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Fatti : A.- C._ risulta dal registro di commercio essere stato amministratore unico, con diritto di firma individuale, della società L._ SA dal 13 dicembre 1993 al 29 ottobre 1998, pur avendo rassegnato le dimissioni da tale incarico in data 30 giugno 1994. Il 20 giugno 1997 la società è stata posta al beneficio di una moratoria concordataria di sei mesi, prorogata di ulteriori sei mesi, prima che il Pretore del Distretto di Riviera ne omologasse in data 13 luglio 1999 il concordato. Mediante decisione 16 giugno 1998, la Cassa di compensazione del Cantone Ticino, constatato d'aver subito un danno di fr. 32'019. 85 a seguito del mancato versamento dei contributi paritetici dovuti dalla società L._ SA per gli anni 1994-1997 e durante il periodo della moratoria concordataria, ne ha preteso il pagamento dal suo amministratore, il quale, dopo avere inizialmente interposto opposizione, ha ritirato la stessa il 29 luglio 1998. In seguito alle rivelazioni emerse da un'audizione di C._ avvenuta in data 29 luglio 1998, la Cassa, con tre separate decisioni del 28 luglio 1999, ha pure formulato, per lo stesso importo, formale richiesta di risarcimento danni, con vincolo di solidarietà, alla T._ SA, e ai suoi amministratori, G._, ritenendoli amministratori di fatto della L._ SA. B.- Avendo T._ SA, unitamente a G._, patrocinati dall'avv. Andrea Pagani, interposto opposizione, il 27 settembre 1999 la Cassa ha promosso nei loro confronti azione di risarcimento danni innanzi al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino, postulandone la condanna al pagamento di fr. 28'638. 65, importo risultante dopo deduzione di fr. 3'381. 20, pari al dividendo concordatario nel frattempo ottenuto. Con atto 22 novembre 1999, la Cassa ha rettificato la pretesa in fr. 20'230. 50, essendo stati versati ulteriori fr. 8'408. 15 per contributi maturati durante la moratoria concordataria. Congiunte le procedure, l'adita istanza giudiziaria con pronunzia 21 maggio 2001 ha respinto le petizioni nei confronti di G._, mentre ha accolto quella contro la T._ SA, condannandola al pagamento del predetto importo. C.- T._ SA, sempre assistita dall'avv. Pagani, insorge con ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale delle assicurazioni, chiedendo l'annullamento del giudizio cantonale nella misura in cui ha accolto la petizione nei suoi confronti. Dei motivi indicati nell'impugnativa si dirà, per quanto occorra, nei considerandi che seguono. G._, invitati ad esprimersi quali cointeressati, propongono l'accoglimento del gravame, mentre la Cassa e l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali hanno rinunciato a determinarsi.
Diritto : 1.- a) Qualora la lite non verta sull'assegnazione o il rifiuto di prestazioni assicurative, il Tribunale federale delle assicurazioni deve limitarsi ad esaminare se il giudizio di primo grado abbia violato il diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere di apprezzamento, oppure se l'accertamento dei fatti sia manifestamente inesatto, incompleto o avvenuto violando norme essenziali di procedura (art. 132 OG in relazione con gli art. 104 lett. a e b e 105 cpv. 2 OG). b) Oggetto della controversia è il risarcimento di danni per il mancato pagamento di contributi AVS/AI/IPG/AD eAF. Ora, per quel che riguarda questi ultimi, essi attengono alla legislazione cantonale, per cui il loro esame sfugge al controllo giudiziale del Tribunale federale delle assicurazioni, il quale è legittimato a statuire unicamente circa gli oneri di diritto federale (<ref-ruling> consid. 1 e riferimenti). Nella misura in cui riguarda danni addebitabili al mancato versamento di simili contributi, il ricorso di diritto amministrativo è quindi irricevibile. c) Nei considerandi del querelato giudizio, cui si rinvia, i primi giudici hanno già correttamente rilevato come il datore di lavoro sia tenuto al pagamento regolare dei contributi sociali e come, in caso di mancato versamento dei medesimi per intenzionalità o per grave negligenza, possano essere chiamati a rispondere del danno, a titolo sussidiario, gli organi della società anonima (cfr. <ref-ruling> consid. 5b e riferimenti), precisando quali siano le norme legali e i principi di giurisprudenza applicabili in concreto. A questa esposizione può essere fatto riferimento e prestata adesione. 2.- a) La Corte cantonale, reputando predominante il ruolo di T._ SA nel determinare la volontà della L._ SA e ritenendo altresì che la ricorrente non avrebbe reso verosimile l'esistenza di motivi di giustificazione o di discolpa, ha condannato quest'ultima al risarcimento di fr. 20'230. 50, pari agli oneri sociali rimasti impagati dalla società L._ SA. b) Nel proprio gravame T._ SA contesta le conclusioni dei primi giudici nella misura in cui l'hanno ritenuta responsabile del danno cagionato alla Cassa. Essa fa innanzitutto valere la perenzione della pretesa della Cassa. La ricorrente adduce poi che a seguito dell'omologazione del concordato avvenuta il 13 luglio 1999 tutti i creditori chirografari, Cassa compresa, sarebbero da ritenere defintivamente tacitati. Infine, rileva di non poter essere considerata organo di fatto della L._ SA, essendosi limitata - seguendo le precise istruzioni rilasciate dall'ex amministratore unico Calderoni - alla semplice tenuta della contabilità della società. 3.- a) In via preliminare va verificato se l'amministrazione abbia fatto valere tempestivamente, ossia nel termine di un anno stabilito dall'<ref-law>, il suo diritto al risarcimento dei danni. La ricorrente contesta che il termine di perenzione possa essere fatto decorrere - come invece accertato dalla pronunzia querelata - dal 29 luglio 1998, giorno in cui la Cassa, in sede di audizione dell'amministratore unico C._, sarebbe venuta a conoscenza della circostanza che T._ SA avrebbe operato quale amministratrice di fatto. L'interessata ritiene piuttosto che l'inizio di detto termine vada situato al 25 maggio 1998, allorquando all'assemblea dei creditori era stato prospettato un dividendo concordatario del 6,49 %, o quantomeno al 19 giugno 1998, in concomitanza con la trasmissione della relazione del Commissario al Pretore del Distretto di Riviera, oppure, infine, al più tardi al 14 luglio 1998 quando una rappresentante della Cassa aveva partecipato ad un'udienza di omologazione del concordato. b) La Corte cantonale ha già ricordato in modo esauriente le disposizioni di legge e i principi giurisprudenziali disciplinanti la perenzione. A questa esposizione può essere fatto riferimento e prestata adesione. Per l'<ref-law> il diritto di richiedere il risarcimento di un danno si prescrive quando la cassa di compensazione non lo fa valere mediante una decisione entro un anno dal momento in cui ha avuto conoscenza dello stesso. Questo termine, contrariamente alla lettera del disposto, è di perenzione, la quale, come tale, deve essere accertata d'ufficio (<ref-ruling> consid. 2a, 121 III 388 consid. 3b e sentenze ivi citate). Come rettamente rilevato dalla Corte cantonale, il termine perentorio di un anno inizia a decorrere solo dal giorno in cui, accanto al danno, la Cassa ha pure conoscenza della persona tenuta al risarcimento (<ref-ruling>; RCC 1991 pag. 132; Nussbaumer, Das Schadenersatzverfahren nach Art. 52 AHVG, in: Schaffhauser/Kieser, Aktuelle Fragen aus dem Beitragsrecht der AHV, San Gallo 1998, pag. 111). c) Ora, è vero che il 16 giugno 1998 - nel periodo intercorrente tra l'adunanza dei creditori 25 maggio 1998 e la relazione 19 giugno 1998 del Commissario all'indirizzo del Pretore competente - la Cassa aveva notificato all'amministratore unico di L._ SA una decisione di risarcimento danni giusta l'<ref-law>. Tuttavia, è solo in seguito all'audizione 29 luglio 1998 che l'amministrazione ha appreso da quest'ultimo che egli avrebbe agito unicamente quale prestanome e che la società anonima sarebbe - a detta di C._ - di fatto stata gestita dalla T._ SA, rappresentata dai fratelli G._. Stando quanto precede, si deve ritenere che la Cassa, avendo emanato il 28 luglio 1999 la decisione di risarcimento danni nei confronti della ricorrente, ha rispettato il termine annuo di perenzione. 4.- La ricorrente censura quindi il giudizio cantonale per essere stata ingiustamente ritenuta organo di fatto della società L._ SA. a) Secondo giurisprudenza, sono considerati organi di una persona giuridica in primo luogo le persone iscritte come tali a registro di commercio, quali il consiglio di amministrazione (rispettivamente l'amministratore unico) e gli organi di controllo. A determinate condizioni possono assumere la qualità di organo anche il direttore, il procuratore ex <ref-law> o l'amministratore di fatto (<ref-ruling>, 117 II 441 consid. 2b, 571 consid. 3 e riferimenti; Nussbaumer, Les caisses de compensation en tant que parties à une procédure de réparation d'un dommage selon l'<ref-law>, in RCC 1991 pag. 402 seg.). Decisivo per la qualifica di organo d'una società per persone che non fanno parte del consiglio di amministrazione è la circostanza che esse esercitino effettivamente la funzione medesima, prendendo decisioni che competono agli organi o assumendo la gestione della ditta ed influenzandone così in modo determinante la formazione della volontà (<ref-ruling> consid. 3; Forstmoser/Meier-Hayoz/Nobel, Schweizerisches Aktienrecht, Berna 1996, § 37, n. 17). Nell'ambito di azioni di responsabilità sono infatti di rilievo le mansioni concretamente svolte da una persona in seno alla società. Diversamente, la persona interessata dovrebbe essere considerata responsabile anche per i danni di cui, per difetto di competenza, non avrebbe potuto impedire il verificarsi (<ref-ruling> consid. 5a). b) A ben vedere, le risultanze istruttorie non hanno messo in evidenza indizi affidabili e convergenti che facciano concludere per l'esistenza di un'attività della T._ SA quale amministratrice di fatto. Contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, l'aver sottoscritto le dichiarazioni fiscali, i bilanci e l'aver chiesto alla Cassa una dilazione del pagamento dei contributi non sono ancora, di per sé, atti sufficienti per giustificare una qualifica di organo materiale nell'ambito della gestione della società, trattandosi di atti amministrativi di mera esecuzione. Non risulta infatti che con la delega alla ricorrente delle questioni amministrative, la stessa abbia pure acquisito ed esercitato competenze decisionali influenzando in modo determinante la formazione della volontà societaria (cfr. sentenza inedita del 6 ottobre 1998 in re K., H 72/98). Dall'inserto emerge piuttosto che era l'amministratore C._ a discutere con la fiduciaria gli "assestamenti da eseguire" prima di trasmettere i bilanci alle autorità competenti. Inoltre, dalla deposizione dello stesso dinnanzi al Tribunale cantonale in data 6 marzo 2001 risulta che era lui a venire interpellato per l'esecuzione di grosse riparazioni e delle spese legali e a dare "l'avallo" ai relativi pagamenti, mentre dei fornitori si occupava il gerente del ristorante amministrato dalla L._ SA. Infine, è sempre lo stesso C._ ad avere riconosciuto che, malgrado avesse rassegnato le dimissioni già da diversi anni, non solo aveva ancora sottoscritto in qualità di amministratore unico l'istromento notarile 2 giugno 1997 relativo all'aumento di capitale della società, ma aveva più in generale continuato ad esercitare il suo mandato, determinandosi solo il 4 agosto 1998 a domandare all'Ufficio dei registri di B._ di registrare le sue dimissioni. c) Volere, sulla scorta di questi elementi, desumere dalle attività della ricorrente - i cui dipendenti disponevano sì di procure bancarie per effettuare i necessari pagamenti, ma, come rilevato dagli amministratori della fiduciaria e riconosciuto, perlomeno implicitamente, dallo stesso amministratore unico, solo per permettere alla fiduciaria di agire nell'ambito del mandato affidatole - una qualifica di organo di fatto costituisce un'interpretazione giuridica che non può essere condivisa da questa Corte, ancor meno alla luce delle precisazioni rese dall'amministratore C._, il quale, chiarendo l'equivoco creato dalle proprie dichiarazioni, ha precisato di ritenere T._ SA quale amministratrice di fatto di L._ SA per il motivo che la fiduciaria si occupava, su delega di terzi, di registrare la contabilità, di fare i conteggi salariali, insomma di "tutte le pratiche d'ufficio e amministrative". Orbene, per quanto suesposto, siffatta conclusione - che peraltro conferma la portata delle attività svolte dall'insorgente -, muove da premesse errate, non essendo le mansioni attribuite alla ricorrente di per sé sufficienti per connotare il suo operato al pari di un organo di fatto. Ne deve pertanto conseguire che già solo facendo difetto la qualità di organo (eventualmente) responsabile del danno insorto alla Cassa opponente, il ricorso deve essere accolto e la pronunzia querelata annullata. 5.- Visto l'esito di quanto precede, può rimanere irrisolta la questione di sapere se l'omologazione del concordato e il pagamento del dividendo, che hanno comportato in forza dell'<ref-law> l'estinzione del credito per contributi nella misura eccedente la percentuale concordataria, abbiano allo stesso modo creato per la Cassa, quale creditrice chirografa non privilegiata - in virtù dell'ordinamento valido tra il 1° gennaio 1997 e il 31 dicembre 2000, determinante ai fini del presente giudizio (<ref-ruling> consid. 1b e riferimenti) -, l'estinzione di ogni conseguente pretesa risarcitoria ai sensi dell'<ref-law>. 6.- Non trattandosi in concreto di una lite avente per oggetto l'assegnazione o il rifiuto di prestazioni assicurative, la procedura non è gratuita (art. 134 OG a contrario). Le spese processuali seguono la soccombenza e devono essere messe a carico della Cassa opponente, la quale verserà altresì alla T._ SA, assistita da un legale, fr. 2'500.- a titolo di indennità di parte in sede federale (art. 135 in relazione con gli art. 156 cpv. 1 e 159 OG).
Per questi motivi, il Tribunale federale delle assicurazioni pronuncia : I.In quanto ricevibile, il ricorso di diritto amministrativo è accolto, il giudizio 21 maggio 2001 del Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino essendo annullato e la petizione 27 settembre 1999 della Cassa di compensazione del Cantone Ticino respinta. II.Le spese giudiziarie, ammontanti a fr. 1'600.-, sono poste a carico della Cassa di compensazione opponente. III. L'anticipo spese di fr. 1'600.- versato dalla ricorrente viene retrocesso. IV.La Cassa opponente verserà alla ricorrente la somma di fr. 2'500.- (comprensiva dell'imposta sul valore aggiunto) a titolo di indennità di parte per la procedura federale. V.Il Tribunale cantonale delle assicurazioni statuirà sulla questione delle spese ripetibili di prima istanza, tenuto conto dell'esito del procedimento in sede federale cantonale. VI.La presente sentenza sarà intimata alle parti, al Tribunale cantonale delle assicurazioni, Lugano, all' Ufficio federale delle assicurazioni sociali e a G._.
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2,011
de
Sachverhalt: A. Die 1968 geborene S._ war als Angestellte der Firma Z._ AG, für die berufliche Vorsorge bei der Sammelstiftung C._ AG (Sammelstiftung) versichert. Vom 1. März 2003 bis 31. Juli 2003 bezog sie eine ganze und seit 1. August 2003 hat sie Anspruch auf eine halbe Rente der Invalidenversicherung (Invaliditätsgrad von 55 %; Verfügungen vom 22. April 2005). Die Suva gewährte ab 1. November 2003 bis 31. Oktober 2007 zufolge der am 18. Februar 2003 erlassenen Nichteignungsverfügung (Nickelallergie) eine Übergangsentschädigung. Die Sammelstiftung ermittelte für die Zeit ab 1. Januar 2008 unter Anrechnung eines zumutbarerweise erzielbaren Verdienstes in der Höhe von Fr. 21'583.- und in Berücksichtigung der Leistungen der Invalidenversicherung (Invalidenrente und Kinderrente) eine Überentschädigung und verneinte aus diesem Grund einen Leistungsanspruch aus beruflicher Vorsorge. Hieran hielt sie nach Korrespondenz mit der Versicherten laut Schreiben vom 19. Juni 2009 fest. B. Die von S._ gegen die Sammelstiftung eingereichte Klage, mit welcher sie ab 1. November 2007 ungekürzte Invaliditätsleistungen aus beruflicher Vorsorge bei einem Invaliditätsgrad von 55 %, nebst Zins von 5 % ab 8. Januar 2010, beantragen liess, wies das Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen ab (Entscheid vom 5. April 2011). C. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten lässt S._, unter Aufhebung des angefochtenen Entscheids, das vorinstanzliche Begehren erneuern.
Erwägungen: 1. Mit der Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann u.a. die Verletzung von Bundesrecht gerügt werden (<ref-law>). Die Feststellung des Sachverhalts kann nur gerügt werden, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 beruht und wenn die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (<ref-law>). Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (<ref-law>). Es kann die Sachverhaltsfeststellung der Vorinstanz von Amtes wegen berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 beruht (<ref-law>). 2. Streitig und zu prüfen ist die Anrechenbarkeit eines hypothetischen Erwerbseinkommens im Rahmen der berufsvorsorgerechtlichen Überentschädigungsberechnung, mit der Folge, dass im Fall der Anrechnung kein Anspruch auf Invalidenleistungen aus beruflicher Vorsorge bestünde. 2.1 Das kantonale Gericht hat die ab 1. Januar 2005 anwendbaren gesetzlichen Bestimmungen über die Verhinderung ungerechtfertigter Vorteile des Versicherten oder seiner Hinterlassenen beim Zusammentreffen mehrerer Leistungen (Art. 24 der Verordnung vom 18. April 1984 über die berufliche Alters-, Hinterlassenen- und Invalidenvorsorge [BVV2; SR 831.441.1]) unter Hinweis auf die Rechtsprechung (<ref-ruling>) zutreffend dargelegt und richtig festgehalten, dass die Vorsorgeeinrichtung die Voraussetzungen und den Umfang einer Kürzung nach Art. 24 Abs. 5 BVV2 jederzeit überprüfen und ihre Leistungen anpassen kann, wenn die Verhältnisse sich wesentlich ändern. Darauf wird verwiesen, namentlich auf Art. 24 Abs. 2 Satz 2 BVV2 in der ab 1. Januar 2005 geltenden Fassung, wonach Bezügern von Invalidenleistungen in der Überentschädigungsberechnung nicht nur das weiterhin effektiv erzielte, sondern auch das "zumutbarerweise noch erzielbare Erwerbs- oder Ersatzeinkommen" anzurechnen ist. Korrekt erwähnte die Vorinstanz sodann das hier anwendbare Vorsorgereglement der Sammelstiftung C._ AG, wonach Leistungen gekürzt werden, sofern sie mit Leistungen Dritter (Ziffer 4.12 lit. a Reglement 2005) bzw. mit Leistungen gleicher Art und Zweckbestimmung (Ziffer 4.12.1 lit. a Reglement 2008) zusammen zu einem Ersatzeinkommen von mehr als 90 % des zuletzt erzielten Einkommens führen. 2.2 Nach der Rechtsprechung wird im Rahmen der berufsvorsorgerechtlichen Überentschädigungsberechnung das weiterhin erzielte oder zumutbarerweise noch erzielbare Erwerbs- oder Ersatzeinkommen angerechnet. Es besteht eine Vermutung, wonach das zumutbarerweise noch erzielbare Erwerbseinkommen mit dem von der IV-Stelle ermittelten Invalideneinkommen übereinstimmt (<ref-ruling> E. 4.1.3 S. 70). Das gemäss Art. 24 Abs. 2 Satz 2 BVV2 anrechenbare Einkommen basiert - anders als das Invalideneinkommen - auf dem Zumutbarkeitsgrundsatz, der die Berücksichtigung der gesamten objektiven und subjektiven Umstände, auch in arbeitsmarktlicher Hinsicht, verlangt, wobei auch bei der Würdigung der subjektiven Gegebenheiten und Möglichkeiten einer bestimmten versicherten Person ein objektiver Massstab anzulegen ist. Solche subjektiven Gegebenheiten, denen unter Zumutbarkeitsgesichtspunkten Rechnung zu tragen ist, sind alle Umstände, welche - im Rahmen einer objektivierenden Prüfung - für die effektiven Chancen des betreffenden Versicherten, auf dem jeweiligen tatsächlichen Arbeitsmarkt eine geeignete und zumutbare Arbeitsstelle zu finden, von wesentlicher Bedeutung sind (<ref-ruling> E. 4.2.1 S. 70 f.). 2.3 Mit Urteil 9C_73/2010 vom 28. September 2010 (SVR 2011 BVG Nr. 18 E. 6.1) hat das Bundesgericht unlängst entschieden, dass für die Beurteilung der Frage, ob der versicherten Person im Rahmen der Überentschädigungsberechnung ein hypothetisches Arbeitseinkommen anzurechnen ist, die gleichen Grundsätze gelten, wie bei der Berücksichtigung von Verzichtseinkommen gemäss Art. 11 Abs. 1 lit. g ELG. Denn die gesetzliche Vermutung geht dahin, dass es dem teilinvaliden Bezüger einer Rente der beruflichen Vorsorge möglich und zumutbar wäre, in Berücksichtigung der gesamten objektiven und subjektiven Umstände im Rahmen des von der Invalidenversicherung festgestellten restlichen Leistungsvermögens ein bestimmtes Einkommen zu verdienen (Art. 24 Abs. 2 BVV2; <ref-ruling> E. 2.2 S. 23). Für die Frage wiederum, ob im EL-Bereich bei Teilinvaliden ein Verzichtseinkommen anzurechnen ist (Art. 3c Abs. 1 lit. g ELG; seit 1. Januar 2008: Art. 11 Abs. 1 lit. g ELG; Art. 14a Abs. 1 und 2 lit. a ELV), sind rechtsprechungsgemäss die invaliditätsfremden Faktoren wie Alter, Sprachkenntnisse, Ausbildung, bisherige Tätigkeit sowie die konkrete Arbeitsmarktlage zu berücksichtigen (erwähntes Urteil 9C_73/2010 E. 6.1; vgl. <ref-ruling> E. 2c S. 156). Angesichts dieser offenkundigen Parallelen zwischen beruflicher Vorsorge und der Anrechnung eines hypothetischen Arbeitserwerbs im Rahmen der Prüfung des Anspruchs auf Ergänzungsleistungen liegt es auf der Hand, für die Belange der Überentschädigungsberechnung nach Art. 24 Abs. 1 und 2 BVV2 die zum ergänzungsleistungsrechtlichen Verzichtseinkommen ergangene Rechtsprechung heranzuziehen. 3. 3.1 Das kantonale Gericht erwog, gegenüber der Arbeitslosenversicherung sei der Nachweis von Arbeitsbemühungen bis zur Einstellung der Taggelder (August 2005) dokumentiert und gemäss Suva-Akten erstrecke sich der Nachweis bis zur letztmaligen Auszahlung einer Übergangsentschädigung gestützt auf Art. 86 der Verordnung vom 19. Dezember 1983 über die Verhütung von Unfällen und Berufskrankheiten (VUV; SR 832.30) im Oktober 2007. Die spätere Stellensuche genüge weder qualitativ noch quantitativ den Anforderungen. Sodann verunmögliche das leistungseinschränkende Rückenleiden die Verwertung der verbliebenen Arbeitsfähigkeit in wechselbelastenden Tätigkeiten ohne Kontakt zu Nickeloberflächen nicht. Der Beschwerdeführerin stehe ein relativ grosses Spektrum an nicht qualifizierten Hilfstätigkeiten offen, und sie habe trotz Kinderbetreuung schon vor Eintritt des Gesundheitsschadens einen Vollzeiterwerb ausgeübt, weshalb auch die familiäre Situation der Vermittelbarkeit nicht entgegen stehe. In diesem Lichte rechnete die Vorinstanz bei der berufsvorsorgerechtlichen Überentschädigungsberechnung gestützt auf Art. 24 Abs. 2 BVV2 ein zumutbarerweise erzielbares Einkommen an. 3.2 Das kantonale Gericht hat den rechtserheblichen Sachverhalt weder offensichtlich unrichtig noch sonstwie in Verletzung von Bundesrecht (E. 1 hievor) festgestellt. Auszugehen ist somit von den verbindlichen Feststellungen im angefochtenen Entschied (<ref-law>), wonach sich die Beschwerdeführerin ab November 2007 bis 2010 mit rund 50 mündlichen Bewerbungen bei 18 verschiedenen Arbeitgebern der gleichen Region beworben habe. Diese seien telefonisch oder durch persönliche Vorsprachen erfolgt. Mangels Dokumentation liessen sich die Bewerbungen jedoch keinem bestimmten Datum zuordnen. Zudem erkannte das vorinstanzliche Gericht rechtsfehlerfrei, die Versicherte sei vor Eintritt des Gesundheitsschadens trotz Familie einer vollschichtigen Arbeit nachgegangen und mit Blick auf das Rückenleiden sowie die Nickelallergie betrage die Arbeitsfähigkeit in einer zumutbaren Tätigkeit 50 %, welche auf dem tatsächlichen Arbeitsmarkt verwertet werden könne. 4. 4.1 Laut Befundung des Dr. med. R._, Arbeitsmedizin Suva, vom 30. März 2006 zeigte sich mit Bezug auf das Ekzem an den Händen ein praktisch asymptomatisches Bild und Dr. med. B._, Facharzt für Innere Medizin und Rheumatologie, schätzte die Arbeitsfähigkeit wegen des Rückenleidens im für die IV-Stelle erstellten Gutachten vom 5. Mai 2004 in einer wechselbelastenden Tätigkeit auf 50 %. Eine Leistungssteigerung machte er von der Weiterführung des Trainingsprogramms abhängig. Zwar steht namentlich mit Blick auf die Nickelallergie nur mehr ein eingeschränkter Fächer an Arbeitsmöglichkeiten offen. Hingegen bietet beispielsweise die Verkaufsbranche eine Vielzahl von Stellen an, welche unstrittig den gesundheitlichen Einschränkungen der Versicherten Rechnung tragen. Unbesehen davon, wird auch letztinstanzlich nicht dargetan, dass wegen der Nickelallergie ausserhalb der Verkaufsbranche keine oder nur sehr eingeschränkte Arbeitsmöglichkeiten bestehen (zur Beweislast vgl.: <ref-ruling> E. 4.2.2; MARC HÜRZELER, in: BVG und FZG, 2010, Rz. 41 zu Art. 34a BVG). Die Vorinstanz hat zu Recht erkannt, dass die medizinischen Verhältnisse der Verwertbarkeit des restlichen Leistungsvermögens auf dem tatsächlichen Arbeitsmarkt nicht entgegen stehen. 4.2 Beizupflichten ist der Beschwerdeführerin insofern, als in Anlehnung an die Rechtsprechung zu Art. 14a ELV (vgl. E. 3.2 hievor) zahlreiche erfolglose Arbeitsbemühungen während des Bezuges von Arbeitslosentaggeld rechtsprechungsgemäss ein Indiz dafür darstellen, dass die versicherte Person aus invaliditätsfremden Gründen ausserstande ist, die ihr verbliebene theoretische Restarbeitsfähigkeit tatsächlich zu verwerten bzw. wirtschaftlich zu nutzen (SVR 2001 EL Nr.8 E. 2c; Urteil P 55/99 vom 5. Juni 2001). Hingegen hat die Suva die Vermittelbarkeit mit Blick auf die während vier Jahren ausgerichtete Übergangsentschädigung auch nach Einstellung des Arbeitslosentaggeldes bejaht. Die Übergangsentschädigung gestützt auf <ref-law> ist an den Nachweis genügender Arbeitsbemühungen geknüpft (RKUV 1995 Nr. U 225 S. 161, Urteil U 34/94 vom 10. Mai 1995 E. 2b), was die Verwertbarkeit des Leistungsvermögens auf dem Arbeitsmarkt notwendigerweise voraussetzt (vgl. hiezu Urteil 8C_507/2007 vom 5. Juni 2008 E. 4.1). Die Suva schloss - entgegen der Annahme der Beschwerdeführerin - invaliditätsfremde Gründe, die der Aufnahme einer beruflichen Tätigkeit entgegenstünden, aus. Sodann spricht die erfolglose Unterstützung bei der Arbeitssuche durch die Invalidenversicherung und das RAV nicht gegen die Vermittelbarkeit. Die behördliche Unterstützung fand aktenkundig nur einmal statt, und war von kurzer Dauer. Der Arbeitsaufnahme standen im Weiteren weder die Dauer der Abwesenheit vom Arbeitsmarkt noch die familiären Verhältnisse entgegen. Mit Blick auf die einfache und keine Ausbildung erfordernde Verweistätigkeit verunmöglicht ein Arbeitsunterbruch von acht Jahren nicht den beruflichen Wiedereinstieg (vgl. etwa Urteil P 2/06 vom 18. August 2006 E. 2, Urteil P 6/04 vom 4. April 2005 E. 3.1.3) und die Teilzeitbeschäftigung von 50 % lässt im Vergleich zum vor dem Eintritt der Gesundheitsschädigung ausgeübten vollschichtigen Pensum mehr Raum für die Kinderbetreuung. Die Vorinstanz brachte rechtsfehlerfrei auch die guten Deutschkenntnisse und die Ausbildung zur Biolaborantin in Anschlag. Invaliditätsfremde Gründe als Erklärung der erfolglosen Arbeitssuche sind nach dem Gesagten nicht dargetan. 4.3 Das kantonale Gericht beurteilte die Arbeitsbemühungen mit Recht als ungenügend. Ab November 2007 sind ein bis zwei Bewerbungen im Monat bei nur 18 verschiedenen Arbeitgebern in der Wohngegend der Beschwerdeführerin erstellt (vgl. E. 3.2 hievor), was offenkundig nicht genügt. Demzufolge gelingt es ihr nicht, die Vermutung umzustossen, sie könne auf dem tatsächlichen Arbeitsmarkt ein dem Invalidenlohn entsprechendes Resteinkommen erzielen (<ref-ruling> E. 4.2.1 S. 70; E. 2.2 hievor). Ihr war demzufolge gestützt auf Art. 24 Abs. 2 BVV2 ein zumutbarerweise erzielbares Erwerbseinkommen anzurechnen. 5. Unstrittig und daher nicht zu prüfen ist die Höhe der massgeblichen Bemessungsfaktoren der Überentschädigungsberechnung mit Gültigkeit ab 1. Januar 2008 (<ref-ruling> E. 1b und 2c S. 415 ff.; 110 V E. 4a S. 53). Bei einer Überentschädigungsgrenze von Fr. 45'670.- (90 % des mutmasslich entgangenen Verdienstes; Art. 24 Abs. 1 BVV2) und unter Berücksichtigung der gesamthaften IV-Leistungen von Fr. 29'832.- sowie des gestützt auf Art. 24 Abs. 2 BVV2 anrechenbaren Einkommens von Fr. 22'845.- besteht ein Überschuss und daher kein Anspruch auf Invalidenleistungen aus beruflicher Vorsorge. Zufolge der vom 1. November 2007 bis 31. Dezember 2007 nebst der Invalidenrente und den Kinderrenten zusätzlich anzurechnenden Zusatzrente für den Ehepartner sind für diesen Zeitraum ebenfalls keine vorsorgerechtlichen Leistungen geschuldet. 6. Bei diesem Verfahrensausgang wird die Beschwerdeführerin kostenpflichtig (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 19. Juli 2011 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Meyer Ettlin
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2,015
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Faits : A. A._ est propriétaire de la parcelle n° xxx de la commune de Champéry, sur laquelle se trouvait notamment un garage. Erigé sans droit, celui-ci a fait l'objet d'un ordre de démolition prononcé en 1998 et confirmé sur recours en 2003, puis sur demande de reconsidération en 2005. Le 27 août 2004, la Commission cantonale des constructions du canton du Valais (CCC) a invité l'intéressée à faire savoir si elle s'engageait à réaliser les travaux, devisés à 10'620 fr., faute de quoi un appel d'offres serait lancé. A._ a refusé de prendre un tel engagement. Les travaux ont été adjugés, pour 14'068 fr. Après un report de l'exécution, la CCC a à nouveau demandé, le 31 janvier 2006, si l'intéressée était disposée à exécuter les travaux de remise en état, ce à quoi elle se refusa derechef. Les travaux ont finalement été exécutés en novembre 2011. Par décision du 14 avril 2008, la CCC à mis à la charge d'A._ les frais de suppression du garage: 14'147 fr. pour l'entreprise, 277 fr. d'intervention de la police et 1'236 fr. de frais de déplacement de la CCC, soit au total 18'329.45 fr. A._ a recouru en vain auprès du Conseil d'Etat valaisan. B. Par arrêt du 19 septembre 2014, la Cour de droit public du Tribunal cantonal du canton du Valais a elle aussi rejeté le recours formé par A._. Le devis du mois d'août 2004 était estimatif et les objections liées à différents postes de la facture de l'entreprise (évacuation de moellons, matériaux de remblais) ont été écartées. La réparation des dégâts commis lors du déménagement d'objets devait faire l'objet d'une procédure civile. La surveillance policière lors des travaux apparaissait justifiée. C. Par acte du 25 octobre 2014, A._ forme un "recours en matière de droit administratif" par lequel elle demande au Tribunal fédéral de réformer les décisions du Conseil d'Etat et du Tribunal cantonal en ce sens que certaines preuves sont administrées et qu'elle n'est tenue de rembourser que les frais correspondant aux travaux effectivement réalisés, sous déduction des dégâts causés; elle requiert l'établissement d'une facture corrigée. Le Tribunal cantonal a renoncé à se déterminer. Le Conseil d'Etat conclut au rejet du recours.
Considérant en droit : 1. La CCC a réclamé les frais d'exécution par la voie d'une décision formelle, conformément à l'art. 38 al. 1 let. a de la loi valaisanne sur la procédure et la juridiction administratives (LPJA). Cette décision est fondée sur le droit public cantonal, de sorte que la voie du recours en matière de droit public est en principe ouverte (art. 82 let. a LTF). La dénomination inexacte du recours ne prête pas à conséquence. La recourante, qui se voit imposer le paiement des frais d'exécution par équivalent, a qualité pour agir au sens de l'<ref-law>. Pour le surplus, le recours est formé en temps utile (<ref-law>) contre une décision finale rendue en dernière instance cantonale (art. 86 al. 1 let. d LTF). 2. Invoquant son droit d'être entendue, la recourante reproche au Tribunal cantonal de ne pas avoir ordonné l'apport des demandes d'adjudication des travaux, ainsi que des rapports de la police et de la CCC. 2.1. Le droit d'être entendu, garanti à l'art. 29 al. 2 Cst., comprend notamment le droit pour l'intéressé de produire des preuves pertinentes, d'obtenir qu'il soit donné suite à ces offres de preuves, de participer à l'administration des preuves essentielles ou à tout le moins de s'exprimer sur son résultat, lorsque cela est de nature à influer sur la décision à rendre (<ref-ruling> consid. 3.3 p. 496; <ref-ruling> consid. 9.2 p. 48 s.; <ref-ruling> consid. 2.3 p. 282). 2.2. En l'occurrence, la recourante n'explique nullement en quoi les pièces requises étaient pertinentes pour l'issue du litige. Comme cela est rappelé ci-dessous, la procédure d'adjudication, de même que les devis estimatifs ne constituent pas des éléments nécessaires pour juger du bien-fondé des prétentions de l'Etat. De même, la cour cantonale a considéré que la surveillance du chantier était justifiée dès lors que des affiches indiquant "attention garage piégé" avaient été posées; face à cet élément de fait incontesté, on ne voit pas - et la recourante ne l'explique pas non plus - ce qui pouvait remettre en cause l'intervention de la police sur place. Dans la mesure où il est suffisamment motivé, le grief doit être écarté. 3. Sur le fond, la recourante reprend l'argumentation présentée devant l'instance précédente en contestant différents postes de la décision de la CCC et de la facture de l'entreprise (volume de terre, évacuation des moellons). 3.1. S'il impose le prononcé d'une décision formelle au sujet des frais d'exécution par équivalent, le droit cantonal ne pose pas de règles particulières applicables à ces frais. Les principes généraux du droit administratif (notamment le principe de proportionnalité) s'appliquent donc et l'autorité peut exiger le paiement non seulement des dépenses nécessaires, mais aussi des dépenses utiles justifiées par les circonstances (cf. <ref-law> en matière de gestion d'affaires). Dans le cadre de l'exécution par équivalent, il n'est en effet pas nécessaire que les actes d'exécution soient exactement semblables à ceux que l'administré était tenu de faire; il suffit qu'ils restent dans le cadre des mesures propres à atteindre le résultat recherché (arrêt 1P.362/2005 du 26 août 2005 consid. 5; GRISEL, Droit administratif, Neuchâtel 1984 p. 639). Il n'est pas non plus exigé l'établissement d'un devis préalable, ni une procédure d'appel d'offres, l'autorité devant simplement veiller à ce que les coûts soient dans un rapport raisonnable avec la prestation de l'entreprise tierce. 3.2. La recourante ne fait que reprendre les contestations soumises à l'instance précédente, que celle-ci a écartées en application des principes rappelés ci-dessus. Son recours ne contient pas la moindre indication quant aux dispositions ou principes juridiques qui seraient violés par la décision attaquée. Or, dans la mesure où elle est fondée sur le droit cantonal, la décision attaquée ne pourrait faire l'objet que de griefs d'ordre constitutionnel, soumis à une exigence de motivation accrue en vertu de l'<ref-law>. Or, la simple contestation des frais mis à sa charge ne saurait tenir lieu de motivation suffisante au sens de cette disposition. Les arguments de détail soulevés par la recourante ne permettent d'ailleurs pas de considérer que les frais mis à sa charge seraient, dans leur ensemble, sans rapport raisonnable avec la prestation de l'entreprise chargée de l'exécution. 4. Sur le vu de ce qui précède, le recours doit être rejeté, dans la mesure où il est recevable. Conformément à l'<ref-law>, les frais judiciaires sont mis à la charge de la recourante qui succombe.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce : 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 2'000 fr., sont mis à la charge de la recourante. 3. Le présent arrêt est communiqué à la recourante, au Conseil d'Etat du canton du Valais et au Tribunal cantonal du canton du Valais, Cour de droit public. Lausanne, le 9 janvier 2015 Au nom de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président : Fonjallaz Le Greffier : Kurz
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2,012
fr
Considérant en fait et en droit: 1. Par arrêt du 26 janvier 2012, en application de l'ancienne loi fédérale du 26 mars 1931 sur le séjour et l'établissement des étrangers (LSEE) et de l'ordonnance du 6 octobre 1986 limitant le nombre des étranges (OLE), le Tribunal cantonal du canton de Neuchâtel a rejeté le recours de X._, ressortissant algérien dont le mariage avec une ressortissante suisse le 15 juillet 1994 a pris fin avec le décès de celle-ci en 1996, contre la décision du 21 juin 2006 du Service des migrations et celle du 25 mai 2009 du Département de l'économie du canton de Neuchâtel de ne pas renouveler son autorisation de séjour. 2. Agissant par la voie du recours en matière de droit public et celle du recours constitutionnel subsidiaire, X._ demande en substance au Tribunal fédéral d'annuler l'arrêt du 26 janvier 2012 et d'ordonner la prolongation de son autorisation de séjour. Il sollicite l'assistance judiciaire et l'octroi de l'effet suspensif. Invoquant l'art. 9 Cst., il se plaint de l'application arbitraire des art. 1 ss LSEE plus particulièrement de l'art. 5 al. 1 LSEE ainsi que de la violation des art. 5, 7, 29 al. 2 et 115 Cst. 3. Le recourant invoque son droit à la santé. Ce faisant, il fait implicitement référence à une éventuelle exécution d'une décision de renvoi de Suisse, qui n'a pas encore été prononcée et n'a pas fait l'objet (arrêt attaqué, consid. 6b, p. 14) de la procédure devant l'instance précédente (art. 86 al. 1 let. d LTF). Ce grief est par conséquent irrecevable. 4. La décision de refus de prolonger l'autorisation de séjour ayant été rendue le 21 juin 2006, l'affaire doit être examinée à la lumière de la LSEE et de l'OLE, de sorte que le grief concernant la violation de la loi fédérale du 16 décembre 2005 sur les étrangers (LEtr; RS 142.20) est irrecevable (mémoire de recours ch. 8) en application de l'art. 126 al. 1 LEtr. 5. Le recours en matière de droit public est irrecevable contre les décisions en matière de droit des étrangers qui concernent, comme en l'espèce, une autorisation à laquelle ni le droit fédéral ni le droit international ne donnent droit (art. 83 let. c ch. 2 LTF). Depuis le décès de son épouse suisse, le recourant n'a aucun droit, en vertu de la loi fédérale sur le séjour et l'établissement des étrangers, d'obtenir le renouvellement de l'autorisation de séjour, de durée limitée, qui lui avait été accordée (cf. art. 4 a contrario et 5 al. 1 LSEE; <ref-ruling> consid. 1.1.1 p. 148).). Comme il n'existe aucune autre disposition de droit fédéral ou international qui conférerait au recourant un droit à une autorisation de séjour (s'agissant de l'OLE, voir <ref-ruling> consid. 2.2 p. 284 et les références), le présent recours est manifestement irrecevable en tant que recours en matière de droit public. Reste seule ouverte la voie du recours constitutionnel subsidiaire. 6. Le recours constitutionnel subsidiaire (art. 113 ss LTF) peut en principe être formé pour violation des droits constitutionnels (art. 116 LTF). La qualité pour former un recours constitutionnel subsidiaire suppose cependant un "intérêt juridique" à l'annulation ou à la modification de la décision attaquée (art. 115 let. b LTF; cf. <ref-ruling>), dont le recourant, qui n'a pas droit à une autorisation de séjour, ne peut se prévaloir en l'espèce (cf. ci-dessus consid. 5), l'interdiction de l'arbitraire tirée de l'art. 9 Cst. ainsi que le principe de proportionnalité de l'art. 5 Cst. ne conférant à eux seuls pas une position juridique protégée au sens de l'art. 115 let. b LTF (<ref-ruling> consid. 6.1 et 6.3 p. 197 s.). 7. Même s'il n'a pas qualité pour agir au fond, le recourant peut se plaindre par la voie du recours constitutionnel subsidiaire de la violation de ses droits de partie équivalant à un déni de justice formel (cf. <ref-ruling> consid. 1.4 p. 222), pour autant qu'il ne s'agisse pas de moyens ne pouvant être séparés du fond (cf. <ref-ruling> consid. 6. p. 198 s.; <ref-ruling> consid. 3c p. 312 s.). En l'espèce, le recourant se plaint de la violation de son droit d'être entendu avant que ne soit rendu l'arrêt attaqué dont il estime qu'il est fondé sur des faits qui n'ont pas été actualisés. Ce grief ne peut être séparé du fond. En effet, en considérant implicitement que le dossier de la cause était complet, l'instance précédente a procédé à une appréciation anticipé des preuves relatives au fond de l'affaire (sur la question de l'appréciation anticipée des preuves: <ref-ruling> consid. 5.3 p. 236 et les références citées). Ce grief est ainsi irrecevable. 8. Qu'il soit considéré comme recours en matière de droit public ou comme recours constitutionnel subsidiaire, le recours est ainsi manifestement irrecevable (art. 108 al. 1 let. a LTF) et doit être traité selon la procédure simplifiée de l'art. 108 LTF, sans qu'il y ait lieu d'ordonner un échange d'écritures et une audience. La requête d'effet suspensif est par conséquent sans objet. Les conclusions du présent recours paraissaient d'emblée vouées à l'échec, de sorte qu'il y a lieu de rejeter la demande d'assistance judiciaire (cf. art. 64 LTF). Succombant, le recourant doit supporter les frais de la procédure fédérale (art. 66 al. 1 LTF) et n'a pas droit à des dépens (art. 68 al. 2 LTF).
Par ces motifs, le Président prononce: 1. Le recours et irrecevable. 2. La demande d'assistance judiciaire est rejetée. 3. Les frais judiciaires, arrêtés à 1'000 fr., sont mis à la charge du recourant. 4. Le présent arrêt est communiqué au mandataire du recourant, au Service des migrations, au Département de l'économie et à la Cour de droit public du Tribunal cantonal du canton de Neuchâtel, ainsi qu'à l'Office fédéral des migrations. Lausanne, le 11 mars 2012 Au nom de la IIe Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président: Zünd Le Greffier: Dubey
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2,002
de
Erbteilung, hat sich ergeben: A.- Am 7. April 1994 verstarb in A._ X._. Sie hinterliess als gesetzliche Erben die vier Nachkommen Z._, Y._, W._ sowie V._. Die Beteiligten schlossen verschiedene erbrechtliche Rechtsgeschäfte ab. Die schriftliche Vereinbarung der vier Nachkommen vom 11. Mai/26. Juni/26. August/4. September 1985/10. April1996, welche auch von der Erblasserin am 27. Juni 1985 mitunterzeichnet wurde, enthält das Folgende: "Vereinbarung nach Art. 634/636 ZGB Parteien: ... ... 3. Nach Ableben von Frau X._ geht das Eigentum an der Liegenschaft Strasse B._ bzw. GB Nr. ..., ... und ... auf W._ über, womit alle Beteiligten ausdrücklich einverstanden sind. W._ übernimmt mit dem Grundstück auch die darauf befindliche hypoth. Belastung und die Kosten der Grundbuchübertragung. W._ hat mit Übertragung des Grundstückes auf seinen Namen den Miterben (Z._, V._ und Y._) je Fr. 20'000.-- auszubezahlen. ..." Am 14. Mai 1993 verfügte die Erblasserin testamentarisch das Folgende: "... 2. Alle früheren letztwilligen Verfügungen/Testamente, insbesondere die Abmachung betreffend die Übernahme der Liegenschaft Strasse B._, GB Nr. ..., ..., ..., eidg. Schwyz, durch meinen Sohn W._ (1949), sind mit der heutigen letztwilligen Verfügung als nichtig und gegenstandslos erklärt. Ich hebe sie auf. erklärt. Ich hebe sie auf. ... 5. Von meinem dereinstigen Nachlass sind: a) Vorerst sämtliche Todesfallkosten zu bezahlen. b) Vorab sind meinem Sohn W._ (1949) für seine Arbeiten an der Liegenschaft Strasse B._, Fr. 20'000.-- (zwanzigtausend Franken) auszurichten. c) Der Rest des Nachlasses geht zu gleichen Teilen an meine Kinder. 6. Wer diese meine letztwillige Verfügung anficht, ist auf den gesetzlichen Pflichtteil gesetzt. ..." B.- Am 23. Dezember 1996 machte W._ beim Bezirksgericht Schwyz eine Erbteilungsklage anhängig, mit welcher er u.a. die Übertragung der fraglichen Liegenschaften (heute GB ... u. ...; Grundbuch A._) in sein Alleineigentum beantragte sowie weitere Anträge zur Erbteilung stellte. Mit Urteil vom 30. Mai 1999 stellte das Bezirksgericht Schwyz fest, dass der Nachlass aus den beiden Liegenschaften sowie einer Barschaft von Fr. 1'228. 85 (unter Berücksichtigung des Verzichts von W._ auf sein Vermächtnis gemäss Ziff. 5b des Testaments vom 14. Mai 1993) bestehe; weiter wurde W._ ermächtigt, die Liegenschaften in sein Alleineigentum übertragen zu lassen, wobei das Gericht zusätzliche Anordnungen traf. Auf Berufung von Z._ und Y._ bestätigte das Kantonsgericht (Zivilkammer) des Kantons Schwyz mit Urteil vom 24. April 2001 im Wesentlichen das erstinstanzliche Urteil; Änderungen wurden nur bezüglich der Gerichtskosten vorgenommen. C.- Z._ und Y._ erheben Berufung und beantragen dem Bundesgericht, es sei das Urteil des Kantonsgerichts aufzuheben, die Klage abzuweisen, der Nachlass von X._ festzustellen und die Erbteilung gemäss letztwilliger Verfügung vom 14. Mai 1993 vorzunehmen; eventualiter sei die Sache an die Vorinstanz zurückzuweisen. W._ beantragt die Abweisung der Berufung, soweit darauf einzutreten sei. Das Kantonsgericht schliesst ebenfalls auf Abweisung. D.- Auf eine in der gleichen Sache erhobene staatsrechtliche Beschwerde wurde mit Urteil (5P. 336/2001) vom heutigen Tag nicht eingetreten.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1.- Die Vorinstanz hat im Wesentlichen festgehalten, dass die "Vereinbarung nach Art. 634/636 ZGB" der Beteiligten den Anforderungen von Art. 636 Abs. 1 ZGB entspreche. Es liege ein rechtsgültiger Vertrag im Sinne dieser Bestimmung vor, zumal einzelne Objekte und somit auch die Übernahme von Liegenschaften an Erbanwärter Gegenstand eines Vertrages nach Art. 636 Abs. 1 ZGB bilden könnten. Weiter hat die Vorinstanz ausgeführt, der Erblasserin wäre es - trotz Mitwirkung bei der Vereinbarung gemäss Art. 636 Abs. 1 ZGB - offen gestanden, über die umstrittenen Liegenschaften und ihren übrigen Nachlass zu verfügen, ihn z.B. zu verkaufen. Das habe sie aber nicht getan, insbesondere nicht mit der letztwilligen Verfügung vom Jahre 1993. Damit habe sich die Anwartschaft gemäss Vereinbarung im Sinne von Art. 636 ZGB verwirklicht, zumal sich die Beklagten nicht auf das Testament vom Jahre 1993 berufen würden. Daher sei der Kläger zu ermächtigen, die fraglichen Liegenschaften, unter Beachtung der für den Vollzug vorgesehenen Bedingungen, in sein Eigentum überschreiben zu lassen. 2.- a) Die Beklagten machen vorab geltend, dass die Rechtsauffassung der Vorinstanz, nicht nur eine ganze Erbschaft oder ein Erbanteil (Quote), sondern auch einzelne Gegenstände bzw. bestimmte Liegenschaften könnten Gegenstand eines Vertrages im Sinne von Art. 636 Abs. 1 ZGB sein, bundesrechtswidrig sei. Sie berufen sich dabei vor allem auf <ref-ruling> E. 5f S. 286, wonach "der Vertrag im Sinne von Art. 636 ... wie die Verträge im Sinne von Art. 635 Abs. 1 und 2 eine Erbschaft (oder einen Erbanteil) zum Gegenstand ... hat", in Verbindung mit <ref-ruling> E. 4 S. 125, wonach "einzelne Gegenstände oder Rechte aus dem Nachlass nicht Gegenstand eines Vertrages nach Art. 635 ZGB bilden können". b) Aus den zitierten Präjudizien leiten die Beklagten zuviel zugunsten ihres Standpunktes ab. Insbesondere hat das Bundesgericht im erstgenannten Urteil, in welchem es im fraglichen Zusammenhang allein um die Form ging, die Möglichkeit, auch einzelne (zukünftige) Erbschaftsgegenstände und Rechte zum Objekt des Vertrages zu machen, nicht ausgeschlossen. Gegenteils war das Bundesgericht im gleichenorts erwähnten Präjudiz BGE 57 II 21 bezüglich eines Vertrages im Sinne von Art. 636 Abs. 1 ZGB ohne weiteres von der Zulässigkeit (auch) derartiger Vertragsgegenstände ausgegangen. In der Literatur wird im Zusammenhang mit Art. 636 Abs. 1 ZGB ausdrücklich auch die Zulässigkeit von derartigen Vertragsobjekten angenommen (vgl. Tuor/Picenoni, Berner Kommentar, N. 5 zu Art. 636 ZGB, und Schaufelberger, Basler Kommentar, N. 3 zu Art. 636 ZGB; ebenso offenbar Piotet, in: Schweizerisches Privatrecht, Bd. IV/2, S. 682: "Wird die Übertragung der aus der Teilung zugewiesenen Güter versprochen, so liegt bis zur Eröffnung des Erbganges ..."). Hiegegen ist nichts einzuwenden, zumal in Art. 636 Abs. 1 ZGB, im Unterschied zu Art. 635 ZGB, nicht von "Erbanteilen" die Rede ist; vielmehr spricht jene Bestimmung ganz unspezifisch von "Erbschaft" bzw. "Verträgen vor dem Erbgang". Bei Art. 636 ZGB steht denn auch die Frage der Mitwirkung bzw. Zustimmung des (künftigen) Erblassers im Vordergrund und nicht die Art des Vertragsobjekts. Tatsächlich kann die Aufführung einzelner (künftiger) Erbschaftsgegenstände und Rechte in einem Vertrag im Sinne von Art. 636 Abs. 1 ZGB auch als eine Art vorweggenommener (und vom Erblasser genehmigter) Teilungsvorschrift aufgefasst werden, wie sie der Erblasser auch selbst anordnen könnte (Art. 608 ZGB). Soweit übrigens die Erwähnung einzelner Gegenstände und Rechte in einer Verfügung von Todes wegen auf einer derartigen Teilungsvorschrift beruht, können sie - in derselben Eigenschaft - selbst in einem Vertrag im Sinne von Art. 635 ZGB aufgeführt sein. Die Kritik der Beklagten an der Rechtsauffassung der Vorinstanz geht mithin fehl, und die Berufung ist insoweit unbegründet. 3.- a) Für den Fall der Gültigkeit der Vereinbarung von 1985/1996 machen die Beklagten sinngemäss als Eventualbegründung unter Hinweis auf das Testament vom 14. Mai 1993 und ihre Widerklage vom 10. November 1997 geltend, dass die Vorinstanz zu Unrecht angenommen habe, die Erblasserin habe von ihrem Recht auf - im Verhältnis zur Vereinbarung von 1985/1996 - abweichende testamentarische Regelung keinen Gebrauch gemacht, auch nicht im Testament vom 14. Mai 1993, und die Beklagten hätten sich auf dieses auch nicht berufen. b) In der Sache geht es um das Verhältnis zwischen der Vereinbarung von 1985/1996 und dem Testament vom 14. Mai 1993. Dies ist die von den Beklagten aufgeworfene Rechtsfrage, und die fraglichen Dokumente gehen in ihrem Wortlaut aus dem angefochtenen Urteil hervor und liegen in den Akten. Unter diesen Umständen kommt es nicht darauf an, ob sich die Beklagten für ihren Standpunkt, dass die Liegenschaften nicht gemäss Vereinbarung an den Kläger gehen, sondern in den zu teilenden Nachlass fallen, ausdrücklich auf das Testament vom Jahre 1993 berufen haben; ob die von ihnen beanstandete vorinstanzliche Feststellung, sie hätten sich auf dieses Testament nicht berufen, auf einem offensichtlichen Versehen beruht, ist insoweit für den Ausgang des Verfahrens nicht erheblich (vgl. <ref-ruling> E. 2a S. 506 f.). c) aa) Zur Beantwortung der anstehenden Rechtsfrage ist zunächst festzuhalten, dass die Erblasserin ihre im Sinne von Art. 636 Abs. 1 ZGB am 27. Juni 1985 abgegebene Zustimmung nicht widerrufen konnte (BGE 57 II 21 E. 2 S. 27). Die Vereinbarung ist - entgegen der Ziff. 2 des Testaments - nicht einfach "nichtig", sondern bleibt gültig. Fraglich ist einzig, ob sie mit dem Testament vom 14. Mai 1993 vereinbar ist; andernfalls hat dieses Vorrang, denn die Vereinbarung vermochte die Verfügungsfähigkeit der Erblasserin nicht zu beeinträchtigen (BGE 57 II 21 E. 2 S. 28; Tuor/Picenoni, a.a.O., N. 12 zu Art. 636 ZGB; Escher, Zürcher Kommentar, N. 12 zu Art. 636 ZGB; Piotet, a.a.O., S. 683 f.; Druey, Grundriss des Erbrechts, 5. Aufl. 2002, § 8 Rz. 15). So hätte die Erblasserin die Liegenschaften verkaufen oder sie im Sinne einer Teilungsvorschrift einem der Beklagten zuweisen können, was sie aber nicht getan hat. Vielmehr verfügte sie, der Rest des Nachlasses gehe zu gleichen Teilen an ihre Kinder (Ziff. 5c des Testamentes vom 14. Mai 1993). Damit hat sie sich für eine Gleichbehandlung der Erben ausgesprochen, ohne sich - weder negativ noch positiv - zur Frage der Zuweisung eines bestimmten Nachlassgegenstandes an einen Erben zu äussern. Dem Testament ist auch nicht zu entnehmen, der Kläger dürfe die Liegenschaften nicht bekommen. Im Rahmen der Verfügung, wonach der Nachlass zu gleichen Teilen an ihre Kinder gehen soll, sind die Erben ohnehin frei, die Liegenschaften durch Teilungsvertrag einem der Miterben (z.B. dem Kläger) zuzuweisen. bb) Bleibt zu prüfen, ob die Vereinbarung von 1985/1996 als eine mit dem Testament vom 14. Mai 1993 vereinbare Teilungsregelung verstanden werden kann. Dies ist zu verneinen. Die in Ziff. 3 der Vereinbarung getroffene Regelung geht über eine blosse Teilungsvorschrift hinaus, wurde doch die Abtretung der Liegenschaften mit allen dazu gehörenden Modalitäten wie Preis (Übernahme der Hypotheken und Auszahlungen an die Miterben), Zustimmungsbedürftigkeit von Landverkäufen, gegebenenfalls unter Gewinnbeteiligung der Miterben (nicht aber deren Nachkommen) endgültig geregelt. Der Kläger selber erblickt in der Vereinbarung nicht einfach eine Teilungsvorschrift, sondern beansprucht die Liegenschaften ausdrücklich "zu den vereinbarten Konditionen". Eine Umdeutung der Vereinbarung in eine blosse Teilungsvereinbarung ohne Begünstigung des Klägers (und insoweit vereinbar mit der testamentarisch verfügten Teilung des Nachlasses zu gleichen Teilen) kommt daher nicht in Frage. Wenn schliesslich der Kläger behauptet, mit Ziff. 5c des Testaments habe die Erblasserin lediglich bestätigt, dass sie keine anderen Erben eingesetzt habe, geht er darüber hinweg, dass es der Erblasserin mit dieser Bestimmung offensichtlich darum ging, dass der Nachlass ihren Kindern "zu gleichen Teilen" zukommt. Der Kläger behauptet nicht, dass dies auch der Fall wäre, wenn er die Liegenschaften "zu den vereinbarten Konditionen" übernähme. Sind aber Vereinbarung und Testament nicht vereinbar, ergibt sich aus dem Vorrang des Testaments die Teilung nach letzterem. Vor diesem Hintergrund ist die Auffassung der Vorinstanz, die Erblasserin habe von ihrem Recht auf Abweichung vom Vertrag im Sinne von Art. 636 Abs. 1 ZGB keinen Gebrauch gemacht, nicht haltbar, und die Berufung ist insoweit begründet. d) Die Beklagten werfen weiter die Frage auf, ob der Kläger mit seiner Klage und seiner Opposition zur Widerklage nicht ein Verhalten an den Tag gelegt habe, welches als Testamentsanfechtung im Sinne von Ziff. 6 des Testaments vom 14. Mai 1993 zu würdigen sei, was zur Folge hätte, dass er auf den Pflichtteil zu setzen wäre. Laut dem angefochtenen Urteil beantragten die Beklagten vor der Erstinstanz widerklageweise Feststellung des Nachlasses sowie Vornahme der Erbteilung, nicht aber zusätzlich, den Kläger auf den Pflichtteil zu setzen; nichts anderes beantragten sie vor Kantonsgericht. Soweit die Beklagten verlangen, der Kläger sei auf den Pflichtteil zu setzen, scheitert ihr Antrag schon am Umstand, dass er erstmals vor Bundesgericht geltend gemacht wird und das Stellen neuer Anträge unzulässig ist (Art. 55 Abs. 1 lit. b OG). 4.- Zusammenfassend ergibt sich, dass die Erbteilung im Nachlass von X._ nicht nach Massgabe der Vereinbarung von 1985/1996, sondern nach Massgabe des Testaments vom 14. Mai 1993, unter Ausschluss von dessen Ziff. 6, durchzuführen ist. Die Berufung ist gutzuheissen, soweit darauf eingetreten werden kann, und das angefochtene Urteil ist aufzuheben. Nicht spruchreif ist indessen, wie die Teilung des durch die kantonalen Instanzen festgestellten Nachlasses auf die Erben durchzuführen ist. Die Sache ist deshalb antragsgemäss zur Durchführung der Teilung des Nachlasses als solcher zu neuer Entscheidung an die Vorinstanz zurückzuweisen. 5.-Bei diesem Ausgang des Verfahrens wird der Kläger kosten- und entschädigungspflichtig (Art. 156 Abs. 1, Art. 159 Abs. 1 OG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1.- Die Berufung wird gutgeheissen, soweit darauf einzutreten ist, das Urteil des Kantonsgerichts (Zivilkammer) des Kantons Schwyz vom 24. April 2001 wird aufgehoben, und die Sache wird zu neuer Entscheidung im Sinne der Erwägungen an die Vorinstanz zurückgewiesen. 2.- Die Gerichtsgebühr von Fr. 4'000.-- wird dem Kläger auferlegt. 3.- Der Kläger hat die Beklagten für das bundesgerichtliche Verfahren mit insgesamt Fr. 5'000.-- zu entschädigen. 4.- Dieses Urteil wird den Parteien und dem Kantonsgericht (Zivilkammer) des Kantons Schwyz schriftlich mitgeteilt. _ Lausanne, 6. Februar 2002 Im Namen der II. Zivilabteilung des SCHWEIZERISCHEN BUNDESGERICHTS Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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Faits: Faits: A. T._ exploite un hôtel à titre d'indépendant. Il est assuré facultativement contre le risque d'accident auprès de Hotela, Caisse-maladie et accidents de la Société suisse des hôteliers (ci-après : Hotela). Le 8 juillet 2000, alors qu'il était occupé au déchargement et à l'installation d'un tunnel de fartage à côté de son établissement, l'assuré a été invectivé et agressé par un voisin qui l'a saisi violemment par le cou. Il s'est rendu le jour même à l'hôpital X._, où le docteur A._ a fait état d'une contusion cervicale et dorsale haute (rapport du 8 juillet 2000). Hotela a pris en charge le cas. Dans des rapports des 26 septembre et 9 octobre 2000, le docteur B._ a diagnostiqué une entorse bénigne du rachis cervical. Il a fait état de violentes céphalées et d'une incapacité de travail de 100 % depuis le 8 juillet 2000. Hotela a recueilli en outre des rapports des docteurs C._, spécialiste en neurochirurgie (du 30 octobre 2000) et D._, chirurgien orthopédiste pratiquant d'ordinaire à Z._ (du 14 décembre 2000). Par ailleurs, elle a confié une expertise au docteur E._, spécialiste en médecine interne et rhumatologie à la Clinique Y._ (rapport du 5 mars 2001). Se fondant sur l'avis de l'expert, Hotela a rendu une décision, le 23 mars 2001, par laquelle elle a supprimé le droit de l'assuré à des prestations à partir du 7 mars précédent. Saisie d'une opposition, elle l'a rejetée par décision du 15 mai 2001. Se fondant sur l'avis de l'expert, Hotela a rendu une décision, le 23 mars 2001, par laquelle elle a supprimé le droit de l'assuré à des prestations à partir du 7 mars précédent. Saisie d'une opposition, elle l'a rejetée par décision du 15 mai 2001. B. Par jugement du 8 juillet 2002, le Tribunal cantonal des assurances du canton du Valais a rejeté le recours formé par T._ contre cette dernière décision. B. Par jugement du 8 juillet 2002, le Tribunal cantonal des assurances du canton du Valais a rejeté le recours formé par T._ contre cette dernière décision. C. Celui-ci interjette recours de droit administratif contre ce jugement dont il demande l'annulation, en concluant implicitement au maintien de son droit à des prestations au-delà du 7 mars 2001. Hotela conclut implicitement au rejet du recours. L'Office fédéral des assurances sociales a renoncé à se déterminer.
