsätzlich zulässig. Soweit die Beschwerdeführer allgemeine Beanstandungen gegen die Führung des Ermittlungs- und Voruntersuchungsverfahrens bzw. gegen die Anklageschrift erheben, die nicht Gegenstand des angefochtenen prozessleitenden Entscheides bilden, kann darauf nicht eingetreten werden. 1.6 Das vorliegende Urteil wird in der Sprache des angefochtenen Entscheides ausgefertigt (<ref-law>). 2. Im angefochtenen Entscheid wird die Nichtzulassung des Beschwerdeführers 1 als Wahlverteidiger des Beschwerdeführers 2 im Gerichtsverfahren wie folgt begründet: Es bestehe eine "latente Interessenkollision" im Sinne von <ref-law>. Schon im Verfahren, das zur Abberufung des Wahlverteidigers im Ermittlungsverfahren führte, sei dargelegt worden, dass der Beschwerdeführer 1 bereits (den unterdessen ebenfalls angeklagten) Z._ vertreten habe. Ein mit dem Beschwerdeführer 1 in Bürogemeinschaft tätiger Anwalt habe zudem einen weiteren Mitangeklagten vertreten. An diesen Interessenkollisionen habe sich seither nichts geändert; sie bestünden auch nach erfolgter Anklageerhebung bis zum rechtskräftigen Abschluss des Strafverfahrens weiter. Darüber hinaus trete der Beschwerdeführer 1 weiterhin als Rechtsvertreter von Drittbetroffenen auf, deren Interessen mit jenen des Beschwerdeführers 2 "nicht zwingend parallel" liefen. 3. In der Beschwerde wird (im wesentlichen zusammengefasst) Folgendes vorgebracht: Weder die Bundesanwaltschaft, noch die Strafkammer des Bundesstrafgerichtes (bzw. deren Präsidium) seien gesetzlich befugt, erbetene Privatverteidiger vom Verfahren auszuschliessen. Die Justizbehörden hätten vom Auftreten des Wahlverteidigers lediglich Kenntnis nehmen (und allenfalls die kantonale Anwaltsaufsichtsbehörde über einen eventuellen konkreten Interessenkonflikt informieren) dürfen. Die angeblichen Interessenkollisionen des Beschwerdeführers 1 seien ausserdem nur vorgeschoben. Offenbar gehe es den Bundesjustizbehörden darum, alle Tessiner Vertrauensanwälte der Beschuldigten vom Verfahren auszuschliessen. Zwar vertrete der Beschwerdeführer 1 von strafprozessualen Zwangsmassnahmen betroffene (nicht angeklagte) Dritte und habe er im gerichtspolizeilichen Ermittlungsverfahren sowohl den Beschwerdeführer 2 als auch den Mitbeschuldigten (und unterdessen ebenfalls angeklagten) Z._ verteidigt. Ein Teil der Verfahren, in denen er, der Beschwerdeführer 1, von Zwangsmassnahmen Betroffene vertrete, sei jedoch bereits abgeschlossen. Ausserdem sei kein Interessenkonflikt zwischen diesen Dritten und dem Beschwerdeführer 2 ersichtlich. Herrn Z._ vertrete er (seit seiner Abberufung vom 2. September 2004) nicht mehr. Die Beschwerdeführer rügen in diesem Zusammenhang insbesondere die Verletzung von Art. 27 i.V.m. <ref-law>, Art. 6 Ziff. 3 lit. c EMRK, Art. 14 Abs. 3 UNO-Pakt II, Art. 32 Abs. 2 Satz BV, <ref-law> und Art. 35 BStP. 4. In ihrer Vernehmlassung vom 5. Februar 2009 legt die Vorinstanz dar, dass der Beschwerdeführer 1 mehrere von Beschlagnahmungen Betroffene vertreten habe bzw. weiterhin vertrete. Gegen die Ausübung dieser Privatmandate sei grundsätzlich nichts einzuwenden. Zwischen den Interessen des Beschwerdeführers 2 und den Rechtspositionen der drittbetroffenen Personen sei "bisher kein Interessenkonflikt zu erkennen" gewesen. Anders sehe es aus mit Hinblick auf den (unterdessen ebenfalls separat verteidigten) Mitangeklagten Z._. Im polizeilichen Ermittlungsverfahren habe der Beschwerdeführer 1 sowohl diesen Beschuldigten als auch den Beschwerdeführer 2 privat verteidigt. Mit rechtskräftiger Verfügung vom 2. September 2004 habe die Bundesanwaltschaft diese Doppelvertretung nicht weiter zugelassen. Beiden Angeklagten werde (im gleichen Sachzusammenhang) insbesondere Geldwäscherei zur Last gelegt. Laut Anklageschrift habe Z._ über mehrere Bankkonten, die er für diverse Firmen unterhalten habe, Gelder verbrecherischer Herkunft in den legalen Finanzkreislauf eingeschleust. In der Regel seien zunächst Bareinzahlungen erfolgt. Z._ habe den Beschwerdeführer 2 in der Folge beauftragt, Transaktionen auf Konten von Offshorefirmen zu veranlassen und die Gelder dann in den (legalen) Zigarettenhandel zu reinvestieren. Im Voruntersuchungsverfahren sei es zu Abweichungen gekommen zwischen den Sachdarstellungen der beiden Mitangeklagten. Es könne nicht ausgeschlossen werden, dass sie vor Gericht eine unterschiedliche Verteidigungsstrategie wählen könnten. 5. Wie schon aArt. 4 der früheren Bundesverfassung garantiert auch <ref-law> (analog Art. 6 Ziff. 3 lit. c EMRK und Art. 14 Abs. 3 UNO-Pakt II) das Recht des Angeschuldigten, sich im Strafprozess durch einen Anwalt eigener Wahl verteidigen zu lassen. <ref-law> gewährleistet (namentlich den Anwälten) die freie Berufsausübung. Allerdings bleiben jeweils die strafprozessualen und berufsrechtlichen Vorschriften und Zulassungsvoraussetzungen vorbehalten (<ref-ruling> E. 3a S. 250 f. mit Hinweisen). Die Verteidigungsrechte eines Angeklagten finden überdies an den Parteirechten der übrigen Verfahrensbeteiligten eine Schranke. 5.1 Im gerichtspolizeilichen Ermittlungsverfahren ernennt die Bundesanwaltschaft, in der Voruntersuchung das Eidgenössische Untersuchungsrichteramt den amtlichen Verteidiger (Art. 37 Abs. 1 BStP). Dieser behält seinen Auftrag in der Regel auch im weiteren Verfahren bei. Ausnahmsweise kann das Gerichtspräsidium einen anderen amtlichen Verteidiger ernennen, wenn besondere Gründe es rechtfertigen (Art. 37 Abs. 2 BStP). Der Beschuldigte hat das Recht, in jeder Lage des Verfahrens einen Verteidiger zu bestellen. Die Bundesanwaltschaft bzw. der Richter machen den Beschuldigten zu Beginn der ersten Vernehmung darauf aufmerksam (Art. 35 Abs. 1 BStP). Zur Hauptverhandlung kann der Präsident der Strafkammer des Bundesstrafgerichts ausnahmsweise zwei Verteidiger für einen Beschuldigten zulassen (Art. 35 Abs. 2 BStP). Als Verteidiger werden Rechtsanwältinnen und Rechtsanwälte zugelassen, die ihren Beruf in einem Kanton ausüben, und die Rechtslehrer an schweizerischen Hochschulen (Art. 35 Abs. 3 BStP). Für mehrere Beschuldigte kann ein gemeinschaftlicher Verteidiger bestellt werden, soweit dies mit der Aufgabe der Verteidigung vereinbar ist (Art. 36 Abs. 3 BStP). 5.2 Anwältinnen und Anwälte üben ihren Beruf unabhängig, in eigenem Namen und auf eigene Verantwortung aus (<ref-law>). Sie haben jeden Konflikt zwischen den Interessen ihrer Klientschaft und den Personen, mit denen sie geschäftlich oder privat in Beziehung stehen, zu vermeiden (<ref-law>). Sie unterstehen gegenüber jedermann dem Berufsgeheimnis über alles, was ihnen infolge ihres Berufes von ihrer Klientschaft anvertraut worden ist. Das Anwaltsgeheimnis gilt "zeitlich unbegrenzt", somit auch über die Beendigung eines Mandates hinaus (<ref-law>). Die Verletzung des Berufsgeheimnisses ist nach <ref-law> strafbar. 5.3 Vor der Hauptverhandlung erlässt das Präsidium der Strafkammer die notwendigen prozessleitenden Anordnungen betreffend Verteidigung (Art. 136 Abs. 2 i.V.m. Art. 35-36 BStP). Der zuständige Richter kann - gestützt auf das BGFA und das anwendbare Prozessrecht - insbesondere Verfügungen treffen über die Nichtzulassung von Parteivertretern im Strafverfahren wegen Interessenkollisionen (Urteil des Bundesgerichtes 1A.223/2002 vom 18. März 2003 E. 3.2; Pra 1998 Nr. 98 S. 560 ff. E. 3-4; zu den anwaltlichen Berufspflichten s. auch <ref-ruling> E. 3.4 S. 228; <ref-ruling> E. 1.3.2 S. 157 f.; <ref-ruling> E. 3.2 S. 276 f., je mit Hinweisen). Auch die künftige Schweizerische Strafprozessordnung verweist für Mehrfachvertretungen auf die "Schranken von Gesetz und Standesregeln" (Art. 127 Abs. 3 Eidg. StPO, BBl 2007 S. 7013). 5.4 Die Rüge, es bestehe keinerlei gesetzliche Grundlage für den angefochtenen prozessleitenden Entscheid, erweist sich als unbegründet. 5.5 Gemäss der Praxis des Bundesgerichtes besteht bei Mehrfach-Verteidigungsmandaten desselben Rechtsvertreters für verschiedene Mitangeschuldigte grundsätzlich ein Interessenkonflikt, der einen Verfahrensausschluss eines erbetenen privaten Verteidigers (gestützt auf das Anwaltsberufs- und Strafprozessrecht) rechtfertigen kann. Ein analoger Interessenkonflikt droht nach der Rechtsprechung, wenn ein Anwalt, der zuvor Rechtsvertreter einer anderen Prozesspartei war, ein Verteidigungsmandat übernimmt (Pra 1998 Nr. 98 S. 560 ff. E. 3c-d). Von besonderen Ausnahmefällen abgesehen, dürfen Anwältinnen und Anwälte keine Mehrfachverteidigungen von Mitangeschuldigten ausüben. Dies selbst dann nicht, wenn die Mandaten der Doppelvertretung zustimmen, oder wenn der Verteidiger beabsichtigt, für beide Angeschuldigten auf Freispruch zu plädieren (Pra 1998 Nr. 98 S. 560 ff. E. 3c, E. 4c/bb mit Hinweisen). Anwälten ist es aufgrund ihrer Geheimhaltungs- und Treuepflicht zudem verboten, im Interesse eines neuen Mandanten gegen einen ehemaligen Klienten zu plädieren, wenn zwischen dem damaligen und dem späteren Verfahren ein enger Sachzusammenhang besteht (Pra 1998 Nr. 98 S. 560 ff. E. 4c/aa mit Hinweisen). Bei seinem Entscheid über die Nichtzulassung bzw. Abberufung von Anwälten hat der verfahrensleitende Strafrichter entsprechenden Interessenkonflikten vorausschauend Rechnung zu tragen (Pra 1998 Nr. 98 S. 560 ff. E. 3c). Das Prozessieren gegen einen früheren Klienten ist schon untersagt, wenn auch nur die Möglichkeit besteht, dass Kenntnisse aus dem ehemaligen Mandatsverhältnis bewusst oder unbewusst verwendet werden könnten (vgl. Walter Fellmann, in: Fellmann/Zindell [Hrsg.], Kommentar zum Anwaltsgesetz [BGFA] Zürich 2005, Art. 12 N. 108). In diesem Zusammenhang können sich sowohl Eingriffe in das Recht des Angeschuldigten auf freie Verteidigerwahl (Art. 6 Ziff. 3 lit. c EMRK) als zulässig erweisen, als auch Beschränkungen der Berufsfreiheit betroffener Anwälte (Pra 1998 Nr. 98 S. 560 ff. E. 4a mit Hinweisen und E. 4e-f). 5.6 In Pra 1998 Nr. 98 (E. 4c/aa-bb) erwog das Bundesgericht in diesem Zusammenhang insbesondere Folgendes: "L'interdiction faite à l'avocat de plaider contre un ancien client, lorsque les deux causes sont liées par un lien de connexité étroit, et de ne pas représenter plusieurs parties dont les intérêts peuvent s'opposer, relève de l'obligation de délicatesse (cf. à propos de l'art. 19 al. 2 LPAv, Stéphane Spahr, Les règles de la profession d'avocat en droit valaisan, RVJ 1988 p. 403 ss, 420 et 425, ainsi que l'arrêt du Tribunal cantonal du 10 février 1997, RVJ 1997 p. 246 consid. 6a). On peut aussi voir dans cette règle générale et incontestée l'expression du devoir de fidélité de l'avocat envers son client (Walter Fellmann/ Oliver Sidler, Standesregeln des Luzerner Anwaltsverbandes, Berne 1996, n. 2 ad art. 23; Martin Sterchi, Kommentar zum bernischen Fürsprecher-Gesetz, n. 7a ad art. 10, n. 1 ad art. 13; Felix Wolffers, Der Rechtsanwalt in der Schweiz, thèse Berne, 1986 p. 141/142; Guido Rieder, Der Fürsprecher und sein Auftraggeber und das Problem der armen Partei, in: Standesrechtlicher Lehrgang, Association des avocats bernois, Berne 1986, p. 116/117). L'interdiction de plaider contre son ancien client découle en outre du secret professionnel de l'avocat, qui perdure après la fin du mandat (arrêt non publié B. du 12 mars 1997 consid. 6a; Fellmann/Sidler, op. cit., n. 2 ad art. 25; Karl-Franz Späh, Aus der neueren Rechtsprechung der Aufsichtskommission über die Rechtsanwälte, RSJ 1995 p. 397 ss, relatant la jurisprudence de l'autorité de surveillance du canton de Zurich, évoque, à titre d'exemple de violation de la déontologie professionnelle à cet égard, le cas de l'avocat qui avait conseillé téléphoniquement une partie, contre rémunération, avant de défendre la partie adverse dans le procès, p. 401). Lorsque le même avocat défend deux coaccusés dans le procès pénal, le risque d'un conflit d'intérêts surgit immanquablement: pour obtenir l'acquittement ou le prononcé d'une peine aussi légère que possible, chaque accusé peut être tenté de reporter la culpabilité sur l'autre; en pareil cas, il sera impossible à l'avocat, confronté à des intérêts contradictoires, d'assister efficacement l'un comme l'autre de ses clients; une telle situation justifie l'interdiction du double mandat (Wolffers, op. cit., p. 142; Rieder, op. cit., p. 116; Fellmann/Sidler, op. cit., n. 5d ad art. 23)." 5.7 Auch im Urteil 1A.223/2002 vom 18. März 2003 (E. 5.2-5.3) weist das Bundesgericht darauf hin, dass es sich beim Verbot, gegen die Interessen eines früheren Klienten für einen neuen Mandanten zu plädieren, um eine grundlegende anwaltliche Berufsregel handle, die sich aus dem Unabhängigkeitsgebot (<ref-law>) sowie der Treue- und Sorgfaltspflicht ergebe: "L'interdiction de plaider en cas de conflit d'intérêts est une règle cardinale de la profession d'avocat, qui découle de l'obligation d'indépendance rappelée à l'art. 12 let. b LLCA (Vincenzo Amberg, Das Bundesgesetz über die Freizügigkeit der Anwältinnen und Anwälte, Revue de l'avocat, 3/2002 p. 11), de l'obligation de fidélité et du devoir de diligence de l'avocat (Franz Werro, Les conflits d'intérêts de l'avocat, in: Droit suisse des avocats, Berne, 1998 p. 231ss, 232). L'avocat a ainsi notamment le devoir d'éviter la double représentation (Werro, op. cit., p. 243-246), c'est-à-dire le cas où il serait amené à défendre les intérêts de deux parties à la fois, car l'opposition entre les intérêts des deux clients interdit en pareil cas à l'avocat de respecter pleinement son obligation de fidélité et son devoir de diligence (Jacques Matile, L'indépendance de l'avocat, in: L'avocat moderne, Mélanges publiés par l'ordre des avocats vaudois à l'occasion de son centenaire, Bâle, 1998, p. 207ss, 210; cf. par exemple, l'arrêt 1P.587/1997 précité). Cette règle est absolue en matière de représentation en justice; le consentement éventuel des parties n'y change rien (Werro, op. cit., p. 244). L'avocat qui s'aperçoit qu'en acceptant un deuxième mandat, il risque d'être pris dans un conflit d'intérêts, doit renoncer au deuxième mandat (Amberg, op. cit., p. 11; Werro, op. cit., p. 250). S'il accepte le deuxième mandat, il doit se défaire des deux mandats (Werro, op. cit., p. 250). (...) Il n'est en effet pas déterminant, pour qu'un conflit d'intérêts au sens de l'art. 12 let. c LLCA surgisse, que deux parties opposées soient constituées, au sens du droit de procédure. Il suffit que dans une affaire quelconque, deux personnes (au moins) liées au même avocat aient maille à partir et se trouvent objectivement à poursuivre des intérêts opposés." 5.8 Mehrfach-Verteidigungsmandate desselben Rechtsvertreters für verschiedene Mitangeklagte sind nach der dargelegten Praxis und Lehre grundsätzlich unzulässig. Eine Mehrfachverteidigung könnte allenfalls (im Interesse der Verfahrenseffizienz) ausnahmsweise erlaubt sein, sofern die Mitangeschuldigten durchwegs identische und widerspruchsfreie Sachverhaltsdarstellungen geben und ihre Prozessinteressen nach den konkreten Umständen nicht divergieren (vgl. Fellmann, Kommentar BGFA, Art. 12 N. 107; Robert Hauser/Erhard Hartmann/Karl Schweri, Schweizerisches Strafprozessrecht, 6. Aufl., Basel 2005, § 40 Rz. 17, je mit weiteren Hinweisen auf die Praxis). Bei Mehrfachverteidigungen sind latente Interessenkollisionen oft anfänglich nicht erkennbar, weil sie sich erst im Verlaufe des Strafverfahrens herausbilden. Insbesondere kann ein Angeschuldigter dazu übergehen, einen Mitangeschuldigten zu belasten. Ist absehbar, dass entsprechende Differenzen und Interessenkollisionen auftauchen, ist eine Mehrfachverteidigung verboten (Fellmann, a.a.O., N. 107). Für den Bundesstrafprozess bestimmt das Gesetz denn auch ausdrücklich, dass Doppelvertretungen nur zulässig sind, soweit dies "mit der Aufgabe der Verteidigung vereinbar" erscheint (Art. 36 Abs. 3 BStP). 5.9 Dabei ist auch Interessenkonflikten Rechnung zu tragen, die aus früheren Mandaten und aus der gesetzlichen Nachwirkung des Anwaltsgeheimnisses bzw. der anwaltlichen Unabhängigkeits- und Treuepflicht resultieren (Art. 12 lit. b-c i.V.m. <ref-law>; Pra 1998 Nr. 98 S. 560 ff. E. 4c/aa; Urteil 1A.223/2002 vom 18. März 2003 E. 5.2, je mit Hinweisen). Vor diesem Hintergrund erscheint es durchaus problematisch, wenn ein ehemaliger Verteidiger eines Angeklagten in einem späteren Verfahrensstadium einen anderen Mitangeklagten anwaltlich vertreten will. Zurückhaltung drängt sich schon deshalb auf, weil vertrauliche Informationen, die der frühere Klient seinem Verteidiger unter dem Schutz des Anwaltsgeheimnisses anvertraut hat, später zum Nachteil dieses Mitangeklagten strafprozessual verwendet werden könnten, indem der Verteidiger die vertraulichen Informationen nun im Interesse seines neuen Mandanten einsetzt. Solchen Interessenkonflikten ist besonders Rechnung zu tragen, wenn gegenseitige Schuldzuweisungen bzw. divergierende Prozessstrategien unter Mitangeklagten (namentlich im Rahmen unterschiedlicher Beweisaussagen) vorliegen bzw. im weiteren Verfahren nicht ausgeschlossen werden können (Pra 1998 Nr. 98 S. 560 ff. E. 4c/bb mit Hinweisen; vgl. Fellmann, a.a.O., N. 107-108). 5.10 In der Beschwerde wird eingeräumt, dass der Beschwerdeführer 1 bereits den Mitangeklagten Z._ im Ermittlungsverfahren anwaltlich vertreten hat. Es besteht ein unmittelbarer enger Sachzusammenhang zwischen dem früheren und dem neu beanspruchten Verteidigungsmandat. Komplizierend kommt hinzu, dass der Beschwerdeführer 1 nach eigenen Angaben auch noch drei von konnexen Beschlagnahmungen betroffene Privatpersonen sowie eine Stiftung vertreten hat bzw. vertritt. Aufgrund der vorliegenden Akten sind die Erwägungen der Vorinstanz, wonach der Beschwerdeführer 2 und der Mitangeklagte Z._ im Ermittlungs- und Voruntersuchungsverfahren teilweise divergierend ausgesagt haben, nicht offensichtlich unrichtig (vgl. <ref-law>). Noch weniger erscheinen widersprüchliche Aussagen und konkurrierende Verteidigungsstandpunkte im gerichtlichen Hauptverfahren ausgeschlossen. 5.11 Bei Würdigung sämtlicher Umstände hält hier die Annahme eines Interessen- und Loyalitätskonfliktes vor dem Bundesrecht stand. Die Vorinstanz durfte der Gefahr Rechnung tragen, dass der Beschwerdeführer 1 seine vertraulich erhaltenen Kenntnisse aus der früheren anwaltlichen Interessenvertretung von Z._ zum Vorteil des Beschwerdeführers 2 und zum Nachteil der Interessen seines mitangeklagten ehemaligen Mandanten verwenden könnte. In diesem Zusammenhang rechtfertigt sich eine umsichtige (prospektive) Abwägung durch den verfahrensleitenden Präsidenten der Strafkammer (vgl. Pra 1998 Nr. 98 S. 560 ff. E. 3c). Im vorliegenden Fall ist zudem mitzuberücksichtigen, dass der Beschwerdeführer 2 bereits (im Sinne von <ref-law> und Art. 6 Ziff. 3 lit. c EMRK) durch einen Offizialverteidiger verbeiständet ist. Er macht nicht geltend, dieser komme seinen Pflichten nicht nach. Der Beschwerdeführer 2 verlangt vielmehr eine zusätzliche Privatverteidigung durch den Beschwerdeführer 1, obschon dieser bereits die Interessen eines Mitangeklagten anwaltlich vertreten hat und mehrere von Zwangsmassnahmen Betroffene vertreten hat bzw. vertritt. Der Beschwerdeführer 2 bestreitet auch die Darstellung der Vorinstanz nicht, wonach ihm die BA schon im polizeilichen Ermittlungsverfahren Gelegenheit gegeben habe, einen anderen erbetenen Privatverteidiger (als den Beschwerdeführer 1) zu bezeichnen, wovon der Beschwerdeführer 2 jedoch keinen Gebrauch gemacht habe. Das von <ref-law> und Art. 6 Ziff. 3 lit. c EMRK gewährleistete Recht des Angeklagten auf Beizug eines nicht von Interessenkollisionen betroffenen Privatverteidigers seiner Wahl wird vom angefochtenen Entscheid nicht tangiert. 5.12 Die Beschwerdeführer berufen sich auf den Aufsatz eines Tessiner Anwaltes, der ebenfalls (wegen analogen Interessenkonflikten) vom Verfahren ausgeschlossen worden sei (Mario Postizzi, L'esclusione del difensore di fiducia dal procedimento penale, Rivista ticinese di diritto I-2005, S. 445 ff.). Soweit gestützt auf diese Publikation die Ansicht vertreten wird, der verfahrensleitende Richter dürfe drohenden Interessenkonflikten nicht "abstrakt" bzw. vorausschauend, sondern (wenn überhaupt) ausschliesslich ex post Rechnung tragen, widerspräche dies der dargelegten herrschenden Lehre und Praxis (vgl. oben, E. 5.3-5.9). 5.13 Nach dem Gesagten erscheint die Anwendung des Verfahrensrechtes (Art. 136 Abs. 2 BStP i.V.m. Art. 35-36 BStP und Art. 12 lit. b-c bzw. <ref-law>) durch die Vorinstanz bundesrechtskonform. Im Lichte der dargelegten Praxis ist hier auch kein unzulässiger Eingriff in die Verteidigungsrechte des Beschwerdeführers 2 bzw. in das Berufsausübungsrecht des Beschwerdeführers 1 (Art. 27 i.V.m. <ref-law>) ersichtlich (vgl. <ref-ruling> E. 3a S. 250 f.; Pra 1998 Nr. 98 S. 560 ff. E. 4a und 4e-f, je mit Hinweisen). 6. Die Beschwerde ist, soweit sie zulässig erscheint, abzuweisen. Dem Verfahrensausgang entsprechend, sind die Gerichtskosten den Beschwerdeführern aufzuerlegen (<ref-law>) und ist keine Parteientschädigung zuzusprechen (<ref-law>). Mit dem vorliegenden Entscheid in der Sache wird das Gesuch um aufschiebende Wirkung der Beschwerde hinfällig.
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit auf sie einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 3'000.-- werden den Beschwerdeführern auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Beschwerdeführern, der Schweizerischen Bundesanwaltschaft und dem Bundesstrafgericht, Präsident der Strafkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 16. März 2009 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Féraud Forster
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2,005
fr
Faits: Faits: A. Le docteur L._ exploite depuis 1993 un cabinet de médecine générale et radiologie à Genève. Par lettre du 12 novembre 1998, la Commission mixte de l'Association des médecins du canton de Genève (AMG) et de la Fédération genevoise des assureurs-maladie (FGAM; aujourd'hui: Santésuisse) a informé le praticien - après l'avoir entendu - que ses factures d'honoraires dépassaient très sensiblement les valeurs moyennes de celles de ses confrères de même spécialité et lui a réclamé le remboursement de montants facturés en 1996 et 1997, jugés excessifs. A. Le docteur L._ exploite depuis 1993 un cabinet de médecine générale et radiologie à Genève. Par lettre du 12 novembre 1998, la Commission mixte de l'Association des médecins du canton de Genève (AMG) et de la Fédération genevoise des assureurs-maladie (FGAM; aujourd'hui: Santésuisse) a informé le praticien - après l'avoir entendu - que ses factures d'honoraires dépassaient très sensiblement les valeurs moyennes de celles de ses confrères de même spécialité et lui a réclamé le remboursement de montants facturés en 1996 et 1997, jugés excessifs. B. Après un échange de correspondances entre la Commission mixte et le médecin qui n'a abouti à aucun accord, vingt-trois caisses-maladie, toutes regroupées au sein de la FGAM, ont saisi le Tribunal arbitral des assurances de la République et canton de Genève (ci-après: tribunal arbitral) et conclu au paiement, par le docteur L._, de 488'701 fr. avec intérêts à 5% dès le 17 avril 2000 (pour 1998) et de 347'805 fr. avec intérêts dès le 5 septembre 2000 (pour 1999). Leur demande était fondée sur la différence entre les honoraires moyens tels qu'ils ressortaient des statistiques annuelles 1998 et 1999 du Concordat des assureurs-maladie suisses (CAMS) et la moyenne des honoraires facturés par le médecin au cours de ces deux années. Par jugement du 16 septembre 2004, le tribunal arbitral a partiellement admis la demande et condamné le docteur L._ à rembourser aux caisses demanderesses, pour 1998, la somme de 443'872 fr. avec intérêts à 5% dès le 10 décembre 1999 et, pour 1999, la somme de 303'841 fr. 20 avec intérêts à 5% dès le 5 septembre 2000. Par jugement du 16 septembre 2004, le tribunal arbitral a partiellement admis la demande et condamné le docteur L._ à rembourser aux caisses demanderesses, pour 1998, la somme de 443'872 fr. avec intérêts à 5% dès le 10 décembre 1999 et, pour 1999, la somme de 303'841 fr. 20 avec intérêts à 5% dès le 5 septembre 2000. C. L._ interjette un recours de droit administratif contre ce jugement dont il demande l'annulation, en concluant, sous suite de frais et dépens, au renvoi de la cause au tribunal arbitral pour complément d'instruction et nouveau jugement. Les caisses-maladie intimées concluent au rejet du recours, avec suite de dépens. Quant à l'Office fédéral de la santé publique, il renonce à se déterminer.
Considérant en droit: Considérant en droit: 1. Les caisses intimées mentionnées dans le rubrum du présent arrêt sont celles qui ont agi en qualité de demanderesses devant le tribunal arbitral. L'une d'entre elles, la Caisse-maladie Futura a entre-temps fusionné avec la Mutuel Assurances; dans cette mesure les droits et obligations découlant du présent arrêt passent à la caisse reprenante. 1. Les caisses intimées mentionnées dans le rubrum du présent arrêt sont celles qui ont agi en qualité de demanderesses devant le tribunal arbitral. L'une d'entre elles, la Caisse-maladie Futura a entre-temps fusionné avec la Mutuel Assurances; dans cette mesure les droits et obligations découlant du présent arrêt passent à la caisse reprenante. 2. Dès lors que le litige opposant un médecin à une caisse-maladie et qui porte sur le remboursement d'honoraires du médecin, ne concerne pas l'octroi ou le refus de prestations d'assurance (<ref-ruling> consid. 1; RAMA 2003 n° KV 250 p. 221 consid. 4.1), le Tribunal fédéral des assurances doit se borner à examiner si les premiers juges ont violé le droit fédéral, y compris par l'excès ou par l'abus de leur pouvoir d'appréciation, ou si les faits pertinents ont été constatés d'une manière manifestement inexacte ou incomplète, ou s'ils ont été établis au mépris de règles essentielles de procédure (art. 132 en corrélation avec les art. 104 let. a et b et 105 al. 2 OJ). 2. Dès lors que le litige opposant un médecin à une caisse-maladie et qui porte sur le remboursement d'honoraires du médecin, ne concerne pas l'octroi ou le refus de prestations d'assurance (<ref-ruling> consid. 1; RAMA 2003 n° KV 250 p. 221 consid. 4.1), le Tribunal fédéral des assurances doit se borner à examiner si les premiers juges ont violé le droit fédéral, y compris par l'excès ou par l'abus de leur pouvoir d'appréciation, ou si les faits pertinents ont été constatés d'une manière manifestement inexacte ou incomplète, ou s'ils ont été établis au mépris de règles essentielles de procédure (art. 132 en corrélation avec les art. 104 let. a et b et 105 al. 2 OJ). 3. 3.1 Le point de savoir si la restitution des sommes mentionnées dans le dispositif du jugement entrepris à raison de traitements jugés non économiques prodigués par le recourant durant les années 1998 et 1999 est fondée, doit être examiné sous l'angle des dispositions légales en vigueur à cette époque (<ref-ruling> consid. 1.2). La loi fédérale sur la partie générale du droit des assurances sociales (LPGA), entrée en vigueur au 1er janvier 2003, n'est donc pas applicable, pas plus que la Convention tarifaire TARMED, entrée en vigueur au 1er janvier 2004, à laquelle se réfère en vain le recourant. 3.2 Selon l'art. 56 al. 1 et 2 (1ère et 2ème phrases) LAMal, le fournisseur de prestations doit limiter ses prestations à la mesure exigée par l'intérêt de l'assuré et le but du traitement. La rémunération des prestations qui dépassent cette limite peut être refusée. Le fournisseur de prestations peut être tenu de restituer les sommes reçues à tort au sens de la présente loi. Comme l'expose correctement le jugement entrepris auquel il peut être renvoyé sur ce point, le Tribunal fédéral des assurances admet le recours à trois méthodes de calcul pour établir l'existence de la polypragmasie: la méthode statistique, la méthode analytique ou une combinaison de ces deux méthodes (consid. 6.1 non publié de l'<ref-ruling>, <ref-ruling> consid. 4 [relatif à l'art. 23 LAMA, mais demeurant valable sous l'empire de l'<ref-law>; RAMA 2002 n° KV 230 p. 471, K 25/02, consid. 2.2.2 et les arrêts cités, 2001 n° KV 158 p. 161, K 43/99, consid. 6a]; voir aussi Gebhard Eugster, Wirschaftlichkeitskontrolle ambulanter ärztlicher Leistungen mit statistischen Methoden, thèse Zurich 2003, p. 74 ss et 89 ss; Christian Schürer, Honorarrückforderung wegen Überarztung bei ambulanter ärztlicher Behandlung - Materiellrechtliche Aspekte, in: Schaffhauser/Kieser [édit.], Wirschaftlichkeitskontrolle in der Krankenversicherung, St-Gall 2001, p. 78 ss). Si la préférence doit être donnée à la méthode statistique par rapport à la méthode analytique, qui est en règle générale appliquée seulement lorsque des données fiables pour une comparaison des coûts moyens font défaut, les tribunaux arbitraux sont en principe libres de choisir la méthode d'examen (consid. 6.1 non publié de l'<ref-ruling>, <ref-ruling>; Schürer, loc. cit., p. 81 ss). Comme l'expose correctement le jugement entrepris auquel il peut être renvoyé sur ce point, le Tribunal fédéral des assurances admet le recours à trois méthodes de calcul pour établir l'existence de la polypragmasie: la méthode statistique, la méthode analytique ou une combinaison de ces deux méthodes (consid. 6.1 non publié de l'<ref-ruling>, <ref-ruling> consid. 4 [relatif à l'art. 23 LAMA, mais demeurant valable sous l'empire de l'<ref-law>; RAMA 2002 n° KV 230 p. 471, K 25/02, consid. 2.2.2 et les arrêts cités, 2001 n° KV 158 p. 161, K 43/99, consid. 6a]; voir aussi Gebhard Eugster, Wirschaftlichkeitskontrolle ambulanter ärztlicher Leistungen mit statistischen Methoden, thèse Zurich 2003, p. 74 ss et 89 ss; Christian Schürer, Honorarrückforderung wegen Überarztung bei ambulanter ärztlicher Behandlung - Materiellrechtliche Aspekte, in: Schaffhauser/Kieser [édit.], Wirschaftlichkeitskontrolle in der Krankenversicherung, St-Gall 2001, p. 78 ss). Si la préférence doit être donnée à la méthode statistique par rapport à la méthode analytique, qui est en règle générale appliquée seulement lorsque des données fiables pour une comparaison des coûts moyens font défaut, les tribunaux arbitraux sont en principe libres de choisir la méthode d'examen (consid. 6.1 non publié de l'<ref-ruling>, <ref-ruling>; Schürer, loc. cit., p. 81 ss). 3.3 3.3.1 En particulier, la méthode statistique (ou méthode de comparaison des coûts moyens) consiste à comparer la statistique des frais moyens de traitement auprès du médecin en cause avec celle qui concerne les traitements auprès d'autres médecins qui travaillent dans des conditions semblables, pourvu que la comparaison s'étende sur une période assez longue et que les éléments statistiques soient rassemblés d'une manière analogue. Il y a polypragmasie ("Überarztung") lorsqu'un nombre considérable de notes d'honoraires remises par un médecin à une caisse-maladie sont en moyenne sensiblement plus élevées que celles d'autres médecins pratiquant dans une région et avec une clientèle semblables, alors qu'aucune circonstance particulière ne justifie la différence de coût (<ref-ruling> consid. 4b et les références). Pour présumer l'existence de la polypragmasie, il ne suffit pas que la valeur moyenne statistique (indice de 100, exprimé généralement en pour cent) soit dépassée. Il y a lieu de tenir systématiquement compte d'une marge de tolérance (<ref-ruling> consid. 4c in fine), ainsi que, cas échéant, d'une marge supplémentaire (ajoutée à l'indice-limite de tolérance) (RAMA 1988 n° K 761 p. 92 consid. 4c; SVR 2001 KV n° 19 p. 52 [K 144/97] consid. 4b). Selon la jurisprudence, la marge de tolérance ne doit pas dépasser l'indice de 130, afin de ne pas vider la méthode statistique de son sens et doit se situer entre les indices de 120 et de 130 (consid. 6.1 non publié de l'<ref-ruling> et les arrêts cités; SVR 1995 KV n° 40 p. 125 consid. 4b; pour un exemple de la pratique tessinoise avec une marge de tolérance plus élevée, voir l'arrêt A. du 4 octobre 2001, K 123/99). 3.3.2 Au nombre des particularités liées à la pratique médicale du médecin en cause qui peuvent justifier un coût moyen plus élevé, (pour une énumération, voir consid. 6.3 non publié de l'<ref-ruling>; arrêt non publié M. du 29 juin 2001, K 9/99, consid. 6c; Schürer, loc. cit., p. 88; voir aussi Eugster, n° 674 ss, p. 233), la jurisprudence a admis une clientèle composée d'un nombre plus élevé que la moyenne de patients nécessitant souvent des soins médicaux (RAMA 1993 n° K 908 p. 38 consid. 6a, 1986 n° K 654 p. 4 consid. 4c) ou de patients consultant le praticien depuis de nombreuses années (arrêt non publié K. du 18 octobre 1999, K 152/98). En présence de telles particularités, deux méthodes de calcul ont été admises (arrêt non publié A. du 30 juillet 2001, K 50/00, résumé dans PJA 2005 p. 1099). D'une part, une marge supplémentaire peut être ajoutée à la marge de tolérance déterminée au préalable (SVR 2001 KV n° 19 p. 52 [K 144/97] consid. 4b, 1995 KV n° 40 p. 125 consid. 4). D'autre part, il est permis de quantifier les particularités en question au moyen de données concrètes recueillies à cette fin, puis de soustraire le montant correspondant des coûts totaux découlant des statistiques de la CAMS (SVR 1995 KV n° 140 p. 125 consid. 4b). En présence de telles particularités, deux méthodes de calcul ont été admises (arrêt non publié A. du 30 juillet 2001, K 50/00, résumé dans PJA 2005 p. 1099). D'une part, une marge supplémentaire peut être ajoutée à la marge de tolérance déterminée au préalable (SVR 2001 KV n° 19 p. 52 [K 144/97] consid. 4b, 1995 KV n° 40 p. 125 consid. 4). D'autre part, il est permis de quantifier les particularités en question au moyen de données concrètes recueillies à cette fin, puis de soustraire le montant correspondant des coûts totaux découlant des statistiques de la CAMS (SVR 1995 KV n° 140 p. 125 consid. 4b). 4. 4.1 Analysant le coût moyen par cas du recourant selon la méthode statistique, les intimées ont estimé que la moyenne des frais directs par cas de maladie du docteur L._ en 1998 et 1999 avait largement dépassé le coût moyen des traitements dispensés par le groupe de praticiens genevois exerçant dans la même catégorie que lui (praticien médecine générale avec appareil radiologie; groupe 50). Elles ont déterminé que l'indice de frais directs par malade avait été de 239 pour 1998, respectivement de 209 pour 1999. En admettant un seuil de tolérance de 30% (soit des frais directs atteignant le 130% de ceux du groupe de comparaison), elles ont fixé à 488'701 fr. (pour 1998) et à 347'805 fr. (pour 1999) les montants à rembourser par le médecin, en se fondant sur le calcul suivant: 1998 1999 Indice de frais directs par malade du docteur L._ par rapport à celle du groupe des spécia- listes 50 (praticien médecine générale avec appareil de radiologie) 239 209 Frais moyens par patient du docteur L._ selon la statis- tique des cas traités par le médecin 1'260.56 1'079.02 Moyenne par malade: 1998: 1260,56: 239 x 100 527.40 516.- 1999: 1079,02: 209 x 100 multipliée par le nombre de malades 1998: 850 448'260.- 439'631.- 1999: 852 + marge de 30% 582'777.- 571'521.- Différence avec le "chiffre d'affaires" (frais directs) 488'071.- 347'805.- 1998: 1'071'478.- 1999: 919'326.- 4.2 Confirmant implicitement les données de référence et le calcul des intimées, le tribunal arbitral a considéré que le recourant devait être comparé avec ses confrères du groupe 50, les chiffres relatifs au groupe 56 (médecine interne - endocrinologie avec radiologie) étant de toute façon inférieurs à ceux du groupe des médecins généralistes. Il s'est toutefois écarté de la marge de tolérance appliquée par les intimées (+ 30%) en retenant, par analogie avec l'arrêt A. du 30 juillet 2001, K 50/00, déjà cité, un coût annuel correspondant au 140% du coût moyen de la catégorie 50. Il a dès lors réduit les prétentions des intimées à 443'872 fr. pour 1998 et 303'841 fr. 20 pour 1999. 4.2 Confirmant implicitement les données de référence et le calcul des intimées, le tribunal arbitral a considéré que le recourant devait être comparé avec ses confrères du groupe 50, les chiffres relatifs au groupe 56 (médecine interne - endocrinologie avec radiologie) étant de toute façon inférieurs à ceux du groupe des médecins généralistes. Il s'est toutefois écarté de la marge de tolérance appliquée par les intimées (+ 30%) en retenant, par analogie avec l'arrêt A. du 30 juillet 2001, K 50/00, déjà cité, un coût annuel correspondant au 140% du coût moyen de la catégorie 50. Il a dès lors réduit les prétentions des intimées à 443'872 fr. pour 1998 et 303'841 fr. 20 pour 1999. 5. 5.1 Invoquant une violation de son droit d'être entendu, une constatation inexacte et incomplète des faits et l'arbitraire du jugement entrepris, le recourant reproche essentiellement aux premiers juges de n'avoir pas procédé à des mesures d'instruction permettant d'établir que la majorité de ses patients est atteinte de diabète. Spécialiste dans ce domaine, le recourant soutient qu'en raison de sa formation et de sa clientèle particulières - comprenant une proportion importante de personnes diabétiques -, le tribunal arbitral aurait dû examiner s'il n'eût pas été préférable de comparer sa pratique avec "celle de diabétologues à même de prescrire des régimes nutritionnels". 5.2 En ce qui concerne la comparaison avec le groupe des médecins généralistes, le recourant ne peut rien tirer en sa faveur de la différence de formation qu'il a acquise (spécialisation en diabétologie et endocrinologie) par rapport à ses confrères généralistes. Il se limite en effet à affirmer de manière générale qu'il ne saurait être assimilé à ceux-ci en raison de ses qualifications particulières, sans toutefois indiquer concrètement en quoi sa situation différerait de ce fait de celle du groupe des généralistes (avec radiologie). Au demeurant, celui-ci comprend en principe aussi des praticiens qui ont bénéficié d'une formation spécifique dans un domaine médical particulier et prennent de ce fait en charge une catégorie de patients nécessitant des mesures diagnostiques et thérapeutiques qui s'écartent de celles prodiguées en règle générale par un médecin généraliste. Il en va de même de l'argument relatif à une clientèle atypique pour un généraliste - nombre important de patients souffrant de diabètes - qui ne constitue pas un critère qui justifierait d'opérer une comparaison avec un autre groupe de médecins que celui des praticiens généralistes auquel appartient le recourant. On ne peut en effet déduire des éléments invoqués par L._ que les prestations de son cabinet, prises dans leur ensemble, divergent de manière fondamentale de celles des cabinets de ses confrères auxquels il a été comparé; il a fait valoir pour l'essentiel que la longueur de ses consultations s'expliquait par les conseils spécifiques en diététique et nutrition donnés à ses patients. Sur ce point, les trois médecins mandatés par l'AMG pour examiner la pratique du recourant sont arrivés à la conclusion que c'est clairement le nombre de consultations par cas qui était en cause, de même que le nombre important de prescriptions radiologiques à l'extérieur, d'examens de laboratoires et de prescriptions médicamenteuses (procès-verbal de la rencontre entre les docteurs B._, P._, W._ et L._ du 6 juillet 1999). 5.3 En revanche, dans la mesure où le recourant allègue que ses patients nécessitent des conseils spécifiques en diététique et nutrition, ainsi que quatre à cinq consultations par année, il s'agit de particularités qui peuvent éventuellement justifier un coût moyen supérieur à la moyenne et conduire, en conséquence, à prendre en compte une marge supplémentaire s'ajoutant au seuil de tolérance (supra consid. 3.3.2). A cet égard, sans motiver leur considérant autrement que par un renvoi à l'arrêt A., K 50/00, cité, les premiers juges ont admis un coût moyen correspondant au 140% du coût moyen de la catégorie 50. Ce faisant, ils ont appliqué une marge de tolérance qui s'écarte de celle admise par la jurisprudence (se situant entre 120 et 130%, supra consid. 3.3.1), sans toutefois en expliquer les raisons. Certes, dans la mesure où le tribunal arbitral s'est référé à une affaire dans laquelle un médecin généraliste avait démontré qu'il comptait parmi sa clientèle une proportion importante de patients toxicomanes, on pourrait en déduire que les premiers juges entendaient prendre en considération certaines particularités liées à la clientèle du docteur L._; ils auraient ainsi accordé une marge supplémentaire de 10% s'ajoutant au seuil-limite de tolérance de 130%. Une telle déduction ne saurait cependant pallier l'absence de motivation du jugement entrepris, ce d'autant plus qu'il n'appartient pas au Tribunal fédéral des assurances d'interpréter le raisonnement de l'instance inférieure pour reconstituer une motivation insuffisante. Ce défaut de motivation revient, en l'espèce, à violer le droit d'être entendu du recourant, garanti à l'art. 29 al. 2 Cst. (voir <ref-ruling> consid. 1a et les arrêts cités), le devoir de motivation du tribunal arbitral résultant également de l'<ref-law> (voir aussi consid. 2c non publié de l'arrêt B. du 25 octobre 1994, K 40/93, partiellement publié dans RAMA 1995 n° K 955 p. 6). A cet égard, sans motiver leur considérant autrement que par un renvoi à l'arrêt A., K 50/00, cité, les premiers juges ont admis un coût moyen correspondant au 140% du coût moyen de la catégorie 50. Ce faisant, ils ont appliqué une marge de tolérance qui s'écarte de celle admise par la jurisprudence (se situant entre 120 et 130%, supra consid. 3.3.1), sans toutefois en expliquer les raisons. Certes, dans la mesure où le tribunal arbitral s'est référé à une affaire dans laquelle un médecin généraliste avait démontré qu'il comptait parmi sa clientèle une proportion importante de patients toxicomanes, on pourrait en déduire que les premiers juges entendaient prendre en considération certaines particularités liées à la clientèle du docteur L._; ils auraient ainsi accordé une marge supplémentaire de 10% s'ajoutant au seuil-limite de tolérance de 130%. Une telle déduction ne saurait cependant pallier l'absence de motivation du jugement entrepris, ce d'autant plus qu'il n'appartient pas au Tribunal fédéral des assurances d'interpréter le raisonnement de l'instance inférieure pour reconstituer une motivation insuffisante. Ce défaut de motivation revient, en l'espèce, à violer le droit d'être entendu du recourant, garanti à l'art. 29 al. 2 Cst. (voir <ref-ruling> consid. 1a et les arrêts cités), le devoir de motivation du tribunal arbitral résultant également de l'<ref-law> (voir aussi consid. 2c non publié de l'arrêt B. du 25 octobre 1994, K 40/93, partiellement publié dans RAMA 1995 n° K 955 p. 6). 5.4 5.4.1 Au demeurant, même à admettre que le tribunal arbitral voulait tenir compte de particularités liées à la clientèle du recourant - ce qu'il aurait dû motiver clairement -, il n'apparaît pas, au regard des pièces au dossier, pourquoi il a retenu un indice de 10%. Dans l'arrêt cité, le tribunal arbitral compétent avait déduit de l'ensemble des coûts résultant de la statistique de la CAMS les frais liés au nombre supérieur à la moyenne de traitements à la méthadone prodigués par le médecin en cause (ainsi qu'au nombre élevé de patients atteints d'un trouble psychique) et retenu un seuil de tolérance de 20% sur les coûts restants (consid. 6a). Or, une telle démarche consistant à calculer les coûts supplémentaires liés aux particularités du cabinet en cause sur la base de données et chiffres concrets n'a pas été effectuée en l'espèce. S'il est vrai que la jurisprudence admet aussi la fixation d'un indice supplémentaire au moyen d'une évaluation générale (sans quantification des particularités du cabinet médical en cause), l'instance d'examen - en cas de litige, le tribunal arbitral - doit cependant expliquer comment elle est arrivée à ce résultat. Lorsque les effets de la particularité en question ne font pas l'objet d'un calcul précis - méthode qui devrait être choisie chaque fois qu'une quantification exacte est possible (Eugster, op. cit., n° 762 ss, 765, p. 259 sv.) -, l'indice supplémentaire doit néanmoins être motivé. Une telle motivation fait en l'occurrence défaut, si bien qu'il n'est en tout état de cause pas possible de suivre le raisonnement qui a conduit les premiers juges "à retenir comme admissible un coût annuel correspondant au 140% du coût moyen de la catégorie 50". 5.4.2 S'ajoute à cela, qu'en dehors des seules déclarations du recourant, le dossier ne contient aucun élément qui permette d'évaluer la composition de la clientèle du recourant. L'AMG entendait certes s'adresser à un groupe de spécialistes des maladies du métabolisme pour se renseigner si la clientèle du docteur L._ était effectivement composée de patients présentant des pathologiques complexes (cf. compte-rendu de la séance de la Commission mixte du 25 juin 1998), les résultats d'une telle investigation ne se trouvent toutefois pas au dossier. Quant à la discussion menée par les docteurs B._, P._ et W._ avec le recourant, il n'en ressort pas non plus d'indice à ce sujet. Le simple fait que les caisses intimées n'ont pas contesté les allégations du recourant quant à la composition de sa clientèle ne dispensait pas le tribunal arbitral d'en vérifier la réalité. Il ne pouvait donc tenir pour établies les particularités invoquées par le recourant, sans procéder à tout le moins à quelques vérifications au moyen de pièces que le recourant aurait dû être invité à produire. Sur ce point, on rappellera que le devoir des parties de collaborer à l'instruction de la cause porte sur tous les faits déterminants pour la décision et comprend l'obligation de produire tout document se trouvant en leur possession (consid. 5.1 non publié de l'<ref-ruling>; Ueli Kieser, Formelle Fragen der pauschalen Rückforderung, in: Schaffhauser/Kieser [édit.], Wirschaftlichkeitskontrolle in der Krankenversicherung, St-Gall 2001, p. 134 sv). 5.5 En conséquence de ce qui précède, il apparaît que le jugement entrepris consacre une violation du droit d'être entendu du recourant, qui doit conduire à l'annulation du jugement entrepris indépendamment des chances de succès du recourant sur le fond (<ref-ruling> consid. 3d/aa, 126 V 132 consid. 2b et les arrêts cités). Par ailleurs, dans la mesure où le tribunal arbitral se serait fondé sur certains faits sans en vérifier la réalité, le jugement entrepris est également entaché d'une constatation incomplète des faits pertinents. Dès lors que le pouvoir d'examen du Tribunal fédéral des assurances est en l'espèce limité à l'arbitraire (supra consid. 2), il ne lui appartient pas, en principe, de compléter l'état de fait du jugement entrepris. Le recours de L._ se révèle donc bien fondé, ce qui entraîne l'annulation du jugement entrepris et le renvoi de la cause au tribunal arbitral pour qu'il procède à une instruction complémentaire, cas échéant sur l'existence de particularités liées à la composition de la clientèle du docteur L._, et rende un nouveau jugement dûment motivé. Le recours de L._ se révèle donc bien fondé, ce qui entraîne l'annulation du jugement entrepris et le renvoi de la cause au tribunal arbitral pour qu'il procède à une instruction complémentaire, cas échéant sur l'existence de particularités liées à la composition de la clientèle du docteur L._, et rende un nouveau jugement dûment motivé. 6. Cela étant, le tribunal arbitral a condamné le recourant à verser des intérêts à 5% sur la somme de 443'872 fr. dès le 10 décembre 1999, ainsi que sur le montant de 303'841 fr. 20 à partir du 5 septembre 2000. Selon la jurisprudence constante de la Cour de céans, il n'y a en principe pas place, jusqu'à l'entrée en vigueur de la LPGA, pour des intérêts moratoires dans le domaine du droit des assurances sociales, dans la mesure où ils ne sont pas prévus par la loi. Cette jurisprudence est également applicable aux litiges soumis à un tribunal arbitral en matière de prétentions fondées sur la polypragmasie dans l'assurance-maladie (voir <ref-ruling> consid. 7), une éventuelle convention des parties sur ce point devant toutefois être prise en compte (<ref-ruling> consid. 2; arrêt non publié K. du 18 octobre 1999, K 152/98, consid. 7). La LAMal ne prévoit pas le paiement d'intérêts moratoires dans les contestations portées devant le tribunal arbitral et opposant un médecin à une caisse-maladie. Le Tribunal arbitral genevois des assurances n'a par ailleurs pas motivé sa décision en mentionnant l'existence d'une convention entre les parties, - fait qui n'est pas non plus invoqué par les intimées dans leur demande. Il n'existe pas non plus de circonstances particulières qui justifieraient d'admettre, à titre exceptionnel, une obligation de verser des intérêts moratoires (voir <ref-ruling> sv. consid. 3 et 4 et les arrêts cités; RAMA 2000 n° U 360 p. 34 consid. 3a). Par conséquent, l'octroi d'intérêts moratoires est en l'espèce contraire au droit fédéral, ce dont le tribunal arbitral aura à tenir compte dans le jugement qu'il est appelé à rendre. La LAMal ne prévoit pas le paiement d'intérêts moratoires dans les contestations portées devant le tribunal arbitral et opposant un médecin à une caisse-maladie. Le Tribunal arbitral genevois des assurances n'a par ailleurs pas motivé sa décision en mentionnant l'existence d'une convention entre les parties, - fait qui n'est pas non plus invoqué par les intimées dans leur demande. Il n'existe pas non plus de circonstances particulières qui justifieraient d'admettre, à titre exceptionnel, une obligation de verser des intérêts moratoires (voir <ref-ruling> sv. consid. 3 et 4 et les arrêts cités; RAMA 2000 n° U 360 p. 34 consid. 3a). Par conséquent, l'octroi d'intérêts moratoires est en l'espèce contraire au droit fédéral, ce dont le tribunal arbitral aura à tenir compte dans le jugement qu'il est appelé à rendre. 7. S'agissant d'un litige qui ne porte pas sur l'octroi ou le refus de prestations d'assurance, la procédure n'est pas gratuite (art. 134 OJ a contrario). Si le canton n'est pas partie au procès, il n'y a pas lieu, en principe, de mettre à sa charge des frais de justice. Toutefois, conformément à l'art. 156 al. 1er et 6 OJ, il doit être dérogé à ce principe lorsque le jugement cantonal viole de manière qualifiée les règles d'application de la justice et cause de ce fait des frais aux parties (RAMA 1999 n° U 331 p. 128 consid. 4; arrêt W. du 7 avril 1998, consid. 5a et b non reproduit aux <ref-ruling>). En l'espèce, le jugement attaqué souffrant d'une motivation particulièrement lacunaire, on doit admettre que cette condition est remplie, de sorte qu'il se justifie de mettre les frais de justice à la charge non pas des intimées, mais de l'Etat de Genève. Pour le même motif, les dépens dus au recourant, qui obtient gain de cause et est représenté par un avocat, (art. 159 al. 1 OJ en relation avec l'art. 135 OJ) seront également supportés par l'Etat de Genève (art. 156 al. 6 OJ applicable par analogie en vertu de l'art. 159 al. 5 OJ).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances prononce: 1. Le recours est admis et le jugement du Tribunal arbitral des assurances de la République et canton de Genève du 16 décembre 2004 est annulé, la cause étant renvoyée à ce tribunal pour instruction complémentaire et nouvelle décision dans le sens des considérants. 1. Le recours est admis et le jugement du Tribunal arbitral des assurances de la République et canton de Genève du 16 décembre 2004 est annulé, la cause étant renvoyée à ce tribunal pour instruction complémentaire et nouvelle décision dans le sens des considérants. 2. Les frais de justice, d'un montant de 14'000 fr. sont mis à la charge de l'Etat de Genève. 2. Les frais de justice, d'un montant de 14'000 fr. sont mis à la charge de l'Etat de Genève. 3. L'avance de frais versée par le recourant, de 14'000 fr., lui est restituée. 3. L'avance de frais versée par le recourant, de 14'000 fr., lui est restituée. 4. L'Etat de Genève versera au recourant la somme de 2'500 fr. (y compris la taxe sur la valeur ajoutée) à titre de dépens pour l'instance fédérale. 4. L'Etat de Genève versera au recourant la somme de 2'500 fr. (y compris la taxe sur la valeur ajoutée) à titre de dépens pour l'instance fédérale. 5. Le présent arrêt sera communiqué aux parties, au Tribunal arbitral des assurances de la République et canton de Genève, à la République et canton de Genève et à l'Office fédéral de la santé publique. Lucerne, le 2 décembre 2005 Au nom du Tribunal fédéral des assurances La Présidente de la IIIe Chambre: La Greffière:
CH_BGer_016
Federation
null
null
null
social_law
nan
['8de1134d-5c2d-4977-9618-2e208aef1a3b', '8de1134d-5c2d-4977-9618-2e208aef1a3b', '8de1134d-5c2d-4977-9618-2e208aef1a3b', '8de1134d-5c2d-4977-9618-2e208aef1a3b', '8de1134d-5c2d-4977-9618-2e208aef1a3b', '3ea01d47-bb2e-438d-9b3b-7036afe99e79']
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f204e66b-634a-47cb-ab47-446e0d72a04f
2,008
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. Die 1964 geborene S._ leidet unter anderem an Kniebeschwerden (mediale Gonarthrose links, Totalendoprothese rechts wegen posttraumatischer medialer Gonarthrose) sowie an Rückenbeschwerden. Nachdem sie sich am 18. September 2005 bei der Invalidenversicherung zum Leistungsbezug angemeldet hatte, klärte die IV-Stelle Luzern den erwerblichen und medizinischen Sachverhalt ab und gelangte zum Schluss, es bestehe kein Gesundheitsschaden mit Auswirkung auf die Erwerbsfähigkeit (mit Einspracheentscheid vom 17. Juli 2006 bestätigte Verfügung vom 31. Mai 2006). A. Die 1964 geborene S._ leidet unter anderem an Kniebeschwerden (mediale Gonarthrose links, Totalendoprothese rechts wegen posttraumatischer medialer Gonarthrose) sowie an Rückenbeschwerden. Nachdem sie sich am 18. September 2005 bei der Invalidenversicherung zum Leistungsbezug angemeldet hatte, klärte die IV-Stelle Luzern den erwerblichen und medizinischen Sachverhalt ab und gelangte zum Schluss, es bestehe kein Gesundheitsschaden mit Auswirkung auf die Erwerbsfähigkeit (mit Einspracheentscheid vom 17. Juli 2006 bestätigte Verfügung vom 31. Mai 2006). B. Das Verwaltungsgericht des Kantons Luzern wies die gegen den Einspracheentscheid erhobene Beschwerde ab (Entscheid vom 28. Juni 2007). B. Das Verwaltungsgericht des Kantons Luzern wies die gegen den Einspracheentscheid erhobene Beschwerde ab (Entscheid vom 28. Juni 2007). C. S._ lässt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten führen mit den Rechtsbegehren, es sei ihr mit Wirkung ab September 2005 eine ganze Invalidenrente zu gewähren. Ausserdem ersucht sie um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege und um Durchführung einer öffentlichen Verhandlung. Mit Schreiben vom 20. September 2007 zieht der Rechtsvertreter der Beschwerdeführerin das Gesuch um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege zurück. Die IV-Stelle schliesst auf Abweisung der Beschwerde. Das Bundesamt für Sozialversicherungen verzichtet auf Vernehmlassung.
Erwägungen: Erwägungen: 1. Die Beschwerdeführerin stellt Antrag auf Durchführung einer öffentlichen Verhandlung. Der Öffentlichkeitsgrundsatz (Art. 6 Ziff. 1 EMRK) ist nach der Rechtsprechung primär im erstinstanzlichen Rechtsmittelverfahren zu gewährleisten (<ref-ruling> E. 3 S. 54 mit Hinweisen). Nachdem ein gleichlautender Antrag im vorinstanzlichen Beschwerdeverfahren zurückgezogen wurde, ist auf dieses - im Übrigen nicht begründete - Rechtsbegehren letztinstanzlich nicht einzutreten. 1. Die Beschwerdeführerin stellt Antrag auf Durchführung einer öffentlichen Verhandlung. Der Öffentlichkeitsgrundsatz (Art. 6 Ziff. 1 EMRK) ist nach der Rechtsprechung primär im erstinstanzlichen Rechtsmittelverfahren zu gewährleisten (<ref-ruling> E. 3 S. 54 mit Hinweisen). Nachdem ein gleichlautender Antrag im vorinstanzlichen Beschwerdeverfahren zurückgezogen wurde, ist auf dieses - im Übrigen nicht begründete - Rechtsbegehren letztinstanzlich nicht einzutreten. 2. Strittig ist die Frage, ob das - zur Beurteilung der Arbeitsunfähigkeit (Art. 6 ATSG) und letztlich der für den Rentenanspruch vorausgesetzten Invalidität (Art. 7 und 8 ATSG) massgebende - medizinische Tatsachenfundament, wie es dem kantonalen Entscheid zugrunde liegt, genügend tragfähig ist. 2.1 Bei der Beurteilung von Beschwerden in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten (Art. 82 ff. BGG) legt das Bundesgericht seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG). Es kann deren Sachverhaltsfeststellung von Amtes wegen nur berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder wenn sie auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht (Art. 105 Abs. 2 BGG; vgl. auch Art. 97 Abs. 1 BGG; ohne Beschwerden gemäss Art. 97 Abs. 2 BGG und Art. 105 Abs. 3 BGG), wozu auch die unvollständige (gerichtliche) Feststellung der rechtserheblichen Tatsachen (Urteile 9C_40/2007 vom 31. Juli 2007, E. 1, und 9C_360/2007 vom 30. August 2007, E. 3; Ulrich Meyer, N 25, 36 und 58-61 zu Art. 105, in: Niggli/Uebersax/Wiprächtiger [Hrsg.], Basler Kommentar zum Bundesgerichtsgesetz, Basel 2008) und die Verletzung des Untersuchungsgrundsatzes als einer wesentlichen Verfahrensvorschrift gehört (Urteile 8C_364/2007 vom 19. November 2007, E. 3.3; I 839/06 vom 17. August 2007, E. 3, und I 86/07 vom 29. März 2007, E. 3). 2.2 Das kantonale Gericht gelangte zum Schluss, die angestammte Erwerbstätigkeit einer Büroangestellten sei weiterhin ohne Einschränkung möglich; die aufgrund der Leiden (beide Knie, Rücken) nicht mehr zumutbaren Belastungen fielen bei dieser Arbeit gar nicht an. Die Beschwerdeführerin hält dem entgegen, das Gutachten des Rheumatologen Dr. A._ vom 12. Mai 2006, auf welches Verwaltung und Vorinstanz massgebend abgestellt hatten, erfasse die bestehenden gesundheitlichen Einschränkungen nicht vollständig; zudem weiche der Sachverständige von den Einschätzungen anderer Ärzte ab, ohne dies hinreichend zu begründen. 2.3 Was die funktionellen Einschränkungen und Schmerzen zufolge der Knieschäden anbelangt, ist nicht ersichtlich, inwiefern die Feststellung einer nicht eingeschränkten Leistungsfähigkeit in einer sitzenden Tätigkeit offensichtlich unrichtig sein sollte. Dass der Gutachter hinsichtlich der Knieproblematik eine ungünstige Prognose stellt, ist allein unter dem Aspekt künftiger Behandlungsbedürftigkeit von Bedeutung. Hinsichtlich der Rückenprobleme macht die Versicherte im Wesentlichen geltend, der rheumatologische Sachverständige und - diesem folgend - die IV-Stelle und das kantonale Gericht hätten den radikulären Charakter der Beschwerden und Ausfälle zufolge eines zweifachen Bandscheibenvorfalls (L4/5 und L3/4) verkannt. Die Interpretation der diesbezüglichen Beschwerden als fibromyalgisches Schmerzsyndrom - letztere Diagnose bestätigt durch Bericht des Rheumatologen Dr. B._, Klinik X._, vom 29. April 2007 - werde den tatsächlichen Verhältnissen nicht gerecht. Wie es sich - anhand der Beweiswürdigungsregeln - mit der Richtigkeit der fachmedizinischen Erfassung der strukturellen Schädigung im Bereich der unteren Wirbelsäule verhält, kann indes offen bleiben, weil das Schmerzgeschehen, aus welchem die invalidenversicherungsrechtlich massgebende Arbeitsunfähigkeit abzuleiten wäre, auch nach Beurteilung des Neurochirurgen Dr. H._, auf dessen Bericht vom 25. Juli 2005 sich die Beschwerdeführerin hauptsächlich stützt, durch eine therapeutische Periduralanästhesie (PDA) und physiotherapeutisches Aufbautraining positiv beeinflusst werden konnte (weitere Berichte des Dr. H._ vom 5. September und 14. November 2005). Im Weiteren kann davon ausgegangen werden, dass das unter dem Aspekt des Rückenleidens ungünstige langdauernde Sitzen (Berichte des Hausarztes Dr. Z._ vom 14. November 2005 und des Dr. H._ vom 25. Juli 2005) durch die dem modernen Büroarbeitsplatz inhärenten Möglichkeiten zur Wechselbelastung vermieden werden kann, ohne dass deswegen umgehend die Kniebeschwerden in leistungserheblicher Weise zum Tragen kommen. An der im Ergebnis zutreffenden Zumutbarkeitsbeurteilung des kantonalen Gerichts ändert auch der Umstand nichts, dass das Übergewicht der Beschwerdeführerin womöglich durch die antiepileptische Medikation induziert ist und insofern nur mit Zurückhaltung davon ausgegangen werden darf, der Versicherten dürfe eine entsprechende Schadenminderung überantwortet werden. 2.4 Der Zeitpunkt des Abschlusses des Verwaltungsverfahrens (Einspracheentscheid vom 17. Juli 2006) bildet die Grenze des für die Beurteilung zu berücksichtigenden Sachverhalts (<ref-ruling> E. 1 S. 169; <ref-ruling> E. 1b S. 366). Die im Bericht des Psychiaters Dr. I._ vom 30. August 2007 (vgl. auch den Bericht des Dr. B._ vom 29. April 2007) erstmals dokumentierte psychische Beeinträchtigung bildet daher nicht Gegenstand des Verfahrens. 2.5 Zusammenfassend besteht von Bundesrechts wegen im Rahmen der gesetzlichen Kognition (oben E. 2.1) kein Grund, von den tatbeständlichen Feststellungen der Vorinstanz abzuweichen. Demzufolge ist die im angefochtenen Entscheid bestätigte Leistungsablehnung nicht zu beanstanden. 2.5 Zusammenfassend besteht von Bundesrechts wegen im Rahmen der gesetzlichen Kognition (oben E. 2.1) kein Grund, von den tatbeständlichen Feststellungen der Vorinstanz abzuweichen. Demzufolge ist die im angefochtenen Entscheid bestätigte Leistungsablehnung nicht zu beanstanden. 3. Dem Verfahrensausgang entsprechend sind die Gerichtskosten der unterliegenden Beschwerdeführerin aufzuerlegen (Art. 66 Abs. 1 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf eingetreten wird. 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf eingetreten wird. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsgericht des Kantons Luzern, Sozialversicherungsrechtliche Abteilung, und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 27. Februar 2008 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Meyer Traub
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Fatti: Fatti: A. P._, cittadino italiano nato nel 1951, ha lavorato in Svizzera dal 1969 al 1983 e nel 1988, solvendo regolari contributi all'AVS/AI. Dopo il rimpatrio, egli ha continuato a lavorare, segnatamente, dal 1999, come muratore, sino al gennaio 2001, quando ha cessato ogni attività lucrativa per motivi di malattia. In data 27 giugno 2002 l'assicurato, affetto in particolare da esiti di intervento di sostituzione valvolare aortica, eseguito l'8 gennaio 2002, e da patologia osteoarticolare, ha presentato una domanda intesa al conseguimento di una rendita dell'AI svizzera. Esperiti gli accertamenti del caso, l'Ufficio AI per gli assicurati residenti all'estero (UAI) ha respinto la richiesta per decisione 23 gennaio 2004. Chiamata a statuire su opposizione dell'interessato, rappresentato dall'avv. Biagio De Francesco, l'amministrazione, riconoscendo un'incapacità lavorativa dell'assicurato del 50% nella precedente attività di muratore ma attestando una piena abilità in occupazioni sostitutive leggere, ha confermato il precedente provvedimento per decisione su opposizione 8 luglio 2004 per carenza di invalidità pensionabile, valutata al 20%. Chiamata a statuire su opposizione dell'interessato, rappresentato dall'avv. Biagio De Francesco, l'amministrazione, riconoscendo un'incapacità lavorativa dell'assicurato del 50% nella precedente attività di muratore ma attestando una piena abilità in occupazioni sostitutive leggere, ha confermato il precedente provvedimento per decisione su opposizione 8 luglio 2004 per carenza di invalidità pensionabile, valutata al 20%. B. Statuendo su gravame dell'assicurato, ancora rappresentato dall'avv. De Francesco, la Commissione federale di ricorso in materia d'AVS/AI per le persone residenti all'estero l'ha respinto mediante giudizio 21 dicembre 2004. B. Statuendo su gravame dell'assicurato, ancora rappresentato dall'avv. De Francesco, la Commissione federale di ricorso in materia d'AVS/AI per le persone residenti all'estero l'ha respinto mediante giudizio 21 dicembre 2004. C. Sempre tramite il suo legale, l'assicurato interpone ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale delle assicurazioni, al quale, in accoglimento del gravame e in via principale, chiede il riconoscimento delle prestazioni di legge in funzione di uno stato invalidante dell'80% o quantomeno del 60%; in via subordinata, postula il rinvio degli atti all'amministrazione per complemento istruttorio e nuova decisione. Al ricorso, l'interessato allega una copia di un certificato emesso dalla Commissione italiana per l'invalidità civile che lo riconosce invalido nella misura del 60%. Mentre l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali rinuncia a determinarsi sul ricorso, l'UAI ne postula la reiezione.