Considérant en droit: Considérant en droit: 1. La loi fédérale sur la partie générale du droit des assurances sociales du 6 octobre 2000 (LPGA) est entrée en vigueur le 1er janvier 2003, entraînant la modification de nombreuses dispositions légales dans le domaine de l'assurance-accidents. Cependant, le cas d'espèce reste régi par les dispositions de la LAA en vigueur jusqu'au 31 décembre 2002, eu égard au principe selon lequel les règles applicables sont celles en vigueur au moment où les faits juridiquement déterminants se sont produits (<ref-ruling> consid. 1). En outre, le Tribunal fédéral des assurances apprécie la légalité des décisions attaquées, en règle générale, d'après l'état de fait existant au moment où la décision litigieuse a été rendue (<ref-ruling> consid. 1b). 1. La loi fédérale sur la partie générale du droit des assurances sociales du 6 octobre 2000 (LPGA) est entrée en vigueur le 1er janvier 2003, entraînant la modification de nombreuses dispositions légales dans le domaine de l'assurance-accidents. Cependant, le cas d'espèce reste régi par les dispositions de la LAA en vigueur jusqu'au 31 décembre 2002, eu égard au principe selon lequel les règles applicables sont celles en vigueur au moment où les faits juridiquement déterminants se sont produits (<ref-ruling> consid. 1). En outre, le Tribunal fédéral des assurances apprécie la légalité des décisions attaquées, en règle générale, d'après l'état de fait existant au moment où la décision litigieuse a été rendue (<ref-ruling> consid. 1b). 2. Le litige porte sur le point de savoir si l'intimée était fondée, par sa décision sur opposition du 15 mai 2001, à supprimer au 7 mars précédent le droit du recourant à des prestations d'assurance. 2.1 Le droit à des prestations découlant d'un accident assuré suppose d'abord, entre l'événement dommageable de caractère accidentel et l'atteinte à la santé, un lien de causalité naturelle. Cette exigence est remplie lorsqu'il y a lieu d'admettre que, sans cet événement accidentel, le dommage ne se serait pas produit du tout, ou qu'il ne serait pas survenu de la même manière. Il n'est pas nécessaire, en revanche, que l'accident soit la cause unique ou immédiate de l'atteinte à la santé; il faut et il suffit que l'événement dommageable, associé éventuellement à d'autres facteurs, ait provoqué l'atteinte à la santé physique ou psychique de l'assuré, c'est-à-dire qu'il se présente comme la condition sine qua non de celle-ci. Savoir si l'événement assuré et l'atteinte à la santé sont liés par un rapport de causalité naturelle est une question de fait, que l'administration ou, le cas échéant, le juge examine en se fondant essentiellement sur des renseignements d'ordre médical, et qui doit être tranchée en se conformant à la règle du degré de vraisemblance prépondérante, appliquée généralement à l'appréciation des preuves dans l'assurance sociale. Ainsi, lorsque l'existence d'un rapport de cause à effet entre l'accident et le dommage paraît possible, mais qu'elle ne peut pas être qualifiée de probable dans le cas particulier, le droit à des prestations fondées sur l'accident assuré doit être nié (<ref-ruling> consid. 1, 118 V 289 consid. 1b et les références). 2.2 Le droit à des prestations suppose en outre l'existence d'un lien de causalité adéquate. La causalité est adéquate si, d'après le cours ordinaire des choses et l'expérience de la vie, le fait considéré était propre à entraîner un effet du genre de celui qui s'est produit, la survenance de ce résultat paraissant de façon générale favorisée par une telle circonstance (<ref-ruling> consid. 5a et les références). La causalité est adéquate si, d'après le cours ordinaire des choses et l'expérience de la vie, le fait considéré était propre à entraîner un effet du genre de celui qui s'est produit, la survenance de ce résultat paraissant de façon générale favorisée par une telle circonstance (<ref-ruling> consid. 5a et les références). 3. 3.1 L'intimée et la juridiction cantonale ont nié l'existence, après le 7 mars 2001, d'un trouble physique en relation de causalité avec l'accident du 8 juillet 2000. Elles se sont fondées pour cela sur le rapport d'expertise du docteur E._ du 5 mars 2001. Selon l'expert, l'atteinte se traduit essentiellement par des plaintes subjectives. Quant aux constatations objectives, elles sont caractérisées par une atteinte dégénérative, l'accident du 8 juillet 2000 apparaissant tout au plus comme une cause possible de l'atteinte physique. De son côté, le recourant ne remet pas en cause les conclusions du docteur E._ mais reproche aux premiers juges d'avoir omis de prendre en considération une hernie discale para-médiane droite en C6-C7 révélée par une IRM cervicale réalisée le 16 août 2001 - soit postérieurement à l'expertise - par le docteur F._, spécialiste en radiologie et radiodiagnostic. 3.2 Selon l'expérience médicale, pratiquement toutes les hernies discales s'insèrent dans un contexte d'altération des disques intervertébraux d'origine dégénérative, un événement accidentel n'apparaissant qu'exceptionnellement, et pour autant que certaines conditions particulières soient réalisées, comme la cause proprement dite d'une telle atteinte (arrêts non publiés D. du 5 mars 2001, U 278/00, N. du 7 février 2000, U 149/99, O. du 12 décembre 1996, U 144/96, et S. du 26 août 1996, U 159/95). Une hernie discale peut être considérée comme étant due principalement à un accident, lorsque celui-ci revêt une importance particulière, qu'il est de nature à entraîner une lésion du disque intervertébral et que les symptômes de la hernie discale (syndrome vertébral ou radiculaire) apparaissent immédiatement, entraînant aussitôt une incapacité de travail. Si la hernie discale est seulement déclenchée, mais pas provoquée par l'accident, l'assurance-accidents prend en charge le syndrome douloureux lié à l'événement accidentel. En revanche, les conséquences de rechutes éventuelles doivent être prises en charge seulement s'il existe des symptômes évidents attestant d'une relation de continuité entre l'événement accidentel et les rechutes (arrêt S. du 26 août 1996, déjà cité; Debrunner/Ramseier, Die Begutachtung von Rückenschäden, Berne 1980, p. 54 ss, en particulier p. 56). En l'espèce, le docteur F._ est d'avis que l'oedème présent au niveau des corps vertébraux de C6 et C7 pourrait être d'origine post-traumatique, bien que le temps écoulé entre l'accident et la réalisation parût long. Selon le médecin prénommé, il est toutefois plus probable que l'oedème soit dû à la discarthrose (rapport du 16 août 2001). Sur le vu de cet avis médical - auquel il faut reconnaître pleine force probante au sens de la jurisprudence (<ref-ruling> consid. 3a et 3b/bb) et qui n'est contredit par aucune pièce médicale versée au dossier - les conditions auxquelles une hernie discale peut être considérée comme ayant été provoquée par un accident n'apparaissent pas réalisées en l'occurrence. Sur le vu de cet avis médical - auquel il faut reconnaître pleine force probante au sens de la jurisprudence (<ref-ruling> consid. 3a et 3b/bb) et qui n'est contredit par aucune pièce médicale versée au dossier - les conditions auxquelles une hernie discale peut être considérée comme ayant été provoquée par un accident n'apparaissent pas réalisées en l'occurrence. 4. Par ailleurs, la juridiction cantonale a nié l'existence d'un rapport de causalité adéquate entre les troubles de nature psychique perdurant au-delà du 7 mars 2001 et l'agression du 8 juillet 2000. 4.1 Lors de troubles d'ordre psychique consécutifs à un accident, l'appréciation de la causalité adéquate se fonde sur des critères différents selon que l'assuré a été victime ou non d'un traumatisme de type « coup du lapin » à la colonne cervicale, d'un traumatisme analogue (SVR 1995 UV no 23 p. 67 consid. 2) ou d'un traumatisme cranio-cérébral. 4.1.1 En présence d'une atteinte à la santé psychique non consécutive à de tels traumatismes, la jurisprudence a dégagé des critères objectifs qui permettent de juger du caractère adéquat du lien de causalité. Elle a tout d'abord classé les accidents en trois catégories, en fonction de leur déroulement : les accidents insignifiants ou de peu de gravité (par ex. une chute banale); les accidents de gravité moyenne et les accidents graves. Pour procéder à cette classification des accidents, il convient non pas de s'attacher à la manière dont l'assuré a ressenti et assumé le choc traumatique, mais bien plutôt de se fonder, d'un point de vue objectif, sur l'événement accidentel lui-même. En présence d'un accident de gravité moyenne, il faut prendre en considération un certain nombre de critères, dont les plus importants sont les suivants : - les circonstances concomitantes particulièrement dramatiques ou le caractère particulièrement impressionnant de l'accident; - la gravité ou la nature particulière des lésions physiques, compte tenu notamment du fait qu'elles sont propres, selon l'expérience, à entraîner des troubles psychiques; - la durée anormalement longue du traitement médical; - les douleurs physiques persistantes; - les erreurs dans le traitement médical entraînant une aggravation notable des séquelles de l'accident; - les difficultés apparues au cours de la guérison et des complications importantes; - le degré et la durée de l'incapacité de travail due aux lésions physiques. Tous ces critères ne doivent pas être réunis pour que la causalité adéquate soit admise. Un seul d'entre eux peut être suffisant, notamment si l'on se trouve à la limite de la catégorie des accidents graves. Inversement, en présence d'un accident se situant à la limite des accidents de peu de gravité, les circonstances à prendre en considération doivent se cumuler ou revêtir une intensité particulière pour que le caractère adéquat du lien de causalité puisse être admis (<ref-ruling> consid. 6c/aa et 409 consid. 5c/aa). 4.1.2 En matière de lésions au rachis cervical par accident de type « coup du lapin », de traumatisme analogue ou de traumatisme cranio-cérébral, sans preuve d'un déficit fonctionnel organique, l'existence d'un lien de causalité naturelle entre l'accident et l'incapacité de travail ou de gain doit en principe être reconnue en présence d'un tableau clinique typique présentant de multiples plaintes (maux de tête diffus, vertiges, troubles de la concentration et de la mémoire, fatigabilité, dépression, etc.). Il faut cependant que, médicalement, les plaintes puissent de manière crédible être attribuées à une atteinte à la santé; celle-ci doit apparaître, avec un degré de vraisemblance prépondérante, comme la conséquence de l'accident (<ref-ruling> ss consid. 2, 117 V 360 sv. consid. 4b). Ensuite, si l'accident est de gravité moyenne, il faut examiner le caractère adéquat du lien de causalité en se fondant sur les critères énumérés aux <ref-ruling> sv. consid. 6a et 382 sv. consid. 4b. Ces critères sont les suivants : - les circonstances concomitantes particulièrement dramatiques ou le caractère particulièrement impressionnant de l'accident; - la gravité ou la nature particulière des lésions physiques; - la durée anormalement longue du traitement médical; - les douleurs persistantes; - les erreurs dans le traitement médical entraînant une aggravation notable des séquelles de l'accident; - les difficultés apparues au cours de la guérison et les complications importantes; - le degré et la durée de l'incapacité de travail. A la différence des critères valables en cas d'atteinte à la santé psychique non consécutive à un traumatisme de type « coup du lapin », il n'est pas décisif de savoir si les troubles dont est atteint l'assuré sont plutôt de nature somatique ou psychique (<ref-ruling> consid. 6a; RAMA 1999 U 341 p. 408 sv. consid. 3b). 4.1.3 Toutefois, lorsque des lésions appartenant spécifiquement au tableau clinique des séquelles d'un accident de ce type ou d'un traumatisme analogue, bien qu'en partie établies, sont reléguées au second plan en raison de l'existence d'un problème important de nature psychique, le lien de causalité adéquate doit être apprécié à la lumière des principes applicables en cas de troubles psychiques consécutifs à un accident (<ref-ruling> consid. 2a et les références; RAMA 1995 p. 115 ch. 6). 4.2 En l'occurrence, la juridiction cantonale n'a pas examiné si, compte tenu de la nature des lésions subies et malgré l'absence de preuves d'un déficit fonctionnel organique, on était en présence d'un tableau clinique typique présentant de multiples plaintes (maux de tête diffus, vertiges, troubles de la concentration et de la mémoire, fatigabilité, dépression, etc.) permettant d'admettre l'existence d'un traumatisme analogue à un traumatisme de type « coup du lapin » à la colonne cervicale. 4.2.1 Dans son rapport du 8 juillet 2000, le docteur A._ a fait état d'une contusion cervicale et dorsale haute. De son côté, le docteur B._ a diagnostiqué une entorse bénigne du rachis cervical et a indiqué que l'assuré se plaignait de violentes céphalées (rapport du 9 octobre 2000). Quant au docteur C._, il a repris le diagnostic du docteur B._, en faisant état des plaintes de l'intéressé relatives à des cervicalgies et des vertiges. Enfin, selon le docteur E._, hormis l'atteinte physique essentiellement caractérisée par des troubles dégénératifs (discopathie C6-C7, arthrose postérieure C3-C4), le tableau clinique est dominé par des plaintes subjectives, à savoir des céphalées frontales et un état de fatigue générale. Même si l'existence d'une entorse cervicale devait être admise, l'expert prénommé est d'avis que le diagnostic est bénin, compte tenu notamment du mécanisme de l'atteinte, de l'absence d'anomalies objectives en dehors de douleurs non spécifiques à la palpation, constatées à l'examen initial et à l'examen effectué sept mois plus tard, et, enfin des possibilités fonctionnelles de l'assuré chez qui, dans les gestes spontanés, on ne constate aucune prévention dans les mouvements cervicaux (rapport d'expertise du 5 mars 2001). Cela étant, bien que l'on soit en présence de certains éléments du tableau clinique typique, le défaut de gravité de l'atteinte subie ne permet pas d'admettre l'existence, au degré de la vraisemblance prépondérante - généralement appliqué dans le domaine des assurances sociales (<ref-ruling> consid. 5b, 125 V 195 consid. 2 et les références) -, d'une atteinte analogue à une lésion cervicale de type « coup du lapin ». L'existence d'un lien de causalité naturelle entre l'accident et l'incapacité de travail ou de gain d'origine psychique ne saurait être présumée. Quoi qu'il en soit, la juridiction cantonale a nié l'existence d'un lien de causalité adéquate en fonction des critères objectifs développés par la jurisprudence pour juger du caractère adéquat du lien de causalité entre un accident, qu'elle a qualifié d'accident de gravité moyenne, à la limite inférieure de cette catégorie, et l'incapacité de travail ou de gain d'origine psychique. En particulier, elle a considéré que les circonstances dans lesquelles l'accident s'était déroulé apparaissaient dénuées de tout caractère particulièrement dramatique ou impressionnant. Quant à la durée du traitement ou de l'incapacité de travail dues à l'atteinte à la santé physique, elle a été assez rapidement influencée par des facteurs psychogènes. Ce point de vue, qui n'est pas sérieusement contesté par le recourant, est convainquant et il n'y a pas lieu de s'en écarter. Aussi, doit-on nier l'existence d'un lien de causalité adéquate entre l'accident et les troubles de nature psychique. Ce point de vue, qui n'est pas sérieusement contesté par le recourant, est convainquant et il n'y a pas lieu de s'en écarter. Aussi, doit-on nier l'existence d'un lien de causalité adéquate entre l'accident et les troubles de nature psychique. 5. Vu ce qui précède, l'intimée était fondée, par sa décision sur opposition du 15 mai 2001, à supprimer le droit du recourant à des prestations de l'assurance-accidents à partir du 7 mars 2001. Cela étant, le jugement attaqué n'est pas critiquable et le recours se révèle mal fondé.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances prononce: 1. Le recours est rejeté. 1. Le recours est rejeté. 2. Il n'est pas perçu de frais de justice. 2. Il n'est pas perçu de frais de justice. 3. Le présent arrêt sera communiqué aux parties, au Tribunal cantonal des assurances du canton du Valais et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 10 novembre 2003 Au nom du Tribunal fédéral des assurances Le Président de la IIIe Chambre: Le Greffier:
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2,014
de
Sachverhalt: A. Verschiedene Ärztinnen und Ärzte des Kantons Zürich, die nicht über eine Bewilligung zur Abgabe von Arzneimitteln verfügen, haben mit der 1993 von Ärztinnen und Ärzten gegründeten Online Apotheke und Versandapotheke Zur Rose AG mit Sitz in Steckborn (TG) Medikamentenversandverträge abgeschlossen. Die Verträge sehen vor, dass die Ärztinnen und Ärzte Rezepte in elektronischer Form an die Zur Rose AG übermitteln. Diese lässt die verschriebenen Arzneimittel den das Rezept ausstellenden Ärzten zukommen, welche die Arzneimittel sodann in ihrer Praxis den Patienten übergeben. Alternativ versendet die Zur Rose AG die von den Ärzten verschriebenen und gemäss Vertrag bei ihr bestellten Medikamente direkt an die Patienten. B. In einem Schreiben an alle Ärztinnen und Ärzte in den Städten Zürich und Winterthur vom 20. April 2006 legte die Gesundheitsdirektion des Kantons Zürich dar, dass sie das zwischen ihnen und der Zur Rose AG praktizierte Konzept des Arzneimittelversands als rechtswidrig erachte. Ein solches Vorgehen stelle eine Medikamentenabgabe dar, sei bewilligungspflichtig und verstosse gegen heilmittelrechtliche Bestimmungen des Bundes. Indem § 17 des damals in Kraft gewesenen zürcherischen Gesundheitsgesetzes (aGesG/ZH) nur die Ärztinnen und Ärzte ausserhalb der Städte Zürich und Winterthur berechtige, mit Bewilligung der Direktion des Gesundheitswesens eine Privatapotheke zu führen, und gemäss § 20 der damals in Kraft gewesenen kantonalen Verordnung über den Verkehr mit Heilmitteln (HVO/ZH) die Ärztinnen und Ärzte auch keine Heilmittel zu vermitteln befugt seien, die sie nicht auch selbst abgeben dürften, würden sie die genannten Bestimmungen umgehen. Die Ärztinnen und Ärzte wurden darauf aufmerksam gemacht, dass die Gesundheitsdirektion Verstösse inskünftig mit verwaltungs- und strafrechtlichen Massnahmen ahnden werde. C. Am 28. August 2006 unterbreiteten der Apothekerverband des Kantons Zürich (im Folgenden: Apothekerverband), B._, C._ und D._ der Gesundheitsdirektion ein Gesuch, wonach sie in alle laufenden und zukünftigen Verwaltungsverfahren, in welchen Apotheken wie die Zur Rose AG betreffend Selbstdispensation aktiv würden, als Parteien miteinzubeziehen seien. Eventuell seien sie als Beigeladene in die Verfahren miteinzubeziehen; subeventualiter sei ihnen Akteneinsicht zu gewähren. D. Am 10. November 2006 gelangten A._ (Inhaber einer ärztlichen Praxis in Zürich), die Ärztegesellschaft des Kantons Zürich sowie die Zur Rose AG an die Gesundheitsdirektion des Kantons Zürich und ersuchten um Erlass einer Feststellungsverfügung. Sie verlangten im Wesentlichen die Feststellung, dass A._ und andere im Kanton Zürich praktizierende Ärztinnen und Ärzte sich nicht rechtswidrig verhielten, wenn sie bei der Zur Rose AG Medikamente beziehen und an die Patientinnen und Patienten weiterleiten würden. Es sei festzustellen, dass dies namentlich zutreffe, wenn sie über keine Bewilligung zur Führung einer Privatapotheke verfügten, für ihren Aufwand mit dem Erfassen und Übermitteln der Rezeptinformation von der Zur Rose AG eine Entschädigung von maximal Fr. 5.-- pro Rezeptzeile entgegennehmen würden, oder Aktionäre der Zur Rose AG seien. E. Am 28. Februar 2007 stellte die Gesundheitsdirektion des Kantons Zürich fest, A._ und andere im Kanton Zürich praktizierende Ärztinnen und Ärzte ohne Bewilligung zur Führung einer Privatapotheke verhielten sich rechtswidrig, wenn sie Arzneimittel enthaltende Sendungen der Zur Rose AG zuhanden ihrer Patientinnen und Patienten in ihrer ärztlichen Praxis empfingen und an diese weiterleiteten. Ebenso sei es rechtswidrig, wenn sie Rezeptinformationen der Zur Rose AG übermittelten, welche die Arzneimittel sodann direkt an die Patientinnen und Patienten zustelle, insbesondere, wenn sie für ihren Aufwand im Zusammenhang mit dem Erfassen und Übermitteln der Rezeptinformationen von der Zur Rose AG eine Entschädigung pro Rezeptzeile entgegennähmen. Der Erwerb von Aktien der Zur Rose AG sei hingegen zulässig. Gleichzeitig wurde festgehalten, dass Ärztinnen und Ärzte, welche über eine Bewilligung zur Führung einer Privatapotheke verfügten, Rezeptinformationen elektronisch erfassen und an die Zur Rose AG weiterleiten dürften, wobei über die Zulässigkeit der Entgegennahme von Entschädigungen diesbezüglich - bei Vorliegen einer Bewilligung - keine Feststellungen erfolgten. Das Gesuch der Apothekerschaft um Verfahrensbeteiligung wurde abgelehnt. F. Gegen die Feststellungsverfügung der Gesundheitsdirektion erhoben A._, die Ärztegesellschaft des Kantons Zürich und die Zur Rose AG beim Regierungsrat am 30. März 2007 Rekurs. Mit Eingabe vom 2. April 2007 beantragten B._, C._ und D._ sowie der Apothekerverband dem Regierungsrat, sie seien entgegen der Verfügung der Gesundheitsdirektion als Parteien, eventuell als Beigeladene in das Verfahren miteinzubeziehen. G. Am 30. November 2008 nahmen die Stimmberechtigten des Kantons Zürich die Volksinitiative "Ja zur Wahlfreiheit beim Medikamentenbezug (Zürcher Medikamentenabgabe-Initiative) " an. Darin war ein neuer § 17 des Gesundheitsgesetzes vorgesehen, wonach die Bewilligung zur Führung einer ärztlichen Privatapotheke - die zur Abgabe von Arzneimitteln an Patientinnen und Patienten ermächtigt - nicht mehr den Ärztinnen und den Ärzten ausserhalb der Städte Zürich und Winterthur vorbehalten bleibt, sondern sämtlichen praxisberechtigten Ärztinnen und Ärzten im Kanton Zürich erteilt werden kann. H. Am 9. Juni 2011 hiess das Verwaltungsgericht des Kantons Zürich eine Rechtsverzögerungsbeschwerde gegen den Regierungsrat gut und forderte diesen auf, den Rekurs der Ärzteschaft vom 30. März 2007 sowie jenen der Apothekerschaft vom 2. April 2007 unverzüglich zu behandeln. In der Folge wies der Regierungsrat die vereinigten Rekurse der Ärzte- und Apothekerschaft am 13. Juli 2011 ab. Hiergegen erhoben A._ und die Zur Rose AG Beschwerde an das Verwaltungsgericht. Sie stellten diesem das folgende Rechtsbegehren: "Anträge: 1. Der Entscheid des Regierungsrates vom 13. Juli 2011 sei aufzuheben. 2. Das Verfahren sei zur Vervollständigung der Akten und zu neuer Entscheidung an den Regierungsrat zurückzuweisen. 3. Eventuell sei festzustellen, dass der Beschwerdeführer 1 [A._] und andere im Kanton Zürich praktizierende Ärztinnen und Ärzte sich nicht rechtswidrig verhalten, insbesondere nicht gegen das Heilmittelgesetz, das Gesundheitsgesetz und das auf die Städte Zürich und Winterthur beschränkte Verbot der Führung einer ärztlichen Privatapotheke verstossen: 3.1. wenn sie Arzneimittel enthaltende Sendungen der Beschwerdeführerin 2 [Zur Rose AG] zuhanden ihrer Patientinnen und Patienten in ihrer ärztlichen Praxis empfangen und an diese weiterleiten; 3.2. insbesondere wenn die Arzneimittel der Ärztin oder dem Arzt in einer verschlossenen Sendung übergeben werden, so dass diese in der ärztlichen Praxis nicht geöffnet werden kann; 3.3. insbesondere wenn sie für ihren Aufwand im Zusammenhang mit dem Empfang und der Weiterleitung von Arzneimittelsendungen eine Entschädigung von pauschal Fr. 5.-- pro Sendung von der Beschwerdeführerin 2 [Zur Rose AG] annehmen; 3.4. insbesondere wenn sie über keine Bewilligung zur Führung einer Privatapotheke bzw. zur Abgabe von Arzneimitteln nach den Bestimmungen über die Selbstdispensation verfügen. 4. Eventuell sei festzustellen, dass der Beschwerdeführer 1 [A._] und andere im Kanton Zürich praktizierende Ärztinnen und Ärzte sich nicht rechtswidrig verhalten, insbesondere nicht gegen das Heilmittelgesetz, das Gesundheitsgesetz und das auf die Städte Zürich und Winterthur beschränkte Verbot der Führung einer Privatapotheke verstossen, 4.1. insbesondere wenn sie für ihren Aufwand im Zusammenhang mit dem Erfassen und Übermitteln der Rezeptinformationen von der Beschwerdeführerin 2 [Zur Rose AG] eine Entschädigung von maximal Fr. 5.-- pro Rezeptzeile annehme; 4.2. insbesondere wenn sie für den Dossiercheck (Fr. 12.-- pro Jahr und Patient), die Interaktionskontrolle (Fr. 1.-- pro Rezeptzeile) und die Neukundeneröffnung (Fr. 40.-- einmalig pro Patient) annehmen; insbesondere wenn sie zur Führung einer Privatapotheke nicht berechtigt sind. 5. Eventuell sei festzustellen, dass der Beschwerdeführer 1 [A._] und andere im Kanton Zürich praktizierende Ärztinnen und Ärzte nicht gegen das Medizinalberufegesetz verstossen, wenn sie die in Ziff. 4 genannten Entschädigungen annehmen; 6. Eventuell, für den Fall, dass das Verhalten gemäss Ziffer 3 und/oder 4 einen bewilligungspflichtigen Vorgang darstellen sollte, sei festzustellen, dass die Bestimmungen über die ärztliche Arzneimittelabgabe, insbesondere § 17 Gesundheitsgesetz, einer Bewilligung nicht entgegenstehen. 7. Unter Kosten- und Entschädigungsfolgen zulasten der Staatskasse." Prozessualer Antrag [...]; "3. Der Antrag auf Beiladung der privaten Beschwerdegegner sei abzuweisen [...]". Mit Urteil vom 15. März 2012 wies das Verwaltungsgericht die Beschwerde ab. Es sah keinen Verstoss gegen das Medizinalberufegesetz, erachtete das Geschäftsmodell in Bezug auf nicht dispensationsberechtigte Ärztinnen und Ärzte jedoch wie bereits die Vorinstanz als unzulässig, und zwar unabhängig davon, ob die Zur Rose AG die bestellten Arzneimittel dem Arzt in seine Praxis oder direkt an die Patienten zukommen lasse. Das Geschäftsmodell würde im ersten Fall bundesrechtliche Bestimmungen zur Abgabe von Arzneimitteln verletzen bzw. im zweiten Fall gegen § 17 des damals in Kraft stehenden Gesundheitsgesetzes verstossen. Die Parteistellung der oben (Ziff. F.) genannten B._, C._ und D._ und des Apothekerverbands wurde vom Verwaltungsgericht bejaht. I. Am 5. Oktober 2011 beschloss der Regierungsrat, die mit der Volksinitiative "Ja zur Wahlfreiheit beim Medikamentenbezug" beschlossene Änderung von § 17 des ehemaligen Gesundheitsgesetzes werde auf den 1. Januar 2012 als § 25a in das Gesundheitsgesetz vom 2. April 2007 (GesG/ZH) eingefügt. Mit Urteil vom 17. Januar 2012 wies das Verwaltungsgericht des Kantons Zürich eine von der Apothekerschaft gegen diesen Regierungsratsbeschluss erhobene Beschwerde ab und legte den Termin für die Inkraftsetzung neu auf den 1. Mai 2012 fest. Eine hiergegen gerichtete Beschwerde ans Bundesgericht blieb ohne Erfolg (Urteil 2C_158/2012 vom 20. April 2012). J. Mit Eingabe vom 15. Mai 2012 beantragen A._ und die Zur Rose AG dem Bundesgericht, das Urteil des Verwaltungsgerichts des Kantons Zürich vom 15. März 2012 sei aufzuheben (Beschwerdeantrag 1). Es sei insbesondere festzustellen, dass A._ und andere, ebenfalls im Kanton Zürich praktizierende Ärztinnen und Ärzte sich nicht rechtswidrig verhielten bzw. nicht gegen § 17 aGesG/ZH oder § 25a GesG/ZH verstiessen, wenn sie über keine Bewilligung zur Führung einer Privatapotheke verfügten und als Gegenleistung für ihre Leistungen von der Zur Rose AG jährlich Fr. 12.-- für den Dossiercheck, bzw. Fr. 1.-- pro Rezeptzeile für die Interaktionskontrolle und Fr. 40.-- pro Neukundeneröffnung entgegennehmen würden (Beschwerdeantrag 2). Eventuell sei festzustellen, dass A._ und andere im Kanton Zürich praktizierende Ärztinnen und Ärzte sich nicht rechtswidrig verhielten, wenn sie über keine Bewilligung zur Führung einer Privatapotheke verfügten und für ihren Aufwand beim Erfassen und Übermitteln der Rezeptdaten von der Zur Rose AG eine Entschädigung von maximal Fr. 5.-- pro Rezeptzeile annehmen würden (Eventualantrag; Beschwerdeantrag 3). K. Die Gesundheitsdirektion, das Verwaltungsgericht des Kantons Zürich, B._, C._ und D._ sowie der Apothekerverband beantragen, die Beschwerde abzuweisen, soweit darauf einzutreten sei. In einem vom Bundesgericht eingeholten Amtsbericht der Swissmedic legt diese dar, dass die Geschäftsmodelle der Beschwerdeführenden aus ihrer Sicht teilweise gegen Bundesrecht verstossen. Sämtliche Verfahrensbeteiligten haben in der Folge Gelegenheit erhalten, zum Amtsbericht Stellung zu nehmen. Das Bundesgericht hat die Angelegenheit am 7. Juli 2014 öffentlich beraten.
Erwägungen: 1. 1.1. Die Beschwerde richtet sich gegen den Endentscheid (Art. 90 BGG) eines als letzte kantonale Instanz eingesetzten oberen Gerichts (Art. 86 Abs. 1 lit. d und Abs. 2 BGG) in einer Angelegenheit des öffentlichen Rechts (Art. 82 lit. a BGG), die unter keinen Ausschlussgrund nach Art. 83 BGG fällt. Die Eingabe ist form- und fristgerecht erhoben worden (Art. 42 Abs. 1 und 2 sowie Art. 100 Abs. 1 BGG). 1.2. Zur Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten ist legitimiert, wer vor der Vorinstanz am Verfahren teilgenommen oder keine Möglichkeit zur Teilnahme erhalten hat, durch die angefochtene Verfügung besonders berührt ist und über ein aktuelles schutzwürdiges Interesse an deren Aufhebung oder Änderung verfügt (Art. 89 Abs. 1 BGG; <ref-ruling> E. 1.3 S. 252). Verlangt ist neben der formellen Beschwer, dass der Beschwerdeführer über eine spezifische Beziehungsnähe zur Streitsache verfügt und einen praktischen Nutzen aus der Aufhebung oder Änderung des angefochtenen Entscheids zieht (vgl. <ref-ruling> E. 2.1 S. 218; <ref-ruling> E. 2.2 S. 504 f.;<ref-ruling> E. 2.1 S. 174 f.). 1.3. Seit Inkrafttreten des neuen Zürcher Gesundheitsgesetzes auf den 1. Mai 2012 ist die ärztliche Medikamentenabgabe anders als zuvor auch in den Städten Zürich und Winterthur erlaubt. Das Führen einer Privatapotheke ist weiterhin bewilligungspflichtig (§ 25a GesG/ZH). Die Annahme der Vorinstanz, wonach das von der Beschwerdeführerin 2 angebotene Geschäftsmodell unzulässig sei, sofern eine Ärztin oder ein Arzt nicht über eine Bewilligung zur Führung einer Privatapotheke verfügte und die oben umschriebenen Entschädigungen annähme, beschwert den Beschwerdeführer 1 als Verfügungsadressaten weiter. Mit Blick auf den Betrieb ihres Geschäftsmodells hat auch die Beschwerdeführerin 2 ein Feststellungsinteresse, ob sie nur mit Ärztinnen und Ärzten zusammenarbeiten darf, die über eine Bewilligung zur Führung einer Privatapotheke verfügen. Die Beschwerdeführenden sind demnach gemäss Art. 89 Abs. 1 BGG zur Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten legitimiert (vgl. zum Feststellungsinteresse Urteil 2C_25/2011 vom 3. Juli 2012 E. 1.3, nicht publ. in: <ref-ruling> ff.; <ref-ruling> E. 6.5 S. 218 ff.; Urteil 1C_179/2008 vom 30. September 2009 E. 1, in: <ref-ruling> ff.). 1.4. Fraglich erscheint demgegenüber die Parteistellung der (oben Ziff. F.) genannten B._, C._ und D._ und des Apothekerverbands im vorliegenden Verfahren. Das Bundesgericht hat in seinem Urteil 2C_53/2009 vom 23. September 2011 verschiedene Apothekerinnen und Apotheker als legitimiert erachtet, in einem Verfahren der abstrakten Normenkontrolle § 25a GesG/ZH überprüfen zu lassen. Es hat dies damit begründet, die bisherige Norm (§ 17 aGesG/ZH) habe nur die Ärztinnen und Ärzte ausserhalb der Städte Zürich und Winterthur berechtigt, mit Bewilligung der Gesundheitsdirektion eine Privatapotheke zu führen; es habe sich somit um eine Schutznorm zugunsten der Apotheken in den beiden Städten gehandelt (Urteil 2C_53/2009 vom 23. September 2011 E. 1.3 am Ende). Das Gericht hat die Inkraftsetzung als zulässig erachtet und an derselben Stelle festgehalten, mit der neuen Regelung von § 25a GesG/ZH solle der bis dahin bestehende Schutz vor Konkurrenz durch die Ärzteschaft dahinfallen. Es fehlt eine spezielle Zulassungs- oder Kontingentierungsordnung, die spezifisch das Konkurrenzverhältnis zwischen Apotheker- und Ärzteschaft mit Bezug auf die Selbstdispensation regelt und als solche die besondere, legitimationsbegründende Beziehungsnähe schafft. Was bleibt, ist demnach die Betroffenheit der Apothekerinnen und Apotheker als Gewerbetreibende durch eine möglicherweise verstärkte Konkurrenz. Diese ist indes dem Prinzip des freien Wettbewerbs eigen und vermag kein schutzwürdiges Interesse an der Beschwerdeführung zu begründen (vgl. <ref-ruling> E. 3.3 S. 333; <ref-ruling> E. 2c S. 269; <ref-ruling> E. 3d S. 9 mit Hinweisen; vgl. Urteile 2C_622/2013 vom 11. April 2014 E. 2; 2C_579/2012 vom 17. Januar 2013 E. 3.4; 2C_854/2011 vom 10. Mai 2012 E. 3.2; 2P.169/2006 E. 3; 2P.32/2006 und 2A.56/2006 vom 16. November 2006 E. 3). B._, C._ und D._ sowie der Apothekerverband verfügen im vorliegenden Verfahren daher über keine Parteistellung und sind als Interessierte zu behandeln. 1.5. Mit Bezug auf das Eventualbegehren (Beschwerdeantrag 3) hat die Beschwerdeführerin 2 die Vorinstanz ausdrücklich darauf aufmerksam gemacht, dass sie das dort angesprochene Entschädigungsmodell (Erfassungsentschädigung von pauschal Fr. 5.-- pro Rezeptzeile) nicht mehr praktiziere; vielmehr sei dieses durch eine Vergütung für die Interaktionskontrolle von Fr. 1.-- pro Rezeptzeile, Fr. 12.-- pro Dossiercheck, Fr. 40.-- für die Neukundeneröffnung (vgl. den Beschwerdeantrag 2; Sachverhalt Ziff. J) sowie eine Logistikentschädigung ersetzt worden. Auch die Logistikentschädigung wird gemäss den Ausführungen der Beschwerdeführenden nicht mehr ausgerichtet. Die Klärung einer hypothetischen Rechtslage widerspräche der Funktion des Feststellungsbegehrens, die Rechtslage im Einzelfall zu beurteilen, weshalb auf das Eventualbegehren nicht einzutreten ist (vgl. Urteil 2C_803/2008 vom 21. Juli 2009 E. 4.2.2 und 4.3.4; <ref-ruling> E. 2c S. 304; vgl. etwa Rhinow/Koller/Kiss, Öffentliches Prozessrecht und Justizverfassungsrecht des Bundes, 2. Aufl. 2010, N. 1281; Beatrice Weber-Dürler, in: Auer/Müller/Schindler [Hrsg.], Kommentar VwVG, 2008, N. 18 zu Art. 25). 1.6. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG). Es ist weder an die in der Beschwerde geltend gemachten Argumente noch an die Erwägungen der Vorinstanz gebunden (<ref-ruling> E. 3 S. 415). Gemäss Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG haben Rechtsschriften die Begehren und deren Begründung zu enthalten. In der Begründung ist in gedrängter Form darzulegen, inwiefern der angefochtene Akt Recht verletze. Beruht ein Entscheid auf kantonalem Recht, kann im Wesentlichen bloss gerügt werden, dessen Anwendung verletze Bundesrecht; entsprechende Rügen müssen gemäss Art. 106 Abs. 2 BGG spezifisch geltend gemacht und begründet werden (<ref-ruling> E. 3.2 S. 228; <ref-ruling> E. 2.2 S. 69; <ref-ruling> E. 4.3 S. 521 f.; <ref-ruling> E. 4.2.2 S. 158; <ref-ruling> E. 3 S. 351 f.; <ref-ruling> E. 2.3 S. 466). 1.7. Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG). Die Feststellung des Sachverhaltes kann nur gerügt werden, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG beruht und wenn die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (Art. 97 Abs. 1 BGG). "Offensichtlich unrichtig" bedeutet dabei "willkürlich" (<ref-ruling> E. 2 S. 117; <ref-ruling> E. 4.1.2 S. 62; <ref-ruling> E. 1.5 S. 401; <ref-ruling> E. 1.2.2 S. 252). 2. Die Beschwerdeführenden rügen eine Verletzung ihres Anspruchs auf rechtliches Gehör (Art. 29 Abs. 2 BV). Die Vorinstanz habe es unterlassen, im Detail zu prüfen, ob den Ärztinnen und Ärzten aus der Entschädigung der Beschwerdeführerin 2 "finanzielle Vorteile erwachsen" würden. Indem sie sich mit der blossen tatsächlichen Annahme begnügt habe, sei der Untersuchungsgrundsatz wie auch das Recht auf Beweis verletzt. Diese Einwände überzeugen nicht: Die Vorinstanz hat sich für ihre Beurteilung auf die von den Beschwerdeführenden selbst vorgebrachten Angaben zur Entschädigung gestützt. Eine volle Kostenkalkulation bezüglich der Entschädigungen für die Aufwendung bzw. für eine Abgeltung einer Zusatzleistung haben die Beschwerdeführenden weder vor der Vorinstanz noch im bundesgerichtlichen Verfahren eingereicht. Weder eine Verletzung des Untersuchungsgrundsatzes noch eine Verletzung ihres Anspruchs auf rechtliches Gehör sind dargetan (vgl. <ref-ruling> E. 2.1 S. 127; <ref-ruling> E. 2b S. 56, 126 I 97 E. 2b S. 102; je mit Hinweisen). 3. Die Beschwerdeführenden ersuchen um Feststellung, wonach ihr Geschäftsmodell rechtmässig sei, wenn der Beschwerdeführer 1 über keine Bewilligung zur Führung einer Privatapotheke verfügte und als Gegenleistung für seine Leistungen von der Beschwerdeführerin 2 für den Dossiercheck, bzw. pro Rezeptzeile für die Interaktionskontrolle und pro Neukundeneröffnung Entschädigungen entgegennehmen würde (vgl. oben Sachverhalt Ziff. J). Das Feststellungsbegehren beinhaltet sowohl die Frage der Bewilligungspflicht als auch der Zulässigkeit des Entschädigungsmodells. Zunächst ist zu prüfen, ob eine Bewilligungspflicht für mit der Beschwerdeführerin 2 zusammenarbeitende Ärztinnen und Ärzte besteht (s. sogleich E. 3.1 ff. und E. 4). Im Anschluss daran erfolgt die Überprüfung der Zulässigkeit der vorgesehenen Entschädigungen und damit auch der Frage der Bewilligungsfähigkeit des Modells (unten E. 5). 3.1. Das Bundesgesetz über Arzneimittel und Medizinprodukte (Heilmittelgesetz, HMG; SR 812.21) soll zum Schutz der Gesundheit von Mensch und Tier gewährleisten, dass nur qualitativ hochstehende, sichere und wirksame Heilmittel in Verkehr gebracht werden (Art. 1 Abs. 1 HMG). Gemäss Art. 30 Abs. 1 HMG benötigt eine kantonale Bewilligung, wer in Apotheken, Drogerien und anderen Detailhandelsgeschäften Arzneimittel abgibt (Detailhandelsbewilligung), wobei unter Abgabe die entgeltliche oder unentgeltliche Übertragung oder Überlassung eines verwendungsfertigen Heilmittels für die Verwendung durch den Erwerber oder die Erwerberin zu verstehen ist (Art. 4 Abs. 1 lit. f HMG). Die sog. Selbstdispensation, d.h. die direkte Medikamentenabgabe durch Ärztinnen und Ärzte (vgl. für verschreibungspflichtige Medikamente Art. 24 Abs. 1 lit. b HMG ["weitere Medizinalpersonen"] bzw. für nicht verschreibungspflichtige Medikamente Art. 25 Abs. 1 lit. a HMG), ist eine besondere Form des Detailhandels (Botschaft zu einem Bundesgesetz über Arzneimittel und Medizinprodukte [Heilmittelgesetz, HMG], BBl 1999 3453, S. 3517 Ziff. 22.03.4; vgl. Art. 37 Abs. 3 des Bundesgesetzes über die Krankenversicherung [KVG; SR 832.10]; <ref-ruling> E. 2.4 ff. S. 201 ff.; Urteile 2C_158/2012 vom 20. April 2012 E. 4.3 und 4.4; 2C_53/2009 vom 23. September 2011 E. 3.1 und 3.2; 2P.287/2002 vom 22. Dezember 2003 E. 2.3; vgl. Heidi Bürgi, in: Basler Kommentar, Heilmittelgesetz, 2006, N. 7 zu Art. 30 HMG; Ueli Kieser, Heilmittel, in: Poledna/Kieser [Hrsg.], Gesundheitsrecht, 2005, S. 135 ff., N. 41 S. 169), sodass auch hierfür eine Bewilligung gemäss Art. 30 HMG erforderlich ist (vgl. 25a GesG/ZH; vgl. auch § 15 und 25 Abs. 1 der Heilmittelverordnung des Kantons Zürich vom 21. Mai 2008 [HMV/ZH]). Von Bundesrechts wegen sind Ärztinnen und Ärzte im Rahmen der sog. Selbstdispensation somit erst dann ermächtigt, Medikamente abzugeben, wenn sie über eine entsprechende kantonale Detailhandelsbewilligung verfügen (Art. 30 HMG). Die Verantwortung für die Medikamentenabgabe liegt im Rahmen der Selbstdispensation bei den Ärztinnen und Ärzten (vgl. Giger/Saxer/Wildi/Fritz, Arzneimittelrecht, 2013, S. 115). 3.2. Die Ausführung einer ärztlichen Verschreibung durch eine dazu berechtigte Person führt zur Abgabe des Heilmittels (Botschaft HMG, a.a.O., Ziff. 22.02, S. 3491). Bei der Verschreibung und der Abgabe von Arzneimitteln müssen die anerkannten Regeln der medizinischen und der pharmazeutischen Wissenschaften beachtet werden (Art. 26 Abs. 1 HMG; <ref-ruling> E. 4.1 S. 179 f.; <ref-ruling> E. 4.1.2 S. 61; Urteile 2C_92/2011 vom 12. April 2012 E. 3.9.1; 9C_397/2009 vom 16. Oktober 2009 E. 4.3). Das Abgabesystem des Heilmittelgesetzes beruht im Interesse der Arzneimittelsicherheit und des Patientenschutzes auf einer Fachberatung durch entsprechende Hinweise im Rahmen der Verschreibung und der Abgabe (Botschaft HMG, 3513 Ziff. 22.03.4 [zu Art. 26 HMG], vgl. auch die Erläuterungen zu den allgemeinen " Leitprinzipien der Medikamentenabgabe "; 3514 f. Ziff. 22.03.4); die Abgabe an die Konsumenten soll - abgesehen von Fällen der Selbstdispensation, der Abgabe in Notfällen und der Anwendung am Patienten während der Behandlung (vgl. <ref-ruling> E. 2.6 S. 204; Urteile 2C_53/2009 vom 23. September 2011 E. 4.2; 6B_444/2010 vom 16. September 2010 E. 4.1.2) - erst nach zweifacher Kontrolle durch Fachpersonen in Anwendung ihrer jeweiligen anerkannten Wissenschaften erfolgen. Dabei hat der Apotheker grundsätzlich nach den Vorgaben der ärztlichen Verordnung zu handeln. Er hat sich indessen bei der verschreibenden Person über die Richtigkeit zu vergewissern, wenn er nach den Umständen an der medizinischen Indikation des verschriebenen Arzneimittels zweifeln muss. In diesem Sinne sieht Art. 26 Abs. 1 HMG vor, dass der Apotheker die ärztliche Verschreibung kontrollieren und allfällige Unstimmigkeiten in Rücksprache mit dem verschreibenden Arzt bereinigen muss (vgl. Urteil 9C_397/2009 vom 16. Oktober 2009 E. 4.3; Bürgi, in: Basler Kommentar HMG, a.a.O., N. 11 zu Art. 24 und N. 10 ff. zu Art. 26 HMG; Gebhard Eugster, Krankenversicherung, in: Soziale Sicherheit, SBVR Bd. XIV, 2. Aufl. 2007, S. 337 ff., N. 723 S. 635). 3.3. Auch der Versandhandel mit Medikamenten ist eine besondere Form der Medikamentenabgabe. Er ist im Grundsatz untersagt und kann ausnahmsweise bewilligt werden, wenn eine Detailhandelsbewilligung vorliegt und zusätzliche Erfordernisse der Qualitätskontrolle erfüllt werden (Art. 27 Abs. 1 und 2 HMG; Art. 29 der Verordnung über die Arzneimittel vom 17. Oktober 2001 [VAM]; SR 812.212.21; Urteil 2P.169/2006 vom 20. September 2007 E. 2.2). Als Versandhandel gilt der Handel mit Waren, die in Katalogen, Prospekten oder (Internet-) Anzeigen angeboten und an die Kundschaft versendet werden (vgl. Botschaft HMG, a.a.O., 3513 ff. Ziff. 22.03.4). Analog zur persönlichen Abgabe müssen auch beim Versandhandel die Beratung durch eine Fachperson (Apotheker, Drogisten) und die ärztliche Überwachung gesichert sein (Art. 27 Abs. 2 lit. c HMG; Art. 29 Abs. 2 lit. g VAM; vgl. <ref-ruling> E. 4 d und e S. 487 ff.; Urteil K 158/05 vom 5. September 2006 E. 6.4; Botschaft HMG, a.a.O., 3515, Ziff. 22.03.4). 3.4. Das Bewilligungserfordernis für die Abgabe von Arzneimitteln in Detailhandelsgeschäften ergibt sich demnach aus dem Bundesrecht (Art. 30 Abs. 1 HMG als Rahmenbestimmung; vgl. oben E. 3.1). Ob und unter welchen (Bewilligungs-) Voraussetzungen und nach welchen Verfahren eine Ärztin oder ein Arzt zur Selbstdispensation berechtigt ist, regelt hingegen das kantonale Recht (Art. 30 Abs. 2 HMG; Art. 37 Abs. 3 KVG; Urteile 2C_53/2009 vom 23. September 2011 E. 4.1; 2C_767/2009 vom 4. Oktober 2010 E. 4.1 und 4.2; 2P.169/2006 vom 20. September 2007 E. 2.1; vgl. auch 2P.52/2001 vom 24. Oktober 2001 E. 2c; Kieser, a.a.O., N. 41 S. 169; Bürgi, in: Basler Kommentar HMG, a.a.O., N. 15 zu Art. 30 HMG; Gächter/Rütsche, Gesundheitsrecht, 3. Aufl. 2013, N. 949; Giger/Saxer/Wildi/Fritz, a.a.O., S. 115). Bei der für die Medikamentenabgabe erforderlichen Detailhandelsbewilligung handelt es sich um eine Betriebsbewilligung, die namentlich die sachlichen und personellen Anforderungen für den Betrieb der Abgabestelle festlegt (Urteil 2C_767/2009 vom 4. Oktober 2010 E. 4.2). Hinsichtlich der Bewilligungspflicht im Detailhandel unterscheidet der Kanton Zürich zwischen öffentlichen Apotheken (§ 23 Abs. 2 lit. a HMV/ZH) und Privatapotheken (§ 23 Abs. 2 lit. b HMV/ZH). Bei Ersteren handelt es sich um sog. Offizinapotheken, d.h. öffentliche, allen Personen zugängliche Apotheken. Zu den Privatapotheken gehören die Spitalapotheken und die Apotheken jener Ärztinnen und Ärzte, die in Selbstdispensation Medikamente abgeben dürfen. Zu den Privatapotheken haben nur Kunden jener Medizinalpersonen Zugang, welche die Privatapotheken führen (vgl. hierzu Bürgi, in: Basler Kommentar HMG, a.a.O., N. 6 zu Art. 30 HMG; Poledna/Berger, Öffentliches Gesundheitsrecht, 2002, N. 326). 4. Die Beschwerdeführenden stellen sich auf den Standpunkt, die Zusammenarbeit der Beschwerdeführerin 2 mit dem Beschwerdeführer 1 erfordere keine Bewilligung zum Führen einer Privatapotheke des Letzteren. Auch im vertraglichen Vertriebssystem mit Ärzten sei die Beschwerdeführerin 2 nichts weiter als eine öffentliche Apotheke. In ihrem Geschäftsmodell würden die Arzneimittel durch sie als Versandapotheke und nicht durch die Ärzte abgegeben. Jedoch sei es zulässig, Dritte - hier Ärztinnen und Ärzte - in die Auslieferung der Arzneimittel einzubeziehen. Es verstosse gegen den Vorrang des Bundesrechts (Art. 49 BV) und insbesondere gegen die Begriffsbestimmungen des Detail- und Versandhandels (Art. 30 HMG; Art. 24 Abs. 1 lit. b HMG; Art. 27 HMG), wenn die Vorinstanz für die Zusammenarbeit von Ärztinnen und Ärzten mit der Beschwerdeführerin 2 eine Bewilligung verlangen würde. 4.1. Die Beschwerdeführerin 2 verfügt nach den vorinstanzlichen Feststellungen über eine Detailhandelsbewilligung für den Versandhandel nach den Vorgaben von Art. 27 Abs. 2 HMG, die für die gesamte Schweiz gültig ist (vgl. Art. 2 Abs. 1 Bundesgesetz vom 6. Oktober 1995 über den Binnenmarkt [Binnenmarktgesetz, BGBM; SR 943.02]). Daneben verfügt sie auch über eine Bewilligung für den Grosshandel (Art. 28 Abs. 1 HMG; Art. 7 ff. AMBV). Sofern die Beschwerdeführerin 2 für Kunden direkt zugänglich ist und sie unmittelbar als Endverbraucher beliefert - d.h. ohne dass am Arzneivertrieb vertraglich eine Ärztin oder ein Arzt beteiligt ist - gehen die Beschwerdeführenden zurecht davon aus, dass sich die entsprechende Tätigkeit nicht von einer anderen für alle Personen zugänglichen (Offizin-) Versandapotheke unterscheidet (Art. 27 HMG; Urteil 2P. 169/2006 vom 20. September 2007 E. 2.2). Neben ihrer Tätigkeit als typische Versandhandelsapotheke arbeitet die Beschwerdeführerin 2 für den Arzneimittelvertrieb konzeptuell mit Ärztinnen und Ärzten zusammen (oben Sachverhalt Ziff. A), wobei sich vorliegend (nur) für dieses Geschäftsmodell die Frage einer allfälligen Bewilligungspflicht der mit ihr zusammenarbeitenden Ärztinnen und Ärzten stellt (§ 17 aGesG/ZH bzw. § 25a GesG/ZH). 4.2. Zu untersuchen ist demnach, ob die Beschwerdeführerin 2 (auch) im hier strittigen Vertriebssystem - wie von ihr vorgebracht - als öffentlich zugängliche Versandhandelsapotheke Medikamente abgibt (oben E. 3.3). Wenn die Abgabe durch sie erfolgt, müsste der vertraglich in das Vertriebssystem miteinbezogene Arzt hinsichtlich der Medikamentenabgabe als Hilfsperson bezeichnet werden können, die nur untergeordnete administrative oder logistische Funktionen wahrnimmt. Umgekehrt wäre ein Arzt, der selbst Medikamente abgibt, von Bundesrechts wegen verpflichtet, über eine Detailhandelsbewilligung nach Massgabe des kantonalen Rechts zu verfügen (oben E. 3.2 und 3.4). 4.2.1. Zwischen dem Arzt und der Beschwerdeführerin 2 bestehen vertragliche Beziehungen für den Medikamentenvertrieb. Der Arzterhält - wenn er mit der Beschwerdeführerin 2 zusammenarbeitet bzw. die Arzneimittel über ihren Vertriebskanal bezieht - spezifische Entschädigungen (vgl. das Feststellungsbegehren; grundlegend anders in dieser Hinsicht das Urteil K 158/05 vom 5. September 2006), zunächst für das Patientendossier: Der Arzt erfasst und führt das Patientendossier. Dieses zu führen gehört zu seinen eigenen Aufgaben (vgl. § 13 GesG/ZH), aber auch zu denjenigen der Apotheke (vgl. Art. 1 und 3 Anhang I des Tarifvertrags zwischen der pharmaSuisse und der santésuisse [Tarifvertrag LOA IV]; abrufbar unter http:// www.pharmasuisse.org/ de /dienstleistungen/Themen /Seiten/ LOA.aspx, besucht am 22. August 2014). Für das Weiterleiten der erfassten Patientendaten an die Beschwerdeführerin 2 wird der Arzt von ihr zusätzlich entschädigt. Unter dem Interaktionscheck, der den Ärzten nach dem Geschäftsmodell vergütet werden soll, ist die Kontrolle auf Unverträglichkeit mit andern vom Patienten eingenommenen Arzneimitteln zu verstehen. Diese gehört zunächst einmal zu den Aufgaben des Arztes, wird jedoch zusätzlich auch als Kontrolltätigkeit von Apothekern zum Zeitpunkt der Abgabe durchgeführt und diesen als "Apothekertaxe" entschädigt (vgl. Art. 1, 2 und 3 Anhang I des Tarifvertrags LOA IV; vgl. Urteil K 158/05 vom 5. September 2006 E. 4.2.2.1; vgl. auch etwa Art. 69 Abs. 2 der Gesundheitsverordnung des Kantons Bern vom 24. Oktober 2001). Für den Arzt erfolgt die Entschädigung für die von ihm in seinem ursprünglichen Zuständigkeitsbereich durchzuführende Interaktionskontrolle über den Zeittarif des Tarmed (Grundvergütung; abrufbar unter http://www. tarmedsuisse.ch/153.html, besucht am 22. August 2014, vgl. dazu nachfolgend E. 5.3.2). 4.2.2. Das Geschäftsmodell kann auf zweifache Weise interpretiert werden: Entweder die Beschwerdeführerin 2 überträgt die von ihr während der Abgabe zu erbringenden Tätigkeiten dem Arzt, wofür sie diesen entschädigt. Oder aber es gestaltet sich so, dass sowohl die Beschwerdeführerin 2 als auch der Arzt ein Patientendossier führen und auch die je zu ihren Pflichten gehörende Interaktionskontrolle vornehmen (vgl. zum Prinzip der zweifachen Überprüfung oben E. 3.2), wobei die Beschwerdeführerin 2 dem Arzt zusätzliche Vergütungen leistet. Übernimmt der Arzt den Patientenkontakt vollständig, wie dies die Sachverhaltsfeststellungen der Gesundheitsdirektion nahelegen, indem er die Patienten vor der elektronischen Übermittlung der Rezepte bis hin zur Zustellung der Ware berät und aufklärt, und sich das Handeln der Beschwerdeführerin 2 auf das Zustellen der Arzneimittel beschränkt, kann der Arzt entgegen der Ansicht der Beschwerdeführenden nicht als "mit bestimmten Hilfsaufgaben betrauter" Postbote oder aber eine zufällig gewählte Hilfsperson zum Medikamentenversand bezeichnet werden. Vielmehr nimmt der Arzt diesfalls die Betreuung der Patienten durchgehend wahr, was ihm spezifisch vergütet wird. Werden im Geschäftsmodell die Kontrolltätigkeiten des Apothekers an den Arzt übertragen, wie dies die Entschädigung nahelegt, so bedingt das Modell - unabhängig davon, ob eine entsprechende Entschädigung überhaupt zulässig sein könnte -, dass die Ärzte in wesentlichen Teilen mit der Übertragung oder Überlassung des verwendungsfertigen Arzneimittels, d.h. mit der Medikamentenabgabe befasst sind (Art. 4 Abs. 1 lit. f und Art. 30 Abs. 1 HMG). Das Vertriebsmodell sieht auch keine Beschränkung der Lieferung auf den Umfang einer Abgabe in Notfällen und der Anwendung am Patienten während der Behandlung vor (vgl. <ref-ruling> E. 2.6 S. 204; Urteil 2C_53/2009 vom 23. September 2011 E. 5.2; Urteil 2P.147/1991 vom 12. Juni 1992 E. 3 d). Das Geschäftsmodell ist diesfalls - weil die personelle Trennung von Verschreibung und Abgabe der Arzneimittel im Geschäftsmodell durchbrochen wird - ohne Detailhandelsbewilligung des Arztes von Bundesrechts wegen nicht zulässig (Art. 26 Abs. 1 und Art. 30 Abs. 1 HMG in Verbindung mit Art. 24 Abs. 1 lit. b und Art. 25 HMG; oben E. 3.1). 4.2.3. Sollten umgekehrt, wie dies die Beschwerdeführenden vorbringen, sämtliche Pflichten trotz der Ausrichtung der Entschädigung von der Beschwerdeführerin 2 auch selbst durchgeführt werden (Art. 27 Abs. 2 lit. c HMG; Art. 29 Abs. 2 lit. g VAM; oben E. 3.3 in fine), so liesse sich prüfen, ob der Arzt durch das Entschädigungssystem gleichwohl an der Medikamentenabgabe beteiligt sein könnte. Es stellt sich jedoch zuallererst die Frage, für welche Tätigkeiten die Beschwerdeführerin 2 den Beschwerdeführer 1 überhaupt entschädigen möchte und ob entsprechende Entschädigungen an den Arzt zulässig sein können. Dies ist nachfolgend gestützt auf die weiteren Vorbringen der Beschwerdeführenden zu prüfen (E. 5). 5. Die Beschwerdeführenden machen geltend, die Vorinstanz habe - indem sie die im Geschäftsmodell vorgesehenen Entschädigungen (gestützt auf kantonales Recht) als unzulässig erachtete - die abschliessende Regel über geldwerte Vorteile in Art. 33 HMG verletzt (Art. 33 HMG in Verbindung mit Art. 49 und Art. 118 Abs. 2 lit. a BV). Festzustellen sei vielmehr, dass sich die Beschwerdeführenden nicht rechtswidrig verhielten, wenn der Beschwerdeführer 1 als Gegenleistung für seine Leistungen von der Beschwerdeführerin 2 jährlich Fr. 12.-- für den Dossiercheck, bzw. Fr. 1.-- pro Rezeptzeile für die Interaktionskontrolle und Fr. 40.-- pro Neukundeneröffnung entgegennehmen würde. 5.1. Die Kantone erfüllen die Vollzugsaufgaben, die ihnen das HMG überträgt und die nicht ausdrücklich dem Bund übertragen sind (Art. 83 Abs. 1 lit. a und b HMG). Das Gesetz weist den Kantonen demnach einerseits einzelne Aufgaben zu (z.B. das Erteilen von Detailhandelsbewilligungen mit Arzneimitteln und die Durchführung von Betriebskontrollen; Art. 30 Abs. 2 HMG); ihnen kommt aber auch die subsidiäre Zuständigkeit für den Vollzug zu. In diesem Zusammenhang obliegt den Kantonen insbesondere die nachträgliche Kontrolle der Rechtmässigkeit von Abgabe und Anwendung der in Verkehr gebrachten Arzneimittel (Art. 31 Abs. 1 VAM); sie überprüfen an den Abgabestellen anhand von Stichproben oder auf Ersuchen von Swissmedic, ob die Vorschriften über die Abgabeberechtigung eingehalten werden (Art. 31 Abs. 2 lit. a VAM) sowie namentlich auch, ob die Vorschriften über Arzneimittelwerbung befolgt werden (Art. 31 Abs. 2 lit. b VAM in Verbindung mit Art. 31-33 HMG). Ergeben sich Zweifel an der Rechtmässigkeit von Abgabe und Anwendung, so nehmen die Kantone weitere Abklärungen vor, verfügen über die erforderlichen Massnahmen und orientieren die Swissmedic (Art. 31 Abs. 2 lit. a in Verbindung mit Abs. 3 VAM); bestehen Zweifel an der Einhaltung der Vorschriften über Arzneimittelwerbung informieren sie Swissmedic, welche weitere Abklärungen vornimmt und die erforderlichen Massnahmen anordnet (Art. 66 HMG; Art. 31 Abs. 2 lit. b in Verbindung mit Abs. 4 VAM). Entgegen der Ansicht der Beschwerdeführenden sind kantonale Behörden demnach befugt, in ihrem Zuständigkeitsbereich im Interesse der Medikamentensicherheit - etwa bei der Ausgestaltung der Bedingung der Selbstdispensation - die Regel von Art. 33 HMG zur Anwendung zu bringen (vgl. bereits Urteile 2P.169/2006 vom 20. September 2007 E. 2.2; 2P.32/2006 und 2A.56/2006 vom 16. November 2006 E. 2.2 in fine). Vorliegend hat das Verwaltungsgericht die Zulässigkeit des Geschäftsmodells mit dem - mittlerweile ausser Kraft stehenden - kantonalen Recht verneint, und dessen Vereinbarkeit mit Art. 33 HMG offengelassen. Dieses Vorgehen verstösst nicht gegen Bundesrecht. 5.2. Die Beschwerdeführenden beantragen dem Bundesgericht, es sei die Zulässigkeit des Entschädigungsmodells festzustellen. Diesem Begehren könnte von Bundesrechts wegen nur dann entsprochen werden, wenn ihr Entschädigungsmodell mit dem als verletzt gerügten Art. 33 HMG in Einklang stünde. 5.2.1. Gemäss Art. 33 Abs. 1 HMG dürfen Personen, welche Arzneimittel verschreiben oder abgeben, und Organisationen, die solche Personen beschäftigen, für die Verschreibung oder die Abgabe geldwerte Vorteile weder gewährt noch angeboten noch versprochen werden. Auch dürfen Personen, die Arzneimittel verschreiben oder abgeben, und Organisationen, die solche Personen beschäftigen, hierfür weder geldwerte Vorteile fordern noch annehmen (Art. 33 Abs. 2 HMG; vgl. zu Art. 33 HMG Urteil 2C_92/2011 vom 12. April 2012 E. 3.1; 2C_803/2008 vom 21. Juli 2009 E. 4.3.1; 2P.169/2006 vom 20. September 2007 E. 2 und 3; 2P.32/2006 und 2A.56/2006 vom 16. November 2006 E. 2.2 und 3). Zweck der unter dem Abschnitt "Werbung und Preisvergleiche" angeführten Bestimmung ist es, generell "die Beeinflussung von Fachpersonen (Ärztinnen und Ärzte, Apothekerinnen und Apotheker, Drogistinnen und Drogisten), welche Arzneimittel anwenden oder abgeben, durch geldwerte Vorteile" zu verhindern (Botschaft HMG, a.a.O., 3518 f. Ziff. 22.03.5). Die Bestimmung umschreibt eine unzulässige Form von Fachwerbung, die sich an zur Verschreibung, Abgabe oder zur eigenverantwortlichen beruflichen Anwendung von Arzneimitteln berechtigte Personen richtet (vgl. Art. 2 lit. c und Art. 3 der Verordnung über die Arzneimittelwerbung [Arzneimittel-Werbeverordnung, AWV]; SR 812.212.5). Art. 33 HMG dient der Arzneimittelsicherheit; Arzneimittel sollen - im Lichte des Gesetzeszweckes, der darin besteht, die Gesundheit von Mensch und Tier zu gewährleisten und zu schützen (Art. 1 Abs. 1 HMG) - frei von finanziellen Anreizen verschrieben und abgegeben werden (vgl. dazu auch Art. 3 und 26 HMG, sowie die Urteile 2C_92/2011 vom 12. April 2012 E. 3.9.1; 2P.32/2006 und 2A.56/2006 vom 16. November 2006, E. 3.3; vgl. Urs Saxer, Korruption im Arzneimittelhandel, in: AJP 2002 1463, dort S. 1466; derselbe, Das Vorteilsverbot gemäss Art. 33 HMG, in: Eichenberger/Poledna [Hrsg.], Das neue Heilmittelgesetz, 2004, S. 113 ff., dort S. 118; derselbe, in: Basler Kommentar HMG, a.a.O., N. 5-7 zu Art. 33; Ueli Kieser, in: Poledna/Kieser, a.a.O., N. 48 S. 172; Ursula Eggenberger-Stöckli, Werbung für Heilmittel, in: Tomas Poledna [Hrsg.], Gesundheit und Werbung, 2005, S. 61 ff., 67). Es geht der Gesetzgebung mithin darum, die Gefahr der korruptionsähnlichen Beeinflussung von Fachpersonen zu unterbinden (vgl. Art. 322ter ff. StGB; Stellungnahme des Bundesrates vom 9. Dezember 2002 [zur Interpellation 02.3572 von Nationalrätin Cécile Bühlmann] sowie vom 25. Juni 2003 [zum Postulat 02.3657 von Nationalrat Paul Günther]; Swissmedic Journal 1/2006 S. 27; www.swissmedic.ch/ueber/00134/ 00441/00445/00566/index.html?lang=de besucht am 22. August 2014; Eichenberger/Marti/Straub, Die Regulierung der Arzneimittelwerbung, recht 2003, S. 225 ff., dort S. 227); die Verschreibungs- und Abgabefreiheit bzw. die Objektivität des Leistungserbringers muss gewährleistet sein (2P.169/2006 vom 20. September 2007 E. 2.2; AB S 2000 612 [Christine Beerli, Referentin der vorberatenden Kommission des Ständerats zu Art. 33 HMG-Entwurf, spricht von einer absoluten Objektivität des Leistungserbringers]; vgl. auch Gerhard Schmid, Zwischen Idealisierung und Generalverdacht, in: Caroni et. al. [Hrsg.], Festschrift für Paul Richli zum 65. Geburtstag, 2010, S. 722; "Verschreibungsintegrität"). 5.2.2. Der Begriff der geldwerten Vorteile ist dabei weit auszulegen. In der Botschaft HMG werden insbesondere "Superboni, Reisen, Einladungen, Geschenke, Gratismuster" als mögliche geldwerte Vorteile genannt (Botschaft HMG, a.a.O., S. 3518; Urteil 2C_92/2011 vom 12. April 2012 E. 3.6). Unter die geldwerten Vorteile können jegliche Geld- oder Sachleistungen und jeder Verzicht auf die Geltendmachung von Forderungen fallen. Solche Vergütungen sind zu den geldwerten Vorteilen zu zählen, wenn sie ohne überzeugenden Rechtsgrund im Sinne eines angemessenen Leistungs-/Gegenleistungsverhältnisses gewährt werden (vgl. Swissmedic Journal 1/2006, a.a.O., S. 29, 43 f.; Saxer, in: Basler Kommentar HMG, a.a.O., N. 20 f. zu Art. 33 HMG; Ders., AJP 2002, a.a.O., 1468 f.). Unerheblich ist, ob der geldwerte Vorteil direkt dem Leistungserbringer oder ihm nahestehenden Dritten gewährt wird (vgl. Korruptionsstrafrecht Art. 322ter ff. StGB; <ref-ruling> E. 4.5 S. 466). 5.2.3. In seiner deutschen Fassung verlangt der Wortlaut von Art. 33 Abs. 1 HMG (gewähren geldwerter Vorteile "für" die Verschreibung oder Abgabe eines Arzneimittels) wie auch in der italienischen Fassung (offrire o promettere vantaggi pecuniari "per" la prescrizione o la dispensazione di medicamenti) einen Zusammenhang zwischen Vorteil und Abgabe, während die französische Fassung einen entsprechenden Zusammenhang nicht voraussetzt ("Il est interdit d'octroyer, d'offrir ou de promettre des avantages matériels aux personnes qui prescrivent ou remettent des médicaments"). In Anlehnung an den deutschen und den italienischen Wortlaut ist ein Zusammenhang zwischen dem Vorteil und der Abgabe- bzw. Verschreibungshandlung vorauszusetzen; vor dem Zweck der Bestimmung ist indes davon auszugehen, dass eine Vorteilsgewährung bereits dann einen ausreichenden Zusammenhang mit der Arzneimittelverschreibung bzw. -abgabe hat, wenn sie geeignet ist, das Verhalten der mit der Verschreibung oder Abgabe betrauten Fachperson im Sinne einer Absatzförderung zu beeinflussen, mithin potenziell einen finanziellen Anreiz zur Mengenausweitung schafft (sog. Äquivalenz, vgl. 2P.32/2006 und 2A.56/2006 vom 16. November 2006 E. 3.3; Swissmedic Journal 1/2006, a.a.O., S. 30; vgl. Saxer, in: Eichenberger/Poledna [Hrsg.], a.a.O., S. 126; Urteil des Bundesverwaltungsgerichts C-669/2008 vom 17. Dezember 2010 E. 4.5.3 [aufgehoben bezüglich der Weitergabepflicht von Rabatten]; vgl. Eichenberger/Marti/Straub, a.a.O., S. 227; vgl. auch Saxer, in: Basler Kommentar HMG, a.a.O., N. 29 zu Art. 33; vgl. zum Korruptionsstrafrecht <ref-ruling> E. 6.3 S. 204 [Art. 322sexies StGB]; 6P.39/2004 23. Juli 2004 E. 6.3 [Art. 322quinquies StGB]; je mit zahlreichen Hinweisen). Hingegen ist nicht erforderlich, dass die angebotenen Vorteile den Absatz tatsächlich steigern (vgl. Urteil 2A.63/2006 vom 10. August 2006 E. 3.7.1 zur auf die Art. 31-33 des Heilmittelgesetzes gestützte Arzneimittel-Werbeverordnung; ebenso Ursula Eggenberger Stöckli, Arzneimittel-Werbeverordnung, 2006, N. 24 zu Art. 2 AWV; vgl. für den Bereich des Korruptionsstrafrechts Urteile 6B_339/2011 vom 5. September 2011 E. 4.4.1 [Art. 322sexies StGB]; vgl. ferner <ref-ruling> E. 5.2 S. 325; 1A.162/2003 vom 15. Januar 2004 E. 3.4 [Art. 322quater StGB]; 4C.352/2002 vom 21. Februar 2003 E. 5.2). Heranzuziehen ist dabei ein objektiver Massstab: Ausschlaggebend für die Beurteilung einer unzulässigen Mengenausweitung ist nicht die subjektive Einschätzung der Fachperson, ob sie sich angesichts der angebotenen Vorteile in der Verschreibung oder der Abgabe potenziell beeinflusst sieht, sondern vielmehr, ob die Vorteile bei objektiver Betrachtungsweise als geeignet erscheinen, einen therapiefremden Anreiz zu liefern (vgl. Swissmedic Journal 1/2006, a.a.O., S. 30). 5.2.4. Als zulässige Vorteile vom Anwendungsbereich von Art. 33 Abs. 1 und 2 HMG ausgenommen sind solche von "bescheidenem Wert, die für die medizinische und die pharmazeutische Praxis von Belang sind" (Art. 33 Abs. 3 lit. a HMG), sowie handelsübliche und betriebswirtschaftlich gerechtfertigte Rabatte, die sich direkt auf den Preis auswirken (Art. 33 Abs. 3 lit. b HMG). Vorteile von bescheidenem Wert sind Vorteile, die aufgrund ihrer geringen Höhe nicht geeignet sind, Fachpersonen zu beeinflussen, zumal sie für die medizinische und pharmazeutische Praxis von Belang sein müssen. Hierunter können Fachbücher, Notizblöcke, Praxissoftware etc. fallen. Von vornherein unzulässig sind damit Vorteile, die alleine der die Arzneimittel verschreibenden oder abgebenden Person zugutekommen (Saxer, in: Basler Kommentar HMG, a.a.O., N. 42 f. zu Art. 33; Swissmedic Journal 1/2006, a.a.O., S. 30). Hinsichtlich der Höhe der Vorteile von bescheidenem Wert wurde in der parlamentarischen Debatte eine Parallele zu Art. 172ter StGB gezogen. Die dort für das Vorliegen eines geringfügigen Vermögensdelikts durch die bundesgerichtliche Praxis aufgestellte Betragsgrenze von Fr. 300.-- solle auch in Bezug auf Zuwendungen an medizinische Fachpersonen gelten (vgl. Art. 172ter; <ref-ruling> E. 3d S. 118 f. mit Hinweisen; Urteil 6B_208/2009 vom 8. September 2009 E. 1; AB S 2000 612; Swissmedic Journal 1/2006, a.a.O., S. 37). Dabei handelt es sich um einen Richtwert, nicht um eine starre Obergrenze; massgeblich muss sein, inwiefern der Vorteil die Fachperson in ihrem Verschreibungs- und Abgabeverhalten potenziell beeinflussen kann (vgl. Eichenberger/ Marti/Straub, Die Regulierung der Arzneimittelwerbung, recht 2003, S. 225 ff., dort S. 227; Saxer, a.a.O., N. 42 zu Art. 33 HMG). Rabatte im Sinne von Art. 33 Abs. 3 lit. b HMG sodann sind Preisnachlasse, die dem Käufer auf den normalen Preis (hier von Arzneimittellieferungen) gewährt werden (Urteil 2C_92/2011 vom 12. April 2012 E. 3; vgl. Eichenberger/Marti/Straub, a.a.O., S. 227; Saxer, in: Basler Kommentar HMG, a.a.O., N. 47 zu Art. 33). 5.3. Die Beschwerdeführenden bringen vor, die von der Vorinstanz beanstandeten Entschädigungen stellten keinen geldwerten Vorteil im Sinne von Art. 33 HMG dar. Sie stellen sich auf den Standpunkt, dass Ärzte wie der Beschwerdeführer 1 keine Vergütungen erlangten, sondern lediglich entschädigt würden für Gegenleistungen für ihre Aufwendungen: Ärzte würden "gewisse Aufgaben" für die Beschwerdeführerin 2 übernehmen, und hierfür eine finanzielle Gegenleistung erhalten, die "angemessen" sei. 5.3.1. Die Beschwerdeführenden werfen der Vorinstanz zunächst vor, sie sei in willkürlicher Sachverhaltsfeststellung davon ausgegangen, die Entschädigung der Beschwerdeführerin 2 führe zu "finanziellen Vorteilen" des Beschwerdeführers 1 und anderen, gleich praktizierenden Ärzten. Ebenso gehe sie in willkürlicher Weise davon aus, die Ärztinnen und Ärzte hätten ein finanzielles Interesse an der Arzneimittelabgabe in Zusammenarbeit mit der Beschwerdeführerin 2. Gemäss dem Feststellungsbegehren wird der Beschwerdeführer 1 von der Beschwerdeführerin 2 für die Interaktionskontrolle pro Rezeptzeile, jährlich für den Dossiercheck und pro Neukundeneröffnung entschädigt (vgl. oben Sachverhalt Ziff. J). Die Beschwerdeführenden bestreiten zwar, dass das von ihnen praktizierte Geschäftsmodell den für das Vertriebssystem gewonnenen Ärzten Vorteile verschafft, substanziieren indessen nicht, inwiefern die Erwägungen der Vorinstanz, wonach die Ärzte im Vertriebssystem finanzielle Vorteile erhalten würden, willkürlich sein sollten. Sie bringen vor, die Entschädigung für den Beschwerdeführer 1 und andere, nach demselben Modell praktizierende Ärzte "decke nur den Aufwand ab, der dem Arzt für die Erbringung seiner Dienstleistung entsteht". Die sachverhaltlichen Feststellungen der Vorinstanz, wonach den mit der Beschwerdeführerin 2 praktizierenden Ärzten hierdurch kaum Aufwendungen entstehen, können vor diesem Hintergrund nicht als offensichtlich unrichtig gelten: Die Beschwerdeführenden legen etwa nicht dar, inwiefern die elektronische Ausstellung des Rezepts gegenüber der handschriftlichen Verschreibung einen Mehraufwand bedeuten würde und worin dem Arzt ein Mehraufwand betreffend Interaktionskontrolle, der nicht anderweitig vergütet wird (vgl. hierzu unten E. 5.3.2), vorliegen würde. Insbesondere haben es die Beschwerdeführenden vor sämtlichen Instanzen unterlassen, eine Vollkostenkalkulation ins Recht zu legen, die ihren Aufwand darzulegen vermöchte, obwohl die finanziellen Vorteile im gesamten Verfahren Prozessthema waren (vgl. oben E. 2). Das Bundesgericht bleibt an die vorinstanzlichen Feststellungen gebunden, wonach Ärzten im Rahmen des Geschäftsmodells in tatsächlicher Hinsicht finanzielle Vorteile erwachsen, wenn sie Rezepte für Arzneimittel an die Beschwerdeführerin 2 übermitteln (vgl. Art. 105 Abs. 1 BGG; oben E. 1.7). 5.3.2. Es stellt sich die Frage, ob von einer Vorteilsgewährung auch in materiell-rechtlicher Hinsicht auszugehen ist. Die Ärztinnen und Ärzte nehmen im Rahmen der Beteiligung am Geschäftsmodell der Beschwerdeführerin 2 regelmässige Entschädigungen pro Rezeptzeile für die Interaktionskontrolle, für ihre Dossierchecks sowie pro Neukundeneröffnung entgegen. Die Arzneimittelverschreibung und die Ausstellung des medizinischen Rezepts sind medizinische Leistungen, welche über den Tarmed und somit über die obligatorische Krankenversicherung abgegolten werden. Die Interaktionskontrolle obliegt sowohl dem Arzt als auch der Beschwerdeführerin 2 (vgl. E. 4.2.1). Entsprechende ärztliche Handlungen sind Teil der über den Zeittarif entschädigten Grundkonsultation des Tarmed und werden dem Arzt - wie alle nicht mit spezifischen Tarifpositionen erfassten Tätigkeiten - über die Grundvergütung nach aufgewendeter Zeit abgegolten (vgl. die Grundvergütung des Tarmed, Grundkonsultation [erste 5 Minuten]:"Begrüssung, Verabschiedung, nicht besonders tarifierte Besprechungen und Untersuchungen, nicht besonders tarifierte Verrichtungen [z.B.: bestimmte Injektionen, Verbände usw.], Begleitung zu und Übergabe [inkl. Anordnungen] an Hilfspersonal betreffend Administration, technische und kurative Leistungen, Medikamentenabgabe [in Notfallsituation u/o als Starterabgabe], auf Konsultation bezogene unmittelbar vorgängige/anschliessende Akteneinsicht/Akteneinträge", S. 23). Auch das Führen eines Dossiers ("Dossiercheck") wird dem Beschwerdeführer 1 bereits über die Grundvergütung des Tarmed entschädigt (vgl. oben Tarmed, Grundkonsultation, S. 23). Einen weiteren Antrieb sieht das Geschäftsmodell sodann vor, Neukunden für das Vertriebssystem zu gewinnen: Für das Weiterleiten von Daten, deren Erfassung durch den Tarmed bereits entschädigt ist (vgl. oben Tarmed, Grundkonsultation, S. 23), erhält der Arzt Fr. 40.-- pro neu gewonnenen Patienten, der die Medikamente inskünftig über die Beschwerdeführerin 2 bezieht. Soweit die Beschwerdeführerin 2 dem Beschwerdeführer 1 die der Vergütung zugrunde liegenden Tätigkeiten überträgt, gehören diese (wie im Rahmen der blossen Verschreibung und auch der direkten Medikamentenabgabe) ohnehin zu seinen eigenen Aufgaben als Arzt und werden ihm durch den Tarmed bereits vergütet. Soweit vorgebracht wird, die Interaktionskontrolle der Beschwerdeführerin 2 würde von dieser auch selbst durchgeführt, ist nicht einzusehen, weshalb sie für die von ihr selbst durchgeführte Tätigkeit den Beschwerdeführer 1 pro Rezeptzeile für die von ihr bezogenen Arzneimittel entschädigt (vgl. oben E. 4.2.2). 5.3.3. Der Ärztin oder dem Arzt fliessen demnach ohne ausgewiesenen Mehraufwand durch die - von der Beschwerdeführerin 2 kumulativ geleisteten - Abgeltungen weitere Vergütungen zu, wobei der dadurch erzielte finanzielle Vorteil in dem Sinne vom Umsatz abhängig ist, als er sich proportional zur Anzahl der in diesem System getätigten Bestellungen verhält (vgl. die in E. 5.2.3 umschriebene "Äquivalenz"; vgl. Eichenberger/Marti/Straub, a.a.O., S. 227; Saxer, in: Basler Kommentar HMG, a.a.O., N. 29 zu Art. 33). Unter dem Gesichtswinkel von Art. 33 HMG ist - wie Swissmedic korrekt darlegt - ein geldwerter Vorteil schon dann anzunehmen, wenn die betreffende (Gegen-) Leistung bereits anderweitig, etwa durch den Tarmed, vergütet wird (vgl. Amtsbericht Swissmedic, S. 1; vgl. Kieser/Poledna, Grenzen finanzieller Interessen von Medizinalpersonen. Einige Überlegungen mit Blick auf das Medizinalberufegesetz [MedBG], in: AJP 4/2008, S. 420 ff., 427 f.; vgl. auch Saxer, in: Basler Kommentar HMG, a.a.O., N. 34 zu Art. 33). Die sich aus dem Geschäftsmodell ergebende enge wirtschaftliche Beziehung zwischen Abgabe- bzw. Verschreibungsverhalten des Arztes und bezogener Vergütung ist geeignet, den Anreiz für eine therapiefremde Mengenausweitung zu schaffen (vgl. etwa die einzelne an einen kooperierenden Arzt versendete Abrechnung als Beilage der Stellungnahme der Beschwerdeführenden zum Amtsbericht mit dem Begleittext zuhanden des Arztes "Im ersten Quartal erhielten Sie eine Erfassungsentschädigung von [...]. Diese können Sie steigern, indem Sie weitere geeignete Patienten für die Zur Rose AG finden [...]"). Die ausgerichteten Entschädigungen werden sodann weder durch ausgewiesene zusätzliche Tätigkeiten des Arztes noch durch sonstige Aufwendungen zum Ausgleich gebracht (vgl. die Sachverhaltsfeststellungen; oben E. 5.3.1). Sie stellen einen geldwerten Vorteil dar, der nicht mit Art. 33 HMG vereinbar ist. 5.3.4. Zu prüfen ist schliesslich, ob es sich bei den Entschädigungen um geldwerte Vorteile von bescheidenem Wert mit Bezug zur "medizinischen und pharmazeutischen Praxis" oder um Rabatte im Sinne von Art. 33 Abs. 3 lit. a und b HMG handelt, die vom Vorteilsgebot nach Art. 33 Abs. 1 und 2 HMG ausgenommen wären. Da bei direkten Zahlungen an den Arzt indessen kein Bezug besteht zur "medizinischen oder pharmazeutischen Praxis", fallen die im Geschäftsmodell vorgesehenen Entschädigungen zum Vornherein nicht unter diese Ausnahme des bescheidenen Vorteils im Sinne von Art. 33 Abs. 3 lit. a HMG (vgl. oben E. 5.2.4; Saxer, a.a.O., N. 43 zu Art. 33 HMG). Auch ein Rabattsystem im Sinne von Art. 33 Abs. 3 lit. b HMG liegt nicht vor: Die Rechnung für den Arzneimittelbezug geht im Geschäftsmodell bei beiden Zustellungsvarianten direkt an die Patienten (allenfalls an deren Krankenkassen). Ein Rabatt für den Medikamentenbezug zugunsten des Arztes ist nicht vorgesehen. 5.3.5. Zusammenfassend ergibt sich, dass dem Beschwerdeführer 1 und anderen wie ihm praktizierenden Ärztinnen und Ärzten finanzielle Vorteile erwachsen, wenn sie im Vertriebssystem gemäss dem vorgesehenen Geschäftsmodell mit der Beschwerdeführerin 2 zusammenarbeiten. Der gewährte Vorteil steht Art. 33 HMG und demnach einer Bewilligungsfähigkeit des vorgeschlagenen Geschäftsmodells entgegen. 6. Die Beschwerdeführenden erheben punktuell weitere Rügen, die kaum genügend substanziiert werden und den Ausgang des Verfahrens nicht beeinflussen können: 6.1. In verfassungsrechtlicher Hinsicht machen die Beschwerdeführenden in erste Linie geltend, die Einschränkung ihres Geschäftsmodells sei mit dem Grundsatz der Wirtschaftsfreiheit nicht vereinbar (Art. 27 BV; Art. 94 Abs. 4 BV). Während Abweichungen vom Grundsatz der Wirtschaftsfreiheit in der Bundesverfassung vorgesehen (oder durch kantonale Regalrechte begründet) sein müssen (Art. 94 Abs. 4 BV), sind grundrechtskonforme Beschränkungen unter den für Grundrechtseingriffe allgemein geltenden Voraussetzungen des Art. 36 BV zulässig (<ref-ruling> E. 6.1 S. 384 f., E. 6.3 S. 387 und E. 8.3 S. 394; <ref-ruling> E. 4.2 S. 231; <ref-ruling> E. 4b/aa S. 435; je mit Hinweisen). Das Bewilligungserfordernis für die direkte Medikamentenabgabe und das Vorteilsverbot von Art. 33 HMG, welche durch die Gewährleistung der Medikamentensicherheit die öffentliche Gesundheit schützen sollen (vgl. Art. 1 Abs. 1 HMG), stellten keine grundsatzwidrigen Massnahmen dar. Entgegen ihrer Ansicht bestehen mit Art. 30 HMG und Art. 33 HMG spezialgesetzliche Grundlagen, um das den Beschwerdeführern zweifellos zustehende Recht auf Wirtschaftsfreiheit rechtmässig einzuschränken (vgl. Urteil 2C_53/2009 vom 23. September 2011 E. 5.2; <ref-ruling> E. 4 S. 439; <ref-ruling> E. 3 und 4 S. 181 ff.; <ref-ruling> E. 4 S. 188 ff.). 6.2. Die Beschwerdeführenden bringen vor, das Krankenversicherungsgesetz regle den Umgang mit Leistungen, die ein Leistungserbringer im Auftrag eines andern Leistungserbringers erbringt, sowie die dieser Leistung entsprechende Vergünstigung (Art. 56 Abs. 3 lit. a KVG) abschliessend (Art. 49 BV). Es wird von den Beschwerdeführenden nicht substanziiert und ist nicht ersichtlich, inwiefern das Verwaltungsgericht Art. 56 Abs. 3 lit. a KVG (in unrichtiger Weise) zur Anwendung gebracht haben soll. Art. 56 Abs. 3 KVG betrifft die Weiterleitungspflicht von Vergünstigungen. Die Bestimmung setzt voraus, dass diese Vergünstigungen nach Art. 33 HMG zulässig sind, was vorliegend nicht der Fall ist (oben E. 5.3). Eine Verletzung der herangezogenen Bestimmung durch das Verwaltungsgericht liegt nicht vor. 7. Das Geschäftsmodell ist demnach nicht mit den von den Beschwerdeführenden als verletzt gerügten Bestimmungen des Bundesrechts vereinbar. Es verstösst gegen die kantonale Bewilligungspflicht, sofern dem Arzt apothekerspezifische Funktionen übertragen werden; in jedem Fall jedoch gegen Art. 33 HMG, indem der Arzt für die von der Beschwerdeführerin 2 vergüteten Tätigkeiten ohnehin bereits durch den Tarmed entschädigt wird. Die Vorinstanz durfte das Feststellungsbegehren als unzulässig ablehnen, wobei die Begründung des Verwaltungsgerichts hinsichtlich der Gesetzesumgehung mit Blick auf den Konkurrenzschutz (§ 17 aGesG/ZH) im Sinne der Erwägungen zu Art. 33 HMG zu substituieren ist. Dies führt zur Abweisung der Beschwerde. Die Beschwerdeführenden werden kostenpflichtig (Art. 66 BGG). Es sind keine Parteientschädigungen geschuldet (Art. 68 Abs. 3 BGG). Mangels Parteistellung steht den privaten Beschwerdegegnern keine Parteientschädigung zu.
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 12'000.-- werden den Beschwerdeführenden unter solidarischer Haftbarkeit auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten, dem Verwaltungsgericht des Kantons Zürich, 3. Kammer, und Swissmedic schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 7. Juli 2014 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Zünd Die Gerichtsschreiberin: Hänni
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Das Bundesgericht stellt fest und zieht in Erwägung: Das Bundesgericht stellt fest und zieht in Erwägung: 1. Das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich schützte mit Urteil vom 27. Juli 2004 Entscheide der kantonalen Sozialversicherungsanstalt vom 3. September und 4. November 2003, mit denen für drei in Israel zur Ausbildung weilende, über 16 Jahre alte Kinder von X._ die Ausrichtung von Kinderzulagen verweigert worden war. X._ führt dagegen wegen Verletzung von <ref-law> (rechtliches Gehör) und <ref-law> (Rechtsgleichheit) staatsrechtliche Beschwerde. 1. Das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich schützte mit Urteil vom 27. Juli 2004 Entscheide der kantonalen Sozialversicherungsanstalt vom 3. September und 4. November 2003, mit denen für drei in Israel zur Ausbildung weilende, über 16 Jahre alte Kinder von X._ die Ausrichtung von Kinderzulagen verweigert worden war. X._ führt dagegen wegen Verletzung von <ref-law> (rechtliches Gehör) und <ref-law> (Rechtsgleichheit) staatsrechtliche Beschwerde. 2. Die Beschwerde erweist sich als offensichtlich unbegründet und ist im vereinfachten Verfahren nach Art. 36a OG (Verzicht auf Einholung von Vernehmlassungen und Akten, summarische Begründung) zu behandeln: 2.1 Nach § 5a Abs. 1 des zürcherischen Gesetzes über Kinderzulagen für Arbeitnehmer (KZG; Fassung vom 26. November 2001, in Kraft seit 1. Mai 2002) besteht für Kinder mit Wohnsitz im Ausland, sofern die Schweiz mit dem betreffenden Staat ein Sozialversicherungsabkommen abgeschlossen hat, Anspruch auf Kinderzulagen; dieser Anspruch endet in jedem Fall im Monat, in dem das Kind das 16. Altersjahr vollendet. Vorbehalten bleibt gemäss § 1a KZG (u.a.) das Abkommen vom 21. Juni 1999 zwischen der Schweizerischen Eidgenossenschaft einerseits und der Europäischen Gemeinschaft und ihren Mitgliedstaaten andererseits über die Freizügigkeit (FZA; 0.142.112.681). 2.2 Das Bundesgericht hat in einem kürzlich ergangenen Urteil, auf das sich das kantonale Sozialversicherungsgericht stützte und welches auch dem Beschwerdeführer bekannt ist, die genannte Gesetzesbestimmung als mit dem Rechtsgleichheitsgebot vereinbar und dementsprechend die Verweigerung von Kinderzulagen für über 16 Jahre alte Kinder, die in Israel einem Studium nachgehen, als verfassungskonform erachtet (Urteil 2P.290/2003 vom 12. Mai 2004). Es erblickte einen ausreichenden sachlichen Grund für die unterschiedliche Behandlung namentlich darin, dass das Vorliegen eines Ausbildungsverhältnisses bei Kindern im Ausland - insbesondere bei aussereuropäischen Staaten, auf welche der streitige Ausschluss nach Inkrafttreten des in § 1a KZG vorbehaltenen Freizügigkeitsabkommens hauptsächlich Anwendung finde - nur beschränkt einer Überprüfung zugänglich sei. Während bei Kindern unter 16 Jahren in der Regel ohne weitere Beweiserhebung davon ausgegangen werden könne, dass sie sich noch in Ausbildung befinden (Erfüllung der Schulpflicht), bedürfe die Frage, ob die Eltern für Kinder oberhalb dieser Altersgrenze infolge Absolvierung einer weiteren Ausbildung immer noch aufzukommen hätten, naturgemäss einer weitergehenden Prüfung. Es müsste in solchen Fällen auf Bescheinigungen ausländischer Stellen mit unterschiedlicher Aussagekraft und nicht selten auch zweifelhafter Zuverlässigkeit abgestellt werden. Um solchen praktischen Schwierigkeiten vorzubeugen und um nicht heikle Differenzierungen zwischen einzelnen Staaten vornehmen zu müssen, habe der zürcherische Gesetzgeber für im Ausland wohnende Kinder von über 16 Jahren - vorbehältlich der Sonderregelungen für den EG- und den EFTA-Raum - die Gewährung von Kinderzulagen zulässigerweise generell ausschliessen dürfen. 2.3 Der Beschwerdeführer akzeptiert an sich, dass der Gesetzgeber bezüglich des Anspruches auf Familienzulagen für Kinder in der Schweiz und solchen im Ausland eine Unterscheidung machen darf. Er erachtet es aber als unzulässig, zwischen Kindern in EG-Staaten und solchen in ausländischen Staaten ausserhalb der EU zu differenzieren. Eine israelische Ausbildungsbestätigung habe nicht weniger Aussagekraft und lasse sich nicht weniger leicht überprüfen als beispielsweise entsprechende Bestätigungen von polnischen oder lettischen Behörden. Die Unterscheidung zwischen "EU-Staaten und Nicht-EU-Staaten" wegen unterschiedlicher Aussagekraft der Ausbildungsbestätigungen verletze <ref-law>. 2.4 Der Beschwerdeführer übersieht, dass die Beschränkung des Geltungsbereiches der streitigen kantonalen Gesetzesbestimmung auf ausländische Staaten ausserhalb des EU- (und EFTA-)Raumes ihren Grund nicht in der unterschiedlichen Aussagekraft allfälliger Ausbildungsbestätigungen hat, sondern im Umstand, dass die Schweiz mit den EG- und EFTA-Staaten (auf Gegenseitigkeit beruhende) staatsvertragliche Verpflichtungen eingegangen ist, wonach Bürger der Vertragsstaaten u.a. auch bezüglich der Familienzulagen gleich behandelt werden müssen wie Schweizer Bürger, und zwar auch für Kinder im Ausland bzw. in den betreffenden Vertragsstaaten (vgl. Botschaft zur Genehmigung der sektoriellen Abkommen zwischen der Schweiz und der EG vom 23. Juni 1999, BBl 1999 6346 f.). Aus dem Gebot der Rechtsgleichheit lässt sich nicht ableiten, dass solche staatsvertraglich begründete Sonderstellungen auf andere Staaten bzw. auf Angehörige anderer Staaten bei entsprechenden objektiven Bedingungen ausgedehnt werden müssen. Der zürcherische Gesetzgeber durfte vielmehr zulässigerweise den Anspruch auf Zulagen für Kinder in ausländischen Staaten ausserhalb des EU- und EFTA-Raumes wegen der hier regelmässig gegebenen Beweisschwierigkeiten der in § 5a Abs. 1 KZG vorgesehenen Beschränkung unterwerfen, ohne dabei zwischen einzelnen Staaten nach Massgabe der mutmasslichen Zuverlässigkeit der einschlägigen Bestätigungen differenzieren zu müssen. Der Beschwerdeführer bringt nichts vor, was ein Zurückkommen auf die eingangs erwähnte Rechtsprechung rechtfertigen würde. Wenn das kantonale Sozialversicherungsgericht bei der geschilderten Rechtslage auf den Unterschied zwischen EG-Staaten und aussereuropäischen Staaten nicht weiter einging, kann ihm auch keine Verletzung des rechtlichen Gehörs bzw. der Begründungspflicht vorgeworfen werden. 2.5 Der Beschwerdeführer erblickt einen Verstoss gegen die Rechtsgleichheit ferner darin, dass das kantonale Sozialversicherungsgericht es vorliegend, im Gegensatz zu einem bestimmten anderen Fall, unterlassen habe, den Fall bezüglich seiner Tochter B._ zwecks genauerer Abklärung der Aufenthaltsdauer an die erste Instanz zurückzuweisen, da wegen der unter einem Jahr liegenden Dauer des Auslandsaufenthaltes ein Anspruch auf Kinderzulagen bestanden hätte. Der Beschwerdeführer tut in seiner Beschwerdeschrift nicht dar, dass er vor dem kantonalen Sozialversicherungsgericht einen dahingehenden Einwand bereits erhoben hätte bzw. inwiefern die beiden Fälle prozessual gleich gelagert waren, wie dies zur gehörigen Begründung seiner Rüge erforderlich wäre (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG). In diesem Punkt ist auf die staatsrechtliche Beschwerde nicht einzutreten. Der Beschwerdeführer tut in seiner Beschwerdeschrift nicht dar, dass er vor dem kantonalen Sozialversicherungsgericht einen dahingehenden Einwand bereits erhoben hätte bzw. inwiefern die beiden Fälle prozessual gleich gelagert waren, wie dies zur gehörigen Begründung seiner Rüge erforderlich wäre (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG). In diesem Punkt ist auf die staatsrechtliche Beschwerde nicht einzutreten. 3. Bei diesem Ausgang sind die Kosten des bundesgerichtlichen Verfahrens dem Beschwerdeführer aufzuerlegen (Art. 156 OG).
Demnach wird im Verfahren nach Art. 36a OG erkannt: Demnach wird im Verfahren nach Art. 36a OG erkannt: 1. Die staatsrechtliche Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 1. Die staatsrechtliche Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 1'500.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 1'500.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich, III. Kammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 15. September 2004 Im Namen der II. öffentlichrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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Considérant en fait et en droit: 1. Par ordonnance du 6 novembre 2008, le Juge d'instruction de l'arrondissement de Lausanne a condamné A._ pour menaces qualifiées à 45 jours-amende avec sursis pendant 4 ans. Il a renoncé à révoquer le sursis accordé à une précédente peine pécuniaire de 20 jours-amende infligée le 27 février 2007 par la Cour de cassation pénale du canton de Vaud, prononcé en lieu et place un avertissement et prolongé le délai d'épreuve de 18 mois. Le 16 novembre 2008, A._ a fait opposition à cette décision. Le 18 décembre 2008, il a été cité à comparaître devant le Tribunal de police de l'arrondissement de Lausanne en date du 6 avril 2009. Le 5 mars 2009, il a requis la récusation du président de cette juridiction, B._, au motif que ce magistrat avait déjà rendu un jugement de condamnation contre lui le 10 janvier 2007. Son conseil a été informé par téléphone du fait que la demande serait examinée à l'audience du 6 avril 2009. A._ a renouvelé sa requête de récusation à cette occasion en accusant le président du tribunal de complicité d'association de malfaiteurs, de contrainte et de participation à une organisation criminelle. Le magistrat a transmis la demande au Tribunal cantonal du canton de Vaud qui l'a écartée au terme d'un arrêt rendu le 17 avril 2009. Agissant par la voie du recours en matière pénale et subsidiairement par celle du recours constitutionnel, A._ demande au Tribunal fédéral d'annuler cet arrêt, de le rétablir dans ses droits et de procéder à une enquête interne et aux poursuites administratives et pénales à l'encontre du Tribunal d'arrondissement de Lausanne, de son président, B._, de la Cour administrative du Tribunal cantonal et de tout complice. Il requiert l'assistance judiciaire. Le Tribunal cantonal se réfère aux considérants de son arrêt. Le Président du Tribunal d'arrondissement de Lausanne a renoncé à déposer des observations. 2. Le Tribunal cantonal a écarté la requête du recourant tendant à la récusation du Président du Tribunal d'arrondissement de Lausanne parce qu'elle ne remplissait pas les exigences légales en matière de motivation posées à l'art. 35 du Code de procédure pénale du canton de Vaud et qu'elle était dénuée de tout fondement. La décision attaquée repose ainsi sur une double motivation qu'il appartenait au recourant de contester conformément aux exigences des art. 42 al. 2 et 106 al. 2 LTF, à peine d'irrecevabilité (<ref-ruling> consid. 6.3 p. 120/121). Or, le recourant se borne à prétendre avoir fourni des preuves suffisantes de l'existence de l'organisation criminelle dans laquelle le juge intimé serait impliqué et des violations de diverses dispositions du droit pénal suisse, de la Constitution fédérale et de la Convention européenne des droits de l'homme, dont celui-ci se serait rendu l'auteur. Il ne cherche en revanche pas à démontrer que sa requête était motivée conformément aux exigences légales en la matière. Le recours est donc clairement irrecevable. Au demeurant, l'argumentation développée par le recourant dans ses écritures ne suffit manifestement pas à démontrer les graves accusations portées à l'encontre du Président du Tribunal d'arrondissement de Lausanne et, partant, à mettre en doute l'impartialité de ce magistrat. 3. La cause d'irrecevabilité étant manifeste, le présent arrêt sera rendu selon la procédure simplifiée de l'<ref-law>. Les conclusions du recours étant d'emblée vouées à l'échec, la demande d'assistance judiciaire présentée par le recourant doit être rejetée (<ref-law>). Ce dernier prendra en charge les frais judiciaires (art. 65 et 66 al. 1 LTF).
Par ces motifs, le Président prononce: 1. Le recours est irrecevable. 2. La demande d'assistance judiciaire est rejetée. 3. Les frais judiciaires, arrêtés à 500 fr., sont mis à la charge du recourant. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Cour administrative du Tribunal cantonal du canton de Vaud. Lausanne, le 15 juin 2009 Au nom de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président: Le Greffier: Féraud Parmelin
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In Erwägung, dass das Bezirksgericht Horgen den Beschwerdeführern mit Verfügung vom 15. Oktober 2010 befahl, das Einfamilienhaus mit Doppelgarage und Schwimmbad an der Y._strasse in Z._ bis spätestens 30. Oktober 2010 zu räumen und der Beschwerdegegnerin ordnungsgemäss zu übergeben; dass die durch einen Anwalt vertretenen Beschwerdeführer diese Verfügung mit Rekurs vom 29. Oktober 2010 anfochten; dass die II. Zivilkammer des Obergerichts des Kantons Zürich mit Beschluss vom 25. November 2010 auf den Rekurs nicht eintrat und den Beschwerdeführern eine Frist von zehn Tagen ansetzte, um zu erklären, ob sie ihre Eingabe vom 29. Oktober 2010 als Nichtigkeitsbeschwerde behandelt haben wollten; dass in der Entscheidbegründung festgehalten wurde, dass von einem Rechtsmittelstreitwert von weniger als Fr. 8'000.-- auszugehen sei, weshalb gemäss der kantonalen Prozessordnung der Rekurs nicht zulässig sei, sondern - wie in der Rechtsmittelbelehrung der Verfügung vom 15. Oktober 2010 angegeben - einzig Nichtigkeitsbeschwerde erhoben werden könne; dass die II. Zivilkammer des Obergerichts mit Beschluss vom 14. Dezember 2010 unter Hinweis auf die Erklärung der Beschwerdeführer, die Eingabe vom 29. Oktober 2010 sei als Nichtigkeitsbeschwerde zu behandeln, diese Eingabe zusammen mit den weiteren Akten der III. Zivilkammer des Obergerichts zur Behandlung als Nichtigkeitsbeschwerde übermittelte; dass die Beschwerdegegnerin in diesem Verfahren eine Beschwerdeantwort vom 2. März 2011 einreichte, in der sie insbesondere darauf hinwies, dass die Beschwerdeführer am 11. Januar 2011 aus dem Haus ausgezogen seien und deshalb kein rechtlich schützenswertes Interesse an der Beschwerde bestehe; dass die Beschwerdeantwort den Beschwerdeführern am 4. März 2011 zur Kenntnisnahme zugestellt wurde; dass die III. Zivilkammer des Obergerichts mit Erledigungsbeschluss vom 10. Juni 2011 das Kassationsverfahren infolge Gegenstandslosigkeit als erledigt abschrieb, die Gerichtskosten den Beschwerdeführern auferlegte und diese zur Zahlung einer Prozessentschädigung an die Beschwerdegegnerin verpflichtete; dass die Beschwerdeführer diesen Beschluss mit Rechtsschrift vom 12. August 2011 mit Beschwerde beim Bundesgericht anfochten; dass offen bleiben kann, ob sich im vorliegenden Fall eine Rechtsfrage von grundsätzlicher Bedeutung im Sinne von <ref-law> stellt, wie die Beschwerdeführer behaupten, da alle mit der Beschwerdeschrift erhobenen Rügen auch im Rahmen einer subsidiären Verfassungsbeschwerde behandelt werden können; dass entgegen der Behauptung der Beschwerdeführer im angefochtenen Entscheid begründet wird, warum die Nichtigkeitsbeschwerde als gegenstandslos abzuschreiben war, weshalb keine Verletzung der Begründungspflicht vorliegt; dass dem Obergericht in diesem Zusammenhang auch keine Verletzung des rechtlichen Gehörs vorgeworfen werden kann, da es einerseits um Rechtsanwendung ging und andererseits die damals noch von einem Anwalt vertretenen Beschwerdeführer Gelegenheit gehabt hätten, sich nach Erhalt der Beschwerdeantwort am 4. März 2011 dazu zu äussern; dass sodann auch die Rüge der Verletzung des rechtlichen Gehörs im Zusammenhang mit der Frage des Streitwertes offensichtlich unbegründet ist und zudem mutwillig erhoben wurde, da die Beschwerdeführer die Berechnung im Beschluss vom 25. November 2010 akzeptiert haben, indem sie diesen Beschluss nicht mit einem Rechtsmittel anfochten, sondern gegenüber dem Obergericht erklärten, die Eingabe vom 29. Oktober 2010 sei als Nichtigkeitsbeschwerde zu behandeln; dass im Übrigen auf die zutreffenden Erwägungen im angefochtenen Entscheid verwiesen werden kann; dass aus diesen Gründen die Beschwerde im Verfahren nach <ref-law> abzuweisen ist; dass die Gerichtskosten den Beschwerdeführern aufzuerlegen sind (<ref-law>);
erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.-- werden den Beschwerdeführern auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Zürich, III. Zivilkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 9. November 2011 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Klett Der Gerichtsschreiber: Huguenin
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2,007
it
Fatti: Fatti: A. Con messaggio del 17 maggio 2005 (n. 5652), il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha sottoposto al Gran Consiglio il progetto di decreto legislativo concernente l'autorizzazione all'Azienda elettrica ticinese (AET) a garantire un impegno finanziario fino a concorrenza di 35 milioni di franchi per l'acquisto di un terzo della quota azionaria della Metanord SA per la realizzazione di un metanodotto nel Sopraceneri, affinché potesse approvarlo conformemente a quanto previsto dall'art. 5 cpv. 4 della legge istituente l'AET, del 25 giugno 1958 (LAET). La proposta è stata accolta dal Parlamento cantonale, che ha aderito al rapporto di maggioranza 7 febbraio 2006 della Commissione speciale energia. Il relativo decreto legislativo, adottato il 21 febbraio 2006, è stato pubblicato nel Foglio ufficiale del Cantone Ticino n. 17/2006 del 28 febbraio 2006 (pag. 1332 seg.). Il decreto, munito della clausola referendaria (art. 3), è stato oggetto di una domanda di referendum che, nel termine di scadenza di 45 giorni, ha ottenuto l'adesione di 7'684 firme valide. A. Con messaggio del 17 maggio 2005 (n. 5652), il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha sottoposto al Gran Consiglio il progetto di decreto legislativo concernente l'autorizzazione all'Azienda elettrica ticinese (AET) a garantire un impegno finanziario fino a concorrenza di 35 milioni di franchi per l'acquisto di un terzo della quota azionaria della Metanord SA per la realizzazione di un metanodotto nel Sopraceneri, affinché potesse approvarlo conformemente a quanto previsto dall'art. 5 cpv. 4 della legge istituente l'AET, del 25 giugno 1958 (LAET). La proposta è stata accolta dal Parlamento cantonale, che ha aderito al rapporto di maggioranza 7 febbraio 2006 della Commissione speciale energia. Il relativo decreto legislativo, adottato il 21 febbraio 2006, è stato pubblicato nel Foglio ufficiale del Cantone Ticino n. 17/2006 del 28 febbraio 2006 (pag. 1332 seg.). Il decreto, munito della clausola referendaria (art. 3), è stato oggetto di una domanda di referendum che, nel termine di scadenza di 45 giorni, ha ottenuto l'adesione di 7'684 firme valide. B. Durante il periodo di raccolta delle firme è emerso un problema giuridico e istituzionale, rilevato che il citato decreto non avrebbe dovuto essere munito della clausola referendaria. Nel messaggio del 3 maggio 2006 (n. 5781) il Consiglio di Stato ha espressamente ammesso l'errore: sebbene lo sbaglio sia stato accertato allorquando la raccolta delle firme era praticamente ultimata, il Governo ha ritenuto che il principio della buona fede non poteva prevalere sulla normativa applicabile che, in presenza di un atto non referendabile, non riconosce al popolo un diritto di referendum. Il 18 ottobre 2006 il Gran Consiglio ha quindi adottato un nuovo decreto legislativo, pubblicato nel Bollettino ufficiale n. 48/2006 del 24 ottobre 2006 (pag. 453 seg.): ribadito l'acquisto da parte dell'AET di 1/3 della quota azionaria della Metanord SA e autorizzato il relativo impegno finanziario, il nuovo art. 3, per sanare l'errore, abroga il decreto legislativo del 21 febbraio 2006 e comporta pertanto lo stralcio della menzionata clausola referendaria. B. Durante il periodo di raccolta delle firme è emerso un problema giuridico e istituzionale, rilevato che il citato decreto non avrebbe dovuto essere munito della clausola referendaria. Nel messaggio del 3 maggio 2006 (n. 5781) il Consiglio di Stato ha espressamente ammesso l'errore: sebbene lo sbaglio sia stato accertato allorquando la raccolta delle firme era praticamente ultimata, il Governo ha ritenuto che il principio della buona fede non poteva prevalere sulla normativa applicabile che, in presenza di un atto non referendabile, non riconosce al popolo un diritto di referendum. Il 18 ottobre 2006 il Gran Consiglio ha quindi adottato un nuovo decreto legislativo, pubblicato nel Bollettino ufficiale n. 48/2006 del 24 ottobre 2006 (pag. 453 seg.): ribadito l'acquisto da parte dell'AET di 1/3 della quota azionaria della Metanord SA e autorizzato il relativo impegno finanziario, il nuovo art. 3, per sanare l'errore, abroga il decreto legislativo del 21 febbraio 2006 e comporta pertanto lo stralcio della menzionata clausola referendaria. C. Avverso il decreto legislativo del 18 ottobre 2006 Emanuele Bertoli e Ilario Lodi presentano un ricorso di diritto pubblico ai sensi dell'art. 85 lett. a OG al Tribunale federale, chiedendo di annullarlo. Non sono state chieste osservazioni al gravame. Il Tribunale federale ha invitato il Gran Consiglio a produrre l'incarto cantonale.
Diritto: Diritto: 1. 1.1 Il 1° gennaio 2007 è entrata in vigore la legge sul Tribunale federale del 17 giugno 2005 (LTF, RS 173.110), che abroga la legge federale del 16 dicembre 1943 sull'organizzazione giudiziaria (OG). Nelle disposizioni transitorie, l'art. 132 cpv. 1 LTF prevede che la novella legislativa si applica ai procedimenti promossi dinanzi a questo Tribunale dopo la sua entrata in vigore e, con particolare riferimento ai procedimenti su ricorso, soltanto se la decisione impugnata è stata pronunciata dopo questa data: alla fattispecie rimane pertanto applicabile l'OG. 1.2 Il Tribunale federale esamina d'ufficio l'ammissibilità dei ricorsi che gli vengono sottoposti, senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (<ref-ruling> consid. 1.1). 1.3 I ricorrenti hanno presentato un ricorso per violazione del diritto di voto dei cittadini, il quale è garantito dall'art. 85 lett. a OG. La questione della sussistenza o no del referendum facoltativo può essere oggetto di un siffatto gravame (<ref-ruling> consid. 1a, 118 Ia 184 consid. 1a): il quesito di sapere se l'approvazione parlamentare circa il citato impegno finanziario dell'AET debba o meno soggiacere al referendum facoltativo è questione di merito e non di ammissibilità (<ref-ruling> consid. 1b). Nel caso di unanimità, le decisioni concernenti ricorsi di diritto pubblico diretti contro decreti cantonali sottoposti a referendum possono essere prese per circolazione, nella composizione di sette giudici (<ref-ruling> consid. 1). 1.4 La legittimazione dei ricorrenti, cittadini attivi nel Cantone Ticino, è pacifica, anche se dalla decisione impugnata non subiscono alcun pregiudizio personale (<ref-ruling> consid. 1.1, 128 I 190 consid. 1.1). Il diritto ticinese non istituisce vie di ricorso contro una decisione come quella qui impugnata. Il corso delle istanze cantonali è pertanto stato esaurito (art. 86 OG) e il ricorso è tempestivo (art. 89 cpv. 1 OG). 1.5 Nel campo d'applicazione dell'art. 85 lett. a OG il Tribunale federale esamina con piena cognizione non solo le norme del diritto federale e della Costituzione cantonale, ma anche quelle del diritto cantonale di rango inferiore in quanto determinino il contenuto del diritto di voto o di iniziativa oppure vi siano strettamente connesse. Vengono esaminate unicamente sotto il profilo dell'arbitrio le altre norme del diritto cantonale e le questioni di fatto (<ref-ruling> consid. 3.2, 129 I 185 consid. 2). In caso di interpretazione manifestamente dubbia o di fronte a due interpretazioni ugualmente sostenibili, il Tribunale federale si attiene al parere espresso dall'istanza cantonale superiore (<ref-ruling> consid. 3.2, 126 consid. 4, 121 I 357 consid. 3, 115 Ia 148 consid. 2 e rinvii). 1.5 Nel campo d'applicazione dell'art. 85 lett. a OG il Tribunale federale esamina con piena cognizione non solo le norme del diritto federale e della Costituzione cantonale, ma anche quelle del diritto cantonale di rango inferiore in quanto determinino il contenuto del diritto di voto o di iniziativa oppure vi siano strettamente connesse. Vengono esaminate unicamente sotto il profilo dell'arbitrio le altre norme del diritto cantonale e le questioni di fatto (<ref-ruling> consid. 3.2, 129 I 185 consid. 2). In caso di interpretazione manifestamente dubbia o di fronte a due interpretazioni ugualmente sostenibili, il Tribunale federale si attiene al parere espresso dall'istanza cantonale superiore (<ref-ruling> consid. 3.2, 126 consid. 4, 121 I 357 consid. 3, 115 Ia 148 consid. 2 e rinvii). 2. 2.1 I ricorrenti rilevano che il decreto legislativo del 21 febbraio 2006, contenente al suo art. 3 la clausola referendaria, è stato oggetto di una domanda di referendum che ha ottenuto l'adesione di 7'684 firme valide e che ha quindi superato, nel termine previsto allo scopo, le settemila firme necessarie. Essi fanno valere che l'abrogazione del citato decreto, e quindi lo stralcio della menzionata clausola mediante il decreto impugnato, avrebbe per obiettivo di sottrarre al voto popolare la contestata partecipazione azionaria e il relativo impegno finanziario. Essi riconoscono, a ragione, che l'impugnato decreto legislativo non è un atto normativo di carattere obbligatorio generale ai sensi dell'art. 42 lett. a Cost./TI né un atto di adesione a una convenzione di diritto pubblico di carattere legislativo secondo la lett. c della citata norma costituzionale. Contestano nondimeno che non si sarebbe in presenza di un atto previsto dalla lett. b di detta disposizione. 2.1.1 I ricorrenti adducono, in maniera chiara e concisa, che con l'adozione della LAET il Cantone ha creato un ente di diritto pubblico con un proprio patrimonio, i cui impegni sono garantiti dallo Stato (art. 1). Espongono che detta legge prevedeva originariamente una riserva a favore del Gran Consiglio sulle decisioni inerenti i prestiti stipulati dall'AET per un importo eccedente un milione di franchi e sostengono che con la modifica dell'8 febbraio 1994, intervenuta contemporaneamente all'adozione della legge cantonale sull'energia, è stato rivisto l'art. 5, il cui nuovo capoverso 4 ha abbassato il limite di competenza riservato al Parlamento. A loro giudizio, questa scelta, che sottrarrebbe alla libera amministrazione da parte degli organi dell'AET le decisioni sugli impegni che per loro natura potrebbero comportare un'influenza sulle finanze del Cantone, sarebbe molto significativa. Al loro dire, il Gran Consiglio, con l'adozione della LAET, non avrebbe delegato agli organi del nuovo ente pubblico un diritto illimitato di adempiere ai compiti dell'azienda impegnando il patrimonio ad essa attribuito, ma si sarebbe riservato l'ultima parola riguardo agli impegni aziendali straordinari per la loro portata finanziaria. Secondo la tesi ricorsuale, se prima dell'adozione della LAET gli impegni assunti dal Cantone nel settore oggi delegato all'azienda erano finanziati dalle casse cantonali e potevano pertanto essere oggetto di referendum, non vi sarebbe ragione di credere che, dopo l'adozione della citata legge e della riserva di cui al suo art. 5 cpv. 4, il diritto di sottoporre questi specifici oggetti a referendum sarebbe semplicemente scomparso. 2.1.2 A sostegno della loro tesi i ricorrenti accennano alla dottrina, adducendo che, vista la citata riserva di cui all'art. 5 cpv. 4 LAET, per ragioni di prudenza finanziaria la competenza decisionale sull'impegno aziendale in discussione spetterebbe al Gran Consiglio. Essi ne deducono semplicemente che, in siffatte condizioni, sarebbe difficile sostenere che la decisione del Gran Consiglio, presa in applicazione di questa riserva, non costituirebbe un atto referendabile ai sensi dell'art. 42 lett. b Cost./TI. Concludono che, per dette ragioni, la criticata interpretazione governativa e parlamentare sarebbe priva di base legale sufficiente, non scevra da formalismo eccessivo ed errata. 2.2 Secondo l'art. 34 cpv. 1 Cost. i diritti politici sono garantiti. Questa garanzia generale e astratta non definisce essa medesima il contenuto e la portata dei diritti politici, ma rinvia alle regolamentazioni federali e cantonali. Spetta quindi ai Cantoni definire i titolari, la portata e le modalità dell'esercizio dei diritti politici, sotto riserva delle esigenze democratiche poste dall'art. 51 cpv. 1 Cost. Per il resto, i Cantoni determinano in proprio le competenze del loro corpo elettorale e a tale scopo dispongono di un'autonomia pressoché completa: essi possono quindi decidere quali atti saranno o no soggetti al referendum, facoltativo o obbligatorio (sul referendum, che si analizza in primo luogo come un diritto di veto, cfr. in generale <ref-ruling> consid. 6). 2.3 Il referendum finanziario è un istituto del diritto costituzionale cantonale. La sua portata e la sua elaborazione sono quindi determinate, in primo luogo, dalla Costituzione cantonale: qualora essa non contenga alcuna regolamentazione vi può provvedere il legislatore cantonale. La legislazione e la prassi devono però attuare tale diritto, garantito a livello costituzionale, in maniera ragionevole, ossia rispettandone i principi essenziali, tenendo in considerazione la sua funzione politica e non svuotandolo della sua essenza (<ref-ruling> consid. 2c, 112 Ia 50 consid. 4b). Il Cantone Ticino prevede il referendum finanziario all'art. 42 Cost./TI. Sottostanno al referendum facoltativo, e quindi al voto popolare se richiesto nei quarantacinque giorni dalla pubblicazione nel Foglio ufficiale da almeno settemila cittadini, le leggi e i decreti legislativi di carattere obbligatorio generale (lett. a), gli atti che comportano una spesa unica superiore a fr. 1'000'000.-- o una spesa annua superiore a fr. 250'000.-- per almeno quattro anni (lett. b) e, infine, gli atti di adesione a una convenzione di diritto pubblico di carattere legislativo (lett. c). Questa disciplina è ripresa nella legge ticinese sull'esercizio dei diritti politici del 7 ottobre 1998 (LEDP; art. 141 e segg., in particolare art. 142). 2.4 Il Consiglio di Stato, nel messaggio del 3 maggio 2006, ha rilevato che, alla luce delle norme che disciplinano il referendum facoltativo in Ticino, il decreto legislativo del 21 febbraio 2006 non doveva essere munito della clausola referendaria, ritenuto ch'esso manifestamente né ha carattere obbligatorio generale ai sensi degli art. 42 lett. a Cost/TI e 142 cpv. 1 lett. a LEDP, ma riguarda un singolo caso concreto, né ha natura finanziaria ai sensi dell'art. 42 lett. b Cost./TI e 142 cpv. 1 lett. b LEDP. Il Governo ha poi rilevato che l'art. 2 del decreto legislativo in discussione autorizza l'AET a garantire, per la copertura della sua quota parte di capitale azionario, un impegno finanziario fino a concorrenza di 35 milioni di franchi, per cui detta norma non comporta nessuna spesa a carico del Cantone, visto che l'impegno finanziario verrà assunto dall'AET, quale ente autonomo del diritto pubblico, tramite il proprio patrimonio: l'impugnato decreto non prevede pertanto nessuna iscrizione di questo impegno nei conti dello Stato. Riguardo all'approvazione prevista dall'art. 5 cpv. 4 LAET, il Consiglio di Stato ha ritenuto ch'essa non può fondare un diritto di referendum nei confronti di un atto di competenza del Parlamento che non è referendabile. L'Esecutivo cantonale, riconosciuto espressamente l'errore, ha escluso due altre possibili soluzioni: da una parte, quella di sottoporre a votazione popolare il decreto legislativo del 21 febbraio 2006 sapendo che non costituisce un atto referendabile e, dall'altra, quella di rinunciare semplicemente alla chiamata dei cittadini alle urne comunicando ai promotori che la loro domanda non è conforme alla legge e non può pertanto essere sottoposta al voto popolare. Ha quindi concluso per l'abrogazione del precedente decreto. Il Governo ha ritenuto che il principio della buona fede non può prevalere sulle citate norme, che non riconoscono al popolo un diritto di referendum. 2.5 Il Tribunale federale ha avuto occasione di pronunciarsi sul referendum facoltativo previsto dal diritto ticinese nella sentenza 1P.77/1998 del 26 novembre 1998, concernente la nota concessione alla Thermoselect SA (consid. 8 con rinvii anche alla dottrina, apparsa in RDAT I-1999 n. 11). Ha ricordato che la spesa soggetta a referendum non può essere definita se non in funzione dello scopo di questo istituto, che è quello di offrire ai cittadini la possibilità di determinare il loro onere fiscale, rispettivamente di frenare le spese statali (<ref-ruling> consid. 4a pag. 92, 123 I 78 consid. 2b, 112 Ia 221 consid. 2a). Si deve allora intendere per spesa una diminuzione del patrimonio finanziario dello Stato; l'atto che la sancisce fonda a favore di terzi un diritto a prestazioni finanziarie o costringe lo Stato a fornirle, rispettivamente ad assumere obblighi di pagamento condizionali (<ref-ruling> consid. 2b). Un atto non viene invece considerato come comportante una spesa, quando si sa che avrà conseguenze finanziarie, ma si ignora ancora se sarà lo Stato a doverle sopportare: dovesse realizzarsi questo caso, occorrerà a quel momento, qualora fossero raggiunti i limiti di spesa per lanciarlo, votare un credito suscettibile di referendum (<ref-ruling> consid. 2c e d pag. 587). In effetti, non è dato il referendum finanziario contro un decreto cantonale che non implichi direttamente spese a carico dello Stato (<ref-ruling> consid. 2d). Ciò che importa, perché un referendum di questa natura possa essere esercitato contro un atto statale, è che il patrimonio finanziario della collettività ne risulti diminuito e questo attraverso una spesa nuova e non vincolata (<ref-ruling> consid. 2a). È stato altresì ricordato che la circostanza che possa essere un'azienda privata a svolgere un compito pubblico non esclude il referendum finanziario, quando lo Stato si assuma oneri che raggiungano o superino i limiti previsti per esercitarlo (cfr. Klaus A. Vallender, Das Finanzreferendum im Lichte der Bundesgerichtspraxis, in: Aktuelle Probleme des Staats- und Verwaltungsrechts, Festschrift für Otto K. Kaufmann, Berna e Stoccarda 1989, pag. 185 e segg., in particolare pag. 189; Paul Richli, Finanzreferendum bei Erledigung staatlicher Aufgaben durch privatrechtliche Träger, in ZBl 88/1989, pag. 145 e segg., in particolare pag. 155). 2.6 I ricorrenti ammettono, a ragione, che il decreto impugnato non è un atto normativo di carattere obbligatorio generale né un atto di adesione a una convenzione. Riconoscono pure, rettamente, che in concreto lo Stato, conformemente alla giurisprudenza appena citata, non è direttamente chiamato ad assumere spese. In effetti, dal criticato decreto legislativo, non risultano spese dirette a carico dello Stato. Certo, lo Stato garantisce gli impegni dell'AET, ma un'eventuale assunzione di spese da parte sua non è oggi definita né definibile (vedi <ref-ruling> consid. 2d pag. 587). Del resto, i ricorrenti neppure sostengono che l'AET, con un fatturato aziendale annuo che supera i 300 milioni di franchi, non disporrebbe di sufficienti riserve per poter far fronte a eventuali perdite parziali o totali, legate alla quota azionaria in discussione, senza intaccare le finanze dello Stato. Non si è comunque in presenza di una spesa già determinata, corrispondente a una reale diminuzione del patrimonio dello Stato. Ai fini del referendum finanziario, perché vi sia una spesa propriamente detta, occorre in linea di principio che il Cantone sborsi effettivamente un importo che sarà riportato nei conti annuali dello Stato. Nella fattispecie in nessun caso si tratta di uscite determinate; né sono determinabili ora, essendo esse comunque ipotetiche poiché dipendenti da condizioni in questo momento non definite. Anche se le decisioni prese da enti pubblici autonomi possono incidere - indirettamente - sulle finanze cantonali e il Cantone è sussidiariamente responsabile dei loro obblighi, ed è quindi interessato dai loro indebitamenti, le loro attività sfuggono al controllo popolare (Etienne Grisel, Initiative et référendum populaires, 3a ed., Berna 2004, pag. 368 seg., n. 983/984; Yvo Hangartner/Andreas Kley, Die demokratischen Rechte in Bund und Kantonen der Schweizerischen Eidgenossenschaft, Zurigo 2000, n. 1850 pag. 737). Ne segue che, in assenza di spese a carico dello Stato, l'approvazione parlamentare in discussione non costituisce un atto referendabile. 2.7 Certo, i ricorrenti adducono, in maniera invero generica, che in concreto, vista l'importante riserva di competenza di cui all'art. 5 cpv. 4 LAET, non sarebbe adempiuta l'ulteriore condizione asseritamente richiesta dalla dottrina appena citata, segnatamente che le decisioni incombino agli organi della società e non a quelli del Cantone. La critica, imprecisa, non regge. Il passaggio dottrinale cui essi accennano (Grisel, op. cit., n. 984) ha infatti un'altra portata e nella fattispecie le decisioni incombono comunque chiaramente all'AET e non agli organi dello Stato, ritenuto che al Parlamento spetta soltanto la competenza di approvare o meno determinate decisioni prese dall'azienda. 2.8 I ricorrenti accennano infine anche a una violazione del principio della legalità, poiché le norme costituzionali sul referendum non sarebbero state applicate correttamente, nonché del principio della separazione dei poteri, poiché il Gran Consiglio si sarebbe arrogato il potere di inficiare un referendum popolare regolarmente riuscito. Questi accenni non reggono: ritenuto che il criticato decreto non è suscettibile di referendum, non può essere leso il relativo diritto popolare. In siffatte condizioni, ricordato che i due invocati principi costituiscono diritti costituzionali, che di massima devono essere esaminati nel quadro di un ricorso ai sensi dell'art. 84 cpv. 1 lett. a OG, nemmeno occorre esaminare oltre il quesito della legittimazione o no dei ricorrenti giusta l'art. 88 OG ad addurre dette censure (<ref-ruling> consid. 1.1 pag. 295 e rinvii, 128 I 327 consid. 2 e 2.1; vedi inoltre <ref-ruling> consid. 2.2). I ricorrenti disconoscono, d'altra parte, che non è stato disatteso il diritto di referendum previsto dalla Costituzione o da una legge speciale, bensì che il popolo, rettamente, non è stato chiamato alle urne perché il contestato decreto non sottostava al referendum facoltativo: che per un increscioso errore espressamente ammesso dal Governo e dal Parlamento si sia proceduto, in buona fede, alla raccolta delle firme, non implica ancora l'istituzione o la sussistenza di un inesistente diritto di referendum (sul principio della buona fede vedi <ref-ruling> consid. 8 pag. 60, 129 I 161 consid. 4.1, 128 II 112 consid. 10b/aa, 127 I 31 consid. 3a). Neppure, per gli stessi motivi, si è di fronte a un abuso di diritto, divieto applicabile anche in materia di diritti politici (<ref-ruling> consid. 7 pag. 204, 123 I 63 consid. 4d pag. 73, 113 Ia 156 consid. 3 in fine). Del resto, si può rilevare a titolo comparativo, che neppure la tutela della buona fede derivante da un'omessa o errata indicazione di un rimedio di diritto potrebbe comportare l'istituzione di un ricorso non previsto dalle pertinenti disposizioni procedurali (cfr. <ref-ruling> consid. 1d pag. 300), ma se del caso soltanto la facoltà di doverlo esaminare sebbene introdotto tardivamente (cfr. <ref-ruling> consid. 4, 127 II 198 consid. 2c, 125 I 313 consid. 5, 124 I 255 consid. 1a/aa). 3. A titolo abbondanziale si può rilevare che anche dai dibattiti parlamentari, di cui un ricorrente quale granconsigliere ha conoscenza, si evince la fondatezza dell'impugnato decreto. 3.1 Il Consulente giuridico del Consiglio di Stato, nel suo esposto del 16 maggio 2006, rileva che alcuni Cantoni conoscono il referendum facoltativo straordinario: in quei casi, il Gran Consiglio decide di assoggettare a referendum un atto di sua competenza, che di per sé non sarebbe referendabile secondo le norme del diritto cantonale, sia con una specifica disposizione di legge, che lo istituisce nella materia che detta legge è chiamata a disciplinare, sia con una decisione puntuale nel caso concreto. Ha aggiunto che, secondo la dottrina, la possibilità di assoggettare un atto di per sé non referendabile può nondimeno sussistere per scelta e decisione esplicita del Gran Consiglio, anche se il diritto cantonale non lo prevede (cosiddetto referendum facoltativo straordinario, poiché istituito di volta in volta dal parlamento sulla base di mera opportunità politica; su questo tema vedi Grisel, op. cit., pag. 337 n. 889; cfr. anche Giuseppe Lepori, Diritto costituzionale ticinese, pag. 516 n. 2 e il parere di Sandro Crespi, Decreto legislativo di obbligatorietà generale, art. 60 cpv. 1 della Costituzione cantonale, in RDAT 1980 pag. 15 e segg., pag. 21). In tal caso è tuttavia necessario che il costituente o il legislatore cantonale si siano chiaramente espressi a favore di questa ulteriore facoltà, volta a introdurre la clausola referendaria in atti che di per sé non sarebbero sottoposti al referendum. Egli ha poi ricordato che nel Cantone Ticino anche dall'art. 78 della legge sul Gran Consiglio e sui rapporti con il Consiglio di Stato del 17 dicembre 2002, che disciplina l'adozione di atti nella forma del decreto legislativo, risulta che sono soggetti a referendum, e pertanto muniti della relativa clausola, soltanto gli atti legislativi di durata determinata, contenenti norme di carattere generale e astratto, gli atti di portata generale o d'importanza finanziaria secondo l'art. 42 Cost./TI, che non contengono norme di diritto, e, infine, gli atti di approvazione delle convenzioni di diritto legislativo e di quelle che comportano una spesa soggetta a referendum (cpv. 1 lett. a, b e d e cpv. 2). Egli ne ha concluso che dalla normativa cantonale, che definisce la portata e l'estensione del referendum facoltativo, non può essere dedotta una facoltà del Gran Consiglio di istituire in un caso specifico un diritto di referendum per mere ragioni di opportunità politica. 3.2 Queste considerazioni sono corrette. Lo sono a maggior ragione se si tiene conto che in concreto il decreto legislativo in discussione è stato munito della clausola referendaria non sulla base di una scelta esplicita e deliberata del Parlamento, che in seguito ha ribadito di non voler istituire un referendum nel caso di specie, bensì soltanto a causa di un errore. In effetti, come rilevato a ragione dal consulente giuridico del Consiglio di Stato, nel Cantone Ticino il referendum facoltativo contro un atto, che non ha carattere obbligatorio generale né portata finanziaria ai sensi degli art. 42 Cost./TI e 142 LEDP, dovrebbe essere introdotto da una legge speciale attraverso una dichiarazione legislativa generale e globale, che valga in tutti i casi e che sottragga pertanto al Gran Consiglio la valutazione specifica del caso concreto (cfr. Lepori, op. cit., pag. 517 nota a piè di pagina n. 4). Al proposito egli adduce l'esempio di determinate concessioni per le derivazioni di acque pubbliche rilasciate dal Parlamento con decreto legislativo di carattere obbligatorio (art. 3 cpv. 2 della legge sull'utilizzazione delle acque del 7 ottobre 2002), che sono soggette quindi a referendum facoltativo giusta le citate norme. Lo stesso consulente ha poi ricordato, con riferimento al rapporto della Commissione speciale sul messaggio 25 ottobre 1957 concernente l'istituzione dell'AET, del 6 giugno 1958, che l'approvazione del Gran Consiglio secondo l'art. 5 cpv. 4 LAET non è volta ad appesantire il funzionamento dell'AET, ma destinata piuttosto a marcare il concetto che proprietario delle forze idriche è lo Stato e che ai suoi organi compete ogni decisione di grande importanza relativa al loro sfruttamento. Questa norma si limita a stabilire che gli impegni dell'AET, eccedenti l'ordinaria amministrazione e il normale commercio di energia, sono soggetti alla "approvazione del Gran Consiglio", approvazione che interviene con un decreto legislativo che non ha né portata generale né importanza finanziaria ai sensi delle citate norme. Nella risposta congiunta dei consulenti giuridici del Consiglio di Stato e del Gran Consiglio, del 30 maggio 2006, si ribadisce che, in caso di fallimento della AET, un'eventuale responsabilità sussidiaria dello Stato - in assenza di una precisa ed esplicita indicazione del diritto di referendum nella LAET - è ininfluente ai fini della referendabilità dell'atto che stabilisce la criticata partecipazione. 3.3 Nel rapporto di minoranza sul messaggio del 3 maggio 2006 si rileva che, vista l'incertezza della situazione giuridica, dovrebbe prevalere il rispetto dei diritti popolari e la buona fede dei referendisti. Nella seduta del 6 giugno 2006 della Commissione speciale energia sono stati uditi i consulenti giuridici del Consiglio di Stato e del Gran Consiglio. Quest'ultimo ha ribadito la possibilità, secondo la dottrina, di prevedere l'istituzione di un diritto speciale di referendabilità anche per atti amministrativi, come nel caso di concessioni, precisando tuttavia che ciò dovrebbe essere espressamente previsto dalla legge, come però non è il caso attualmente nel Cantone Ticino. Il Consulente giuridico del Consiglio di Stato ha sottolineato, esprimendosi sulla portata dell'art. 5 cpv. 4 LAET, che all'introduzione di questa norma si decise che le partecipazioni o gli investimenti importanti dovevano essere sottoposti al Parlamento, "ma poi il legislatore si è fermato lì", mentre in altre leggi, per contro, è stato espressamente introdotto il diritto di referendum anche per atti amministrativi, come per esempio per le concessioni per le acque, ma non ad esempio per le concessioni per il demanio pubblico. Ha ricordato che, nel 1958, quella di richiedere una decisione del Gran Consiglio senza referendum è stata una scelta politica (cfr. sul tema anche il parere del 4/24 ottobre 2005 del consulente giuridico del Gran Consiglio, Autonomia degli enti di diritto pubblico e vigilanza parlamentare. Con particolare riferimento all'Azienda elettrica ticinese, apparso in RtiD II-2005 pag. 429 e segg., in particolare pag. 462 e segg. riguardo alla portata dell'art. 5 cpv. 4 LAET e alla necessità dell'AET di agire con tempestività sul mercato nell'ambito della sua autonomia decisionale, e 468 e segg.). In sede commissionale, con riferimento ad un'altra decisione di approvazione di una partecipazione dell'AET (Mattmark), è stato ricordato che è la seconda volta che si commette lo stesso errore, per cui si porrebbe la questione della buona fede. Il consulente giuridico del Consiglio di Stato ha ribadito che non è possible invocare una sorta di diritto popolare inesistente basato solamente sulla buona fede. Nella seduta pomeridiana del 18 ottobre 2006 del Gran Consiglio, una minoranza ha poi insistito sulla questione della necessità di tutelare la buona fede dei firmatari del referendum, mentre la maggioranza ha riaffermato che l'art. 5 cpv. 4 LAET non crea automaticamente un diritto di referendum (anche se questo in passato era già stato previsto). Quest'ultima soluzione, proposta dal Governo e adottata dal Parlamento, non viola la Costituzione. In effetti, la vigilanza e l'approvazione del Parlamento, che rappresenta gli elettori, in assenza di una specifica modifica dell'art. 5 cpv. 4 LAET non implica la sussistenza di un referendum facoltativo, considerato altresì che l'Azienda deve potersi adattare con una certa tempestività alle mutevoli condizioni del mercato, anche mediante l'acquisto entro tempi ragionevoli di partecipazioni ad altre società. Il noto errore non significa d'altra parte, come già visto, che il Parlamento possa accordare al popolo un diritto sul quale non può disporre. 3.4 I ricorrenti accennano infine al parallelismo tra le forme usate per l'adozione delle leggi e dei decreti legislativi, che permetterebbe di ritenere che l'art. 3 del decreto legislativo del 21 febbraio 2006 possa essere considerato quale lex specialis rispetto all'art. 142 LEDP relativo alla proponibilità del referendum, che riprende in sostanza la disciplina dell'art. 42 Cost./TI, e che quindi, al loro dire, rappresenterebbe una base legale sufficiente per far scattare, da sola, il diritto al referendum facoltativo, quanto meno riguardo alla materia contenuta nello stesso atto. La tesi non regge già per il fatto che l'inserimento della clausola referendaria, contenuta peraltro non in una legge in senso formale ma in un decreto legislativo, non era affatto dovuto a una precisa volontà del Parlamento, ma semplicemente a un errore, poi corretto con l'adozione dell'impugnato decreto. L'accenno alla <ref-ruling> è ininfluente, visto che concerne un referendum a livello comunale e attiene per di più alla questione del referendum parziale, qui non litigiosa. 3.5 Neppure l'addotta circostanza che il decreto legislativo del 21 febbraio 2006 non è stato impugnato può condurre alla "creazione" di un referendum inesistente. Certo può stupire che né il Consiglio di Stato né il Parlamento né l'AET si siano accorti tempestivamente, ossia molto prima della conclusione della raccolta delle firme, ch'esso non costituiva un atto referendabile. Neppure questa circostanza, e le comprensibili aspettative dei firmatari del referendum, possono tuttavia far sorgere un diritto inesistente. Le eventuali conseguenze derivanti dal noto errore e l'avvenuta lesione del principio della buona fede dei referendisti esulano dall'oggetto del litigio: la questione di un'eventuale richiesta di risarcimento o di corresponsione delle spese da loro sostenute per la promozione del referendum non è addotta dai ricorrenti e non dev'essere pertanto esaminata in questa sede. 3.6 La soluzione proposta dal Governo e adottata dal Parlamento ha d'altra parte il pregio di essere chiara, oggettiva e garante della sicurezza del diritto, poiché non crea precedenti ambigui: in effetti, il riconoscimento di un referendum facoltativo fondato su un errore e, in sostanza, soltanto sul rispetto del principio della buona fede, comporterebbe un'applicazione non corretta degli art. 42 Cost./TI e 142 LEDP e darebbe adito in futuro a eventuali analoghe vertenze. La criticata soluzione può invero apparire severa e poco sensibile riguardo al rispetto dei diritti politici: essa costituisce tuttavia una soluzione conforme alla Costituzione, alla sicurezza del diritto e al principio di legalità, cui accennano anche i ricorrenti, e non pecca di formalismo eccessivo, ritenuto che l'adozione del criticato decreto è giustificata da un interesse degno di protezione, non è fine a sé stessa ed è retta da un'intrinseca giustificazione (<ref-ruling> consid. 2a/bb, 125 I 166 consid. 3, 121 I 177 consid. 2b/aa e rinvii). Non vi sono quindi motivi prevalenti che impongono di scostarsene (<ref-ruling> consid. 4). 4. Ne segue che il ricorso dev'essere respinto. Conformemente alla giurisprudenza in materia di ricorsi fondati sull'art. 85 lett. a OG non si riscuotono tasse di giustizia.