Diritto: Diritto: 1. Il giudizio impugnato concerne prestazioni dell'assicurazione per l'invalidità. Giusta l'art. 132 cpv. 1 OG nella versione di cui alla cifra III della legge federale del 16 dicembre 2005 concernente la modifica della LAI (in vigore dal 1° luglio 2006), in deroga a quanto previsto dagli art. 104 e 105 OG, il Tribunale federale delle assicurazioni può, nell'ambito di una procedura vertente sull'assegnazione o il rifiuto di prestazioni assicurative, anche esaminare l'adeguatezza della decisione querelata e non è vincolato dall'accertamento dei fatti da parte dell'istanza precedente. A norma dell'art. 132 cpv. 2 OG, queste deroghe non si applicano se il giudizio impugnato concerne prestazioni dell'AI. Nondimeno, secondo la cifra II lett. c della legge del 16 dicembre 2005, il diritto previgente si applica ai ricorsi pendenti davanti al Tribunale federale delle assicurazioni al momento dell'entrata in vigore della modifica. Poiché al 1° luglio 2006 il presente ricorso era pendente dinanzi al Tribunale federale delle assicurazioni, il suo potere cognitivo è regolato dal previgente art. 132 OG, il cui tenore corrisponde al nuovo cpv. 1. 1. Il giudizio impugnato concerne prestazioni dell'assicurazione per l'invalidità. Giusta l'art. 132 cpv. 1 OG nella versione di cui alla cifra III della legge federale del 16 dicembre 2005 concernente la modifica della LAI (in vigore dal 1° luglio 2006), in deroga a quanto previsto dagli art. 104 e 105 OG, il Tribunale federale delle assicurazioni può, nell'ambito di una procedura vertente sull'assegnazione o il rifiuto di prestazioni assicurative, anche esaminare l'adeguatezza della decisione querelata e non è vincolato dall'accertamento dei fatti da parte dell'istanza precedente. A norma dell'art. 132 cpv. 2 OG, queste deroghe non si applicano se il giudizio impugnato concerne prestazioni dell'AI. Nondimeno, secondo la cifra II lett. c della legge del 16 dicembre 2005, il diritto previgente si applica ai ricorsi pendenti davanti al Tribunale federale delle assicurazioni al momento dell'entrata in vigore della modifica. Poiché al 1° luglio 2006 il presente ricorso era pendente dinanzi al Tribunale federale delle assicurazioni, il suo potere cognitivo è regolato dal previgente art. 132 OG, il cui tenore corrisponde al nuovo cpv. 1. 2. 2.1 Nei considerandi dell'impugnata pronuncia, cui si rinvia, i primi giudici hanno già esposto le norme legali disciplinanti la materia, rammentando in particolare i presupposti che secondo il diritto svizzero - per principio applicabile nel caso di specie anche in seguito all'entrata in vigore, il 1° giugno 2002, dell'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea ed i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (ALC; <ref-ruling> consid. 2.4), l'Accordo avendo lasciato immutata la competenza degli stati contraenti a definire i propri sistemi di sicurezza sociale (art. 8 ALC in relazione con l'art. 1 cpv. 1 Allegato II ALC e la sua Sezione A) - devono essere adempiuti per conferire a una persona assicurata il diritto a una rendita dell'assicurazione per l'invalidità. Così, dopo avere giustamente - perlomeno per quanto riferito allo stato di fatto giuridicamente determinante realizzatosi dopo il 1° gennaio 2003 (cfr. <ref-ruling>) - dichiarato applicabile la nuova legge federale sulla parte generale del diritto delle assicurazioni sociali (LPGA) del 6 ottobre 2000, in vigore dal 1° gennaio 2003 (cfr. <ref-law> in relazione con l'<ref-law>), e averne, fra gli altri, esposto i concetti - peraltro corrispondenti alle nozioni sviluppate dalla giurisprudenza sotto l'egida del precedente ordinamento (cfr. <ref-ruling>) - d'incapacità al lavoro (<ref-law>) e al guadagno (<ref-law>), d'invalidità (<ref-law> e <ref-law>) e di raffronto dei redditi (<ref-law>), i primi giudici, rammentati i limiti temporali del potere cognitivo del giudice nel caso di specie (<ref-law>, in deroga all'<ref-law>; <ref-ruling> consid. 1b), hanno pertinentemente definito i presupposti e l'estensione del diritto alla rendita (art. 28 cpv. 1 [nella sua versione introdotta dalla 4a revisione della LAI, in vigore dal 1° gennaio 2004, la versione precedente subordinando per contro il diritto alla rendita, rispettivamente di un quarto, della metà o intera all'esistenza di un grado di invalidità rispettivamente di almeno il 40%, il 50% o il 66 2/3%] e 1ter, art. 29 cpv. 1 e art. 36 cpv. 1 LAI), precisando nel contempo i compiti del medico nell'ambito di questa valutazione (<ref-ruling> consid. 4, 115 V 134 consid. 2, 114 V 314 consid. 3c, 105 V 158 consid. 1). A tale esposizione può essere fatto riferimento e prestata adesione non senza tuttavia ribadire che l'entrata in vigore dell'ALC ha reso possibile - per motivi di parità di trattamento - il versamento di rendite per un grado di invalidità inferiore al 50%, ma pari almeno al 40%, anche ad assicurati comunitari che ricadono nel campo applicativo personale del Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio del 14 giugno 1971 relativo all'applicazione die regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità - cui rinvia l'art. 1 cpv. 1 Allegato II ALC -, anche se non sono domiciliati o non dimorano in Svizzera, bensì lo sono in uno Stato membro dell'Unione europea (<ref-ruling> seg. consid. 2.3). 2.2 Per quanto attiene al valore probatorio attribuito ai referti medici fatti allestire dall'amministrazione conformemente alle regole di procedura applicabili, giova infine soggiungere che se questi ultimi sono stati resi sulla base di accertamenti approfonditi e completi, in piena conoscenza dell'incarto e giungono a dei risultati convincenti, il giudice non vi si discosta se non in presenza di indizi concreti suscettibili di far dubitare della loro fondatezza (<ref-ruling> consid. 3b/ee). 2.2 Per quanto attiene al valore probatorio attribuito ai referti medici fatti allestire dall'amministrazione conformemente alle regole di procedura applicabili, giova infine soggiungere che se questi ultimi sono stati resi sulla base di accertamenti approfonditi e completi, in piena conoscenza dell'incarto e giungono a dei risultati convincenti, il giudice non vi si discosta se non in presenza di indizi concreti suscettibili di far dubitare della loro fondatezza (<ref-ruling> consid. 3b/ee). 3. 3.1 Nell'evenienza concreta, l'istanza precedente ha fondato la propria valutazione principalmente sugli accertamenti compiuti dal consulente medico dell'UAI dott. L._, il quale si è confrontato in maniera circostanziata con l'abbondante documentazione agli atti e ha analizzato in dettaglio l'evoluzione negli anni delle affezioni lamentate dall'interessato. Così, detto sanitario, dopo avere in particolare rilevato un buon decorso cardiologico, ha concluso per una capacità lavorativa dell'assicurato del 50% nella precedente professione di muratore e per una piena abilità in occupazioni sostitutive leggere. La situazione concreta è poi stata oggetto di un accertamento economico, dal quale è emerso che l'assicurato, sfruttando le capacità di cui dispone, secondo l'avviso del consulente medico dell'UAI, sarebbe stato in grado, esercitando a tempo pieno e a rendimento normale un'adeguata attività sostitutiva, di conseguire con il suo lavoro un reddito escludente il riconoscimento di una rendita dell'AI svizzera, prestazione questa che, come già detto in precedenza, presuppone un'invalidità, cioè un'incapacità di guadagno, pari almeno al 40%. 3.2 Orbene, dopo attento esame dell'incarto, visto in particolare che nel ricorso di diritto amministrativo non si adducono argomenti idonei a stravolgere le conclusioni dell'autorità di primo grado, la quale ha esposto in modo convincente come di fronte a valutazioni mediche contraddittorie, per quanto concerne l'incapacità di lavoro dell'assicurato (il medico dell'Istituto nazionale italiano della previdenza sociale [INPS] dott. T._ e il perito di parte dott. O._ gli attestano infatti un grado d'inabilità rispettivamente del 50% e dell'80%), si debba ritenere più affidabile il parere espresso dal consulente sanitario dell'UAI, anche il Tribunale federale delle assicurazioni non vede valido motivo per scostarsi da questa opinione. 3.3 Sia infine rilevato che la circostanza - comprovata dal verbale della Commissione italiana per l'invalidità civile allegato al ricorso di diritto amministrativo - che il ricorrente sia stato riconosciuto in patria invalido civile nella misura del 60% non è determinante ai fini del presente giudizio - come del resto neppure lo sarebbe stata l'erogazione di una pensione d'invalidità da parte dell'INPS -, data la diversità delle disposizioni legali sull'invalidità e dei criteri per determinarla vigenti nei due Paesi. Anche in seguito all'entrata in vigore dell'ALC, infatti, il grado d'invalidità si determina unicamente in base al diritto svizzero (<ref-ruling> consid. 2.4, già citata al consid. 2). 3.3 Sia infine rilevato che la circostanza - comprovata dal verbale della Commissione italiana per l'invalidità civile allegato al ricorso di diritto amministrativo - che il ricorrente sia stato riconosciuto in patria invalido civile nella misura del 60% non è determinante ai fini del presente giudizio - come del resto neppure lo sarebbe stata l'erogazione di una pensione d'invalidità da parte dell'INPS -, data la diversità delle disposizioni legali sull'invalidità e dei criteri per determinarla vigenti nei due Paesi. Anche in seguito all'entrata in vigore dell'ALC, infatti, il grado d'invalidità si determina unicamente in base al diritto svizzero (<ref-ruling> consid. 2.4, già citata al consid. 2). 4. Dato quanto precede, il giudizio commissionale querelato merita tutela, senza che sia necessario procedere ad ulteriori indagini, così come richiesto in via subordinata nell'atto di ricorso. Gli atti all'inserto sono completi e permettono di esprimersi sulla vertenza con sufficiente cognizione di causa. 4. Dato quanto precede, il giudizio commissionale querelato merita tutela, senza che sia necessario procedere ad ulteriori indagini, così come richiesto in via subordinata nell'atto di ricorso. Gli atti all'inserto sono completi e permettono di esprimersi sulla vertenza con sufficiente cognizione di causa. 5. La procedura è gratuita (art. 134 OG nella versione in vigore fino al 30 giugno 2006; cfr. consid. 1).
Per questi motivi, il Tribunale federale delle assicurazioni pronuncia: Per questi motivi, il Tribunale federale delle assicurazioni pronuncia: 1. Il ricorso di diritto amministrativo è respinto. 1. Il ricorso di diritto amministrativo è respinto. 2. Non si percepiscono spese giudiziarie. 2. Non si percepiscono spese giudiziarie. 3. La presente sentenza sarà intimata alle parti, alla Commissione federale di ricorso in materia d'AVS/AI per le persone residenti all'estero, alla Cassa svizzera di compensazione e all'Ufficio federale delle assicurazioni sociali.
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Faits: A. P._, née en 1956, a notamment travaillé au service de l'entreprise X._, en tant que secrétaire, assistante sociale et assistante administrative. Souffrant d'un trouble dépressif récurrent à partir de 2003, elle a subi plusieurs périodes d'incapacité de travail (totale et partielle) depuis lors. Le 2 août 2005, elle a déposé une demande de prestations de l'assurance-invalidité. Après avoir recueilli des renseignements économiques et médicaux, l'Office de l'assurance-invalidité du canton de Genève a mis en oeuvre deux stages d'observation, puis accordé à l'assurée un reclassement professionnel sous forme de cours informatiques et de langue. Le 5 mai 2009, il a rendu une décision par laquelle il a alloué à l'intéressée un trois-quarts de rente d'invalidité du 1er octobre au 31 décembre 2005, une rente entière du 1er janvier 2006, puis une demi-rente à partir du 31 décembre 2008. B. L'assurée a déféré cette décision au Tribunal cantonal des assurances sociales de la République et canton de Genève, qui l'a déboutée le 11 février 2010. C. Agissant par la voie du recours en matière de droit public, P._ demande au Tribunal fédéral d'annuler le jugement cantonal. Sous suite de frais et dépens, elle conclut à ce que lui soit reconnu le droit à un trois-quarts de rente à partir du 1er octobre 2009 (recte 2005), d'une rente entière dès le 1er janvier 2006, puis d'un trois-quarts de rente à partir du 31 décembre 2008. L'Office de l'assurance-invalidité pour le canton de Genève conclut au rejet du recours, tandis que l'Office fédéral des assurances sociales a renoncé à se déterminer.
Considérant en droit: 1. 1.1 Le recours en matière de droit public (<ref-law>) peut être formé pour violation du droit selon l'art. 95 sv. LTF. Le Tribunal fédéral statue en principe sur la base des faits établis par l'autorité précédente (<ref-law>), sous réserve des cas prévus à l'<ref-law>. Cette disposition lui donne la faculté de rectifier ou compléter d'office l'état de fait de l'arrêt attaqué dans la mesure où des lacunes ou erreurs dans celui-ci lui apparaîtraient d'emblée comme manifestes. Quant au recourant, il ne peut critiquer la constatation de faits importants pour le jugement de la cause que si ceux-ci ont été constatés en violation du droit au sens de l'<ref-law> ou de manière manifestement inexacte (<ref-law>). 1.2 Conformément aux principes relatifs au pouvoir d'examen du Tribunal fédéral développés dans l'<ref-ruling> consid. 3 p. 397 s., les règles légales et jurisprudentielles sur la manière d'effectuer la comparaison des revenus (prévue à l'<ref-law>), y compris celles concernant l'utilisation de l'Enquête suisse sur la structure des salaires (ESS), relèvent de questions de droit. Sous cet angle, la constatation des deux revenus hypothétiques à comparer est une question de fait, dans la mesure où elle repose sur une appréciation concrète des preuves; il s'agit en revanche d'une question de droit si elle se fonde sur l'expérience générale de la vie. Ainsi, relèvent du droit les questions de savoir si les salaires statistiques de l'ESS sont applicables, quel tableau statistique est déterminant et s'il y a lieu de procéder à un abattement en raison de circonstances particulières (liées au handicap de la personne ou d'autres facteurs). L'étendue de l'abattement (justifié dans un cas concret) constitue une question typique relevant du pouvoir d'appréciation, qui est soumise à l'examen du juge de dernière instance uniquement si la juridiction cantonale a exercé celui-ci de manière contraire au droit, soit a commis un excès positif (Ermessensüberschreitung) ou négatif (Ermessensunterschreitung) de son pouvoir d'appréciation (<ref-ruling> consid. 3.3 p. 399). 2. 2.1 Au vu du jugement entrepris ainsi que des conclusions et motifs du recours, le litige porte sur le droit de la recourante à un trois-quarts de rente d'invalidité à partir du 31 décembre 2008, au lieu de la demi-rente accordée par l'intimé dès cette date. Dans ce cadre, seul est contesté le montant du revenu d'invalide retenu par la juridiction cantonale. 2.2 Constatant que l'assurée avait recouvré une capacité de travail de 50 % dans une activité adaptée dès le 1er décembre 2008 (date qui tenait compte du délai de trois mois prévu par l'<ref-law>), alors qu'elle ne présentait aucune limitation pour les activités ménagères, les premiers juges ont évalué l'invalidité en application de la méthode mixte, ce que la recourante ne conteste plus. Pour déterminer le revenu d'invalide, ils ont repris à leur compte et confirmé le calcul effectué par l'intimé. Celui-ci s'est référé au salaire statistique auquel pouvaient prétendre les femmes ayant des connaissances professionnelles spécialisées dans le domaine "secrétariat, travaux de chancellerie", adapté à l'horaire usuel dans les entreprises en 2006 et indexé en fonction de l'évolution des salaires jusqu'en 2008, soit 36'026 fr. par année à 50 % (Enquête suisse sur la structure des salaires 2006 [ESS], TA7, niveau de qualification 3; cf. calcul du revenu avec invalidité du 15 décembre 2008). La juridiction cantonale a considéré ensuite que l'intimé aurait dû procéder à un abattement du salaire statistique d'invalide et en a fixé le taux à 5 %, en considérant que l'assurée était en dessous du seuil de l'âge considéré par le Tribunal fédéral comme avancé, qu'elle bénéficiait d'une expérience professionnelle depuis 1977 complétée par la formation accordée dans le cadre de la réadaptation et que ses limitations avaient déjà été prises en compte dans le taux d'activité réduit de 50 %. Le salaire d'invalide s'élevait dès lors à 34'225 fr., ce qui donnait après comparaison avec le revenu sans invalidité de 99'567 fr. un degré d'incapacité de gain de 59 %, correspondant à une demi-rente. 3. 3.1 Dans un premier grief, la recourante reproche aux premiers juges de s'être fondés, en violation du droit fédéral, sur le revenu statistique ressortant du chiffre 22 du TA7 et non pas du chiffre 23 du domaine "autres activités commerciales et administratives". Selon elle, l'essentiel de son activité professionnelle avant la survenance de l'atteinte à la santé s'était déroulé au sein de X._ (dès 1981), où son poste avait davantage été centré sur des "aspects sociaux" que sur "l'aspect secrétariat". Par ailleurs, elle ne pouvait désormais exercer qu'une activité à mi-temps dans un environnement calme, sans stress émotionnel trop intense, comme employée de bureau, secrétaire-réceptionniste ou assistante administrative. 3.2 A juste titre, la référence à la table ESS TA7, qui se justifie dans le cas concret au regard de la jurisprudence rappelée par les premiers juges (consid. 8a du jugement entrepris auquel il suffit de renvoyer), n'est pas contestée. Dans la mesure où la recourante s'en prend à la branche particulière retenue par la juridiction cantonale pour déterminer son revenu d'invalide, son grief est mal fondé. Selon les constatations des premiers juges, qui lient le Tribunal fédéral (consid. 1.1 supra), une activité adaptée telle que décrite dans les rapports d'observation professionnelle - à savoir, comme la recourante l'indique elle-même, une activité "dans un environnement calme, sans stress émotionnels trop intenses, à mi-temps, avec un rendement normal, comme employée de bureau, secrétaire-réceptionniste ou assistante administrative" - est exigible de l'assurée à 50 %. On ne comprend pas en quoi, et la recourante ne l'explique pas, une telle activité ne correspondrait pas au domaine "secrétariat, travaux de chancellerie" (chiffre 22), retenu par l'intimé et la juridiction cantonale, puisque tant un employé de bureau, qu'un secrétaire-réceptionniste ou un assistant administratif sont appelés à effectuer des travaux de secrétariat. Quant à l'expérience professionnelle de la recourante en tant qu'assistante sociale, on ne voit pas non plus en quoi elle justifierait de se référer au salaire correspondant aux "autres activités commerciales et administratives" plutôt qu'à celui relatif au domaine du "secrétariat et travaux de chancellerie", dans lequel elle avait travaillé par le passé et pour lequel elle a bénéficié d'une mise à niveau dans le cadre du reclassement, selon les constatations des premiers juges. Il ressort également de celles-ci que la recourante a travaillé de décembre 2005 à juin 2007 comme assistante administrative auprès de X._, où ses activités correspondaient à celles d'une employée de secrétariat. La recourante invoque encore un arrêt 9C_142/2009 du 20 novembre 2009, dans lequel le Tribunal fédéral a précisément fait référence au domaine "secrétariat, travaux de chancellerie", sans qu'elle indique toutefois en quoi sa situation serait différente de celle jugée à l'époque. Pour le surplus, on précisera que si un assuré est apte à exercer différents types d'activités adaptées, si bien qu'il est possible de se référer à divers domaines d'activités et aux salaires correspondants, on peut attendre de lui qu'il mette au mieux à profit ses possibilités de réintégration sur le marché du travail en vertu de son obligation de diminuer le dommage (cf. <ref-ruling> consid. 4a p. 28), et il convient alors de retenir le salaire statistique avec invalidité le plus élevé. 4. 4.1 La recourante soutient ensuite que la juridiction cantonale n'aurait pas pris en compte "la faible résistance au stress" mise en évidence par les stages d'observation qu'elle avait effectués. A son avis, ce facteur devrait être pris en considération soit en retenant le salaire correspondant à un poste dans le domaine "autres activités commerciales et administratives" avec un niveau de qualification 4 (activités simples et répétitives), soit en procédant à un abattement de 10 % au minimum. Dans les deux cas, le salaire d'invalide comparé au revenu sans invalidité permettrait de mettre en évidence un taux d'incapacité de gain de plus de 60 %, correspondant à un trois-quarts de rente d'invalidité. 4. 4.1 La recourante soutient ensuite que la juridiction cantonale n'aurait pas pris en compte "la faible résistance au stress" mise en évidence par les stages d'observation qu'elle avait effectués. A son avis, ce facteur devrait être pris en considération soit en retenant le salaire correspondant à un poste dans le domaine "autres activités commerciales et administratives" avec un niveau de qualification 4 (activités simples et répétitives), soit en procédant à un abattement de 10 % au minimum. Dans les deux cas, le salaire d'invalide comparé au revenu sans invalidité permettrait de mettre en évidence un taux d'incapacité de gain de plus de 60 %, correspondant à un trois-quarts de rente d'invalidité. 4.2 4.2.1 Contrairement à ce que prétend la recourante, la juridiction cantonale n'a pas "écarté purement et simplement la faible résistance au stress", mais en a dûment tenu compte lors de l'évaluation de sa capacité de travail. Il s'agit en effet là d'un élément lié aux incidences de l'atteinte à la santé présentée par la recourante qu'il y a lieu de prendre en considération pour déterminer une éventuelle incapacité de travail de l'assurée dans sa profession ou dans une activité raisonnablement exigible (cf. <ref-law>). C'est ce qu'ont fait les premiers juges en retenant une capacité de travail de 50 % dans une activité adaptée, c'est-à-dire une activité dans un environnement calme, sans stress émotionnels trop intenses, comme employée de bureau, secrétaire-réceptionniste ou assistante administrative. Par ailleurs, dès lors que la recourante est titulaire d'un diplôme de l'Ecole de commerce, a travaillé dans le domaine du secrétariat et bénéficié de cours d'informatique et de langue au cours de sa réadaptation, elle dispose de la formation et des connaissances professionnelles requises dans le domaine du secrétariat ou des travaux de chancellerie, de sorte que la référence au salaire statistique du niveau de qualification 3 ("connaissances professionnelles spécialisées") est conforme au droit. 4.2.2 Quant à l'étendue de l'abattement du salaire statistique, la réduction de 5 % appliquée par la juridiction cantonale sur le revenu d'invalide n'apparaît pas contraire aux règles dégagées par la jurisprudence (cf. <ref-ruling> consid. 5 p. 78). En prétendant que le Tribunal cantonal genevois des assurances sociales aurait également pu tenir compte de la faible tolérance au stress en opérant un abattement de 10 % au minimum, la recourante ne démontre pas en quoi la juridiction cantonale aurait fait une application erronée des principes jurisprudentiels en la matière ou commis un excès positif ou négatif de son pouvoir d'appréciation. 5. Il résulte de ce qui précède que le recours est mal fondé. Vu l'issue de la procédure, la recourante doit supporter les frais judiciaires y afférents (art. 65 et 66 al. 1 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 500 fr., sont mis à la charge de la recourante. 3. Le présent arrêt est communiqué aux parties, au Tribunal cantonal des assurances sociales de la République et canton de Genève et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 7 octobre 2010 Au nom de la IIe Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse Le Président: La Greffière: Meyer Moser-Szeless
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2,013
fr
Considérant en fait et en droit: 1. A._ est impliqué dans une procédure pénale à Genève en tant qu'inculpé de coactivité de lésions corporelles graves et de violation du devoir d'assistance ou d'éducation. Ayant constaté que la numérotation (pagination) des pièces du dossier s'arrêtait après le 15 juillet 2010, date de la communication du dossier au Procureur général, A._ a sollicité du Procureur en charge de la procédure qu'il constitue et tienne à jour un index des pièces à partir de cette date, conformément à l'<ref-law>. Par courrier du 17 juillet 2013, le Ministère public l'a informé que le dossier de la procédure avait été valablement constitué sous l'empire du Code de procédure pénale genevois, alors en vigueur. A._ a recouru auprès de la Chambre pénale de recours de la Cour de justice de la République et canton de Genève en concluant à ce qu'il soit ordonné au Ministère public de tenir un index des pièces de la procédure pénale et de numéroter les pièces versées après le 15 juillet 2010. Cette juridiction a déclaré le recours irrecevable, subsidiairement mal fondé, au terme d'un arrêt rendu le 19 août 2013. Agissant par la voie du recours en matière pénale, A._ demande au Tribunal fédéral de dire et constater que "l'incertitude sur le contenu du dossier d'une procédure pénale représente sans aucun doute possible un préjudice actuel et concret pour les parties en matière de décision de refus au sens de l'<ref-law>", d'annuler l'arrêt de la Chambre pénale de recours du 19 août 2013 et de lui allouer une indemnité de procédure de 120 fr. pour les frais des présentes écritures. Il sollicite l'assistance judiciaire. Il n'a pas été ordonné d'échange d'écritures. 2. En vertu de l'<ref-law>, les mémoires de recours doivent être motivés. Conformément à l'<ref-law>, les motifs doivent exposer succinctement en quoi l'acte attaqué viole le droit. Pour satisfaire à cette exigence, il appartient au recourant de discuter au moins brièvement les considérants de la décision litigieuse (<ref-ruling> consid. 2.1 p. 245). En outre, s'il entend se plaindre de la violation de ses droits fondamentaux, il doit respecter le principe d'allégation et indiquer précisément quelle disposition constitutionnelle a été violée en démontrant par une argumentation précise en quoi consiste la violation (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 3.2 p. 88). Lorsque la décision attaquée repose sur plusieurs motivations indépendantes, alternatives ou subsidiaires, toutes suffisantes, le recourant doit, sous peine d'irrecevabilité, démontrer que chacune d'elle est contraire au droit en se conformant aux exigences fixées par la jurisprudence relative aux art. 42 al. 2 et 106 al. 2 LTF (<ref-ruling> consid. 6.3 p. 120). La Chambre pénale de recours a déclaré le recours de A._ irrecevable, subsidiairement mal fondé. Elle a estimé douteux que le courrier du Ministère public du 17 juillet 2013 vaille décision, car il ne faisait que constater la conformité du dossier aux normes de procédure pénale alors en vigueur. Même si tel était le cas, le refus de tenir un index des pièces de la procédure n'apparaissait pas être une décision sujette à recours en vertu de l'<ref-law>. Il faudrait, en tout état de cause, que la partie qui conteste ce refus en subisse un préjudice actuel et concret au sens de l'<ref-law>. Un tel préjudice était douteux, voire inexistant s'agissant, comme en l'espèce, d'une décision de refus, lorsque le Ministère public peut revenir en tout temps sur sa position. L'index, c'est-à-dire la table des matières, des pièces s'entendait de celles ayant valeur de moyens de preuve et ne devait pas être confondu avec la pagination du dossier qui est, en l'occurrence, effective jusqu'au 15 juillet 2010. L'absence d'index des pièces n'empêchait pas le recourant de présenter ses réquisitions de preuve. Celui-ci ne précisait au demeurant pas quelles pièces ayant valeur de moyens de preuve et devant, comme telles, être inventoriées auraient disparu. S'il veut déposer des pièces ayant valeur de moyens de preuve, il pourra toujours le faire contre récépissé et, même dans ce cas, le nombre ou la nature de ces pièces ne présenterait vraisemblablement pas une complexité telle que la direction de la procédure ne puisse pas se dispenser de les inventorier, au sens de l'art. 100 al. 2 in fine CPP. L'irrecevabilité du recours repose ainsi sur plusieurs motivations qu'il incombait au recourant de contester dans les formes requises. Or, celui-ci ne s'exprime pas sur la nature décisionnelle ou non du courrier du Ministère public du 17 juillet 2013. Il ne cherche pas davantage à établir en quoi la cour cantonale aurait fait preuve d'arbitraire ou violé d'une autre manière le droit en considérant que le refus de tenir un index des pièces n'était pas une décision sujette à recours au sens de l'<ref-law>. L'essentiel de son argumentation tend à établir qu'il subirait un préjudice concret et actuel du fait de l'absence de pagination du dossier depuis le 15 juillet 2010 auquel la tenue d'un index des pièces devait remédier. Le recours ne satisfait ainsi pas les exigences de motivation requises lorsque, comme en l'espèce, la décision attaquée se fonde sur plusieurs motivations (<ref-ruling> consid. 6.3 précité) et doit être déclaré irrecevable, sans autre mesure d'instruction. 3. La cause d'irrecevabilité étant manifeste, le présent arrêt sera rendu selon la procédure simplifiée prévue par l'<ref-law>. Les conclusions du recourant étant vouées à l'échec, il ne saurait être fait droit à sa requête tendant à la désignation d'un avocat d'office (cf. art. 64 al. 1 et 2 LTF). Compte tenu de l'indigence du recourant, l'arrêt sera rendu sans frais (art. 66 al. 1, deuxième phrase, LTF).
Par ces motifs, le Président prononce: 1. Le recours est irrecevable. 2. La demande d'assistance judiciaire est rejetée. 3. Il n'est pas perçu de frais judiciaires. 4. Le présent arrêt est communiqué au recourant ainsi qu'au Ministère public et à la Chambre pénale de recours de la Cour de justice de la République et canton de Genève. Lausanne, le 4 octobre 2013 Au nom de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président: Fonjallaz Le Greffier: Parmelin
CH_BGer_001
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2,014
de
Nach Einsicht in die Beschwerde vom 26. November 2013 gegen den Entscheid des Kantonsgerichts Basel-Landschaft, Abteilung Sozialversicherungsrecht, vom 29. August 2013, in die Verfügungen vom 12. Dezember 2013 und vom 24. Januar 2014 (Nachfrist bis zum 4. Februar 2014), mit welchen F._ zur Bezahlung eines Kostenvorschusses verpflichtet wurde, ansonsten auf das Rechtsmittel nicht eingetreten werde,
in Erwägung, dass die Beschwerdeführerin den Vorschuss auch innerhalb der Nachfrist nicht geleistet hat, dass deshalb gestützt auf <ref-law> im vereinfachten Verfahren nach <ref-law> auf die Beschwerde nicht einzutreten ist und in Anwendung von Art. 66 Abs. 1 zweiter Satz BGG auf die Erhebung von Gerichtskosten verzichtet wird,
erkennt die Einzelrichterin: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Kantonsgericht Basel-Landschaft, Abteilung Sozialversicherungsrecht, und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 14. Februar 2014 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Einzelrichterin: Glanzmann Der Gerichtsschreiber: Traub
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2,006