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 1. Il ricorso è respinto. 1. Il ricorso è respinto. 2. Non si preleva tassa di giustizia. 2. Non si preleva tassa di giustizia. 3. Comunicazione ai ricorrenti, al Gran Consiglio e al Consiglio di Stato del Cantone Ticino.
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Sachverhalt: A. Am 7. April 2013 lehnten die Stimmberechtigten von Wald einen Projektierungskredit von 450'000 Franken für ein neues Dorfzentrum (Neubau für die Gemeindekanzlei, den Dorfladen, das Bauamt und vier Wohnungen) mit 172 gegen 155 Stimmen ab. Im Abstimmungsedikt vom 16. Oktober 2013 legte der Gemeinderat den Stimmbürgern erneut einen Projektierungskredit für ein neues Dorfzentrum mit folgenden Anträgen zur Abstimmung vor: "- Der Projektierungskredit für die Ausarbeitung eines Bauprojekts und eines detaillierten Kostenvoranschlags von 370'000 Franken inkl. 8 % MWST sei zu genehmigen. - Mit der Genehmigung des Projektierungskredites wird der Gemeinderat ermächtigt, mit den Planern im Rahmen des vorgesehenen Budgets Verträge für die Planung bis zum detaillierten Kostenvoranschlag abzuschliessen." In den Abstimmungserläuterungen wird ausgeführt, die geschätzten Gesamtanlagekosten des ursprünglichen (gescheiterten) Projekts hätten 7'850'000 Franken betragen. Der Gemeinderat habe dieses überarbeiten lassen mit dem Ziel, die Investitionskosten um 15 % zu senken. Dies sei erreicht worden, indem man die Gebäudefläche um 25 % reduziert habe, wobei man die Flächenanforderungen der Gemeindeverwaltung und des Dorfladens trotzdem noch erfülle. Die Kostenschätzung habe sich auf 6'820'000 Franken belaufen. Nach Diskussionen zwischen Gemeinderat und Arbeitsgruppe ergebe sich nun eine Kostenschätzung von 6'200'000 Franken. Diese Kosten seien als Obergrenze zu verstehen, der Spielraum nach unten werde ausgelotet. Der Schritt von der Kostenschätzung zum Baukredit erfordere eine seriöse, professionelle Planung. Der dafür erforderliche Projektierungskredit von 370'000 Franken bilde Bestandteil der Gesamtanlagekosten und sei in der Kostenschätzung von 6'200'000 Franken enthalten. Am 14. November 2013 erschienen in der "Wanze", dem Mitteilungsblatt der Gemeinde Wald, die Antworten von Martin Roth, Gemeinderat Ressort Hochbau, auf die an der öffentlichen Versammlung vom 7. November 2013 gestellten Fragen eines Bürgers. Die Frage "Welche Kostengenauigkeit der überarbeiteten Schätzung ist vorhanden ?" wurde wie folgt beantwortet: "6,2 Mio., +/- 15 %. Für die Planungskommission gilt CHF 6.2 Mio. als oberstes Limit." Am 17. November 2013 reichten Patrik Gründler und zwei Mitbeteiligte beim Regierungsrat des Kantons Appenzell Ausserrhoden eine Stimmrechtsbeschwerde ein mit den Anträgen, die Abstimmung vom 24. November 2013 über den Projektierungskredit Dorfzentrum abzusetzen bzw. für ungültig zu erklären. Sie machten geltend, der Stimmbürger sei irregeführt worden, da in den Abstimmungserläuterungen ebenso wie an der Gemeindeversammlung vom 7. November 2013 ausdrücklich betont worden sei, der Betrag von 6,2 Mio. Franken sei als absolute Obergrenze zu verstehen, währenddem nun der zuständige Gemeinderat bekannt gegeben habe, dass dem nicht so sei, sondern dass dieser Betrag mit einer Ungenauigkeit von +/- 15 % zu verstehen sei. Damit stehe die Abstimmungsvorlage auf einer völlig anderen Basis, als dem Stimmbürger im Abstimmungsedikt weisgemacht worden sei. Würden die 6.2 Mio. Franken nicht die absolute Obergrenze darstellen, sondern seien mit einer Ungenauigkeit von +/- 15 % behaftet, so sei es möglich, dass das neue Dorfzentrum schliesslich bis auf 7.13 Mio. Franken (6.2 Mio. + 15 %) zu stehen komme, und damit teurer werde als das erste, von den Stimmberechtigten verworfene Projekt. Mit der unzutreffenden Darstellung, die 6.2 Mio. Franken würden eine feste Preisobergrenze darstellen, habe der Gemeinderat die Stimmberechtigten in unlauterer Weise beeinflusst. Am 24. November 2013 stimmten die Stimmberechtigten von Wald dem Projektierungskredit Dorfzentrum mit 218 zu 204 Stimmen zu. Am 26. November 2013 wies der Regierungsrat die Stimmrechtsbeschwerde von Patrik Gründler und zwei Mitbeteiligten ab. Er erwog im wesentlichen, der Projektierungskredit diene dazu, die finanzielle Tragweite eines Neubauvorhabens abzuklären, ohne dass diese bereits verbindlich feststünde. Mit dem Projektierungskredit würden erst die Grundlagen für den später dem Stimmbürger vorzulegenden Baukredit erarbeitet; erst damit würde verbindlich über dessen Höhe entschieden. Die in den Abstimmungserläuterungen erwähnte Kostenschätzung von 6.2 Mio. Franken sei daher "lediglich ein Hinweis, für welches Kreditvolumen mit dem zu bewilligenden Projektierungskredit ein Projekt erarbeitet werde". Soweit diese Schätzung als Obergrenze bezeichnet werde, werde damit klarerweise die Absicht zum Ausdruck gebracht, den Spielraum nach unten auszuloten. Damit habe der Gemeinderat Wald die Stimmberechtigten nicht mit unkorrekten Angaben in unlauterer Weise beeinflusst. Am 27. August 2014 wies das Obergericht des Kantons Appenzell Ausserhoden die Beschwerde von Patrik Gründler und einem Mitbeteiligten gegen diesen Regierungsratsentscheid ab. B. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten beantragt Patrik Gründler, die Entscheide von Obergericht und Regierungsrat aufzuheben und das Abstimmungsergebnis vom 24. November 2013 für ungültig zu erklären. Das Departement Inneres und Kultur beantragt im Auftrag des Regierungsrats, die Beschwerde abzuweisen, soweit darauf einzutreten sei. Das Obergericht verzichtet unter Verweis auf sein Urteil auf Vernehmlassung. Die Gemeinde Wald beantragt, die Beschwerde abzuweisen, soweit darauf einzutreten sei. In seiner Replik hält Patrik Gründler an seiner Beschwerde fest und beantragt zudem, ihr aufschiebende Wirkung zu zuerkennen. Er sei davon ausgegangen, dass der Gemeinderat davon absehe, vor dem Entscheid des Bundesgerichts vom umstrittenen Projektierungskredit Gebrauch zu machen und die Aufträge zu vergeben. Diese Erwartung habe sich nicht erfüllt: laut Mitteilung des Gemeinderats in der "Wanze" vom 29. Mai 2015 habe er die entsprechenden Planungsaufträge erteilt.
Erwägungen: 1. Angefochten ist ein kantonal letztinstanzlicher (Art. 86 Abs. 1 lit. d BGG) Entscheid in einer Angelegenheit des Stimmrechts gemäss Art. 82 lit. c BGG. Ein Ausschlussgrund nach Art. 83 BGG besteht nicht, womit die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten gegeben ist. Mit dem angefochtenen Entscheid des Obergerichts steht endgültig fest, dass die Stimmberechtigten von Wald dem umstrittenen Projektierungskredit rechtsgültig zugestimmt haben. Insofern liegt ein Endentscheid im Sinn von Art. 90 BGG vor. Als Stimmberechtigter von Wald ist der Beschwerdeführer nach Art. 89 Abs. 3 BGG zur Beschwerde befugt. Die übrigen Sachurteilsvoraussetzungen geben zu keinen Bemerkungen Anlass, weshalb auf die Beschwerde grundsätzlich einzutreten ist. Nicht einzutreten ist auf die Beschwerde insoweit, als die Aufhebung des Entscheids des Regierungsrats beantragt wird. Dieser ist durch das Urteil des Obergerichts ersetzt worden (Devolutiveffekt) und gilt als inhaltlich mitangefochten (Urteil des Bundesgerichts 1C_267/2007 vom 28. Februar 2008 E. 1.5; vgl. <ref-ruling> E. 1 S. 441; <ref-ruling> E. 1c S. 33; mit Hinweisen). Mit dem Entscheid in der Sache wird das Gesuch um aufschiebende Wirkung gegenstandslos. 2. Die in Art. 34 Abs. 2 BV als Grundrecht verankerte Abstimmungsfreiheit gibt den Stimmberechtigten Anspruch darauf, dass kein Abstimmungsergebnis anerkannt wird, das nicht den freien Willen der Stimmberechtigten zuverlässig und unverfälscht zum Ausdruck bringt. Es soll garantiert werden, dass jeder Stimmberechtigte seinen Entscheid gestützt auf einen möglichst freien und umfassenden Prozess der Meinungsbildung treffen und entsprechend mit seiner Stimme zum Ausdruck bringen kann. Die Abstimmungsfreiheit gewährleistet die für den demokratischen Prozess und die Legitimität direktdemokratischer Entscheidungen erforderliche Offenheit der Auseinandersetzung (<ref-ruling> E. 6.2 S. 13 f.; <ref-ruling> E. 6.2 S. 82; <ref-ruling> E. 2 S. 293, je mit Hinweisen). Das Ergebnis eines Urnengangs kann u.a. durch eine unzulässige behördliche Beeinflussung der Willensbildung der Stimmberechtigten im Vorfeld von Urnengängen verfälscht werden. Eine solche fällt namentlich in Bezug auf amtliche Abstimmungserläuterungen in Betracht (<ref-ruling> E. 6.2 S. 14; <ref-ruling> E. 6.2 S. 82; <ref-ruling> E. 2 S. 293, je mit Hinweisen). Nach der Rechtsprechung sind behördliche Abstimmungserläuterungen, in denen eine Vorlage erklärt und zur Annahme oder Ablehnung empfohlen wird, unter dem Gesichtswinkel der Abstimmungsfreiheit zulässig. Die Behörde ist dabei zwar nicht zur Neutralität verpflichtet - sie darf eine Abstimmungsempfehlung abgeben -, wohl aber zur Sachlichkeit. Sie verletzt ihre Pflicht zu objektiver Information, wenn sie über den Zweck und die Tragweite der Vorlage falsch orientiert. Dem Erfordernis der Objektivität genügen Abstimmungserläuterungen, wenn die Aussagen wohlabgewogen sind und beachtliche Gründe dafür sprechen, wenn sie ein umfassendes Bild der Vorlage mit ihren Vor- und Nachteilen abgeben und den Stimmberechtigten eine Beurteilung ermöglichen oder wenn sie trotz einer gewissen Überspitzung nicht unwahr oder unsachlich, sondern lediglich ungenau oder unvollständig sind. Die Behörde muss sich nicht mit jeder Einzelheit einer Vorlage befassen und nicht alle denkbaren Einwendungen, die gegen eine Vorlage erhoben werden können, erwähnen. Im Sinne einer gewissen Vollständigkeit verbietet das Gebot der Sachlichkeit indessen, in den Abstimmungserläuterungen für den Entscheid des Stimmbürgers wichtige Elemente zu unterdrücken, für die Meinungsbildung bedeutende Gegebenheiten zu verschweigen oder Argumente von gegnerischen Referendums- oder Initiativkomitees falsch wiederzugeben (<ref-ruling> E. 6.2 S. 14; <ref-ruling> E. 6.2 S. 82, <ref-ruling> E. 4.2 S. 297, je mit Hinweisen). 3. Der Beschwerdeführer macht geltend, die Kürzung des Projektierungskredits zwischen der ersten, gescheiterten Vorlage und der nunmehr zu beurteilenden sei willkürlich erfolgt bzw. beruhe auf Manipulationen des Gemeinderats, was die Stimmberechtigten in ihrer Stimmfreiheit beeinträchtige. Der Gemeinderat hat am 24. November 2013 den Projektierungskredit für ein abgeändertes, mithin neues Bauprojekt zur Abstimmung gebracht. Dabei wird in den Erläuterungen summarisch ausgewiesen, wie sich der Kredit zusammensetzt. Ebenso wird die Kostenschätzung für das zu erarbeitende Bauprojekt summarisch in die einzelnen Posten aufgegliedert. Damit konnte sich der Stimmbürger ein ausreichend klares Bild über die Vorlage machen und insbesondere auch prüfen, ob der Projektierungskredit in einem vernünftigen Verhältnis zum Bauvorhaben steht. Der Gemeinderat war unter diesen Umständen nicht zu einer detaillierten, vergleichenden Darstellung der beiden Vorlagen in den Abstimmungserläuterungen verpflichtet. Die Rüge, der Gemeinderat habe den ursprünglichen Projektierungskredit für die neue Vorlage willkürlich herabgesetzt, geht daher an der Sache vorbei und ist unbegründet. Das Obergericht konnte unter diesen Umständen ohne Verletzung des rechtlichen Gehörs über diese Rüge stillschweigend hinweg gehen. Für den Ausgang des Verfahrens entscheidend ist damit einzig, ob der Gemeinderat die Stimmberechtigten getäuscht hat, indem er ihnen in den Abstimmungserläuterungen einen Kredit für die Projektierung eines maximal 6.2 Mio. Franken teuren Bauvorhabens unterbreitet hat, sich insgeheim aber - wie die Antwort des Gemeinderates Roth auf eine Bürgerfrage beweisen soll - vorbehält, diese Obergrenze um bis zu 15 % zu überschreiten und eine Vorlage für bis zu 7.13 Mio. Franken vorzubereiten. 4. Nachdem der Gemeinderat Wald am 7. April 2013 mit einem Projektierungskredit von 450'000 Franken für ein neues Dorfzentrum gescheitert war, brachte er am 24. November 2013 einen tieferen Projektierungskredit für ein redimensioniertes Bauvorhaben zur Abstimmung, welches nach der (vom Gemeinderat von 6.82 Mio. nach unten korrigierten) Kostenschätzung auf 6.2 Mio. Franken zu stehen kommen soll. Dieser Betrag wird in den Abstimmungserläuterungen zweimal ausdrücklich als Kostenobergrenze bezeichnet, wobei der Gemeinderat nach erklärter Absicht den Spielraum nach unten ausloten wolle. Die Abstimmungsbotschaft ist für den Durchschnittsleser klar: er wird vom Gemeinderat eingeladen, einem Kredit von 370'000 Franken für die Projektierung eines neuen Dorfzentrums für maximal 6.2 Mio. Franken zuzustimmen. Ob es zweckmässig war, sich auf eine solche, auf einer blossen Schätzung beruhenden Limite festzulegen, ist hier nicht zu beurteilen. Der Gemeinderat hat es getan, zweifellos auch in der Absicht, diejenigen Stimmberechtigten, die dem Vorhaben aus Kostengründen skeptisch gegenüberstanden, zu überzeugen. Der Gemeinderat hat sich dementsprechend, insoweit ist dem Beschwerdeführer zuzustimmen, daran zu halten und mit dem bewilligten Projektierungskredit eine Vorlage mit einer verbindlichen Kostenobergrenze von 6.2 Mio. Franken ausarbeiten zu lassen. Geht man mit dem Gemeinderat davon aus, dass der Baukredit für das geplante Vorhaben noch mit einer Ungenauigkeit von +/- 15 % behaftet ist, darf dieser nach den derzeitigen Vorstellungen des Gemeinderats damit maximal 5.39 Mio. Franken (5.39 + 15 % bzw. 0.81 = 6.2) betragen, um die vom Gemeinderat festgesetzte und den Stimmberechtigten bekanntgegebene Kostenobergrenze sicher einzuhalten. Der Gemeinderat hat sowohl in den Abstimmungsunterlagen als auch im vorliegenden Rechtsmittelverfahren, zuletzt in seiner Vernehmlassung ans Bundesgericht, stets betont, dass die 6.2 Mio. Franken als verbindliche Kostenobergrenze zu verstehen sind. Dabei hat er auch klar zum Ausdruck gebracht, dass die Aussage von Gemeinderat Roth in der "Wanze", entgegen der Auffassung des Beschwerdeführers, nicht dahingehend zu verstehen ist, dass die Kostengrenze von 6.2 Mio. Franken um 15 % nach oben erweitert werden darf. Damit ergibt sich zusammenfassend, dass die Stimmberechtigten über einen Projektierungskredit von 370'000 Franken für die Ausarbeitung des Bauprojekts "Neues Dorfzentrum" für maximal 6.2 Mio. Franken abgestimmt haben. Dies war in den Abstimmungserläuterungen korrekt dargestellt. Eine Irreführung der Stimmberechtigten hat nicht stattgefunden. Missverständlich war hingegen die Aussage von Gemeinderat Roth in der "Wanze"; der Gemeinderat hat dieses Missverständnis indessen geklärt, und es ist weder dargetan noch ersichtlich, dass es die Abstimmung massgeblich beeinflusst haben könnte. Die Beschwerde ist unbegründet. 5. Damit ist die Beschwerde abzuweisen, soweit darauf eingetreten werden kann. Mit dem Entscheid in der Sache wird das Gesuch um aufschiebende Wirkung gegenstandslos. Bei diesem Ausgang des Verfahrens wäre an sich der Beschwerdeführer kostenpflichtig (Art. 66 Abs. 1 BGG). Er hatte indessen Anlass zur Beschwerdeführung, da das Obergericht zu Unrecht davon ausgeht, bei der Obergrenze von 6.2 Mio. Franken handle es sich nicht, wie in den Abstimmungserläuterungen angeführt, um eine verbindliche Obergrenze, sondern bloss um eine unverbindliche Zielvorgabe. Wäre dem so, hätten die Abstimmungserläuterungen in diesem Punkt effektiv einen täuschenden Inhalt, und die Beschwerde wäre begründet gewesen. Es sind somit keine Kosten zu erheben (Art. 66 Abs. 1 und 4 BGG), und der Kanton Appenzell Ausserrhoden hat dem Beschwerdeführer für das bundesgerichtliche Verfahren eine angemessene Parteientschädigung zu bezahlen (Art. 68 Abs. 1, 2 und 4 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Es werden keine Kosten erhoben. 3. Der Kanton Appenzell Ausserrhoden wird verpflichtet, dem Beschwerdeführer für das bundesgerichtliche Verfahren eine Parteientschädigung von Fr. 2'500.-- zu bezahlen. 4. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, dem Gemeinderat Wald, dem Regierungsrat des Kantons Appenzell A.Rh. und dem Obergericht Appenzell Ausserrhoden 4. Abteilung schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 9. Juli 2015 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Merkli Der Gerichtsschreiber: Störi
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Faits: Faits: A. N._ a perçu des prestations de chômage dès le 1er décembre 1997. En raison de son accouchement, le 15 mars 1999, elle a été déclarée incapable de travailler jusqu'au 10 mai 1999. Ayant recouvré dès cette date une pleine capacité de travail, elle s'est vue proposer un emploi de vendeuse en alimentation par l'Office régional de placement du canton de Vaud (ci-après: l'ORP). N._ s'est présentée auprès de l'employeur potentiel en compagnie de son enfant; elle n'a pas été engagée. Par décision du 13 juillet 1999, l'ORP a prononcé une suspension de son droit à l'indemnité de chômage de 31 jours, faute pour elle d'avoir trouvé une solution pour la garde de son enfant. Une seconde décision de suspension a été rendue par l'ORP le 14 octobre 1999 pour les mêmes motifs. Le 20 octobre suivant, l'ORP a déclaré l'assurée inapte au placement dès le 10 mai précédent, au motif qu'elle n'était pas en mesure d'établir que la garde de son enfant serait assurée par une tierce personne. Cette décision n'ayant pas été attaquée par N._, la Caisse de chômage de la Chambre vaudoise du commerce et de l'industrie (ci-après: la caisse) a exigé de la prénommée la restitution d'un montant de 4'213 fr. 30, représentant les indemnités de chômage qu'elle lui avait versées pour les mois de mai et juin 1999 (décision du 10 février 2000). Saisi d'un recours de l'assurée, le Service de l'emploi du canton de Vaud (ci-après: le service de l'emploi), première instance cantonale de recours en matière d'assurance-chômage, l'a déboutée par décision du 4 octobre 2000. Le 20 octobre suivant, l'ORP a déclaré l'assurée inapte au placement dès le 10 mai précédent, au motif qu'elle n'était pas en mesure d'établir que la garde de son enfant serait assurée par une tierce personne. Cette décision n'ayant pas été attaquée par N._, la Caisse de chômage de la Chambre vaudoise du commerce et de l'industrie (ci-après: la caisse) a exigé de la prénommée la restitution d'un montant de 4'213 fr. 30, représentant les indemnités de chômage qu'elle lui avait versées pour les mois de mai et juin 1999 (décision du 10 février 2000). Saisi d'un recours de l'assurée, le Service de l'emploi du canton de Vaud (ci-après: le service de l'emploi), première instance cantonale de recours en matière d'assurance-chômage, l'a déboutée par décision du 4 octobre 2000. B. Par jugement du 31 août 2001, le Tribunal administratif du canton de Vaud a admis le recours formé par l'assurée contre la décision du 4 octobre 2000, annulé cette décision et renvoyé la cause au service de l'emploi pour statuer à nouveau dans le sens des considérants. Par arrêt du 4 septembre 2002, le Tribunal fédéral des assurances a admis le recours de droit administratif interjeté par le service de l'emploi contre ce jugement, annulé celui-ci et renvoyé la cause à la juridiction cantonale pour qu'elle procède conformément aux motifs (cause C 285/01). Le Tribunal administratif du canton de Vaud a repris la cause et rendu, le 4 mars 2003, un jugement, par lequel il a rejeté le recours de N._. Ce jugement a été annulé par le Tribunal fédéral des assurances, la prénommée ayant invoqué avec succès une violation de son droit d'être entendu au cours de la procédure cantonale (arrêt du 2 juillet 2003; cause C 89/03). Par un nouveau jugement du 17 octobre 2003, le Tribunal administratif du canton a admis le recours de l'assurée et annulé la décision de la caisse du 10 février 2000, ainsi que la décision du service de l'emploi du 4 octobre 2000. Par un nouveau jugement du 17 octobre 2003, le Tribunal administratif du canton a admis le recours de l'assurée et annulé la décision de la caisse du 10 février 2000, ainsi que la décision du service de l'emploi du 4 octobre 2000. C. Le service de l'emploi interjette recours de droit administratif contre le jugement du 17 octobre 2002, dont il requiert l'annulation. Alors que N._ et le Secrétariat d'Etat à l'économie ont renoncé à se déterminer, la juridiction cantonale a présenté des observations. De son côté, la caisse a proposé l'admission du recours.
Considérant en droit: Considérant en droit: 1. Le litige porte uniquement sur les conditions de l'obligation de restituer des indemnités de chômage perçues à tort au sens de l'<ref-law>, dans sa teneur jusqu'au 31 décembre 2002 applicable en l'espèce (voir <ref-ruling> consid. 1, 121 V 366 consid. 1b). La question d'une remise éventuelle de cette obligation n'est pas litigieuse à ce stade. 1. Le litige porte uniquement sur les conditions de l'obligation de restituer des indemnités de chômage perçues à tort au sens de l'<ref-law>, dans sa teneur jusqu'au 31 décembre 2002 applicable en l'espèce (voir <ref-ruling> consid. 1, 121 V 366 consid. 1b). La question d'une remise éventuelle de cette obligation n'est pas litigieuse à ce stade. 2. Aux termes de l'<ref-law>, la caisse est tenue d'exiger du bénéficiaire la restitution des prestations de l'assurance auxquelles il n'avait pas droit. Cela suppose que soient remplies les conditions d'une reconsidération ou d'une révision procédurale de la décision par laquelle les prestations en cause ont été allouées (<ref-ruling> consid. 2b et les références). Selon un principe général du droit des assurances sociales, l'administration peut reconsidérer une décision formellement passée en force de chose jugée et sur laquelle une autorité judiciaire ne s'est pas prononcée quant au fond, à condition qu'elle soit sans nul doute erronée et que sa rectification revête une importance notable (<ref-ruling> consid. 2c et les arrêts cités). En outre, par analogie avec la révision des décisions rendues par les autorités judiciaires, l'administration est tenue de procéder à la révision d'une décision entrée en force formelle lorsque sont découverts des faits nouveaux ou de nouveaux moyens de preuve, susceptibles de conduire à une appréciation juridique différente (<ref-ruling> consid. 2c et les références). En outre, par analogie avec la révision des décisions rendues par les autorités judiciaires, l'administration est tenue de procéder à la révision d'une décision entrée en force formelle lorsque sont découverts des faits nouveaux ou de nouveaux moyens de preuve, susceptibles de conduire à une appréciation juridique différente (<ref-ruling> consid. 2c et les références). 3. L'assuré a droit aux indemnités de chômage s'il remplit un certain nombre de conditions cumulatives, dont en particulier celle d'être apte au placement (cf. <ref-law>). Selon l'<ref-law>, est réputé apte à être placé, le chômeur qui est disposé à accepter un travail convenable et est en mesure et en droit de le faire. Un assuré, qui, pour des motifs personnels ou familiaux, ne peut ou ne veut pas offrir à un employeur toute la disponibilité normalement exigible, ne peut être considéré comme apte à être placé (cf. <ref-ruling> consid. 6a, 123 V 216 consid. 3 et la référence). Aux termes d'une directive établie par l'ex-OFIAMT (Bulletin AC 93/1, fiche 3) - que le Tribunal fédéral des assurances a déclaré conforme au droit fédéral (DTA 1993/1994 n° 31 p. 219) -, la manière dont les parents entendent régler la question de la garde de leurs enfants relève de leur vie privée. En conséquence, l'assurance-chômage n'entreprend aucune vérification à ce sujet au moment du dépôt de la demande d'indemnités, sous réserve d'abus manifestes. En revanche, si, au cours de la période d'indemnisation, la volonté ou la possibilité de confier la garde des enfants à une tierce personne apparaît douteuse sur le vu des déclarations ou du comportement de l'assuré (recherches d'emploi insuffisantes, exigences mises à l'acceptation d'un emploi ou refus d'un emploi convenable), l'aptitude au placement devra être vérifiée en exigeant, au besoin, la preuve d'une possibilité concrète de garde. Aux termes d'une directive établie par l'ex-OFIAMT (Bulletin AC 93/1, fiche 3) - que le Tribunal fédéral des assurances a déclaré conforme au droit fédéral (DTA 1993/1994 n° 31 p. 219) -, la manière dont les parents entendent régler la question de la garde de leurs enfants relève de leur vie privée. En conséquence, l'assurance-chômage n'entreprend aucune vérification à ce sujet au moment du dépôt de la demande d'indemnités, sous réserve d'abus manifestes. En revanche, si, au cours de la période d'indemnisation, la volonté ou la possibilité de confier la garde des enfants à une tierce personne apparaît douteuse sur le vu des déclarations ou du comportement de l'assuré (recherches d'emploi insuffisantes, exigences mises à l'acceptation d'un emploi ou refus d'un emploi convenable), l'aptitude au placement devra être vérifiée en exigeant, au besoin, la preuve d'une possibilité concrète de garde. 4. 4.1 Pour les premiers juges, les éléments que la caisse avait au dossier au moment où elle a octroyé les indemnités ne permettaient pas de conclure à l'inaptitude de placement de N._. Bien que la prénommée se fût présentée auprès d'un employeur potentiel accompagnée de son fils, elle avait clairement indiqué qu'elle prendrait des dispositions pour faire garder son enfant si elle était engagée. Par conséquent, l'indemnisation de la caisse du 11 mai au 30 juin 1999 n'était pas manifestement erronée. 4.2 Selon le service de l'emploi, la décision d'inaptitude au placement prononcée par l'ORP étant entrée en force sans avoir été contestée par l'assurée, la décision d'indemnisation de la caisse se basait sur une fausse appréciation des faits. Par ailleurs, il était inconcevable de ne pas autoriser les caisses de chômage à instruire la question de la garde des enfants avant l'indemnisation et, parallèlement, de faire obstacle à la restitution des prestations versées lorsqu'un problème de garde d'enfant devenait apparent seulement ultérieurement. 4.2 Selon le service de l'emploi, la décision d'inaptitude au placement prononcée par l'ORP étant entrée en force sans avoir été contestée par l'assurée, la décision d'indemnisation de la caisse se basait sur une fausse appréciation des faits. Par ailleurs, il était inconcevable de ne pas autoriser les caisses de chômage à instruire la question de la garde des enfants avant l'indemnisation et, parallèlement, de faire obstacle à la restitution des prestations versées lorsqu'un problème de garde d'enfant devenait apparent seulement ultérieurement. 5. Après son accouchement, N._ a été indemnisée par la caisse sans que cette dernière n'examine la question de la garde de son enfant, suivant en cela la directive établie par l'ex-OFIAMT. Ce n'est qu'à la suite d'une assignation, lorsque la prénommée s'est présentée à l'entretien d'embauche en présence de son enfant, que l'ORP a émis des doutes au sujet de sa disponibilité pour un emploi. Si l'on peut convenir avec les premiers juges que ce seul fait n'est pas un élément décisif pour nier son aptitude au placement, il constituait néanmoins un indice donnant à penser que l'assurée n'avait pas résolu le problème de la garde de son enfant. A juste titre, l'ORP a donc procédé à des vérifications supplémentaires en demandant à N._, à réitérées reprises (lettres des 16 juillet, 12 et 24 août, ainsi que 7 septembre 1999), de fournir une attestation d'une personne qui fût disposée à garder son enfant dans l'hypothèse où elle trouverait un emploi. Elle n'a pas été en mesure de fournir une telle attestation. Le 26 juillet 1999, elle a certes indiqué le nom d'une personne habitant son quartier, mais après contrôle, il s'est avéré que celle-ci percevait également des prestations de chômage et qu'elle n'avait dès lors pas la disponibilité nécessaire pour garder l'enfant. Il s'agit là d'éléments nouveaux au sens de la jurisprudence dont on ne peut en l'occurrence reprocher la méconnaissance à la caisse, puisque celle-ci n'a fait que suivre les instructions de l'autorité de surveillance à laquelle elle est liée. Ils démontrent qu'en réalité, N._ n'était pas apte à être placée à partir du moment où elle avait recouvré sa capacité de travail, faute d'avoir trouvé une solution pour la garde de son enfant. On constatera au demeurant qu'après la deuxième proposition de placement par l'ORP au mois d'octobre 1999, l'assurée a finalement décidé d'annuler son inscription au chômage dès le 1er novembre 1999 pour s'occuper de son fils. Une des exigences légales dont dépend le droit aux prestations faisant défaut, l'intimée ne pouvait prétendre au versement des indemnités de chômage pour la période litigieuse. Il s'ensuit que les conditions d'une révision procédurale sont réunies et que la décision de restitution du 20 février 2000 doit être confirmée. Le recours est bien fondé.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances prononce: 1. Le recours est admis et le jugement du Tribunal administratif du canton de Vaud du 17 octobre 2003 est annulé. 1. Le recours est admis et le jugement du Tribunal administratif du canton de Vaud du 17 octobre 2003 est annulé. 2. Il n'est pas perçu de frais de justice. 2. Il n'est pas perçu de frais de justice. 3. Le présent arrêt sera communiqué aux parties, à Caisse de chômage de la Chambre vaudoise du commerce et de l'industrie, Lausanne, au Tribunal administratif du canton de Vaud, à l'Office régional de placement et au Secrétariat d'Etat à l'économie. Lucerne, le 19 octobre 2004 Au nom du Tribunal fédéral des assurances La Présidente de la IIIe Chambre: La Greffière:
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2,007
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. Die 1958 geborene W._ meldete sich am 24. Dezember 2002 unter Hinweis auf eine bei einem Verkehrsunfall am 9. September 2000 erlittene Distorsionsverletzung der Halswirbelsäule (HWS) bei der Invalidenversicherung zum Leistungsbezug an. Die IV-Stelle zog zwecks Abklärung der medizinischen und beruflich-erwerblichen Verhältnisse die Akten der SUVA bei, die ihre Leistungspflicht als Unfallversicherung für das Ereignis vom 9. September 2000 anerkannt hatte, holte einen Bericht des Hausarztes Dr. med. R._, Allgemeine Medizin FMH vom 10. Februar 2003 ein und liess ein polydisziplinäres Gutachten der Medizinischen Abklärungsstelle (MEDAS) des Spitals X._ vom 7. November 2003 (samt neuropsychologischem und rheumatologischem Teilgutachten) erstellen. In diesem diagnostizierten die Administrativgutachter ein cervico-cephales Syndrom rechtsbetont mit Spannungskopfschmerzen sowie ein chronisches thorako-vertebrales Syndrom rechtsbetont und empfahlen die Durchführung medizinischer Massnahmen (kräftigende Heilgymnastik unter physiotherapeutischer Anleitung, Einnahme schmerzmodulierender Psychopharmaka etc.), wodurch innert sechs bis zwölf Monaten die im Umfang von 20 bis 30 % verminderte Arbeitsfähigkeit wieder vollumfänglich erreicht werden könne. Mit Schreiben vom 26. März 2004 eröffnete die Verwaltung der Versicherten, die gutachterlich empfohlenen medizinischen Massnahmen oder alternativ eine Psychotherapie, falls eine medikamentöse Behandlung des Schmerzsyndroms nicht akzeptiert würde, versprächen eine wesentliche Verbesserung der Erwerbsfähigkeit und seien zumutbar. Unter Hinweis auf die gesetzlichen Mitwirkungs- und Schadenminderungspflichten sowie die Möglichkeit einer Leistungsverweigerung stellte die IV-Stelle in Aussicht, dass das Rentenbegehren im Widersetzungsfall abgelehnt würde. Nachdem sich der Hausarzt Dr. med. R._ in seinem Kurzbericht vom 11. Mai 2004 auf den Standpunkt gestellt hatte, die ins Auge gefassten medizinischen Massnahmen seien nicht erfolgversprechend, holte die IV-Stelle bei der MEDAS des Spitals X._ ein ergänzendes - psychiatrisches - Gutachten (vom 14. Mai 2004) ein. Laut diesem liegen keine Hinweise für psychische Beschwerden vor; bezüglich Verbesserung des Gesundheitszustandes und - mittelbar - der Erwerbsfähigkeit wird die Einschätzung gemäss Gutachten der MEDAS (vom 7. November 2003) als richtig bestätigt. Mit Verfügung vom 23. März 2005 lehnte die IV-Stelle das Leistungsgesuch (berufliche Massnahmen, Rente) mit der Begründung ab, die Versicherte widersetze sich der ihr zumutbaren medizinischen Therapie. Daran hielt die Verwaltung auf Einsprache hin fest (Einspracheentscheid vom 7. Juni 2005). A. Die 1958 geborene W._ meldete sich am 24. Dezember 2002 unter Hinweis auf eine bei einem Verkehrsunfall am 9. September 2000 erlittene Distorsionsverletzung der Halswirbelsäule (HWS) bei der Invalidenversicherung zum Leistungsbezug an. Die IV-Stelle zog zwecks Abklärung der medizinischen und beruflich-erwerblichen Verhältnisse die Akten der SUVA bei, die ihre Leistungspflicht als Unfallversicherung für das Ereignis vom 9. September 2000 anerkannt hatte, holte einen Bericht des Hausarztes Dr. med. R._, Allgemeine Medizin FMH vom 10. Februar 2003 ein und liess ein polydisziplinäres Gutachten der Medizinischen Abklärungsstelle (MEDAS) des Spitals X._ vom 7. November 2003 (samt neuropsychologischem und rheumatologischem Teilgutachten) erstellen. In diesem diagnostizierten die Administrativgutachter ein cervico-cephales Syndrom rechtsbetont mit Spannungskopfschmerzen sowie ein chronisches thorako-vertebrales Syndrom rechtsbetont und empfahlen die Durchführung medizinischer Massnahmen (kräftigende Heilgymnastik unter physiotherapeutischer Anleitung, Einnahme schmerzmodulierender Psychopharmaka etc.), wodurch innert sechs bis zwölf Monaten die im Umfang von 20 bis 30 % verminderte Arbeitsfähigkeit wieder vollumfänglich erreicht werden könne. Mit Schreiben vom 26. März 2004 eröffnete die Verwaltung der Versicherten, die gutachterlich empfohlenen medizinischen Massnahmen oder alternativ eine Psychotherapie, falls eine medikamentöse Behandlung des Schmerzsyndroms nicht akzeptiert würde, versprächen eine wesentliche Verbesserung der Erwerbsfähigkeit und seien zumutbar. Unter Hinweis auf die gesetzlichen Mitwirkungs- und Schadenminderungspflichten sowie die Möglichkeit einer Leistungsverweigerung stellte die IV-Stelle in Aussicht, dass das Rentenbegehren im Widersetzungsfall abgelehnt würde. Nachdem sich der Hausarzt Dr. med. R._ in seinem Kurzbericht vom 11. Mai 2004 auf den Standpunkt gestellt hatte, die ins Auge gefassten medizinischen Massnahmen seien nicht erfolgversprechend, holte die IV-Stelle bei der MEDAS des Spitals X._ ein ergänzendes - psychiatrisches - Gutachten (vom 14. Mai 2004) ein. Laut diesem liegen keine Hinweise für psychische Beschwerden vor; bezüglich Verbesserung des Gesundheitszustandes und - mittelbar - der Erwerbsfähigkeit wird die Einschätzung gemäss Gutachten der MEDAS (vom 7. November 2003) als richtig bestätigt. Mit Verfügung vom 23. März 2005 lehnte die IV-Stelle das Leistungsgesuch (berufliche Massnahmen, Rente) mit der Begründung ab, die Versicherte widersetze sich der ihr zumutbaren medizinischen Therapie. Daran hielt die Verwaltung auf Einsprache hin fest (Einspracheentscheid vom 7. Juni 2005). B. Die dagegen eingereichte Beschwerde wies das Versicherungsgericht des Kantons Solothurn ab (Entscheid vom 31. Oktober 2006). B. Die dagegen eingereichte Beschwerde wies das Versicherungsgericht des Kantons Solothurn ab (Entscheid vom 31. Oktober 2006). C. W._ lässt Verwaltungsgerichtsbeschwerde führen und beantragen, in Aufhebung des kantonalen Gerichtsentscheides sei festzustellen, dass sie "Anspruch auf eine unbefristete ganze Invalidenrente, ev(tl). Anspruch auf berufliche Massnahmen," habe. Die IV-Stelle und das Bundesamt für Sozialversicherungen verzichten auf Vernehmlassung.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. 1.1 Das Bundesgesetz über das Bundesgericht vom 17. Juni 2005 (BGG; SR 173.110) ist am 1. Januar 2007 in Kraft getreten. Da der angefochtene Entscheid vorher ergangen ist, richtet sich das letztinstanzliche Verfahren noch nach OG (<ref-law>; <ref-ruling> E. 1.2 S. 395). 1.2 Der angefochtene Entscheid betrifft Leistungen der Invalidenversicherung. Das Bundesgericht prüft daher nur, ob das vorinstanzliche Gericht Bundesrecht verletzte, einschliesslich Überschreitung oder Missbrauch des Ermessens, oder ob der rechtserhebliche Sachverhalt offensichtlich unrichtig, unvollständig oder unter Verletzung wesentlicher Verfahrensbestimmungen festgestellt wurde (Art. 132 Abs. 2 OG [in der Fassung gemäss Ziff. III des Bundesgesetzes vom 16. Dezember 2005 über die Änderung des IVG, in Kraft gewesen von 1. Juli 2006 bis 31. Dezember 2006] in Verbindung mit Art. 104 lit. a und b sowie Art. 105 Abs. 2 OG). 1.3 Mit Blick auf diese neue Kognitionsregelung im Bereich der Invalidenversicherung ist aufgrund der Vorbringen in der Verwaltungsgerichtsbeschwerde zu prüfen, ob der angefochtene Gerichtsentscheid in der Anwendung der massgeblichen materiell- und beweisrechtlichen Grundlagen Bundesrecht verletzt (Art. 104 lit. a OG), einschliesslich einer allfälligen rechtsfehlerhaften Tatsachenfeststellung (Art. 105 Abs. 2 OG). Hingegen hat eine freie Überprüfung des vorinstanzlichen Entscheides in tatsächlicher Hinsicht (aArt. 132 lit. b OG) ebenso zu unterbleiben wie eine Prüfung der Ermessensbetätigung (aArt. 132 lit. a OG) nach den Grundsätzen zur Angemessenheitskontrolle (<ref-ruling> E. 6 S. 81). Auch besteht (entgegen aArt. 132 lit. c OG) Bindung an die Parteianträge, handelt es sich doch nicht um eine Abgabestreitigkeit (Art. 114 Abs. 1 OG; zum Ganzen: <ref-ruling>). 1.3 Mit Blick auf diese neue Kognitionsregelung im Bereich der Invalidenversicherung ist aufgrund der Vorbringen in der Verwaltungsgerichtsbeschwerde zu prüfen, ob der angefochtene Gerichtsentscheid in der Anwendung der massgeblichen materiell- und beweisrechtlichen Grundlagen Bundesrecht verletzt (Art. 104 lit. a OG), einschliesslich einer allfälligen rechtsfehlerhaften Tatsachenfeststellung (Art. 105 Abs. 2 OG). Hingegen hat eine freie Überprüfung des vorinstanzlichen Entscheides in tatsächlicher Hinsicht (aArt. 132 lit. b OG) ebenso zu unterbleiben wie eine Prüfung der Ermessensbetätigung (aArt. 132 lit. a OG) nach den Grundsätzen zur Angemessenheitskontrolle (<ref-ruling> E. 6 S. 81). Auch besteht (entgegen aArt. 132 lit. c OG) Bindung an die Parteianträge, handelt es sich doch nicht um eine Abgabestreitigkeit (Art. 114 Abs. 1 OG; zum Ganzen: <ref-ruling>). 2. 2.1 Entzieht oder widersetzt sich eine versicherte Person einer zumutbaren Behandlung oder Eingliederung ins Erwerbsleben, die eine wesentliche Verbesserung der Erwerbsfähigkeit oder eine neue Erwerbsmöglichkeit verspricht, oder trägt sie nicht aus eigenem Antrieb das ihr Zumutbare dazu bei, so können ihr die Leistungen vorübergehend oder dauernd gekürzt oder verweigert werden. Sie muss vorher schriftlich gemahnt und auf die Rechtsfolgen hingewiesen werden; ihr ist eine angemessene Bedenkzeit einzuräumen. Behandlungs- und Eingliederungsmassnahmen, die eine Gefahr für Leben und Gesundheit darstellen, sind nicht zumutbar (<ref-law>). <ref-law> verpflichtet die anspruchsberechtigten Personen zusätzlich, unter Hinweis auf die Kürzungs- und Verweigerungsmöglichkeiten gemäss <ref-law>, die Durchführung aller Massnahmen, die zur Eingliederung ins Erwerbsleben getroffen werden, zu erleichtern. 2.2 Der gestützt auf <ref-law> i.V.m. <ref-law> im Bereich der IV anwendbare <ref-law> stimmt inhaltlich weitgehend mit der Regelung der bis 31. Dezember 2002 gültig gewesenen Bestimmungen der <ref-law> und <ref-law> überein (BBl 1991 II 256, 1999 4567). Die hierzu ergangene Rechtsprechung bleibt somit gültig (Urteil I 462/05 vom 16. August 2006, E. 3.2; vgl. Kieser, ATSG-Kommentar, Zürich 2003, N 54 ff. zu Art. 21). Dies betrifft insbesondere die formellen Erfordernisse des Mahn- und Bedenkzeitverfahrens (<ref-ruling>; SVR 2005 IV Nr. 30 S. 113 [Urteil I 605/04 vom 11. Januar 2005]; Urteile I 824/06 vom 13. März 2007, E. 2.3, und I 462/05 vom 16. August 2006, E. 3.3). Für die Beantwortung der Frage nach der Zumutbarkeit der Behandlung oder Eingliederungsmassnahme im Sinne von <ref-law> kann auf die zu <ref-law> in der bis 31. Dezember 2002 gültig gewesenen Fassung ergangene Rechtsprechung verwiesen werden, da sich diesbezüglich mit dem neuen Recht nichts geändert hat (vgl. auch Urteil I 824/06 vom 13. März 2007, E. 3.1.1). Danach sind die gesamten persönlichen Verhältnisse, insbesondere die berufliche und soziale Stellung des Versicherten, zu berücksichtigen. Massgebend ist aber das objektiv Zumutbare, nicht die subjektive Wertung des Versicherten (ZAK 1982 S. 495 E. 3; Urteil I 105/93 vom 11. März 1994, E. 2a; Meyer-Blaser, Zum Verhältnismässigkeitsgrundsatz im staatlichen Leistungsrecht, Diss. Bern 1985, S. 189). Die gesetzliche Vorgabe, wonach Massnahmen, die eine Gefahr für Leben und Gesundheit darstellen, nicht zumutbar sind, bedeutet nicht, dass eine Massnahme, die keine solche Gefahr darstellt, automatisch zumutbar ist (ZAK 1985 S. 326 E. 1; Kieser, a.a.O., N 60 zu Art. 21; Meyer-Blaser, a.a.O., S. 138 f.); sie weist aber doch daraufhin, dass nur Gründe von einer gewissen Schwere zur Unzumutbarkeit führen. Die Zumutbarkeit ist sodann in Relation einerseits zur Tragweite der Massnahme, andererseits zur Bedeutung der in Frage stehenden Leistung zu beurteilen. Namentlich bei medizinischen Massnahmen, die einen starken Eingriff in die persönliche Integrität der versicherten Person darstellen können, ist an die Zumutbarkeit kein strenger Massstab anzulegen (ZAK 1985 S. 325 E. 1). Umgekehrt ist die Zumutbarkeit eher zu bejahen, wenn die fragliche Massnahme unbedenklich ist (RKUV 1995 Nr. U 213 S. 68 E. 2b). Sodann sind die Anforderungen an die Schadenminderungspflicht dort strenger, wo eine erhöhte Inanspruchnahme der Invalidenversicherung in Frage steht, namentlich wenn der Verzicht auf schadenmindernde Vorkehren Rentenleistungen auslöst (<ref-ruling> E. 4b S. 32; Urteil I 824/06 vom 13. März 2007, E. 3.1.1). 2.2 Der gestützt auf <ref-law> i.V.m. <ref-law> im Bereich der IV anwendbare <ref-law> stimmt inhaltlich weitgehend mit der Regelung der bis 31. Dezember 2002 gültig gewesenen Bestimmungen der <ref-law> und <ref-law> überein (BBl 1991 II 256, 1999 4567). Die hierzu ergangene Rechtsprechung bleibt somit gültig (Urteil I 462/05 vom 16. August 2006, E. 3.2; vgl. Kieser, ATSG-Kommentar, Zürich 2003, N 54 ff. zu Art. 21). Dies betrifft insbesondere die formellen Erfordernisse des Mahn- und Bedenkzeitverfahrens (<ref-ruling>; SVR 2005 IV Nr. 30 S. 113 [Urteil I 605/04 vom 11. Januar 2005]; Urteile I 824/06 vom 13. März 2007, E. 2.3, und I 462/05 vom 16. August 2006, E. 3.3). Für die Beantwortung der Frage nach der Zumutbarkeit der Behandlung oder Eingliederungsmassnahme im Sinne von <ref-law> kann auf die zu <ref-law> in der bis 31. Dezember 2002 gültig gewesenen Fassung ergangene Rechtsprechung verwiesen werden, da sich diesbezüglich mit dem neuen Recht nichts geändert hat (vgl. auch Urteil I 824/06 vom 13. März 2007, E. 3.1.1). Danach sind die gesamten persönlichen Verhältnisse, insbesondere die berufliche und soziale Stellung des Versicherten, zu berücksichtigen. Massgebend ist aber das objektiv Zumutbare, nicht die subjektive Wertung des Versicherten (ZAK 1982 S. 495 E. 3; Urteil I 105/93 vom 11. März 1994, E. 2a; Meyer-Blaser, Zum Verhältnismässigkeitsgrundsatz im staatlichen Leistungsrecht, Diss. Bern 1985, S. 189). Die gesetzliche Vorgabe, wonach Massnahmen, die eine Gefahr für Leben und Gesundheit darstellen, nicht zumutbar sind, bedeutet nicht, dass eine Massnahme, die keine solche Gefahr darstellt, automatisch zumutbar ist (ZAK 1985 S. 326 E. 1; Kieser, a.a.O., N 60 zu Art. 21; Meyer-Blaser, a.a.O., S. 138 f.); sie weist aber doch daraufhin, dass nur Gründe von einer gewissen Schwere zur Unzumutbarkeit führen. Die Zumutbarkeit ist sodann in Relation einerseits zur Tragweite der Massnahme, andererseits zur Bedeutung der in Frage stehenden Leistung zu beurteilen. Namentlich bei medizinischen Massnahmen, die einen starken Eingriff in die persönliche Integrität der versicherten Person darstellen können, ist an die Zumutbarkeit kein strenger Massstab anzulegen (ZAK 1985 S. 325 E. 1). Umgekehrt ist die Zumutbarkeit eher zu bejahen, wenn die fragliche Massnahme unbedenklich ist (RKUV 1995 Nr. U 213 S. 68 E. 2b). Sodann sind die Anforderungen an die Schadenminderungspflicht dort strenger, wo eine erhöhte Inanspruchnahme der Invalidenversicherung in Frage steht, namentlich wenn der Verzicht auf schadenmindernde Vorkehren Rentenleistungen auslöst (<ref-ruling> E. 4b S. 32; Urteil I 824/06 vom 13. März 2007, E. 3.1.1). 3. 3.1 Das kantonale Gericht ist aufgrund einer umfassenden, sorgfältigen, objektiven und inhaltsbezogenen Beweiswürdigung (<ref-law>; vgl. auch <ref-ruling> E. 4.1 S. 400), insbesondere gestützt auf die Gutachten der MEDAS des Spitals X._ (vom 7. November 2003 und 14. Mai 2004), davon ausgegangen, dass für das Leiden der Beschwerdeführerin grundsätzlich zwei Therapien zur Verfügung stehen, die überwiegend wahrscheinlich Heilung oder doch mindestens eine wieder vollständige Erwerbsfähigkeit erwarten liessen, nämlich entweder eine medikamentöse Behandlung des Schmerzsyndroms oder eine Psychotherapie. 3.2 Bei den Feststellungen über die möglichen Therapien sowie deren Erfolgswahrscheinlichkeit und Risiken handelt es sich um Sachverhaltsfeststellungen, welche das Bundesgericht nur mit eingeschränkter Kognition überprüft (E. 1.2 und 1.3; Urteil I 744/06, E. 3.3). Die von der Beschwerdeführerin gegen die vorinstanzlichen Feststellungen vorgebrachten Einwendungen sind - soweit substantiiert - nicht geeignet, diese als offensichtlich unrichtig oder unvollständig erscheinen zu lassen. Die Vorinstanz hat entscheidwesentlich auf die Gutachten der MEDAS des Spitals X._ abgestellt, denen, wie das kantonale Gericht zutreffend erwog, voller Beweiswert zukommt, da sie alle rechtsprechungsgemässen (<ref-ruling> E. 3 S. 352) Kriterien für beweiskräftige ärztliche Entscheidungsgrundlagen erfüllen. Die Expertisen ergingen gestützt auf gutachterliche Untersuchungen und in Kenntnis der Vorakten (Anamnese). Sie leuchten in der Darlegung der medizinischen Zusammenhänge ein und die Schlussfolgerungen der Fachärzte sind nachvollziehbar und überzeugend begründet. Wohl ergab die psychiatrische Begutachtung durch die MEDAS ("Eindisziplinäres Gutachten vom 14. Mai 2004"), dass keine Hinweise auf psychische Beschwerden vorlägen. Daraus kann, entgegen der offenbaren Auffassung der Beschwerdeführerin, indes nicht gefolgert werden, dass die insbesondere aus rheumatologischer Sicht (vgl. das rheumatologische Teilgutachten des Dr. med. B._, MEDAS, vom 4. Juli 2003) postulierte Medikation durch schmerzmodulierende Psychopharmaka oder alternativ eine psychotherapeutische Behandlung des rheumatologisch erhobenen Schmerzsyndroms nicht erfolgversprechend wäre, wirken doch bei Schmerzpatienten typischerweise Soma und Psyche in vielfältiger Weise je aufeinander ein. Auf der Basis dieses für das Bundesgericht verbindlichen Sachverhalts durfte das kantonale Gericht, ohne Bundesrecht zu verletzen, darauf erkennen, dass die Beschwerdeführerin keinen Anspruch auf Leisungen nach IVG (Rente, berufliche Massnahmen) hat. Mit der Vorinstanz wäre es der Versicherten ohne Weiteres zumutbar gewesen, sich einer der beiden alternativ diskutierten medizinischen Massnahmen zu unterziehen. 3.2 Bei den Feststellungen über die möglichen Therapien sowie deren Erfolgswahrscheinlichkeit und Risiken handelt es sich um Sachverhaltsfeststellungen, welche das Bundesgericht nur mit eingeschränkter Kognition überprüft (E. 1.2 und 1.3; Urteil I 744/06, E. 3.3). Die von der Beschwerdeführerin gegen die vorinstanzlichen Feststellungen vorgebrachten Einwendungen sind - soweit substantiiert - nicht geeignet, diese als offensichtlich unrichtig oder unvollständig erscheinen zu lassen. Die Vorinstanz hat entscheidwesentlich auf die Gutachten der MEDAS des Spitals X._ abgestellt, denen, wie das kantonale Gericht zutreffend erwog, voller Beweiswert zukommt, da sie alle rechtsprechungsgemässen (<ref-ruling> E. 3 S. 352) Kriterien für beweiskräftige ärztliche Entscheidungsgrundlagen erfüllen. Die Expertisen ergingen gestützt auf gutachterliche Untersuchungen und in Kenntnis der Vorakten (Anamnese). Sie leuchten in der Darlegung der medizinischen Zusammenhänge ein und die Schlussfolgerungen der Fachärzte sind nachvollziehbar und überzeugend begründet. Wohl ergab die psychiatrische Begutachtung durch die MEDAS ("Eindisziplinäres Gutachten vom 14. Mai 2004"), dass keine Hinweise auf psychische Beschwerden vorlägen. Daraus kann, entgegen der offenbaren Auffassung der Beschwerdeführerin, indes nicht gefolgert werden, dass die insbesondere aus rheumatologischer Sicht (vgl. das rheumatologische Teilgutachten des Dr. med. B._, MEDAS, vom 4. Juli 2003) postulierte Medikation durch schmerzmodulierende Psychopharmaka oder alternativ eine psychotherapeutische Behandlung des rheumatologisch erhobenen Schmerzsyndroms nicht erfolgversprechend wäre, wirken doch bei Schmerzpatienten typischerweise Soma und Psyche in vielfältiger Weise je aufeinander ein. Auf der Basis dieses für das Bundesgericht verbindlichen Sachverhalts durfte das kantonale Gericht, ohne Bundesrecht zu verletzen, darauf erkennen, dass die Beschwerdeführerin keinen Anspruch auf Leisungen nach IVG (Rente, berufliche Massnahmen) hat. Mit der Vorinstanz wäre es der Versicherten ohne Weiteres zumutbar gewesen, sich einer der beiden alternativ diskutierten medizinischen Massnahmen zu unterziehen. 4. Für die Beurteilung, ob die Beschwerdeführerin Anspruch auf eine befristete Rente bis zum Ablauf des Mahn- und Bedenkzeitverfahrens hat, d.h. bis jenem Zeitpunkt, in welchem die mit der Leistungsverweigerung zu sanktionierende Widersetzlichkeit feststand (vgl. hiezu AHI 1997 S. 36 E. 5a), ist von den gutachterlichen Stellungnahmen zur Arbeitsfähigkeit auszugehen. Laut Expertise vom 7. November 2003 ist es der Beschwerdeführerin möglich, die angestammte 50%ige Erwerbstätigkeit weiterhin auszuüben; rein theoretisch sei die bisherige Erwerbsarbeit in vollzeitlichem Umfang zumutbar. Die Leistungsfähigkeit in der bisherigen Erwerbstätigkeit ist gemäss den Gutachtern wegen Verlangsamung und des Einlegens schmerzbedingter Pausen um 30 - 40 % eingeschränkt. Dies gilt unabhängig davon, ob ein vollzeitliches Pensum oder aber - wie hier - eine 50%ige Erwerbstätigkeit in Frage steht, weshalb entgegen der Vorinstanz nicht auf eine durchschnittliche Restarbeitsfähigkeit von 65 % geschlossen werden kann. Zieht man in Betracht, dass die Gutachter hinsichtlich - in allen Teilen - leidensangepasster Tätigkeiten eine Leistungseinschränkung von 20 - 30 % postulieren, ist die Restarbeitsfähigkeit in der angestammten 50%igen Erwerbsarbeit vielmehr um maximal 30 % vermindert. Daraus resultiert für den Bereich Erwerbstätigkeit ein - mit dem Faktor 0.5 gewichteter - Invaliditätsgrad von 15 % (zum Prozentvergleich: <ref-ruling> E. 3a S. 313 mit Hinweisen). Mit Blick auf die Akten, worunter das von der Beschwerdeführerin letztinstanzlich eingereichte Gutachten des Zentrums Y._ vom 27. Juni 2006, wonach die Arbeitsfähigkeit im Haushalt im Anschluss an den Unfall vom 9. September 2000 bloss während zweier Monate teilweise eingeschränkt war, fällt ausser Betracht, dass die Beschwerdeführerin im Haushalt - ungewichtet - ab Dezember 2000 (vgl. <ref-law>) mindestens 50 % eingeschränkt war, was Voraussetzung für den Anspruch auf eine Viertelsrente gewesen wäre (vgl. <ref-law>), weshalb die Vorinstanz im Ergebnis zu Recht den Anspruch auf eine befristete Rente verneint hat. 4. Für die Beurteilung, ob die Beschwerdeführerin Anspruch auf eine befristete Rente bis zum Ablauf des Mahn- und Bedenkzeitverfahrens hat, d.h. bis jenem Zeitpunkt, in welchem die mit der Leistungsverweigerung zu sanktionierende Widersetzlichkeit feststand (vgl. hiezu AHI 1997 S. 36 E. 5a), ist von den gutachterlichen Stellungnahmen zur Arbeitsfähigkeit auszugehen. Laut Expertise vom 7. November 2003 ist es der Beschwerdeführerin möglich, die angestammte 50%ige Erwerbstätigkeit weiterhin auszuüben; rein theoretisch sei die bisherige Erwerbsarbeit in vollzeitlichem Umfang zumutbar. Die Leistungsfähigkeit in der bisherigen Erwerbstätigkeit ist gemäss den Gutachtern wegen Verlangsamung und des Einlegens schmerzbedingter Pausen um 30 - 40 % eingeschränkt. Dies gilt unabhängig davon, ob ein vollzeitliches Pensum oder aber - wie hier - eine 50%ige Erwerbstätigkeit in Frage steht, weshalb entgegen der Vorinstanz nicht auf eine durchschnittliche Restarbeitsfähigkeit von 65 % geschlossen werden kann. Zieht man in Betracht, dass die Gutachter hinsichtlich - in allen Teilen - leidensangepasster Tätigkeiten eine Leistungseinschränkung von 20 - 30 % postulieren, ist die Restarbeitsfähigkeit in der angestammten 50%igen Erwerbsarbeit vielmehr um maximal 30 % vermindert. Daraus resultiert für den Bereich Erwerbstätigkeit ein - mit dem Faktor 0.5 gewichteter - Invaliditätsgrad von 15 % (zum Prozentvergleich: <ref-ruling> E. 3a S. 313 mit Hinweisen). Mit Blick auf die Akten, worunter das von der Beschwerdeführerin letztinstanzlich eingereichte Gutachten des Zentrums Y._ vom 27. Juni 2006, wonach die Arbeitsfähigkeit im Haushalt im Anschluss an den Unfall vom 9. September 2000 bloss während zweier Monate teilweise eingeschränkt war, fällt ausser Betracht, dass die Beschwerdeführerin im Haushalt - ungewichtet - ab Dezember 2000 (vgl. <ref-law>) mindestens 50 % eingeschränkt war, was Voraussetzung für den Anspruch auf eine Viertelsrente gewesen wäre (vgl. <ref-law>), weshalb die Vorinstanz im Ergebnis zu Recht den Anspruch auf eine befristete Rente verneint hat. 5. Das Verfahren ist kostenpflichtig (Art. 134 zweiter Satz OG in der ab 1. Juli 2006 gültig gewesenen Fassung). Die Gerichtskosten sind der Beschwerdeführerin als unterliegender Partei aufzuerlegen (Art. 156 Abs. 1 in Verbindung mit Art. 135 OG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons Solothurn, der Ausgleichskasse des Kantons Solothurn und dem Bundesamt für Sozialversicherungen zugestellt. Luzern, 31. August 2007 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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2,001
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A.- Le 4 novembre 1992, X._ a signé une demande d'assistance judiciaire civile portant sur l'avance de la totalité des émoluments de justice et l'assistance d'un avocat d'office dans le cadre du procès pécuniaire ouvert par elle contre la société Y._ SA. Elle s'y déclarait "d'accord de rembourser les frais de procès qui seront avancés par l'Etat à raison de versements mensuels de 50 fr.". Par décision du 12 février 1993, le Bureau de l'assistance judiciaire du canton de Vaud a accordé l'assistance judiciaire requise, "sous réserve de restitution en cas de gain total ou partiel du procès". B.- Le procès contre Y._ SA a abouti à la condamnation de cette société à payer à X._ les sommes de 1'999 fr. 50 sous déduction des charges sociales, de 3'485 fr. avec intérêt à 5% l'an dès le 29 octobre 1992, et de 4'646 fr. à titre de dépens réduits. Selon deux listes de frais visées par le Bureau de l'assistance judiciaire le 6 février 1998, le total des avances effectuées par l'Etat de Vaud pour cette procédure s'est élevé à 9'721 fr. 40. Le 4 mars 1998, l'Etat de Vaud a réclamé à X._ le remboursement de ce dernier montant par des acomptes mensuels de 100 fr. dès et y compris le 1er avril 1998. Le 7 avril 1998, il a réduit sa demande de remboursement à des acomptes de 50 fr. par mois. X._ a refusé de payer, invoquant sa situation financière précaire. C.- Le 4 janvier 2000, l'Office des poursuites et faillites de Vevey a notifié à X._, sur réquisition de l'Etat de Vaud, un commandement de payer la somme de 9'721 fr. 40 sans intérêt. L'opposition formée par la poursuivie a été levée définitivement à concurrence de 1'200 fr. sans intérêt par prononcé rendu le 18 mai 2000 par le Président du Tribunal du district de Vevey. Statuant par arrêt du 28 septembre 2000 sur recours de la poursuivie, la Cour des poursuites et faillites du Tri-bunal cantonal du canton de Vaud a réformé ce prononcé en ce sens que l'opposition formée par la poursuivie est provisoirement levée à concurrence de 600 fr. sans intérêt, et maintenue pour le surplus; elle a en outre condamné la poursuivie à payer au poursuivant la somme de 30 fr. en remboursement d'une partie des frais de première instance, arrêtés à 150 fr., le poursuivant étant quant à lui condamné à payer à la poursuivie la somme de 275 fr. en remboursement d'une partie des frais de seconde instance, fixés à 450 fr. D.- Agissant par la voie du recours de droit public au Tribunal fédéral, X._ conclut avec suite de frais et dépens à l'annulation de cet arrêt, son opposition étant maintenue et les frais de première et seconde instance étant mis à la charge de l'Etat de Vaud. Elle présente en outre une demande d'effet suspensif - que le Président de la Cour de céans a rejetée par décision du 12 décembre 2000 - et sollicite l'octroi de l'assistance judiciaire. L'intimé conclut au rejet du recours.
Considérant en droit : 1.- La décision prononçant ou refusant en dernière instance cantonale la mainlevée provisoire de l'opposition est une décision finale au sens de l'art. 87 OJ qui peut faire l'objet d'un recours de droit public (<ref-ruling> consid. 1; <ref-ruling> consid. 1, 527 consid. 1 in fine; <ref-ruling> consid. 3). Le recours est ainsi recevable de ce chef. 2.- a) La motivation de l'arrêt attaqué, dans ce qu'elle a d'utile à retenir, peut être résumée comme suit. La loi vaudoise du 24 novembre 1981 sur l'assistance judiciaire en matière civile (LAJ; RSV 2.8 C) ne conférant pas la qualité de titre exécutoire à la liste des frais, seu-le la mainlevée provisoire peut être prononcée, pour autant qu'il ressorte des documents produits, sur la base d'un examen sommaire, que le poursuivi a assumé l'obligation de payer une créance exigible, chiffrée et dépouillée de conditions. Selon l'art. 18 al. 1 LAJ, "l'Etat demeure créancier pour ses avances et peut en récupérer le montant sur le bénéficiaire devenu solvable, la solvabilité pouvant notamment résulter d'avantages obtenus par voie de transaction ou de jugement". Ainsi, le remboursement de l'avance est soumis par la loi à une condition, qui est la solvabilité de la personne assistée. Cette notion s'apparente au retour à meilleure fortune en matière de faillite et sous-entend un changement non négligeable dans la situation financière du bénéficiaire de l'avance. En l'occurrence, la demande d'assistance judiciaire, même rapprochée des listes de frais, ne saurait permettre le recouvrement de la créance pour le total de la somme avancée par l'Etat. En effet, ce dernier n'a pas établi la solvabilité de la poursuivie. On sait en particulier que le gain du procès a été considérablement inférieur au montant de l'avance et il ne ressort aucunement des pièces au dossier que la situation financière de la poursuivie se serait améliorée depuis l'octroi de l'assistance judiciaire. Lorsqu'elle a requis l'assistance judiciaire, la poursuivie s'est engagée à rembourser les montants avancés par des acomptes mensuels de 50 fr.; ce faisant, elle a reconnu la dette, dont le principe résulte de la demande d'assistance judiciaire et dont la quotité ressort des listes de frais, et elle en a admis l'exigibilité à concurrence de 50 fr. par mois. L'engagement de la poursuivie a été souscrit sans condition ni réserve et tient compte de sa situation financière dont elle ne prétend pas qu'elle se soit péjorée depuis lors. Dès lors, la mainlevée provisoire peut être prononcée à concurrence de 600 fr. Ce montant correspond aux acomptes mensuels de 50 fr. chacun échus du 1er avril 1998 à la réquisition de poursuite du 27 décembre 1999, soit 1'050 fr., sous déduction d'un montant que 450 fr. que la poursuivie peut opposer en compensation au poursuivant. b) La recourante se plaint d'une application arbitraire du droit et d'une contradiction entre le fait et le droit. En effet, l'autorité cantonale a commencé par exposer que l'art. 18 al. 1 LAJ subordonnait le remboursement de l'avance à la condition que le bénéficiaire de l'avance soit devenu solvable, et elle a précisément constaté que la situation financière de la recourante ne s'était pas améliorée depuis l'octroi de l'assistance judiciaire. Or ce nonobstant, l'autorité cantonale a accordé la mainlevée provisoire en considérant que l'engagement de la poursuivie avait été sous-crit sans condition ni réserve et qu'il tenait compte de sa situation financière, dont elle ne prétendait pas qu'elle se fût péjorée depuis lors. 3.- a) Aux termes de l'art. 82 al. 1 LP, le créancier dont la poursuite se fonde sur une reconnaissance de dette constatée par acte authentique ou sous seing privé peut requérir la mainlevée provisoire. Constitue une reconnaissance de dette, au sens de cette disposition, l'acte authentique ou sous seing privé signé par le poursuivi d'où ressort sa volonté de payer au poursuivant, sans réserve ni condition, une somme d'argent déterminée, ou aisément déterminable, et échue; elle peut découler du rapprochement de plusieurs pièces, autant que les éléments nécessaires en résultent (<ref-ruling> consid. 2 in limine et les références citées). Selon l'art. 82 al. 2 LP, le juge, en présence d'une reconnaissance de dette au sens de l'al. 1 de cette disposition, prononce la mainlevée provisoire si le débiteur ne rend pas immédiatement vraisemblable sa libération. Le poursuivi peut notamment rendre vraisemblable l'inexistence de la dette en soulevant toutes les exceptions qui peuvent être fondées sur le rapport juridique à la base de la reconnaissance (Daniel Staehelin, Kommentar zum Bundesgesetz über Schuldbetreibung und Konkurs, SchKG I, Bâle 1998, n. 90 ad art. 82 LP et la jurisprudence citée). b) En l'espèce, il est incontestable que le rapport juridique à la base de la reconnaissance de dette réside dans les avances consenties par l'Etat de Vaud à la poursuivie sur la base de la loi du 24 novembre 1981 sur l'assistance judiciaire en matière civile. Or la cour cantonale a exposé que l'art. 18 al. 1 de cette loi soumet le remboursement de l'avance à la condition que la personne assistée soit devenue solvable, ce qui sous-entend un changement non négligeable dans la situation financière du bénéficiaire de l'avance. Elle a ensuite constaté que la situation financière de la poursuivie ne s'était pas améliorée depuis l'octroi de l'assistance judiciaire. En omettant d'en tirer d'office, selon le principe "iura novit curia" (cf. Daniel Staehelin, op. cit. , n. 88 ad art. 82 LP), la conclusion que la mainlevée provisoire devait être refusée en vertu de l'art. 82 al. 2 LP, la poursuivie ayant rendu vraisemblable sa libération, les juges cantonaux se sont écartés sans motif de cette disposition et sont ainsi tombés dans l'arbitraire (cf. <ref-ruling> consid. 3a et la jurisprudence citée). 4.- Il résulte de ce qui précède que le recours, fondé, doit être admis et l'arrêt attaqué annulé. Conséquence de cette annulation, l'autorité cantonale devra statuer à nouveau dans le sens des considérants, y compris sur les frais de première et seconde instance. L'intimé, qui succombe, supportera les frais de la procédure devant le Tribunal fédéral (art. 156 al. 1 OJ), ce qui rend sans objet la demande d'assistance judiciaire de la recourante. Celle-ci n'a pas droit à des dépens, dès lors qu'elle n'est pas représentée par un avocat et n'a pas réclamé le remboursement de débours, ni fait valoir des circonstances particulières justifiant l'octroi d'une indemnité pour perte de temps ou de gain (cf. ATF 113 Ib 353 consid. 6b).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral : 1. Admet le recours et annule l'arrêt attaqué. 2. Met un émolument judiciaire de 1'000 fr. à la charge de l'intimé. 3. Communique le présent arrêt en copie aux parties et à la Cour des poursuites et faillites du Tribunal cantonal du canton de Vaud. _ Lausanne, le 30 janvier 2001 ABR/frs Au nom de la IIe Cour civile du TRIBUNAL FEDERAL SUISSE : Le Président, Le Greffier,
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Considérant en fait et en droit: 1. P._ est assurées auprès d'Assura, assurance maladie et accident (ci-après: Assura) pour l'assurance obligatoire des soins en cas de maladie. Malgré les rappels et sommations de son assureur, elle ne s'est pas acquittée du montant des primes dues pour la période courant du mois d'octobre au mois de décembre 2007. Un commandement de payer lui a été notifié par l'intermédiaire de l'Office des Poursuites et Faillites de A._ le 11 février 2008 pour un montant de 561 fr., auquel s'ajoutaient des frais de rappel et de dossier pour un montant de 40 fr. Par décision du 26 mars 2008, Assura a levé l'opposition formée par P._ à concurrence du montant de 651 fr. Faute pour l'assurée d'avoir motivé son opposition, Assura n'est pas entrée en matière sur celle-ci (décision du 20 juin 2006). 2. Par jugement du 8 octobre 2008, le Tribunal des assurances du canton de Vaud n'est pas entré en matière sur le recours formé par l'assurée, dans la mesure où l'acte de recours ne présentait ni moyens ni conclusions précises. 3. Par acte daté du 13 janvier 2009, P._ interjette un recours en matière de droit public contre ce jugement dont elle demande l'annulation. Elle assortit son recours d'une demande d'assistance judiciaire et sollicite l'effet suspensif. 4. Aux termes de l'art. 42 al. 1 et 2 de la loi sur le Tribunal fédéral (LTF; RS 173.110), le mémoire de recours doit, sous peine d'irrecevabilité (<ref-law>), indiquer les conclusions, les motifs et les moyens de preuve. Les motifs doivent exposer succinctement en quoi l'acte attaqué viole le droit, au sens des art. 95 et 96 LTF. Le recourant doit notamment fournir une argumentation topique, répondant à la motivation retenue par la juridiction de recours de première instance, le simple renvoi aux écritures précédentes ou à des pièces du dossier n'étant pas suffisant (voir <ref-ruling> consid. 1a p. 336 et 113 Ib 287, rendus sous l'empire de l'art. 108 al. 2 de la loi fédérale d'organisation judiciaire [OJ], en vigueur jusqu'au 31 décembre 2006). 5. En tant qu'elle se borne à renvoyer au dossier et à relever que le Tribunal des assurances ne devait pas déclarer irrecevable son recours, l'argumentation développée devant la Cour de céans ne répond pas aux exigences formelles posées par le législateur et explicitées par la jurisprudence. Faute d'exposer en quoi le jugement d'irrecevabilité rendu par la juridiction cantonale violerait le droit fédéral, la motivation du recours se révèle manifestement insuffisante. Le recours formé par l'assurée doit dès lors être déclaré irrecevable et traité selon la procédure simplifiée de l'<ref-law>, sans qu'il y ait lieu d'ordonner un échange d'écritures. Etant donné l'issue de la procédure, la demande d'effet suspensif n'a plus d'objet. 6. L'échec prévisible des conclusions de la recourante commande le rejet de sa requête d'assistance judiciaire (<ref-law>) et sa condamnation aux frais afférents à la présente procédure (<ref-law>).
par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est irrecevable. 2. La demande d'assistance judiciaire est rejetée. 3. Les frais judiciaires, arrêtés à 500 fr., sont mis à la charge de la recourante. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties, au Tribunal des assurances du canton de Vaud et à l'Office fédéral de la santé publique. Lucerne, le 27 février 2009 Au nom de la IIe Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse Le Président: Le Greffier: Meyer Piguet
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2,011
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Nach Einsicht in die Verfassungsbeschwerde gegen das Urteil (ZKBES.2011.37) vom 8. März 2011 des Obergerichts des Kantons Solothurn, das eine Beschwerde des Beschwerdeführers gegen die erstinstanzliche Erteilung der definitiven Rechtsöffnung an den Beschwerdegegner für Fr. 100.-- (nebst Zins und Kosten) ebenso abgewiesen hat wie das Gesuch des Beschwerdeführers um unentgeltliche Rechtspflege, in das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege für das bundesgerichtliche Verfahren,
in Erwägung, dass gegen das in einer vermögensrechtlichen Angelegenheit ergangene Urteil des Obergerichts mangels Erreichens der Streitwertgrenze (Art. 74 Abs. 1 lit. b BGG) und mangels Vorliegens einer Ausnahme gemäss Art. 74 Abs. 2 BGG allein die subsidiäre Verfassungsbeschwerde nach Art. 113ff. BGG offen steht, weshalb die Eingabe des Beschwerdeführers als solche entgegengenommen worden ist, dass in einer subsidiären Verfassungsbeschwerde die Rüge der Verletzung verfassungsmässiger Rechte vorzubringen und zu begründen (Art. 117 i.V.m. Art. 106 Abs. 2 BGG sowie Art. 116 BGG), d.h. anhand der Erwägungen des kantonalen Entscheids klar und detailliert darzulegen ist, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch diesen Entscheid verletzt sein sollen (<ref-ruling> E. 3.1 S. 399), ansonst auf die Beschwerde nicht eingetreten wird (Art. 117 i.V.m. Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG), dass das Obergericht im Urteil vom 8. März 2011 erwog, die Betreibungsforderung (Gerichtskosten) beruhe auf einem rechtskräftigen Beschluss/Urteil des Obergerichts des Kantons Solothurn und damit auf einem definitiven Rechtsöffnungstitel im Sinne von Art. 80 SchKG, Einwendungen nach Art. 81 SchKG erhebe der Beschwerdeführer keine, der Vorderrichter habe deshalb zu Recht die definitive Rechtsöffnung erteilt, die unentgeltliche Rechtspflege könne dem Beschwerdeführer in Anbetracht der Aussichtslosigkeit der Beschwerde nicht gewährt werden, dass der Beschwerdeführer in seiner Eingabe an das Bundesgericht nicht in nachvollziehbarer Weise auf die entscheidenden obergerichtlichen Erwägungen eingeht, dass er erst recht nicht nach den gesetzlichen Anforderungen, d.h. klar und detailliert anhand der obergerichtlichen Erwägungen aufzeigt, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch das Urteil des Obergerichts verletzt sein sollen, dass der Beschwerdeführer ausserdem einmal mehr allein zum Zweck der Verzögerung der Zwangsvollstreckung und damit missbräuchlich prozessiert (Art. 42 Abs. 7 BGG), dass somit auf die - offensichtlich keine hinreichende Begründung enthaltende und überdies missbräuchliche - Verfassungsbeschwerde in Anwendung von Art. 117 i.V.m. Art 108 Abs. 1 lit. b und c BGG nicht einzutreten ist, dass die unentgeltliche Rechtspflege infolge der Aussichtslosigkeit der Verfassungsbeschwerde nicht gewährt werden kann (Art. 64 Abs. 1 BGG), dass der unterliegende Beschwerdeführer kostenpflichtig wird (Art. 66 Abs. 1 BGG), dass in den Fällen des Art. 117 i.V.m. Art. 108 Abs. 1 BGG das vereinfachte Verfahren zum Zuge kommt und die Abteilungspräsidentin zuständig ist, dass sich das Bundesgericht in dieser Sache vorbehält, allfällige weitere Eingaben in der Art der bisherigen, namentlich missbräuchliche Revisionsgesuche ohne Antwort abzulegen,
erkennt die Präsidentin: 1. Auf die Verfassungsbeschwerde wird nicht eingetreten. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 50.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Solothurn schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 23. März 2011 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Der Gerichtsschreiber: Hohl Füllemann
CH_BGer_005
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2,008
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Faits: A. A._, ressortissant angolais né le 8 juillet 1972, est entré en Suisse en octobre 1990 en sollicitant le statut de réfugié. Le 25 février 1992, l'Office fédéral des réfugiés a rendu une décision de non-entrée en matière sur sa demande d'asile et a prononcé simultanément son renvoi de Suisse. Cette décision a été confirmée le 4 juin 1992 par la Commission suisse de recours en matière d'asile. Le 13 juin 1994, A._ a présenté une nouvelle demande d'asile qui a été rejetée en date du 20 octobre 1994. En raison de la situation politique régnant alors en Angola, il a bénéficié d'une admission provisoire en Suisse, que l'Office fédéral des réfugiés a levée le 8 août 1996. Le recours interjeté contre cette dernière décision a été déclaré irrecevable le 18 décembre 1996. Le 25 octobre 1996, A._ a épousé B._, ressortissante suisse née le 13 avril 1949 et mère de deux enfants issus de son premier mariage. Il s'est vu délivrer une autorisation de séjour annuelle qui a régulièrement été renouvelée jusqu'en octobre 2001, date à laquelle il a obtenu une autorisation d'établissement. Le 18 octobre 1999, A._ a introduit une demande visant à l'octroi de la naturalisation facilitée. Le 4 février 2002, le requérant et son épouse ont contresigné une déclaration écrite aux termes de laquelle ils confirmaient vivre en communauté conjugale effective et stable, résider à la même adresse et n'envisager ni séparation, ni divorce. Par décision du 9 avril 2002, l'Office fédéral des étrangers, intégré depuis lors à l'Office fédéral des migrations, a accordé la naturalisation facilitée à A._. En date du 2 juin 2005, le Service de l'état civil et des naturalisations du canton de Fribourg lui a transmis une demande de naturalisation facilitée concernant une petite fille de nationalité ivoirienne, C._, née le 25 octobre 2004, que A._ avait reconnue comme son enfant le 17 novembre 2004. Avisé du fait que les époux vivent séparés depuis le 1er avril 2003, l'Office fédéral des migrations a invité A._ à prendre position sur l'opportunité d'ouvrir une procédure en annulation de la naturalisation facilitée. L'intéressé s'est déterminé le 9 juin 2005. B._ a été entendue le 10 janvier 2006. Par décision du 2 juin 2006, l'Office fédéral des migrations a prononcé avec l'assentiment de l'autorité cantonale compétente l'annulation de la naturalisation facilitée accordée à A._ au motif que l'octroi de celle-ci s'était effectué sur la base de déclarations mensongères voire d'une dissimulation de faits essentiels. Le Tribunal administratif fédéral a confirmé cette décision au terme d'un arrêt rendu le 19 mars 2008 sur recours de A._ et de son épouse. B. Agissant par la voie du recours en matière de droit public, A._ et B._ demandent au Tribunal fédéral de réformer cet arrêt en ce sens que la naturalisation facilitée accordée à A._ le 9 avril 2002 n'est pas annulée. Ils concluent à titre subsidiaire à l'annulation de l'arrêt attaqué et au renvoi de la cause au Département fédéral de justice et police pour qu'il prononce que la naturalisation facilitée de A._ n'est pas annulée, respectivement pour qu'il renvoie la cause à l'Office fédéral des migrations pour que ce dernier prononce que la naturalisation facilité de A._ n'est pas annulée. Ils invoquent l'arbitraire dans l'appréciation des faits. L'Office fédéral des migrations et le Tribunal administratif fédéral ont renoncé à se déterminer. C. Par ordonnance du 19 mai 2008, le Juge instructeur a admis la requête d'effet suspensif présentée par les recourants.
Considérant en droit: 1. L'arrêt entrepris émane du Tribunal administratif fédéral et concerne l'annulation de la naturalisation facilitée accordée à A._. Il peut faire l'objet d'un recours en matière de droit public (art. 82 al. 1 let. a et 86 al. 1 let. a LTF). Le motif d'exclusion de l'<ref-law> n'entre pas en ligne de compte, dès lors qu'il s'agit en l'espèce de naturalisation facilitée et non pas de naturalisation ordinaire (arrêt 1C_85/2007 du 6 septembre 2007 consid. 2). La qualité pour recourir de A._ au sens de l'<ref-law> est manifeste. Il n'en va pas de même de celle de son épouse. On ne voit en effet pas quel intérêt juridique B._ pourrait faire valoir afin de s'opposer à la révocation de la naturalisation facilitée de son époux dont elle vit séparée depuis plus de cinq ans. Vu l'issue du recours sur le fond, cette question peut toutefois demeurer indécise. 2. En vertu de l'art. 27 al. 1 de la loi fédérale du 29 septembre 1952 sur l'acquisition et la perte de la nationalité suisse (LN; RS 141.0), un étranger peut, ensuite de son mariage avec un ressortissant suisse, former une demande de naturalisation facilitée s'il a résidé en Suisse pendant cinq ans en tout (let. a) ou s'il y réside depuis une année (let. b) et vit depuis trois ans en communauté conjugale avec un ressortissant suisse (let. c). La naturalisation facilitée ne peut pas être accordée, en particulier, s'il n'a pas de communauté conjugale au moment du dépôt de la requête ou à la date de la décision de naturalisation. D'après la jurisprudence, la notion de communauté conjugale suppose non seulement l'existence formelle d'un mariage, mais encore une véritable communauté de vie des conjoints; tel est le cas s'il existe une volonté commune et intacte de ceux-ci de maintenir une union conjugale stable; une séparation survenue peu après l'octroi de la naturalisation constitue un indice de l'absence de cette volonté lors de l'obtention de la citoyenneté suisse (<ref-ruling> consid. 2 p. 484; <ref-ruling> consid. 3a p. 98; <ref-ruling> consid. 2b p. 52). Conformément aux art. 41 al. 1 LN et 14 al. 1 de l'ordonnance du 17 novembre 1999 sur l'organisation du Département fédéral de justice et police (RS 172.213.1), l'Office fédéral des migrations peut, avec l'assentiment de l'autorité du canton d'origine, annuler dans les cinq ans une naturalisation facilitée obtenue par des déclarations mensongères ou par la dissimulation de faits essentiels. Pour qu'une naturalisation facilitée soit annulée, il ne suffit donc pas qu'elle ait été accordée alors que l'une ou l'autre de ses conditions n'était pas remplie; il faut qu'elle ait été acquise grâce à un comportement déloyal et trompeur. S'il n'est pas besoin que ce comportement soit constitutif d'une escroquerie au sens du droit pénal, il est nécessaire que l'intéressé ait donné sciemment de fausses informations à l'autorité ou qu'il l'ait délibérément laissée dans l'erreur sur des faits qu'il savait essentiels (<ref-ruling> consid. 3.1 p. 115 et les arrêts cités). Tel est notamment le cas si le requérant déclare vivre en communauté stable avec son conjoint alors qu'il envisage de se séparer une fois obtenue la naturalisation facilitée; peu importe que son mariage se soit ou non déroulé jusqu'ici de manière harmonieuse (arrêt 5A.22/2006 du 13 juillet 2006 consid. 2.2). La nature potestative de l'art. 41 al. 1 LN confère une certaine latitude à l'autorité compétente, qui doit toutefois s'abstenir de tout abus dans l'exercice de cette liberté. Commet un abus de son pouvoir d'appréciation l'autorité qui se fonde sur des critères inappropriés, ne tient pas compte de circonstances pertinentes ou rend une décision arbitraire, contraire au but de la loi ou au principe de la proportionnalité (<ref-ruling> consid. 1.2 p. 180). L'administration supporte le fardeau de la preuve lorsque la décision intervient, comme en l'espèce, au détriment de l'administré. Cela étant, la jurisprudence admet dans certaines circonstances que l'autorité puisse se fonder sur une présomption. C'est notamment le cas pour établir que le conjoint naturalisé a menti lorsqu'il a déclaré former une union stable, dans la mesure où il s'agit d'un fait psychique, lié à des éléments relevant de la sphère intime, souvent inconnus de l'administration et difficiles à prouver (<ref-ruling> consid. 3.2 p. 485). Partant, si l'enchaînement rapide des événements fonde la présomption de fait que la naturalisation a été obtenue frauduleusement, il incombe alors à l'administré de renverser cette présomption, non seulement en raison de son devoir de collaborer à l'établissement des faits (<ref-law>), mais également dans son propre intérêt. S'agissant d'une présomption de fait, qui ressortit à l'appréciation des preuves et ne modifie pas le fardeau de la preuve, il suffit que l'administré parvienne à faire admettre l'existence d'une possibilité raisonnable qu'il n'ait pas menti en déclarant former une communauté stable avec son conjoint (<ref-ruling> consid. 3.2 p. 486). 3. Un examen chronologique des faits pertinents de la cause pouvait sans arbitraire conduire l'Office fédéral des migrations puis le Tribunal administratif fédéral à douter que, par son mariage avec B._, le recourant ait véritablement entendu fonder une communauté conjugale au sens de l'art. 27 LN. La contraction d'un mariage avec une personne de plus de vingt ans son aînée peu après la levée d'une mesure d'admission provisoire dont il bénéficiait depuis plus de trois ans pouvait en effet donner à penser que par ledit mariage le recourant cherchait avant tout à obtenir une autorisation de séjour en Suisse (cf. arrêt 5A.11/2006 du 27 juin 2006 consid. 3.1). Le fait qu'il a déposé une demande de naturalisation facilitée presque trois ans jour pour jour après son mariage et qu'il a entretenu une relation extra-conjugale durable avec une femme de trente cinq ans plus jeune que son épouse quelques mois seulement après leur séparation tendaient à confirmer que la stabilité requise de la communauté conjugale n'existait déjà plus lors du prononcé de la naturalisation facilitée, respectivement au moment de la signature de la déclaration de vie commune. Il leur incombait dès lors de renverser cette présomption en rendant vraisemblable la survenance d'un événement extraordinaire, de nature à expliquer une dégradation aussi rapide du lien conjugal après un peu plus de six ans de mariage, ou en démontrant qu'ils n'avaient pas encore conscience de la gravité des problèmes rencontrés par leur couple au moment de la procédure de naturalisation facilitée (<ref-ruling> consid. 3.2 p. 485/486). Les recourants soutiennent que leur séparation n'aurait eu d'autre but que celui de satisfaire la volonté exprimée par A._ d'avoir des enfants et n'impliquait aucune rupture du lien conjugal toujours intact. Ce désir de paternité, auquel B._ n'était pas en mesure de répondre en raison de son âge, se serait manifesté après la signature de la déclaration commune, au retour d'un voyage de deux semaines que le recourant a effectué dans sa famille en Angola en juillet 2002. En prenant pour épouse une personne de plus de vingt ans son aînée, ayant déjà deux filles d'un premier mariage, A._ ne pouvait ignorer que la perspective d'avoir des enfants communs était considérablement réduite, voire nulle. On ne voit pas en quoi le voyage effectué dans son pays d'origine en été 2002 aurait été décisif dans sa décision de vouloir des enfants. Il s'agissait au contraire d'une question qui devait inévitablement se poser lorsque les époux ont signé la déclaration de vie commune en février 2002. Si le lien qui les unissait était aussi solide que les époux A._ et B._ le prétendent, il aurait dû prévaloir sur la volonté du recourant d'assurer une descendance. Les conjoints auraient également pu songer, le cas échéant, à l'adoption, qui aurait permis de maintenir la communauté de vie du couple et satisfaire le désir de paternité du recourant. Ce dernier élément ne constituait donc pas un événement imprévu susceptible d'expliquer la cessation de la communauté conjugale dans un laps de temps aussi bref, après plus de six ans de mariage. A tout le moins, le Tribunal administratif fédéral n'a pas fait preuve d'arbitraire en admettant qu'il en allait ainsi. Il importe peu que les recourants continuent à entretenir des relations aussi profondes qu'auparavant et n'entendent pas divorcer. Pareilles relations sont inconciliables avec la conception de la communauté conjugale que la loi fédérale sur la nationalité tend à protéger, laquelle implique une communauté de vie étroite, de toit, de table et de lit, qui exclut la coexistence d'une autre relation du même type avec une tierce personne. Les recourants doivent à cet égard assumer les conséquences de leur choix de vie sur la naturalisation facilitée. Quant au déménagement de la recourante près de Berne après six ans de mariage, il ne pouvait s'expliquer par la seule nécessité de se rapprocher de son lieu de travail et de sa mère malade. Comme le relève à juste titre le Tribunal administratif fédéral, A._ aurait pu sans difficulté accompagner son épouse à Berne; à tout le moins, on pouvait attendre un tel comportement de la part du recourant si, comme il l'affirme, le lien conjugal était toujours intact. La constitution par l'épouse d'un domicile séparé ne repose donc pas sur des circonstances extraordinaires indépendantes de la volonté du couple qui permettraient d'admettre l'existence d'une communauté conjugale encore intacte au sens de la jurisprudence (cf. ATF <ref-ruling> consid. 2b p. 51). La recourante a au surplus fait état lors de son audition d'un besoin de prendre de la distance et de mener à nouveau sa propre vie selon son goût, admettant que la différence d'âge et de culture entre les époux, si elle n'avait jamais constitué un obstacle à leur mariage, avait néanmoins très certainement également joué un rôle dans leur séparation. Le Tribunal administratif fédéral pouvait sans autre y voir un indice supplémentaire du fait que la relation de couple était déjà entamée en février 2002, lorsque les époux A._ et B._ ont signé la déclaration concernant la communauté conjugale. Enfin, il importe peu pour l'issue de la cause que la recourante ait été à l'origine de la procédure de séparation. Ce fait repose au demeurant sur les seules déclarations des recourants, lesquelles sont contredites par les pièces du dossier qui tendent à établir que le jugement du 17 novembre 2003 prononçant la séparation de corps des époux A._ et B._ fait suite à une requête commune des conjoints. Les conditions d'application de l'art. 41 LN sont donc réunies et l'Office des migrations, puis le Tribunal administratif fédéral, n'ont nullement abusé de leur pouvoir d'appréciation en annulant la naturalisation facilitée accordée au recourant. 4. Il s'ensuit que le recours doit être rejeté dans la mesure où il est recevable, aux frais de leurs auteurs (art. 65 et 66 al. 1 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 2'000 fr., sont mis à la charge des recourants. 3. Le présent arrêt est communiqué au mandataire des recourants, à l'Office fédéral des migrations et au Tribunal administratif fédéral. Lausanne, le 1er juillet 2008 Au nom de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président: Le Greffier: Féraud Parmelin
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2,008
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Faits: A. A._, ressortissant tunisien né le 29 juin 1963, est entré en Suisse le 2 janvier 1996. Le 23 février 1996, il a épousé B._, ressortissante suisse de quatre ans son aînée et divorcée. Il s'est ainsi vu délivrer une autorisation de séjour. Le 8 juillet 2002, A._ a déposé une demande de naturalisation facilitée. Le requérant et son épouse ont contresigné, le 25 juin 2003, une déclaration écrite aux termes de laquelle ils confirmaient vivre en communauté conjugale effective et stable, résider à la même adresse et n'envisager ni séparation, ni divorce. Leur attention a été attirée sur le fait que la naturalisation facilitée ne pouvait pas être octroyée lorsque, avant ou pendant la procédure de naturalisation, l'un des époux demandait le divorce ou la séparation, ou lorsque la communauté conjugale effective n'existait plus. La déclaration signée précisait en outre que si cet état de fait était dissimulé, la naturalisation facilitée pouvait être annulée dans les cinq ans. Par décision du 28 août 2003, l'Office fédéral de l'immigration, de l'intégration et de l'émigration (actuellement l'Office fédéral des migrations [ci-après: l'ODM]) a accordé la naturalisation facilitée à A._. B. A._ et B._ se sont séparés le 1er avril 2004. Le 24 avril suivant, ils ont introduit une requête commune de divorce auprès du Tribunal d'arrondissement de l'Est vaudois. Par jugement du 2 septembre 2004, devenu définitif et exécutoire le 14 septembre 2004, cette autorité a prononcé la dissolution du mariage. Le 7 octobre 2004, A._ a épousé une ressortissante tunisienne, née en 1977. En date du 6 décembre 2004, le Service de l'état civil et des naturalisations du canton de Fribourg a dénoncé A._ en vue d'une annulation de sa naturalisation facilitée. Invité à se déterminer par l'ODM, l'intéressé a répondu que son divorce était dû à des "raisons personnelles" que le couple a décidé de garder pour lui. B._ a été entendue le 9 mai 2005. Elle a déclaré que la volonté de mener une vie conjugale s'était éteinte vers le mois d'avril 2004, mais que les problèmes conjugaux avaient débuté fin 2001, en raison de divergences relatives à la volonté d'avoir des enfants. A cet égard, elle a précisé qu'ayant déjà un enfant adulte et étant grand-mère, elle ne s'imaginait pas avoir un nouvel enfant, tandis que A._ voulait fonder une famille. Elle a indiqué que lorsqu'elle avait signé la déclaration commune du 25 juin 2003, elle n'avait aucune intention de divorcer et que la décision de rompre l'union conjugale était intervenue d'un commun accord en avril 2004, afin que A._ "trouve son bonheur en ayant des enfants". Invité par l'ODM à se déterminer sur les déclarations de son ex-épouse, A._ a confirmé l'intégralité des propos tenus par celle-ci. C. Par décision du 19 avril 2006, l'ODM a prononcé l'annulation de la naturalisation facilitée accordée à A._. En substance, il a retenu que le mariage n'était pas constitutif d'une communauté conjugale effective et stable lors de la signature de la déclaration commune et que l'octroi de la naturalisation facilitée s'était fait sur la base de déclarations mensongères, voire de dissimulation de faits essentiels. A._ a recouru contre cette décision auprès du Département fédéral de justice et police. Il a notamment allégué qu'au moment de l'octroi de la naturalisation facilitée, la communauté conjugale qu'il avait formée avec B._ était stable et ne laissait pas présager le divorce ultérieur. A titre d'exemple, il a relevé qu'ils étaient partis en vacances ensemble en août 2003. En outre, l'intéressé a produit un lot de photographies prises durant le mariage, deux livrets de récépissés attestant que le couple faisait des paiements en commun, des courriers de soutien de la soeur, du beau-frère et de la fille de B._ ainsi qu'une lettre de témoignage dans laquelle celle-ci écrit notamment que la décision de divorcer a été prise "pour que A._ ait toutes les chances d'être papa". La cause a été transmise au Tribunal administratif fédéral, conformément à l'art. 53 al. 2 de la loi sur le Tribunal administratif fédéral (LTAF; RS 173.32). Dans un courrier du 18 avril 2008, l'intéressé a informé cette autorité de la naissance d'un enfant issu de son union avec sa nouvelle épouse le 14 août 2007. Le Tribunal administratif fédéral a confirmé la décision de l'ODM au terme d'un arrêt rendu le 22 juillet 2008. Il a considéré en substance que la communauté conjugale des intéressés n'était plus étroite et effective au moment de la signature de la déclaration commune, vu le désaccord du couple quant à la volonté de fonder une famille. L'enchaînement rapide des faits entre la naturalisation, la requête de divorce et le remariage avec une ressortissante tunisienne, était également de nature à fonder la présomption que A._ avait obtenu la naturalisation facilitée par dissimulation de faits essentiels. D. Agissant par la voie du recours en matière public, A._ demande au Tribunal fédéral de réformer cet arrêt en ce sens que la naturalisation facilitée qui lui a été accordée le 28 août 2003 ne soit pas annulée. Il reproche au Tribunal administratif fédéral d'avoir abusé de son pouvoir d'appréciation dans l'examen des éléments fondant le retrait de la naturalisation et d'avoir ainsi rendu une décision arbitraire (art. 9 Cst.), contraire au principe de proportionnalité et au but de la loi fédérale du 29 septembre 1952 sur l'acquisition et la perte de la nationalité suisse (LN; RS 141.0). L'Office fédéral des migrations et le Tribunal administratif fédéral ont renoncé à se déterminer.
Considérant en droit: 1. L'arrêt attaqué émane du Tribunal administratif fédéral et concerne l'annulation de la naturalisation facilitée. Il peut faire l'objet d'un recours en matière de droit public (art. 82 al. 1 let. a et 86 al. 1 let. a LTF). Le motif d'exclusion de l'<ref-law> n'entre pas en ligne de compte, dès lors qu'il s'agit en l'espèce de naturalisation facilitée et non pas de naturalisation ordinaire (cf. arrêt du Tribunal fédéral 5A.7/2003 du 25 août 2003 et les références). Pour le surplus, le recourant a la qualité pour recourir au sens de l'<ref-law> et les conditions formelles de recevabilité sont remplies, de sorte qu'il y a lieu d'entrer en matière. 2. Le recourant conteste avoir obtenu la nationalité suisse par des déclarations mensongères et reproche au Tribunal administratif fédéral d'avoir abusé de son pouvoir d'appréciation en se fondant sur des critères inappropriés pour établir la présomption qu'il avait menti ou dissimulé des faits essentiels. Il soutient également que le Tribunal administratif fédéral n'a pas tenu compte des circonstances pertinentes dans l'examen des éléments avancés pour renverser cette présomption. 3. En vertu de l'art. 27 al. 1 LN, un étranger peut, ensuite de son mariage avec un ressortissant suisse, former une demande de naturalisation facilitée s'il a résidé en Suisse pendant cinq ans en tout (let. a) ou s'il y réside depuis une année (let. b) et vit depuis trois ans en communauté conjugale avec un ressortissant suisse (let. c). La naturalisation facilitée ne peut pas être accordée, en particulier, s'il n'y a pas de communauté conjugale au moment du dépôt de la requête ou à la date de la décision de naturalisation. D'après la jurisprudence, la notion de communauté conjugale suppose non seulement l'existence formelle d'un mariage, mais encore une véritable communauté de vie des conjoints; tel est le cas s'il existe une volonté commune et intacte de ceux-ci de maintenir une union conjugale stable; une séparation survenue peu après l'octroi de la naturalisation constitue un indice de l'absence de cette volonté lors de l'obtention de la citoyenneté suisse (<ref-ruling> consid. 2 p. 484; <ref-ruling> consid. 3a p. 98; <ref-ruling> consid. 2b p. 52). 3.1 Conformément aux art. 41 al. 1 LN et 14 al. 1 de l'ordonnance du 17 novembre 1999 sur l'organisation du Département fédéral de justice et police (RS 172.213.1), l'Office fédéral des migrations peut, avec l'assentiment de l'autorité du canton d'origine, annuler dans les cinq ans une naturalisation facilitée obtenue par des déclarations mensongères ou par la dissimulation de faits essentiels. Pour qu'une naturalisation facilitée soit annulée, il ne suffit donc pas qu'elle ait été accordée alors que l'une ou l'autre de ses conditions n'était pas remplie; il faut qu'elle ait été acquise grâce à un comportement déloyal et trompeur. S'il n'est pas besoin que ce comportement soit constitutif d'une escroquerie au sens du droit pénal, il est nécessaire que l'intéressé ait donné sciemment de fausses informations à l'autorité ou qu'il l'ait délibérément laissée dans l'erreur sur des faits qu'il savait essentiels (<ref-ruling> consid. 3.1 p. 115 et les arrêts cités). Tel est notamment le cas si le requérant déclare vivre en communauté stable avec son conjoint alors qu'il envisage de se séparer une fois obtenue la naturalisation facilitée; peu importe que son mariage se soit ou non déroulé jusqu'ici de manière harmonieuse (arrêt 5A.22/2006 du 13 juillet 2006 consid. 2.2). 3.2 La nature potestative de l'art. 41 al. 1 LN confère une certaine liberté d'appréciation à l'autorité compétente, qui doit toutefois s'abstenir de tout abus dans l'exercice de celle-ci. Commet un abus de son pouvoir d'appréciation l'autorité qui se fonde sur des critères inappropriés, ne tient pas compte de circonstances pertinentes ou rend une décision arbitraire, contraire au but de la loi ou au principe de la proportionnalité (<ref-ruling> consid. 3.1 p. 115; <ref-ruling> consid. 4a p. 101 et les arrêts cités). 3.3 La procédure administrative fédérale est régie par le principe de la libre appréciation des preuves (art. 40 de la loi fédérale de procédure civile fédérale du 4 décembre 1947 [PCF; RS 273], applicable par renvoi de l'art. 19 de la loi fédérale du 20 décembre 1968 sur la procédure administrative [PA; RS 172.021]). Ce principe vaut également devant le Tribunal administratif fédéral (<ref-law>). L'administration supporte le fardeau de la preuve lorsque la décision intervient, comme en l'espèce, au détriment de l'administré. Cela étant, la jurisprudence admet dans certaines circonstances que l'autorité puisse se fonder sur une présomption. C'est notamment le cas pour établir que le conjoint naturalisé a menti lorsqu'il a déclaré former une union stable, dans la mesure où il s'agit d'un fait psychique, lié à des éléments relevant de la sphère intime, souvent inconnus de l'administration et difficiles à prouver (<ref-ruling> consid. 3.2 p. 485). Partant, si l'enchaînement rapide des événements fonde la présomption de fait que la naturalisation a été obtenue frauduleusement, il incombe alors à l'administré de renverser cette présomption, non seulement en raison de son devoir de collaborer à l'établissement des faits (<ref-law>), mais également dans son propre intérêt. S'agissant d'une présomption de fait, qui ressortit à l'appréciation des preuves et ne modifie pas le fardeau de la preuve (cf. <ref-ruling> consid. 3.2 p. 486), l'administré n'a pas besoin, pour la renverser, de rapporter la preuve contraire du fait présumé, à savoir faire acquérir à l'autorité la certitude qu'il n'a pas menti; il suffit qu'il parvienne à faire admettre l'existence d'une possibilité raisonnable qu'il n'ait pas menti en déclarant former une communauté stable avec son conjoint. Il peut le faire en rendant vraisemblable, soit la survenance d'un événement extraordinaire, susceptible d'expliquer une détérioration rapide du lien conjugal, soit l'absence de conscience de la gravité de ses problèmes de couple et, ainsi, l'existence d'une véritable volonté de maintenir une union stable avec son conjoint lorsqu'il a signé la déclaration (arrêts 1C_294/2007 du 30 novembre 2007 consid. 3.6; 5A.12/2006 du 23 août 2006 consid. 2.3). 4. En l'espèce, le Tribunal administratif fédéral a présumé que la naturalisation facilitée avait été obtenue frauduleusement, "la ferme intention des époux de poursuivre la communauté conjugale au-delà de la décision de naturalisation facilitée" faisant défaut au moment de la signature de la déclaration commune du 25 juin 2003. 4.1 Le Tribunal administratif fédéral relève que le laps de temps particulièrement court entre la déclaration commune (juin 2003), l'octroi de la naturalisation facilitée (août 2003), la cessation de la vie commune et le dépôt d'une requête commune de divorce (avril 2004), le prononcé définitif et exécutoire du divorce (septembre 2004) et le remariage de l'intéressé (octobre 2004) fonde la présomption que le couple n'avait plus la volonté de maintenir une communauté conjugale stable au sens de l'art. 27 LN, lors de la signature de la déclaration commune sur la stabilité de l'union et à plus forte raison lors de l'octroi de la naturalisation. Selon le Tribunal administratif, cette présomption est renforcée par d'autres éléments. Il met en évidence le fait que les ex-époux ont renoncé à toute prétention en partage de la prévoyance professionnelle accumulée pendant l'union conjugale. Il ajoute que "selon les usages de la culture d'origine" du recourant, il est inhabituel d'épouser une femme plus âgée, mère et divorcée. Enfin, la déclaration de l'ex-femme de l'intéressé selon laquelle les problèmes conjugaux du couple ont pour cause un désaccord sur la volonté de fonder une famille et datent de la fin de l'année 2001, constitue un indice supplémentaire pour fonder la présomption. 4.2 Il est vrai, comme le relève le recourant, que le Tribunal administratif fédéral retient de façon inexacte que l'intéressé cherchait à "régulariser" son statut en Suisse, puisqu'il ne ressort pas du dossier qu'il ait été en situation illégale dans ce pays. Il était en outre vain de faire référence aux "usages de la culture d'origine" du recourant, ce critère étant sans pertinence pour renforcer la présomption. Il n'en demeure pas moins que les autres éléments avancés suffisent à établir celle-ci. Au demeurant, le recourant ne conteste pas que l'enchaînement rapide des événements, le désaccord du couple au sujet d'une éventuelle descendance, l'absence de partage des avoirs de prévoyance professionnelle et la déclaration de son ex-épouse établissant que les problèmes conjugaux remontent à fin 2001 puissent fonder une telle présomption. L'intéressé relève seulement qu'il aurait abandonné une situation professionnelle aisée dans son pays pour pouvoir rejoindre son ex-épouse en Suisse. Cet élément, pour autant qu'il puisse être tenu pour établi au regard des pièces versées au dossier, n'est pas en mesure d'affaiblir la présomption sur laquelle se fonde l'autorité puisqu'il est bien antérieur à la signature de la déclaration commune. Vu ce qui précède, le Tribunal administratif fédéral n'a pas fait preuve d'arbitraire dans l'examen des différents éléments qui fondent la présomption de fait. 5. Selon la jurisprudence précitée, il incombait dès lors au recourant de renverser cette présomption en rendant vraisemblable, soit la survenance d'un événement extraordinaire, susceptible d'expliquer une dégradation aussi rapide du lien conjugal après un peu plus de huit ans de mariage, soit l'absence de conscience de la gravité de ses problèmes de couple au moment de la signature de la déclaration commune. 5.1 Le recourant tente de renverser la présomption en se fondant sur une attestation selon laquelle il aurait passé des vacances avec son ex-épouse à trois reprises entre 2001 et 2003. Il avance également que, durant l'année 2003, il a partagé avec son ex-épouse les charges de la vie commune et participé au remboursement du crédit accordé à cette dernière pour son atelier de stylisme sur ongles ("onglerie"). Il s'appuie enfin sur les témoignages écrits de plusieurs personnes dont celui de son ex-épouse, de la fille, de la soeur et du beau-frère de cette dernière, qui le décrivent comme une personne honnête, travailleuse et fiable. 5.2 Cela étant, le recourant ne conteste pas qu'un des éléments qui a conduit son couple au divorce réside dans son désir de fonder une famille, ni que le désaccord du couple sur cette question n'est pas survenu en avril 2004 au moment de la décision de divorcer, mais qu'il est bien antérieur. En effet, ainsi que le retient le Tribunal administratif, le désir du recourant d'avoir des enfants était essentiel au point qu'un refus de son ex-épouse a, entre autres motifs que l'intéressé a préféré taire, conduit le couple au divorce. Dans sa lettre de témoignage, l'ex-épouse du recourant écrit que la décision de divorcer a été prise pour que ce dernier ait "toutes les chances d'être papa". Elle a également déclaré que les problèmes conjugaux avaient débuté vers la fin de l'année 2001, le couple ayant des divergences au sujet d'une éventuelle descendance. Dès lors, le désaccord du couple sur cette question n'est pas né en avril 2004, mais il existait depuis la fin de l'année 2001. Dans ces circonstances, l'intéressé ne rend pas vraisemblable qu'il n'avait pas conscience de la gravité des problèmes rencontrés par leur couple au moment de la signature de la déclaration commune, en juin 2003. De plus, il n'avance aucun autre motif susceptible d'expliquer la cessation de la communauté conjugale dans un laps de temps aussi bref, après plus de huit ans de mariage. Dès lors, mis en balance avec le désaccord du couple quant à la volonté de fonder une famille, les éléments avancés par le recourant ne suffisent pas à renverser la présomption établie. Il en découle que les conditions d'application de l'art. 41 LN sont réunies et que le Tribunal administratif fédéral n'a pas abusé de son pouvoir d'appréciation en confirmant l'annulation de la naturalisation facilitée qui avait été octroyée au recourant. 6. Il s'ensuit que le recours doit être rejeté. Le recourant, qui succombe, doit supporter les frais de la présente procédure (<ref-law>).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 2'000 fr., sont mis à la charge du recourant. 3. Le présent arrêt est communiqué au mandataire du recourant, à l'Office fédéral des migrations ainsi qu'à la Cour III du Tribunal administratif fédéral. Lausanne, le 24 novembre 2008 Au nom de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président: La Greffière: Féraud Tornay
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2,010
fr
Faits: A. Dans le cadre de la poursuite n° xxxx introduite par Y._ Assurance contre X._, l'Office des poursuites de Genève a dressé, le 16 mars 2010, un procès-verbal des opérations de la saisie, que le poursuivi a signé. B. Le 25 mars 2010, X._ a porté plainte "contre la saisie, selon procès-verbal", pour violation de l'<ref-law>, alléguant qu'il n'avait pas été avisé de la saisie "la veille au plus tard" et contestant au surplus le bien-fondé des créances de la poursuivante. Statuant le 15 avril 2010, la Commission de surveillance des Offices des poursuites et des faillites du canton de Genève a rejeté, dans la mesure de sa recevabilité, la plainte formée par le prénommé contre "l'exécution de la saisie" dans le cadre de la poursuite précitée. C. Par acte du 26 avril 2010, X._ exerce un recours en matière civile au Tribunal fédéral; il conclut à l'annulation de cette décision. Des observations n'ont pas été requises.
Considérant en droit: 1. 1.1 Interjeté dans le délai (<ref-law>) et la forme (<ref-law>) prévus par la loi par une partie qui a succombé dans ses conclusions prises devant la juridiction précédente (<ref-law>) et dirigé contre une décision finale (<ref-law>) rendue en matière de poursuite pour dettes et de faillite (<ref-law>) par une autorité cantonale de dernière instance (<ref-law>), le présent recours est en principe recevable, indépendamment de la valeur litigieuse (art. 74 al. 2 let. c LTF). 1.2 Le Tribunal fédéral applique le droit d'office (<ref-law>). Il n'est limité ni par les arguments soulevés dans le recours, ni par la motivation retenue par l'autorité précédente; il peut admettre un recours pour d'autres motifs que ceux qui ont été invoqués, comme il peut le rejeter en adoptant une argumentation différente de celle de l'autorité précédente (<ref-ruling> consid. 1.4 p. 400). Compte tenu des exigences de motivation posées à l'<ref-law>, le Tribunal fédéral n'examine, en principe, que les moyens invoqués; il n'est pas tenu de traiter, à l'instar d'une autorité de première instance, toutes les questions juridiques qui se posent, lorsque celles-ci ne sont plus discutées devant lui (<ref-ruling> consid. 1.4 p. 400). Par exception à la règle d'après laquelle il applique le droit d'office, il ne peut entrer en matière sur la violation de droits fondamentaux, découlant par exemple de garanties de rang constitutionnel ancrées dans la Convention européenne de sauvegarde des droits de l'homme et des libertés fondamentales (CEDH; <ref-ruling> consid. 2.2 p. 368), que si ce grief a été invoqué et motivé par la partie recourante (<ref-law>), à savoir exposé de manière claire et détaillée (<ref-ruling> consid. 1.2 p. 234). 2. Le recourant se plaint d'une violation des art. 6 et 7 CEDH, sans autre précision, si ce n'est en contestant la réglementation qui permet à une caisse maladie poursuivante de rendre elle-même une décision levant l'opposition formée au commandement de payer qu'elle a fait décerner au poursuivi. Une telle motivation ne satisfait pas aux exigences légales (cf. supra, consid. 1.2). Le recourant ne saurait se contenter de critiquer la solution mise en place par le législateur (cf. <ref-ruling> consid. 2 p. 41 et la jurisprudence citée), sans indiquer plus avant en quoi elle violerait ses droits constitutionnels; le simple renvoi à deux dispositions de la CEDH est insuffisant à cet égard. 3. En conclusion, le recours doit être déclaré irrecevable, aux frais de son auteur (<ref-law>). Il n'y a pas lieu d'accorder des dépens à la caisse intimée, qui n'a pas été invitée à présenter des observations.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est irrecevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 500 fr., sont mis à la charge du recourant. 3. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Commission de surveillance des Offices des poursuites et des faillites du canton de Genève. Lausanne, le 18 juin 2010 Au nom de la IIe Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse La Présidente: Le Greffier: Hohl Braconi
CH_BGer_005
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2,015
de
Sachverhalt: A. A._ hat Wohnsitz im Fürstentum Monaco. Am 1. Oktober 2006 erwarb er drei in U._ gelegene Grundstücke, welche er im darauf folgenden Jahr wieder veräusserte. Die Steuerkommission U._ veranlagte die darauf geschuldete Grundstückgewinnsteuer auf Fr. xxx. Die von A._ nach seiner Darstellung an seinen Vater in bar ausgehändigte Provision im Betrag von Fr. yyy für Kaufs- und Verkaufsbemühungen sowie übrige Kosten von Fr. zzz wurden nicht zum Abzug zugelassen. B. Die Steuerkommission wies die von A._ gegen die Veranlagungsverfügung erhobene Einsprache am 8. April 2014 ab. Das Spezialverwaltungsgericht des Kantons Aargau wies seinen Rekurs mit Urteil vom 20. November 2014 ebenfalls ab. Das Verwaltungsgericht des Kantons Aargau bestätigte dieses Urteil am 8. Juni 2015 und wies seine Beschwerde ab, soweit es darauf eintrat. C. Mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten an das Bundesgericht vom 13. Juli 2015 beantragt A._, das Urteil des Verwaltungsgerichts des Kantons Aargau vom 8. Juni 2015 sei kostenfällig aufzuheben; eventualiter sei die Sache im Sinne der Erwägungen an die Vorinstanz zurückzuweisen. Die Vorinstanz, der Gemeinderat U._ und die Eidgenössische Steuerverwaltung ESTV haben auf eine Vernehmlassung verzichtet. Das kantonale Steueramt schliesst auf Beschwerdeabweisung.