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. Y._ und Z._ (Beschwerdegegner) sind Gesamteigentümer der Liegenschaft L._ in H._ (Grundstück Nr. 000 Grundbuch H._). Die X._ Bauunternehmung GmbH (Beschwerdeführerin) schloss mit der vormaligen Eigentümerin des Grundstücks, der X._ Liegenschaften AG, einen schriftlichen Mietvertrag betreffend Büroräume und Werkhof in der Liegenschaft. Der Vertrag datiert vom 19. Juli 1999 und hält als Vertragsbeginn rückwirkend den 1. Juli 1998 fest. Er wurde im Grundbuch vorgemerkt und ging mit dem Erwerb der Liegenschaft Ende Oktober 2003 auf die Beschwerdegegner über. A. Y._ und Z._ (Beschwerdegegner) sind Gesamteigentümer der Liegenschaft L._ in H._ (Grundstück Nr. 000 Grundbuch H._). Die X._ Bauunternehmung GmbH (Beschwerdeführerin) schloss mit der vormaligen Eigentümerin des Grundstücks, der X._ Liegenschaften AG, einen schriftlichen Mietvertrag betreffend Büroräume und Werkhof in der Liegenschaft. Der Vertrag datiert vom 19. Juli 1999 und hält als Vertragsbeginn rückwirkend den 1. Juli 1998 fest. Er wurde im Grundbuch vorgemerkt und ging mit dem Erwerb der Liegenschaft Ende Oktober 2003 auf die Beschwerdegegner über. B. Am 17. November 2005 beantragten die Beschwerdegegner, die Beschwerdeführerin sei zu verpflichten, das von ihr ohne gültigen Rechtsgrund in Beschlag genommene Magazin im Erdgeschoss der Liegenschaft L._ , H._, sofort zu verlassen und zu räumen. Sie sei zu ermächtigen, polizeiliche Hilfe in Anspruch zu nehmen, falls die Beschwerdeführerin der richterlichen Anordnung nicht Folge leiste. Mit Entscheid vom 22. Dezember 2005 verpflichtete der Amtsgerichtspräsident II von Hochdorf die Beschwerdeführerin, spätestens bei Rechtskraft des Entscheids das Magazin ordnungsgemäss zu räumen, zu verlassen und die Schlüssel den Beschwerdegegnern abzugeben. Bei unbenütztem Ablauf der Frist seien die Beschwerdegegner berechtigt, unter Vorlage des Entscheids, versehen mit der Rechtskraftbescheinigung, bei der Kantonspolizei Luzern die polizeiliche Vollstreckung auf Kosten der Beschwerdeführerin zu verlangen. Zur Begründung führte der Amtsgerichtspräsident im Wesentlichen aus, der schriftliche Mietvertrag vom 19. Juli 1999 umschreibe das Magazin im Erdgeschoss nicht als Mietbestandteil. Gemäss diesem im Grundbuch vorgemerkten Mietvertrag bilde die in den Planbeilagen farbig eingetragene Fläche Mietobjekt. Auf den Planbeilagen sei das Magazin nicht farbig eingezeichnet. Ziff. 18 des Mietvertrages sehe zudem für Mietvertragsänderungen und mündliche Absprachen, welche diesen Vertrag betreffen, zu ihrer Gültigkeit die schriftliche Form vor. Die Behauptung der Beschwerdeführerin, das Magazin sei mitvermietet, sei nicht glaubhaft, weil der - mehr als ein Jahr zurückwirkende - Mietvertrag das Mietobjekt klar umschreibe, ohne dass das fragliche Magazin - gemäss Beschwerdeführerin ja seit Beginn des Mietverhältnisses am 1. Juli 1998 genutzt - in irgendeiner Form erwähnt worden sei. Aus dem gleichen Grund sei nicht glaubhaft, dass sich die ursprünglichen Parteien betreffend das Magazin über die eigene Formabrede hinweggesetzt hätten. Das Vorliegen eines Mietvertrages betreffend das Magazin sei mithin nicht glaubhaft gemacht. Eine allfällige prekaristische Gestattung zur Benützung des Magazins hätten die Beschwerdegegner jederzeit widerrufen können. Mit der Aufforderung, die Schlüssel für das Magazin bis spätestens 4. November 2005 abzugeben, sei die Benützung des Magazins durch die Beschwerdeführerin spätestens ab 4. November 2005 ohne Rechtsgrund erfolgt. Dagegen rekurrierte die Beschwerdeführerin erfolglos an das Obergericht des Kantons Luzern. Dieses bestätigte am 6. Februar 2006 den erstinstanzlichen Entscheid und setzte der Beschwerdeführerin eine Frist von 10 Tagen seit Zustellung des Entscheids für die Räumung des Magazins. Es schloss sich der Begründung des Amtsgerichtspräsidenten an. Dagegen rekurrierte die Beschwerdeführerin erfolglos an das Obergericht des Kantons Luzern. Dieses bestätigte am 6. Februar 2006 den erstinstanzlichen Entscheid und setzte der Beschwerdeführerin eine Frist von 10 Tagen seit Zustellung des Entscheids für die Räumung des Magazins. Es schloss sich der Begründung des Amtsgerichtspräsidenten an. C. Mit Eingabe vom 20. Februar 2006 erhob die Beschwerdeführerin staatsrechtliche Beschwerde und beantragte die Aufhebung des angefochtenen Entscheids und die Zurückweisung des Ausweisungsgesuchs. Ferner stellte sie den Antrag um Erteilung der aufschiebenden Wirkung der Beschwerde, den sie in der genannten Eingabe begründete. Innerhalb der Beschwerdefrist, am 13. März 2006, erneuerte und begründete sie den Antrag um Aufhebung des Entscheids des Obergerichts. Sodann beantragte sie, das staatsrechtliche Beschwerdeverfahren sei bis zum rechtskräftigen Abschluss des im ordentlichen Verfahren vor den luzernischen Mietgerichten durchgeführten Mietrechtsprozesses zu sistieren. Das Obergericht und die Beschwerdegegner beantragen Abweisung der Beschwerde, soweit darauf einzutreten sei. Letztere lehnen zudem die Sistierung des Verfahrens ab. Am 14. März 2006 reichte die Beschwerdeführerin zwei Bestätigungen von A._ vom 9. März 2006 im Original nach. Mit Schreiben vom 15. März 2006 nahm die Beschwerdeführerin unaufgefordert zu einer angeblich neuen Behauptung der Beschwerdegegner Stellung. Am 21. April 2006 reichte sie "zur Ergänzung des Verfahrens" ihre gleichentags beim Amtsgericht Hochdorf eingereichte Klageschrift ein, mit der sie eine ausserordentliche Kündigung des Mietvertrags vom 19. Juli 1999 durch die Beschwerdegegner angefochten hatte. Mit einem weiteren unaufgefordertem Schreiben vom 9. Mai 2006 bekräftigte sie ihren Sistierungsantrag. Am 14. März 2006 reichte die Beschwerdeführerin zwei Bestätigungen von A._ vom 9. März 2006 im Original nach. Mit Schreiben vom 15. März 2006 nahm die Beschwerdeführerin unaufgefordert zu einer angeblich neuen Behauptung der Beschwerdegegner Stellung. Am 21. April 2006 reichte sie "zur Ergänzung des Verfahrens" ihre gleichentags beim Amtsgericht Hochdorf eingereichte Klageschrift ein, mit der sie eine ausserordentliche Kündigung des Mietvertrags vom 19. Juli 1999 durch die Beschwerdegegner angefochten hatte. Mit einem weiteren unaufgefordertem Schreiben vom 9. Mai 2006 bekräftigte sie ihren Sistierungsantrag. D. Mit Präsidialverfügung vom 22. März 2006 wurde der Beschwerde die aufschiebende Wirkung erteilt.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. Zunächst ist zum Antrag der Beschwerdeführerin auf Sistierung des Verfahrens der staatsrechtlichen Beschwerde Stellung zu nehmen. Dieser wird im Wesentlichen damit begründet, dass das ordentliche Mietgerichtsverfahren Klarheit über die mietvertragliche Situation bringen werde und dass es sich herausstellen werde, ob die Beschwerdeführerin "zurecht gestützt auf eine mietvertragliche Vereinbarung zu nutzen berechtigt" sei. Für die Beschwerdegegner kommt eine Sistierung nicht in Frage, zumal zwischen dem Mietvertrag über den gesamten Werkhof und der widerrechtlichen Nutzung des Magazins kein Zusammenhang bestehe. Sie machen geltend, sie benötigten das Magazin dringend, um den längst geplanten und bewilligten Wohnungseinbau zu realisieren. Sie hätten den Mietern dieser neuen Wohnung eine Ersatzwohnung anbieten müssen, bis diese fertig gestellt sei. Aus dem von den Beschwerdegegnern ins Recht gelegten Entscheid der kantonalen Schlichtungsbehörde vom 24. März 2006 geht hervor, dass es in jenem Verfahren um die Gültigkeit der von den Beschwerdegegnern am 7. November 2005 ausgesprochenen ausserordentlichen Kündigung des Mietvertrages vom 19. Juli 1999 geht, nicht aber um die Nutzung des hier streitigen Magazins. Zwar besteht insofern ein Konnex, als das widerrechtlich genutzte Magazin neben anderen Gründen zur Rechtfertigung der ausserordentlichen Kündigung herangezogen wird und in diesem Zusammenhang als Vorfrage zu entscheiden ist, ob das Magazin Bestandteil des Mietvertrages bildet oder nicht. Der Streitgegenstand der beiden Verfahren ist aber nicht derselbe. Insbesondere berührt der Streitgegenstand des Verfahrens über die Gültigkeit der ausserordentlichen Kündigung auch die Frage nicht, ob die seitens der Beschwerdegegner vorgesehene Nutzung des vom Ausweisungsbegehren betroffenen Magazins den strittigen Mietvertrag verletzen würde, wie die Beschwerdeführerin weiter geltend macht. Über die hier zu entscheidende Frage kann ohne Abwarten der rechtskräftigen Erledigung jenes Verfahrens befunden werden. Ohnehin dürfte es noch einige Zeit dauern, bis in jenem Verfahren ein rechtskräftiger Entscheid vorliegt. Für eine Sistierung des vorliegenden Verfahrens besteht mithin kein Grund. Vielmehr haben die Beschwerdegegner Anspruch auf einen Entscheid innert angemessener Frist (<ref-law> und Art. 6 Abs. 1 EMRK). Der Sistierungsantrag ist demnach abzuweisen. Aus dem von den Beschwerdegegnern ins Recht gelegten Entscheid der kantonalen Schlichtungsbehörde vom 24. März 2006 geht hervor, dass es in jenem Verfahren um die Gültigkeit der von den Beschwerdegegnern am 7. November 2005 ausgesprochenen ausserordentlichen Kündigung des Mietvertrages vom 19. Juli 1999 geht, nicht aber um die Nutzung des hier streitigen Magazins. Zwar besteht insofern ein Konnex, als das widerrechtlich genutzte Magazin neben anderen Gründen zur Rechtfertigung der ausserordentlichen Kündigung herangezogen wird und in diesem Zusammenhang als Vorfrage zu entscheiden ist, ob das Magazin Bestandteil des Mietvertrages bildet oder nicht. Der Streitgegenstand der beiden Verfahren ist aber nicht derselbe. Insbesondere berührt der Streitgegenstand des Verfahrens über die Gültigkeit der ausserordentlichen Kündigung auch die Frage nicht, ob die seitens der Beschwerdegegner vorgesehene Nutzung des vom Ausweisungsbegehren betroffenen Magazins den strittigen Mietvertrag verletzen würde, wie die Beschwerdeführerin weiter geltend macht. Über die hier zu entscheidende Frage kann ohne Abwarten der rechtskräftigen Erledigung jenes Verfahrens befunden werden. Ohnehin dürfte es noch einige Zeit dauern, bis in jenem Verfahren ein rechtskräftiger Entscheid vorliegt. Für eine Sistierung des vorliegenden Verfahrens besteht mithin kein Grund. Vielmehr haben die Beschwerdegegner Anspruch auf einen Entscheid innert angemessener Frist (<ref-law> und Art. 6 Abs. 1 EMRK). Der Sistierungsantrag ist demnach abzuweisen. 2. Der angefochtene (bzw. der erstinstanzliche) Entscheid erging im Befehlsverfahren nach <ref-law>-LU und ist nicht berufungsfähig (<ref-ruling> E. 2e S. 96). Die subsidiäre staatsrechtliche Beschwerde (Art. 84 Abs. 2 OG) ist grundsätzlich zulässig. 2. Der angefochtene (bzw. der erstinstanzliche) Entscheid erging im Befehlsverfahren nach <ref-law>-LU und ist nicht berufungsfähig (<ref-ruling> E. 2e S. 96). Die subsidiäre staatsrechtliche Beschwerde (Art. 84 Abs. 2 OG) ist grundsätzlich zulässig. 3. Das Bundesgericht prüft im Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde nur klar und detailliert erhobene und, soweit möglich, belegte Rügen. In der Beschwerdeschrift sind die als verletzt behaupteten Bestimmungen im Einzelnen zu nennen. Überdies ist darzutun, inwiefern diese verletzt sein sollen (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG). Auf ungenügend begründete Rügen und rein appellatorische Kritik am angefochtenen Entscheid tritt das Bundesgericht nicht ein (<ref-ruling> E. 2.1, 258 E. 1.3). Macht der Beschwerdeführer - wie hier - eine Verletzung des Willkürverbots geltend, muss er in der Beschwerdeschrift im Einzelnen aufzeigen, inwiefern der Entscheid an einem qualifizierten und offensichtlichen Mangel leidet (<ref-ruling> E. 1.3 S. 262; <ref-ruling> E. 2). Dabei ist zu beachten, dass Willkür im Sinne von <ref-law> nach ständiger Rechtsprechung nicht schon dann vorliegt, wenn eine andere Lösung ebenfalls vertretbar erscheint oder gar vorzuziehen wäre. Das Bundesgericht hebt einen kantonalen Entscheid nur auf, wenn er offensichtlich unhaltbar ist, zur tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch steht, eine Norm oder einen unumstrittenen Rechtsgrundsatz krass verletzt oder in stossender Weise dem Gerechtigkeitsgedanken zuwiderläuft. Willkür liegt zudem nur vor, wenn nicht bloss die Begründung eines Entscheides, sondern auch das Ergebnis unhaltbar ist (<ref-ruling> E. 2; <ref-ruling> E. 2.1 mit Hinweisen). Diesen Begründungsanforderungen wird die Beschwerdeführerin nicht gerecht. Sie tut zunächst nicht rechtsgenüglich dar, inwiefern das Obergericht in krasser Weise gegen Bundesrecht, insbesondere gegen <ref-law> oder gegen den von ihr weiter angerufenen <ref-law>-LU verstossen haben soll, weil es die im zweitinstanzlichen Verfahren aufgelegten Beweisurkunden als unzulässige Noven aus dem Recht wies. Ohnehin steht die Untersuchungsmaxime nach <ref-law> einer Beschränkung der Kognition der zweiten Instanz durch ein Novenverbot nicht entgegen (<ref-ruling> E. 4a S. 239 mit Hinweisen). Im Weiteren breitet die Beschwerdeführerin in ihrer Beschwerdeschrift die eigene Darstellung des Sachverhalts aus und übt appellatorische Kritik am angefochtenen Urteil. Sie erläutert, wie die Beweise - einschliesslich der vom Obergericht aufgrund des Novenverbots nicht zugelassenen - ihrer Auffassung nach zu würdigen wären, als ob dem Bundesgericht die freie Prüfung aller Tat- und Rechtsfragen zukäme. Damit verfehlt sie die Begründungsanforderungen an eine Willkürrüge. Zudem verletzt sie das im staatsrechtlichen Beschwerdeverfahren grundsätzlich geltende Novenverbot, indem sie als Novum das nach dem angefochtenen Urteil datierende Schreiben von A._ vom 9. März 2006 einreicht (<ref-ruling> E. 6c S. 357; <ref-ruling> E. 2b, je mit Hinweise; Walter Kälin, Das Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde, 2. Aufl., Bern 1994, S. 370). Diesen Begründungsanforderungen wird die Beschwerdeführerin nicht gerecht. Sie tut zunächst nicht rechtsgenüglich dar, inwiefern das Obergericht in krasser Weise gegen Bundesrecht, insbesondere gegen <ref-law> oder gegen den von ihr weiter angerufenen <ref-law>-LU verstossen haben soll, weil es die im zweitinstanzlichen Verfahren aufgelegten Beweisurkunden als unzulässige Noven aus dem Recht wies. Ohnehin steht die Untersuchungsmaxime nach <ref-law> einer Beschränkung der Kognition der zweiten Instanz durch ein Novenverbot nicht entgegen (<ref-ruling> E. 4a S. 239 mit Hinweisen). Im Weiteren breitet die Beschwerdeführerin in ihrer Beschwerdeschrift die eigene Darstellung des Sachverhalts aus und übt appellatorische Kritik am angefochtenen Urteil. Sie erläutert, wie die Beweise - einschliesslich der vom Obergericht aufgrund des Novenverbots nicht zugelassenen - ihrer Auffassung nach zu würdigen wären, als ob dem Bundesgericht die freie Prüfung aller Tat- und Rechtsfragen zukäme. Damit verfehlt sie die Begründungsanforderungen an eine Willkürrüge. Zudem verletzt sie das im staatsrechtlichen Beschwerdeverfahren grundsätzlich geltende Novenverbot, indem sie als Novum das nach dem angefochtenen Urteil datierende Schreiben von A._ vom 9. März 2006 einreicht (<ref-ruling> E. 6c S. 357; <ref-ruling> E. 2b, je mit Hinweise; Walter Kälin, Das Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde, 2. Aufl., Bern 1994, S. 370). 4. Auf die staatsrechtliche Beschwerde kann mangels rechtsgenüglicher Begründung nicht eingetreten werden. Diesem Verfahrensausgang entsprechend ist die Gerichtsgebühr der Beschwerdeführerin aufzuerlegen (Art. 156 Abs. 1 OG). Sie hat die anwaltlich vertretenen Beschwerdegegner überdies für das bundesgerichtliche Verfahren zu entschädigen (Art. 159 Abs. 2 OG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Der Sistierungsantrag der Beschwerdeführerin wird abgewiesen. 1. Der Sistierungsantrag der Beschwerdeführerin wird abgewiesen. 2. Auf die staatsrechtliche Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Auf die staatsrechtliche Beschwerde wird nicht eingetreten. 3. Die Gerichtsgebühr von Fr. 2'000.- wird der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Die Gerichtsgebühr von Fr. 2'000.- wird der Beschwerdeführerin auferlegt. 4. Die Beschwerdeführerin hat die Beschwerdegegner für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 2'500.- zu entschädigen. 4. Die Beschwerdeführerin hat die Beschwerdegegner für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 2'500.- zu entschädigen. 5. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Luzern, I. Kammer als Rekursinstanz, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 15. Mai 2006 Im Namen der I. Zivilabteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
CH_BGer_004
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2,013
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Faits: A. Par décision du 4 avril 2012, le Service de la population du canton de Vaud (ci-après: le Service cantonal) a refusé de prolonger l'autorisation de séjour de X._, ressortissant camerounais né en 1987, et a prononcé son renvoi immédiat de Suisse. B. X._ a interjeté recours contre cette décision auprès de la Cour de droit administratif et public du Tribunal cantonal du canton de Vaud (ci-après: le Tribunal cantonal). Par courrier recommandé du 14 mai 2012, adressé au conseil de l'intéressé, le Tribunal cantonal a imparti à X._ un délai au 11 juin 2012 pour effectuer une avance de frais de 500 fr., sous peine d'irrecevabilité du recours. Par arrêt du 28 juin 2012, le Tribunal cantonal a déclaré le recours irrecevable pour défaut de paiement de l'avance de frais dans le délai prescrit. C. X._ forme un recours en matière de droit public, ainsi qu'un recours constitutionnel subsidiaire contre l'arrêt du 28 juin 2012, concluant, principalement, à sa réforme, en ce sens que le recours déposé devant le Tribunal cantonal est recevable et qu'il soit admis au fond, de sorte que l'autorisation de séjour serait prolongée et le renvoi annulé. Subsidiairement, il requiert le renvoi de la cause à l'autorité inférieure pour nouvelles instruction et décision au sens des considérants. Le Service cantonal renonce à se déterminer; l'Office fédéral des migrations n'a pas formulé d'observations. Le Tribunal cantonal se réfère aux considérants de l'arrêt attaqué. X._ a informé la Cour de céans sur divers aspects de la formation professionnelle qu'il avait accomplie. La demande d'octroi de l'effet suspensif présentée par le recourant a été admise par ordonnance du juge présidant du 30 juillet 2012. D. Parallèlement au présent recours, X._ a, le 3 juillet 2012, saisi le Tribunal cantonal d'une requête tendant à la restitution du délai imparti pour effectuer l'avance de frais requise, que ladite juridiction a rejetée par arrêt du 11 juillet 2012, confirmant l'arrêt d'irrecevabilité du 28 juin 2012. X._ a également formé un recours en matière de droit public et un recours constitutionnel subsidiaire à l'encontre de l'arrêt du 11 juillet 2012 (cause 2C_734/2012).
Considérant en droit: 1. Le Tribunal fédéral examine d'office sa compétence (<ref-law>). Il contrôle donc librement la recevabilité des recours qui lui sont soumis (<ref-ruling> consid. 1 p. 369; <ref-ruling> consid. 1 p. 43). 1.1 Dans le même acte (<ref-law>), le recourant a déposé à la fois un recours en matière de droit public et un recours constitutionnel subsidiaire. La question de savoir lequel de ces deux types de recours est ouvert peut toutefois demeurer indécise en l'espèce. En effet, que l'on examine le présent recours comme un recours en matière de droit public en application des <ref-law> ou comme un recours constitutionnel subsidiaire conformément aux <ref-law>, il n'y a, comme il sera vu, pas lieu d'entrer en matière. 1.2 Le dispositif de l'arrêt attaqué prononce l'irrecevabilité de la cause, de sorte que le présent recours ne peut porter que sur cette question, à l'exclusion du fond de l'affaire (<ref-ruling> consid. 3.1 p. 148; <ref-ruling> consid. 4 p. 241; arrêts 2C_869/2012 du 12 février 2013 consid. 1.3; 2D_39/2011 du 9 novembre 2011 consid. 1.2). En tant que le recourant, sous le couvert du droit à la protection de la vie privée et familiale (art. 13 al. 1 Cst. et art. 8 CEDH) et des normes gouvernant la révocation et l'octroi des autorisations en matière de droit des étrangers (art. 30 al. 1 let. b et art. 62 LEtr), reproche aux juges cantonaux de l'avoir indûment privé de son droit à pouvoir demeurer en Suisse, et qu'il conclut à la prolongation de l'autorisation de séjour en sa faveur, de même qu'à l'annulation de la décision de renvoi de Suisse, ses arguments et conclusions sont par conséquent irrecevables, car ils relèvent du fond. 1.3 En ce qui concerne les griefs relatifs à la recevabilité du recours formé devant le Tribunal cantonal, le recourant se plaint d'une violation des principes de l'interdiction de l'arbitraire et du formalisme excessif (art. 9 et 29 Cst.). D'après lui, l'arrêt entrepris ne pouvait, sans violer lesdites garanties, déclarer son recours irrecevable, dès lors que sa mère avait, par inadvertance excusable, versé l'avance de frais requise non pas sur le compte bancaire du Tribunal cantonal mais sur celui du conseil du recourant et que, s'apercevant de cette erreur, son avocat avait aussitôt, mais passé le délai imparti, transféré la somme correspondant à l'avance sur le compte de l'autorité. En d'autres termes, le recourant entend démontrer qu'il s'est trouvé sans sa faute dans l'incapacité de respecter le délai pour l'avance de frais, ce qui équivaut à une demande de restitution de délai. En d'autres termes, le recourant entend démontrer qu'il s'est trouvé sans sa faute dans l'incapacité de respecter le délai pour l'avance de frais, ce qui équivaut à une demande de restitution de délai. 1.4 1.4.1 D'après l'art. 86 al. 1 let. d LTF, le recours en matière de droit public et, sur renvoi de l'<ref-law>, le recours constitutionnel subsidiaire auprès du Tribunal fédéral sont en principe recevables contre les décisions des autorités cantonales de dernière instance. L'<ref-law> repose sur le principe de l'épuisement des instances cantonales, selon lequel le Tribunal fédéral ne doit pas se saisir d'une cause tant que tous les griefs peuvent encore être examinés, de façon effective, par une instance précédente (cf. arrêts 2C_982/2012 du 8 octobre 2012 consid. 3, RF 68/2013 p. 52; 2C_845/2011 du 17 octobre 2011 consid. 2, RF 67/2012 p. 76). Selon la jurisprudence, lorsque les griefs invoqués par le recourant tendent tous à démontrer qu'il s'est trouvé sans sa faute dans l'incapacité de respecter le délai pour l'avance de frais et visent, en définitive, à obtenir la restitution dudit délai, le recours immédiat contre la décision d'irrecevabilité auprès du Tribunal fédéral est en principe irrecevable. En pareil cas, il incombe en effet au recourant de saisir au préalable l'autorité qui est à l'origine de la décision d'irrecevabilité contestée d'une demande de restitution du délai (arrêts 2C_982/2012 du 8 octobre 2012 consid. 3, RF 68/2013 p. 52; 2C_845/2011 du 17 octobre 2011 consid. 2, RF 67/2012 p. 76; 2C_345/2010 du 10 mai 2010 consid. 2). Il sied de préciser à cet égard que la règle - qui est d'ailleurs concrétisée par la procédure administrative de la plupart des cantons - d'après laquelle celui qui a été empêché, sans sa faute, d'interjeter un recours dans le délai fixé peut demander la restitution de ce délai constitue un principe général du droit, découlant du principe de proportionnalité et de l'interdiction du formalisme excessif (art. 5 al. 2 et 29 al. 1 Cst.), dont peut se prévaloir tout justiciable (cf. <ref-ruling> consid. 2c p. 110; cf. <ref-ruling> consid. 5d p. 264 ss.; <ref-ruling> consid. 2 p. 299; arrêt 8C_50/2007 du 4 septembre 2007 consid. 4.2). 1.4.2 Parallèlement aux recours qu'il a interjetés contre l'arrêt d'irrecevabilité du 28 juin 2012, X._ a, le 3 juillet 2012, déposé une telle requête en restitution de délai auprès de l'autorité vaudoise devant laquelle le délai n'avait pas été observé, soit devant le Tribunal cantonal. Par arrêt du 11 juillet 2012, les juges cantonaux ont non seulement rejeté la requête en restitution de délai, mais ont de plus confirmé l'arrêt d'irrecevabilité du 28 juin 2012. Cela signifie que le Tribunal cantonal a, en l'endossant, substitué cette dernière décision par l'arrêt du 11 juillet 2012, que le recourant a par ailleurs porté devant la Cour de céans en formulant des griefs formels semblables à ceux développés dans ses recours sous examen. En pareilles circonstances, force est de relever qu'à l'encontre de l'arrêt d'irrecevabilité du 28 juin 2012, le recourant a disposé d'un moyen de droit ordinaire sur le plan cantonal qu'il lui fallait utiliser préalablement à tout recours devant le Tribunal fédéral. Il en a d'ailleurs fait usage dans le cadre d'une procédure parallèle devant le Tribunal cantonal, dont l'issue - défavorable au recourant - est traitée par le Tribunal fédéral dans l'arrêt 2C_734/2012 rendu le même jour. Il s'ensuit que, bien que l'arrêt litigieux ait été rendu en dernière instance cantonale par un tribunal supérieur (cf. art. 86 al. 1 let. d et al. 2 LTF), le recourant ne pouvait, sans contredire l'exigence de l'épuisement des instances cantonales, contester l'arrêt cantonal du 28 juin 2012 directement devant le Tribunal fédéral. Les présents recours doivent par conséquent être déclarés irrecevables. 2. En conclusion, en tant qu'ils n'ont pas épuisé les instances cantonales, tant le recours en matière de droit public que le recours constitutionnel subsidiaire interjetés contre l'arrêt cantonal du 28 juin 2012 sont irrecevables. Dès lors que le recourant a, parallèlement aux présents recours, saisi le Tribunal cantonal d'une requête en restitution du délai, que cette autorité a rejetée, il est inutile de transmettre la cause au Tribunal cantonal comme objet de sa compétence. Succombant, le recourant doit supporter les frais judiciaires (art. 65 et 66 al. 1 LTF). Il ne sera pas alloué de dépens (art. 68 al. 1 et 3 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours en matière de droit public et le recours constitutionnel subsidiaire sont irrecevables. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 1'000 fr., sont mis à la charge du recourant. 3. Le présent arrêt est communiqué aux mandataires du recourant, au Service de la population du canton de Vaud, au Tribunal cantonal du canton de Vaud, Cour de droit administratif et public, et à l'Office fédéral des migrations. Lausanne, le 25 mars 2013 Au nom de la IIe Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président: Zünd Le Greffier: Chatton
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2,011
fr
Faits: A. Par contrat du 3 septembre 1981, Y._a pris à bail un appartement de 4 pièces dans un immeuble sis à Genève. A une date indéterminée, X._ est devenue propriétaire de l'immeuble et bailleresse de Y._(ci-après: le locataire). En avril 2008, le loyer mensuel s'élevait à 1'297 fr. et les charges à 155 fr. (provision mensuelle pour chauffage). Le terme d'échéance annuelle était fixé au 30 septembre, le préavis de congé étant de trois mois. Par courrier du 4 avril 2008, la régie représentant la bailleresse a informé le locataire de son projet de facturer séparément les frais accessoires afin de ne lui décompter que la consommation effective d'énergie et les services utilisés dans l'immeuble. Elle a expliqué qu'une telle modification nécessitait de déduire du loyer net la part correspondant aux frais accessoires, comme cela était déjà le cas pour les frais de chauffage et d'eau chaude. Le 6 mai 2008, la régie a tenu une séance d'information à laquelle le locataire a pris part. Par la suite, la bailleresse, représentée par la régie, a notifié au locataire un "avis de majoration de loyer ou d'autres modifications du bail donné au locataire en application de l'article 269d du code des obligations". L'avis donné au moyen de la formule officielle, daté du 26 mai 2008, indiquait notamment ce qui suit: "(...) Ancien loyer annuel: dès le: Charges (provisions pour chauffage) Fr. 15'564.00 01.10.2000 Fr. 1'860.00 A. En application de l'<ref-law>, nous vous communiquons la hausse de loyer suivante: Nouveau loyer annuel: Fr. 13'116.00 du 01.10.2008 (...) B. En application de l'<ref-law>, nous vous communiquons les modifications du bail suivantes: 1. Nouvelle échéance du bail proposée, avec reconduction éventuelle selon clause du bail: le 30.09.2008 2. Charges (provisions pour chauffage): Fr. 1'860.00. 3. Divers: Provisions annuelles pour frais accessoires : Fr. 1'728.00, coût effectif uniquement des postes suivants: consommation de courant des installations techniques et/ou communes, consommation d'eau générale de l'immeuble et de ses habitants, frais de conciergerie (salaire, charges sociales et matériel) et d'entretien des jardins, des extérieurs et des surfaces communes, déblaiement de la neige, contributions publiques liées à l'usage de l'objet loué, telles que frais d'éclairages des voies d'accès, taxes de base et enlèvement des ordures, droits d'eau et taxes d'épuration des eaux, frais d'exploitation pour les installations techniques et/ou communes, ventilation et leur entretien, contrôle de désinsectisation, frais d'exploitation des ascenseurs (abonnements, électricité, éclairage), frais de buanderie, frais relatifs au service du téléréseau, de réception par antenne parabolique, câbles, fibres optiques, pour la retransmission des ondes radio et télévision, sécurité incendie (transmission d'appel ou d'alarme à distance), service de tout système de détection et d'extinction), systèmes d'accès (telpass, codes à touches), frais et honoraires de décompte et de répartition des charges, TVA sur les postes précités. Motifs précis de la majoration ou des modifications ci-dessus: - Baisse de loyer de 4,62%, calculée sur la base de l'évolution des critères relatifs (variation de l'ISPC de + 3,09%, variation du taux hypothécaire de - 10,71%, hausse des charges d'exploitation de + 3%). - Introduction d'une provision pour les frais accessoires susmentionnés, moyennant une réduction proportionnelle du nouveau loyer. Souhait du bailleur de bien distinguer les frais accessoires, liés à l'usage des locaux loués, du loyer net, de manière à ne facturer pour les frais accessoires que les coûts effectifs, art. 257a et 257b CO; art. 4 & 8 OBLF. (...)" Les deux dernières rubriques "3. Divers" et "Motifs précis de la majoration ou des modifications ci-dessus" étaient remplies en petits caractères d'imprimerie difficilement lisibles. B. B.a Le 25 juin 2008, le locataire a saisi la Commission de conciliation en matière de baux et loyers du canton de Genève puis, le 22 octobre 2008, a déposé sa requête non conciliée devant le Tribunal des baux et loyers. Le 10 novembre 2008, la bailleresse a également saisi le Tribunal des baux et loyers d'une "demande en validation de baisse de loyer et d'autres modifications du bail". Selon les dernières conclusions des parties devant cette instance, le locataire demandait à ce que le loyer mensuel soit fixé à 1'237 fr., conformément à la baisse de loyer de 4,62% calculée par la bailleresse, non compris les provisions pour le chauffage et l'eau chaude. Quant à la bailleresse, elle requérait que le tribunal lui donne acte de sa renonciation à appliquer la baisse de loyer de 4,62% contenue dans l'avis du 26 mai 2008 et qu'il fixe le loyer mensuel à 1'153 fr. dès le 1er octobre 2008, non compris les charges mensuelles de 155 fr. pour le chauffage et de 144 fr. pour frais accessoires nouveaux. Par jugement du 25 mai 2010, la 4ème Chambre du Tribunal des baux et loyers a fixé le loyer mensuel à 1'237 fr. dès le 1er octobre 2008, charges (provisions chauffage/eau chaude) non comprises, et a débouté les parties de toutes autres conclusions. B.b La bailleresse a requis l'annulation de ce jugement par la Chambre d'appel en matière de baux et loyers. Elle a de surcroît invité cette autorité à constater que l'introduction d'une provision pour frais accessoires contenue dans l'avis du 26 mai 2008 était licite et que le locataire devait donc payer, outre la provision mensuelle de 155 fr. pour le chauffage, une provision de 144 fr. par mois dès le 1er octobre 2008 pour les frais accessoires tels qu'énumérés dans l'avis du 26 mai 2008 (supra let. A). La Cour d'appel a précisé en substance que la bailleresse ne contestait pas la diminution de loyer de 1'297 fr. à 1'237 fr. [- 4,62%] entérinée par les premiers juges et que la question litigieuse portait sur l'introduction d'acomptes pour certains frais accessoires, avec réduction proportionnelle du loyer. Le locataire a conclu au rejet. Suivant les conclusions du locataire, la cour cantonale, par arrêt du 17 janvier 2011, a rejeté l'appel. C. La bailleresse (ci-après: la recourante) interjette un recours en matière civile auprès du Tribunal fédéral. Elle conclut à l'annulation de l'arrêt de la Chambre d'appel et persiste dans les conclusions prises devant cette autorité, en requérant de surcroît qu'il lui soit donné acte de ce que le loyer est en contrepartie réduit de 1'237 fr. à 1'093 fr. par mois, charges pour chauffage et eau chaude non comprises. Le locataire (ci-après: l'intimé) conclut au rejet du recours. L'autorité précédente se réfère à son arrêt.