Erwägungen: 1. 1.1. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten wurde unter Einhaltung der gesetzlichen Frist (<ref-law>) eingereicht und richtet sich gegen einen nicht unter den Ausschlusskatalog fallenden Endentscheid einer letzten oberen kantonalen Instanz auf dem Gebiet der Grundstückgewinnsteuer (Art. 82 lit. a, Art. 86 Abs. 1 lit. d und Abs. 2, Art. 90 BGG). Art. 12 des Bundesgesetzes vom 14. Dezember 1990 über die Harmonisierung der direkten Steuern der Kantone und Gemeinden (Steuerharmonisierungsgesetz, StHG, SR 642.14) enthält Bestimmungen über die Grundstückgewinnsteuer (Art. 12 StHG), sodass die Beschwerde auch unter dem Gesichtswinkel von Art. 73 StHG zulässig ist. 1.2. Die Beschwerdeschrift hat einen Antrag zu enthalten (<ref-law>). Der Beschwerdeführer beantragt lediglich die Aufhebung des angefochtenen Urteils und stellt, eventualiter, ein reines Rückweisungsbegehren. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten ist ein reformatorisches Rechtsmittel (<ref-law>). Daher darf sich die beschwerdeführende Partei grundsätzlich nicht darauf beschränken, die Aufhebung des angefochtenen Entscheids zu beantragen, sondern muss einen Antrag in der Sache stellen (<ref-ruling> E. 1.3 S. 317; <ref-ruling> E. 1.3 S. 383; <ref-ruling> E. 3.1 S. 489 f.); zulässig ist immerhin ein Antrag auf Rückweisung, wenn das Bundesgericht ohnehin nicht in der Lage wäre, reformatorisch zu entscheiden, weil die erforderlichen Sachverhaltsfeststellungen fehlen (BGE <ref-ruling> E. 3.1 S. 489 f.). Rechtsbegehren sind jedoch nach Treu und Glauben auszulegen (<ref-ruling> E. 1.2 S. 136; <ref-ruling> E. 2b S. 109; <ref-ruling> E. 2a S. 152; Urteil 4A_46/2015 vom 27. März 2015 E. 3, nicht publiziert in <ref-ruling>). Geht aus der Beschwerdebegründung zweifelsfrei hervor, was der Beschwerdeführer anstrebt, und wie nach erfolgter Rückweisung vorzugehen wäre, liegt ein Antrag in der Sache vor (<ref-ruling> E. 1.3 S. 317; <ref-ruling> E. 1.4.1 S. 415; Urteile 1C_786/2013 vom 8. Oktober 2014 E. 1.2, nicht publiziert in <ref-ruling>; 1C_809/2013 vom 13. Juni 2014 E. 1, nicht publiziert in <ref-ruling>). Der Beschwerdeführer rügt, gemäss kantonalem Recht seien Kaufs- bzw. Verkaufsprovisionen vom steuerbaren Grundstückgewinn in Abzug zu bringen; ein solcher Abzug sei nicht erfolgt, weil die Vorinstanz an den Beweis einer Provisionszahlung zu hohe Anforderungen gestellt habe. Sinngemäss beantragt er somit, das angefochtene Urteil sei aufzuheben und die Steuerschuld sei unter Berücksichtigung der Provisionszahlung neu festzusetzen. 1.3. Der Beschwerdeführer, der am vorinstanzlichen Verfahren teilgenommen hat und mit seinen Anträgen unterlegen ist, ist durch den angefochtenen Entscheid besonders berührt und hat ein schutzwürdiges Interesse an dessen Aufhebung oder Änderung (<ref-law>). Auf die Beschwerde ist vorbehältlich zulässiger sowie rechtsgenüglich begründeter Rügen einzutreten. 1.4. Mit der Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann eine Rechtsverletzung nach Art. 95 und Art. 96 BGG gerügt werden. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (<ref-law>), doch prüft es, unter Berücksichtigung der allgemeinen Rüge- und Begründungspflicht (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG), grundsätzlich nur die geltend gemachten Vorbringen, sofern allfällige weitere rechtliche Mängel nicht geradezu offensichtlich sind (<ref-ruling> E. 1.6 S. 280 f. mit Hinweis). Die Verletzung von Grundrechten sowie von kantonalem und interkantonalem Recht untersucht es, soweit diese Rügen gemäss <ref-law> zulässig sind, in jedem Fall nur, falls eine solche Rüge in der Beschwerde präzise vorgebracht und begründet worden ist (<ref-law>; <ref-ruling> E. 2.2 S. 232; <ref-ruling> E. 2.2 S. 246; <ref-ruling> E. 1.4.2 S. 254; Urteil 2C_124/2013 vom 25. November 2013 E. 1.6). Als spezialgesetzliche Bestimmung ermöglicht Art. 73 StHG dem Bundesgericht nicht nur die Prüfung der Vereinbarkeit der kantonalen Gesetzgebung mit den bundesrechtlichen Vorgaben des Steuerharmonisierungsgesetzes mit freier Kognition (wozu es sich bereits auf <ref-law> stützen könnte), sondern, zur Herstellung der Konkordanz mit dem Bundesgesetz vom 14. Dezember 1990 über die direkte Bundessteuer (SR 642.11; DBG), auch die freie Überprüfung der Auslegung und Anwendung von harmonisiertem kantonalem Gesetzesrecht. In den Bereichen, in denen das Steuerharmonisierungsgesetz den Kantonen einen gewissen Gestaltungsspielraum belässt oder keine Anwendung findet, beschränkt sich die Kognition des Bundesgerichts auf Willkür (<ref-ruling> E. 2 S. 210; <ref-ruling> E. 3.1 S. 205 f.; Urteil 2C_693/2014 / 2C_694/2014 vom 4. März 2015 E. 2.1; 2C_153/2014 vom 4. September 2014 E. 1.2). 1.5. Das Bundesgericht legt seinem Urteil den von der Vorinstanz festgestellten Sachverhalt zu Grunde (<ref-law>), es sei denn, dieser sei offensichtlich unrichtig oder beruhe auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> (<ref-law>). Offensichtlich unrichtig festgestellt ist ein Sachverhalt, wenn er willkürliche Feststellungen beinhaltet (<ref-ruling> E. 4.1.2 S. 62). Obwohl nicht ausdrücklich im Gesetz erwähnt, beruht auch eine unvollständige Sachverhaltsfeststellung auf einer Rechtsverletzung. Was rechtserheblich ist, bestimmt das materielle Recht; eine in Verkennung der Rechtserheblichkeit unvollständige Erstellung der für die rechtliche Beurteilung massgeblichen Tatsachen stellt demzufolge eine Verletzung materiellen Rechts dar (<ref-ruling> E. 1.4 S. 68, 134 V 53 E. 4.3 S. 62; MEYER, Wege zum Bundesgericht - Übersicht und Stolpersteine, ZBJV 146/2010 S. 857). Rein appellatorische Kritik an der Sachverhaltsermittlung und an der Beweiswürdigung genügt den Begründungs- bzw. Rügeanforderungen nicht (vgl. <ref-ruling> E. 10.1 S. 445 mit Hinweisen). Das Bundesgericht greift in die Beweiswürdigung des Sachgerichts ein, wenn diese willkürlich ist (<ref-ruling> E. 2.1 S. 9; Urteil 4A_56/2013 vom 4. Juni 2013 E. 2). Willkür liegt nicht schon dann vor, wenn eine andere Lösung ebenfalls in Betracht zu ziehen oder gar vorzuziehen wäre, sondern nur, wenn der angefochtene Entscheid offensichtlich unhaltbar ist, mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch steht, eine Norm oder einen unumstrittenen Rechtsgrundsatz krass verletzt oder in stossender Weise dem Gerechtigkeitsgedanken zuwiderläuft (<ref-ruling> E. 5.1 S. 22; <ref-ruling> E. 4.1 S. 133; <ref-ruling> E. 2.1 S. 211). Dies ist insbesondere dann der Fall, wenn das Sachgericht offensichtlich unhaltbare Schlüsse zieht, erhebliche Beweise übersieht oder solche willkürlich ausser Acht lässt (vgl. <ref-ruling> E. 2.1 S. 9; <ref-ruling> E. 4b S. 40). Inwiefern die vorinstanzliche Beweiswürdigung willkürlich sein soll, ist in der Beschwerde klar und detailliert aufzuzeigen (BGE <ref-ruling> E. 2.2 S. 246; <ref-ruling> E. 1.3 S. 262). Insbesondere ist im Einzelnen darzulegen, dass und weshalb die im angefochtenen Entscheid enthaltene Beweiswürdigung unter gar keinen Umständen zutreffen kann. Namentlich genügt es nicht, einzelne Beweise anzuführen, die anders als im angefochtenen Entscheid gewichtet werden sollen, und dem Bundesgericht in appellatorischer Kritik die eigene Auffassung zu unterbreiten, als ob diesem freie Sachverhaltsprüfung zukäme (vgl. <ref-ruling> E. 2b S. 88). 2. Der Beschwerdeführer rügt, gemäss § 104 lit. c des Steuergesetzes vom 15. Dezember 1998 des Kantons Aargau (StG/AG) seien Kaufs- bzw. Verkaufsprovisionen von der Steuerbemessungsgrundlage in Abzug zu bringen. Zwecks Beleg der Provisionszahlung habe er der Steuerverwaltung das Rechtsgeschäft vollumfänglich erläutert, die Funktion des Empfängers der Vermittlungsprovision und seine Tätigkeiten transparent dargestellt, betreffend Höhe der geleisteten Provision einen Drittvergleich angestellt und mehrmals eine schriftliche Bestätigung über den Empfang der Zahlung eingeholt. Dass der Empfänger der Vermittlungsprovision sein Vater sei, könne höchstens hinsichtlich der Höhe der Vermittlungsprovision, nicht jedoch hinsichtlich Wahrheitsgehalt und Vorhandensein der Empfangsbestätigung von Belang sein. Die Vorinstanz habe an den Beweis dieser Zahlung zu hohe Anforderungen gestellt und ihm faktisch den (negativen) Beweis dafür auferlegt, dass sein Vater keine Urkundenfälschung begangen habe, was <ref-law> verletze. 2.1. Die Grundstückgewinnsteuer wird nicht in Art. 9 Abs. 1 StHG, sondern in Art. 12 StHG im dritten Kapitel dieses Gesetzes geregelt. Art. 12 StHG können keine Vorschriften über die vom steuerbaren Erlös abzugsfähigen Aufwendungen entnommen werden. In diesem Bereich steht dem kantonalen Gesetzgeber somit ein, wenn auch beschränkter, Gestaltungsspielraum zu (<ref-ruling> E. 2.1 S. 724 f.; Urteil 2C_1026/2012 vom 1. April 2013 E. 4.2, mit zahlreichen Hinweisen). 2.2. Gemäss § 104 Abs. 1 lit. c StG/AG gelten als anrechenbare Aufwendungen insbesondere die Kosten, die mit dem Erwerb und der Veräusserung des Grundstückes verbunden sind. Gerügt werden kann im vorliegenden Zusammenhang, diese kantonale Vorschrift sei willkürlich oder harmonisierungswidrig angewendet worden (vgl. oben, E. 1.4). 2.3. 2.3.1. Steuerverfahren werden vom Untersuchungsgrundsatz beherrscht. Im Anwendungsbereich der harmonisierten Verfahrensvorschriften des StHG hat die Steuerverwaltung den Sachverhalt von Amtes wegen zu erstellen (Art. 46 Abs. 1 StHG; ZWEIFEL, in: Kommentar zum Schweizerischen Steuerrecht, Bd. I/1, Bundesgesetz über die Harmonisierung der direkten Steuern der Kantone und Gemeinden [StHG], 2. Aufl. 2002, N. 3 zu Art. 46 StHG; OBERSON, Droit fiscal suisse, 4. Aufl. 2012, S. 513). Die steuerpflichtige Person untersteht hingegen einer weitreichenden Mitwirkungspflicht bei der Sachverhaltserstellung. Sie muss alles tun, um eine vollständige und richtige Veranlagung zu ermöglichen (Art. 42 Abs. 1 StHG). 2.3.2. Die Veranlagungs- oder Gerichtsbehörde hat die gesammelten rechtserheblichen Tatsachen einer (freien) Beweiswürdigung zu unterziehen ( ZWEIFEL, a.a.O., N. 22 zu Art. 46 StHG). Im bundesgerichtlichen Verfahren handelt es sich dabei um eine Tatfrage (<ref-ruling> E. 2.3 S. 266; <ref-ruling> E. 4.1.2 S. 62; Urteil 2C_16/2015 vom 6. August 2015 E. 2.5.3; zur Überprüfbarkeit im bundesgerichtlichen Verfahren oben, E. 1.5). Rechtsfrage ist hingegen, ob die Vorinstanz das zutreffende Beweismass angewendet hat (Urteile 2C_16/2015 vom 6. August 2015 E. 2.5.3; 2C_511/2013 vom 27. August 2013 E. 1.3, nicht publ. in: <ref-ruling>). Als Regelbeweismass gilt der volle (strikte) Beweis. Dieser ist erbracht, wenn das Gericht am Vorliegen der behaupteten Tatsache keine ernsthaften Zweifel mehr hat oder allenfalls verbleibende Zweifel als leicht erscheinen (<ref-ruling> E. 3.2 S. 324; Urteil 2C_16/2015 vom 6. August 2015 E. 2.5.3). Verlangt wird ein so hoher Grad der Wahrscheinlichkeit, dass vernünftigerweise mit der Möglichkeit des Gegenteils nicht mehr zu rechnen ist ( SCHÄR, Das Beweismass im Steuerrecht, in: StR 1996 S. 5 ff.). Demgegenüber stellt das Beweismass der überwiegenden Wahrscheinlichkeit eine Beweiserleichterung dar und genügt nicht für den Vollbeweis (<ref-ruling> E. 3.2 S. 324; <ref-ruling> E. 2b/aa S. 275). 2.3.3. Sind die Steuerfaktoren trotz pflichtgemässer Mitwirkung der steuerpflichtigen Person auch nach durchgeführter Beweiswürdigung nicht erstellt und müssen sie nicht nach Ermessen veranlagt werden (Art. 46 Abs. 3 StHG), gelangen auch im Steuerrecht die Regeln über die objektive Beweislastverteilung gemäss <ref-law> zur Anwendung. Demnach ist die Veranlagungsbehörde grundsätzlich für die steuerbegründenden und -erhöhenden, der Steuerpflichtige für die steueraufhebenden und -mindernden Tatsachen beweisbelastet (<ref-ruling> E. 3.5 S. 252; Urteil 2C_16/2015 vom 6. August 2015 E. 2.5.4; STADELMANN, Beweislast oder Einschätzung nach pflichtgemässem Ermessen? Eine Auslegeordnung aus richterlicher Sicht, in: StR 56/2001 S. 264 ff.; OBERSON, a.a.O., S. 513 f.). 2.4. Die Vorinstanz hat in Anwendung des (im Vergleich zum Grundsatz der Massgeblichkeit der Handelsbilanz für die Steuerbilanz, vgl. <ref-ruling> E. 6.2 S. 359 f., Urteile 2C_862/2011 und 2C_863/2011 vom 13. Juni 2012 E. 2.4 erhöhten ) Regelbeweismasses aus den im Recht liegenden Unterlagen den Schluss gezogen, aus ihnen gehe die geltend gemachte Barzahlung des Beschwerdeführers an seinen Vater zwecks Entgeltung geleisteter Mäklerleistungen nicht hervor. Sie gelangte demnach in freier Beweiswürdigung zum Ergebnis, dass vernünftigerweise nicht mit an Sicherheit grenzender Wahrscheinlichkeit ausgeschlossen werden könne, die betreffende Zahlung sei, wenn überhaupt, aus Gefälligkeit erfolgt. Die Vorinstanz hat damit das anzuwendende Beweismass nicht verkannt; dass die Beweiswürdigung willkürlich sei, ist nicht dargetan. Die Beschwerde erweist sich in diesem Punkt als unbegründet. 2.5. Nicht nachvollziehbar ist die Rüge des Beschwerdeführers, ihm werde im Sinne einer negativen Tatsache der Beweis auferlegt, dass sein Vater mit der Ausstellung der Empfangsbestätigung der Zahlung keine Urkundenfälschung begangen habe. Die Frage der Folgen der Beweislosigkeit einer Tatsache in einem steuerrechtlichen Verfahren (objektive Beweislastverteilung; vgl. dazu oben, E. 2.3.3) darf nicht mit einer strafrechtlichen Würdigung eines bestimmten Verhaltens verwechselt werden. Der in freier Beweiswürdigung gezogene Schluss der Vorrichter, mit den ins Recht gelegten Unterlagen sei der Beweis für eine Provisionszahlung an den Vater nicht geleistet worden, ergeht unabhängig von einer allfälligen strafrechtlichen Qualifikation dessen Verhaltens, zumal gemäss der Aktenlage kein Strafverfahren gegen diesen eingeleitet worden ist (anders die Konstellation einer Bindung der Verwaltungsbehörde und der Verwaltungsrichter an ein rechtskräftiges Strafrechtsurteil, <ref-ruling> E. 1c S. 106 f.; <ref-ruling> E. 2c und 3c S. 160 ff. bzw. 163 f.; Urteil 2C_35/2012 vom 20. August 2012 E. 2.2). Abgesehen davon, dass die Vorinstanz die Folgen der objektiven Beweislosigkeit der als Abzug geltend gemachten Kosten als steuermindernde Tatsache zutreffenderweise den Beschwerdeführer tragen liess (<ref-law>; vgl. oben, E. 2.3.3) übersieht der Beschwerdeführer, dass die Beantwortung der Frage, ob sein Vater das Delikt der "Urkundenfälschung" (in casu der Falschbeurkundung gemäss <ref-law>; <ref-ruling> E. 5.3 S. 212; <ref-ruling> E. 2 S. 15 ff.) begangen habe, das Ergebnis eines rechtliche Würdigungen beinhaltendes (vgl. ausführlich BGE <ref-ruling> E. 2 S. 15 ff.) und in ein Urteil mündendes strafrechtlichen Verfahrens bildet und keine eigentliche, im vorliegenden steuerrechtlichen Verfahren einem Beweis unterliegende Tatsache darstellen kann (zum Begriff der Tatsache als Lebensereignis MEYER/DORMANN, in: Basler Kommentar zum Bundesgerichtsgesetz, 2. Aufl. 2011, N. 7 zu <ref-law>). Eine allfällige strafrechtliche Einordnung des Verhaltens des Vaters stellt, weil für die freie Beweiswürdigung und die Auferlegung der Folgen der objektiven Beweislosigkeit entbehrlich, auch keine im steuerrechtlichen Verfahren zu beantwortende Vorfrage (zum Begriff der Haupt- und Vorfragen <ref-ruling> E. 2.5 E. 473; <ref-ruling> E. 5c|cc S. 33; AUBRY GIRARDIN, Commentaire de la LTF, 2. Aufl. 2014 N. 7 ff., SVEN RÜETSCHI, Vorfragen und Hauptfragen im Zivilprozess, Diss. Basel 2010, S. 21 ff., HÄFELIN/MÜLLER/UHLMANN, Allgemeines Verwaltungsrecht, 6. Aufl. 2010, S. 19) dar. Für das steuerrechtliche Verfahren ist zusammenfassend der Beschwerdeführer für die Leistung der Zahlung und die innere Absicht, aus welcher sie erfolgte, objektiv beweisbelastet und trägt demnach die Folgen der Beweislosigkeit; ob hingegen die für die Qualifikation als Falschbeurkundung im strafrechtlichen Sinn (<ref-law>) erforderlichen Merkmale vorliegen, ist das Ergebnis eines strafrechtlichen Verfahrens, dessen Durchführung sich für die Beurteilung der Abzugsfähigkeit der geltend gemachten Kosten als entbehrlich erweist. Von einem Auferlegen eines Beweises für eine negative Tatsache kann keine Rede sein, weshalb die Beschwerde auch in diesem Punkt als unbegründet abzuweisen ist. 3. Bei diesem Verfahrensausgang sind die Gerichtskosten dem Beschwerdeführer aufzuerlegen (<ref-law>). Gerichtskosten werden nicht gesprochen (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 2'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten, dem Verwaltungsgericht des Kantons Aargau und der Eidgenössischen Steuerverwaltung schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 5. November 2015 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Zünd Die Gerichtsschreiberin: Mayhall
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2,013
fr
Faits: A. A.a. Par décision du 28 mars 2011, l'Office de l'assurance-invalidité du canton de Genève (ci-après: l'office AI) a refusé d'allouer une allocation pour impotent à S._. A.b. Par jugement du 20 juin 2012, la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre des assurances sociales (ci-après: la Cour de justice), a admis le recours formé contre la décision du 28 mars 2011, annulé ladite décision, dit que S._ avait droit à une allocation pour impotent de degré moyen dès le 1 er septembre 2008, condamné l'office AI à payer à l'assurée une indemnité de 2'500 fr. à titre de participation à ses frais et dépens et mis un émolument de 1'000 fr. à la charge de l'office AI. A.c. Par arrêt du 8 janvier 2013 (cause 9C_633/2012), le Tribunal fédéral a partiellement admis le recours formé par l'office AI et réformé le jugement du 20 juin 2012 de la Cour de justice, en ce sens que S._ avait droit à une allocation pour impotent de degré faible dès le 1 er septembre 2008. La cause a été renvoyée à la Cour de justice pour qu'elle rende une nouvelle décision sur les frais et les dépens de la procédure cantonale. B. Par jugement du 13 février 2013, la Cour de justice de la République et canton de Genève a condamné l'office AI à verser à S._ une indemnité de 2'500 fr. à titre de participation à ses frais et dépens et mis un émolument de 1'000 fr. à la charge de l'office AI. C. L'office AI interjette un recours en matière de droit public contre ce jugement dont il conclut à l'annulation. S._ conclut au rejet du recours, tandis que l'Office fédéral des assurances sociales a renoncé à se déterminer.
Considérant en droit: 1. Le recours en matière de droit public peut être formé pour violation du droit, tel qu'il est délimité par les art. 95 et 96 LTF. Le Tribunal fédéral applique le droit d'office (<ref-law>), sans être limité par les arguments de la partie recourante ou par la motivation de l'autorité précédente. Par exception à ce principe, il ne peut entrer en matière sur la violation d'un droit constitutionnel ou sur une question relevant du droit cantonal ou intercantonal que si le grief a été invoqué et motivé de manière précise par la partie recourante (<ref-law>). Le Tribunal fédéral n'examine en principe que les griefs invoqués, compte tenu de l'exigence de motivation prévue à l'<ref-law>, et ne peut aller au-delà des conclusions des parties (<ref-law>). Il fonde son raisonnement sur les faits retenus par la juridiction de première instance (<ref-law>) sauf s'ils ont été établis de façon manifestement inexacte ou en violation du droit au sens de l'<ref-law> (<ref-law>). La partie recourante qui entend s'écarter des faits constatés doit expliquer de manière circonstanciée en quoi les conditions de l'<ref-law> sont réalisées sinon un état de fait divergent ne peut être pris en considération. Aucun fait nouveau ni preuve nouvelle ne peut être présenté à moins de résulter de la décision de l'autorité précédente (<ref-law>). 2. Sur le plan formel, l'office recourant se plaint d'une violation de son droit d'être entendu, en tant que la juridiction cantonale aurait statué sans qu'il ait eu la possibilité de se déterminer sur la prise de position produite le 31 janvier 2013 par l'intimée. 2.1. 2.1.1. Compris comme l'un des aspects de la notion générale de procès équitable au sens des art. 29 ss Cst., le droit d'être entendu garantit notamment le droit pour une partie à un procès de prendre connaissance de toute argumentation présentée au tribunal et de se déterminer à son propos, que celle-ci contienne ou non de nouveaux éléments de fait ou de droit, et qu'elle soit ou non concrètement susceptible d'influer sur le jugement à rendre. Il appartient en effet aux parties, et non au juge, de décider si une prise de position ou une pièce nouvellement versée au dossier contient des éléments déterminants qui appellent des observations de leur part. Toute prise de position ou pièce nouvelle versée au dossier doit ainsi être communiquée aux parties pour leur permettre de décider si elles veulent ou non faire usage de leur faculté de se déterminer (<ref-ruling> consid. 2.3.3 p. 157; <ref-ruling> consid. 2.3.1 p. 197 et les références). 2.1.2. Il est du devoir du tribunal de garantir aux parties un droit effectif à la réplique dans chaque cas particulier. Il peut à cet effet accorder à la partie concernée un délai (<ref-ruling> consid. 2.1 p. 197). Il peut néanmoins suffire de transmettre à la partie concernée la prise de position ou la pièce nouvelle versée au dossier, lorsque l'on peut attendre d'elle - notamment lorsqu'elle est représentée par un avocat ou par une personne qui a de bonnes connaissances en droit - qu'elle prenne position immédiatement ou qu'elle demande au tribunal de lui fixer un délai pour ce faire (<ref-ruling> consid. 2.4 p. 487). Pour que le droit à la réplique soit garanti, il faut toutefois que le tribunal laisse un laps de temps suffisant à la partie concernée, entre la remise des documents et le prononcé de sa décision, pour qu'elle ait la possibilité de déposer des observations si elle l'estime nécessaire à la défense de ses intérêts. Cette pratique peut certes engendrer une certaine incertitude, dès lors que la partie ignore de combien de temps elle dispose pour formuler une éventuelle prise de position. La Cour européenne des droits de l'homme a toutefois admis la conformité du procédé avec l'art. 6 § 1 CEDH, dès lors qu'il suffit à la partie de demander à l'autorité de pouvoir prendre position et de requérir la fixation d'un délai (arrêt Joos contre Suisse du 15 novembre 2012, n° 43245/07, §§ 27 ss, en particulier §§ 30-32). Pour résumer de manière plus générale la pratique, le Tribunal fédéral considère qu'un délai inférieur à dix jours ne suffit pas à garantir l'exercice du droit de répliquer, tandis qu'un délai supérieur à vingt jours permet, en l'absence de réaction, d'inférer qu'il a été renoncé au droit de répliquer (arrêts 5A_155/2013 du 17 avril 2013 consid. 1.4 et 1B_407/2012 du 21 septembre 2012 consid. 2.2). 2.2. En qualité d'organe chargé de l'application de la législation en matière d'assurances sociales, l'office recourant est réputé connaître la jurisprudence du Tribunal fédéral et donc censé savoir que le droit à la réplique existe indépendamment d'un délai formel et doit être exercé sans retard. S'il convient d'admettre qu'il peut être parfois difficile d'évaluer le temps nécessaire pour examiner une prise de position et rédiger des commentaires, ce désavantage est néanmoins contrebalancé par la possibilité de pouvoir demander un délai pour ce faire. En l'occurrence, l'écriture remise le 31 janvier 2013 par l'intimée à la juridiction cantonale faisait à peine plus d'une page et n'avait, pour tout contenu, qu'une invitation à maintenir les frais et les dépens de la procédure cantonale tels qu'ils avaient été fixés initialement. Force est d'admettre que l'office recourant était en mesure d'examiner très rapidement si le contenu de ce document nécessitait qu'on lui apporte des commentaires et de requérir à cet effet, le cas échéant, l'octroi d'un délai. Eu égard à l'ensemble des circonstances du cas d'espèce, on ne saurait considérer que la juridiction cantonale a violé le droit d'être entendu de l'office recourant en statuant le 13 février 2013, soit plus de dix jours après la réception par celui-ci de la copie du courrier de l'intimée. 3. Sur le fond, l'office recourant reproche à la juridiction cantonale d'avoir alloué à l'intimée, sans la moindre explication, des dépens à hauteur de 2'500 fr., montant qui n'était pas justifié au vu des circonstances. En effet, l'intimée n'avait obtenu que partiellement gain de cause et le litige ne présentait pas une grande complexité, dès lors qu'il n'avait pas impliqué la rédaction d'écritures ayant nécessité d'importantes recherches juridiques ou un raisonnement ardu, ni de nombreuses audiences. 3.1. 3.1.1. La jurisprudence a déduit du droit d'être entendu, tel qu'il est garanti par l'art. 29 Cst., celui d'obtenir une décision motivée. Le destinataire de la décision et toute personne intéressée doit pouvoir la comprendre et l'attaquer utilement en connaissance de cause s'il y a lieu, et l'instance de recours doit pouvoir exercer pleinement son contrôle si elle est saisie (<ref-ruling> consid. 3.2 p. 236; <ref-ruling> consid. 2a/aa p. 16). Le juge n'est toutefois pas toujours tenu de motiver la décision par laquelle il fixe le montant des dépens alloués à une partie obtenant totalement ou partiellement gain de cause dans un procès, ou l'indemnité allouée à l'avocat d'office; il est admis de façon générale que le juge est en mesure de se rendre compte de la nature et de l'ampleur des opérations que le procès a nécessitées. Lorsqu'il existe un tarif ou une règle légale fixant des minima et maxima, le juge ne doit motiver sa décision que s'il sort de ces limites ou si des éléments extraordinaires sont invoqués par la partie concernée, ou encore si le juge s'écarte d'une note de frais produite par l'intéressé et alloue une indemnité inférieure au montant habituel, en dépit d'une pratique bien définie. L'exigence d'une motivation de la décision touchant le montant des dépens risquerait sinon d'aboutir à des formules stéréotypées qui ne différeraient guère de l'absence de motivation. Le Tribunal fédéral ne motive d'ailleurs pas, en principe, les décisions en matière de dépens pour les causes qui sont portées devant lui (<ref-ruling>; voir également arrêt I 308/98 du 28 juillet 1999 consid. 3, in SVR 2000 IV n. 11 p. 31). 3.1.2. En l'occurrence, la juridiction cantonale s'est contentée d'appliquer la règle générale, selon laquelle il n'y a pas lieu, en principe, de motiver la décision en matière de dépens. Le grief développé par l'office recourant serait admissible si la juridiction cantonale s'était écartée d'un tarif ou d'une règle légale cantonale fixant des minima et des maxima. Or, ce n'est manifestement pas le cas en l'espèce. D'après l'art. 6 du règlement sur les frais, émoluments et indemnités en procédure administrative du 30 juillet 1986 (RFAP; RS/GE E 5 10.03), la juridiction peut allouer à une partie pour les frais indispensables occasionnés par la procédure, y compris les honoraires éventuels d'un mandataire, une indemnité de 200 à 10'000 fr. Dans la mesure où le montant alloué à l'intimée se situe dans la fourchette prévue par le droit cantonal, la juridiction cantonale n'était pas tenue de motiver sa décision et n'a, partant, pas violé le droit d'être entendu de l'office recourant. 3.2. 3.2.1. Selon l'art. 61 let. g LPGA, le recourant qui obtient gain de cause a droit au remboursement de ses frais et dépens dans la mesure fixée par le tribunal; leur montant est déterminé sans égard à la valeur litigieuse d'après l'importance et la complexité du litige. Il y a gain de cause au sens de cette disposition, lorsque le tribunal annule - totalement ou partiellement - la décision attaquée et rend un jugement plus favorable pour la personne concernée ou lorsqu'il renvoie la cause à l'administration pour instruction complémentaire et nouvelle décision (cf. <ref-ruling> consid. 6.2 p. 235 et les références). Lorsque le litige porte sur la quotité d'une prestation d'assurance sociale (montant et/ou durée), l'admission partielle des conclusions du recours - par exemple lorsqu'une demi-rente est octroyée en lieu et place d'une rente entière - ne justifie en principe une réduction des dépens que si les conclusions du recours ont eu une influence sur l'importance et la complexité du litige (<ref-ruling> consid. 2c p. 407; voir également arrêts 8C_568/2010 du 3 décembre 2010 consid. 4.1, 9C_580/2010 du 16 novembre 2010 consid. 4.1 et 9C_94/2010 du 26 mai 2010 consid. 4.1). Le point de savoir si et à quelles conditions une partie a droit à des dépens en instance cantonale de recours lorsqu'elle obtient gain de cause relève du droit fédéral et dépend non seulement de l'issue du litige mais également de la personne de l'ayant droit (cf. <ref-ruling> consid. 2.2 p. 115 et les arrêts cités). La fixation du montant de l'indemnité de dépens ressortit en revanche au droit cantonal et échappe, en principe, à la compétence du Tribunal fédéral. Sauf exceptions non pertinentes en l'espèce (cf. art. 95 let. c, d et e LTF), la violation du droit cantonal ne constitue en effet pas un motif de recours; la partie recourante peut uniquement se plaindre de ce que l'application du droit cantonal par l'autorité précédente consacre une violation du droit fédéral au sens de l'<ref-law> - notamment de l'interdiction de l'arbitraire (art. 9 Cst.) - ou du droit international au sens de l'<ref-law> (<ref-ruling> consid. 2.3 p. 466; <ref-ruling> consid. 1.2.1 p. 251). 3.2.2. L'office recourant ne parvient pas à démontrer le caractère arbitraire du montant des dépens alloués à l'intimée. Le fait qu'elle n'ait obtenu, au final, que partiellement gain de cause dans ses conclusions, puisque seule une allocation pour impotent de degré faible lui a été allouée au lieu de l'allocation pour impotent de degré moyen initialement requise, ne constitue pas un facteur justifiant de réduire l'indemnité de dépens, la question de la quotité de la prestation allouée n'ayant eu à l'évidence aucune incidence sur l'importance et la complexité du litige. Quant au montant de 2'500 fr., il reste dans la marge inférieure de la fourchette prévue par le droit cantonal (cf. supra consid. 3.1.2), ce qui laisse à penser que la juridiction cantonale a considéré le cas comme ne présentant pas une complexité et des difficultés particulières. Faute pour l'office recourant d'indiquer quelle disposition du droit cantonal de procédure aurait été violée et pour quels motifs il estime que ce montant doit être considéré comme manifestement disproportionné - la simple énumération des actes de procédure effectués par l'intimée n'étant à ce titre pas suffisante -, il n'y a pas lieu de s'écarter de l'appréciation faite par la juridiction cantonale. 4. L'office recourant conteste également le montant des frais judiciaires qui ont été mis à sa charge. Au vu du degré de complexité du dossier, du fait qu'il n'y a pas eu d'actes d'instruction complexes ni d'expertise judiciaire et qu'une seule audience de comparution personnelle des parties a eu lieu, les frais de 1'000 fr. seraient arbitraires. 4.1. Conformément à l'<ref-law>, la procédure doit être gratuite pour les parties; des émoluments de justice et les frais de procédure peuvent toutefois être mis à la charge de la partie qui agit de manière téméraire ou témoigne de légèreté. L'art. 69 al. 1bis LAI (en vigueur depuis le 1 er juillet 2006) déroge à cette disposition dans la mesure où la procédure de recours en matière de contestations portant sur l'octroi ou le refus de prestations de l'assurance-invalidité devant le tribunal cantonal des assurances est soumise à des frais de justice. Le montant des frais doit alors être fixé en fonction de la charge liée à la procédure, indépendamment de la valeur litigieuse, et se situer entre 200 et 1'000 fr. Les frais de justice ne peuvent être ni inférieurs ni supérieurs à ces montants, les cantons demeurant cependant libres de renoncer totalement ou partiellement à la perception de frais de justice s'il existe une base légale qui l'autorise (<ref-ruling> consid. 1 p. 123). 4.2. L'art. 69 al. 1bis LAI ne fixe aucune règle en matière de répartition des frais, si bien qu'il n'existe aucune directive à l'intention des tribunaux de première instance précisant selon quels principes les frais de justice doivent être répartis entre les parties. Cette disposition ne limite la compétence des cantons en matière de procédure qu'en ce qui concerne le principe même de l'absence de gratuité de la procédure en matière d'octroi et de refus de prestations de l'assurance-invalidité et la fourchette des montants pouvant être prélevés (<ref-ruling> consid. 2.2 p. 62 et les références). La répartition des frais de justice est régie par le principe dit du résultat (" Erfolgsprinzip "), qui repose sur la présomption que la partie qui succombe a causé les coûts du procès (<ref-ruling> consid. 6b p. 2). La mise en oeuvre de ce principe relève du droit cantonal de procédure, dont le Tribunal fédéral n'examine l'application que sous l'angle de l'arbitraire (art. 9 Cst.). 4.3. En l'espèce, l'office recourant estime tout au plus implicitement que le montant des frais mis à sa charge serait disproportionné par rapport à l'ampleur de la procédure. Cela étant, la charge liée à une procédure ne se mesure pas ou, du moins, pas seulement au nombre de mesures d'instruction mises en oeuvre. Il convient également de tenir compte de la charge de travail sous-jacente à l'examen du dossier, laquelle dépend notamment des difficultés posées par le litige sur le plan juridique (cf. arrêt 9C_113/2008 du 11 novembre 2008 consid. 7). En mettant les frais de la procédure cantonale de recours, par 1'000 fr., à la charge de l'office recourant, la juridiction cantonale est restée dans la marge d'appréciation qui lui est reconnue par le droit fédéral. Faute pour l'office recourant de démontrer en quoi ce montant serait excessivement élevé ou, à tout le moins, dérogerait à la pratique habituelle de la juridiction cantonale, on ne saurait considérer que la juridiction cantonale a fait preuve d'arbitraire. 5. Mal fondé, le recours doit être rejeté. Vu l'issue du litige, les frais et les dépens de la procédure sont mis à la charge de l'office recourant (art. 66 al. 1 et 68 al. 1 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 500 fr., sont mis à la charge du recourant. 3. Le recourant versera à l'intimée la somme de 1'000 fr. à titre de dépens pour la procédure devant le Tribunal fédéral. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties, à la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre des assurances sociales, et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 22 juillet 2013 Au nom de la IIe Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse Le Président: Kernen Le Greffier: Piguet
CH_BGer_009
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2,011
de
Nach Einsicht in die Verfassungsbeschwerde gegen den Entscheid vom 6. April 2011 des Obergerichts des Kantons Aargau, das eine Beschwerde des Beschwerdeführers gegen die erstinstanzliche Erteilung der definitiven Rechtsöffnung an den Beschwerdegegner für Fr. 20'086.-- (nebst Zins und Kosten) abgewiesen hat, in das Gesuch um aufschiebende Wirkung,
in Erwägung, dass gegen den in einer vermögensrechtlichen Angelegenheit ergangenen Entscheid des Obergerichts mangels Erreichens der Streitwertgrenze (Art. 74 Abs. 1 lit. b BGG) und mangels Vorliegens einer Ausnahme gemäss Art. 74 Abs. 2 BGG allein die subsidiäre Verfassungsbeschwerde nach Art. 113ff. BGG offen steht, weshalb die Eingabe des Beschwerdeführers als solche entgegengenommen worden ist, dass in einer subsidiären Verfassungsbeschwerde die Rüge der Verletzung verfassungsmässiger Rechte vorzubringen und zu begründen (Art. 117 i.V.m. Art. 106 Abs. 2 BGG sowie Art. 116 BGG), d.h. anhand der Erwägungen des kantonalen Entscheids klar und detailliert darzulegen ist, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch diesen Entscheid verletzt sein sollen (<ref-ruling> E. 3.1 S. 399), ansonst auf die Beschwerde nicht eingetreten wird (Art. 117 i.V.m. Art. 108 Abs. 1 lit. b BGG), dass das Obergericht im Entscheid vom 6. April 2011 erwog, auf das missbräuchliche Ablehnungsbegehren des Beschwerdeführers gegen das Obergericht, mit dem die Lahmlegung der Justiz bezweckt werde, sei nicht einzutreten (<ref-ruling>), mit seinen neuen Behauptungen sei der Beschwerdeführer vor Obergericht ausgeschlossen, die Rechtsöffnungsforderung (Gerichtskosten) beruhe auf einem erfolglos bis ans Bundesgericht weitergezogenen, rechtskräftigen Urteil des Bezirksgerichts Zurzach vom 31. Mai 2006 und damit auf einem definitiven Rechtsöffnungstitel im Sinne von Art. 80 Abs. 1 SchKG, die inhaltliche Richtigkeit des Rechtsöffnungstitels dürfe der Rechtsöffnungsrichter nicht überprüfen (<ref-ruling> E. 2.3), Einwendungen im Sinne von Art. 81 Abs. 1 SchKG erhebe der Beschwerdeführer keine, dass zwar der Beschwerdeführer in seiner Eingabe an das Bundesgericht Verfassungsverletzungen behauptet, dass er jedoch nicht auf die entscheidenden obergerichtlichen Erwägungen eingeht, dass er erst recht nicht anhand dieser Erwägungen nach den gesetzlichen Anforderungen, d.h. klar und detailliert aufzeigt, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch den Entscheid des Obergerichts vom 6. April 2011 verletzt sein sollen, dass es insbesondere nicht genügt, pauschal auf kantonale Eingaben zu verweisen, weil die gesetzlich vorgeschriebene Beschwerdebegründung aus der Beschwerdeschrift selbst hervorzugehen hat, dass somit auf die - offensichtlich keine hinreichende Begründung enthaltende und in Anbetracht von Art. 100 Abs. 1 BGG auch nicht verbesserbare - Verfassungsbeschwerde in Anwendung von Art. 117 i.V.m. Art 108 Abs. 1 lit. b BGG nicht einzutreten ist, dass mit dem Beschwerdeentscheid das Gesuch um aufschiebende Wirkung gegenstandslos wird, dass der unterliegende Beschwerdeführer kostenpflichtig wird (Art. 66 Abs. 1 BGG), dass in den Fällen des Art. 117 i.V.m. Art. 108 Abs. 1 BGG das vereinfachte Verfahren zum Zuge kommt und die Abteilungspräsidentin zuständig ist,
erkennt die Präsidentin: 1. Auf die Verfassungsbeschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 700.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Aargau schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 27. Mai 2011 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Der Gerichtsschreiber: Hohl Füllemann
CH_BGer_005
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2,005
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. Am 27. Mai 2005 verbrachte X._ ihre Kinder A._, geboren am 29. März 2002, und B._, geboren am 8. März 2004, aus Italien in die Schweiz, wo sie seither mit ihnen lebt. Sie machte am 6. Juni 2005 beim Bezirksgericht Meilen ein Eheschutzverfahren anhängig. Der in Italien lebende Ehemann und Vater der Kinder, Y._, verlangte am 5. Juli 2005 beim Bezirksgericht die sofortige Rückführung der beiden Kinder nach Italien als früherem Aufenthaltsstaat. Mit Verfügung vom 13. Juli 2005 befahl der Einzelrichter am Bezirksgericht, die beiden Kinder nach Italien zurückzubringen oder zurückbringen zu lassen. Gegen diese Verfügung erhob X._ Rekurs. Das Obergericht des Kantons Zürich, II. Zivilkammer, wies den Rekurs mit Beschluss vom 30. September 2005 ab. Es bestätigte die erstinstanzliche Rückführungsverfügung (Dispositiv-Ziffer 1) und befahl X._, die beiden Kinder innert 15 Tagen ab Zustellung des Beschlusses auf ihre Kosten nach Italien zurückzuführen oder dem Vater der Kinder zur Rückführung zu übergeben; weiter beschloss es über die Modalitäten der Rückführung. X._ führt mit Eingaben vom 5. Oktober und 2. November 2005 staatsrechtliche Beschwerde wegen Verletzung von u.a. <ref-law> und des HEntfÜ und beantragt dem Bundesgericht, den angefochtenen Beschluss aufzuheben. Weiter ersucht sie um aufschiebende Wirkung. Der Beschwerdegegner und das Obergericht widersetzten sich mit Stellungnahmen vom 7. Oktober 2005 dem Gesuch um aufschiebende Wirkung. Mit Präsidialverfügung vom 17. Oktober 2005 wurde der staatsrechtlichen Beschwerde aufschiebende Wirkung zuerkannt. Vernehmlassungen zur Beschwerde sind nicht eingeholt worden.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. 1.1 Die Auseinandersetzung über die Rückführung eines Kindes nach dem Haager Übereinkommen vom 25. Oktober 1980 über die zivilrechtlichen Aspekte internationaler Kindesentführung (HEntfÜ; SR 0.211.230.02) stellt keine Zivilrechtsstreitigkeit dar. Es geht in diesem Verfahren vielmehr um eine Art administrative Rechtshilfe zwischen den Vertragsstaaten. Damit steht gegen Entscheide über Rückführungsgesuche die Berufung nicht offen, so dass sich die staatsrechtliche Beschwerde als zulässig erweist (<ref-ruling> E. 1a S. 421). 1.2 Gemäss Art. 86 Abs. 1 ist die staatsrechtliche Beschwerde nur gegen letztinstanzliche Entscheide zulässig. 1.2.1 Aus dem Urteil 5P.263/2002 des Bundesgerichts vom 31. Januar 2003 geht hervor, dass das Kassationsgericht des Kantons Zürich Nichtigkeitsbeschwerden, mit welchen die Verletzung von wesentlichen Verfahrensgrundsätzen sowie willkürliche Beweiswürdigung gerügt wird (vgl. § 281 Ziff. 1 und 2 ZPO/ZH), in Kindesrückführungssachen als zulässig beurteilt. Im angefochtenen Beschluss hat das Obergericht indessen die Nichtigkeitsbeschwerde an das Kassationsgericht in Kindesrückführungssachen für ausgeschlossen erachtet. Rückführungsverfahren seien nach der Praxis des Obergerichts (ZR 1989 Nr. 24; 2004 Nr. 14) nicht als Befehle (im Sinne von <ref-law>/ZH), sondern als vorsorgliche Massnahmen zu verstehen; folglich sei die kantonale Nichtigkeitsbeschwerde ausgeschlossen (<ref-law>/ZH). Das Obergericht führt keine entsprechende (neue) Praxis des Kassationsgerichts an. 1.2.2 Die Frage, ob gewisse, von der Beschwerdeführerin erhobene Rügen (Aktenwidrigkeit, Willkür in der Tatsachenfeststellung bzw. Beweiswürdigung) mit Nichtigkeitsbeschwerde beim Kassationsgericht erhoben werden können, braucht nicht geprüft zu werden, da die Beschwerde ohnehin abzuweisen ist (<ref-ruling> E. 1d S. 198). 1.3 Bei der Staatsvertragsbeschwerde überprüft das Bundesgericht Konventionsverletzungen frei (<ref-ruling> E. 1.4 S. 492; <ref-ruling> E. 3 S. 439). Die Kognition hinsichtlich der Sachverhaltsfeststellungen beschränkt sich auf eine Willkürprüfung, falls sich die Beschwerde - wie hier - gegen den Entscheid einer gerichtlichen Instanz richtet (<ref-ruling> E. 1.3 S. 111 f.). In der Würdigung von Beweisen steht dem kantonalen Richter ein grosses Ermessen zu. Willkürliche Beweiswürdigung liegt nicht schon dann vor, wenn vom Sachrichter gezogene Schlüsse nicht mit der Darstellung des Beschwerdeführers übereinstimmen, sondern wenn sie offensichtlich unhaltbar ist, d.h. mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch steht oder auf einem offenbaren Versehen beruht (<ref-ruling> E. 2a mit Hinweisen; <ref-ruling> E. 2b S. 88; <ref-ruling> E. 2 S. 86). Die Beweiswürdigung gilt namentlich dann als willkürlich, wenn der Sachrichter aus dem Ergebnis des Beweisverfahrens voreilige Schlüsse zieht (<ref-ruling> E. 4d S. 551 f.; <ref-ruling> E. 1b S. 30 mit Hinweisen) oder wenn er einseitig einzelne Beweise berücksichtigt und andere, aus denen sich Gegenteiliges ergeben könnte, ausser Betracht lässt (<ref-ruling> E. 3 S. 371; <ref-ruling> E. 1b S. 30). 1.4 Soweit die Beschwerdeführerin auf ihre Eingabe im kantonalen Verfahren verweist, genügt die staatsrechtliche Beschwerde den Begründungsanforderungen nicht und es kann darauf nicht eingetreten werden (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG). 1.5 Die Beschwerdeführerin macht eine Verletzung von Art. 29 und Art. 30 BV geltend. Auf diese nicht substantiierten und in der Beschwerdeergänzung nicht mehr aufrechterhaltenen Rügen kann nicht eingetreten werden (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG). 1.5 Die Beschwerdeführerin macht eine Verletzung von Art. 29 und Art. 30 BV geltend. Auf diese nicht substantiierten und in der Beschwerdeergänzung nicht mehr aufrechterhaltenen Rügen kann nicht eingetreten werden (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG). 2. Die Beschwerdeführerin rügt als aktenwidrig und willkürlich (<ref-law>), wenn das Obergericht (auf S. 20 des angefochtenen Beschlusses) festgestellt habe, die Kinder hätten sich vom "ca. 8. [recte: 18.] Dezember 2004 bis 26. Mai 2005" in Italien aufgehalten. In der persönlichen Befragung hätten die Parteien bestätigt, dass sie sich tatsächlich "nur in der Zeit vom Februar 2005 bis Mai 2005 mehr oder weniger gemeinsam" in Italien aufgehalten hätten. Der Aufenthalt der Kinder in Italien habe tatsächlich nur "zwischen drei und vier Monaten" gedauert und die Kinder seien nach den Bestätigungen am 18. März 2005 in Zumikon angemeldet worden. 2.1 Die Dauer bzw. der eigentlich strittige Beginn des Aufenthalts der Kinder in Italien ist Tatfrage. Das Obergericht hat dazu (auf S. 20 des angefochtenen Beschlusses) festgehalten, dass in den amtlichen Abmeldebestätigungen der Wegzug für alle vier Familienmitglieder auf den 18. Dezember 2004 terminiert sei. Dieses Datum beruht nicht auf Versehen oder offenkundigem Fehler, sondern geht aus den in Akten liegenden Schriftstücken hervor. 2.2 Die Rüge, dass das Obergericht eine Aussage der Parteien anlässlich der persönlichen Befragung - gemeint wohl - vor dem Bezirksgericht (Protokoll) in unhaltbarer Weise übergangen habe, geht fehl. Die Beschwerdeführerin erklärte (Protokoll S. 6 bis 8): "Im Januar gaben wir die Wohnung ab, nachdem wir über Weihnachten/Neujahr längere Ferien in Italien gemacht hatten." Und weiter: "Im Januar, als wir die Wohnung zurückgaben, kamen die Kinder mit in die Schweiz. Im Februar lebten sie in Italien". Auf die Frage, wo die Kinder in den Monaten März bis Mai gelebt hätten, antwortete sie: "Die Kinder lebten in Italien". Weiter hat das Obergericht festgehalten, dass gemäss Bestätigung der Kinderkrippe, die grössere Tochter "Mitte Dezember ... aus der Kinderkrippe genommen wurde, da die Familie nach Italien auswandern wolle". Vor dem Hintergrund der verschiedenen Beweismittel (Aussagen, Dokumente) kann keine Rede davon sein, das Obergericht habe einseitig einzelne Beweise berücksichtigt und andere, aus denen sich Gegenteiliges ergeben könnte, ausser Betracht gelassen, wenn es in tatsächlicher Hinsicht angenommen hat, die Kinder hätten sich seit dem 18. Dezember 2004 (bis zum unstrittigen 26.Mai 2005) in Italien aufgehalten. Die Willkürrüge ist unbegründet. 2.3 Soweit die weitere Kritik der Beschwerdeführerin (wie betreffend Schlussfolgerungen über den Daseinsmittelpunkt der Kinder oder die Einwilligung des Beschwerdegegners zum Verbringen der Kinder in die Schweiz) auf den Vorwurf einer Verletzung des Staatsvertrages hinausläuft, kann auf eine Rüge willkürlicher Beweiswürdigung nicht eingetreten werden. 2.3 Soweit die weitere Kritik der Beschwerdeführerin (wie betreffend Schlussfolgerungen über den Daseinsmittelpunkt der Kinder oder die Einwilligung des Beschwerdegegners zum Verbringen der Kinder in die Schweiz) auf den Vorwurf einer Verletzung des Staatsvertrages hinausläuft, kann auf eine Rüge willkürlicher Beweiswürdigung nicht eingetreten werden. 3. Das Obergericht hat in Bezug auf die Anwendbarkeit des HEntfÜ geprüft, ob die Kinder vor dem Verbringen in die Schweiz gewöhnlichen Aufenthalt in Italien hatten. Es hat festgehalten, die Parteien seien nach Italien übersiedelt, um eine Kleinpension zu betreiben. Der Aufenthalt in Italien sei zumindest für längere Zeit geplant gewesen, zumal die Beschwerdeführerin in der Schweiz nur noch eine kleine Wohnung und ihre (Teilzeit-) Arbeitsstelle behalten hatte. Die Kinder hätten sich "rund sechs Monate" bzw. "ca. vom 18. Dezember 2004 bis 26.Mai 2005" in Italien aufgehalten. Das Obergericht hat geschlossen, dass die Kinder in Italien gewöhnlichen Aufenthalt begründet hätten und das Abkommen gemäss Art. 4 HEntfÜ zur Anwendung komme. Was die Widerrechtlichkeit des Verbringens der Kinder in die Schweiz anbelangt, so hat das Obergericht festgehalten, es sei unstrittig, dass den Parteien als verheirateten Eltern das Sorgerecht für die beiden Kinder gemeinsam zustand. Sodann sei der Beschwerdegegner vor dem Verbringen in die Schweiz im Rahmen des gemeinsamen Haushaltes in einer laufenden und täglichen Beziehung zu den tagsüber fremdbetreuten Kindern gestanden, d.h. er habe sich mit ihnen beschäftigt bzw. die Abende mit ihnen verbracht und sie schlafen gelegt, zumal er während der arbeitsbedingten Abwesenheit der Beschwerdeführerin häufig der allein anwesende Elternteil gewesen sei. Der Beschwerdegegner habe das Sorgerecht vor dem Verbringen der Kinder in der Schweiz tatsächlich ausgeübt. Das Obergericht hat gefolgert, dass das Verbringen widerrechtlich im Sinne von Art. 3 HEntfÜ sei. Schliesslich hat das Obergericht betreffend die Verweigerungsgründe gemäss Art. 13 Abs. 1 lit. a und b HEntfÜ erwogen, aus den Äusserungen und dem Verhalten des Beschwerdegegners lasse sich keine Zustimmung zum Verbringen der Kinder in die Schweiz ableiten, und die Kinder würden trotz ihres niedrigen Alters durch die Rückführung nicht schwerwiegend gefährdet oder in eine unzumutbare Lage gebracht. 3. Das Obergericht hat in Bezug auf die Anwendbarkeit des HEntfÜ geprüft, ob die Kinder vor dem Verbringen in die Schweiz gewöhnlichen Aufenthalt in Italien hatten. Es hat festgehalten, die Parteien seien nach Italien übersiedelt, um eine Kleinpension zu betreiben. Der Aufenthalt in Italien sei zumindest für längere Zeit geplant gewesen, zumal die Beschwerdeführerin in der Schweiz nur noch eine kleine Wohnung und ihre (Teilzeit-) Arbeitsstelle behalten hatte. Die Kinder hätten sich "rund sechs Monate" bzw. "ca. vom 18. Dezember 2004 bis 26.Mai 2005" in Italien aufgehalten. Das Obergericht hat geschlossen, dass die Kinder in Italien gewöhnlichen Aufenthalt begründet hätten und das Abkommen gemäss Art. 4 HEntfÜ zur Anwendung komme. Was die Widerrechtlichkeit des Verbringens der Kinder in die Schweiz anbelangt, so hat das Obergericht festgehalten, es sei unstrittig, dass den Parteien als verheirateten Eltern das Sorgerecht für die beiden Kinder gemeinsam zustand. Sodann sei der Beschwerdegegner vor dem Verbringen in die Schweiz im Rahmen des gemeinsamen Haushaltes in einer laufenden und täglichen Beziehung zu den tagsüber fremdbetreuten Kindern gestanden, d.h. er habe sich mit ihnen beschäftigt bzw. die Abende mit ihnen verbracht und sie schlafen gelegt, zumal er während der arbeitsbedingten Abwesenheit der Beschwerdeführerin häufig der allein anwesende Elternteil gewesen sei. Der Beschwerdegegner habe das Sorgerecht vor dem Verbringen der Kinder in der Schweiz tatsächlich ausgeübt. Das Obergericht hat gefolgert, dass das Verbringen widerrechtlich im Sinne von Art. 3 HEntfÜ sei. Schliesslich hat das Obergericht betreffend die Verweigerungsgründe gemäss Art. 13 Abs. 1 lit. a und b HEntfÜ erwogen, aus den Äusserungen und dem Verhalten des Beschwerdegegners lasse sich keine Zustimmung zum Verbringen der Kinder in die Schweiz ableiten, und die Kinder würden trotz ihres niedrigen Alters durch die Rückführung nicht schwerwiegend gefährdet oder in eine unzumutbare Lage gebracht. 4. Die Beschwerdeführerin bringt zunächst vor, die Anwendung des HEntfÜ bzw. die Rückführung der Kinder seien ausgeschlossen, weil mit Verfügung des Einzelrichters am Bezirksgericht Meilen vom 27. Juni 2005 betreffend Eheschutz die beiden Kinder "im Sinne einer einstweiligen vorsorglichen Massnahme mit sofortiger Wirkung" bereits unter die Obhut der Mutter gestellt worden seien. Sie macht zum einen geltend, die betreffende Verfügung sei nach wie vor wirksam, weil die vom Eheschutzrichter am 13. Juli 2005 verfügte Aufhebung der früheren einstweiligen Verfügung einen krassen Verstoss gegen Art. 16 HEntfÜ darstelle. Zum anderen beruft sich die Beschwerdeführerin darauf, dass die einstweilige Verfügung vom 27. Juni 2005 erlassen worden sei, bevor der Beschwerdegegner am 5. Juli 2005 den Rückführungsantrag eingereicht habe. Dem Beschwerdegegner sei die Obhut am 5. Juli 2005 gar nicht mehr zugestanden, so dass er sich vergeblich auf die Widerrechtlichkeit des Verbringens der Kinder in die Schweiz gemäss Art. 3 HEntfÜ berufe. Mit der angefochtenen Rückführungsanordnung sei daher eine gerichtliche Obhutszuteilung ausser Kraft gesetzt worden. 4.1 Die Vorbringen der Beschwerdeführerin gehen ins Leere. Anfechtungsgegenstand der vorliegenden staatsrechtlichen Beschwerde ist der obergerichtliche Rückführungsentscheid, mit welchem der erstinstanzliche Rückführungsentscheid vom 13. Juli 2005 bestätigt wurde. Die ebenfalls am 13. Juli 2005 (am Tag des Erlasses des erstinstanzlichen Rückführungsentscheides) angeordnete Aufhebung der einstweiligen Verfügung betreffend Obhut ist nicht Gegenstand des Rückführungsverfahrens, sondern des Eheschutzverfahrens. Soweit die Beschwerdeführerin den vom Eheschutzrichter verfügten Widerruf der einstweiligen Verfügung betreffend Obhut kritisiert und ihm eine Verletzung von <ref-law> vorwirft, kann auf ihre Vorbringen nicht eingetreten werden. 4.2 Im Übrigen kann die Beschwerdeführerin nichts für sich aus dem Umstand ableiten, dass ihr am 27. Juni 2005 die Obhut für die Kinder einstweilig zugeteilt und der Rückführungsantrag erst danach, am 5. Juli 2005 gestellt worden ist. Ist den Gerichten oder Verwaltungsbehörden des Vertragsstaats, in den das Kind verbracht oder in dem es zurückgehalten wurde, das widerrechtliche Verbringen oder Zurückhalten des Kindes im Sinn des Art. 3 HEntfÜ mitgeteilt worden, so dürfen sie keine Sachentscheidung über das Sorgerecht treffen, solange nicht entschieden ist, dass das Kind aufgrund dieses Übereinkommens nicht zurückzugeben ist, oder sofern innerhalb angemessener Frist nach der Mitteilung kein Antrag nach dem Übereinkommen gestellt wird (Art. 16 HEntfÜ). Eine Mitteilung liegt namentlich im Antrag nach Art. 8 HEntfÜ (bei den zentralen Behörden) oder - wie hier der Beschwerdegegner vorgegangen ist - nach Art. 29 HEntfÜ unmittelbar bei den Gerichten oder Verwaltungsbehörden, gleichviel ob dies in Anwendung des Übereinkommens oder unabhängig davon erfolgt. Die Mitteilung bewirkt, dass Sorgerechtsanträge unzulässig sind bzw. dass in einem Sorgerechtsverfahren keinerlei Sachentscheidung mehr ergehen darf. Dieses Verfahren ist mindestens auszusetzen (Jörg Pirrung, in: von Staudingers Kommentar zum BGB, 13. Aufl., Berlin 1994, N. 692 zu Vorbem. zu Art. 19 EGBGB) und darf erst eingeleitet werden bzw. fortgesetzt werden, wenn der Rückführungsantrag rechtskräftig abgewiesen wurde (Pirrung, a.a.O., N. 694 zu Vorbem. zu Art. 19 EGBGB). Die Beschwerdeführerin könnte demnach aus der im Eheschutzverfahren ergangenen einstweiligen Verfügung betreffend Obhut nichts für die Rechtmässigkeit der Anwesenheit der Kinder ableiten, selbst wenn die Verfügung nicht widerrufen worden wäre. Von einer Verletzung von Art. 16 HEntfÜ kann keine Rede sein. Vielmehr wäre die Bestimmung verletzt worden, wenn der kantonale Richter den Rückführungsantrag wegen der vorangegangenen einstweiligen Verfügung abgewiesen hätte. 4.2 Im Übrigen kann die Beschwerdeführerin nichts für sich aus dem Umstand ableiten, dass ihr am 27. Juni 2005 die Obhut für die Kinder einstweilig zugeteilt und der Rückführungsantrag erst danach, am 5. Juli 2005 gestellt worden ist. Ist den Gerichten oder Verwaltungsbehörden des Vertragsstaats, in den das Kind verbracht oder in dem es zurückgehalten wurde, das widerrechtliche Verbringen oder Zurückhalten des Kindes im Sinn des Art. 3 HEntfÜ mitgeteilt worden, so dürfen sie keine Sachentscheidung über das Sorgerecht treffen, solange nicht entschieden ist, dass das Kind aufgrund dieses Übereinkommens nicht zurückzugeben ist, oder sofern innerhalb angemessener Frist nach der Mitteilung kein Antrag nach dem Übereinkommen gestellt wird (Art. 16 HEntfÜ). Eine Mitteilung liegt namentlich im Antrag nach Art. 8 HEntfÜ (bei den zentralen Behörden) oder - wie hier der Beschwerdegegner vorgegangen ist - nach Art. 29 HEntfÜ unmittelbar bei den Gerichten oder Verwaltungsbehörden, gleichviel ob dies in Anwendung des Übereinkommens oder unabhängig davon erfolgt. Die Mitteilung bewirkt, dass Sorgerechtsanträge unzulässig sind bzw. dass in einem Sorgerechtsverfahren keinerlei Sachentscheidung mehr ergehen darf. Dieses Verfahren ist mindestens auszusetzen (Jörg Pirrung, in: von Staudingers Kommentar zum BGB, 13. Aufl., Berlin 1994, N. 692 zu Vorbem. zu Art. 19 EGBGB) und darf erst eingeleitet werden bzw. fortgesetzt werden, wenn der Rückführungsantrag rechtskräftig abgewiesen wurde (Pirrung, a.a.O., N. 694 zu Vorbem. zu Art. 19 EGBGB). Die Beschwerdeführerin könnte demnach aus der im Eheschutzverfahren ergangenen einstweiligen Verfügung betreffend Obhut nichts für die Rechtmässigkeit der Anwesenheit der Kinder ableiten, selbst wenn die Verfügung nicht widerrufen worden wäre. Von einer Verletzung von Art. 16 HEntfÜ kann keine Rede sein. Vielmehr wäre die Bestimmung verletzt worden, wenn der kantonale Richter den Rückführungsantrag wegen der vorangegangenen einstweiligen Verfügung abgewiesen hätte. 