Considérant en droit: 1. S'agissant d'une affaire de bail à loyer, le recours n'est recevable que si la valeur litigieuse s'élève au moins à 15'000 fr. (<ref-law>). En l'occurrence, restaient litigieux devant l'autorité précédente (cf. <ref-law>) les frais accessoires que la recourante souhaitait extraire du loyer net pour les facturer séparément à l'intimé en percevant une provision mensuelle de 144 fr. Il s'agit de prestations périodiques de durée indéterminée puisque le bail est reconductible tacitement (cf. <ref-law> et <ref-ruling> consid. 2b). Dans un tel cas, la valeur litigieuse est déterminée par le montant annuel de la prestation multiplié par vingt (<ref-law>). Il s'ensuit que la valeur litigieuse minimale est atteinte (144 x 12 = 1'728 x 20 = 34'560 fr.), comme l'a du reste indiqué l'autorité précédente sans donner lieu à une critique de l'une ou l'autre partie. Pour le surplus, le présent recours est formé par une partie ayant pris part à l'instance précédente et ayant succombé dans ses conclusions (<ref-law>). Dirigé contre un jugement final (<ref-law>) rendu par une autorité cantonale de dernière instance (<ref-law>), déposé dans le délai (<ref-law>) et la forme (<ref-law>) prévus par la loi, il est en principe recevable. 2. 2.1 Le recours en matière civile peut être formé pour violation du droit tel que défini aux art. 95 et 96 LTF. Le Tribunal fédéral revoit librement l'application du droit fédéral (cf. <ref-law>); n'étant pas lié par l'argumentation des parties, il s'en tient cependant, d'ordinaire, aux questions de droit que la partie recourante soulève conformément aux exigences légales relatives à la motivation du recours (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 1.4). En revanche, il n'examine la violation de droits constitutionnels ou de dispositions du droit cantonal que s'il se trouve saisi d'un grief invoqué et motivé de manière circonstanciée (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 2.2). 2.2 Le Tribunal fédéral ne peut s'écarter des constatations contenues dans l'arrêt attaqué que si les faits ont été établis de façon manifestement inexacte - notion qui équivaut à celle d'arbitraire (<ref-ruling> consid. 4.1.2) - ou en violation du droit au sens de l'<ref-law> (<ref-law>). La correction du vice doit être susceptible d'influer sur le sort de la cause (<ref-law>). 2.3 Aucun fait nouveau ni preuve nouvelle ne peut être présenté dans un recours au Tribunal fédéral, sauf à résulter de la décision de l'autorité précédente (<ref-law>). La règle selon laquelle le Tribunal fédéral est juge du droit et non du fait connaît une exception lorsque la décision de l'autorité précédente, pour la première fois, rend pertinents ces faits ou moyens de preuve (arrêt 4A_536/2010 du 1er décembre 2010 consid. 2.1). Ceux-ci peuvent se rapporter à la régularité de la procédure devant l'instance précédente (p. ex. violation du droit d'être entendu lors de l'instruction), à la recevabilité du recours au Tribunal fédéral (p. ex. date de notification de la décision attaquée), ou encore être destinés à contrer une argumentation de l'autorité précédente objectivement imprévisible pour les parties avant la réception de la décision (Message du 28 février 2001 concernant la révision totale de l'organisation judiciaire fédérale, FF 2001 4137 ch. 4.1.4.3). En l'occurrence, la recourante a produit des décomptes de frais accessoires et des tableaux de répartition des dépenses pour la période du 1er octobre 2008 au 30 septembre 2010 (chiffre IV de son bordereau de pièces complémentaires). Ces pièces sont irrecevables, les conditions restrictives de l'<ref-law> n'étant pas réalisées; la recourante ne saurait sérieusement prétendre que la question de l'adéquation de la provision demandée par rapport aux frais effectifs encourus constitue un élément objectivement imprévisible, alors que l'intimé soulevait déjà le problème dans son mémoire-réponse du 19 juin 2009. 3. 3.1 La recourante se plaint d'une violation de l'<ref-law> (RS 221.213.11). L'autorité précédente aurait exigé à tort que l'avis du 26 mai 2008 contienne des calculs pour chaque poste de frais accessoires et permette de comparer les frais inclus dans le loyer net avec les nouveaux frais facturés séparément. Outre que de telles exigences seraient impraticables sur une formule officielle, la Cour d'appel se serait écartée de la loi et de la jurisprudence relatives à la motivation qui doit accompagner une modification unilatérale du bail. La recourante fait observer qu'en cas d'augmentation de loyer, la formule officielle n'a pas à fournir le détail du calcul de rendement ou du calcul "relatif". De l'<ref-law> - qui permet au locataire d'exiger des chiffres précis en cas de hausse de loyer fondée sur une augmentation des coûts ou sur une amélioration créant une plus-value -, il faudrait déduire a contrario que des calculs précis n'avaient pas à figurer sur l'avis litigieux. La recourante aurait suffisamment renseigné l'intimé sur le calcul des nouvelles provisions grâce aux pièces produites en première instance cantonale. 3. 3.1 La recourante se plaint d'une violation de l'<ref-law> (RS 221.213.11). L'autorité précédente aurait exigé à tort que l'avis du 26 mai 2008 contienne des calculs pour chaque poste de frais accessoires et permette de comparer les frais inclus dans le loyer net avec les nouveaux frais facturés séparément. Outre que de telles exigences seraient impraticables sur une formule officielle, la Cour d'appel se serait écartée de la loi et de la jurisprudence relatives à la motivation qui doit accompagner une modification unilatérale du bail. La recourante fait observer qu'en cas d'augmentation de loyer, la formule officielle n'a pas à fournir le détail du calcul de rendement ou du calcul "relatif". De l'<ref-law> - qui permet au locataire d'exiger des chiffres précis en cas de hausse de loyer fondée sur une augmentation des coûts ou sur une amélioration créant une plus-value -, il faudrait déduire a contrario que des calculs précis n'avaient pas à figurer sur l'avis litigieux. La recourante aurait suffisamment renseigné l'intimé sur le calcul des nouvelles provisions grâce aux pièces produites en première instance cantonale. 3.2 3.2.1 En matière de baux d'habitations et de locaux commerciaux, on entend par frais accessoires les dépenses effectives du bailleur pour des prestations en rapport avec l'usage de la chose, telles que frais de chauffage, d'eau chaude et autres frais d'exploitation, ainsi que les contributions publiques qui résultent de l'utilisation de la chose (<ref-law>). De tels frais ne sont à la charge du locataire que si cela a été convenu spécialement (<ref-law>); dans ce cas, les parties peuvent prévoir un système forfaitaire ou un système fondé sur les coûts effectifs, avec versement d'un acompte à valoir sur le décompte final (<ref-law>; DAVID LACHAT, Le bail à loyer, 2008, p. 336 nos 2.4 et 2.5). A défaut de convention, ces frais sont compris dans le loyer (<ref-ruling> consid. 2a/aa). En cours de contrat, le bailleur peut décider de modifier le régime des frais accessoires, en particulier de facturer séparément au locataire des frais accessoires jusque-là inclus dans le montant du loyer ou de facturer des frais nouvellement survenus. Il doit toutefois procéder conformément à l'<ref-law>, et le locataire peut contester la modification s'il la juge abusive (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 2a/bb et consid. 3; LACHAT, op. cit., p. 336 s. nos 3.1 et 3.2). Selon l'art. 269d al. 1 et 2 CO, l'avis de majoration du loyer, avec indication des motifs, doit parvenir au locataire dix jours au moins avant le début du délai de résiliation et être effectué au moyen d'une formule agréée par le canton; la majoration de loyer est nulle lorsqu'elle n'est pas notifiée au moyen de la formule officielle, que les motifs ne sont pas indiqués ou qu'elle est assortie d'une résiliation ou d'une menace de résiliation. Ces règles s'appliquent dans la même mesure à la modification unilatérale au détriment du locataire consistant par exemple à facturer séparément les frais accessoires précédemment inclus dans le loyer (<ref-law> et <ref-ruling> consid. 4a). L'<ref-law> exige que la formule destinée à communiquer au locataire la modification unilatérale du contrat contienne la désignation des prétentions, la date de leur entrée en vigueur, les motifs précis justifiant ces prétentions (al. 1 let. b), ainsi que les conditions légales dans lesquelles le locataire peut contester le bien-fondé de la prétention, la liste des autorités de conciliation existant dans le canton et leur compétence à raison du lieu (al. 1 let. c). Si le motif figure dans une lettre d'accompagnement, le bailleur doit se référer expressément à cette lettre dans la formule officielle (al. 1bis); un tel mode de procéder était auparavant prohibé par la jurisprudence (cf. <ref-ruling> consid. 3b). Selon la jurisprudence, l'<ref-law> prescrit une forme écrite qualifiée qui s'étend à la motivation de la modification annoncée. Les renseignements donnés par un autre moyen peuvent préciser ou servir à l'interprétation des motifs mentionnés sur l'avis formel - ou sur l'annexe, conformément à l'<ref-law> -, mais non les étendre ni remplacer une indication omise. Les motifs doivent être précis; ils doivent permettre au locataire de saisir la portée et la justification de la modification de manière à pouvoir apprécier en pleine connaissance de cause l'opportunité de la contester ou non (<ref-ruling> consid. 3a et 460 consid. 4a/bb et cc; <ref-ruling> consid. 2a; plus récemment, arrêt 4A_409/2009 du 1 février 2010 consid. 2.1). La motivation telle qu'indiquée dans la formule officielle constitue une manifestation de volonté du bailleur (arrêt 4C.245/1999 du 3 janvier 2000 consid. 3a, in mp 2000 p. 27; <ref-ruling> consid. 2b). Si le locataire et le bailleur ne sont pas d'accord sur le sens ou la portée de cette communication, il faut l'interpréter selon le principe de la confiance; sont prises en compte les facultés de compréhension du locataire et toutes les circonstances du cas particulier (<ref-ruling> consid. 4a/cc; arrêt 4A_409/2009 précité, ibidem). La motivation de la modification est insuffisante lorsqu'elle n'indique pas à quels frais jusque-là inclus dans le loyer correspondent les frais qui seront désormais facturés séparément; le locataire ne peut se faire une idée de la portée de la modification que s'il a connaissance des montants précédemment dépensés par le bailleur pour les frais qui seront désormais perçus séparément. L'exigence de précision implique non seulement de désigner en détail quels frais accessoires seront à l'avenir facturés directement au locataire, mais aussi de faire apparaître quelle incidence revêt la distraction des frais sur la structure du loyer. On ne saurait renvoyer le locataire à consulter les bases de calcul internes du bailleur, sauf à méconnaître le sens de l'obligation de motiver (arrêt 4C.137/1999 du 23 août 1999 consid. 2b et 2c, in MRA 2000 p. 301). En bref, le locataire doit être en mesure de déterminer si le montant du nouvel acompte correspond à des coûts effectifs, respectivement si le loyer va subir une augmentation (cf. <ref-ruling> consid. 4b). La modification unilatérale qui ne comporte aucune motivation ou qui n'est pas motivée de façon suffisamment précise est nulle (arrêts 4C.330/2002 du 31 janvier 2003 consid. 3.1, in MRA 2003 p. 39; 4C.245/1999 précité consid. 3a; 4C.137/1999 précité consid. 2d, concernant un cas de nullité partielle; <ref-ruling> consid. 3b et 460 consid. 4a/cc). 3.2.2 La doctrine a émis des critiques sur cette jurisprudence qui serait contraire à la lettre de l'<ref-law>, lequel ne prévoit la nullité que si les motifs ne sont pas indiqués. Une telle pratique créerait des problèmes de sécurité du droit dès lors qu'il serait difficile de déterminer si une motivation est suffisamment précise ou non. Il est aussi objecté que l'<ref-law>, en exigeant l'indication de motifs précis, va plus loin que l'<ref-law> (SVIT-Kommentar, Das schweizerische Mietrecht, 3e éd. 2008, n° 33 ss ad <ref-law>; SOMMER/OBERLE, Der Mietzins, 3e éd. 2007, p. 67; PHILIPPE RICHARD, Les frais accessoires au loyer dans les baux d'habitations et de locaux commerciaux, in 12e Séminaire sur le droit du bail, Neuchâtel 2002, p. 22). Pour certains auteurs, le locataire qui estime la motivation pas assez précise devrait à tout le moins agir dans le délai de contestation de l'<ref-law> (SVIT-Kommentar, op. cit., n° 35 ad <ref-law>; ROGER WEBER, in Basler Kommentar, Obligationenrecht I, 4e éd. 2007, n° 7b ad <ref-law>; critique sur cette proposition, PETER HIGI, Zürcher Kommentar, 4e éd. 1998, n° 118 ad <ref-law>). 3.3 En l'occurrence, l'avis litigieux du 26 mai 2008 annonce l'introduction d'une provision annuelle de 1'728 fr. [soit 144 fr. par mois] pour divers frais accessoires, moyennant une réduction proportionnelle du nouveau loyer. Comme le relève l'autorité intimée, l'avis officiel ne comporte aucune indication permettant de comparer les frais accessoires inclus dans le loyer net avec les "nouveaux" frais accessoires que la recourante entend désormais facturer séparément. Le locataire n'a pas d'élément lui permettant d'apprécier dans quelle mesure le montant de la provision correspond aux coûts effectifs qu'il devra assumer; la simple précision selon laquelle le loyer est réduit proportionnellement aux acomptes exigés ne lui permet de tirer aucune conclusion à cet égard. S'il n'est certes pas possible de chiffrer avec exactitude le coût futur des frais liés à l'usage (SVIT-Kommentar, op. cit., n° 26 ad <ref-law>), le locataire doit à tout le moins être renseigné sur les coûts qu'ils ont générés jusque-là. L'avis litigieux ne permet pas non plus de savoir si de nouveaux frais sont introduits par rapport à ceux qui étaient inclus dans le loyer. Il importe peu que la recourante ait fourni en cours de procédure cantonale des pièces propres à donner de tels renseignements, respectivement qu'elle ait donné des explications orales et écrites aux locataires avant la notification de la formule officielle. La portée et les motifs de la modification doivent en effet impérativement revêtir la forme écrite qualifiée, cas échéant en faisant usage de la faculté offerte par l'<ref-law>. La doctrine propose des modèles de formulations relativement brèves qui permettent toutefois au locataire de percevoir la portée d'une modification telle que celle envisagée par la recourante (cf. SVIT-Kommentar, op. cit., n° 68 ad <ref-law>, cité par BEAT ROHRER, Nebenkosten, MRA 2008 p. 109; SOMMER/OBERLE, op. cit., p. 89; ces modèles n'envisagent pas l'introduction de frais nouveaux). En bref, l'avis officiel ne permettait pas à l'intimé d'apprécier si la modification requise par la recourante était économiquement neutre ou si elle impliquait une augmentation de loyer, voire l'introduction de nouveaux coûts. La recourante établit à tort un parallèle avec l'exigence de motivation en cas de hausse de loyer fondée sur une augmentation des coûts ou une amélioration avec plus-value. Dans une telle hypothèse, la comparaison de l'ancien et du nouveau loyer permet sans autre de mesurer la portée de la modification, de sorte qu'il n'est pas nécessaire que l'avis officiel contienne le calcul précis à l'origine de la hausse (cf. <ref-law>). Dans le cas d'espèce, la comparaison des deux loyers n'offre pas une information suffisante puisque le locataire ignore quels frais effectifs l'ancien loyer servait à couvrir. L'autorité précédente n'a ainsi pas enfreint le droit fédéral en considérant que la modification relative aux frais accessoires était nulle. Indépendamment des débats sur la nature consensuelle ou non de la modification signifiée par le bailleur, il faut admettre que cette faculté consacrée à l'<ref-law> est étroitement liée au droit de contestation du locataire (cf. SVIT-Kommentar, op. cit., n° 3 ad <ref-law>; WEBER, op. cit., nos 1 et 1a ad <ref-law>; cf. aussi HIGI, op. cit., n° 153 des remarques préliminaires aux art. 269-270e CO; <ref-ruling> consid. 3). Si le locataire renonce à faire valoir le caractère abusif de la modification, il doit le faire en connaissance de cause. Tel ne peut pas être le cas lorsque la portée même de la modification n'est pas discernable. La sanction ne saurait différer de celle prévue pour l'hypothèse où l'étendue de la modification apparaît clairement mais où les motifs qui la justifient ne sont pas précisés. 3.4 La recourante soulève encore des griefs à l'encontre d'autres motifs qui ont conduit l'autorité précédente à constater la nullité de la modification relative aux frais accessoires. Ces moyens sont toutefois privés d'objet dès lors que le vice relevé ci-dessus appelle à lui seul une telle sanction. 3.5 Pour le surplus, la recourante ne prétend pas que le vice affectant la modification relative aux frais accessoires aurait dû entraîner la nullité de toutes les modifications signifiées par avis du 26 mai 2008; elle n'a du reste pas remis en cause la réduction de loyer à 1'237 fr. annoncée par formule officielle et entérinée par les juges de première instance. Le recours doit ainsi être rejeté. 4. La recourante, qui succombe, supportera les frais judiciaires et versera à l'intimé une indemnité à titre de dépens (art. 66 al. 1 et art. 68 al. 1 et 2 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 2'000 fr., sont mis à la charge de la recourante. 3. La recourante versera à l'intimé une indemnité de 2'500 fr. à titre de dépens. 4. Le présent arrêt est communiqué aux mandataires des parties et à la Chambre d'appel en matière de baux et loyers du canton de Genève. Lausanne, le 10 juin 2011 Au nom de la Ire Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse La Présidente: Klett La Greffière: Monti
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2,001
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Art. 9 und 29 BV (Gestaltungsplan "Hansmatt"), hat sich ergeben: A.- Am 19. Juni 1997 reichte G._ dem Gemeinderat Stans den Gestaltungsplan Hansmatt, Parzelle Nr. 390, GB Stans, zur Behandlung und Bewilligung ein. Am 18. Juli 1997 liess der Gemeinderat Stans diesen im Amtsblatt öffentlich auflegen. Am 14. August 1997 erhob W._ Einsprache, wobei er unter anderem beantragte, den Gestaltungsplan nur unter der Auflage zu genehmigen, dass: "1.1. die Ein- und Ausfahrt der geplanten Tiefgaragen, die Gebäudesektoren A1,A2,B1,B2,D,C,E1 und E2 sowie die oberirdischen Besucher-Parkplätze via Hansmatt(-strasse) u n d Fronhofstrasse erschlossen werden; 1.2.eine genügende Einspurstrecke von Stansstad in die Hansmatt(-strasse) erstellt und die Einspurstrecke von Stans her ausgebaut wird; " Am 21. September 1998 hiess der Gemeinderat Stans die Einsprache von W._ teilweise gut, lehnte sie jedoch in Bezug auf die Ziff. 1.1. und 1.2 ab bzw. trat darauf mangels Zuständigkeit nicht ein. Im Übrigen bewilligte er den Gestaltungsplan Hansmatt unter Bedingungen und Auflagen. Die Baudirektion des Kantons Nidwalden wies die Beschwerde W._s gegen diesen Entscheid am 17. August 1999 ab. Das Verwaltungsgericht des Kantons Nidwalden wies die Verwaltungsgerichtsbeschwerde W._s gegen den Entscheid der Baudirektion am 13. November 2000 ab. B.- Mit staatsrechtlicher Beschwerde wegen Verletzung von Art. 9 und Art. 29 BV beantragt W._, das verwaltungsgerichtliche Urteil aufzuheben. C.- Die Gemeinde Stans und das Verwaltungsgericht verzichten auf Vernehmlassung. Die Einfache Gesellschaft B._ beantragt mit eingehender Begründung, die Beschwerde abzuweisen. D.- Auf Anfrage des Instruktionsrichters hin teilt die Baudirektion mit, der Gestaltungsplan Hansmatt sei noch nicht genehmigt.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1.- Nach Art. 84 Abs. 1 OG kann gegen kantonale Erlasse und Verfügungen (Entscheide) staatsrechtliche Beschwerde erhoben werden. Ein solcher anfechtbarer Hoheitsakt liegt vor, wenn dadurch die Rechtsstellung des Bürgers in verbindlicher Weise festgelegt wird. Der vorliegend umstrittene Gestaltungsplan Hansmatt ist ein Nutzungsplan (Art. 12 Ziff. 2 des Nidwaldner Baugesetzes vom 24. April 1988; BG), welcher der Genehmigung durch die zuständige Direktion bedarf (Art. 28 Abs. 2 BG) und mit dieser Genehmigung in Kraft tritt (Art. 100 Abs. 4 BG; Art. 26 Abs. 1 und 3 RPG). Diese liegt noch nicht vor. Rechtsmittelentscheide über Nutzungspläne, die, wie der angefochtene, vor deren Genehmigung ergingen, sind keine Endentscheide im Sinne von Art. 84 Abs. 1 OG, sondern lediglich Schritte auf dem Weg zur rechtsverbindlichen Festsetzung des Nutzungsplanes und damit Zwischenentscheide. Von hier nicht zutreffenden Ausnahmen abgesehen, die sich aus den Besonderheiten der kantonalen Rechtsmittelordnung bzw. unterschiedlichen Auffassungen der kantonalen Rechtsmittel- und Genehmigungsinstanzen darüber ergeben können, bewirken sie für die Betroffenen keinen nicht wiedergutzumachenden Nachteil im Sinne von Art. 87 Abs. 2 OG und sind daher mit staatsrechtlicher Beschwerde nicht anfechtbar (Entscheid des Bundesgerichts vom 22. November 2000 in ZBl 102/2001 S. 383 zu einem Urteil des Zürcher Verwaltungsgerichts vom 11. Februar 1999 in ZBl 100/1999 S. 491; <ref-ruling> E. 2a; <ref-ruling> E. 2a). Auf die Beschwerde ist daher nicht einzutreten. 2.- Bei diesem Ausgang des Verfahrens trägt der Beschwerdeführer die Kosten (Art. 156 Abs. 1 OG). Ausserdem hat er die privaten Beschwerdegegnerschaft für das bundesgerichtliche Verfahren angemessen zu entschädigen (Art. 159 Abs. 1 und 2 OG).
Demnach erkennt das Bundesgericht im Verfahren nach Art. 36a OG: 1.- Auf die staatsrechtliche Beschwerde wird nicht eingetreten. 2.- Die Gerichtsgebühr von Fr. 1'000.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 3.- Der Beschwerdeführer hat der Einfachen Gesellschaft B._ für das bundesgerichtliche Verfahren eine Entschädigung von Fr. 500.-- zu bezahlen. 4.- Dieses Urteil wird den Parteien, der Politischen Gemeinde Stans, der Baudirektion und dem Verwaltungsgericht (Verwaltungsabteilung) des Kantons Nidwalden schriftlich mitgeteilt. _ Lausanne, 25. September 2001 Im Namen der I. öffentlichrechtlichen Abteilung des SCHWEIZERISCHEN BUNDESGERICHTS Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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Fatti: Fatti: A. Mediante decisione 13 marzo 2002 l'Ufficio AI del Cantone Ticino (UAI) ha messo L._, nata nel 1947, al beneficio di una rendita intera dell'assicurazione per l'invalidità con effetto dal 1° aprile 2002, ritenuta una totale incapacità di guadagno addebitabile a gravi problemi psichici (sindrome affettiva bipolare). A. Mediante decisione 13 marzo 2002 l'Ufficio AI del Cantone Ticino (UAI) ha messo L._, nata nel 1947, al beneficio di una rendita intera dell'assicurazione per l'invalidità con effetto dal 1° aprile 2002, ritenuta una totale incapacità di guadagno addebitabile a gravi problemi psichici (sindrome affettiva bipolare). B. L._, rappresentata dal fratello C._, ha adito il Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino per un ricorso con cui postulava l'assegnazione della rendita a partire da una data precedente quella stabilita dall'UAI nella decisione impugnata. Il 27 novembre 2002 l'assicurata è deceduta, lasciando quale suo unico erede il fratello C._, il quale ha dichiarato di voler continuare la procedura. Per giudizio 24 marzo 2003 l'autorità giudiziaria cantonale ha respinto il gravame e confermato l'operato dell'UAI. Per giudizio 24 marzo 2003 l'autorità giudiziaria cantonale ha respinto il gravame e confermato l'operato dell'UAI. C. C._ interpone ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale delle assicurazioni, al quale ripropone, implicitamente, la richiesta di prima sede. L'UAI postula la reiezione del gravame, mentre l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali ha rinunciato a determinarsi.
Diritto: Diritto: 1. Con l'entrata in vigore, il 1° gennaio 2003, della Legge federale sulla parte generale del diritto delle assicurazioni sociali (LPGA) del 6 ottobre 2000 sono state apportate diverse modifiche all'ordinamento in materia di assicurazione per l'invalidità (LAI e OAI). Come giustamente rilevato dal giudice di prime cure, nel caso in esame si applicano tuttavia le disposizioni in vigore fino al 31 dicembre 2002, poiché, da un punto di vista temporale, il giudice non deve di principio tenere conto delle modifiche legislative e fattuali intervenute posteriormente alla data di emanazione della decisione amministrativa in lite (<ref-ruling> consid. 1.2 con riferimenti). Come giustamente rilevato dal giudice di prime cure, nel caso in esame si applicano tuttavia le disposizioni in vigore fino al 31 dicembre 2002, poiché, da un punto di vista temporale, il giudice non deve di principio tenere conto delle modifiche legislative e fattuali intervenute posteriormente alla data di emanazione della decisione amministrativa in lite (<ref-ruling> consid. 1.2 con riferimenti). 2. Nei considerandi dell'impugnata pronuncia, cui si rinvia, l'autorità giudiziaria cantonale ha già esposto le norme legali e i principi giurisprudenziali disciplinanti la presente vertenza, rammentando in particolare che, giusta l'<ref-law>, il diritto alla rendita nasce il più presto nel momento in cui l'assicurato presenta una incapacità permanente di guadagno pari almeno al 40% (lett. a), oppure in cui è stato, per un anno e senza notevoli interruzioni, incapace al lavoro per almeno il 40% in media (lett. b). A tale esposizione può essere fatto riferimento, non senza tuttavia soggiungere che i presupposti dell'incapacità di guadagno permanente nel senso della lett. a dell'<ref-law> sono adempiuti, conformemente all'<ref-law>, allorché si può presumere che né un miglioramento né un peggioramento dello stato di salute dell'assicurato non debba intervenire in futuro. A tale esposizione può essere fatto riferimento, non senza tuttavia soggiungere che i presupposti dell'incapacità di guadagno permanente nel senso della lett. a dell'<ref-law> sono adempiuti, conformemente all'<ref-law>, allorché si può presumere che né un miglioramento né un peggioramento dello stato di salute dell'assicurato non debba intervenire in futuro. 3. Alla pronuncia di primo grado deve essere prestata adesione pure nella misura in cui ha fissato la data di decorrenza del diritto alla rendita intera della defunta assicurata al 1° aprile 2002. Questa Corte non vede infatti valido motivo per scostarsi dalla valutazione del giudice di prime cure nella misura in cui, a conferma del provvedimento amministrativo in lite, ha considerato, sulla scorta della documentazione sanitaria in atti e connotando le turbe della defunta L._ quale malattia di lunga durata nel senso dell'<ref-law> - al riguardo si ribadisca che neppure esiste stabilizzazione nel senso della lett. a della norma in questione laddove lo stato di salute sia suscettibile di soltanto peggiorare -, che l'inizio dell'incapacità lavorativa rilevante fosse da far risalire al mese di aprile 2001, conformemente a quanto attestato dal dott. B._, specialista in psichiatria e psicoterapia a M._ (rapporto del 18 settembre 2001), con conseguente inizio del diritto alla prestazione a decorrere dall'aprile 2002. A ciò nulla mutano le considerazioni (piuttosto scarne) del ricorso di diritto amministrativo, il quale non è d'altronde suffragato da documentazione atta a sovvertire, in particolare, le conclusioni cui è giunto, in merito all'incapacità lavorativa della defunta assicurata, il dott. B._. A ciò nulla mutano le considerazioni (piuttosto scarne) del ricorso di diritto amministrativo, il quale non è d'altronde suffragato da documentazione atta a sovvertire, in particolare, le conclusioni cui è giunto, in merito all'incapacità lavorativa della defunta assicurata, il dott. B._. 4. Dato quanto precede, il giudizio cantonale querelato è meritevole di tutela.
Per questi motivi, il Tribunale federale delle assicurazioni pronuncia: Per questi motivi, il Tribunale federale delle assicurazioni pronuncia: 1. Il ricorso di diritto amministrativo è respinto. 1. Il ricorso di diritto amministrativo è respinto. 2. Non si percepiscono spese giudiziarie. 2. Non si percepiscono spese giudiziarie. 3. La presente sentenza sarà intimata alle parti, al Tribunale cantonale delle assicurazioni, Lugano, alla Cassa di compensazione del Cantone Ticino e all'Ufficio federale delle assicurazioni sociali.
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2,011
de
Nach Einsicht in die Beschwerde gemäss <ref-law> gegen den Entscheid vom 29. Juni 2011 des Obergerichts des Kantons Luzern, das auf eine Beschwerde des Beschwerdeführers gegen die erstinstanzliche Erteilung der definitiven Rechtsöffnung an die Beschwerdegegnerin für Fr. 41'500.-- (nebst Zins) nicht eingetreten ist,
in Erwägung, dass das Obergericht erwog, gemäss dem erstinstanzlichen Rechtsöffnungsentscheid beruhe die Betreibungsforderung auf einem vor dem Friedensrichter Weggis abgeschlossenen, materiell rechtskräftigen und vollstreckbaren Vergleich, mangels Stellungnahme des Beschwerdeführers sei von der Sachdarstellung der Beschwerdegegnerin auszugehen, eine Tilgung oder Stundung gehe aus den Akten nicht hervor und werde vom Beschwerdeführer weder dargetan noch belegt, mit diesen vorinstanzlichen Erwägungen setze sich der Beschwerdeführer in seiner Beschwerde an das Obergericht nicht auseinander, auch vor Obergericht mache dieser weder Tilgung noch Stundung noch Verjährung geltend, sondern beschränke sich auf eine Auflistung von Belegen, auf die - den minimalen Anforderungen an eine Beschwerdebegründung nicht entsprechende - Beschwerde sei nicht einzutreten, dass die Beschwerde nach <ref-law>, die sich nur gegen letztinstanzliche kantonale Gerichtsentscheide richten kann (<ref-law>), zum Vornherein unzulässig ist, soweit der Beschwerdeführer den erstinstanzlichen Rechtsöffnungsentscheid mitanficht und die Aufhebung sowohl des gerichtlichen Vergleichs wie auch der Betreibung beantragt, dass sodann die Beschwerde nach <ref-law> nebst einem Antrag eine Begründung zu enthalten hat, in welcher in gedrängter Form dargelegt wird, inwiefern der angefochtene Entscheid Recht (Art. 95 f. BGG) verletzt (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG), ansonst auf die Beschwerde nicht eingetreten wird (<ref-law>), dass m.a.W. in der Beschwerdeschrift auf die Erwägungen des angefochtenen Entscheids einzugehen und im Einzelnen zu zeigen ist, welche Vorschriften und warum sie von der Vorinstanz verletzt worden sind (<ref-ruling> E. 1.4 S. 287), dass auch Verfassungsrügen in der Beschwerdeschrift vorzubringen und zu begründen sind (<ref-law>), dass m.a.W. in der Beschwerdeschrift klar und detailliert anhand der Erwägungen des angefochtenen Entscheids darzulegen ist, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch den kantonalen Entscheid verletzt sind (<ref-ruling> E. 3.2 S. 88 mit Hinweisen; <ref-ruling> E. 1.4 S. 287 f.), dass der Beschwerdeführer in seiner Eingabe an das Bundesgericht nicht auf die entscheidenden obergerichtlichen Erwägungen eingeht, dass es insbesondere nicht genügt, die Gültigkeit des Rechtsöffnungstitels zu bestreiten, dass der Beschwerdeführer erst recht nicht nach den gesetzlichen Anforderungen anhand der obergerichtlichen Erwägungen aufzeigt, inwiefern der Entscheid des Obergerichts vom 29. Juni 2011 rechts- oder verfassungswidrig sein soll, dass somit auf die - offensichtlich unzulässige bzw. keine hinreichende Begründung enthaltende - Beschwerde in Anwendung von Art. 108 Abs. 1 lit. a und b BGG nicht einzutreten ist, dass der unterliegende Beschwerdeführer kostenpflichtig wird (<ref-law>), dass in den Fällen des <ref-law> das vereinfachte Verfahren zum Zuge kommt und die Abteilungspräsidentin zuständig ist,
erkennt die Präsidentin: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 700.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Luzern schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 5. September 2011 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Hohl Der Gerichtsschreiber: Füllemann
CH_BGer_005
Federation
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nan
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2,014
de
Sachverhalt: A. Gegen die A._ AG laufen die zwei Betreibungen auf Grundpfandverwertung Nr. www und Nr. xxx des Betreibungsamtes F._. Nach Erhalt der betreibungsamtlichen Schätzung der beiden betroffenen Grundstücke über Fr. 2'763'000.- (Wohn- und Gasthaus G._ inklusive Zugehör) bzw. Fr. 10'000.-- (Hangar) verlangte die Schuldnerin eine neue Schätzung gemäss <ref-law>. Das Bezirksgericht Hinwil als untere kantonale Aufsichtsbehörde folgte dem Gesuch und ernannte H._ zum Gutachter. Gegen dessen Ernennung gelangte die Schuldnerin bis ans Bundesgericht, das seine Beschwerde teilweise guthiess (Urteil 5A_864/2011 vom 16. März 2012). Daraufhin ernannte das Bezirksgericht I._ zum Gutachter, wogegen sich die Schuldnerin erfolglos bis vor Bundesgericht wehrte (Urteil 5A_789/2012 vom 12. Januar 2013). Gestützt auf den Gutachterbericht von I._ wies das Bezirksgericht das Betreibungsamt an, den Schätzwert auf Fr. 3'000'000.-- (Wohn- und Gasthaus G._) und Fr. 13'000.-- (Zugehör) bzw. auf Fr. 170'000.-- (Hangar) festzulegen. Das Obergericht des Kantons Zürich als obere kantonale Aufsichtsbehörde wies die von der A._ AG dagegen erhobene Beschwerde am 22. November 2013 ab. B. Am 10. März 2014 trat das Bundesgericht auf die Beschwerde der A._ AG gegen das obergerichtliche Urteil nicht ein (Urteil 5A_949/2013). C. Mit Eingabe vom 1. Mai 2014 ist die A._ AG erneut an das Bundesgericht gelangt. Sie strebt eine Revision des bundesgerichtlichen Urteils vom 10. März 2014 an. Mit Verfügung vom 23. Juni 2014 ist der Beschwerde die aufschiebende Wirkung zuerkannt worden. In der Sache sind keine Vernehmlassungen eingeholt worden.
Erwägungen: 1. Die Revision eines Bundesgerichtsurteils kann nur aus einem der im Gesetz abschliessend genannten Gründe verlangt werden (Art. 121 bis <ref-law>; ESCHER, in: Basler Kommentar, Bundesgerichtsgesetz, 2. Aufl. 2011, N. 1 zu Art. 121). Das Gesuch muss einen solchen anrufen oder zumindest Tatsachen nennen, die von einem gesetzlichen Revisionsgrund erfasst sind. Ob im konkreten Fall ein Grund zur Revision vorliegt, ist nicht eine Frage des Eintretens, sondern der materiellen Beurteilung. Immerhin gelten auch für die Revision die Anforderungen gemäss <ref-law>, wonach die gestellten Begehren zu begründen sind, d.h. in gedrängter Form darzulegen ist, inwiefern der angefochtene Akt Recht verletzt. Der Revisionsbedarf muss aufgrund des Gesuches erkennbar sein ( ESCHER, a.a.O., N. 5 zu Art. 127). 2. Die Gesuchstellerin führt in ihrem Revisionsbegehren aus, das Bundesgericht habe mit der Ausfällung des angefochtenen Urteils <ref-law> und Art. 6 EMRK verletzt. Dies gelte insbesondere hinsichtlich der zu streng angesetzten Eintretensvoraussetzungen, der Frage der Zustellung der Verfahrensakten an einen Nichtanwalt, der Ernennung des Gutachters I._ und seines Berichtes sowie der Anwendung von <ref-law>. Mit diesen Vorbringen zielt die Gesuchstellerin auf einen für sie doch noch günstigen Entscheid ab, indem sie das Bundesgericht gleichsam um eine Wiedererwägung seines Urteils ersucht. Dafür ist das Revisionsverfahren indes nicht gegeben ( ESCHER, a.a.O., N. 2 zu Art. 121). 3. Im Weiteren macht die Gesuchstellerin in allgemeiner Weise ein Versehen des Bundesgerichts geltend, da es an ihre seinerzeitige Beschwerde zu strenge Anforderungen gestellt habe und zudem ihren Antrag betreffend die Kosten der Schätzung und des kantonalen Verfahrens übergangen habe. 3.1. Dem Bundesgericht ist ein Versehen unterlaufen, wenn es eine Aktenstelle übergangen oder nach dem tatsächlichen Wortlaut unrichtig wahrgenommen hat (<ref-law>). Es kann einzig um Sachverhaltsmomente in den Akten und niemals um einen Rechtsstandpunkt gehen ( ESCHER, a.a.O., N. 9 zu Art. 121). 3.2. Die Vorbringen der Gesuchstellerin beschlagen kein Versehen im Sinne des Gesetzes, sondern stellen hinsichtlich der prozessualen Anforderungen an eine Beschwerde ausschliesslich Kritik an der Rechtsanwendung dar, wofür die Revision nicht zur Verfügung steht. Konnte das Bundesgericht auf die Beschwerde insgesamt nicht eintreten, so bestand kein Anlass die Kosten der Schätzung und des kantonalen Verfahrens zu überprüfen. Hierin liegt keinesfalls ein Versehen und auch kein unbeurteilter Antrag (<ref-law>). 4. Dem Revisionsbegehren ist nach dem Gesagten kein Erfolg beschieden. Ausgangsgemäss trägt die Gesuchstellerin die Verfahrenskosten. Eine Parteientschädigung ist nicht zu bezahlen.
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Das Revisionsgesuch wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 1'000.-- werden der Gesuchstellerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Betreibungsamt F._ und dem Obergericht des Kantons Zürich, II. Zivilkammer, als obere kantonale Aufsichtsbehörde über Schuldbetreibung und Konkurs, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 10. Juli 2014 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: von Werdt Der Gerichtsschreiber: Levante
CH_BGer_005
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nan
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f20c5801-924d-4896-a4a9-4b4339d2ba4f
2,013
de
Sachverhalt: A. Auf Ersuchen von Y._ bewilligte das Einzelgericht im summarischen Verfahren des Bezirks Meilen mit Befehlen vom 2., 6. und 8. September 2010 gestützt auf <ref-law> für den Betrag von insgesamt Fr. 821'810.-- zuzüglich Zinsen den Arrest der bei X._ zuvor provisorisch gepfändeten Vermögenswerte. Als Forderungsurkunde wurde ein Urteil des Oberlandesgerichts Düsseldorf vom 13. September 2007 bezeichnet. Das Betreibungsamt Stäfa-Hombrechtikon vollzog den Arrest am 10. September 2010. Hinsichtlich der beschlagnahmten Gegenstände übernahm es den Schätzungswert der provisorischen Pfändung in der Höhe von Fr. 242'500.--. B. Dagegen wandte sich X._ an das Bezirksgericht Meilen, welches seine Arresteinsprache am 14. September 2012 abwies. Die Entscheidgebühr wurde auf Fr. 1'000.-- festgelegt. Das Obergericht des Kantons Zürich wies die Beschwerde von X._ gegen das bezirksgerichtliche Urteil am 3. Dezember 2012 ab. Es setzte die zweitinstanzliche Entscheidgebühr auf Fr. 6'700.-- fest (Dispositivziff. 2) und verrechnete sie mit dem geleisteten Vorschuss (Dispositivziff. 3). C. X._ ist mit Beschwerde in Zivilsachen vom 9. Januar 2013 an das Bundesgericht gelangt. Der Beschwerdeführer beantragt die Aufhebung des obergerichtlichen Urteils und die Festsetzung der zweitinstanzlichen Entscheidgebühr auf Fr. 3'612.--. Eventualiter sei die Sache an die Vorinstanz zur Neufestsetzung der zweitinstanzlichen Entscheidgebühr anhand des korrekten Streitwertes zurückzuweisen. Y._ hat am 8. März 2013 (Postaufgabe) eine Beschwerdeantwort eingereicht, ohne einen formellen Antrag zu stellen. Das Obergericht hat auf eine Vernehmlassung verzichtet.
Erwägungen: 1. 1.1 Strittig ist die Höhe der Spruchgebühr für einen gerichtlichen Rechtsmittelentscheid in einer betreibungsrechtlichen Summarsache. In der Hauptsache ging es um eine Arresteinsprache, gegen welchen letztinstanzlichen kantonalen Entscheid mit einem Streitwert von weit über Fr. 30'000.-- die Beschwerde in Zivilsachen gegeben ist (Art. 72 Abs. 2 lit. a, Art. 75 Abs. 1, Art. 74 Abs. 1 lit. b BGG). Die dem Rechtsweg in der Hauptsache folgende, auf die Kostenfolgen beschränkte Beschwerde ist daher zulässig. 1.2 Der Entscheid über die Einsprache gegen den Arrestbefehl gilt wie der Arrestentscheid als vorsorgliche Massnahme im Sinne von <ref-law> (<ref-ruling> E. 1.2 S. 234 mit Hinweisen). Damit kann der Beschwerdeführer einzig die Verletzung verfassungsmässiger Rechte geltend machen, wobei das Rügeprinzip gilt (<ref-law>; <ref-ruling> E. 1.4.2 S. 254). 2. Anlass zur vorliegenden Beschwerde gibt die vom Obergericht für die Beurteilung einer Beschwerde gegen einen Arresteinspracheentscheid erhobene Spruchgebühr. 2.1 Das Obergericht ist für die Festsetzung der Spruchgebühr aufgrund der dem angefochtenen Arrest zugrunde liegenden Forderung von einem Streitwert von rund Fr. 821'800.-- ausgegangen. Daraus ergebe sich eine ordentliche Gerichtsgebühr von Fr. 27'150.-- (§ 12 Abs. 1 und 2 i.V.m. § 2 Abs. 1 lit. a und § 4 Abs. 1 Gebührenverordnung des Obergerichts vom 8. September 2010 [GebV OG/ZH]), welche auf rund einen Viertel bzw. auf Fr. 6'700.-- zu kürzen sei, da der Entscheid im summarischen Verfahren ergangen sei (§ 4 Abs. 2 und § 8 Abs. 1 GebV OG/ZH). 2.2 Der Streitwert für das kantonale Verfahren in gerichtlichen Angelegenheiten des Schuldbetreibungs- und Konkursrechts bemisst sich seit dem Inkrafttreten der ZPO nach Bundesrecht (Art. 1 lit. c, Art. 91 ff. ZPO). Die Spruchgebühr in betreibungsrechtlichen Summarsachen (<ref-law>) wird anhand des Streitwertes festgesetzt. Zwar behalten die Kantone die Tarifhoheit für die vor ihren Instanzen anfallenden Prozesskosten (<ref-law>), allerdings nur soweit das Bundesrecht nicht bereits eine Regelung vorsieht, welche dem kantonalen Recht vorgeht (<ref-law>; vgl. dazu allgemein <ref-ruling> E. 3.1 S. 414). Dies ist insbesondere für die Summarsachen des SchKG der Fall, wie das Bundesgericht erst kürzlich entschieden hat (<ref-law>, zur amtl. Publ. bestimmtes Urteil 5A_492/2012 vom 13. März 2013 E. 4.2.4). Demnach richtet sich die Spruchgebühr in diesen Fällen nach Art. 48 bzw. <ref-law>. 2.3 Der Beschwerdeführer beschränkt sich darauf, die Berechnung der Spruchgebühr als willkürlich zu rügen. Hingegen stellt er die vom Obergericht hierzu angewandte GebV OG/ZH, mithin die Anwendung kantonalen Rechts, nicht in Frage. Zudem stellt er den Antrag, die Spruchgebühr auf Fr. 3'612.-- festzusetzen. Daran ist das Bundesgericht gebunden (<ref-law>). Damit kann es vorliegend einzig anhand der konkreten (Willkür-) Rügen prüfen, ob die Höhe der Spruchgebühr im Ergebnis unhaltbar ist (vgl. zum Willkürbegriff <ref-ruling> E. 4.1 S. 133). 2.4 Der Beschwerdeführer stellt nicht in Frage, dass die Spruchgebühr in Arrestsachen anhand des Streitwertes festgelegt wird (<ref-law>). Hingegen wehrt er sich im Wesentlichen gegen die Festsetzung des Streitwertes anhand der Forderung, für welche der Arrest gelegt worden ist. Dafür gebe es keinen sachlichen Grund, womit Willkür vorliege. 2.4.1 Die kantonalrechtliche Praxis zur Festsetzung des Streitwertes in Arrestsachen war nicht einheitlich. Die Frage wird auch in der Lehre zu <ref-law> unterschiedlich beantwortet. Es gibt Autoren, welche von der zu sichernden Forderung ausgehen (VOCK/MÜLLER, SchKG-Klagen nach der Schweizerischen ZPO, 2012, S. 299), während andere auf den Schätzwert des Arrestobjektes abstellen, da nur der Bestand des Arrestbeschlags Streitgegenstand bildet (STERCHI, in: Berner Kommentar, ZPO, Bd. I, 2012, N. 20a zu <ref-law>; MEIER, Schweizerisches Zivilprozessrecht, 2010, S. 480, Fn. 869, sowie bereits POUDRET, Commentaire LOJ, Bd. I, 1990, Ziff. 9.9.9 zu Art. 36 OG, S. 291). Das Bundesgericht hat sich bisher nur vereinzelt zur Bestimmung des Streitwertes geäussert. So hat es auf den Wert des Arrestobjektes abgestellt in einem Fall, wo der Dritte sich gegen die Arresteinsprache zur Wehr gesetzt hat (Urteil 5A_789/2010 vom 29. Juni 2011 E. 1.2). In anderen Fällen konnte es diese Frage offen lassen, da sich die Bezugnahme auf die Arrestforderung im Ergebnis nicht als unhaltbar erwies (zur amtl. Publ. bestimmtes Urteil 5A_492/2012 vom 13. März 2013 E. 4.3.2). 2.4.2 Nach Ansicht des Beschwerdeführers muss vom Wert der verarrestierten Gegenstände ausgegangen werden, um ein unhaltbares Ergebnis zu vermeiden. Dies gelte insbesondere, wenn deren Schätzungswert (Fr. 242'500.--) - wie im vorliegenden Fall - nur rund einen Drittel der Arrestforderung decken (Fr. 821'800.--). Diese Sicht auf das Auseinanderfallen der beiden Ansätze führt isoliert betrachtet keinesfalls bereits zum Schluss, es sei willkürlich, vom höheren Betrag auszugehen. Zwar trifft auch das Vorbringen des Beschwerdeführers zu, dass über die vom Obergericht für die Festsetzung des Streitwertes massgebliche Forderung bereits seit Jahren rechtskräftig entschieden worden sei, weshalb sie im konkreten Verfahren nie Anlass zu Differenzen gegeben habe. In diese Richtung weisen auch die Lehrmeinungen, die auf den Wert des Arrestgegenstandes hinweisen (vgl. E. 2.4.1). Entscheidend ist jedoch im vorliegenden Fall, dass das Betreibungsamt beim Vollzug des Arrestes für den Wert der beschlagnahmten Gegenstände auf die vorangegangene provisorische Pfändung und insbesondere auf die damals vorgenommene Schätzung Bezug nahm. Ist der Wert der Arrestgegenstände - wie vorliegend - bekannt, so ist es nicht sachgerecht, bei der Festlegung des Streitwertes für die Anfechtung des Arrestes nicht von diesem Betrag, sondern von der Arrestforderung auszugehen. Im Hinblick auf die Bemessung des Streitwertes sind die Fälle anders zu beurteilen, bei denen der Wert des Arrestgegenstandes im Zeitpunkt der Anfechtung des Arrestes gerade nicht bekannt ist. Eine solche Situation ist beispielsweise bei der Verarrestierung von Bankguthaben gegeben. Die Bank muss nämlich erst nach rechtskräftiger Erledigung der Arresteinsprache über deren Höhe Auskunft geben (vgl. dazu <ref-ruling> E. 2 S. 292), womit sich in einem solchen Fall der Wert des Arrestgegenstandes (mangels Anhaltspunkte) nicht als taugliches Kriterium für die Berechnung des Streitwertes eignet. 2.5 Da sich der vom Obergericht angenommene Streitwert als willkürlich erweist, erübrigt sich die Behandlung der weiteren Rügen. Nicht angefochten ist zudem die Anwendung der kantonalen Verordnung, soweit es um die Herabsetzung des Grundtarifs geht. Ausgehend vom Schätzwert der Arrestgegenstände (Fr. 242'500.--) und in Bindung an den Antrag des Beschwerdeführers ist die Spruchgebühr der Vorinstanz auf Fr. 3'612.- festzusetzen. 3. Nach dem Gesagten ist der Beschwerde Erfolg beschieden. Ausgangsgemäss trägt der Kanton Zürich, der in seinen Vermögensinteressen betroffen ist, die Kosten (<ref-law>). Zudem hat er dem Beschwerdeführer für das Verfahren vor Bundesgericht eine Parteientschädigung zu leisten (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde in Zivilsachen wird gutgeheissen und die Ziff. 2 und 3 des Urteils des Obergerichts des Kantons Zürich vom 3. Dezember 2012 werden aufgehoben. Die zweitinstanzliche Spruchgebühr wird auf Fr. 3'612.-- festgesetzt. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 1'000.-- werden dem Kanton Zürich auferlegt. 3. Der Kanton Zürich hat den Beschwerdeführer für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 1'500.-- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Zürich, II. Zivilkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 15. April 2013 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Escher Der Gerichtsschreiber: Levante
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2,004
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. A._ (Kläger) war seit 1. August 1998 bei der B._ AG (Beklagte) angestellt. Am 8. November 2002 beantragte er mittels Ferienformular den Bezug von Ferien für den 23., 24. (Halbtag) und 27. Dezember 2002, was die Beklagte ablehnte. Am 18. Dezember 2002 wurde der Kläger schriftlich verwarnt. Unter dem Titel "Unbewilligte Ferien vom 23.12.-27.12.02" erhielt er folgende Mitteilung: "Im Namen der Geschäftsleitung machen wir Sie darauf aufmerksam, dass ein Fernbleiben vom Arbeitsplatz ohne bewilligte Ferien die sofortige Auflösung des Arbeitsverhältnisses bedeutet." Nachdem der Kläger am 23. Dezember 2002 nicht zur Arbeit erschienen war, kündigte die Beklagte das Arbeitsverhältnis mit Schreiben vom 23. Dezember 2002 fristlos. Als Begründung gab sie das Fernbleiben des Klägers von der Arbeit trotz schriftlicher und mündlicher Verwarnung an. A. A._ (Kläger) war seit 1. August 1998 bei der B._ AG (Beklagte) angestellt. Am 8. November 2002 beantragte er mittels Ferienformular den Bezug von Ferien für den 23., 24. (Halbtag) und 27. Dezember 2002, was die Beklagte ablehnte. Am 18. Dezember 2002 wurde der Kläger schriftlich verwarnt. Unter dem Titel "Unbewilligte Ferien vom 23.12.-27.12.02" erhielt er folgende Mitteilung: "Im Namen der Geschäftsleitung machen wir Sie darauf aufmerksam, dass ein Fernbleiben vom Arbeitsplatz ohne bewilligte Ferien die sofortige Auflösung des Arbeitsverhältnisses bedeutet." Nachdem der Kläger am 23. Dezember 2002 nicht zur Arbeit erschienen war, kündigte die Beklagte das Arbeitsverhältnis mit Schreiben vom 23. Dezember 2002 fristlos. Als Begründung gab sie das Fernbleiben des Klägers von der Arbeit trotz schriftlicher und mündlicher Verwarnung an. B. Am 31. Januar 2003 klagte der Kläger beim Bezirksgericht Arlesheim auf Aufhebung der fristlosen Kündigung und Verurteilung der Beklagten zur Bezahlung von insgesamt Fr. 15'160.65. Mit Urteil vom 7. Mai 2003 schützte die Bezirksgerichtspräsidentin zu Arlesheim die Klage im Umfang von Fr. 1'667.-- netto, für die Mehrforderung wies sie die Klage ab. Der zugesprochene Betrag betrifft die mit lediglich Fr. 22.--/h bezahlten 456 Überstunden und entspricht der Differenz zum geschuldeten Betrag von Fr. 26.10/h, ausmachend Fr. 1'869.60 brutto bzw. Fr. 1'667.-- netto. Zur Abweisung gelangten die Forderungen im Zusammenhang mit der fristlosen Entlassung und der Anspruch auf den 13. Monatslohn (und darauf erhobene Spesenansprüche). Auf Appellation des Klägers hin bestätigte das Kantonsgericht Basel-Landschaft, Abteilung Zivil- und Strafrecht, am 11. November 2003 das erstinstanzliche Urteil. Auf Appellation des Klägers hin bestätigte das Kantonsgericht Basel-Landschaft, Abteilung Zivil- und Strafrecht, am 11. November 2003 das erstinstanzliche Urteil. C. Mit eidgenössischer Berufung beantragt der Kläger dem Bundesgericht, das Urteil des Kantonsgerichts sei aufzuheben und es sei die Beklagte zu verurteilen, ihm den Betrag von Fr. 15'160.95 zu bezahlen nebst Zins zu 5 % seit 1. Februar 2003. Die Beklagte schliesst auf Abweisung der Berufung.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. Nach Art. 55 Abs. 1 lit. c OG ist in der Berufungsschrift anzugeben, welche Bundesrechtssätze der angefochtene Entscheid verletzt und inwiefern er gegen sie verstösst. Fehl am Platz sind dagegen Rügen der Verletzung von Verfassungsrecht (Art. 43 Abs. 1 Satz 2 OG) und Ausführungen, die sich in unzulässiger Weise gegen die tatsächlichen Feststellungen und gegen die Beweiswürdigung der Vorinstanz richten (<ref-ruling> E. 2.2; <ref-ruling> E. 2c S. 547; <ref-ruling> E. 2a mit Hinweisen). Unbeachtlich sind ebenfalls blosse Verweise auf die Akten; inwiefern das angefochtene Urteil Bundesrecht verletzt, ist in der Berufungsschrift selber darzulegen (<ref-ruling> E. 1d; <ref-ruling> E. 3 S. 85). Soweit der Kläger sich damit begnügt, auf die Ausführungen in seinen kantonalen Rechtsschriften zu verweisen, kann darauf nicht eingegangen werden. Soweit der Kläger sich damit begnügt, auf die Ausführungen in seinen kantonalen Rechtsschriften zu verweisen, kann darauf nicht eingegangen werden. 2. Der Kläger rügt eine Verletzung des Untersuchungsgrundsatzes nach <ref-law>. Diese erblickt er darin, dass die Vorinstanz auf anderthalb Seiten die Begründung des erstinstanzlichen Urteils wiedergegeben habe, die Appellationsbegründung dagegen nur auf wenigen Zeilen erwähne. Indem die Vorinstanz eine solche Grundlage für die freie Beweiswürdigung schaffe, verletze sie die Offizialmaxime. Im Unterschied zur im Zivilprozess üblichen Verhandlungsmaxime, nach welcher die Parteien den Prozesstoff einbringen müssen und nur über Bestrittenes Beweis zu führen ist, verpflichtet <ref-law> den Richter, den Sachverhalt von Amtes wegen abzuklären und die Beweise nach freiem Ermessen zu würdigen, ohne dass ihn irgendwelche Regeln über die Beweiswürdigung binden (vgl. Streiff/von Kaenel, Arbeitsvertrag, 5. Aufl., Zürich 1992, N. 14 und 15 zu <ref-law>). Die sozialpolitisch begründete Untersuchungsmaxime gemäss <ref-law> entbindet die Parteien nicht von der aktiven Mitwirkung im Prozess. Die Parteien tragen vielmehr auch im Bereich dieser Untersuchungsmaxime die Verantwortung dafür, dass die relevanten Behauptungen vorgebracht werden; ebenso sind sie gehalten, die allenfalls zu erhebenden Beweise zu bezeichnen (<ref-ruling> E. 2.2 S. 107; <ref-ruling> E. 2c S. 236; vgl. auch <ref-ruling> E. 4a S. 238 f.). Die richterliche Abklärungspflicht umfasst nicht unbesehen alles, was von einer Partei behauptet oder verlangt wird. Vielmehr bezieht sie sich nur auf den rechtserheblichen Sachverhalt (vgl. <ref-ruling> E. 2.2 S. 107; <ref-ruling> E. 4a). Ebenso wenig ist verlangt, dass sämtliche Ausführungen der Parteien in der schriftlichen Urteilsbegründung (detailliert) wiedergegeben werden. Der Kläger legt nicht konkret dar und es ist nicht ersichtlich, welche rechtserheblichen Sachverhaltselemente die Vorinstanz nicht abgeklärt haben soll. Wenn er im Zusammenhang mit den "fehlenden Stunden" geltend macht, die Offizialmaxime hätte von der Vorinstanz verlangt, die Lohnabrechnungen Punkt für Punkt nachzuvollziehen, bis sie finde, die eine oder die andere Variante sei die richtige, so verkennt er, dass die Vorinstanz die eingereichten Lohnabrechnungen berücksichtigt hat und aufgrund derselben zum Schluss gelangt ist, die Berechnung der erstinstanzlichen Richterin sei korrekt. Sein Einwand stösst daher ins Leere. Soweit sich der Kläger mit seinen Vorbringen im Zusammenhang mit der fristlosen Entlassung gegen die vorinstanzliche Beweiswürdigung richten will, kann er im Berufungsverfahren nicht gehört werden (<ref-ruling> E. 2.2; <ref-ruling> E. 6a). Der Kläger legt nicht konkret dar und es ist nicht ersichtlich, welche rechtserheblichen Sachverhaltselemente die Vorinstanz nicht abgeklärt haben soll. Wenn er im Zusammenhang mit den "fehlenden Stunden" geltend macht, die Offizialmaxime hätte von der Vorinstanz verlangt, die Lohnabrechnungen Punkt für Punkt nachzuvollziehen, bis sie finde, die eine oder die andere Variante sei die richtige, so verkennt er, dass die Vorinstanz die eingereichten Lohnabrechnungen berücksichtigt hat und aufgrund derselben zum Schluss gelangt ist, die Berechnung der erstinstanzlichen Richterin sei korrekt. Sein Einwand stösst daher ins Leere. Soweit sich der Kläger mit seinen Vorbringen im Zusammenhang mit der fristlosen Entlassung gegen die vorinstanzliche Beweiswürdigung richten will, kann er im Berufungsverfahren nicht gehört werden (<ref-ruling> E. 2.2; <ref-ruling> E. 6a). 3. Im Weiteren rügt der Kläger eine Verletzung von Art. 329c Abs. 2 bzw. <ref-law>. 3.1 Nach <ref-law> bestimmt der Arbeitgeber den Zeitpunkt der Ferien und nimmt dabei auf die Wünsche des Arbeitnehmers soweit Rücksicht, als dies mit den Interessen des Betriebes oder Haushaltes vereinbar ist. Trägt der rechtzeitig informierte Arbeitgeber bei der Festsetzung der Ferien den legitimen Wünschen des Arbeitnehmers nicht Rechnung, obschon die Interessen des Betriebes kaum beeinträchtigt werden, so stellt ein eigenmächtiger Ferienbezug durch den Arbeitnehmer nicht ohne weiteres einen wichtigen Grund im Sinne von <ref-law> dar (<ref-ruling> E. 3b S. 303 f.). Eine solche Konstellation ist vorliegend nicht gegeben. Zum einen hat der Kläger seinen Ferienwunsch erst am 8. November 2002 angebracht, obwohl das Ferienmeldeformular bis Ende März 2002 hätte abgegeben werden müssen. Zum andern geht aus dem angefochtenen Urteil hervor, dass die Feriensperre durch Betriebsinteressen gerechtfertigt war. Wie die Vorinstanz in tatsächlicher Hinsicht anführt, habe die Beklagte glaubwürdig dargelegt, dass sie zwischen Weihnachten und Neujahr auf jeden Arbeitnehmer angewiesen sei und deshalb ihre Angestellten bereits Anfang Jahr in ihrem Ferienformular auf die in dieser Zeit geltende Feriensperre aufmerksam gemacht habe. Dies sei auch dem Kläger bekannt gewesen, und die Beklagte habe namentlich keine falschen Hoffnungen erweckt bzw. das Vertrauen des Klägers missbraucht, als sie das Feriengesuch endgültig abgewiesen habe. Das Festhalten an der Feriensperre auch gegenüber dem Kläger sei daher zu Recht erfolgt. Der Kläger zieht die Betriebsinteressen der Beklagten in der Berufung dadurch in Zweifel, dass er das Ferienformular für das Jahr 2004 ins Recht legt, wonach in diesem Jahr über die Weihnachtstage Ferien bezogen werden können (normale 5 Tage Woche). Dieses Vorbringen bzw. Beweismittel ist neu und daher unzulässig (Art. 55 Abs. 1 lit. c OG). Der Ausschluss neuer Tatschen und Beweismittel im bundesgerichtlichen Berufungsverfahren gilt (grundsätzlich) auch für Vorfälle, die sich erst nach dem angefochtenen Urteil zugetragen haben, mithin für echte Noven (Peter Münch, Berufung und zivilrechtliche Nichtigkeitsbeschwerde, in: Geiser/Münch [Hrsg.], Prozessieren vor Bundesgericht, 2. Aufl., Basel 1998, S. 149 Rz. 4.77). Das neu vor Bundesgericht eingereichte Ferienformular für das Jahr 2004 kann daher nicht berücksichtigt werden. Eine Verletzung von <ref-law> ist nicht dargetan. 3.2 Der überdies erhobene - aber nicht weiter begründete - Vorwurf einer Verletzung von <ref-law> geht an der Sache vorbei, da der vorliegende Fall den Regelungsgegenstand dieser Bestimmung nicht betrifft. 3.2 Der überdies erhobene - aber nicht weiter begründete - Vorwurf einer Verletzung von <ref-law> geht an der Sache vorbei, da der vorliegende Fall den Regelungsgegenstand dieser Bestimmung nicht betrifft. 4. Schliesslich rügt der Kläger eine Verletzung von <ref-law>. 4.1 Nach <ref-law> kann der Arbeitgeber wie der Arbeitnehmer das Arbeitsverhältnis aus wichtigen Gründen jederzeit fristlos auflösen (Abs. 1). Als wichtiger Grund gilt namentlich jeder Umstand, bei dessen Vorhandensein dem Kündigenden nach Treu und Glauben die Fortsetzung des Arbeitsverhältnisses nicht mehr zugemutet werden darf (Art. 2). Über das Vorhandensein solcher Umstände entscheidet der Richter nach seinem Ermessen (Abs. 3). Ermessensentscheide überprüft das Bundesgericht an sich frei. Es übt dabei aber Zurückhaltung und schreitet nur ein, wenn die Vorinstanz grundlos von in Lehre und Rechtsprechung anerkannten Grundsätzen abgewichen ist, wenn sie Tatsachen berücksichtigt hat, die für den Entscheid im Einzelfall keine Rolle hätten spielen dürfen, oder wenn sie umgekehrt Umstände ausser Betracht gelassen hat, die hätten beachtet werden müssen. Es greift ausserdem in Ermessensentscheide ein, wenn sich diese als offensichtlich unbillig, als in stossender Weise ungerecht erweisen (<ref-ruling> E. 3.1 S. 220 mit Hinweisen). Nach der Rechtsprechung zu <ref-law> ist eine fristlose Entlassung nur bei besonders schweren Verfehlungen des Arbeitnehmers gerechtfertigt. Diese müssen einerseits objektiv geeignet sein, die für das Arbeitsverhältnis wesentliche Vertrauensgrundlage zu zerstören oder zumindest so tiefgreifend zu erschüttern, dass dem Arbeitgeber die Fortsetzung des Vertrags nicht mehr zuzumuten ist. Anderseits müssen die Verfehlungen auch tatsächlich zu einer derartigen Zerstörung oder Erschütterung des gegenseitigen Vertrauens geführt haben. Sind die Verfehlungen weniger schwerwiegend, so müssen sie trotz Verwarnung wiederholt vorgekommen sein (<ref-ruling> E. 3.1 S. 220 f. mit Hinweisen). Ob die dem Arbeitnehmer vorgeworfene Pflichtverletzung die erforderliche Schwere erreicht, hängt von den konkreten Umständen des Einzelfalles ab (<ref-ruling> E. 1a S. 155; <ref-ruling> E. 6a S. 150). Lehre und Rechtsprechung anerkennen als wichtigen Grund im Sinne von <ref-law> insbesondere den eigenmächtigen Ferienbezug entgegen einem abschlägigen Bescheid des Arbeitgebers, sofern nicht besondere Umstände vorliegen (<ref-ruling> E. 3b; Staehelin, Zürcher Kommentar, N. 17 zu <ref-law>; Rehbinder/Portmann, Basler Kommentar, N. 19 zu <ref-law>; Streiff/von Kaenel, a.a.O., N. 5d zu <ref-law> S. 370). 4.2 Nach den für das Bundesgericht verbindlichen tatsächlichen Feststellungen der Vorinstanz (Art. 63 Abs. 2 OG) existiert im Betrieb der Beklagten zum Bezug von Ferien ein Ferien(melde)formular, das bis Ende März 2002 hätte retourniert werden müssen. Auf dem zu retournierenden Talon dieses Formulars finde sich der fett und gross gedruckte Vermerk: "ACHTUNG: Vom 23.12.2002 - 5.1.2003 werden keine Ferien bewilligt." Am 8. November 2002 habe der Kläger unter Verwendung eines solchen Formulars seinen exakt in den gesperrten Zeitraum fallenden Ferienwunsch für den 23., 24. und 27. Dezember 2002 gemeldet. Laut Aussage der Auskunftsperson, C._, sei dem Kläger sogleich bei Einreichung des Gesuchs mündlich gesagt worden, dass dies nicht gehe, dies unter Hinweis auf das Ferienformular und die generelle Feriensperre für die Leute im Produktionsteil. Am 9. Dezember 2002 habe der Kläger von C._ eine Aktennotiz erhalten mit dem Titel: "Ablehnung Ferienantrag für 23., 24. und 27.12.2002. Nach Rücksprache mit D._ (Direktorin) können wir Ihnen die Ferien heute nicht gewähren. Die einzige Möglichkeit ist ein kurzfristiger Entscheid, d.h. sobald wir das Arbeitsvolumen abschätzen können." Am 17. Dezember 2002 habe der Kläger die ebenfalls eingereichte Ferienreservationsbestätigung vom 2.12.2002 zurückerhalten mit dem handschriftlichen Vermerk: "A._. Nein. Wir haben Feriensperre. Leider können wir die Ferien nicht bewilligen. ...". Ebenfalls am 17. Dezember habe die Direktorin, D._, dem Kläger persönlich erklärt, mit den Ferien werde nichts, sonst werde der 13. Monatslohn abgezogen. Mit Schreiben vom 18. Dezember habe der Kläger unter dem Titel "Unbewilligte Ferien vom 23.12.-27.12.02" die Mitteilung erhalten: "Im Namen der Geschäftsleitung machen wir Sie darauf aufmerksam, dass ein Fernbleiben vom Arbeitsplatz ohne bewilligte Ferien die sofortige Auflösung des Arbeitsverhältnisses bedeutet." Zusammenfassend sei festzuhalten, dass der Kläger mit seinem am 8. November 2002 gestellten Antrag von Anfang an einen Ferienwunsch geäussert habe, der klar gegen die von der Arbeitgeberin schon Anfang des Jahres 2002 unmissverständlich kommunizierte Feriensperre verstossen habe. Er habe daher nach Treu und Glauben davon ausgehen müssen, dass seinem Gesuch keineswegs routinemässig entsprochen würde, sondern nur, falls sich die Beklagte zu einer Ausnahme von ihrem selbst klar ausgesprochenen Ferienbezugsverbot bereit erklären würde. In der Folge sei dem Kläger jedoch mehrfach und unmissverständlich - am 18. Dezember 2002 schliesslich ausdrücklich unter Entlassungsandrohung - mitgeteilt worden, dass keine Ausnahme von der Feriensperre gemacht werde und er vom 23. Dezember bis 27. Dezember 2002 keine Ferien beziehen dürfe. Dadurch, dass der Kläger trotz dieser konstanten, zum Schluss mit Androhung drastischer Massnahmen verbundenen Ablehnung seines Ferienantrages dennoch eigenmächtig Ferien bezogen habe, habe er einen hinreichend wichtigen Grund zum Aussprechen einer fristlosen Entlassung geboten. Der Kläger war somit frühzeitig, schon zu Beginn des Jahres 2002, über die Feriensperre informiert. Diese war zudem klar und unmissverständlich kommuniziert worden. Sein dieser Feriensperre widersprechendes Gesuch wurde rechtzeitig und deutlich abgelehnt. Schliesslich wurde ihm schriftlich die fristlose Entlassung angedroht für den Fall, dass er trotzdem im fraglichen Zeitraum Ferien beziehen würde. Unter diesen Umständen hat die Vorinstanz ihr Ermessen korrekt ausgeübt, wenn sie den eigenmächtigen Ferienbezug als wichtigen Grund anerkannte. Ihr Ermessensentscheid erweist sich auch nicht als offensichtlich unbillig, als in stossender Weise ungerecht. Für das Bundesgericht besteht daher kein Grund einzuschreiten. 4.3 Der Kläger wendet ein, es seien lediglich die unbewiesenen Betriebsinteressen und die Mitteilungen der Beklagten berücksichtigt worden. Entgegen <ref-ruling> E. 1 seien nicht alle Umstände des Einzelfalles geprüft worden. Welche beachtlichen konkreten Umstände nicht gewürdigt wurden, legt er nicht dar, sondern begnügt sich im Wesentlichen damit, in unzulässiger Weise (vgl. die vorstehende Erwägung 1) auf seine kantonalen Rechtsschriften zu verweisen. Damit ist er nicht zu hören. Die Vorinstanz hat zugunsten des Klägers auch durchaus berücksichtigt, dass das Arbeitsverhältnis ein langjähriges gewesen, und er als Mitarbeiter geschätzt worden sei. Daraus könne aber nicht abgeleitet werden, dass sich die Beklagte den eigenmächtigen Ferienbezug habe gefallen lassen müssen. Der Kläger hält dem entgegen, es sei doch lachhaft, wenn einer von achtzig Mitarbeitern zweieinhalb Tage frei wolle, wenn er noch 63.75 Überstunden zu gut habe, um erstmals mit seiner Frau nach 8 Jahren Ehe gemeinsam ein paar Tage Ferien zu machen. Insoweit bezieht er sich auf Sachverhaltselemente, die im angefochtenen Urteil keine Stütze finden. Da er in diesem Zusammenhang keine Ausnahme von der Bindung des Bundesgerichts an die vorinstanzlichen Sachverhaltsfeststellungen im Sinne von Art. 63 Abs. 2 und Art. 64 OG substanziiert, ist er mit seinen entsprechenden Vorbringen nicht zu hören (vgl. <ref-ruling> E.2.2, insbes. S. 107 sowie die vorstehende Erwägung 2). Auf der Grundlage des von der Vorinstanz festgestellten Sachverhalts liegen keine Umstände vor, welche die fristlose Entlassung wegen eigenmächtigen Ferienbezugs als nicht gerechtfertigt erscheinen liessen. 4.3 Der Kläger wendet ein, es seien lediglich die unbewiesenen Betriebsinteressen und die Mitteilungen der Beklagten berücksichtigt worden. Entgegen <ref-ruling> E. 1 seien nicht alle Umstände des Einzelfalles geprüft worden. Welche beachtlichen konkreten Umstände nicht gewürdigt wurden, legt er nicht dar, sondern begnügt sich im Wesentlichen damit, in unzulässiger Weise (vgl. die vorstehende Erwägung 1) auf seine kantonalen Rechtsschriften zu verweisen. Damit ist er nicht zu hören. Die Vorinstanz hat zugunsten des Klägers auch durchaus berücksichtigt, dass das Arbeitsverhältnis ein langjähriges gewesen, und er als Mitarbeiter geschätzt worden sei. Daraus könne aber nicht abgeleitet werden, dass sich die Beklagte den eigenmächtigen Ferienbezug habe gefallen lassen müssen. Der Kläger hält dem entgegen, es sei doch lachhaft, wenn einer von achtzig Mitarbeitern zweieinhalb Tage frei wolle, wenn er noch 63.75 Überstunden zu gut habe, um erstmals mit seiner Frau nach 8 Jahren Ehe gemeinsam ein paar Tage Ferien zu machen. Insoweit bezieht er sich auf Sachverhaltselemente, die im angefochtenen Urteil keine Stütze finden. Da er in diesem Zusammenhang keine Ausnahme von der Bindung des Bundesgerichts an die vorinstanzlichen Sachverhaltsfeststellungen im Sinne von Art. 63 Abs. 2 und Art. 64 OG substanziiert, ist er mit seinen entsprechenden Vorbringen nicht zu hören (vgl. <ref-ruling> E.2.2, insbes. S. 107 sowie die vorstehende Erwägung 2). Auf der Grundlage des von der Vorinstanz festgestellten Sachverhalts liegen keine Umstände vor, welche die fristlose Entlassung wegen eigenmächtigen Ferienbezugs als nicht gerechtfertigt erscheinen liessen. 5. Die Berufung erweist sich mithin als unbegründet und ist abzuweisen. Verfahrenskosten sind mit Blick auf den Streitwert keine zu erheben (<ref-law>). Die in der Sache obsiegende Partei hat auch in Verfahren, die nach <ref-law> kostenlos sind, grundsätzlich Anspruch auf Ersatz der Parteikosten (<ref-ruling> E. 5c S. 42). Der Kläger hat demnach der anwaltlich vertretenen Beklagten die Parteikosten für das bundesgerichtliche Verfahren zu ersetzen (Art. 159 Abs. 2 OG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Berufung wird abgewiesen. 1. Die Berufung wird abgewiesen. 2. Es werden keine Kosten erhoben. 2. Es werden keine Kosten erhoben. 3. Der Kläger hat die Beklagte für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 1'000.-- zu entschädigen. 3. Der Kläger hat die Beklagte für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 1'000.-- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Kantonsgericht Basel-Landschaft, Abteilung Zivil- und Strafrecht, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 22. Juli 2004 Im Namen der I. Zivilabteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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Das Bundesgericht stellt fest und zieht in Erwägung: Das Bundesgericht stellt fest und zieht in Erwägung: 1. 1.1 X._ (geb. 1978) und Y._ (geb. 1983) stammen aus Armenien und reisten am 23. September 2003 illegal in die Schweiz ein. Das Bundesamt für Flüchtlinge lehnte ihre Asylgesuche am 10. März 2004 ab und wies die Gesuchsteller weg. Das Beschwerdeverfahren hiergegen ist bei der Schweizerischen Asylrekurskommission hängig. Am 29. April 2004 wurde ihnen gestattet, den Entscheid in der Schweiz abzuwarten. 1.2 Am 6. April 2004 grenzte das Amt für Migration Basel-Landschaft X._ und Y._ auf das Gebiet des Bezirks Liestal ein, nachdem sie am 1. April 2004 im Zusammenhang mit zwei Ladendiebstählen in Muttenz (Deliktsbetrag: rund Fr. 765.--) angehalten worden waren; mit Strafbefehl vom 13. September 2004 wurden sie in diesem Zusammenhang zu einer bedingten Gefängnisstrafe von 15 Tagen verurteilt. Am 19. April 2005 lehnte das Amt für Migration es ab, auf die Eingrenzung wiedererwägungsweise zurückzukommen. Der Einzelrichter für Zwangsmassnahmen im Ausländerrecht am Kantonsgericht Basel-Landschaft bestätigte diesen Entscheid auf Beschwerde hin am 1. Juni 2005. 1.3 X._ und Y._ beantragen vor Bundesgericht, das Urteil des Einzelrichters für Zwangsmassnahmen im Ausländerrecht aufzuheben und ihre Eingrenzung ausser Kraft zu setzen. 1.3 X._ und Y._ beantragen vor Bundesgericht, das Urteil des Einzelrichters für Zwangsmassnahmen im Ausländerrecht aufzuheben und ihre Eingrenzung ausser Kraft zu setzen. 2. Die Beschwerde erweist sich aufgrund der eingeholten Akten als offensichtlich unbegründet und kann ohne Schriftenwechsel im vereinfachten Verfahren nach Art. 36a OG erledigt werden: 2.1 Einem Ausländer, der keine Aufenthalts- und Niederlassungsbewilligung besitzt und der die öffentliche Sicherheit und Ordnung stört oder gefährdet, darf - insbesondere zur Bekämpfung des widerrechtlichen Betäubungsmittelhandels - die Auflage gemacht werden, ein ihm zugewiesenes Gebiet nicht zu verlassen oder ein bestimmtes Gebiet nicht zu betreten (Art. 13e ANAG; SR 142.20). Die Voraussetzungen, unter denen diese Massnahme angeordnet werden kann, sind praxisgemäss nicht sehr streng, da für den Betroffenen damit nur ein relativ geringer Eingriff in seine persönliche Freiheit verbunden ist. Es ist im Rahmen von Art. 13e ANAG von einem weiten Begriff des Polizeigüterschutzes auszugehen (Urteil 2A.347/2003 vom 24. November 2003, E. 2.2 mit weiteren Hinweisen). Eine Ein- oder Ausgrenzung rechtfertigt sich nicht nur bei einem erstellten deliktischen Verhalten; vielmehr genügt, wenn konkrete Anhaltspunkte für den Verdacht auf (künftige) strafbare Handlungen bestehen oder der Betroffene in grober Weise gegen ungeschriebene Regeln des sozialen Zusammenlebens verstösst bzw. wiederholt und schwerwiegend fremdenpolizeiliche Vorschriften und Anordnungen missachtet (BBl 1994 I 327; Urteile 2A.347/2003 vom 24. November 2003, E. 2, und 2A.148/2003 vom 30. Mai 2003, E. 2.3 mit weiteren Hinweisen; Hugi Yar, Zwangsmassnahmen im Ausländerrecht, in: Uebersax/Münch/Geiser/Arnold, Ausländerrecht, Basel/Genf/München 2002, Rz. 7.123 ff.). Die Ein- oder Ausgrenzung muss geeignet und erforderlich sein, die Störung oder Gefährdung der öffentlichen Sicherheit und Ordnung zu beseitigen bzw. zu begrenzen; überdies haben Zweck und Mittel in einem vernünftigen Verhältnis zueinander zu stehen, was insbesondere bei der Festlegung der Grösse des Rayons und der Dauer der Massnahme zu beachten ist (Urteile 2A.347/2003 vom 24. November 2003, E. 2.1, 2A.148/2003 vom 30. Mai 2003, E. 2.4, und 2A.583/2000 vom 6. April 2001, E. 2c; Hugi Yar, a.a.O., Rz. 7.125). 2.1 Einem Ausländer, der keine Aufenthalts- und Niederlassungsbewilligung besitzt und der die öffentliche Sicherheit und Ordnung stört oder gefährdet, darf - insbesondere zur Bekämpfung des widerrechtlichen Betäubungsmittelhandels - die Auflage gemacht werden, ein ihm zugewiesenes Gebiet nicht zu verlassen oder ein bestimmtes Gebiet nicht zu betreten (Art. 13e ANAG; SR 142.20). Die Voraussetzungen, unter denen diese Massnahme angeordnet werden kann, sind praxisgemäss nicht sehr streng, da für den Betroffenen damit nur ein relativ geringer Eingriff in seine persönliche Freiheit verbunden ist. Es ist im Rahmen von Art. 13e ANAG von einem weiten Begriff des Polizeigüterschutzes auszugehen (Urteil 2A.347/2003 vom 24. November 2003, E. 2.2 mit weiteren Hinweisen). Eine Ein- oder Ausgrenzung rechtfertigt sich nicht nur bei einem erstellten deliktischen Verhalten; vielmehr genügt, wenn konkrete Anhaltspunkte für den Verdacht auf (künftige) strafbare Handlungen bestehen oder der Betroffene in grober Weise gegen ungeschriebene Regeln des sozialen Zusammenlebens verstösst bzw. wiederholt und schwerwiegend fremdenpolizeiliche Vorschriften und Anordnungen missachtet (BBl 1994 I 327; Urteile 2A.347/2003 vom 24. November 2003, E. 2, und 2A.148/2003 vom 30. Mai 2003, E. 2.3 mit weiteren Hinweisen; Hugi Yar, Zwangsmassnahmen im Ausländerrecht, in: Uebersax/Münch/Geiser/Arnold, Ausländerrecht, Basel/Genf/München 2002, Rz. 7.123 ff.). Die Ein- oder Ausgrenzung muss geeignet und erforderlich sein, die Störung oder Gefährdung der öffentlichen Sicherheit und Ordnung zu beseitigen bzw. zu begrenzen; überdies haben Zweck und Mittel in einem vernünftigen Verhältnis zueinander zu stehen, was insbesondere bei der Festlegung der Grösse des Rayons und der Dauer der Massnahme zu beachten ist (Urteile 2A.347/2003 vom 24. November 2003, E. 2.1, 2A.148/2003 vom 30. Mai 2003, E. 2.4, und 2A.583/2000 vom 6. April 2001, E. 2c; Hugi Yar, a.a.O., Rz. 7.125). 2.2 Wenn die kantonalen Behörden es im vorliegenden Fall abgelehnt haben, vor einer Bewährung der Beschwerdeführer während mindestens eines (weiteren) Jahres auf die Eingrenzung zurückzukommen, ist dies nicht zu beanstanden: 2.2.1 Die Beschwerdeführer wurden auf den Bezirk Liestal eingegrenzt, nachdem sie in Muttenz zwei Ladendiebstähle begangen hatten. Dieser Entscheid erwuchs unangefochten in Rechtskraft. Obwohl die Beschwerdeführer in der Folge erklärten, sich wohlverhalten zu wollen, wurden sie bei weiteren Diebstählen angehalten; dabei missachteten sie teilweise auch die angeordnete Eingrenzung: Am 22. Mai 2004 beging Y._ einen Ladendiebstahl in Füllinsdorf (Deliktsbetrag: Fr. 558.00); am 1. Juli 2004 ist X._ in Genf kontrolliert worden; am 31. August 2004 wurde er in Frenkendorf bei einem (weiteren) Ladendiebstahl (Deliktsbetrag: Fr. 20.75) festgenommen; am 19. Januar 2005 kam es - in Verletzung der Eingrenzung - zu einem zusätzlichen Diebstahlsversuch der Ehegatten X._-Y._ in Sissach. Es kann unter diesen Umständen keine Rede davon sein, dass sie sich bewährt hätten und bereits jetzt die begründete Hoffnung besteht, sie würden sich künftig wohlverhalten (vgl. Hugi Yar, a.a.O., Rz. 7.125). 2.2.2 Was die Beschwerdeführer hiergegen einwenden, überzeugt nicht: Sie verfügen hier über kein gefestigtes Anwesenheitsrecht oder einen entsprechenden Aufenthaltstitel, weshalb ihre diesbezüglichen Ausführungen an der Sache vorbei gehen. Soweit sie geltend machen, dass es sich jeweils nur um geringe Deliktsbeträge gehandelt habe (S. 5: "Straftaten à la Eierdiebstahl"), verharmlosen sie ihr Verhalten und verkennen sie die Häufung der Diebstähle und der Diebstahlsversuche. Die verschiedenen Anhaltungen vermochten sie bisher - trotz ihrer anders lautenden Beteuerungen - jeweils nicht von weiteren Delikten abzuhalten. Sie missachteten dabei wiederholt die rechtskräftig angeordnete Eingrenzung. Die Verletzung einer solchen kann die Vorbereitungs- oder Ausschaffungshaft nach sich ziehen (vgl. Art. 13a lit. b bzw. Art. 13b Abs. 1 lit. b ANAG; <ref-ruling> E. 3). Unter diesen Umständen ist die blosse Aufrechterhaltung der bereits angeordneten Eingrenzung nach deren Missachtung ohne weiteres verhältnismässig, zumal auf begründetes Gesuch hin Ausnahmen für Besuche ausserhalb des Rayons möglich bleiben (vgl. Hugi Yar, a.a.O., Rz. 7.125). Die Aufrechterhaltung der Eingrenzung erlaubt es, den Aufenthalt der Beschwerdeführer besser zu kontrollieren und der mit ihren wiederholten Diebstählen verbundenen Gefährdung der öffentlichen Ordnung entgegenzuwirken. Für alles Weitere kann auf die zutreffenden Ausführungen im angefochtenen Entscheid und in der Stellungnahme des Amts für Migration an den Haftrichter vom 23. Mai 2005 verwiesen werden (Art. 36a Abs. 3 OG). 2.2.2 Was die Beschwerdeführer hiergegen einwenden, überzeugt nicht: Sie verfügen hier über kein gefestigtes Anwesenheitsrecht oder einen entsprechenden Aufenthaltstitel, weshalb ihre diesbezüglichen Ausführungen an der Sache vorbei gehen. Soweit sie geltend machen, dass es sich jeweils nur um geringe Deliktsbeträge gehandelt habe (S. 5: "Straftaten à la Eierdiebstahl"), verharmlosen sie ihr Verhalten und verkennen sie die Häufung der Diebstähle und der Diebstahlsversuche. Die verschiedenen Anhaltungen vermochten sie bisher - trotz ihrer anders lautenden Beteuerungen - jeweils nicht von weiteren Delikten abzuhalten. Sie missachteten dabei wiederholt die rechtskräftig angeordnete Eingrenzung. Die Verletzung einer solchen kann die Vorbereitungs- oder Ausschaffungshaft nach sich ziehen (vgl. Art. 13a lit. b bzw. Art. 13b Abs. 1 lit. b ANAG; <ref-ruling> E. 3). Unter diesen Umständen ist die blosse Aufrechterhaltung der bereits angeordneten Eingrenzung nach deren Missachtung ohne weiteres verhältnismässig, zumal auf begründetes Gesuch hin Ausnahmen für Besuche ausserhalb des Rayons möglich bleiben (vgl. Hugi Yar, a.a.O., Rz. 7.125). Die Aufrechterhaltung der Eingrenzung erlaubt es, den Aufenthalt der Beschwerdeführer besser zu kontrollieren und der mit ihren wiederholten Diebstählen verbundenen Gefährdung der öffentlichen Ordnung entgegenzuwirken. Für alles Weitere kann auf die zutreffenden Ausführungen im angefochtenen Entscheid und in der Stellungnahme des Amts für Migration an den Haftrichter vom 23. Mai 2005 verwiesen werden (Art. 36a Abs. 3 OG). 3. Dem Verfahrensausgang entsprechend werden die Beschwerdeführer kostenpflichtig (Art. 156 Abs. 1 in Verbindung mit Art. 153 und Art. 153a OG). Ihrem Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege ist nicht zu entsprechen, da ihre Eingabe zum vornherein aussichtslos war (vgl. Art. 152 Abs. 1 OG). Parteientschädigungen sind nicht geschuldet (Art. 159 Abs. 2 OG).