5. Das HEntfÜ ist in seinem Anwendungsbereich beschränkt auf Kinder, welche unmittelbar vor einer Verletzung des Sorge- oder Besuchsrechts ihren gewöhnlichen Aufenthalt in einem Vertragsstaat hatten und das 16. Lebensjahr noch nicht vollendet haben (Art. 4 HEntfÜ). Strittig ist, ob das HEntfÜ auf die beiden Kinder anwendbar ist. Die Beschwerdeführerin wirft dem Obergericht vor, zu Unrecht den gewöhnlichen Aufenthalt der beiden Kinder in Italien (als Vertragsstaat) angenommen zu haben. 5.1 Der Begriff des gewöhnlichen Aufenthaltes im Sinne des HEntfÜ entspricht dem Anknüpfungsbegriff wie er im Minderjährigenschutzabkommen (MSA; SR 0.211.231.01) und anderen Haager Übereinkommen verwendet wird (Elisa Pérez-Vera, Rapport explicatif, in: Conférence de La Haye de droit international privé, Actes et documents de la Quatorzième session, Bd. III, Enlèvement d'enfants, Den Haag 1982, Ziff. 66 S. 445). Der gewöhnliche Aufenthalt wird dabei nicht nach <ref-law>, sondern vertragsautonom ausgelegt. Es ist darunter der tatsächliche Mittelpunkt der Lebensführung des Kindes zu verstehen (<ref-ruling> E. 3 S. 122: "le centre effectif de la vie et de ses attaches"; vgl. <ref-ruling> E. 4d S. 339), welcher sich aus der tatsächlichen Dauer des Aufenthaltes und den dadurch begründeten Beziehungen oder aus der voraussichtlichen Dauer des Aufenthalts und der damit zu erwartenden Integration ergibt (Ivo Schwander, Einführung in das internationale Privatrecht, Bd. II: Besonderer Teil, St. Gallen 1997, S. 139 Rz. 324). 5.2 Nach den Sachverhaltsfeststellungen im angefochtenen Urteil haben sich die beiden Kinder vom ca. 18. Dezember 2004 bis 26. Mai 2005 in M._/Italien aufgehalten. Während dieser etwa fünfeinhalb Monate lebten sie zusammen mit ihren Eltern. Dabei kümmerte sich der Beschwerdegegner tagsüber offenbar um den geplanten Betrieb der Kleinpension, und die in der Schweiz teilzeitlich arbeitstätige Beschwerdeführerin kehrte jede zweite Woche und an den verlängerten Wochenenden zur Familie heim. Tagsüber wurden die Kinder zum Teil von einem Kindermädchen betreut; zum Teil besuchten sie eine örtliche Kinderkrippe. 5.3 Die Lebensumstände der beiden Kinder legen nahe, dass sie gewöhnlichen Aufenthalt in Italien begründet haben. Der Mittelpunkt der Lebensführung von Kindern wird in entscheidender Weise von den tatsächlichen familiären Bindungen geprägt (Andreas Bucher, L'enfant en droit international privé, Genf 2003, S. 120 Rz. 332); dies trifft gerade für sehr kleine Kinder zu. Vorliegend lebten die beiden (damals ein- bzw. dreijährigen) Kinder zusammen mit ihren Eltern in Italien im gleichen Haushalt; daran ändert nichts, dass sie tagsüber fremdbetreut worden sind und allein die Beschwerdeführerin zeitweise abwesend war. In ihrer arbeitsfreien Zeit war die Beschwerdeführerin regelmässig in Italien, wo die Kinder lebten. Die tatsächlichen familiären Bindungen der beiden noch kleinen Kinder konzentrierten sich demnach in Italien. Daran vermag - entgegen den Vorbringen der Beschwerdeführerin - auch die Rückreise in die Schweiz zur kinderärztlichen Konsultation (Impfung) nichts zu ändern. Im Übrigen ist nichts über weitere familiäre Bindungen (z.B. zu Grosseltern) in der Schweiz festgestellt. Sodann wird in der Lehre die Auffassung vertreten, dass im Sinne einer Faustregel ein tatsächliches Verweilen (im Herkunftsstaat) von ungefähr sechs Monaten geeignet ist, dass ein Aufenthaltsort eines Kindes zu dessen Mittelpunkt der Lebensbeziehungen wird (Ivo Schwander, Kommentar zum schweizerischen Privatrecht, Internationales Privatrecht, Basel 1996, N. 29 zu Art. 85, mit Hinweis auf Jan Kropholler, in: von Staudingers Kommentar zum BGB, 13. Aufl., Berlin 1994, N. 130 zu Vorbem. zu Art. 19 EGBGB; Monique Jametti Greiner, in: Gerhard Walter/Monique Jametti Greiner/Ivo Schwander, Internationales Privat- und Verfahrensrecht, Texte und Erläuterungen, 8. Ergänzungslieferung Dezember 2000, N. 16 zu Kap. 15 E). Die Kinder haben rund fünfeinhalb Monate zusammen mit ihren Eltern in Italien gelebt. Vor dem Hintergrund, dass am 26. Mai 2005 ein Aufenthalt der beiden Kinder von nicht nur geringer Dauer und hinreichend stabile Beziehungen in familiärer Hinsicht in Italien vorlagen, ist die Annahme des Obergerichts, dass im massgebenden Zeitpunkt der gewöhnliche Aufenthalt der Kinder in Italien gelegen habe, mit dem HEntfÜ vereinbar. 5.4 Die Beschwerdeführerin macht geltend, das Obergericht habe übergangen, dass die Parteien sich lediglich zu einem Ferien- bzw. Erholungsaufenthalt nach Italien begeben hätten, und es habe zu Unrecht angenommen, dass die Parteien nach Italien übersiedelt und dort einen länger dauernden Aufenthalt geplant hätten. Diese Vorbringen gehen ins Leere. Ein Kind begründet im Normalfall eines Umzugs (d.h. nicht im Entführungsfall) mit den sorgeberechtigten Eltern sofort einen gewöhnlichen Aufenthalt (Kurt Siehr, Zürcher Kommentar zum IPRG, 2. Aufl., Zürich 2004, N. 18 zu Art. 85; Schwander, Kommentar, a.a.O., mit Hinweis auf Kropholler, a.a.O., N. 131 zu Vorbem. zu Art. 19 EGBGB; Jametti Greiner, a.a.O.). Das Obergericht hat festgestellt, dass die Parteien ihre Familienwohnung in der Schweiz gekündigt hatten und die Beschwerdeführerin für ihre arbeitsbedingte Anwesenheit in der Schweiz nur noch eine kleine Wohnung genommen hatte. Der Beschwerdegegner hatte seine Arbeitsstelle, deren Weiterbestand gefährdet war, in der Schweiz aufgegeben und wollte sich in Italien gemeinsam mit der Beschwerdeführerin der Kleinpension widmen. Er hatte sich sein BVG-Guthaben wegen endgültigen Verlassens der Schweiz ausbezahlen lassen. Die Parteien hatten offenbar ihre Familienwohnung im Haus in Italien eingerichtet; sie liessen die Kinder in Italien eine Kinderkrippe besuchen und organisierten dort die weitere Kinderbetreuung. Aus diesen Umständen ergibt sich, dass die Parteien ihren Lebensmittelpunkt in der Schweiz aufgegeben hatten, der Aufenthalt der Parteien in Italien für eine längere Zeitspanne angelegt war und an die Stelle des bisherigen Lebensmittelpunktes treten sollte. 5.5 Vor diesem Hintergrund (tatsächliche familiäre Bindungen und Dauer des Aufenthalts in Italien sowie Umzug nach Italien) ist nicht zu beanstanden, wenn das Obergericht angenommen hat, die beiden Kinder hätten ihren gewöhnlichen Aufenthalt am 26. Mai 2005 in Italien. Der Vorwurf, das Obergericht habe Art. 4 HEntfÜ verletzt, ist daher unbegründet, und das Obergericht hat zu Recht geschlossen, dass auf die beiden Kinder das HEntfÜ Anwendung findet. 5.5 Vor diesem Hintergrund (tatsächliche familiäre Bindungen und Dauer des Aufenthalts in Italien sowie Umzug nach Italien) ist nicht zu beanstanden, wenn das Obergericht angenommen hat, die beiden Kinder hätten ihren gewöhnlichen Aufenthalt am 26. Mai 2005 in Italien. Der Vorwurf, das Obergericht habe Art. 4 HEntfÜ verletzt, ist daher unbegründet, und das Obergericht hat zu Recht geschlossen, dass auf die beiden Kinder das HEntfÜ Anwendung findet. 6. Das Verbringen oder Zurückhalten eines Kindes gilt als widerrechtlich, wenn dadurch das Sorgerecht verletzt wird, das einer Person allein oder gemeinsam nach dem Recht des Staates zusteht, in dem das Kind unmittelbar vor dem Verbringen oder Zurückhalten seinen gewöhnlichen Aufenthalt hatte (Art. 3 Abs. 1 lit. a und Abs. 2 HEntfÜ). Voraussetzung ist, dass das Sorgerecht im Zeitpunkt des Verbringens oder Zurückhaltens auch tatsächlich ausgeübt wurde oder ausgeübt worden wäre, falls das Verbringen oder Zurückhalten nicht stattgefunden hätte (Art. 3 Abs. 1 lit. b HEntfÜ). 6.1 Soweit sich die Beschwerdeführerin auf Art. 3 HEntfÜ beruft, so verkennt sie, dass für die Frage der Widerrechtlichkeit massgebend ist, ob dem Beschwerdegegner das Sorgerecht nach dem Recht von Italien, wo die Kinder unmittelbar vor dem Verbringen ihren gewöhnlichen Aufenthalt hatten, zustand. Dass dem Beschwerdegegner im massgebenden Zeitpunkt (am 26. Mai 2005, vor dem Verbringen in die Schweiz) das Sorgerecht - wie das Obergericht angenommen hat - ebenfalls zustand, rügt die Beschwerdeführerin nicht. 6.2 Ebenso wenig stellt die Beschwerdeführerin den Schluss des Obergerichts in Frage, dass der Beschwerdegegner vor dem Verbringen in die Schweiz im Rahmen des gemeinsamen Haushaltes in einer laufenden und täglichen Beziehung das auch ihm zustehende Sorgerecht tatsächlich ausgeübt habe. Insoweit ist nicht zu beanstanden, wenn das Obergericht gefolgert hat, dass das Verbringen bzw. Zurückhalten der beiden Kinder in der Schweiz das Mitsorgerecht des Beschwerdegegners verletzt habe und widerrechtlich im Sinne von Art. 3 HEntfÜ sei. 6.2 Ebenso wenig stellt die Beschwerdeführerin den Schluss des Obergerichts in Frage, dass der Beschwerdegegner vor dem Verbringen in die Schweiz im Rahmen des gemeinsamen Haushaltes in einer laufenden und täglichen Beziehung das auch ihm zustehende Sorgerecht tatsächlich ausgeübt habe. Insoweit ist nicht zu beanstanden, wenn das Obergericht gefolgert hat, dass das Verbringen bzw. Zurückhalten der beiden Kinder in der Schweiz das Mitsorgerecht des Beschwerdegegners verletzt habe und widerrechtlich im Sinne von Art. 3 HEntfÜ sei. 7. Sodann macht die Beschwerdeführerin geltend, der Beschwerdegegner habe die Mitnahme der Kinder gebilligt bzw. nachträglich genehmigt. Das Obergericht habe übergangen, dass der Beschwerdegegner ihr (der Beschwerdeführerin) überlassen habe, ob sie in M._/ Italien bleiben oder in die Schweiz zurückkehren wolle. Es sei hinreichend dargetan worden, dass nicht ein blosses Hinnehmen des Aufenthalts der Kinder in der Schweiz, sondern Zustimmung vorliege. Die Rückführung sei daher entgegen der Auffassung des Obergerichts ausgeschlossen. 7.1 Art. 13 Abs. 1 lit. a HEntfÜ ermöglicht es, die Rückführung abzulehnen, wenn die Person, welche sich der Rückgabe des Kindes widersetzt, nachweist, dass der Antragssteller dem Verbringen oder Zurückhalten zugestimmt oder dieses nachträglich genehmigt hat. Es muss die klar (ausdrücklich oder stillschweigend) zum Ausdruck gebrachte Zustimmung zur dauerhaften Aufenthaltsänderung nachgewiesen werden (Bucher, a.a.O., S. 160 Rz. 465; Siehr, a.a.O., N. 35 zu Art. 85 Anhang I). Dies gilt auch für die nachträgliche Genehmigung, die sich inbesondere nicht aus blosser zeitweiliger Hinnahme des Aufenthalts beim entführenden Elternteil ergibt (Pirrung, a.a.O., N. 682 zu Vorbem. zu Art. 19 EGBGB; vgl. Bucher, a.a.O., S. 161 Rz. 466). Der beweislastpflichtige entführende Elternteil hat die Verweigerungsgründe anhand substantiiert vorgetragener Anhaltspunkte objektiv glaubhaft zu machen (vgl. Urteil 5P.65/2002 vom 11. April 2002, E. 4b, FamPra.ch 2002 S. 620; Hans Kuhn, 'Ihr Kinderlein bleibet, so bleibet doch all', AJP 1997 S. 1102). 7.2 Das Obergericht hat erwogen, aus den mehreren SMS des Beschwerdegegners vom 27. und 28. Mai 2005 ("... vorgenommen, Sa. und So. Fiesta zu machen"; "Entscheide Du, bei Bologna li[nks] oder re[chts] abzubiegen") und aus dem Umstand, dass er der Beschwerdeführerin einen Anteil für die Krippe in der Schweiz bezahlt und ihr persönliche Effekten der Kinder zugesandt hatte, könne weder eine Zustimmung noch eine nachträgliche Genehmigung des Beschwerdegegners abgeleitet werden. Der Beschwerdegegner habe lediglich die neue und unerwartet eingetretene Situation zunächst hingenommen, weil er sich für den direkt vorangegangenen Ehestreit verantwortlich gefühlt habe und er ein praktisches Problem habe lösen wollen; durch ein weiteres Schreiben (vom 1. Juni 2005) habe er die Beschwerdeführerin zudem zur Rückkehr bewegen wollen. 7.3 Die Auffassung des Obergerichts ist mit dem Übereinkommen vereinbar. Aus dem erwähnten SMS ("Entscheide Du, bei Bologna li[nks] oder re[chts] abzubiegen") lässt sich - entgegen der Meinung der Beschwerdeführerin - nicht schliessen, der Beschwerdegegner habe klar zum Ausdruck gebracht, dass er mit dem dauerhaften Verbringen der Kinder durch die Beschwerdeführerin in der Schweiz einverstanden sei. Im Übrigen kann aus den weiteren Tatsachenfeststellungen (wie Zusendung persönlicher Effekten, Bezahlung eines Anteils an die Krippenkosten) höchstens abgeleitet werden, der Beschwerdegegner nehme zeitweilig den Aufenthalt der Kinder bei der Beschwerdeführerin hin. Dies genügt indessen nicht als Zustimmung im Sinne von Art. 13 Abs. 1 lit. a HEntfÜ. Die Rüge der Beschwerdeführerin, das Obergericht habe den hinreichenden Nachweis für die Zustimmung bzw. nachträgliche Genehmigung des Beschwerdegegners übergangen, geht daher fehl. 7.3 Die Auffassung des Obergerichts ist mit dem Übereinkommen vereinbar. Aus dem erwähnten SMS ("Entscheide Du, bei Bologna li[nks] oder re[chts] abzubiegen") lässt sich - entgegen der Meinung der Beschwerdeführerin - nicht schliessen, der Beschwerdegegner habe klar zum Ausdruck gebracht, dass er mit dem dauerhaften Verbringen der Kinder durch die Beschwerdeführerin in der Schweiz einverstanden sei. Im Übrigen kann aus den weiteren Tatsachenfeststellungen (wie Zusendung persönlicher Effekten, Bezahlung eines Anteils an die Krippenkosten) höchstens abgeleitet werden, der Beschwerdegegner nehme zeitweilig den Aufenthalt der Kinder bei der Beschwerdeführerin hin. Dies genügt indessen nicht als Zustimmung im Sinne von Art. 13 Abs. 1 lit. a HEntfÜ. Die Rüge der Beschwerdeführerin, das Obergericht habe den hinreichenden Nachweis für die Zustimmung bzw. nachträgliche Genehmigung des Beschwerdegegners übergangen, geht daher fehl. 8. Schliesslich geht die Beschwerdeführerin von einer Schädigung der Kinder aus, weil sie bei einer Rückkehr nach Italien nicht mehr für die Betreuung zur Verfügung stehen könne, so dass die Kinder hauptsächlich von Drittpersonen betreut würden, zumal der Beschwerdegegner dazu "weder pädagogisch noch gesundheitlich in der Lage" sei. 8.1 Gemäss Art. 13 Abs. 1 lit. b HEntfÜ besteht keine Pflicht zur Rückführung, wenn nachgewiesen ist, dass die Rückgabe mit der schwerwiegenden Gefahr eines körperlichen oder seelischen Schadens für das Kind verbunden ist oder das Kind auf andere Weise in eine unzumutbare Lage gebracht wird. Ziel des Haager Übereinkommens ist, die sofortige Rückführung widerrechtlich in einen Vertragsstaat verbrachter oder dort zurückbehaltener Kinder sicherzustellen und zu gewährleisten (Art. 1 HEntfÜ); die Ausschlussgründe nach Art. 13 HEntfÜ sind daher eng auszulegen, damit der Entführer keinen Vorteil aus seinem Rechtsbruch ziehen kann (Urteil 5P.71/2003 vom 27. März 2003, E. 2.2, FamPra.ch 2003 S. 718; Pérez-Vera, a.a.O., Ziff. 34 S. 434). Zu berücksichtigen sind daher nur wirklich schwere Gefahren, nicht aber irgendwelche erzieherischen Nachteile. Insbesondere will das Übereinkommen das Kind nicht dem zur Ausübung der elterlichen Sorge besser befähigten Elternteil zusprechen; vielmehr sollen die mit der Entführung geschaffenen Gegebenheiten rückgängig gemacht werden (<ref-ruling> E. 2b S. 424; <ref-ruling> E. 5.3 S. 341; Urteil 5P.263/2002 vom 31. Januar 2003, E. 4.2.2.1, FamPra.ch 2003 S. 478). 8.2 Im hier strittigen Fall sind keine schwerwiegenden Gefahren für das Kindeswohl ersichtlich, was die Betreuungsform im Falle der Rückkehr und die Erziehungskompetenzen des Vaters betrifft. Zum einen stellt der Umstand, dass die beiden Kinder nicht ausschliesslich von ihrem Vater betreut werden könnten, sondern auch in einer Kinderkrippe bzw. von einem Kindermädchen, keine solche Gefahr dar, zumal die Mutter diese Betreuungsform mit dem Wohl ihrer Kinder bereits vor dem Verbringen in die Schweiz als vereinbar erachtet hatte. Das Übereinkommen hat aber einzig zum Zweck, den Zustand wiederherzustellen, der vor der Entführung des Kindes bestand (<ref-ruling> E. 2b S. 424). Zum anderen lassen sich dem angefochtenen Beschluss keine Feststellungen entnehmen, dass der Beschwerdegegner aus gesundheitlichen Gründen ausser Stande wäre, für die grundlegenden Bedürfnisse des Kindes sorgen (vgl. Bucher, a.a.O., S. 162 Rz. 468; Pirrung, a.a.O., N. 683 zu Vorbem. zu Art. 19 EGBGB). Die Beschwerdeführerin macht im Weiteren vergeblich geltend, die Trennung der Kinder von der Mutter sei grundsätzlich unzumutbar. Sie verkennt, dass die Trennung zwischen der Mutter bzw. dem entführenden Elternteil und Kind für sich allein keinen Ausschlussgrund darstellt (Urteil 5P.71/2003 vom 27. März 2003, E. 2.4, FamPra.ch 2003 S. 718 ff.; Pirrung, a.a.O., Rz. 683 zu Vorbem. zu Art. 19 EGBGB). Soweit die Beschwerdeführerin sich mit ihrem Vorbringen auf das blosse Kindeswohl beruft und im Wesentlichen geltend macht, die Kinder seien bei ihr besser aufgehoben als beim Vater, gehen ihre Vorbringen an der Sache vorbei, denn im Rahmen des Rückführungsverfahrens darf nicht ein Sorgerechtsentscheid getroffen werden (BGE <ref-ruling> E. 5.3 S. 341). 8.3 Weiter macht die Beschwerdeführerin geltend, die Kinder seien zu klein, als dass diesen eine Trennung von der Mutter zumutbar wäre, zumal "mindestens das [kleinere] erst eineinhalbjährige Kind auf die Mutter fixiert ist". Es trifft wohl zu, dass der Grundsatz, dass die drohende Trennung von Entführer und Kind eine Verweigerung der Rückgabe nicht zu begründen vermag, dort an Grenzen stösst, wo es um kleinste Kinder oder Säuglinge geht, welche durch die Mutter entführt wurden (vgl. Urteil 5P.151/1990 vom 30. Juli 1990, E. 4; Urteil 5P.263/2002 vom 31. Januar 2003, E. 4.2.2.3, FamPra.ch 2003 S. 478; Bucher, a.a.O., S. 163 Rz. 471; Siehr, a.a.O., N. 37 zu Art. 85 Anhang I). Vorliegend sind die beiden Kinder - wie das Obergericht zu Recht festgehalten hat - tatsächlich noch sehr klein; im Zeitpunkt der Beurteilung durch das Obergericht waren sie ca. eineinhalb bzw. dreieinhalb Jahre alt. Eine Rückgabe kommt aber insbesondere dann in Betracht, wenn sich der Vater vor der Entführung um die Kinder gekümmert hat (Kuhn, a.a.O., S. 1100). Dass sich der Beschwerdegegner um die Kinder vor deren Verbringen in die Schweiz im Rahmen des gemeinsamen Haushaltes und einer laufenden und täglichen Beziehung gekümmert hat, steht nach dem angefochtenen Urteil fest. Insoweit besteht kein Anhaltspunkt, dass die Trennung von der Mutter mit einer schwerwiegenden Gefahr oder einem anderen zu erwartenden schwerwiegenden Risiko verbunden wäre. Im Übrigen hat es die Beschwerdeführerin in der Hand, einer Trennung vorzubeugen. Weigert sie sich zurückzukehren, ist anzunehmen, dass sie ihre eigenen Interessen über diejenigen der Kinder stellt. Soweit sich die Beschwerdeführerin in diesem Zusammenhang auf das von ihrem Hausarzt ausgestellte Zeugnis vom 6. Oktober 2005 beruft, wonach es unzumutbar sei, die Kinder der Mutter wegzunehmen, kann sie nicht gehört werden, da im vorliegenden Verfahren neue Beweismittel unzulässig sind (<ref-ruling> E. 6c S. 357 f.). Der Vorwurf, das Obergericht habe den Ausschlussgrund gemäss Art. 13 Abs. 1 lit. b HEntfÜ übergangen, ist demnach unbegründet. 8.3 Weiter macht die Beschwerdeführerin geltend, die Kinder seien zu klein, als dass diesen eine Trennung von der Mutter zumutbar wäre, zumal "mindestens das [kleinere] erst eineinhalbjährige Kind auf die Mutter fixiert ist". Es trifft wohl zu, dass der Grundsatz, dass die drohende Trennung von Entführer und Kind eine Verweigerung der Rückgabe nicht zu begründen vermag, dort an Grenzen stösst, wo es um kleinste Kinder oder Säuglinge geht, welche durch die Mutter entführt wurden (vgl. Urteil 5P.151/1990 vom 30. Juli 1990, E. 4; Urteil 5P.263/2002 vom 31. Januar 2003, E. 4.2.2.3, FamPra.ch 2003 S. 478; Bucher, a.a.O., S. 163 Rz. 471; Siehr, a.a.O., N. 37 zu Art. 85 Anhang I). Vorliegend sind die beiden Kinder - wie das Obergericht zu Recht festgehalten hat - tatsächlich noch sehr klein; im Zeitpunkt der Beurteilung durch das Obergericht waren sie ca. eineinhalb bzw. dreieinhalb Jahre alt. Eine Rückgabe kommt aber insbesondere dann in Betracht, wenn sich der Vater vor der Entführung um die Kinder gekümmert hat (Kuhn, a.a.O., S. 1100). Dass sich der Beschwerdegegner um die Kinder vor deren Verbringen in die Schweiz im Rahmen des gemeinsamen Haushaltes und einer laufenden und täglichen Beziehung gekümmert hat, steht nach dem angefochtenen Urteil fest. Insoweit besteht kein Anhaltspunkt, dass die Trennung von der Mutter mit einer schwerwiegenden Gefahr oder einem anderen zu erwartenden schwerwiegenden Risiko verbunden wäre. Im Übrigen hat es die Beschwerdeführerin in der Hand, einer Trennung vorzubeugen. Weigert sie sich zurückzukehren, ist anzunehmen, dass sie ihre eigenen Interessen über diejenigen der Kinder stellt. Soweit sich die Beschwerdeführerin in diesem Zusammenhang auf das von ihrem Hausarzt ausgestellte Zeugnis vom 6. Oktober 2005 beruft, wonach es unzumutbar sei, die Kinder der Mutter wegzunehmen, kann sie nicht gehört werden, da im vorliegenden Verfahren neue Beweismittel unzulässig sind (<ref-ruling> E. 6c S. 357 f.). Der Vorwurf, das Obergericht habe den Ausschlussgrund gemäss Art. 13 Abs. 1 lit. b HEntfÜ übergangen, ist demnach unbegründet. 9. Zusammenfassend ist festzuhalten, dass die vorgebrachten Rügen nicht begründet sind. Das Obergericht hat in seinem Entscheid das Haager Übereinkommen nicht verletzt. Die staatsrechtliche Beschwerde ist daher abzuweisen, soweit darauf eingetreten werden kann. Das Obergericht hat der Beschwerdeführerin eine Frist von 15 Tagen ab Zustellung seines Beschlusses vom 30. September 2005 gesetzt, um die Kinder nach Italien zurückzuführen oder dem Beschwerdegegner zur Rückführung zu übergeben. Dieser Termin ist mittlerweile verstrichen; daher hat das Bundesgericht darüber neu zu befinden. 9. Zusammenfassend ist festzuhalten, dass die vorgebrachten Rügen nicht begründet sind. Das Obergericht hat in seinem Entscheid das Haager Übereinkommen nicht verletzt. Die staatsrechtliche Beschwerde ist daher abzuweisen, soweit darauf eingetreten werden kann. Das Obergericht hat der Beschwerdeführerin eine Frist von 15 Tagen ab Zustellung seines Beschlusses vom 30. September 2005 gesetzt, um die Kinder nach Italien zurückzuführen oder dem Beschwerdegegner zur Rückführung zu übergeben. Dieser Termin ist mittlerweile verstrichen; daher hat das Bundesgericht darüber neu zu befinden. 10. Bei diesem Verfahrensausgang hat die Beschwerdeführerin grundsätzlich die Verfahrenskosten zu tragen (Art. 156 Abs. 1 OG; BGE <ref-ruling> E. 7 S. 344). Sie schuldet dem Beschwerdegegner eine Parteientschädigung für das bundesgerichtliche Verfahren, da eine Vernehmlassung zum Gesuch um aufschiebende Wirkung eingeholt worden ist (Art. 159 Abs. 1 und 2 OG). Im Übrigen sind dem Beschwerdegegner keine Kosten entstanden.
Demnach erkennt das Bundesgericht: Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die staatsrechtliche Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 1. Die staatsrechtliche Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Frist für die Rückführung von A._, geboren am 29. März 2002, und B._, geboren am 8. März 2004, nach Italien wird auf den 30. November 2005 festgesetzt. 2. Die Frist für die Rückführung von A._, geboren am 29. März 2002, und B._, geboren am 8. März 2004, nach Italien wird auf den 30. November 2005 festgesetzt. 3. Die Gerichtsgebühr von Fr. 2'000.-- wird der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Die Gerichtsgebühr von Fr. 2'000.-- wird der Beschwerdeführerin auferlegt. 4. Die Beschwerdeführerin hat den Beschwerdegegner mit Fr. 500.-- zu entschädigen. 4. Die Beschwerdeführerin hat den Beschwerdegegner mit Fr. 500.-- zu entschädigen. 5. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Zürich, II. Zivilkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 15. November 2005 Im Namen der II. Zivilabteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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2,015
de
Nach Einsicht in die Beschwerde des A._ vom 18. Mai 2015 (Poststempel) gegen den Entscheid des Verwaltungsgerichts des Kantons Nidwalden, Sozialversicherungsrechtliche Abteilung, vom 19. Januar 2015,
in Erwägung, dass Beschwerden gegen Entscheide - von hier nicht zutreffenden Ausnahmen abgesehen - innert 30 Tagen nach der Eröffnung der voll-ständigen Ausfertigung beim Bundesgericht einzureichen sind (<ref-law>); die 30-tägige Frist ist nur gewahrt, wenn die Beschwerde spätestens am letzten Tag der Frist beim Bundesgericht eingereicht oder zu dessen Handen der Schweizerischen Post oder einer schweizerischen diplomatischen oder konsularischen Vertretung übergeben wird (<ref-law>), dass der vorinstanzliche Entscheid vom 19. Januar 2015 dem Beschwerdeführer gemäss postamtlicher Bescheinigung am 11. April 2015 - im Übrigen unbestrittenerweise korrekt - zugestellt wurde, dass somit die 30-tägige Rechtsmittelfrist am 12. April 2015 zu laufen begann (<ref-law>) und am 11. Mai 2015 endete, weshalb die erst am 18. Mai 2015 (Poststempel) eingereichte Beschwerde verspätet ist (<ref-law>), dass deshalb bereits aus diesem Grunde auf das offensichtlich unzulässige Rechtsmittel nicht einzutreten ist (<ref-law>), dass überdies die Beschwerde vom 18. Mai 2015 den in Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG statuierten Formerfordernissen ebenfalls nicht zu genügen vermag - insbesondere fehlt es an einer der gesetzlichen Begründungspflicht genügenden, hinreichend substanziierten Auseinandersetzung der Rechtsschrift mit den für den Entscheid relevanten Erwägungen des angefochtenen Erkenntnisses - , weshalb auch insoweit ein offensichtlich unzulässiges Rechtsmittel (<ref-law>) vorliegt (vgl. <ref-ruling> E. 2 S. 88 und 134 II 244 E. 2.1 f. S. 245 f.), dass demzufolge im vereinfachten Verfahren nach Art. 108 Abs. 1 lit. a und b BGG auf die - insgesamt offensichtlich unzulässige - Beschwerde nicht einzutreten ist und in Anwendung von <ref-law> auf die Erhebung von Gerichtskosten verzichtet wird,
erkennt die Präsidentin: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsgericht des Kantons Nidwalden, Sozialversicherungsrechtliche Abteilung, und dem Staatssekretariat für Wirtschaft (SECO) schriftlich mitgeteilt. Luzern, 21. Mai 2015 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Leuzinger Der Gerichtsschreiber: Batz
CH_BGer_008
Federation
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social_law
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2,008
de
Sachverhalt: A. Der 1949 geborene M._ war seit 1977 bei der Firma A._ als angelernter Wickler angestellt und über diesen Arbeitgeber bei der Schweizerischen Unfallversicherung (SUVA) gegen Berufs- und Nichtberufsunfälle versichert, als er am 13. Juni 2004 in einen Verkehrsunfall verwickelt wurde. Während er am Steuer seines Personenwagens vor einem Rotlicht wartete, konnte der ihm nachfolgende Autolenker sein Fahrzeug nicht mehr rechtzeitig zum Stillstand bringen, weshalb es zur Kollision kam. Der am 15. Juni 2004 konsultierte Dr. med. K._ fand eine frei bewegliche Halswirbelsäule (HWS) mit Endphasenschmerz in der Reklination, Lateralflexion und Rotation sowie multiple paracervicale Insertionstendinosen, schloss röntgenologisch ossäre Läsionen aus, diagnostizierte eine Distorsion der HWS, attestierte eine volle Arbeitsunfähigkeit ab dem 14. Juni 2004 und verordnete Physiotherapie und eine medikamentöse Behandlung. Gemäss den Angaben im Erhebungsblatt für die Abklärung von HWS-Fällen vom 3. November 2004 traten Stunden nach dem Unfall Beschwerden im Kreuz- und Nackenbereich auf, später auch Kopf- und Schulterschmerzen. Die SUVA kam für die Heilbehandlung auf, richtete Taggelder aus und ordnete die kreisärztliche Untersuchung durch Dr. med. W._ vom 3. November 2004, die psychiatrische Untersuchung durch Dr. med. H._ und eine stationäre Untersuchung und Behandlung in der Reha R._ vom 29. März bis 26. April 2005 an. Mit Verfügung vom 24. Februar 2006 eröffnete sie M._, die Versicherungsleistungen würden mangels noch vorhandener Unfallfolgen ab 28. Februar 2006 eingestellt. Daran hielt sie auf Einsprache hin mit Einspracheentscheid vom 25. April 2006 fest. B. Die dagegen eingereichte Beschwerde wies das Versicherungsgericht des Kantons Aargau mit Entscheid vom 28. März 2007 ab. C. M._ lässt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten führen und beantragen, sein Anspruch auf die gesetzlichen Versicherungsleistungen sei zu bejahen. Eventuell sei die Sache zur ergänzenden Abklärung an die Vorinstanz zurückzuweisen. Überdies sei der Beschwerde die aufschiebende Wirkung zuzuerkennen. Zudem stellt er das Gesuch um Bewilligung der unentgeltlichen Rechtspflege. Des Weitern lässt er die Berichte des lic. phil. E._ vom 3. Mai 2007 und des Dr. med. S._ vom 4. und 9. Mai 2007 sowie ein Kündigungsschreiben der bisherigen Arbeitgeberin vom 3. Mai 2007 einreichen. Die SUVA schliesst auf Abweisung der Beschwerde. Das Bundesamt für Gesundheit verzichtet auf eine Vernehmlassung. D. Die I. sozialrechtliche Abteilung des Bundesgerichts hat das Begehren um unentgeltliche Rechtspflege mit Beschluss vom 6. August 2007 abgewiesen und vom Beschwerdeführer mit Verfügung vom 10. August 2007 einen Kostenvorschuss verlangt, den dieser innert Frist bezahlt hat. E. In <ref-ruling> hat das Bundesgericht seine Praxis zur Kausalitätsprüfung bei Unfällen mit Schleudertrauma, äquivalenter Verletzung der Halswirbelsäule oder Schädel-Hirntrauma ohne organisch objektiv ausgewiesene Beschwerden (so genannte Schleudertrauma-Praxis) präzisiert (Urteil U 394/06 vom 19. Februar 2008). Den Parteien wurde am 12. März 2008 Gelegenheit gegeben, sich zu dieser Präzisierung der Rechtsprechung und allfälligen Auswirkungen derselben auf die in ihren bisherigen Rechtsschriften eingenommenen Standpunkte zu äussern. Davon haben die SUVA mit Eingabe vom 3. April 2008 und M._ am 10. April 2008 Gebrauch gemacht.
Erwägungen: 1. Die Beschwerde kann wegen Rechtsverletzung gemäss Art. 95 und Art. 96 BGG erhoben werden. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (<ref-law>). Es ist somit weder an die in der Beschwerde geltend gemachten Argumente noch an die Erwägungen der Vorinstanz gebunden; es kann eine Beschwerde aus einem anderen als dem angerufenen Grund gutheissen und es kann sie mit einer von der Argumentation der Vorinstanz abweichenden Begründung abweisen (vgl. <ref-ruling> E. 1.4 S. 140). Das Bundesgericht prüft grundsätzlich nur die geltend gemachten Rügen; es ist nicht gehalten, wie eine erstinstanzliche Behörde alle sich stellenden rechtlichen Fragen zu prüfen, wenn diese vor Bundesgericht nicht mehr vorgetragen wurden. Es kann die Verletzung von Grundrechten und von kantonalem und interkantonalem Recht nur insofern prüfen, als eine solche Rüge in der Beschwerde vorgebracht und begründet worden ist (<ref-law>). Im Beschwerdeverfahren um die Zusprechung oder Verweigerung von Geldleistungen der Militär- oder Unfallversicherung ist das Bundesgericht nicht an die vorinstanzliche Feststellung des rechtserheblichen Sachverhalts gebunden (Art. 97 Abs. 2 und Art. 105 Abs. 3 BGG). 2. 2.1 Im angefochtenen Entscheid wurden die vorliegend massgeblichen Bestimmungen (<ref-law> [in Verbindung mit <ref-law>; Unfallbegriff], <ref-law> [Anspruch auf Heilbehandlung], <ref-law> [Anspruch auf Taggeld] und <ref-law> [in Verbindung mit <ref-law>; Anspruch auf Invalidenrente]) sowie die Rechtsprechung zu dem für die Leistungspflicht des Unfallversicherers vorausgesetzten natürlichen Kausalzusammenhang zwischen dem Unfall und dem eingetretenen Schaden (Krankheit, Invalidität, Tod; <ref-ruling> E. 3.1 S. 181 mit Hinweisen) und zur im Weiteren erforderlichen Adäquanz des Kausalzusammenhangs im Allgemeinen (<ref-ruling> E. 3.1 S. 181, 402 E. 2.2 S. 405, je mit Hinweisen) sowie bei psychischen Unfallfolgen (<ref-ruling> E. 6 S. 138 ff.), bei Folgen eines Unfalls mit Schleudertrauma der Halswirbelsäule (<ref-ruling> E. 6 S. 366 ff.) oder einem diesem äquivalenten Verletzungsmechanismus (RKUV 2000 Nr. U 395 S. 316, E. 3, U 160/98; SVR 1995 UV Nr. 23 S. 67, E. 2) bzw. einem Schädel-Hirntrauma (<ref-ruling>) ohne organisch nachweisbare Funktionsausfälle im Besonderen zutreffend dargelegt. Gleiches gilt für die Erwägungen zu dem im Sozialversicherungsrecht geltenden Beweisgrad der überwiegenden Wahrscheinlichkeit (<ref-ruling> E. 3.1 S. 181 mit Hinweisen) sowie zum Beweiswert und zur Beweiswürdigung medizinischer Berichte und Gutachten (<ref-ruling> E. 3a S. 352 mit Hinweis). Darauf wird verwiesen. 2.2 Es gilt ferner zu berücksichtigen, worauf das kantonale Gericht ebenfalls korrekt hingewiesen hat, dass innerhalb des Sozialversicherungsrechts die Adäquanz als rechtliche Eingrenzung der sich aus dem natürlichen Kausalzusammenhang ergebenden Haftung des Unfallversicherers im Bereich klar ausgewiesener organischer Unfallfolgen praktisch keine Rolle spielt (<ref-ruling> E. 3b S. 102, 118 V 286 E. 3a S. 291 f., 117 V 359 E. 5d/bb S. 365, je mit Hinweisen). Bei Unfällen mit Schleudertrauma, äquivalenter Verletzung der HWS oder Schädel-Hirntrauma ohne organisch objektiv ausgewiesene Beschwerden ist auch nach der erwähnten Präzisierung der Schleudertrauma-Praxis in <ref-ruling> am Erfordernis einer besonderen Adäquanzprüfung festzuhalten (<ref-ruling> E. 7 S. 118 f. bis E. 9 S. 121 ff.). Ebenso besteht keine Veranlassung, die bewährten Grundsätze über die bei dieser Prüfung vorzunehmende Einteilung der Unfälle nach deren Schweregrad und den abhängig von der Unfallschwere gegebenenfalls erforderlichen Einbezug weiterer Kriterien in die Adäquanzbeurteilung zu ändern (<ref-ruling> E. 10.1 S. 126 f.). Das Bundesgericht hat hingegen die Anforderungen an den Nachweis einer natürlichen unfallkausalen Verletzung, welche die Anwendung der Schleudertrauma-Praxis rechtfertigt, erhöht (<ref-ruling> E. 9 S. 121 ff.) und die adäquanzrelevanten Kriterien teilweise modifiziert (<ref-ruling> E. 10 S. 126 ff.). 3. Streitig und zu prüfen ist, ob die SUVA für das Unfallereignis vom 13. Juni 2004 über den 28. Februar 2006 hinaus Leistungen zu erbringen hat. 3.1 Das kantonale Gericht hat die medizinischen Unterlagen, insbesondere den Bericht des erstbehandelnden Arztes Dr. med. K._ vom 12. Juli 2004 sowie dessen Verlaufsberichte, den Bericht des Dr. med. W._ über die kreisärztliche Untersuchung vom 3. November 2004 und den Austrittsbericht der Rehaklinik R._ vom 20. Juni 2005 eingehend gewürdigt und dabei festgestellt, dass sich der Beschwerdeführer beim Unfallereignis vom 13. Juni 2004 mit überwiegender Wahrscheinlichkeit eine HWS-Distorsion ohne organisch objektivierbare Beeinträchtigungen zugezogen hat und in der Folge verschiedene Symptome auftraten, welche dem bei derartigen Verletzungen öfters zu beobachtenden, komplexen und vielschichtigen Beschwerdebild (<ref-ruling> E. 1 S. 338 mit Hinweis) zuzurechnen sind und in einem natürlichen Kausalzusammenhang mit dem Unfallereignis stehen. Da keine eigenständige, nicht als Teil des für solche Verletzungen charakteristischen, einer Differenzierung kaum zugänglichen somatisch-psychischen Beschwerdebildes zu betrachtende psychische Gesundheitsstörung (vgl. <ref-ruling> E. 9.5 S. 125) auszumachen sei, habe die Adäquanzprüfung nach der Schleudertrauma-Praxis zu erfolgen. Dabei gelangte das kantonale Gericht zum Ergebnis, die geltend gemachten Beschwerden stünden in keinem adäquaten Kausalzusammenhang zum Ereignis vom 13. Juni 2004. 3.2 Der Beschwerdeführer lässt einwenden, die Vorinstanz habe die medizinischen Unterlagen nicht richtig gewürdigt und insbesondere nicht berücksichtigt, dass von Unfallfolgen auszugehen sei, welche einem klar organisch objektivierbaren Substrat zugeordnet werden könnten. In jedem Fall sei nicht nur der natürliche, sondern auch der adäquate Kausalzusammenhang zwischen dem vorliegenden Beschwerdebild und dem Unfallereignis gegeben. 4. 4.1 Entgegen den Ausführungen in der Beschwerdeschrift lassen sich den ärztlichen Stellungnahmen keine Anhaltspunkte für organisch nachweisbare Schädigungen im Sinne von strukturellen Veränderungen im Bereich der HWS entnehmen, bezüglich welcher der adäquate Kausalzusammenhang ohne weiteres zu bejahen wäre (vgl. <ref-ruling> E. 5b/bb S. 103). So stellte Dr. med. K._ bei der Untersuchung vom 15. Juni 2004 eine frei bewegliche HWS mit Endphasenschmerz in der Reklination, Lateralflexion und Rotation mit multiplen paracervicalen Insertionstendinosen fest, während die Röntgenaufnahmen ohne Befund waren und insbesondere keine knöcherne Läsion zeigten. Gegenüber Kreisarzt Dr. med. W._ klagte der Versicherte am 3. November 2004 über Nacken-, Kopf- und Ohrenschmerzen sowie Magenprobleme. Weiter erwähnte er ausstrahlende Schmerzen Richtung Schulter, Schlafstörungen, Müdigkeit, Nervosität, Depression und Sexualfunktionsstörungen. Auch Dr. med. W._ konnte keinen wesentlichen organisch erklärbaren unfallspezifischen Befund erheben. Die Diagnose der Ärzte der Rehaklinik R._ lautete gemäss Bericht vom 20. Juni 2005 auf: Persistierender zervikozephaler Symptomenkomplex, zervikothorakales Schmerzsyndrom, vegetative Dysregulation, leichte Anpassungsstörung vom ängstlich-bedrückten Typ (ICD-10 F43.22). Insgesamt konnten auch im Rahmen des stationären Aufenthalts klinisch fassbare, nicht jedoch organisch (hinreichend) nachweisbare gesundheitliche Beeinträchtigungen festgestellt werden. Klinische Befunde wie Verhärtungen und Verspannungen der Muskulatur, eine Druckdolenz im Nacken oder eine Einschränkung der HWS-Beweglichkeit lassen nicht auf ein klar fassbares unfallbedingtes organisches Korrelat des geklagten Beschwerdebildes schliessen. Der Unfallmechanismus war grundsätzlich geeignet, ein Schleudertrauma der HWS oder eine diesem äquivalente Verletzung hervorzurufen. Dr. med. K._ diagnostizierte denn auch in seinem Bericht vom 12. Juli 2004 eine Distorsion der HWS. Nach dem Unfall traten "innert Stunden" Nackenbeschwerden auf. Im weiteren Verlauf berichtete der Versicherte über zusätzliche Beschwerdenelemente. Die Auffassung, das gesamte komplexe und vielschichtige Beschwerdebild müsse innerhalb von höchstens 72 Stunden nach dem Unfall aufgetreten sein, hat die Rechtsprechung in SVR 2007 UV Nr. 23 S. 75 E. 5, U 215/05 verworfen. Anhaltspunkte für eine erhebliche psychisch begründete Symptomatik bestehen nicht. Dr. med. H._ konnte anlässlich des psychiatrischen Konsiliums vom 8. April 2005 keine erheblichen psychiatrischen Symptome oder Anhaltspunkte für eine Beeinträchtigung der Leistungsfähigkeit aus psychischer Sicht feststellen. Der Versicherte wirkte lediglich etwas unsicher, ängstlich und niedergeschlagen. Mit der Vorinstanz ist davon auszugehen, dass das Unfallereignis zumindest eine, rechtsprechungsgemäss für die Bejahung der natürlichen Kausalität genügende (<ref-ruling> E. 9.5 S. 125 mit Hinweisen) Teilursache für die noch vorhandenen gesundheitlichen Einschränkungen darstellen dürfte, weshalb der adäquate Kausalzusammenhang nach Massgabe der in <ref-ruling> E. 6 S. 366 ff. dargelegten, mit erwähntem Urteil <ref-ruling> E. 10 S. 126 modifizierten Grundsätze zu prüfen ist. 4.2 Soweit der Beschwerdeführer in der Beschwerdeschrift und vor allem auch in seiner ergänzenden Stellungnahme vom 10. April 2008 unter Hinweis auf die präzisierte Rechtsprechung gemäss <ref-ruling> die Einholung eines medizinischen Gutachtens zur gesundheitlichen Beeinträchtigung und zur Arbeitsfähigkeit beantragen lässt, gilt es vorab festzuhalten, dass die Frage der natürlichen Kausalität - über welche ein interdisziplinäres Gutachten allenfalls Auskunft geben könnte - dann keiner weiteren Abklärungen bedarf, wenn ohnehin der adäquate Kausalzusammenhang zu verneinen ist (Urteil 8C_293/2007 vom 6. Juni 2008 mit Hinweisen). Zu letzterem Ergebnis ist die Vorinstanz gelangt, was es nachfolgend noch zu prüfen gilt. Gemäss <ref-ruling> E. 9 S. 121 wird abhängig vom zeitlichen Verlauf und weiteren Voraussetzungen, eine polydisziplinäre Begutachtung zur Beurteilung der Frage verlangt, ob eine Verletzung vorliegt, welche die Anwendung der Schleudertrauma-Praxis bei der Adäquanzprüfung zu begründen vermag. Mit Bezug auf den Beschwerdeführer hat das kantonale Gericht indessen bereits die Schleudertrauma-Praxis angewandt, was auch von der Beschwerdegegnerin letztinstanzlich nicht in Frage gestellt wird, und keiner weiteren medizinischen Abklärung bedarf. In diesem Sinne ist der Fallabschluss nicht mangels Spruchreife zu früh erfolgt. 5. 5.1 Für die Adäquanzbeurteilung ist an das (objektiv erfassbare) Unfallereignis anzuknüpfen (<ref-ruling> E. 6a S. 366 f.; <ref-ruling> E. 10.1 S. 126). Die Heckauffahrkollision vom 13. Juni 2004 ist im Rahmen der für die Be lange der Adäquanzprüfung vorzunehmenden Einteilung entsprechend der Rechtsprechung zu den Auffahrkollisionen auf ein haltendes Fahrzeug den mittelschweren Ereignissen im Grenzbereich zu den leichten Unfällen zuzuordnen (vgl. RKUV 2005 Nr. U 549 S. 236, U 380/04, E. 5.1.2). Ausgehend vom augenfälligen Geschehensablauf, insbesondere in Berücksichtigung des Unfallhergangs und der Fahrzeugschäden (Befragung des Versicherten gemäss Erhebungsbogen für die Abklärung von HWS-Fällen vom 3. November 2004 und Unfallprotokoll vom 13. Juni 2004, Fotoaufnahmen des beschädigten Fahrzeugs, biomechanische Kurzbeurteilung des Prof. Dr. med. L._ vom 24. Dezember 2004) sind keine Faktoren ersichtlich, welche zu einer anderen Beurteilung Anlass geben würden. Weitere, objektiv fassbare Umstände, welche unmittelbar mit dem Unfall in Zusammenhang stehen oder als Folge davon erscheinen, müssen daher in eine Gesamtwürdigung mit einbezogen werden (<ref-ruling> E. 6b S. 367 f.). Für eine Bejahung des adäquaten Kausalzusammenhangs müssten von diesen entweder ein einzelnes Kriterium in besonders ausgeprägter Weise oder aber mehrere in gehäufter oder auffallender Weise gegeben sein (<ref-ruling> E. 10.1 S. 126 f. mit Hinweis auf <ref-ruling> E. 6 S. 366 ff., 369 E. 4b S. 382 f. und E. 4c S. 384). Uneinigkeit herrscht zwischen den Parteien bezüglich der konkreten Beurteilung einzelner dieser Kriterien. 5.2 Der Auffahrunfall vom 13. Juni 2004 ereignete sich weder unter besonders dramatischen Begleitumständen noch ist er - objektiv betrachtet (RKUV 1999 Nr. U 335 S. 207, E. 3b/cc, U 287/97) - von besonderer Eindrücklichkeit. Das diesbezügliche - unverändert gebliebene (vgl. <ref-ruling> E. 10.2.1 S. 127) - Kriterium ist ohne weiteres zu verneinen. 5.3 Was das Kriterium der Schwere oder besonderen Art der erlittenen Verletzungen anbelangt, hat das Bundesgericht in <ref-ruling> E. 10.2.2 S. 127 präzisiert, dass die Diagnose eines Schleudertraumas der HWS dieses für sich allein nicht zu begründen vermag. Es bedarf hiezu einer besonderen Schwere der für das Verletzungsbild typischen Beschwerden oder besonderer Umstände, welche das Beschwerdebild beeinflussen können. Es kann sich dabei beispielsweise um eine beim Unfall eingenommene spezielle Körperhaltung und die dadurch bewirkten Komplikationen handeln (RKUV 2005 Nr. U 549 S. 236, E. 5.2.3 mit Hinweisen, U 380/04; SVR 2007 UV Nr. 26 S. 86, E. 5.3, U 339/06). Derartige Umstände sind hier nicht auszumachen. Die für ein HWS-Distorsionstrauma charakteristischen Beschwerden liegen zudem nicht in akzentuierter Form vor, und es sind in diesem Kontext auch keine erheblichen Verletzungen ausgewiesen, welche sich der Versicherte neben der HWS-Distorsion zugezogen hat. Darauf lässt entgegen der beschwerdeführerischen Auffassung auch die Einweisung in die Rehaklinik R._ vom 29. März 2005 zur stationären Beobachtung und Behandlung nicht schliessen. 5.4 Es bestehen keine Hinweise auf eine ärztliche Fehlbehandlung, welche die Unfallfolgen erheblich verschlimmert hätte. 5.5 Für das Kriterium der ärztlichen Behandlung entscheidwesentlich ist gemäss <ref-ruling> E. 10.2.3 S. 128, ob nach dem Unfall eine fortgesetzt spezifische, die versicherte Person belastende ärztliche Behandlung bis zum Fallabschluss notwendig war. Dazu lässt sich den Akten entnehmen, dass von Beginn an Physiotherapie und eine medikamentöse Behandlung durchgeführt wurden. Im April 2005 befand sich der Versicherte zur stationären Behandlung und Ergänzungsuntersuchung in der Rehaklinik R._. Anschliessend wurden gemäss Arztzeugnis des Dr. med. K._ vom 3. Oktober 2005 Physiotherapie und medikamentöse Behandlung fortgesetzt. Die von den Ärzten der Rehaklinik empfohlene Psychotherapie lehnte der Versicherte laut Bericht des lic. phil. E._ vom 3. Mai 2007 ab, weil er selber versuchen wollte, die Situation in den Griff zu bekommen. Angesichts der demnach primär medikamentös und physiotherapeutisch behandelten Beschwerden kann auch unter Berücksichtigung der hausärztlichen Kontrolluntersuchungen und des stationären Abklärungs- und Therapieaufenthalts (Physiotherapie, Rückenschule, Nordic Walking, Ergotherapie, klinische Psychologie, autogenes Training, Elektrotherapie, Massage, Fango) in der Reha R._ nicht von einer durch das Kriterium anvisierten erheblichen zusätzlichen Beeinträchtigung der Lebensqualität gesprochen werden. Eine Behandlungsbedürftigkeit im Rahmen der vom Beschwerdeführer beanspruchten Vorkehren während zwei bis drei Jahren nach einem Schleudertrauma der HWS oder einer äquivalenten Verletzung mit ähnlichem Beschwerdebild ist zudem durchaus üblich (vgl. RKUV 2005 Nr. U 549 S. 236, U 380/04, E. 5.2.4 in fine). 5.6 Was das Kriterium der Arbeitsunfähigkeit anbelangt, ist dem Umstand Rechnung zu tragen, dass bei leichten bis mittelschweren Schleudertraumen der HWS (und punkto Adäquanzbeurteilung gleich zu behandelnden Verletzung) ein längerer oder gar dauernder Ausstieg aus dem Arbeitsprozess vom medizinischen Standpunkt aus als eher ungewöhnlich erscheint. Nicht die Dauer der Arbeitsunfähigkeit ist massgebend, sondern eine erhebliche Arbeitsunfähigkeit als solche, die zu überwinden die versicherte Person ernsthafte Anstrengungen unternimmt. Darin liegt der Anreiz für die versicherte Person, alles daran zu setzen, wieder ganz oder teilweise arbeitsfähig zu werden. Gelingt es ihr trotz solcher Anstrengungen nicht, ist ihr dies durch Erfüllung des Kriteriums anzurechnen. Konkret muss ihr Wille erkennbar sein, sich durch aktive Mitwirkung raschmöglichst wieder optimal in den Arbeitsprozess einzugliedern. Solche Anstrengungen der versicherten Person können sich insbesondere in ernsthaften Arbeitsversuchen trotz allfälliger persönlicher Unannehmlichkeiten manifestieren. Dabei ist auch der persönliche Einsatz im Rahmen von medizinischen Therapiemassnahmen zu berücksichtigen. Sodann können Bemühungen um alternative, der gesundheitlichen Einschränkung besser Rechnung tragende Tätigkeiten ins Gewicht fallen. Nur wer in der Zeit bis zum Fallabschluss nach <ref-law> in erheblichem Masse arbeitsunfähig ist und solche Anstrengungen auszuweisen vermag, kann das Kriterium erfüllen (<ref-ruling> E. 10.2.7 S. 129). Dr. med. K._ bezifferte die Arbeitsunfähigkeit im Schreiben vom 6. September 2004 vom 14. bis 22. Juni 2004 auf 100%, vom 23. Juni bis 2. Juli 2004 auf 50%, vom 5. Juli bis 31. August 2004 auf 100% und ab 1. September 2004 wieder auf 50%. Anlässlich der kreisärztlichen Untersuchung vom 3. November 2004 wurde die Arbeitsfähigkeit bei 50% belassen. Die Ärzte der Rehaklinik R._ gingen im Austrittsbericht vom 20. Juni 2005 von einer zunächst 50%igen, in der Folge jedoch steigerungsfähigen Arbeitsfähigkeit aus. Unter Mobilisierung aller Ressourcen konnte eine Arbeitsfähigkeit von 50% laut Dr. med. K._ (Bericht vom 3. Oktober 2005) in der Folge gehalten werden. Am 13. März 2006 gab Dr. med. C._ vom Institut A._ an, die Arbeitsunfähigkeit liege bei 75%. Der direkte Vorgesetzte des Versicherten bei der letzten Arbeitsstelle bezeichnete diesen bei der Befragung durch die SUVA vom 27. Januar 2006 als zuverlässigen Mitarbeiter, weshalb alles versucht worden sei, um ihn zu behalten. Nach dem Unfall sei er für leichtere Arbeiten eingesetzt worden, habe diese aber deutlich verlangsamt verrichtet. Die Suche nach anderen Schonarbeitsplätzen sei erfolglos verlaufen. Aus welchen Gründen die von der Reha R._ postulierte Steigerung der Arbeitsfähigkeit über 50% hinaus schliesslich nicht realisiert werden konnte, lässt sich aufgrund der Akten nicht schlüssig beurteilen. Ergänzende Abklärungen können aber unterbleiben, da, selbst wenn das Kriterium zu bejahen wäre, wovon die Vorinstanz gestützt auf die bisherige Rechtsprechung ausging, dies nicht in einer besonderen Intensität der Fall wäre, welche für sich allein die Bejahung der Adäquanz zu rechtfertigen vermöchte, zumal sich dieses nicht allein auf das Leistungsvermögen im angestammten Beruf und an der bisherigen Arbeitsstelle bezieht. 5.7 Ein schwieriger Heilungsverlauf und erhebliche Komplikationen können nach der Rechtsprechung nicht bereits aus dem Fortbestehen bestimmter Symptome abgeleitet werden, sondern setzen voraus, dass besondere Gründe gegeben sind (SVR 2007 UV Nr. 25 S. 81, E. 8.5, U 479/05), welche mit Bezug auf den Beschwerdeführer jedoch nicht ausgewiesen sind. Solche ergeben sich auch nicht ohne weiteres aus dem Vorliegen von Schmerzen, welche ein separat zu prüfendes Kriterium darstellen. Ob das Auftreten von psychischen Problemen im Zusammenhang mit den seit dem Unfall akzentuiert aufgetretenen Schwierigkeiten am Arbeitsplatz grundsätzlich geeignet sein könnte, einen abnormen Heilungsverlauf bzw. erhebliche Komplikationen zu begründen, ist nicht näher zu prüfen, da die Unfallkausalität diesbezüglich nicht hinreichend erstellt ist. Dr. med. H._ weist auf die Risikofaktoren hin, welche im Umstand zu sehen seien, dass sich der Versicherte keine Ruhe gönne, viel von sich verlange und eine narzisstische Befriedigung aus seiner Funktionstüchtigkeit ziehe. Auch aufgrund des stationären Aufenthalts in der Reha R._ kann angesichts der dort durchgeführten Therapien und ergänzenden Abklärungsmassnahmen nicht auf eine Erfüllung des Kriteriums geschlossen werden. 5.8 Was den Aspekt der Dauerbeschwerde - oder nach <ref-ruling> E. 10.2.4 S. 128 der erheblichen Beschwerden - anbelangt, ist festzuhalten, dass adäquanzrelevant nur in der Zeit zwischen dem Unfall und dem Fallabschluss nach <ref-law> ohne wesentlichen Unterbruch bestehende erhebliche Beschwerden sein können, wobei sich die Erheblichkeit nach den glaubhaft dargelegten Schmerzen und der Beeinträchtigung, welche die verunfallte Person wegen der Beschwerden in ihrem Lebensalltag erfährt, beurteilt. In den ärztlichen Berichten wird seit dem Unfall über Kopf- und Nackenschmerzen berichtet. Kreisarzt Dr. med. W._ ging im Bericht vom 3. November 2004 von einer erheblichen funktionellen Überlagerung aus. Mittels der in der Rehaklinik R._ durchgeführten Therapien konnte die Schmerzproblematik des Versicherten nur leichtgradig beeinflusst werden. Laut Bericht des Dr. med. K._ vom 12. Januar 2006 berichtete der Versicherte über massive Nacken-, Schulter- und Kopfschmerzen, welche durch medikamentöse Massnahmen und lokale Infiltrationen hätten gebessert werden können. Insgesamt kann das Kriterium mit dem kantonalen Gericht als grundsätzlich erfüllt angesehen werden, dies aber nicht in auffallender oder besonders ausgeprägter Form, da der Versicherte zumindest teilzeitlich einer leidensangepassten Erwerbstätigkeit nachgehen konnte. 5.9 Zusammenfassend ist somit weder eines der für die Adäquanzbeurteilung massgebenden Kriterien in besonders ausgeprägter Weise erfüllt, noch sind die für die Beurteilung geltenden Kriterien in gehäufter Weise gegeben, weshalb die Adäquanz zu verneinen ist. Die Vorinstanz hat daher eine rechtserhebliche Bedeutung des Unfalles vom 13. Juni 2004 für die über den 28. Februar 2006 hinaus geklagten Beschwerden, und damit eine Leistungspflicht der SUVA hiefür, zu Recht verneint, woran sich im Ergebnis gestützt auf den neu ergangenen <ref-ruling> nichts ändert. Daran ändern auch die letztinstanzlich erstmals eingereichten Berichte des lic. phil E._, Fachpsychologie für Psychotherapie FSP, vom 3. Mai 2007 und des Dr. med. S._ vom 4. und 9. Mai 2007 nichts. Der Psychologe, bei welchem der Versicherte seit Februar 2007 zur Durchführung eines Schmerzmanagements in Behandlung steht, übernimmt die Diagnosen der Rehaklinik R._, ausser dass er von einer mittelgradigen depressiven Episode (ICD-10 F32.1) und nicht von einer leichten Anpassungsstörung (ICD-10 F43.22) ausgeht. Die von lic. phil. E._ erhobenen Befunde stimmen im Wesentlichen mit jenen des Dr. med. H._ vom 8. April 2005 überein. Die Arbeitsfähigkeit gibt er mit maximal 50% an. Der neue Hausarzt des Versicherten, Dr. med. S._, welcher diesen ebenfalls erst seit Februar 2007 kennt, geht von einer Arbeitsunfähigkeit von 60% bis 75% aus. Dem weiter eingereichten Kündigungsschreiben der Arbeitgeberin vom 3. Mai 2007 zufolge wurde das Arbeitsverhältnis auf Ende August 2007 aufgelöst. Diese Unterlagen geben keine Veranlassung, die Adäquanzprüfung nach der für psychische Unfallfolgen geltenden, zwischen physischen und psychischen Beschwerdekomponenten unterscheidenden Praxis (<ref-ruling>) vorzunehmen. Zudem vermag der Beschwerdeführer daraus bereits deshalb nichts zu seinen Gunsten abzuleiten, als sich diese zum Gesundheitszustand nach Erlass des in zeitlicher Hinsicht regelmässig die Grenze der gerichtlichen Beurteilung bildenden (<ref-ruling> E. 1.2 S. 446 mit Hinweisen) Einspracheentscheids vom 25. April 2006 äussern und somit hier grundsätzlich nicht zu berücksichtigen sind. Somit kann offen bleiben, ob diese Berichte im Rahmen der Kognition nach <ref-law> als unzulässige Noven im Sinne von <ref-law> zu gelten haben (vgl. Urteil 8C_260/2007 vom 31. Oktober 2007). 6. Das Gesuch um aufschiebende Wirkung wird mit dem Entscheid in der Hauptsache gegenstandslos. 7. Dem Verfahrensausgang entsprechend sind die Gerichtskosten dem Beschwerdeführer aufzuerlegen (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons Aargau und dem Bundesamt für Gesundheit schriftlich mitgeteilt. Luzern, 2. Juli 2008 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin: Ursprung Hofer
CH_BGer_008
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2,015
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Faits : A. A._ a déposé une demande de prestations auprès de l'Office cantonal AI du canton du Valais (ci-après: l'office AI) le 9 mars 2010. Elle indiquait souffrir des séquelles d'un accident survenu le 10 janvier 2009 (entorse au genou gauche). L'office AI lui a alloué une demi-rente d'invalidité pour le mois de septembre 2010 (décision du 6 septembre 2011). L'assurée a déposé une nouvelle demande auprès de l'administration le 1 er décembre 2011. Les pièces médicales qu'elle a produites et les informations obtenues durant l'instruction par l'office AI (dont le dossier de la Caisse nationale suisse en cas d'accidents [CNA]) indiquaient une évolution défavorable en raison notamment de douleurs persistantes, d'un syndrome musculo-squelettique diffus et d'un trouble dépressif, totalement incapacitants (rapports du docteur B._, spécialiste en médecine générale, des 28 novembre 2011 et 17 février 2012 ainsi que de la doctoresse C._, spécialiste en psychiatrie et psychothérapie, du 10 juin 2012). Sur proposition du Service médical régional (SMR; avis du docteur D._ du 27 septembre 2012), un examen bidisciplinaire a été effectué. La doctoresse E._, spécialiste en psychiatrie et psychothérapie, a fait état d'une accentuation de traits de personnalité anxieuse et d'un syndrome douloureux somatoforme persistant, sans répercussion sur la capacité de travail (rapport du 26 mars 2013). La doctoresse F._, spécialiste en médecine interne, a indiqué un syndrome douloureux diffus à la suite des différentes interventions pratiquées sur le genou droit mais n'a retenu aucune pathologie incapacitante (rapport du 27 mars 2013). Se référant à ces deux rapports ainsi qu'aux conclusions du médecin d'arrondissement de la CNA, le SMR a conclu à l'absence d'aggravation de l'état de santé de l'assurée, hormis les troubles méniscaux du genou gauche qui ont entraîné une incapacité totale de travail dans une activité adaptée dès le 12 septembre 2011 et de 50 % du 1 er septembre 2012 au 31 octobre suivant (rapport final du docteur D._ du 15 avril 2013). L'administration a informé A._ de son intention de lui octroyer une rente entière d'invalidité du 1 er septembre 2011 au 30 novembre 2012 puis une demi-rente d'invalidité du 1 er décembre 2012 au 31 janvier 2013 (projet de décision du 29 avril 2013). L'assurée a contesté ce projet (écriture du 19 juillet 2013) et produit les rapports de la doctoresse C._ du 11 juillet 2013 et du docteur B._ du 15 juillet 2013) qui concluaient à une (probable) capacité de travail de 50 % dans une activité adaptée. L'office AI a suivi l'avis du SMR (rapport final du docteur D._ du 14 août 2013) et confirmé la teneur de son projet (décision du 21 novembre 2013). Il a également refusé d'allouer à A._ des mesures de réadaptation d'ordre professionnel (décision du 2 décembre 2013). B. L'assurée a recouru contre ces deux décisions auprès du Tribunal cantonal du Valais, qui, par jugement du 17 décembre 2014, a rejeté le recours s'agissant de la rente d'invalidité (chiffre 2 du dispositif) et l'a admis s'agissant des mesures d'ordre professionnel en renvoyant la cause à l'office AI pour instruction complémentaire (chiffre 3 du dispositif). C. A._ interjette un recours en matière de droit public contre ce jugement. Elle demande l'annulation du chiffre 2 du dispositif. Elle conclut au renvoi de la cause principalement à l'administration, subsidiairement à la juridiction cantonale, afin qu'une expertise pluridisciplinaire complémentaire soit ordonnée, tant sur le plan psychique que somatique, et qu'une nouvelle décision soit rendue. L'office AI a conclu au rejet du recours tandis que l'Office fédéral des assurances sociales ne s'est pas déterminé.