Demnach erkennt das Bundesgericht im Verfahren nach Art. 36a OG: im Verfahren nach Art. 36a OG: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 3. Die Gerichtsgebühr von Fr. 200.-- wird den Beschwerdeführern unter solidarischer Haftbarkeit auferlegt. 3. Die Gerichtsgebühr von Fr. 200.-- wird den Beschwerdeführern unter solidarischer Haftbarkeit auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Beschwerdeführern, dem Amt für Migration und dem Kantonsgericht Basel-Landschaft, Abteilung Verfassungs- und Verwaltungsrecht, sowie dem Bundesamt für Migration schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 8. Juli 2005 Im Namen der II. öffentlichrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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2,002
fr
Le Tribunal fédéral considère en fait et en droit:
Le Tribunal fédéral considère en fait et en droit: Le Tribunal fédéral considère en fait et en droit: 1.1 Né le 4 janvier 1984, M._, ressortissant de la République démocratique du Congo, est entré en Suisse sans visa le 30 juin 2000. Il a sollicité une autorisation de séjour au titre de regroupement familial avec sa mère, G._, au bénéfice d'une autorisation de séjour obtenue à la suite d'un mariage avec un citoyen suisse. Le 4 décembre 2000, le Service de la population du canton de Vaud a refusé de délivrer l'autorisation requise à M._. Cette décision, qui n'a pas été attaquée, est entrée en force. Le 4 décembre 2000, le Service de la population du canton de Vaud a refusé de délivrer l'autorisation requise à M._. Cette décision, qui n'a pas été attaquée, est entrée en force. 1.2 Le 13 mars 2001, M._ a présenté une requête tendant à la délivrance d'une autorisation de séjour pour cas de rigueur au sens de l'art. 13 lettre f de l'ordonnance du 6 octobre 1986 limitant le nombre des étrangers (OLE; RS 823.21). Par décision du 27 juillet 2001, le Service de la population a refusé de lui délivrer une autorisation de séjour sous quelque forme que ce soit. Statuant sur recours le 28 décembre 2001, le Tribunal administratif du canton de Vaud a confirmé cette décision et imparti à M._ un délai échéant le 31 janvier 2002 pour quitter le territoire vaudois. Il a estimé en bref que l'intéressé ne remplissait pas les conditions pour bénéficier d'une exemption des mesures de limitation et qu'il ne se justifiait donc pas de transmettre le dossier à l'autorité fédérale compétente pour examiner la question de l'assujettissement aux mesures de limitation. Statuant sur recours le 28 décembre 2001, le Tribunal administratif du canton de Vaud a confirmé cette décision et imparti à M._ un délai échéant le 31 janvier 2002 pour quitter le territoire vaudois. Il a estimé en bref que l'intéressé ne remplissait pas les conditions pour bénéficier d'une exemption des mesures de limitation et qu'il ne se justifiait donc pas de transmettre le dossier à l'autorité fédérale compétente pour examiner la question de l'assujettissement aux mesures de limitation. 1.3 Agissant par la voie du recours de droit public, M._ et sa mère G._ demandent au Tribunal fédéral d'annuler notamment l'arrêt précité du 28 décembre 2001. Le Tribunal administratif a produit le dossier de la cause. Le Tribunal administratif a produit le dossier de la cause. Le Tribunal administratif a produit le dossier de la cause. 2.1 L'objet du présent litige ne porte pas sur la question de savoir si M._ a droit ou non à une autorisation de séjour au titre de regroupement familial sur la base notamment de l'art. 8 CEDH. Ce point a été définitivement tranché par décision négative du Service de la population du 4 décembre 2000, qui est entrée en force Il convient donc uniquement d'examiner si c'est à tort ou à raison que les autorités cantonales ont refusé de transmettre à l'autorité fédérale compétente la requête visant à exempter M._ des mesures de limitation selon l'art. 13 lettre f OLE. Ainsi, dans la mesure où les recourants s'en prennent au refus d'accorder à M._ une autorisation de séjour, leur recours est irrecevable. Il convient donc uniquement d'examiner si c'est à tort ou à raison que les autorités cantonales ont refusé de transmettre à l'autorité fédérale compétente la requête visant à exempter M._ des mesures de limitation selon l'art. 13 lettre f OLE. Ainsi, dans la mesure où les recourants s'en prennent au refus d'accorder à M._ une autorisation de séjour, leur recours est irrecevable. 2.2 Selon la jurisprudence, les autorités cantonales compétentes n'ont pas l'obligation de transmettre la requête d'un étranger tendant à l'exemption aux mesures de limitation à l'autorité fédérale compétente (l'Office fédéral des étrangers), lorsqu'elles n'entendent de toute façon pas lui délivrer une autorisation de séjour, fût-elle hors contingent (cf. <ref-ruling> consid. 2c p. 96/97). 2.2 Selon la jurisprudence, les autorités cantonales compétentes n'ont pas l'obligation de transmettre la requête d'un étranger tendant à l'exemption aux mesures de limitation à l'autorité fédérale compétente (l'Office fédéral des étrangers), lorsqu'elles n'entendent de toute façon pas lui délivrer une autorisation de séjour, fût-elle hors contingent (cf. <ref-ruling> consid. 2c p. 96/97). 2.3 En l'espèce, les autorités cantonales compétentes ont clairement indiqué qu'elles n'étaient pas disposées à délivrer à M._ une autorisation de séjour, fût-elle hors contingent. Dès lors, elles n'ont pas commis d'arbitraire ni de déni de justice formel en refusant de transmettre l'affaire à l'Office fédéral des étrangers pour qu'il statue sur la question de l'assujettissement de l'intéressé aux mesures de limitation. Le Tribunal administratif n'a par ailleurs pas violé le droit d'être entendu (art. 29 al. 2 Cst.) des recourants en renonçant à l'audition des témoins proposés et à la tenue d'une audience. En effet, il convient tout d'abord de relever que les recourants ont eu la possibilité de déposer des déclarations écrites des personnes qu'ils souhaitaient faire entendre et de s'exprimer largement par écrit, ce qui n'est pas contesté. Cela dit, les recourants n'indiquent pas sur quels faits déterminants pour l'issue de la cause les témoins en question auraient encore dû être entendus verbalement par le Tribunal administratif. Quoi qu'il en soit, force est de constater que, sur la base des pièces du dossier, la Cour cantonale pouvait s'estimer suffisamment renseignée sur tous les faits importants de la cause et considérer la déposition des témoins devant elle comme superflue par une appréciation anticipée des preuves échappant au grief d'arbitraire. A cela s'ajoute que l'art. 29 al. 2 Cst. (qui correspond à l'art. 4 aCst) ne confère pas un droit inconditionnel à la tenue d'une audience et donc à s'exprimer oralement dans le cadre d'une procédure administrative (cf. <ref-ruling> consid. 9b p. 219 et l'arrêt cité). Les recourants ne peuvent pas non plus déduire un tel droit de l'art. 6 CEDH qui n'est pas applicable aux contestations sur l'entrée et le séjour des étrangers (arrêt non publié du 30 septembre 1998 en la cause Karagöz, consid. 2). Le Tribunal administratif n'a par ailleurs pas violé le droit d'être entendu (art. 29 al. 2 Cst.) des recourants en renonçant à l'audition des témoins proposés et à la tenue d'une audience. En effet, il convient tout d'abord de relever que les recourants ont eu la possibilité de déposer des déclarations écrites des personnes qu'ils souhaitaient faire entendre et de s'exprimer largement par écrit, ce qui n'est pas contesté. Cela dit, les recourants n'indiquent pas sur quels faits déterminants pour l'issue de la cause les témoins en question auraient encore dû être entendus verbalement par le Tribunal administratif. Quoi qu'il en soit, force est de constater que, sur la base des pièces du dossier, la Cour cantonale pouvait s'estimer suffisamment renseignée sur tous les faits importants de la cause et considérer la déposition des témoins devant elle comme superflue par une appréciation anticipée des preuves échappant au grief d'arbitraire. A cela s'ajoute que l'art. 29 al. 2 Cst. (qui correspond à l'art. 4 aCst) ne confère pas un droit inconditionnel à la tenue d'une audience et donc à s'exprimer oralement dans le cadre d'une procédure administrative (cf. <ref-ruling> consid. 9b p. 219 et l'arrêt cité). Les recourants ne peuvent pas non plus déduire un tel droit de l'art. 6 CEDH qui n'est pas applicable aux contestations sur l'entrée et le séjour des étrangers (arrêt non publié du 30 septembre 1998 en la cause Karagöz, consid. 2). 2.4 En conclusion, le recours doit être rejeté dans la mesure où il est recevable selon la procédure simplifiée de l'art. 36a OJ, sans qu'il soit nécessaire d'inviter les autorités concernées à déposer leur réponse. Vu l'issue du litige, la requête d'effet suspensif devient sans objet. Succombant, les recourants doivent supporter, solidairement entre eux, un émolument judiciaire (art. 156 al. 1 et 7 OJ).
Par ces motifs, vu l'art. 36a OJ, le Tribunal fédéral prononce: 1. Rejette le recours dans la mesure où il est recevable. 1. Rejette le recours dans la mesure où il est recevable. 2. Met un émolument judiciaire de 1'000 fr. à la charge des recourants, solidairement entre eux. 2. Met un émolument judiciaire de 1'000 fr. à la charge des recourants, solidairement entre eux. 3. Communique le présent arrêt en copie aux recourants, au Service de la population et au Tribunal administratif du canton de Vaud ainsi qu'à l'Office fédéral des étrangers. Lausanne, le 31 janvier 2002 LGE/elo Au nom de la IIe Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le président: Le greffier:
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2,013
de
Nach Einsicht in die Beschwerde nach <ref-law> gegen den Entscheid vom 27. Mai 2013 des Obergerichts des Kantons Aargau,
in Erwägung, dass der Beschwerdeführer mit Nachfristansetzung gemäss <ref-law> vom 11. Oktober 2013 unter Androhung des Nichteintretens bei Säumnis aufgefordert worden ist, den (ihm mit Verfügung vom 10. September 2013 auferlegten, jedoch nicht eingegangenen) Kostenvorschuss von Fr. 5'000.-- innerhalb einer nicht erstreckbaren Nachfrist von 10 Tagen seit der (auf Grund von <ref-law>) als am siebenten Tag der postalischen Abholfrist, d.h. als am 21. Oktober 2013 erfolgt geltenden Zustellung dem Bundesgericht in bar zu zahlen oder zu Gunsten der Bundesgerichtskasse (Postkonto 10-674-3)entweder an einem Schalter der Schweizerischen Post zu übergeben oder (bei Erteilung eines Zahlungsauftrags an die Post oder an eine Bank) einem in der Schweiz befindlichen Post- bzw. Bankkonto der Beschwerde führenden Partei oder ihres Vertreters zu belasten (Art. 48Abs. 4 BGG) und ausserdem (bei Erteilung eines Zahlungsauftrags) der Bundesgerichtskasse innerhalb von 10 Tagen seit Ablauf der nicht erstreckbaren Nachfrist eine Bestätigung der Postfinance bzw. der Bank einzureichen, wonach der Vorschussbetrag fristgerecht dem Post- bzw. Bankkonto belastet worden ist, dass die vom Beschwerdeführer (gemäss Sendungsinformationen der Post) erwirkte Verlängerung der postalischen Aufbewahrungsfrist bis zum 18. November 2013 die Zustellfiktion nicht hinausschob und deshalb am Zustelldatum des 21. Oktober 2013 nichts zu ändern vermochte (<ref-ruling>), dass somit das vom Beschwerdeführer erst am 28. November 2013 eingereichte Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege (samt Eventualbegehren auf Ansetzung einer weiteren Nachfrist) nach Ablauf der Nachfrist gestellt worden ist und daher unbeachtlich zu bleiben hat, dass festzustellen bleibt, dass der Beschwerdeführer den Kostenvorschuss auch innerhalb der Nachfrist weder bei der Bundesgerichtskasse in bar geleistet noch zu deren Gunsten an einem Postschalter übergeben und auch nicht den (für den Fall eines Zahlungsauftrags) ihm obliegenden Nachweis der rechtzeitigen Vorschussleistung durch Belastungsbestätigung erbracht hat, weshalb androhungsgemäss gestützt auf <ref-law> im Verfahren nach <ref-law> auf die Beschwerde nicht einzutreten ist und der Beschwerdeführer kostenpflichtig wird (<ref-law>),
erkennt das präsidierende Mitglied: 1. Auf das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege (samt Eventualbegehren auf Ansetzung einer weiteren Nachfrist) wird nicht eingetreten. 2. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 500.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Aargau schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 2. Dezember 2013 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Escher Der Gerichtsschreiber: Füllemann
CH_BGer_005
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2,010
de
Der Einzelrichter zieht in Erwägung: 1. Der Beschwerdeführer wurde in Anwendung von <ref-law> mit Verfügung vom 14. Mai 2010 aufgefordert, dem Bundesgericht bis zum 26. Mai 2010 den vollständigen angefochtenen Entscheid einzureichen, ansonsten die Rechtsschrift unbeachtet bleibe. Der Beschwerdeführer hat sich innert Frist nicht mehr gemeldet. Auf die Beschwerde ist androhungsgemäss im Verfahren nach <ref-law> nicht einzutreten. 2. Die Gerichtskosten sind dem Beschwerdeführer aufzuerlegen (<ref-law>. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege ist in Anwendung von <ref-law> abzuweisen, weil die Rechtsbegehren aussichtslos erschienen. Der finanziellen Lage des Beschwerdeführers ist bei der Bemessung der Gerichtsgebühr Rechnung zu tragen (<ref-law>).
Demnach erkennt der Einzelrichter: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 500.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Zürich, I. Strafkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 8. Juni 2010 Im Namen der Strafrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Einzelrichter: Der Gerichtsschreiber: Schneider Monn
CH_BGer_011
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142
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2,008
fr
Faits: Faits: A. R._, tenancier du Café X._, a conclu avec le Groupe Mutuel Assurances (ci-après: l'assureur) un contrat d'assurance collective d'indemnité journalière (n° Y._) entré en vigueur le 1er mai 2003 pour lui-même et le personnel de son établissement. Par lettre du 28 septembre 2005, il a résilié le contrat précité avec effet au 31 décembre 2005. Cette requête fut acceptée par l'assureur le 6 octobre 2005. A la suite d'une incapacité de travail subie par R._ dès le 15 octobre 2005, l'assureur a accepté de lui servir des indemnités journalières jusqu'au terme du contrat d'assurance, soit jusqu'au 31 décembre 2005. Le 8 novembre 2005, l'assuré a requis l'annulation de sa demande de résiliation du contrat d'assurance collective, ce que l'assureur a refusé par courrier du 16 novembre suivant. Le 29 décembre 2005, l'assuré a attiré l'attention de l'assureur sur le fait qu'il n'avait pas été renseigné sur son droit au maintien du rapport d'assurance à titre individuel et a précisé expressément qu'il entendait exercer ce droit à compter du 1er janvier 2006. Par décision formelle du 4 janvier 2006, complétée le 16 janvier suivant, l'assureur a refusé d'accorder à l'assuré un droit de passage dans l'assurance individuelle car ce dernier faisait toujours partie du cercle des assurés du Café X._ et son contrat de travail n'avait pas été résilié. Selon l'assureur, il ne s'agissait pas d'un changement d'employeur mais uniquement d'une résiliation volontaire d'assurance d'indemnité journalière. Cette décision a été confirmée sur opposition le 14 février 2006. A la suite d'une incapacité de travail subie par R._ dès le 15 octobre 2005, l'assureur a accepté de lui servir des indemnités journalières jusqu'au terme du contrat d'assurance, soit jusqu'au 31 décembre 2005. Le 8 novembre 2005, l'assuré a requis l'annulation de sa demande de résiliation du contrat d'assurance collective, ce que l'assureur a refusé par courrier du 16 novembre suivant. Le 29 décembre 2005, l'assuré a attiré l'attention de l'assureur sur le fait qu'il n'avait pas été renseigné sur son droit au maintien du rapport d'assurance à titre individuel et a précisé expressément qu'il entendait exercer ce droit à compter du 1er janvier 2006. Par décision formelle du 4 janvier 2006, complétée le 16 janvier suivant, l'assureur a refusé d'accorder à l'assuré un droit de passage dans l'assurance individuelle car ce dernier faisait toujours partie du cercle des assurés du Café X._ et son contrat de travail n'avait pas été résilié. Selon l'assureur, il ne s'agissait pas d'un changement d'employeur mais uniquement d'une résiliation volontaire d'assurance d'indemnité journalière. Cette décision a été confirmée sur opposition le 14 février 2006. B. Par jugement du 25 septembre 2006, le Tribunal cantonal des assurances du canton du Valais a rejeté le recours formé par l'assuré contre la décision sur opposition du 14 février 2006. B. Par jugement du 25 septembre 2006, le Tribunal cantonal des assurances du canton du Valais a rejeté le recours formé par l'assuré contre la décision sur opposition du 14 février 2006. C. R._ a interjeté un recours de droit administratif contre ce jugement dont il a requis l'annulation en concluant, sous suite de frais et dépens, au versement d'indemnités journalières au-delà du 31 décembre 2005. L'assureur a conclu au rejet du recours tandis que l'Office fédéral de la santé publique a renoncé à se déterminer.
Considérant en droit: Considérant en droit: 1. La loi sur le Tribunal fédéral du 17 juin 2005 (LTF; RS 173.110) est entrée en vigueur le 1er janvier 2007 (RO 2006 1205, 1242). L'acte attaqué ayant été rendu avant cette date, la procédure reste régie par l'OJ (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 1.2 p. 395). 1. La loi sur le Tribunal fédéral du 17 juin 2005 (LTF; RS 173.110) est entrée en vigueur le 1er janvier 2007 (RO 2006 1205, 1242). L'acte attaqué ayant été rendu avant cette date, la procédure reste régie par l'OJ (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 1.2 p. 395). 2. Comme en matière d'affiliation, le litige portant sur le passage de l'assurance collective dans l'assurance individuelle dans le cadre de l'assurance facultative d'indemnités journalières (<ref-law>, en particulier l'<ref-law>) ne concerne pas l'octroi de prestations d'assurance au sens de l'art. 132 OJ (cf. SVR 2003 KV n° 6 p. 29, 2000 KV n° 25 p. 83), de sorte que le pouvoir d'examen du juge est restreint. 2. Comme en matière d'affiliation, le litige portant sur le passage de l'assurance collective dans l'assurance individuelle dans le cadre de l'assurance facultative d'indemnités journalières (<ref-law>, en particulier l'<ref-law>) ne concerne pas l'octroi de prestations d'assurance au sens de l'art. 132 OJ (cf. SVR 2003 KV n° 6 p. 29, 2000 KV n° 25 p. 83), de sorte que le pouvoir d'examen du juge est restreint. 3. Aux termes de l'art. 71 al. 1 première phrase LAMal, lorsqu'un assuré sort de l'assurance collective parce qu'il cesse d'appartenir au cercle des assurés défini par le contrat ou parce que le contrat est résilié, il a le droit de passer dans l'assurance individuelle de l'assureur. L'<ref-law> prévoit que l'assureur doit faire en sorte que l'assuré soit renseigné par écrit sur son droit de passage dans l'assurance individuelle. S'il omet de le faire, l'assuré reste dans l'assurance collective. L'assuré doit faire valoir son droit de passage dans les trois mois qui suivent la réception de la communication. 3. Aux termes de l'art. 71 al. 1 première phrase LAMal, lorsqu'un assuré sort de l'assurance collective parce qu'il cesse d'appartenir au cercle des assurés défini par le contrat ou parce que le contrat est résilié, il a le droit de passer dans l'assurance individuelle de l'assureur. L'<ref-law> prévoit que l'assureur doit faire en sorte que l'assuré soit renseigné par écrit sur son droit de passage dans l'assurance individuelle. S'il omet de le faire, l'assuré reste dans l'assurance collective. L'assuré doit faire valoir son droit de passage dans les trois mois qui suivent la réception de la communication. 4. De manière à lier la Cour de céans, les premiers juges ont constaté que le recourant avait résilié en temps utile le contrat d'assurance collective conclu avec l'intimé pour lui-même et ses employés, avec effet au 31 décembre 2005. Pour cette raison, ils ont retenu que le recourant ne pouvait prétendre des prestations au-delà de cette date. Ils ont ensuite constaté que l'intimé n'avait pas renseigné le recourant sur son droit au libre passage dans l'assurance individuelle mais ont estimé que le recourant commettait un abus de droit en se prévalant du défaut de renseigner dès lors qu'il avait résilié volontairement le contrat d'assurance collective. 4. De manière à lier la Cour de céans, les premiers juges ont constaté que le recourant avait résilié en temps utile le contrat d'assurance collective conclu avec l'intimé pour lui-même et ses employés, avec effet au 31 décembre 2005. Pour cette raison, ils ont retenu que le recourant ne pouvait prétendre des prestations au-delà de cette date. Ils ont ensuite constaté que l'intimé n'avait pas renseigné le recourant sur son droit au libre passage dans l'assurance individuelle mais ont estimé que le recourant commettait un abus de droit en se prévalant du défaut de renseigner dès lors qu'il avait résilié volontairement le contrat d'assurance collective. 5. 5.1 Selon la jurisprudence, il n'existe pas, dans l'assurance facultative d'indemnités journalières prévue par les <ref-law>, d'obligation légale pour l'assureur de continuer d'allouer des prestations après la résiliation du rapport d'assurance pour des cas survenus antérieurement (<ref-ruling> ss consid. 3). Les conditions d'assurance de l'intimé ne dérogent pas aux principes exposés ci-dessus. En particulier, selon l'art. 19 des conditions particulières de l'assurance collective d'une indemnité journalière, la couverture d'assurance et le droit aux prestations prennent fin lorsque la résiliation du contrat collectif d'assurance devient effective. Tel était le cas en l'espèce au 31 décembre 2005. 5.2 Les premiers juges ont par ailleurs considéré à juste titre que le recourant ne pouvait se prévaloir, de bonne foi, de ne pas avoir été renseigné par l'intimé sur son droit au libre passage dans l'assurance individuelle. D'une part, en sa qualité d'employeur, il ne pouvait ignorer l'existence de ce droit, dès lors qu'il avait conclu lui-même le contrat n° Y._ le 3 juin 2003 et déclaré à ce moment avoir pris connaissance des conditions particulières de l'assurance collective d'une indemnité journalière - BE, partie intégrante de la convention, dont l'art. 20 précise expressément les modalités du passage dans l'assurance individuelle. D'autre part, c'est lui-même, en tant que preneur d'assurance, qui a résilié le contrat d'assurance collective. Or, l'<ref-law> a pour but de garantir aux assurés sortant involontairement d'une assurance collective d'indemnités journalières la continuation de leur couverture d'assurance dans l'assurance individuelle du même assureur sans l'institution de nouvelles réserves (SVR 2003 KV n° 6 p. 29 consid. 4.2, K 142/01). Au demeurant, la reconnaissance d'un défaut de renseigner ne pourrait entraîner le passage du recourant dans l'assurance individuelle, mais uniquement son maintien dans l'assurance collective (cf. art. 71 al. 2 2ème phrase LAMal), solution à laquelle il y a lieu de considérer, en l'espèce, que le recourant a expressément renoncé en résiliant le contrat au 31 décembre 2005. Vu ce qui précède, le recours est mal fondé.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours de droit administratif est rejeté. 1. Le recours de droit administratif est rejeté. 2. Il n'est pas perçu de frais judiciaires. 2. Il n'est pas perçu de frais judiciaires. 3. Le présent arrêt est communiqué aux parties, au Tribunal cantonal des assurances du canton du Valais et à l'Office fédéral de la santé publique. Lucerne, le 23 janvier 2008 Au nom de la IIe Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse Le Président: La Greffière: Meyer Fretz
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2,006
de
Sachverhalt: A. Die Schweizerische Bundesbahnen AG (im Folgenden: SBB) reichte am 20. Juli 2001 ein überarbeitetes Plangenehmigungsgesuch zur Lärmsanierung auf dem Gebiet der Stadt Baden ein. Das Projekt wurde vom 22. Oktober bis 21. November 2001 öffentlich aufgelegt. Während der Auflagefrist erhob unter anderem das Ehepaar X._ als Eigentümer der Liegenschaften Zürcherstrasse 69 und 71 Einsprache. Sie verlangten einerseits, dass die Südost-Fassade des Hauses Zürcherstrasse 71 in den Sanierungskataster aufgenommen werde, und andererseits, dass die Lärmschutzwand vor dem Haus Zürcherstrasse 69/71 bis zur Brücke über die Neuenhoferstrasse 4 m hoch zu erstellen bzw. auf weiteren 4 m von 2 auf 4 m zu erhöhen sei. Mit Verfügung vom 12. Mai 2004 erteilte das Bundesamt für Verkehr (BAV) den ihm vorgelegten Plänen die Plangenehmigung und gewährte für verschiedene Teilbereiche, so auch für den die Liegenschaften Zürcherstrasse 69/71 betreffenden Teilbereich, Erleichterungen. Die Einsprache des Ehepaars X._ wurde hinsichtlich des Begehrens um Erhöhung der Lärmschutzwand abgewiesen. Den Antrag um Einbezug der Südost-Fassade des Hauses Zürcherstrasse 71 in den Sanierungskataster schrieb das BAV als gegenstandslos geworden ab, da nachträglich Lärmberechnungen für diese Fassade angestellt und keine Überschreitungen des Immissionsgrenzwertes festgestellt worden seien. B. Gegen die Plangenehmigung des BAV vom 12. Mai 2004 erhob das Ehepaar X._ gemeinsam mit weiteren Grundeigentümern Verwaltungsbeschwerde bei der Eidgenössischen Rekurskommission für Infrastruktur und Umwelt (Rekurskommission INUM). Die Beschwerdeführer stellten folgende Anträge: "1. Die Lärmschutzwand LSW 2 sei Richtung Osten bis zur Brücke über die Neuenhoferstrasse (Autobahnzubringer) vier Meter hoch zu erstellen. Eventuell sei zu verfügen, dass die LSW 2 ab der Brücke über die Neuenhoferstrasse bis zur vier Meter hohen LSW schräg ansteigend ausgeführt werde. Der gebäudeseitige Lebhag sei entsprechend zu verlängern. 1. a) Es sei festzustellen, dass das Dröhnen der Betonbrücke über die Neuenhoferstrasse in den Beurteilungen der Lärmsituation nicht berücksichtigt wurde und sanierungspflichtig ist. a) Die SBB seien zu verpflichten, das Dröhnen ihrer Betonbrücke auf dem Wege einer angemessenen Mitwirkung und Kostentragung im bevorstehenden Verfahren des Kantons Aargau zur Lärmsanierung der unterführenden Neuenhoferstrasse (Autobahnzubringer, über den die Eisenbahnlinie führt) zu beheben (z.B. durch schallabsorbierendes Verkleiden der Brückenplatte und der Stützwände o.ä.). b) Eventuell sei die SBB zu verpflichten, das Dröhnen der Brücke über die Neuenhoferstrasse im Rahmen des Auflageprojekts lärmtechnisch zu sanieren. 2. a) Es sei festzustellen, dass die vorgezogene Erneuerung der Limmatbrücke unter Verletzung der damals geltenden Lärmschutzvorschriften erfolgte. a) Die SBB seien zu verpflichten, diesen Mangel innert der anwendbaren Sanierungsfrist zu beheben. b) Eventuell sei das Projekt, soweit es die Untere Limmatbrücke betrifft, in dieser Form vollumfänglich abzuweisen. Die generelle Projektierung sei zu überarbeiten, ev. unter Beizug eines Architekturbüros. Die SBB seien anzuweisen, bei der Überarbeitung die Anstösser, die Lärmopfer und die Delegierten der Quartiervereine in geeigneter Weise einzubeziehen." C. Mit Teilentscheid vom 14. Januar 2005 wies die Rekurskommission INUM die Beschwerde ab bzw. trat auf diese nicht ein, soweit sie von anderen Grundeigentümern als dem Ehepaar X._ erhoben worden war. Die hierauf eingereichte Verwaltungsgerichtsbeschwerde wies das Bundesgericht am 12. Mai 2005 ab, soweit darauf einzutreten war (1A.34/2005). Im Verlaufe des weiteren Instruktionsverfahrens vor der Rekurskommission INUM stellte das Ehepaar X._ verschiedene zusätzliche Begehren. Mit Entscheid vom 26. April 2006 hiess die Rekurskommission INUM die Beschwerde des Ehepaars X._ teilweise gut, soweit darauf eingetreten werden konnte. Sie ordnete an, dass die Lärmschutzwand 1 auf einer Länge von 4 m anschliessend an die Lärmschutzwand 2 mit einer Höhe von 4 m zu erstellen sei. Im Übrigen wies die Rekurskommission die Sache, soweit sie die untere Limmatbrücke betraf, im Sinne der Erwägungen 15 und 40 an das BAV zur Weiterführung des Verfahrens zurück. D. Das Ehepaar X._ hat gegen den Entscheid der Rekurskommission INUM vom 26. April 2006 Verwaltungsgerichtsbeschwerde mit folgenden Anträgen eingereicht: "1 Vorsorglich sei das rechtskräftig verfügte Teilprojekt "Tunnelportal Chrüzliberg" (Lärmschutzmassnahmen zwischen der Unteren Limmatbrücke und dem östlichen Portal des Chrüzlibergtunnels: LSW 1, LSW 2, schallschluckende Verkleidung der Flügelmauern) von allen aufschiebenden Wirkungen auszunehmen, welche mit anderen Lärmschutzmassnahmen in Baden verbunden sein könnten. 1-1 Im Bereich der unterführenden Neuenhoferstrasse sei a) die Lärmeinwirkung aus dem Eisenbahn- und Strassenverkehr gesamthaft und nach ihrem Zusammenwirken zu beurteilen (z.B. durch einen speziellen Zuschlag oder durch Verzicht auf den sog. Schienenbonus K1). b) die lärmrechtliche Aufstufung der umliegenden Parzellen der Zone W3 in die LES III aufzuheben. 1-2 Die SBB sei zu verpflichten, die Lärmbelastung im Bereich der unterführenden Neuenhoferstrasse zu reduzieren (z.B. durch schallschluckende Verkleidung der Brückenplatte und der Stützwände, durch den Einbau von Unterschottenmatten, o.ä.). 1-3 Die Behörden, die für das Sanieren des Eisenbahnlärms und des Strassenlärms zuständig sind, seien zur Kooperation und zum Erarbeiten eines koordinierten Sanierungsprojekts zu verpflichten, das den einschlägigen umweltrechtlichen Anliegen (Lärmsanierungsvorschriften für Eisenbahn- und Strassenlärm des Bundes sowie des Lärmschutzreglements der Stadt Baden vom 15.12.1985; Wildtierverbindungen gemäss dem städtischen Ökorichtplan; Zielbestimmungen der kommunalen Planungsberichte bzw. -Leitbilder betreffend die Verbesserung der Wohnqualität) gesamtheitlich Rechnung trägt. 1-4 Vorsorglich sei dem Verfahren zur Entscheidung der Anträge 2-1 und 2-3 die aufschiebende Wirkung hinsichtlich der rechtskräftig verfügten Lärmschutzmassnahmen auf dem Gebiet der Stadt Baden zu entziehen. 1-1 Es sei festzustellen, dass die vorgezogene Erneuerung der Unteren Limmatbrücke unter Verletzung der damals geltenden Lärmschutzvorschriften erfolgte. 1-2 Vorsorglich sei das Teilprojekt "Untere Limmatbrücke" a) aus dem Lärmsanierungsprojekt Baden herauszunehmen und in ein separates, von den übrigen Lärmschutzmassnahmen in Baden unabhängiges Verfahren zu verweisen (evtl. mit anderen solchen Brücken). b) von einer aufschiebenden Wirkung mit Bezug auf das Realisieren der übrigen Lärmschutzmassnahmen in Baden zu befreien." D. Die SBB beantragen Abweisung der Beschwerde, soweit auf diese einzutreten sei. Das BAV ersucht sinngemäss um Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde. Die Rekurskommission INUM stellt den Antrag, die Beschwerde sei abzuweisen, soweit auf sie einzutreten sei. Die Rekurskommission INUM präzisiert im Übrigen, dass das vor ihr gestellte Begehren 2c der Beschwerdeführer (Dröhnen der über die Neuenhofstrasse führenden Brücke) zwar nicht explizit, aber sinngemäss abgewiesen worden sei.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. Der eidgenössischen Verwaltungsgerichtsbeschwerde kommt von Gesetzes wegen bloss aufschiebende Wirkung zu, wenn sie sich gegen eine Verfügung richtet, die zu einer Geldleistung verpflichtet. Die Beschwerde gegen andere Verfügungen hat nur aufschiebende Wirkung, wenn der Präsident der urteilenden Abteilung sie von Amtes wegen oder auf Begehren einer Partei verfügt (vgl. Art. 111 Abs. 1 und 2 des Bundesgesetzes über die Organisation der Bundesrechtspflege [OG; SR 173.110]). Auf die Begehren der Beschwerdeführer um Entzug der aufschiebenden Wirkung ist schon aus diesem Grunde nicht einzutreten. 2. Die Beschwerdeführer haben vor jeder Instanz neue Einwände erhoben und neue Begehren gestellt. Eine solche Prozessführung ist, wie auch die Rekurskommission INUM festgestellt hat, unzulässig. Im angefochtenen Entscheid wird hierzu dargelegt, im Rechtsmittelverfahren werde der Streitgegenstand im Rahmen des Anfechtungsgegenstandes durch die Parteibegehren definiert. Der Streitgegenstand könne sich im Laufe des Rechtsmittelzuges verengen und um nicht mehr strittige Punkte reduzieren, hingegen grundsätzlich nicht erweitern oder qualitativ verändern. Dabei setze allerdings ein im Rahmen des erstinstanzlichen Verfahrens durchgeführtes Einspracheverfahren den Streitgegenstand für das spätere Beschwerdeverfahren (noch) nicht fest. Das Einspracheverfahren stelle kein eigentliches Rechtsmittelverfahren dar, sondern diene bei Plangenehmigungsverfahren, bei denen regelmässig eine grosse Anzahl von Personen und damit eine Vielzahl potentieller Parteien im Sinne von Art. 6 des Bundesgesetzes über das Verwaltungsverfahren (VwVG; SR 172.021) betroffen seien, in erster Linie der formalisierten Gewährung des rechtlichen Gehörs. Der Streitgegenstand bestimme sich daher nach den in der Beschwerdeschrift vorgebrachten Begehren. Die Änderung dieser Begehren, insbesondere deren Erweiterung sei gesetzlich nicht vorgesehen und damit unzulässig. Hingegen könnten die Rechtsbegehren nach Ablauf der Beschwerdefrist noch präzisiert werden. Zusammengefasst bedeute dies, dass die Beschwerdeführenden im Laufe eines Beschwerdeverfahrens die Begründung, nicht jedoch die Rechtsbegehren ergänzen könnten. Diesen Ausführungen über die Unzulässigkeit der Erweiterung des Streitgegenstandes ist grundsätzlich zuzustimmen. Nicht zu teilen ist dagegen die Auffassung, dass sich der Streitgegenstand in Plangenehmigungsverfahren wie dem vorliegenden nicht schon anhand der Einsprachebegehren, sondern erst anhand der Beschwerdebegehren festlegen lasse. 2.1 Gemäss Art. 13 des Bundesgesetzes über die Lärmsanierung von Eisenbahnen vom 24. März 2000 (BGLE; SR 742.144) richten sich Verfahren und Zuständigkeiten nach dem Eisenbahngesetz vom 20. Dezember 1957 (EBG; SR 742.101). Bauliche Massnahmen zur Sanierung des Eisenbahnlärms sind demnach, wie auch in Art. 23 der Verordnung über die Lärmsanierung der Eisenbahnen vom 14. November 2001 festgestellt wird (VLE, SR 742.144.1), im eisenbahnrechtlichen Plangenehmigungsverfahren zu bewilligen. Solche Plangenehmigungsverfahren richten sich gemäss <ref-law> (in der durch das Bundesgesetz vom 18. Juni 1999 über die Koordination und Vereinfachung von Entscheidverfahren eingeführten Fassung) nach den Verfahrensvorschriften des revidierten Eisenbahngesetzes selbst, ergänzt durch die Verordnung über das Plangenehmigungsverfahren für Eisenbahnanlagen vom 2. Februar 2000 (VPVE; SR 742.142.1), sowie subsidiär nach dem Bundesgesetz über die Enteignung (EntG; SR 711). 2.2 Nach <ref-law> kann, wer nach den Vorschriften des Verwaltungsverfahrensgesetzes oder des Enteignungsgesetzes Partei ist, während der öffentlichen Auflage gegen ein Plangenehmigungsgesuch Einsprache erheben. Wer keine Einsprache erhebt, ist vom weiteren Verfahren ausgeschlossen. Auch die Gemeinden haben ihre Anliegen mit Einsprache zu wahren (<ref-law>). Zur 1999 neu in das Eisenbahngesetz aufgenommenen Bestimmung von <ref-law> wird in der bundesrätlichen Botschaft ausgeführt, dass sämtliche Einwände gegen ein Projekt innerhalb der Auflagefrist zu erheben sind. Damit werde gewährleistet, dass im Interesse der Konzentration alle Einwände gesamthaft überprüft und in den Plangenehmigungsentscheid einfliessen könnten (vgl. Botschaft zu einem Bundesgesetz über die Koordination und Vereinfachung der Plangenehmigungsverfahren vom 25. Februar 1998, BBl 1998 S. 2634 mit Verweis auf S. 2620). Im Gesetzgebungsverfahren ist demnach klar ausgedrückt worden, dass alle Einwendungen, die während der Auflagefrist erhoben werden können, bereits im Einspracheverfahren anzubringen sind und im Beschwerdeverfahren nicht noch nachgetragen werden können. 2.3 Gemäss <ref-law> sind innerhalb der Auflagefrist auch sämtliche enteignungsrechtlichen Einwände sowie Begehren um Entschädigung oder Sachleistung geltend zu machen. Die enteignungsrechtliche Auflage- bzw. Eingabefrist ist eine Verwirkungsfrist (vgl. Art. 30 Abs. 1 und Art. 35 EntG; <ref-ruling> E. 13 S. 69, 581 E. 2.2.5 S. 585, je mit Hinweisen). Nach Ablauf der Einsprachefrist können nachträgliche Einsprachen und Begehren nach den Art. 7-10 EntG nur noch unter den in Art. 39 und 40 EntG umschriebenen Voraussetzungen und insbesondere nur noch dann erhoben werden, wenn die Einhaltung der Frist wegen unverschuldeter Hindernisse nicht möglich war. Die im Plangenehmigungsverfahren vorgebrachten Einwände von Anwohnern gegen übermässige (Lärm-)Einwirkungen aus dem Bau und Betrieb eines öffentlichen Werkes gelten, da sie sich gegen die Unterdrückung nachbarlicher Abwehrrechte richten, als enteignungsrechtliche Einsprachen (vgl. Art. 5 Abs. 1 EntG). Mit solchen Einsprachen und mit Begehren gemäss Art. 7 Abs. 3 EntG kann auch zusätzlicher baulicher Lärmschutz verlangt werden (vgl. auch Art. 19 f. EBG; s. etwa <ref-ruling>; <ref-ruling> E. 6 mit Hinweisen). Dementsprechend können die im Lärmsanierungsverfahren erhobenen Einwendungen und Begehren um zusätzliche Schallschutzmassnahmen zumindest sinngemäss als enteignungsrechtliche Einsprachen gegen übermässige Lärmimmissionen betrachtet und verfahrensmässig als solche behandelt werden (vgl. Urteil 1A.146/2000 / 1A.147/2000 sowie Urteil 1A.135/2000 / 1A.149/2000, beide vom 1. Mai 2001, je E. 6). 2.4 Bestimmt sich mithin der Streitgegenstand im eisenbahnrechtlichen Plangenehmigungsverfahren aufgrund der während der Auflagefrist gestellten Begehren, so kann er im Anschluss an den Einspracheentscheid bzw. an die Plangenehmigungsverfügung nicht mehr erweitert werden. Dies hat das Bundesgericht in nationalstrassenrechtlichen Verfahren, die mit den eisenbahnrechtlichen vergleichbar sind, bereits verschiedentlich erklärt. So ist im Urteil 1E.18/1999 vom 25. April 2001 dargelegt worden, dass Streitgegenstand des Beschwerdeverfahrens nur sein könne, was bereits Gegenstand des unterinstanzlichen Verfahrens gewesen sei oder hätte sein sollen. Gegenstände, über welche die verfügende Behörde oder die erste Rechtsmittelinstanz weder entschieden habe noch hätte entscheiden müssen, seien durch die Beschwerdeinstanz nicht zu beurteilen. Der Streitgegenstand dürfe sowohl nach den allgemeinen Prozessvorschriften als auch nach den Sonderbestimmungen des eidgenössischen Enteignungsrechts, soweit diese anwendbar seien, im Laufe des Rechtsmittelzuges nicht ausgeweitet werden. Es sei den Parteien daher grundsätzlich verwehrt, vor der nächsthöheren Instanz neue oder weiter gehende Begehren zu stellen. Das Verbot der Erweiterung des Streitgegenstandes gelte auch für das bundesgerichtliche Verfahren selbst. Die Vorbringen vor Bundesgericht seien mithin nur zulässig, soweit sie - zumindest dem Sinne nach - bereits Gegenstand der seinerzeit von den Beschwerdeführern erhobenen Einsprachen gebildet hätten (1E.18/1999 vom 25. April 2001, in URP 2001 S. 445 und ZBl 103/2002 nicht publ. E. 3; s.a. <ref-ruling> E. 9 S. 300; <ref-ruling> E. 6c S. 313; Urteile 1E.17/1999 E. 1b und 1E.5/2000 E. 3b vom 25. April 2001). 3. Nach dem Gesagten hätte die Rekurskommission INUM nur insoweit auf die Beschwerdebegehren der Beschwerdeführer eintreten sollen, als sie den seinerzeit erhobenen Einsprachebegehren entsprachen. Auch das Bundesgericht kann sich nur mit den in der Einsprache erhobenen Einwendungen befassen. Daran ändert nichts, dass die Rekurskommission auch auf weitere Begehren eingetreten ist; das Bundesgericht kann nicht durch das Eintreten einer Vorinstanz auf unzulässige Begehren dazu veranlasst werden, seinerseits den Streitgegenstand - unzulässig - zu erweitern. 4. Die Beschwerdeführer haben in ihrer Einsprache einerseits verlangt, dass die Lärmschutzwand im Bereiche ihrer Liegenschaften auf 4 m erhöht werde, und andererseits, dass eine weitere Fassade des Hauses Zürcherstrasse 71 in den Sanierungsperimeter einzubeziehen sei. Das Begehren um Erhöhung der Lärmschutzwand ist von der Rekurskommission INUM gutgeheissen worden. Den Antrag um Erweiterung des Sanierungsperimeters schrieb das BAV als gegenstandslos geworden ab, ohne dass sich die Beschwerdeführer dagegen im Beschwerdeverfahren zur Wehr gesetzt hätten. Da die im Einspracheverfahren gestellten Begehren somit erledigt sind, ist insgesamt auf die Verwaltungsgerichtsbeschwerde nicht einzutreten. 5. Die Kosten- und Entschädigungsregelung kann in sinngemässer Anwendung der Spezialbestimmungen des Enteignungsgesetzes getroffen werden (vgl. oben E. 2.3 mit Hinweisen). Danach ist die Gerichtsgebühr, die niedrig gehalten werden kann, den SBB als Inhaberinnen der zu sanierenden Eisenbahnanlagen zu überbinden (vgl. Art. 116 Abs. 1 EntG). Partei- oder Umtriebsentschädigungen sind den vollständig unterliegenden und nicht durch einen Anwalt vertretenen Beschwerdeführern nicht zuzusprechen.
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Auf die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 2'000.-- wird den Schweizerischen Bundesbahnen (SBB AG) auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Beschwerdeführern, den Schweizerischen Bundesbahnen SBB (SBB AG), Infrastruktur, Netz- und Programmmanagement Lärm, dem Bundesamt für Verkehr (BAV) und der Eidgenössischen Rekurskommission für Infrastruktur und Umwelt schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 7. November 2006 Im Namen der I. öffentlichrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin:
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2,012
de
Sachverhalt: A. A.a Mit Arbeitsvertrag vom 23. April 2008 wurde F._ (Arbeitnehmer, Beklagter, Beschwerdeführer) von der Z._ AG (Arbeitgeberin, Klägerin, Beschwerdegegnerin) als "Global Product Line Manager - PIR & Traffic" mit Arbeitsbeginn am 13. Juli 2008 angestellt. Der Arbeitnehmer war bereits in den Jahren 2003 bis 2008 für eine Tochtergesellschaft der Rechtsvorgängerin der Z._ AG sowie eine Gesellschaft des Z._-Konzerns in den USA im Bereich Verkauf tätig. Im genannten Arbeitsvertrag vereinbarten die Parteien unter Ziffer XIV für die Dauer des Vertragsverhältnisses sowie sechs Monate nach dessen Beendigung ein Konkurrenz- und Abwerbeverbot, unter Abrede einer Konventionalstrafe von sechs Bruttomonatslöhnen. A.b Mit Schreiben vom 6. Februar 2009 kündigte der Arbeitnehmer das Arbeitsverhältnis auf den 6. April 2009. Kurz vor Beendigung des Arbeitsverhältnisses, am 19. März 2009, gründete er zusammen mit sechs weiteren Personen die "X._ AG" mit Sitz in Y._. B. B.a Am 22. April 2010 reichte die Arbeitgeberin beim Kreisgericht See-Gaster Klage gegen den Arbeitnehmer ein mit dem Begehren, der Arbeitnehmer sei unter Nachklagevorbehalt zu verpflichten, ihr eine Konventionalstrafe von Fr. 85'000.-- zuzüglich Zins von 5 % seit dem 15. Oktober 2009 zu bezahlen und es sei der in der Betreibung Nr. nnn._ des Betreibungsamtes Chur erhobene Rechtsvorschlag in diesem Umfang zu beseitigen. Mit Entscheid vom 11. Oktober 2011 hiess das Kreisgericht See-Gaster die Klage teilweise gut und verpflichtete den Beklagten, der Klägerin Fr. 25'000.-- nebst 5 % Zins seit dem 15. Oktober 2009 zu bezahlen und hob den Rechtsvorschlag in der Betreibung Nr. nnn._ des Betreibungsamtes Chur in diesem Umfang auf. Soweit das Kreisgericht die Klage teilweise schützte und im Übrigen abwies, führte es aus, dass das im Arbeitsvertrag vereinbarte nachvertragliche Konkurrenzverbot dahingefallen sei, da der Beklagte das Arbeitsverhältnis aus begründetem Anlass gekündigt habe. Hingegen habe dieser noch während des Arbeitsverhältnisses mit seiner Beteiligung bei der Gründung der "X._ AG", die wie die Klägerin Verkehrsdetektoren produziere und verkaufe, die in Ziffer XIV des Arbeitsvertrages konkretisierte Treuepflicht verletzt. Für diese Verletzung erscheine die vereinbarte Konventionalstrafe von Fr. 85'000.-- indes als zu hoch; unter Berücksichtigung der besonderen Umstände sei sie auf Fr. 25'000.-- herabzusetzen. B.b Gegen diesen Entscheid erhob der Beklagte beim Kantonsgericht St. Gallen Berufung mit dem Antrag, es sei der erstinstanzliche Entscheid aufzuheben und die Klage abzuweisen. Die Klägerin erhob Anschlussberufung mit dem Antrag, die Klage sei vollumfänglich gutzuheissen. Mit Entscheid vom 26. September 2012 wies das Kantonsgericht St. Gallen die Berufung und die Anschlussberufung ab. C. Mit Beschwerde in Zivilsachen beantragt der Beklagte dem Bundesgericht, der Entscheid des Kantonsgericht St. Gallen vom 26. September 2012 sei aufzuheben und die Klage vom 22. April 2010 sei vollumfänglich abzuweisen. Die Klägerin beantragt die Abweisung der Beschwerde, die Vorinstanz hat auf eine Vernehmlassung verzichtet. Der Beschwerdeführer hat dem Bundesgericht unaufgefordert eine Replik, die Beschwerdegegnerin eine Duplik eingereicht. D. Mit Präsidialverfügung vom 31. Oktober 2012 wies das Bundesgericht das Gesuch des Beschwerdeführers um Gewährung der aufschiebenden Wirkung ab.
Erwägungen: 1. Das Bundesgericht prüft von Amtes wegen und mit freier Kognition, ob ein Rechtsmittel zulässig ist (<ref-law>; <ref-ruling> E. 1 S. 417 mit Hinweisen). Der angefochtene Entscheid des Kantonsgericht St. Gallen ist ein verfahrensabschliessender Endentscheid (<ref-law>) einer letzten kantonalen Instanz (<ref-law>). Der Streitwert beträgt Fr. 85'000.--, womit die erforderliche Streitwertgrenze erreicht ist (<ref-law>). Da auch die übrigen Sachurteilsvoraussetzungen erfüllt sind, ist auf die Beschwerde - unter Vorbehalt einer rechtsgenüglichen Begründung (Art. 42 Abs. 2 und Art. 106 Abs. 2 BGG) - einzutreten. 2. Die Vorinstanz erwog, dass der Beschwerdeführer aus begründetem Anlass im Sinne von <ref-law> gekündigt habe, womit sich die Beschwerdegegnerin nicht auf das vereinbarte nachträgliche Konkurrenzverbot berufen könne. Allerdings sei der Arbeitnehmer auch dann, wenn eine Kündigung aus begründetem Anlass zum Wegfall des nachvertraglichen Konkurrenzverbots geführt habe, während der Kündigungsfrist noch an das aus <ref-law> fliessende Konkurrenzverbot gebunden. Zwar sei es ihm erlaubt, während der Kündigungsfrist eine nachvertragliche konkurrenzierende Tätigkeit vorzubereiten, worunter auch die Gründung einer Konkurrenzgesellschaft gehöre, dürfe aber damit eine vertragliche Erweiterung des aus der allgemeinen Treuepflicht (<ref-law>) fliessenden Konkurrenzverbots nicht verletzen. Ein solches vertraglich erweitertes Konkurrenzverbot ergebe sich aus Ziffer XIV des Arbeitsvertrages; indem der Beschwerdeführer während des laufenden Arbeitsverhältnisses ein Konkurrenzunternehmen mitgegründet und sich daran beteiligt habe, habe er Ziffer XIV des Arbeitsvertrages verletzt. 3. Nicht mehr strittig ist vor Bundesgericht die Frage, ob der Beschwerdeführer aus begründetem Anlass gekündigt hat und damit das nachvertragliche Konkurrenzverbot weggefallen ist. Streitig ist nur noch die Frage, ob die Vorinstanz den Beschwerdeführer zu Recht zur Bezahlung einer (reduzierten) Konventionalstrafe, wegen Verletzung der vertraglichen Erweiterung des aus der allgemeinen Treuepflicht fliessenden Konkurrenzverbots, verurteilt hat. 4. 4.1 Der Beschwerdeführer rügt eine Verletzung von <ref-law>, insbesondere von <ref-law>. Er macht geltend, der vereinbarten Konventionalstrafe komme eindeutig nur Schadenausgleichscharakter zu, was gestützt auf <ref-law> unzulässig sei. Wäre es die Absicht der Parteien gewesen, mit der Konventionalstrafe, nebst der Schadensausgleichsfunktion, auch eine Konventionalstrafe mit Vorteilsausgleichs-, Straf- und/oder Disziplinarcharakter zu vereinbaren, hätte dies ausdrücklich und separat im Arbeitsvertrag geregelt werden müssen. Aus der Formulierung der Ziffer XIV des Arbeitsvertrages könne man nicht schliessen, es sei zusätzlich eine Konventionalstrafe mit Bussencharakter vereinbart worden. Aus dem Schlusssatz gehe vielmehr hervor, dass sich der Arbeitgeber vorbehalte, den Ersatz des weiteren Schadens geltend zu machen. Daraus ergebe sich e contrario, dass die Konventionalstrafe nach dem Willen der Parteien nur Schadensausgleichsfunktion haben sollte. 4.2 Der Inhalt eines Vertrags bestimmt sich in erster Linie durch subjektive Auslegung, das heisst nach dem übereinstimmenden wirklichen Parteiwillen (<ref-law>). Wenn dieser unbewiesen bleibt, sind zur Ermittlung des mutmasslichen Parteiwillens die Erklärungen der Parteien aufgrund des Vertrauensprinzips so auszulegen, wie sie nach ihrem Wortlaut und Zusammenhang sowie den gesamten Umständen, die ihnen vorausgegangen und unter denen sie abgegeben worden sind, verstanden werden durften und mussten (<ref-ruling> E. 4 S. 27 f.; <ref-ruling> E. 4.1 S. 611; je mit Hinweisen). Das Bundesgericht überprüft diese objektivierte Auslegung von Willenserklärungen als Rechtsfrage, wobei es an Feststellungen des kantonalen Richters über die äusseren Umstände sowie das Wissen und Wollen der Beteiligten grundsätzlich gebunden ist (<ref-law>; <ref-ruling> E. 2.2.1 S. 67 mit Hinweisen). 4.3 Die Vorinstanz hat festgestellt, dass die von den Parteien im Arbeitsvertrag vom 23. April 2008 in Ziffer XIV vereinbarte Konventionalstrafe einerseits Straf- und Disziplinarcharakter habe, andererseits aber offensichtlich auch deshalb vereinbart worden sei, um einen allfälligen Schaden der Beschwerdegegnerin auszugleichen. Dass dies insbesondere auch von der Beschwerdegegnerin so verstanden wurde, ergebe sich einerseits implizit aus dem Umstand, dass sie die Höhe der geltend gemachten Konventionalstrafe unter anderem mit dem angeblich eingetretenen Schaden begründe, und es folge andererseits auch aus ihrer eigenen Übersetzung des Schlusssatzes von Ziffer XIV des Arbeitsvertrages ("Der Arbeitgeber behält sich ausserdem vor, den Ersatz des weiteren Schadens geltend zu machen"). Die vereinbarte Konventionalstrafe habe demnach teilweisen Ersatzcharakter und sei in dieser Hinsicht - soweit Verletzungen des Konkurrenzverbots während des laufenden Arbeitsverhältnisses betroffen seien - aufgrund der relativ zwingenden Bestimmung von Art. 321e i.V.m. <ref-law> ungültig. Aus diesem Grund sei dem erstinstanzlichen Gericht beizupflichten, dass die vereinbarte Konventionalstrafe herabzusetzen sei. 4.4 Diese Ausführungen sind bundesrechtlich nicht zu beanstanden. Die Vorinstanz hat mittels Auslegung des Schlusssatzes von Ziffer XIV des Arbeitsvertrages ("In addition, the Employer reserves the right to claim compensation for damages as well as the right to the remedy of specific performance"; deutsche Übersetzung: "Der Arbeitgeber behält sich ausserdem vor, den Ersatz des weiteren Schadens geltend zu machen") erkannt, dass der vereinbarten Konventionalstrafe nebst der Straf- und Disziplinarfunktion auch Ersatzcharakter zukommt. Es ist nicht ersichtlich, inwiefern diese Auslegung falsch sein soll, plädiert doch der Beschwerdeführer selber dafür, dass die von den Parteien in Ziffer XIV vereinbarte Konventionalstrafe als Ganzes Ersatzcharakter zukomme. Bezüglich der Feststellung der Vorinstanz, wonach nicht zu bezweifeln sei, dass der vereinbarten Konventionalstrafe (auch) Straf- und Disziplinarcharakter haben sollte, was dem Üblichen entspreche, bringt der Beschwerdeführer nichts vor. Er macht lediglich geltend, dass disziplinarische Massnahmen im Arbeitsvertrag klar umschrieben, verhältnismässig und vorbestimmt sein müssen, tut aber nicht dar, inwiefern Ziffer XIV des Arbeitsvertrages dem nicht genügen würde. Es ist demnach auch im bundesgerichtlichen Verfahren davon auszugehen, dass der von den Parteien vereinbarten Konventionalstrafe sowohl Ersatz- als auch Strafcharakter zukommt. 5. Insoweit als der vereinbarten Konventionalstrafe somit Ersatzcharakter zukommt, hat die Vorinstanz zu Recht erwogen, dass diese mit <ref-law> unvereinbar und dementsprechend zu reduzieren ist. Der Beschwerdeführer bringt vor, die von der Vorinstanz vorgenommene Kürzung der Konventionalstrafe sei unverhältnismässig. Eine Konventionalstrafe dürfe einen Tagesverdienst nicht überschreiten. 5.1 Gemäss <ref-law> hat der Richter übermässig hohe Konventionalstrafen nach seinem Ermessen herabzusetzen. Dabei ist aus Gründen der Vertragstreue und der Vertragsfreiheit Zurückhaltung geboten, denn die Strafe kann von den Parteien an sich in beliebiger Höhe festgesetzt werden (<ref-law>). Ein richterlicher Eingriff in den Vertrag rechtfertigt sich nur, wenn der verabredete Betrag so hoch ist, dass er das vernünftige, mit Recht und Billigkeit noch vereinbarte Mass übersteigt (<ref-ruling> E. 5.2 S. 209; <ref-ruling> E. 3.3.1 S. 48). Eine Herabsetzung der Konventionalstrafe rechtfertigt sich insbesondere, wenn zwischen dem vereinbarten Betrag und dem im Zeitpunkt der Vertragsverletzung bestehenden Interesse des Ansprechers, daran im vollen Umfang festzuhalten, ein krasses Missverhältnis besteht. Ob diese Voraussetzung gegeben ist, entscheidet sich nicht allgemein, sondern hängt von den Umständen des Einzelfalles ab. Dazu gehören insbesondere die Art und Dauer des Vertrags, die Schwere des Verschuldens und der Vertragsverletzung, das Interesse des Ansprechers an der Einhaltung des Verbots sowie die wirtschaftliche Lage der Beteiligten, namentlich des Verpflichteten. Zu berücksichtigen sind ferner allfällige Abhängigkeiten aus dem Vertragsverhältnis und die Geschäftserfahrungen der Beteiligten. Gegenüber einer wirtschaftlich schwachen Partei rechtfertigt sich eine Herabsetzung eher als unter wirtschaftlich gleichgestellten und geschäftskundigen Vertragspartnern (<ref-ruling> E. 5.2 S. 209 f.; <ref-ruling> E. 3.3.2 S. 48 f.; je mit Hinweisen). Die tatsächlichen Voraussetzungen einer Herabsetzung und damit auch das Missverhältnis zum Erfüllungsinteresse sind nicht vom Gläubiger, sondern vom Schuldner zu behaupten und nachzuweisen (<ref-law>; <ref-ruling> E. 5.2 S. 210; <ref-ruling> E. 4.1 S. 53 f.). Das Ermessen des Richters (<ref-law>; <ref-law>) bezieht sich sowohl auf die Frage der Übermässigkeit der Strafe als auch auf den Umfang der Herabsetzung. Beide Male hat der Richter nach Recht und Billigkeit zu entscheiden. Wenn er der Auffassung ist, die Strafe sei übermässig im vorstehend genannten Sinn, hat er sie bloss soweit zu reduzieren, dass sie nicht mehr in dieser Weise als übermässig erscheint (<ref-ruling> E. 5.2 S. 210). Diesen Ermessensentscheid überprüft das Bundesgericht an sich frei. Es übt dabei aber Zurückhaltung und schreitet nur ein, wenn die Vorinstanz grundlos von in Lehre und Rechtsprechung anerkannten Grundsätzen abgegangen ist, wenn sie Tatsachen berücksichtigt hat, die für den Entscheid im Einzelfall keine Rolle spielen dürfen, oder wenn sie umgekehrt Umstände ausser Betracht gelassen hat, die hätten beachtet werden müssen. Es greift ausserdem in Ermessensentscheide ein, wenn sich diese als offensichtlich unbillig, als in stossender Weise ungerecht erweisen (<ref-ruling> E. 2 S. 381 f.). 5.2 Die Vorinstanz gelangte gestützt auf diese Grundsätze zu einer Herabsetzung der vereinbarten Konventionalstrafe bzw. hat erwogen, dass die vom erstinstanzlichen Gericht vorgenommene Kürzung der eingeklagten Konventionalstrafe auf Fr. 25'000.-- angemessen sei. Dabei falle insbesondere ins Gewicht, dass der Beschwerdeführer das Konkurrenzverbot nur punktuell, nämlich mit der Mitwirkung bei der Gründung der Konkurrenzgesellschaft und der finanziellen Beteiligung an dieser verletzt habe, wobei dies zu einem Zeitpunkt gewesen sei, als das Ende des Verbots unmittelbar bevorgestanden habe, nämlich rund zweieinhalb Wochen vor der Beendigung des Arbeitsverhältnisses. Vor diesem Hintergrund dürfe das Interesse der Beschwerdegegnerin an der Einhaltung des Verbots nicht überbewertet werden. Hinzu komme, dass die Verletzung während der Kündigungsfrist erfolgt sei und dem Konkurrenzverbot in dieser Zeit - zumal der Beschwerdeführer das Arbeitsverhältnis aus begründetem Anlass gekündigt habe - nicht mehr das gleiche Gewicht habe beigemessen werden können, welches ihm im ungekündigten Verhältnis zugekommen wäre. Andererseits falle in Betracht, dass den Beschwerdeführer ein nicht unerhebliches Verschulden treffe; der gesetzlichen Treuepflicht komme bei Mitarbeitern in Kaderfunktion, wie sie der Beschwerdeführer inne gehabt habe, eine erhöhte Bedeutung zu. Hinzu komme, dass der Beschwerdeführer - wenn auch nur für beschränkte Zeit - Einblick in den schweizerischen Kundenkreis der Beschwerdegegnerin gehabt habe und demnach auch davon auszugehen sei, dass er die Geschäfts- und Fabrikationsgeheimnisse gekannt habe. Schliesslich sei dem Beschwerdeführer entgegen zu halten, dass er es in der Hand gehabt habe, auf eine Verschiebung der Gründung der Konkurrenzgesellschaft um wenige Wochen hinzuwirken. 5.3 Es besteht kein hinlänglicher Anlass für das Bundesgericht, in das Ermessen der Vorinstanz einzugreifen. Die Vorinstanz hat überzeugend dargelegt, inwiefern eine Kürzung der eingeklagten Konventionalstrafe auf Fr. 25'000.--, was rund dem Doppelten des dem Beschwerdeführer im Durchschnitt ausbezahlten Bruttomonatslohn entspricht, angemessen ist. Daran ändert nichts, dass sich das erstinstanzliche Gericht bei der Kürzung der Konventionalstrafe nicht mit der Funktion der vereinbarten Konventionalstrafe, resp. mit dem mit <ref-law> unvereinbaren Ersatzcharakter auseinandergesetzt hat. Der Beschwerdeführer bringt nicht vor, inwiefern die Vorinstanz bei der Prüfung der Angemessenheit ihr Ermessen überschritten hätte, noch was eine Korrektur des vorinstanzlichen Ermessensentscheids rechtfertigen könnte. Insbesondere kann der vom Beschwerdeführer zitierten Lehrmeinung, wonach eine Konventionalstrafe einen Tagesverdienst nicht überschreiten dürfe, nicht gefolgt werden. 5.4 Eine Verletzung von Bundesrecht ist nicht ersichtlich. Der angefochtene Entscheid ist zu bestätigen. 6. Nach dem Gesagten erweist sich die Beschwerde als unbegründet. Sie ist abzuweisen, soweit darauf einzutreten ist. Bei diesem Verfahrensausgang wird der Beschwerdeführer kosten- und entschädigungspflichtig (Art. 66 Abs. 1 sowie Art. 68 Abs. 2 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 2'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Der Beschwerdeführer hat die Beschwerdegegnerin für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 2'500.-- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Kantonsgericht St. Gallen, III. Zivilkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 21. Dezember 2012 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Klett Die Gerichtsschreiberin: Reitze
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2,014
de
Nach Einsicht in die Beschwerde nach <ref-law> gegen den Beschluss und das Urteil des Obergerichts des Kantons Zürich vom 24. April 2014, in die Verfügung vom 30. Juli 2014, mit der das Bundesgericht das Gesuch des Beschwerdeführers um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege für das bundesgerichtliche Verfahren abgewiesen und dem Beschwerdeführer mit separatem Formular Frist zur Leistung eines Kostenvorschusses von Fr. 20'000.-- gesetzt hat, in die Verfügung vom 3. September 2014, mit der das Bundesgericht das Gesuch des Beschwerdeführers, die Verfügung vom 30. Juli 2014 in Wiedererwägung zu ziehen, abgewiesen hat,
in Erwägung, dass das Bundesgericht den Beschwerdeführer mit Nachfristansetzung gemäss <ref-law> vom 8. September 2014 unter Androhung des Nichteintretens bei Säumnis aufgefordert hat, den (ihm mit Verfügung vom 30. Juli 2014 auferlegten, jedoch nicht eingegangenen) Kostenvorschuss von Fr. 20'000.-- innerhalb einer nicht erstreckbaren Nachfrist von 10 Tagen seit der am 10. September 2014 erfolgten Zustellung dem Bundesgericht in bar zu zahlen oder zu Gunsten der Bundesgerichtskasse (Postkonto 10-674-3) entweder an einem Schalter der Schweizerischen Post zu übergeben oder (bei Erteilung eines Zahlungsauftrags an die Post oder an eine Bank) einem in der Schweiz befindlichen Post- bzw. Bankkonto der Beschwerde führenden Partei oder ihres Vertreters zu belasten (<ref-law>) und ausserdem (bei Erteilung eines Zahlungsauftrags) der Bundesgerichtskasse innerhalb von 10 Tagen seit Ablauf der nicht erstreckbaren Nachfrist eine Bestätigung der Postfinance bzw. der Bank einzureichen, wonach der Vorschussbetrag fristgerecht dem Post- bzw. Bankkonto belastet worden ist, dass der Beschwerdeführer den Kostenvorschuss auch innerhalb der Nachfrist weder bei der Bundesgerichtskasse in bar geleistet noch zu deren Gunsten an einem Postschalter übergeben und auch nicht den (für den Fall eines Zahlungsauftrags) ihm obliegenden Nachweis der rechtzeitigen Vorschussleistung durch Belastungsbestätigung erbracht hat, dass deshalb androhungsgemäss gestützt auf <ref-law> im Verfahren nach Art. 108 Abs. 1 Bst. a BGG auf die Beschwerde nicht einzutreten ist und der Beschwerdeführer kostenpflichtig wird (<ref-law>), den Beschwerdegegnern jedoch kein entschädigungspflichtiger Aufwand entstanden ist,
erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 2'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Obergericht des Kantons Zürich, I. Zivilkammer und II. Strafkammer, und dem Bezirksgericht Zürich, Einzelgericht Erbschaftssachen, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 6. Oktober 2014 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: von Werdt Der Gerichtsschreiber: V. Monn
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2,014
de
Nach Einsicht in die Beschwerde gemäss <ref-law> gegen den Beschluss vom 28. Februar 2014 des Obergerichts des Kantons Zürich, das (als obere SchK-Aufsichtsbehörde) auf eine Beschwerde des Beschwerdeführers gegen einen Nichteintretensentscheid der unteren Aufsichtsbehörde (betreffend Pfändungsurkunde) mangels Begründung nicht eingetreten ist und ein Gesuch um Erstreckung der Beschwerdefrist abgewiesen hat,
in Erwägung, dass in Anbetracht der Unzulässigkeit auch der vorliegenden Beschwerde ausnahmsweise davon abzusehen ist, den Beschwerdeführer zur Einreichung einer Beschwerde mit Originalunterschrift aufzufordern (Art. 42Abs. 5 BGG), dass das (sinngemässe) Gesuch des Beschwerdeführers um Erstreckung auch der bundesgerichtlichen Beschwerdefrist abzuweisen ist, weil die Beschwerdefrist eine gesetzliche Frist darstellt und daher nichterstreckt werden kann (<ref-law>), dass das (sinngemässe) Gesuch des Beschwerdeführers um Wiederherstellung der bundesgerichtlichen Beschwerdefrist abzuweisen ist, weil die Beschwerdevorbringen nicht geeignet sind, ein unverschuldetes Hindernis nach <ref-law> an der Einhaltung der Beschwerdefrist im bundesgerichtlichen Verfahren aufzuzeigen, dass sodann Beschwerden nach <ref-law> gegen Entscheide der kantonalen Aufsichtsbehörden in Schuldbetreibungs- und Konkurssachen innert 10 Tagen nach der Eröffnung des kantonalen Entscheids beim Bundesgericht einzureichen oder zu dessen Handen der Schweizerischen Post zu übergeben sind (Art. 100 Abs. 2 lit. a, 48 Abs. 1 BGG), dass der Beschluss des Obergerichts vom 28. Februar 2014 am schweizerischen Zustelldomizil des Beschwerdeführers am 4. März 2014 eröffnet worden ist, dass der Beschwerdeführer die Beschwerde an das Bundesgericht erst am 17. März 2014 und damit nach Ablauf der Beschwerdefrist (Freitag, 14. März 2014) der Schweizerischen Post übergeben hat, dass sich somit die Beschwerde als verspätet und daher als offensichtlich unzulässig erweist, weshalb darauf im Verfahren nach <ref-law> nicht einzutreten ist, dass im Übrigen die Beschwerde auch deshalb unzulässig gewesen wäre, weil sie den gesetzlichen Begründungsanforderungen der Art. 42Abs. 2 und 106 Abs. 2 BGG nicht genügt, dass mit dem bundesgerichtlichen Beschwerdeentscheid das Gesuch des Beschwerdeführers um aufschiebende Wirkung gegenstandslos wird, dass dem Beschwerdeführer in Anbetracht der Aussichtslosigkeit der Beschwerde die unentgeltliche Rechtspflege nicht gewährt werden kann (<ref-law>), dass der unterliegende Beschwerdeführer kostenpflichtig wird (<ref-law>), dass in den Fällen des <ref-law> das vereinfachte Verfahren zum Zuge kommt und das präsidierende Abteilungsmitglied zuständig ist,
erkennt das präsidierende Mitglied: 1. Das Fristerstreckungsgesuch wird abgewiesen. 2. Das Fristwiederherstellungsgesuch wird abgewiesen. 3. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 4. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 5. Die Gerichtskosten von Fr. 100.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 6. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Betreibungsamt Z._ und dem Obergericht des Kantons Zürich schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 19. März 2014 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Escher Der Gerichtsschreiber: Füllemann
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