Considérant en droit : 1. Saisi d'un recours en matière de droit public (<ref-law>), le Tribunal fédéral exerce un pouvoir d'examen limité. Il applique le droit d'office (<ref-law>) et statue sur la base des faits retenus par l'autorité précédente (<ref-law>). Il peut néanmoins rectifier ou compléter d'office l'état de fait du jugement entrepris si des lacunes ou des erreurs manifestes lui apparaissent aussitôt (<ref-law>). Il examine en principe seulement les griefs motivés (<ref-law>) et ne peut pas aller au-delà des conclusions des parties (<ref-law>). Le recourant ne peut critiquer la constatation des faits importants pour le sort de l'affaire que si ceux-ci ont été établis en violation du droit ou de façon manifestement inexacte (<ref-law>). 2. Au vu des conclusions du recours, le litige porte uniquement sur le droit de la recourante à une rente d'invalidité supérieure à la demi-rente accordée par l'intimé du 1 er décembre 2012 au 31 janvier 2013, ainsi qu'à une rente d'invalidité au-delà du 31 janvier 2013. Il s'agit singulièrement de savoir si une expertise pluridisciplinaire doit être mise en oeuvre. 3. 3.1. Pour l'essentiel, la recourante fait valoir que la contradiction entre l'avis de ses médecins traitants (le docteur B._ ainsi que la doctoresse C._) et celui du SMR suivi par le tribunal cantonal pour nier une aggravation durable de son état de santé aurait nécessairement dû conduire à la mise en oeuvre d'une expertise complémentaire. Or cela ne suffit pas pour établir une appréciation arbitraire des preuves par l'instance précédente. 3.2. Les premiers juges ont expliqué les raisons pour lesquelles ils ont fondé leur jugement sur les conclusions des spécialistes du SMR. Ils ont d'abord admis que les rapports de ces derniers remplissaient les critères jurisprudentiels donnant valeur probante à un rapport médical, ce que l'assurée ne conteste pas. Ils ont ensuite exposé les motifs pour lesquels ils écartaient les avis des médecins traitants, considérant qu'ils n'étaient pas propres à faire douter du caractère fiable et fondé des appréciations médicales internes à l'office intimé. Ils ont par ailleurs constaté que les critères jurisprudentiels permettant de conclure à l'existence d'un trouble somatoforme incapacitant n'étaient pas réalisés. La recourante ne tente en l'occurrence nullement d'établir, au moyen d'une argumentation circonstanciée, que le contenu des rapports établis par les doctoresses E._ et F._ seraient critiquables ou que ceux de la doctoresse C._ et du docteur B._ seraient plus convaincants. Or pour conclure à une appréciation arbitraire des preuves de la juridiction cantonale, il ne suffit pas de prétendre - comme le fait l'assurée - que la seule circonstance qu'il existe une contradiction entre les avis des médecins traitants et ceux du SMR conduit nécessairement à mettre en oeuvre une expertise complémentaire. On ne saurait remettre en cause l'appréciation de l'instance précédente et procéder à de nouvelles investigations au motif qu'il existerait au dossier un avis médical divergent. Il n'en va différemment que si cet avis fait état d'éléments objectivement vérifiables ayant été ignorés dans le cadre de l'appréciation et qui sont suffisamment pertinents pour remettre en cause les conclusions retenues par l'administration et le juge ou établir le caractère incomplet de la documentation médicale. Tel n'est pas le cas en l'espèce puisque la recourante se contente de tirer des conclusions différentes de celles du tribunal cantonal quant aux évaluations médicales au dossier. Elle ne fait état d'aucun élément clinique ou diagnostique qui n'aurait pas été pris en compte par les médecins du SMR ou de contradictions manifestes justifiant que l'on s'écarte de cette appréciation. Ainsi, lorsqu'elle reproche aux premiers juges d'avoir admis, sur la base de l'avis de la doctoresse E._, que la lenteur et l'anxiété constatées par la doctoresse C._ paraissaient plutôt liées à sa personnalité et n'étaient donc pas incapacitantes, elle ne fait qu'opposer un avis médical à un autre. Elle se limite à reprendre les observations contenues dans les rapports de la doctoresse C._ et du docteur B._, sans mettre en évidence en quoi ceux-ci seraient suffisants pour mettre en doute l'évaluation du SMR. 4. Cela étant, le recours doit être admis pour un autre motif, comme il ressort de ce qui suit. 4.1. Dans un récent arrêt de principe (<ref-ruling>), le Tribunal fédéral a modifié sa jurisprudence relative à l'appréciation des effets des troubles somatoformes et des autres affections psychosomatiques comparables sur la capacité de travail. Il a notamment abandonné la présomption selon laquelle les troubles somatoformes douloureux ou leurs effets pouvaient être surmontés par un effort de volonté raisonnablement exigible (consid. 3.4 et 3.5 de l'arrêt cité) et introduit un nouveau schéma d'évaluation au moyen d'un catalogue d'indicateurs (consid. 4 de l'arrêt cité). Dès lors que le tribunal cantonal a fait sienne l'appréciation de la doctoresse E._ sur le caractère non invalidant du syndrome somatoforme douloureux affectant l'assurée, selon les anciens critères, il s'agit de voir si cette évaluation médicale peut être suivie au regard de la nouvelle jurisprudence. 4.2. En l'espèce, le rapport de la doctoresse E._ ne permet pas une appréciation de l'état de santé de la recourante à la lumière des exigences relatives au diagnostic et des indicateurs déterminants (cf. consid. 2, 4 et 8 de l'arrêt cité). En effet, l'experte a fait état d'un trouble somatoforme douloureux persistant mais n'a donné que très peu d'indications sur le degré de gravité inhérent à ce diagnostic. Elle a évoqué des "douleurs en brûlure touchant tout le corps" qu'elle a qualifiées de type psychogène, sans aller plus loin dans la description du diagnostic, ni en particulier se prononcer sur les éléments requis par la CIM-10 pour conclure à cette pathologie (consid. 2.1 de l'arrêt cité). Le contenu de l'expertise ne permet pas non plus de se faire une idée quant à la présence d'indices d'une éventuelle exagération des symptômes de la part de l'assurée (consid. 2.2 de l'arrêt cité). A première vue, même si la doctoresse E._ a mentionné que la recourante avait dépeint une situation psychique plus sombre qu'elle ne l'était en réalité, elle semble avoir plutôt nié des signes d'exagération. Il manque en outre des éléments s'agissant du traitement suivi par l'assurée, dans la mesure où le médecin a relevé qu'un doute subsistait quant à la prise régulière des médicaments (consid. 4.3.1.2 de l'arrêt cité). Il n'est pas possible non plus de déterminer l'interaction entre l'accentuation de traits de personnalité anxieuse mise en évidence par l'experte et le trouble somatoforme douloureux, la doctoresse E._ ne donnant pas d'indication sur le développement et la structure de la personnalité de la recourante (consid. 4.3.2 de l'arrêt cité). Il manque également dans son appréciation l'évaluation des ressources personnelles de l'assurée au regard d'éventuelles limitations des niveaux d'activité dans les domaines comparables de la vie (consid. 4.4.1 de l'arrêt cité). En conséquence, la mise en oeuvre d'une expertise est nécessaire (cf. arrêt du Tribunal fédéral 9C_842/2014 du 17 septembre 2015) afin d'évaluer, au regard des nouveaux principes applicables en la matière, la pertinence du diagnostic de trouble somatoforme douloureux et son éventuel caractère invalidant. Le recours est partant bien fondé. 5. Etant donné l'issue du litige, les dépens sont mis à la charge de l'office intimé (<ref-law>). Vu les circonstances, il convient en revanche de renoncer à percevoir des frais judiciaires (<ref-law>).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce : 1. Le recours est admis. Le jugement du Tribunal cantonal du Valais, Cour des assurances sociales, du 17 décembre 2014, et la décision de l'office intimé du 21 novembre 2013 sont annulés, dans la mesure où ils portent sur le droit de la recourante à une rente de l'assurance-invalidité supérieure à une demi-rente du 1 er décembre 2012 au 31 janvier 2013, ainsi que sur le droit à une rente au-delà de cette date. La cause est renvoyée à l'office intimé afin qu'il mette en oeuvre une expertise complémentaire et rende une nouvelle décision. 2. Il n'est pas perçu de frais judiciaires. 3. L'office intimé versera à la recourante la somme de 2'800 fr. à titre de dépens pour la procédure devant le Tribunal fédéral. 4. La cause est renvoyée au Tribunal cantonal du Valais pour nouvelle décision sur les frais et les dépens [ch. 2 du dispositif du jugement cantonal] de la procédure antérieure (S1 14 37). 5. Le présent arrêt est communiqué aux parties, au Tribunal cantonal valaisan, Cour des assurances sociales, et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 5 novembre 2015 Au nom de la IIe Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse La Présidente : Glanzmann La Greffière : Flury
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2,013
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Sachverhalt: A. Aufgrund von Arbeiten an eigenen Bauwerken im Zeitraum vom ersten Quartal 1995 bis zum vierten Quartal 1996, die noch nicht der Mehrwertsteuer unterstellt worden waren, erliess die Eidgenössische Steuerverwaltung (ESTV) am 15. Dezember 1998 gegenüber der X._ die Ergänzungsabrechnung Nr. 7'370'645 über Fr. ... Gegen den Entscheid der ESTV vom selben Tag erhob die Steuerpflichtige am 29. Januar 1999 Einsprache, worauf die ESTV eine Betriebskontrolle vornahm. Am 22. Oktober 2001 erliess sie die Ergänzungsabrechnungen Nr. 260'518 über Fr. ... (Fr. ... abzüglich des gemäss der Ergänzungsabrechnung Nr. 7'370'645 geschuldeten Betrags) für den Zeitraum vom ersten Quartal 1995 bis und mit dem vierten Quartal 2000 und Nr. 260'522 über Fr. ... für die beiden ersten Quartale 2001. B. Im Anschluss an eine Besprechung und Korrespondenzen anerkannte die Steuerpflichtige mit Schreiben vom 21. Dezember 2001 die von der ESTV gewählte Berechnungsmethode und die Schätzung des baugewerblichen Eigenverbrauchs. Sie erklärte, sie müsse "einzig zum Einbezug der Bauzinsen in die Bemessungsgrundlage einen Vorbehalt anbringen". Die Frage, ob auch Eigenkapitalzinsen in die Bemessungsgrundlage des baugewerblichen Eigenverbrauchs flössen, sei zu sistieren, bis in einem Parallelverfahren ein Entscheid vorliege. Noch im Dezember 2001 beglich die Steuerpflichtige die Ergänzungsabrechnungen Nr. 260'518 und 260'522. Zuletzt am 18. Juni 2002 kam es zu weiteren Gesprächen. Die ESTV erstellte tags darauf eine "Kurznotiz für interne Zwecke", worin sie zum baugewerblichen Eigenverbrauch die Bemerkung "akzeptiert, Rechtsverfahren einstellen" anbrachte. Die Steuerpflichtige ersuchte am 12. Juli 2002 in Bezug auf drei Aspekte um Erlass einer Verfügung, nicht jedoch hinsichtlich der Arbeiten an eigenen Bauten. Mit Beschluss vom 27. Februar 2003, ohne Rechtsmittelbelehrung versehen, schrieb die ESTV die Einsprache vom 29. Januar 1999 als erledigt ab. C. Nach der Praxisänderung der ESTV vom 1. Januar 2005, wonach die Bauzinsen nicht mehr in die Anlagekosten einzurechnen waren, ersuchte die Steuerpflichtige am 13. April 2005 und 23. August 2005 um Rückvergütung der zu viel entrichteten (Eigenverbrauchs-) Steuern der Jahre 1995 bis 2004. Die ESTV nahm das Rückerstattungsgesuch als Revisionsgesuch gegen den Abschreibungsbeschluss vom 27. Februar 2003 entgegen und erliess am 29. November 2005 einen Nichteintretensentscheid. Sie führte aus, d ie Steuerpflichtige habe am 12. Juli 2002 "implizit" auf die Weiterführung des Einspracheverfahrens verzichtet, weswegen der Entscheid vom 15. Dezember 1998 in Rechtskraft erwachsen und das Verfahren abzuschreiben gewesen sei. Revisionsgründe würden weder geltend gemacht noch lägen sie vor. Dagegen erhob die Steuerpflichtige am 13. Januar 2006 Einsprache, die von der ESTV antragsgemäss als Sprungbeschwerde an die Eidgenössische Steuerrekurskommission weitergeleitet wurde. Das Bundesverwaltungsgericht, nunmehr zuständig, hiess die Beschwerde mit Urteil A-1625/2006 vom 15. Dezember 2008 im Sinne der Erwägungen teilweise gut, soweit darauf einzutreten war, und wies die Sache unangefochten zur Fällung eines "Erstentscheids" an die ESTV zurück. Das Bundesverwaltungsgericht erwog, der Rückzug einer Einsprache habe klar, ausdrücklich und unbedingt zu erfolgen. Ein bloss "impliziter" Rückzug, wie ihn die ESTV dem Schreiben vom 12. Juli 2002 glaube entnehmen zu können, lasse keine Abschreibung eines Einspracheverfahrens zu. Ebenso wenig sei das Schreiben vom 21. Dezember 2001 als Rückzug der Einsprache zu betrachten, habe die Steuerpflichtige darin doch einen klaren Vorbehalt bezüglich des Einbezugs der Bauzinsen angebracht (Entscheid, E. 7.1). Der rechtsgrundlose Abschreibungsbeschluss sei freilich nicht nichtig, sondern bloss anfechtbar. Mit ungenutztem Ablauf der 30-tägigen Rechtsmittelfrist des Abschreibungsbeschlusses sei der Entscheid vom 15. Dezember 1998 (Fr. ...) in Rechtskraft erwachsen (E. 7.2). Was diesen Entscheid betreffe, habe die ESTV die Eingabe vom 13. April 2005 richtigerweise als Revisionsgesuch entgegengenommen und mit einem Nichteintretensentscheid erledigt. Für die darüber hinausgehende Forderung für die Jahre 1995 und 1996 sowie für die Jahre 1997 bis 2004 stehe ein Leistungsentscheid freilich noch aus, weshalb die ESTV zunächst einen "Erstentscheid" zu fällen haben werde (E. 7.3). D. In der Folge verfügte die ESTV am 25. Juni 2009 die Abweisung des (Rückerstattungs-) Gesuchs der Steuerpflichtigen vom 13. April 2005 bzw. 23. August 2005, soweit dazu nicht bereits ein rechtskräftiger Entscheid vorliege. Sie führte im Wesentlichen aus, die Steuerpflichtige habe die Ergänzungsabrechnungen Nr. 260'518 und 260'522, alsdann die Quartalsabrechnungen jeweils ohne Vorbehalt beglichen. In ihrer dagegen gerichteten Einsprache vom 25. August 2009 entgegnete die Steuerpflichtige, sie habe den Vorbehalt nie zurückgezogen, weswegen die Praxisänderung rückwirkende Anwendung finde und ihr die zu viel bezahlte Mehrwertsteuer der Jahre 1995 bis und mit 2004, nunmehr Fr. ..., nebst Vergütungszins zu erstatten sei. Am 4. April 2011 ergänzte sie, den Vorbehalt habe sie anlässlich einer allgemeinen Diskussion angebracht und nicht im Hinblick auf eine bestimmte Quartalsabrechnung ausgesprochen. Mit Einspracheentscheid vom 13. April 2011 wies die ESTV die Einsprache ab. Zur Hauptsache führte sie aus, die Steuerpflichtige habe im Jahr 2002 den Vorbehalt an Gesprächen mit der ESTV zurückgenommen und alsdann die Quartalsabrechnungen der Jahre 2002 bis 2004 vorbehaltlos eingereicht und bezahlt. Der Entscheid der Eidgenössischen Steuerrekurskommission, den die Steuerpflichtige habe abwarten wollen, sei am 12. August 2002 ergangen [CRC 2001-051, in: VPB 67.18]. Darin habe die Steuerrekurskommission erkannt, es sei nicht gesetzeswidrig, die Finanzierungskosten in die Berechnungsgrundlage des baugewerblichen Eigenverbrauchs einzubeziehen. E. Am 27. Mai 2011 erhob die Steuerpflichtige beim Bundesverwaltungsgericht Beschwerde, welche dieses mit Urteil A-3075/2011 vom 30. Mai 2012 im Sinne der Erwägungen guthiess, den Einspracheentscheid vom 13. April 2011 aufhob und die Sache zur Fällung eines neuen Einspracheentscheids im Sinne der Erwägungen an die Vorinstanz zurückwies. Das Bundesverwaltungsgericht erwog, die Steuerpflichtige habe mit Schreiben vom 21. Dezember 2001 einen Vorbehalt angebracht und die Eigenverbrauchssteuer nur unter diesem Vorbehalt entrichtet (Entscheid, E. 5.2). Vorbehalt und Rückzug des Vorbehalts könnten einzig in Schriftform erklärt werden. Ein expliziter schriftlicher Rückzug sei nie erfolgt (E. 5.3). Nach Treu und Glauben habe für die ESTV klar sein müssen, dass sich der Vorbehalt auf den gesamten Zeitraum (1995 bis und mit 2004) beziehe (E. 5.4). Der beanspruchte Betrag von Fr. ... lasse sich allerdings nicht nachvollziehen. Infolge dessen sei die Sache zur Ermittlung des Rückforderungsanspruchs an die ESTV zurückzuweisen (E. 5.5). F. Die ESTV erhebt mit Eingabe vom 9. Juli 2012 beim Bundesgericht Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten. Sie beantragt, es seien der Entscheid des Bundesverwaltungsgerichts vom 30. Mai 2012 aufzuheben und der Einspracheentscheid vom 13. April 2011 zu bestätigen. Eventualiter sei festzustellen, dass der Anspruch der Steuerpflichtigen auf Rückvergütung der Mehrwertsteuer nur für die Jahre bis 2001 bestehe und dass sich der Vorbehalt ausschliesslich auf die Einrechnung der Eigenkapitalzinsen in die Bemessungsgrundlage beziehe. Während das Bundesverwaltungsgericht, Abteilung I, auf eine Vernehmlassung verzichtet, nimmt die Steuerpflichtige ausführlich Stellung. Sie beantragt die Abweisung der Beschwerde und die Rückvergütung des Betrags von Fr. ..., nebst Zins seit dem 21. Dezember 2001, eventualiter von Fr. ..., nebst Zins seit dem 21. Dezember 2001. Dies veranlasst die ESTV und hierauf die Steuerpflichtige zur Einreichung abschliessender Bemerkungen.
Erwägungen: 1. 1.1. Das Bundesgericht prüft seine Zuständigkeit und die weiteren Eintretensvoraussetzungen von Amtes wegen (<ref-law>) und mit freier Kognition (<ref-law>; <ref-ruling> E. 1 S. 44; <ref-ruling> E. 1 S. 369; <ref-ruling> E. 1 S. 475; <ref-ruling> E. 1.4 S. 262). 1.2. Beim angefochtenen Urteil handelt es sich um einen Entscheid des Bundesverwaltungsgerichts in einer Angelegenheit des öffentlichen Rechts, der beim Bundesgericht unter Vorbehalt des Nachfolgenden mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten angefochten werden kann (<ref-law>). 1.3. In verfahrensrechtlicher Hinsicht massgebend ist hier gemäss seinem Art. 113 Abs. 2 das Bundesgesetz vom 12. Juni 2009 über die Mehrwertsteuer (MWSTG 2009; SR 641.20). Zur Frage der Legitimation der ESTV zur Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten spricht sich das Gesetz nicht aus. Immerhin verweist Art. 141 der Mehrwertsteuerverordnung vom 27. November 2009 (MWSTV 2009; SR 641.201) auf die (allgemeine) Behördenbeschwerde nach <ref-law> (vgl. dazu <ref-ruling> E. 1.2 S. 362 ff.). Diese setzt keine ausdrückliche formell-gesetzliche Grundlage voraus (<ref-law> e contrario). Die ESTV ist damit zur vorliegenden Beschwerde berechtigt. 1.4. Anfechtbar beim Bundesgericht sind Entscheide, die das Verfahren ganz (Endentscheide; <ref-law>) oder in Bezug auf unabhängig voneinander zu beurteilende Begehren (objektive Klagehäufung) bzw. auf einen Teil der Streitgenossinnen und Streitgenossenen (subjektive Klagehäufung) abschliessen (Teilendentscheide; <ref-law>). Selbstständig eröffnete Vor- oder Zwischenentscheide regeln eine formell- oder materiellrechtliche Frage im Hinblick auf die Verfahrenserledigung und stellen lediglich einen Schritt auf dem Weg zum Endentscheid dar (<ref-ruling> E. 2 S. 44; <ref-ruling> E. 1.1 S. 133). Sie können vor Bundesgericht nur unter den einschränkenden Voraussetzungen von Art. 92 oder 93 BGG angefochten werden. Mit einem Rückweisungsentscheid oder einem Rechtsmittelentscheid gegenüber einem Rückweisungsentscheid geht keine Beendigung des Verfahrens einher. Ein solcher Entscheid fällt grundsätzlich unter die Zwischenentscheide (<ref-law>; <ref-ruling> E. 1.3 S. 127; Urteil 2C_645/2011 vom 12. März 2012 E. 1.3.1, in: StE 2012 B 72.19 Nr. 15), und zwar selbst dann, wenn die rückweisende Behörde in ihrem Entscheid zuhanden der unteren Instanz materiellrechtliche Teilaspekte des Streitverhältnisses klärt (<ref-ruling> E. 1.3.1 S. 34; <ref-ruling> E. 1.3.2 S. 140; <ref-ruling> E. 4.1.3 S. 481). Anders verhält es sich nur, sofern der unteren Instanz kein eigener Entscheidungsspielraum verbleibt und die Rückweisung nur noch der (rechnerischen) Umsetzung des oberinstanzlich Angeordneten dient. In solchen Fällen liegt ein (Quasi-) Endentscheid vor und unterliegt das angefochtene Urteil nunmehr <ref-law> (<ref-ruling> E. 1.1 S. 143; <ref-ruling> E. 1.3 S. 127; Urteile 2C_572/2012, 2C_573/2012 vom 27. März 2013 E. 2.4; 2C_383/2012 vom 6. September 2012 E. 1.3, in: StE 2013 B 23.43.2 Nr. 17, StR 67/2012 S. 836). Im vorliegenden Fall reicht die Anweisung an die Unterinstanz über eine blosse rechnerische Umsetzung hinaus, indem die Unterinstanz verpflichtet wird, den Rückforderungsanspruch zu ermitteln (angefochtener Entscheid, E. 5.5). Damit entfällt ein (Quasi-) Endentscheid und bleibt es bei einem reinen Zwischenentscheid. Gemäss <ref-law> ist die Beschwerde gegen andere - als die in <ref-law> genannten -, selbständig eröffnete Vor- und Zwischenentscheide zulässig, wenn sie einen nicht wieder gutzumachenden Nachteil bewirken können (<ref-ruling> E. 1.2.1 S. 382; <ref-ruling> E. 4 S. 95). Ein Rückweisungsentscheid, der mit materiellen Vorgaben an die Unterinstanz zum weiteren Vorgehen verbunden ist, kommt einem nicht wieder gutzumachenden Nachteil rechtlicher Natur gleich. Ausschlaggebend hiefür ist, dass die Verwaltungsbehörde, die gemäss Rückweisungsentscheid einen ihr nicht genehmen Entscheid zu erlassen hat, zu dessen späterer Anfechtung nicht befugt wäre, sodass im Ergebnis der allenfalls rechtswidrige Entscheid keiner bundesgerichtlichen Überprüfung unterzogen werden könnte (so u. a. <ref-ruling> E. 1.3 S. 128; <ref-ruling> E. 1.2 S. 412; <ref-ruling> E. 5.2 S. 483 ff.; Urteile 2C_705/2011 vom 26. April 2012 E. 1.3, in: StE 2012 B 44.12.3 Nr. 6; 2C_645/2011 vom 12. März 2012 E. 1.3.2, in: StE 2012 B 72.19 Nr. 15). Die frühere Praxis gemäss Urteil 2A.264/2006 vom 3. September 2008 E. 2.2, publ. in: RDAF 2009 II 186, auf die sich die ESTV bezieht, gilt unter Herrschaft des Bundesgerichtsgesetzes nicht mehr. 1.5. Mit der Beschwerde kann eine Rechtsverletzung nach Art. 95 und 96 BGG geltend gemacht werden. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (<ref-law>). Es ist folglich weder an die in der Beschwerde vorgebrachten Argumente noch an die Erwägungen der Vorinstanz gebunden; es kann die Beschwerde aus einem anderen als dem angerufenen Grund gutheissen, und es kann eine Beschwerde mit einer von der Argumentation der Vorinstanz abweichenden Begründung abweisen (Motivsubstitution; <ref-ruling> E. 2.2 S. 540; <ref-ruling> E. 3 S. 386; <ref-ruling> E. 2.2. S. 550). Trotz der Rechtsanwendung von Amtes wegen prüft das Bundesgericht, unter Berücksichtigung der allgemeinen Begründungspflicht der Beschwerde (<ref-law>), grundsätzlich nur die geltend gemachten Rügen, sofern die rechtlichen Mängel nicht geradezu offensichtlich sind (<ref-ruling> E. 2.2.1 S. 389; <ref-ruling> E. 1.1 S. 104; <ref-ruling> E. 1.4.1 S. 254). Die Verletzung von Grundrechten und von kantonalem und interkantonalem Recht untersucht es in jedem Fall nur, soweit eine solche Rüge in der Beschwerde vorgebracht und begründet worden ist (<ref-law>). Die bundesgerichtliche Praxis verlangt, dass die geltend gemachte Verfassungsverletzung klar und detailliert anhand der Erwägungen des angefochtenen Entscheids dargelegt wird. Auf rein appellatorische Kritik am angefochtenen Entscheid tritt das Bundesgericht nicht ein (<ref-ruling> E. 2.8 S. 494 mit Hinweisen; Urteile 2C_984/2012 vom 21. März 2013 E. 1.4; 2C_545/2012 vom 22. Februar 2013 E. 2.2; 2C_605/2012 vom 20. Februar 2013 E. 2.3). Fragen des Bundesrechts klärt das Bundesgericht mit freier Kognition (<ref-law>; Urteile 2C_1003/2011 vom 18. Februar 2013 E. 1.3; 2C_708/2012 vom 21. Dezember 2012 E. 1.4; 2C_92/2012 vom 17. August 2012 E. 1.4, in: StR 67/2012 S. 828). 1.6. Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (<ref-law>). Deren tatsächlichen Feststellungen können nur berichtigt werden, sofern sie entweder offensichtlich unrichtig, d. h. willkürlich ermittelt worden sind (<ref-law>; <ref-ruling> E. 5.1 S. 356; zum Willkürbegriff: <ref-ruling> E. 7.1 S. 51; <ref-ruling> E. 7 S. 82; <ref-ruling> E. 2.4 S. 5) oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruhen (<ref-law>). Zudem hat die beschwerdeführende Partei aufzuzeigen, dass die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (<ref-law>; <ref-ruling> E. 4.2 S. 234). 1.7. Streitig und zu prüfen ist eine Mehrwertsteuerforderung der Jahre 1995 bis 2004. Am 1. Januar 2010 ist das Bundesgesetz vom 12. Juni 2009 über die Mehrwertsteuer (MWSTG 2009; SR 641.20) in Kraft getreten. Aufgrund von Art. 112 Abs. 1 MWSTG 2009 bleiben in Bezug auf das materielle Recht die bisherigen Bestimmungen anwendbar (Urteile 2C_1003/2011 vom 18. Februar 2013 E. 1.5; 2C_835/2011 vom 4. Juni 2012 E. 1.5). Massgebend ist demnach das frühere Recht, d. h. das Bundesgesetz vom 2. September 1999 über die Mehrwertsteuer (MWSTG 1999; AS 2000 1300), das am 1. Januar 2001 in Kraft getreten war. Für den Zeitraum davor, die Jahre 1995 bis und mit 2000, ist die seinerzeitige Verordnung vom 22. Juni 1994 über die Mehrwertsteuer (MWSTV 1994; AS 1994 1464) heranzuziehen, auf welche Art. 93 Abs. 1 MWSTG 1999 verweist (Urteil 2C_399/2011 vom 13. April 2012 E. 1.4.1, nicht publ. in: <ref-ruling>). 2. 2.1. Die Mehrwertsteuer in der bis Ende 2009 herrschenden Ausprägung folgt dem Konzept der reinen Selbstveranlagungssteuer (Art. 38 Abs. 1 MWSTV 1994, Art. 46 MWSTG 1999), während das seitherige System aufgrund der ausgeglicheneren Aufgabenverteilung zwischen steuerpflichtigen Personen und ESTV einer modifizierten Selbstveranlagung entspricht (Ivo P. Baumgartner/Diego Clavadetscher/Martin Kocher, Vom alten zum neuen Mehrwertsteuerrecht, 2010, § 10 N. 8). Das bisherige Recht stellt beträchtliche Anforderungen an die steuerpflichtigen Personen. Ihnen obliegt die volle und alleinige Verantwortung für die richtige und vollständige umsatzsteuerrechtliche Behandlung der Geschäftsvorfälle. Die Aufgabe der ESTV beschränkt sich altrechtlich auf den Bezug und die Kontrolle der Steuer unter dem Gesichtspunkt der Richtigkeit und Vollständigkeit (Urteile 2C_232/2012 vom 23. Juli 2012 E. 4.1; 2C_835/2011 vom 4. Juni 2012 E. 2.1; 2C_650/2011 vom 16. Februar 2012 E. 2.5.2). 2.2. Das Legalitätsprinzip beherrscht das Abgaberecht in einem umfassenden Sinn (<ref-ruling> E. 3.1.1 S. 35; <ref-ruling> E. 5.1 S. 348 f.; <ref-ruling> E. 2.2 S. 159; <ref-ruling> E. 3.1 S. 565; Urteile 2C_337/2012 vom 19. Dezember 2012 E. 2.6; 2C_196/2012 vom 10. Dezember 2012 E. 3.2.4). Zu den Abgaben des Bundes hält <ref-law> fest, dass die grundlegenden Bestimmungen über den Kreis der Abgabepflichtigen sowie den Gegenstand und die Bemessung von Abgaben in einem formellen Gesetz zu erlassen sind (Urteil 1C_78/2012 vom 10. Oktober 2012 E. 6; <ref-ruling> E. 2d S. 64 ff.). Entsprechend der Erhebung unterliegt auch die Nichterhebung der (gesetzlich geschuldeten ) Steuer dem Vorbehalt des Gesetzes (Urteile 2C_596/2012 E. 5.3 und 2C_702/2012 E. 3.3, je vom 19. März 2013; zum Einzelfallverzicht Michael Beusch, Der Untergang der Steuerforderung, 2012, S. 259; Peter Stähli, Das Steuergrundpfandrecht, 2006, N. 4.630 S. 278). 2.3. Soweit es um die Rückvergütung einer (gesetzlich nicht geschuldeten ) Steuer geht, findet sich in den Steuergesetzen regelmässig keine positivrechtliche Norm. Dessen ungeachtet muss eine Rückerstattung der zu Unrecht erbrachten Steuerzahlung zulässig sein. Ausgangspunkt bildet der allgemeine öffentlich-rechtliche Grundsatz der Rückvergütung einer rechtsgrundlos erbrachten Leistung (<ref-law> per analogiam; <ref-ruling> E. 5.1 S. 430 f.; <ref-ruling> E. 3.1 S. 276; Pierre Moor/Etienne Poltier, Droit administratif, Band II, 3. Aufl., 2011, S. 168 N. 1.5.3; Ulrich Häfelin/Georg Müller/Felix Uhlmann, Allgemeines Verwaltungsrecht, 6. Aufl., 2010, N. 760 ff.; Fritz Gygi, Verwaltungsrecht, 1986, S. 287 [Zahlungen ohne Rechtstitel]; Beusch, a.a.O., S. 62). Ausgehend davon hat sich im Bereich der einstigen Warenumsatzsteuer (Bundesrats-Beschluss vom 29. Juli 1941 über die Warenumsatzsteuer [WUStB; AS 1941 793]) eine langjährige Praxis entwickelt (<ref-ruling> E. 1b S. 47 f.; Urteile 2C_486/2009 vom 1. Februar 2010 E. 2.4; A.40/1982 vom 14. September 1984 E. 6, in: ASA 55 S. 62; Dieter Metzger, Handbuch der Warenumsatzsteuer, 1983/1992, N. 888 ff.; Wilhelm Wellauer, Die eidgenössischen Steuern, Zölle und Abgaben, Band 1, Warenumsatzsteuer, 1959, N. 879 ff.). Praxisgemäss können die zur Warenumsatzsteuer entwickelten Grundsätze auch für die Mehrwertsteuer herangezogen werden (Urteil 2A.320/2002 vom 2. Juni 2003 E. 3.4.2 f., in: ASA 74 S. 666, RDAF 2004 II 100). Danach ist die Rückvergütung bezahlter Mehrwertsteuern möglich, wenn: (1.) die steuerpflichtige Person die Mehrwertsteuer aufgrund einer eigenen Abrechnung oder einer amtlichen Ergänzungsabrechnung, nicht jedoch aufgrund eines rechtkräftigen Steuerentscheids, entrichtet und dabei den ausdrücklichen Vorbehalt des Ausgangs des konkreten Steuerentscheidverfahrens oder der Vornahme einer allgemeinen Praxisänderung angebracht hat, (2.) in der Folge das vorbehaltene Ereignis (Entscheid, Praxisänderung) eintritt und den Standpunkt der steuerpflichtigen Person bestätigt, womit die erbrachte Steuerzahlung rückblickend als Leistung einer Nichtschuld ("rechtsgrundlos") gilt, und (3.) die zurückzuerstattende Steuer noch nicht verjährt ist ( dazu Alois Camenzind/Niklaus Honauer/Klaus A. Vallender/Marcel R. Jung/Simeon L. Probst, Handbuch zum Mehrwertsteuergesetz, 3. Aufl., 2012, N. 2060 ff. und 2154 ff.; Pascal Mollard/Xavier Oberson/Anne Tissot Benedetto, Traité TVA, 2009, Kap. 1 N. 447 ff. und Kap. 6 N. 176 ff.). Die Zahlung unter Vorbehalt stellt sich damit als Leistung unter ausdrücklicher Bestreitung der Steuerpflicht dar (Markus Küpfer, in: Martin Zweifel/Michael Beusch/Maja Bauer-Balmelli [Hrsg.], Kommentar zum Schweizerischen Steuerrecht, VStG, 2. Aufl., 2012, N. 13 zu <ref-law>). Sie dient dazu, den Lauf des Verzugszinses aufzuhalten ( Wellauer, a.a.O., N. 830; Hans Peter Hochreutener, in: Martin Zweifel/Peter Athanas/Maja Bauer-Balmelli [Hrsg.], Kommentar zum Schweizerischen Steuerrecht, Band II/3, StG, 2002, N. 27 zu Art. 38 StG ). Aufgrund des Vorbehalts bleibt die durch die steuerpflichtige Person erstellte Abrechnung "hängig". Sie verweilt in der Schwebe, bis die ESTV das zu eröffnende Entscheidverfahren abgeschlossen hat (Art. 63 MWSTG 1999; Sandra Knopp Pisi, Das Selbstveranlagungsprinzip bei der Mehrwertsteuer, in: ASA 74 S. 389, insb. S. 394; z ur Bestreitung der Ergänzungsabrechnung auch Metzger, N. 828 und 842.), längstens aber bis zum Eintritt der Verjährung (Art. 49 f. MWSTG 1999; Art. 40 f. MWSTV 1994, die keine absolute Verjährung kennen). 2.4. Als Folge des Selbstveranlagungsprinzips hat die steuerpflichtige Person in eigener Verantwortung darüber zu befinden, ob sie die von ihr geschuldete Steuer vorbehaltlos, d. h. aufgrund der geltenden Praxis entrichten will (" paiement sans réserve" ), oder ob sie, wenn sie mit dem einen oder anderen Aspekt dieser Praxis nicht einverstanden ist, dies nur unter Vorbehalt tun will ("paiement sous réserve"). Sieht sie von einem Vorbehalt ab, ist die steuerpflichtige Person nach dem Mehrwertsteuerrecht von 1995 bzw. 2001 an ihre vorbehaltlose Abrechnung gebunden. Mit der vorbehaltlosen Abrechnung bringt sie zum Ausdruck, sie sei bereit, die Steuer zu entrichten (Urteile 2A.304/2003 vom 14. November 2003 E. 3.5, in: ASA 76 S. 627; 2A.320/2002 vom 2. Juni 2003 E. 3.4.3.4, in: ASA 74 S. 666, RDAF 2004 II 100; direktsteuerlich: BGE <ref-ruling> E. 3.1 S. 276 f. zur Rückvergütung zu viel entrichteter Quellensteuern). Bei vorbehaltloser Leistung gilt denn auch das Prinzip der Nichtrückwirkung einer Praxisänderung (Urteil 2A.320/2002 vom 2. Juni 2003 E. 3.4.3.7; Wellauer, N. 881). Tritt eine solche ein, wirkt sie sich unter Herrschaft des Mehrwertsteuerrechts von 1995 und 2001 für jedermann "ex nunc et pro futuro" aus, für jene, die ihre Leistung unter Vorbehalt erbracht hatten, überdies "ex tunc" (so Baumgartner/Clavadetscher/Kocher, a. a. O., § 10N. 5; vgl. auch Mollard/Oberson/Tissot Benedetto, a. a. O., Kap. 1 N. 450; ). 2.5. In der Sache selbst liegt gemäss Art. 8 Abs. 2 lit. a MWSTV 1994 (baugewerblicher) Eigenverbrauch auf (Anlage-) Liegenschaften vor, wenn die steuerpflichtige Person an bestehenden oder neu zu erstellenden Bauwerken, die zur entgeltlichen Veräusserung oder entgeltlichen Überlassung zum Gebrauch oder zur Nutzung bestimmt sind, Arbeiten vornimmt oder vornehmen lässt und hierfür nicht für die Versteuerung optiert (Urteile 2C_650/2011 vom 16. Februar 2012 E. 2.3 [Immobiliengesellschaft]; 2A.129/2005 vom 16. März 2006 E. 3, in: ASA 76 S. 786; 2A.476/2002 vom 7. März 2003 E. 2 [Etablissements de Bellechasse], in: ASA 73 S. 493 [Green-Keeper]; 2A.451/1998 vom 30. März 2001 E. 2a [Hauswart], in: ASA 72 S. 158, RDAF 2001 II 376). Abgesehen von den Hauswartleistungen, die unter dem Recht von 2001 nicht mehr steuerbar waren, gilt dasselbe gemäss Art. 9 Abs. 2 lit. a MWSTG 1999. 2.6. Die baugewerbliche (Eigenverbrauchs-) Steuer wird berechnet vom Preis (ohne den Wert des Bodens), der im Falle der Lieferung einer unabhängigen Drittperson in Rechnung gestellt würde (Art. 26 Abs. 3 lit. c MWSTV 1994 bzw. Art. 34 Abs. 4 MWSTG 1999). In den Fällen, in welchen die steuerpflichtige Person keinen effektiven Drittpreis nachweisen kann, lässt die ESTV eine annäherungsweise Ermittlung anhand der Anlagekosten zu. Gemäss Ziff. 7.3.3 der Spezialbroschüre Nr. 04 der ESTV, Eigenverbrauch, in der ab 1. Januar 2001 geltenden Fassung, zählen zu den Anlagekosten namentlich auch die Bauzinsen (Fremd- und Eigenkapitalzinsen; Urteil 2C_650/2011 vom 16. Februar 2012 E. 3.3.4). Aufgrund der Praxisänderungen der ESTV ab 1. Januar 2005, Ziff. 2.2.2, sind die Baukredit- und anderen Kreditzinsen sowie Kreditkommissionen (Bauzinsen) zur annäherungsweisen Ermittlung nicht mehr in die Anlagekosten einzurechnen. 3. 3.1. Die ESTV rügt, die Vorinstanz habe den rechtserheblichen Sachverhalt offensichtlich unrichtig festgestellt. Zu Unrecht gehe sie davon aus, da ss die Steuerpflichtige den am 21. Dezember 2001 erhobenen Vorbehalt aufrechterhalten habe und darüber hinaus annehme, der Vorbehalt habe inhaltlich neben den Eigenkapital- auch die Fremdkapitalzinsen erfasst. Mit dem formellen Erfordernis der Schriftlichkeit des Rückzugs des Vorbehalts verletze die Vorinstanz ebenso Bundesrecht wie mit der zeitlichen Erstreckung des Vorbehalts auf den Zeitraum von 2002 bis und mit 2004. 3.2. Die Vorinstanz hat in für das Bundesgericht verbindlicher Weise (<ref-law>) festgestellt, die Steuerpflichtige habe erstmals mit Schreiben vom 26. Oktober 2001 und nochmals am 7. November 2001 die Frage des Einbezugs der Kapitalzinsen in die Bemessungsgrundlage aufgeworfen. In der Folge habe sie am 21. Dezember 2001 schriftlich einen Vorbehalt angebracht ("... einzig zum Einbezug der Bauzinsen in die Bemessungsgrundlage ..."). Ein schriftlicher Rückzug des Vorbehalts lasse sich, was auch von der ESTV anerkannt wird, den Akten nicht entnehmen. 3.3. Das System der reinen Selbstveranlagung, wie es bis Ende 2009 in Kraft stand, kennzeichnet sich allem voran durch die Verteilung der Aufgaben. Danach ist die ESTV (nur) für den Bezug und die Kontrolle der Steuer unter dem Gesichtspunkt der Richtigkeit und Vollständigkeit zuständig. Alles Übrige obliegt der steuerpflichtigen Person, wobei sie ihre Aufgaben hauptsächlich durch Einreichung der Abrechnungen und Bezahlung der abrechnungsgemäss geschuldeten Steuer erfüllt. Im Unterschied zur gemischten Veranlagung (z. B. Art. 123 des Bundesgesetzes vom 14. Dezember 1990 über die direkte Bundessteuer [DBG; SR 642.11]; Urteil 2C_92/2012 vom 17. August 2012 E. 4.4, in: StE 2013 A 24.21 Nr. 24, StR 67/2012 S. 828), die sich durch wechselseitige Handlungen kennzeichnet und die zu einer anfechtbaren Verfügung führt, bleibt die (mehrwert-) steuerpflichtige Person dem Grundsatze nach ohne Rückmeldung der ESTV. Anders kann es sich im Fall einer internen oder externen Kontrolle verhalten (Art. 50 MWSTV 1994, Art. 62 MWSTG 1999). 3.4. Ein schriftliches, auf einige wenige, überdies standardisierte Erklärungen der steuerpflichtigen Person beschränktes Verfahren erfordert der Form und dem Inhalt nach unmissverständliche, überprüf- und auch nach längerer Zeit noch nachweisbare Verfahrenshandlungen. Obliegt der steuerpflichtigen Person die volle und alleinige Verantwortung für die richtige und vollständige umsatzsteuerrechtliche Behandlung der Geschäftsvorfälle, hat sie sich zwingend in einer Art auszudrücken, die es der ESTV ermöglicht, die ihr obliegende Richtigkeits- und Vollständigkeitskontrolle ohne weitere Rückfragen vorzunehmen und etwaige Massnahmen zu ergreifen. Die steuerpflichtige Person hat sich nicht nur - der Form und dem Inhalt nach - klar zu äussern, sie muss sich in der Folge auf ihr Verhalten auch behaften lassen. Im Umkehrschluss ist die ESTV an die unmissverständlich abgegebene (Haupt-) Erklärung der steuerpflichtigen Person gebunden, es sei denn, diese gebe eine ebenso eindeutige Gegenerklärung ab. Dies gilt insbesondere auch im Bereich des Vorbehalts : Der Erklärungspflicht der steuerpflichtigen Person steht die Befolgungspflicht der Steuerverwaltung gegenüber. Vorbehaltserklärungen der steuerpflichtigen Person sind für diese und die ESTV gleichermassen verbindlich. 3.5. Wirft die Haupt- und/oder die Gegenerklärung Fragen auf, erweist sie sich beispielsweise als lückenhaft, unverständlich, mehrdeutig oder widersprüchlich, gebietet die das Verwaltungsverfahren beherrschende Untersuchungspflicht (hier: Art. 62 Abs. 1 MWSTG 1999 bzw. zuvor Art. 50 Abs. 1 MWSTV 1994) das Tätigwerden der Behörde von Amtes wegen (allgemein auf Stufe Bund Art. 12 des Bundesgesetzes vom 20. Dezember 1968 über das Verwaltungsverfahren [VwVG; SR 172.021]). Das Untersuchungsprinzip gilt freilich nicht uneingeschränkt und findet seine Grenzen an der Mitwirkungspflicht der Parteien (auf Stufe Bund: <ref-law>; <ref-ruling> E. 5.2.3 S. 97; <ref-ruling> E. 6 S. 221 f.; <ref-ruling> E. 2 S. 195; <ref-ruling> E. 1a S. 158; Urteile 2C_605/2012 vom 20. Februar 2013 E. 2.3; 2C_3/2012 vom 15. August 2012 E. 6.4; vgl. ULRICH HÄFELIN/GEORG MÜLLER/FELIX UHLMANN, Allgemeines Verwaltungsrecht, 6. Aufl., 2010, N. 1625; Pierre Tschannen/ Ulrich Zimmerli/Markus Müller, Allgemeines Verwaltungsrecht, 3. Aufl., 2009, § 30 N. 24; André Moser/Michael Beusch/Lorenz Kneubühler, Prozessieren vor dem Bundesverwaltungsgericht, 2008, N. 3.120). 3.6. Soweit es sich im Rahmen des Untersuchungsgrundsatzes als unmöglich erweist, aufgrund der Beweiswürdigung einen Sachverhalt zu ermitteln, kommt im Steuerrecht die Normentheorie zum Tragen. In Konkretisierung des allgemeinen Grundsatzes von <ref-law>, der auch im öffentlichen Recht gilt (<ref-ruling> E. 6.8.2 S. 486; <ref-ruling> E. 6 S. 222), trägt die Steuerbehörde die Beweislast für die steuerbegründenden und -erhöhenden Tatsachen, wogegen die steuerpflichtige Person für die steueraufhebenden und -mindernden Tatsachen beweisbelastet ist (Urteil 2C_92/2012 vom 17. August 2012 E. 4.3, in: StE 2013 A 24.21 Nr. 24, StR 67/2012 S. 828). Infolge dessen ist die steuerpflichtige Person für die Erklärung, die ESTV für den Rückzug des Vorbehalts beweisbelastet. 3.7. Der Nachweis des einen oder andern lässt sich in der Praxis allem voran durch die Vorlage einer Urkunde erbringen. Nur in seltenen Umständen wird der Beweis auf andere Weise erbracht werden können (zu einem dieser nicht häufig auftretenden Fälle Urteil 2C_508/2010 vom 24. März 2011 E. 3.6.2, in: ASA 80 S. 61). Auch die ESTV anerkennt dies, wenn sie ausführt, die steuerpflichtige Person habe den Vorbehalt respektive die Bestreitung grundsätzlich "in geeigneter Art" zum Ausdruck zu bringen, "in der Regel schriftlich". Die bisherige "reine" Selbstveranlagungssteuer kennzeichnet sich, wie gezeigt, durch einige wenige, allerdings standardisierte Willensäusserungen (Abrechnung, Bezahlung), denen im Regelfall keine wahrnehmbare Willensäusserung der ESTV gegenübersteht. In einem an sich ausschliesslich schriftlichen Verfahren wie demjenigen der Mehrwertsteuer ist allein mit Blick auf das Beweisrecht im Ergebnis eine schriftliche Erklärung des Vorbehalts erforderlich. Rechtssicherheit lässt sich denn auch vornehmlich durch schriftliche Parteierklärungen erzielen. Dem Erfordernis der Schriftlichkeit genügen dabei elektronische Eingaben mit anerkannter elektronischer Signatur (<ref-law>) ebenso wie herkömmliche, handschriftlich unterzeichnete Dokumente (Art. 13 f. OR; Michael Beusch, in: Felix Geiger/Regine Schluckebier [Hrsg.], MWSTG, 2012, N. 6 zu Art. 43 MWSTG 2009). Von keiner Bedeutung ist, ob das Papierdokument von der steuerpflichtigen Person oder der ESTV - beispielsweise in Form eines gemeinsamen Protokolls - erstellt wurde; entscheidend ist einzig die unterschriftlich bezeugte Erklärung des Vorbehalts durch die steuerpflichtige Person. 3.8. Ergibt sich damit im Ergebnis das Erfordernis der schriftlichen Kundgabe des Vorbehalts, verhält es sich mit dessen Rückzug nicht anders. Dies führt zur Parallelität der Formen, wie sie die Vorinstanz anruft und sie sich im Zivilrecht etwa aus <ref-law> ergibt. Materielle Grundlage der unerlässlichen Schriftlichkeit des Rückzugs eines Vorbehalts bildet freilich, über dieses rein formale Kriterium hinaus, der Charakter der Mehrwertsteuer als einer (reinen) Selbstveranlagungssteuer. Unerheblich ist auch hierbei, ob der schriftliche Rückzug in einer elektronischen oder herkömmlichen Parteieingabe, einer von der Behörde vorbereiteten Rückzugserklärung oder einem gemeinsamen Protokoll kund getan wird. Entscheidend ist einzig die von der steuerpflichtigen Person anerkannte Verbriefung ihres Rückzugswillens. 3.9. Nach den für das Bundesgericht verbindlichen Feststellungen der Vorinstanz (<ref-law>) verblieb die "Kurznotiz für interne Zwecke" vom 19. Juni 2002 bei der ESTV, ohne dass die Steuerpflichtige über deren Erstellung in Kenntnis gesetzt und zur Unterzeichnung eingeladen worden wäre. Dass die ESTV in der Folge einen Abschreibungsbeschluss erliess, der durch den angeblichen Rückzug veranlasst sein soll, ändert daran nichts. Der autoritativ erlassene Beschluss, ohne Mitwirkung der Steuerpflichtigen ergangen, vermag den fehlenden Nachweis eines formgültigen Rückzugs nicht zu ersetzen. Abgesehen von der fehlenden Unterschrift der Steuerpflichtigen fällt auf, dass der Abschreibungsbeschluss auf die Frage des Vorbehalts ohnehin nicht ausdrücklich einging. Vor diesem Hintergrund hat die Vorinstanz den Sachverhalt willkürfrei gewürdigt und das Vorliegen einer Rückzugserklärung bundesrechtskonform verneint. Aufgrund des Fehlens eines gültigen Rückzugs ist der am 21. Dezember 2001 schriftlich erklärte Vorbehalt damit weiterhin aufrecht. Die Prüfung, ob das von der Steuerpflichtigen geäusserte Verhalten unter Umständen als "impliziter" Rückzug des Vorbehalts gedeutet werden könnte, erübrigt sich unter diesen Umständen. 4. 4.1. Ist der Bestand des Vorbehalts vom 21. Dezember 2001 erstellt, bleibt dessen Inhalt zu klären. Streitgegenstand sind der inhaltliche und zeitliche Umfang. 4.2. Nach den für das Bundesgericht verbindlichen Feststellungen der Vorinstanz steht fest, dass die Steuerpflichtige mit Schreiben vom 21. Dezember 2001 erklärte, sie müsse "einzig zum Einbezug der Bauzinsen in die Bemessungsgrundlage einen Vorbehalt anbringen". Die Frage, ob auch Eigenkapitalzinsen in die Bemessungsgrundlage des baugewerblichen Eigenverbrauchs flössen, sei zu sistieren, bis in einem Parallelverfahren ein Entscheid vorliege. Die massgebende Passage des in den Akten liegenden Schreibens lautet wie folgt: "Die [Steuerpflichtige] muss einzig zum Einbezug der Bauzinsen in die Bemessungsgrundlage einen Vorbehalt anbringen. Die Frage, ob Eigenkapitalzinsen bei der Berechnung des baugewerblichen Eigenverbrauchs in die Bemessungsgrundlage einbezogen werden dürfen, ist bisher noch nicht entschieden worden. [...] Ohne zu diesem Zeitpunkt detailliert Stellung zu nehmen, möchten wir kurz unsere Überlegungen darlegen, wieso wir der Auffassung sind, dass Eigenkapitalzinsen nicht in die Bemessungsgrundlage einfliessen dürfen. [...]" Wie die ESTV mit Recht ausführt, äussert sich der angefochtene Entscheid zur Frage der Bauzinsen nur beiläufig. Zusammenfassend gelangt die Vorinstanz zum Schluss, die Steuerpflichtige habe mit ihrem Schreiben vom 21. Dezember 2001 einen Vorbehalt angebracht und damit die (alte) Praxis der ESTV bestritten, wonach bei der Ermittlung des Eigenverbrauchs die Bauzinsen noch in die Bemessungsgrundlage einzubeziehen waren. Der ESTV ist darin zuzustimmen, dass dieser pauschale Hinweis an den Fakten vorbeizielt. Tatsächlich hat die Steuerpflichtige den Aspekt der Bauzinsen auf die Frage des Einbezugs der Eigenkapitalzinsen beschränkt. Mit Blick auf den hiervor wörtlich zitierten Wortlaut steht fest, dass der Einbezug der Fremdkapitalzinsen im Umkehrschluss nicht bestritten wird. 4.3. Der Inhalt eines Vorbehalts ist an den Regeln zu messen, wie sie für die Form gelten: Oberstes Ziel in einem System der reinen Selbstveranlagung muss die Wahrung der Rechtssicherheit sein. Ein erheblicher Vorbehalt liegt nur vor, "wenn klar wird, worauf er sich bezieht" ( BEUSCH, in: Geiger/Schluckebier, N. 7 zu Art. 43 MWSTG 2009, unter Bezugnahme auf Knopp Pisi, S. 389). Die Bestreitung bzw. der Vorbehalt erfordern einen Wortlaut "suffisamment concrétisé" ( Mollard/Oberson/Tissot Benedetto, Kap. 1 N. 450). Die Steuerpflichtige ist der gebotenen Deutlichkeit nachgekommen, indem sie ihren Einwand auf die Frage der Eigenkapitalzinsen richtete. Die davon abweichende Sichtweise der Vorinstanz überzeugt nicht. Eine vom eindeutigen Wortlaut abweichende Auslegung der Willenserklärung ist nicht am Platz. 4.4. Aus Sinn und Zweck des Vorbehalts ergibt sich weiter, dass in einem quartals- oder semesterbezogenen Abrechnungssystem, wie es altrechtlich bestand (Art. 36 Abs. 1 MWSTV 1994; Art. 45 Abs. 1 MWSTG 1999), ein Vorbehalt "periodenscharf" anzubringen ist. Idealerweise wird der Vorbehalt bis zur Klärung der aufgeworfenen Rechtsfrage fortlaufend auf jeder einzelnen Abrechnung erneuert oder immer wieder in einem Begleitschreiben zum Ausdruck gebracht. Die im Schreiben vom 21. Dezember 2001 gemachten Ausführungen bezogen sich auf die bis dahin ergangenen Ergänzungsabrechnungen. Ihnen eine darüber hinaus fortdauernde Wirkung beizumessen, steht im Widerspruch zum Selbstveranlagungsprinzip, das einen formell (schriftlich), inhaltlich (konkret) und zeitlich (periodenscharf) hinreichenden Vorbehalt voraussetzt. 5. 5.1. Zusammenfassend ergibt sich, dass ein Vorbehalt der Steuerpflichtigen insoweit besteht, als er inhaltlich die Eigenkapitalzinsen und zeitlich die Perioden bis Ende 2001 umfasst. Soweit weitergehend, fehlt eine rechtsgenügende Willenserklärung. 5.2. Bei ihrer Rechtsanwendung hat die Vorinstanz damit Bundesrecht verletzt (<ref-law>). Infolge dessen erweist sich die Beschwerde als begründet. Sie ist im Sinne der Erwägungen teilweise gutzuheissen, und das angefochtene Urteil ist aufzuheben. Gemäss <ref-law> entscheidet das Bundesgericht in der Sache selbst oder weist diese an eine untere Instanz zurück, wenn es die Beschwerde gutheisst. Das Bundesgericht entscheidet mithin nicht nur kassatorisch, sondern kann den Streitpunkt auch reformatorisch neu regeln (<ref-ruling> E. 3 S. 26; Urteil 2C_900/2011 vom 2. Juni 2012 E. 6.4). Die vorliegende Sach- und Rechtslage lässt eine solche direkte Beurteilung freilich nicht zu. Dementsprechend ist die Sache zur weiteren Untersuchung und neuen Entscheidung an die Unterinstanz zurückzuweisen (<ref-law>). 5.3. Bei diesem Ausgang des Verfahrens haben die Beschwerdeführerin, die in ihrer Eigenschaft als Abgabegläubigerin Vermögensinteressen im Sinne von <ref-law> verfolgt, und die Beschwerdegegnerin die Kosten des Verfahrens vor Bundesgericht je hälftig zu tragen (Art. 65 i. V. m. <ref-law>). Die Beschwerdeführerin hat der Beschwerdegegnerin eine dem Ausgang des Verfahrens entsprechend verminderte Parteientschädigung auszurichten (<ref-law>). Die Festsetzung der Kosten und Entschädigung für das vorinstanzliche Verfahren wird der Vorinstanz übertragen (Art. 67 i. V. m. <ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird im Sinne der Erwägungen teilweise gutgeheissen, das Urteil des Bundesverwaltungsgerichts vom 30. Mai 2012 wird aufgehoben und die Sache zur weiteren Untersuchung und neuen Entscheidung an die Eidgenössische Steuerverwaltung sowie zur Neuregelung der Kosten- und Entschädigungsfolgen für das vorinstanzliche Verfahren an das Bundesverwaltungsgericht zurückgewiesen. 2. Die Kosten des bundesgerichtlichen Verfahrens von Fr. 8'000.-- werden je hälftig der Beschwerdeführerin und der Beschwerdegegnerin auferlegt. 3. Die Beschwerdeführerin hat der Beschwerdegegnerin für das bundesgerichtliche Verfahren eine Parteientschädigung von Fr. 4'000.-- auszurichten. 4. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten und dem Bundesverwaltungsgericht, Abteilung I, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 17. Mai 2013 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Zünd Der Gerichtsschreiber: Kocher
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2,011
de
Sachverhalt: A. A.a Die 1953 geborene Y._ meldete sich im April 2008 zum Bezug von Leistungen der Invalidenversicherung an. Nach Abklärung der persönlichen, beruflichen und medizinischen Verhältnisse lehnte die IV-Stelle des Kantons Aargau mit Verfügung vom 19. August 2008 den Anspruch auf berufliche Massnahmen ab, da solche aufgrund des Gesundheitszustandes zum damaligen Zeitpunkt nicht realisiert werden konnten. Gleichzeitig wies sie darauf hin, dass bei einer Änderung der Verhältnisse ein neues Gesuch gestellt werden könne. A.b Am 9. März 2009 gab die IV-Stelle bei Dres. med. J._ und S._ ein bidisziplinäres Gutachten in Auftrag, welches am 9. September 2009 erging. Gestützt darauf stellte sie der Versicherten mit Vorbescheid vom 22. September 2009 die Abweisung des Anspruchs auf eine Invalidenrente in Aussicht. Daran hielt sie mit Verfügung vom 29. Januar 2010 fest. Zum im Vorbescheidverfahren gestellten Antrag auf berufliche Eingliederungsmassnahmen hielt sie fest, solche seien aufgrund fehlender Motivation nicht durchführbar. B. Mit Entscheid vom 8. September 2010 hiess das Versicherungsgericht des Kantons Aargau die Beschwerde teilweise gut, hob die Verfügung vom 29. Januar 2010 betreffend den Anspruch auf berufliche Massnahmen auf und wies die Sache zum Vorgehen im Sinne der Erwägungen und anschliessender Neuverfügung an die IV-Stelle zurück. Im Rentenpunkt wies es die Beschwerde ab. C. Die IV-Stelle des Kantons Aargau erhebt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten, mit welcher sie die Aufhebung des angefochtenen Entscheids beantragt, soweit dieser die Rückweisung zur Prüfung beruflicher Massnahmen betrifft. Zudem ersucht sie um Gewährung der aufschiebenden Wirkung. Y._ lässt auf Abweisung der Beschwerde und des Gesuchs um aufschiebende Wirkung schliessen. Das kantonale Gericht verzichtet unter Hinweis auf den angefochtenen Entscheid auf eine Vernehmlassung. Das Bundesamt für Sozialversicherungen hat sich nicht vernehmen lassen.
Erwägungen: 1. 1.1 Soweit der angefochtene Entscheid die Sache an die IV-Stelle zurückweist, damit sie den Anspruch auf berufliche Massnahmen prüfe und anschliessend erneut verfüge, stellt er einen Zwischenentscheid im Sinne von <ref-law> dar (<ref-ruling> E. 4.2 S. 481). Die Zulässigkeit der Beschwerde setzt somit alternativ voraus, dass der Entscheid einen nicht wieder gutzumachenden Nachteil bewirkten kann (Abs. 1 lit. a) oder dass die Gutheissung der Beschwerde sofort einen Endentscheid herbeiführen und damit einen bedeutenden Aufwand an Zeit oder Kosten für ein weitläufiges Beweisverfahren ersparen würde (Abs. 1 lit. b). Ist die Beschwerde mit Blick auf diese Voraussetzungen nicht zulässig oder wird von ihr kein Gebrauch gemacht, kann der Zwischenentscheid durch Beschwerde gegen den Endentscheid angefochten werden, soweit er sich auf dessen Inhalt auswirkt (<ref-law>). 1.2 Nach der Rechtsprechung ist die Voraussetzung von <ref-law> seitens des Versicherers erfüllt, wenn der Rückweisungsentscheid eines kantonalen Gerichts verbindliche Vorgaben zu den Grundlagen der Anspruchsbeurteilung enthält. Ebenso stellt es einen nicht wieder gutzumachenden Nachteil dar, wenn eine Behörde durch einen Rückweisungsentscheid gezwungen wird, entgegen ihrer Auffassung eine neue Verfügung zu erlassen (<ref-ruling> E. 5.2 S. 483 ff.; Urteil I 126/07 vom 6. August 2007 E. 1.2, nicht publ. in: <ref-ruling>, aber in: SVR 2008 IV Nr. 31 S. 100). Die selbständige Anfechtung von Zwischenentscheiden bildet aus prozessökonomischen Gründen eine Ausnahme vom Grundsatz, dass sich das Bundesgericht mit jeder Angelegenheit nur einmal befassen soll (<ref-ruling> E. 1.2 S. 263; <ref-ruling> E. 2.2 S. 191; <ref-ruling> E. 2.1 S. 631). 2. 2.1 Die Beschwerdeführerin hat aufzuzeigen, dass die Voraussetzungen des <ref-law> erfüllt sind, soweit diese nicht ohne Weiteres auf der Hand liegen (<ref-ruling> E. 1.2 in fine S. 429; <ref-ruling> E. 3.2 S. 292; <ref-ruling> E. 2.3.1 und 2.4.2 S. 632 f.; StE 2009 B 96.21 Nr. 14, 2C_258/2008 E. 3.4). 2. 2.1 Die Beschwerdeführerin hat aufzuzeigen, dass die Voraussetzungen des <ref-law> erfüllt sind, soweit diese nicht ohne Weiteres auf der Hand liegen (<ref-ruling> E. 1.2 in fine S. 429; <ref-ruling> E. 3.2 S. 292; <ref-ruling> E. 2.3.1 und 2.4.2 S. 632 f.; StE 2009 B 96.21 Nr. 14, 2C_258/2008 E. 3.4). 2.2 2.2.1 Die IV-Stelle macht geltend, die Voraussetzungen von <ref-law> seien erfüllt, da ihr durch die Rückweisung unnötiger Aufwand für ein überflüssiges Prüfungsverfahren entstehe. Indem das Bundesgericht erkenne, dass das kantonale Gericht den Streitgegenstand über die Rentenfrage hinaus unzulässigerweise auf berufliche Massnahmen ausgedehnt habe, könne ein Endentscheid herbeigeführt werden. 2.2.2 Streitgegenstand im System der nachträglichen Verwaltungsrechtspflege ist das Rechtsverhältnis, welches - im Rahmen des durch die Verfügung bestimmten Anfechtungsgegenstandes - den auf Grund der Beschwerdebegehren effektiv angefochtenen Verfügungsgegenstand bildet (<ref-ruling> E. 3c S. 51 f.). Bezieht sich die Beschwerde nur auf einzelne der durch die Verfügung bestimmten Rechtsverhältnisse, gehören die nicht beanstandeten - verfügungsweise festgelegten - Rechtsverhältnisse zum Anfechtungs- nicht aber zum Streitgegenstand (<ref-ruling> E. 2a S. 415). 2.2.3 In der von der Versicherten im Verwaltungsverfahren eingereichten Eingabe vom 25. November 2009 beantragte diese die Zusprechung der gesetzlich geschuldeten Leistungen, namentlich Eingliederungsmassnahmen und Invalidenrente. Zur Begründung führte sie aus, es sei Aufgabe der IV-Stelle, sie mittels einfacher Massnahmen an einen strukturierten Arbeitsablauf zu gewöhnen. In der Verfügung vom 29. Januar 2010 bezeichnete die IV-Stelle die Durchführung beruflicher Massnahmen als realitätsfremd. Sie verneinte daher einen entsprechenden Anspruch. Entgegen den Ausführungen in der vorliegenden Beschwerdeschrift ist sie somit nicht mangels Glaubhaftmachung veränderter Verhältnisse auf das Gesuch nicht eingetreten, sondern hat dieses sinngemäss als Neuanmeldung entgegengenommen und zufolge der ihrer Ansicht nach fehlenden subjektiven Eingliederungsbereitschaft abgewiesen. Im vorinstanzlichen Verfahren beantragte die Versicherte erneut die Zusprechung der gesetzlich geschuldeten Leistungen, insbesondere eine Invalidenrente. Somit konnte das kantonale Gericht Eingliederungsmassnahmen ohne weiteres als im Antrag auf die "gesetzlich geschuldeten Leistungen" mitenthalten und damit als zum Streitgegenstand gehörend betrachten. Es trifft daher nicht zu, dass sich die Vorinstanz von vornherein nicht mit dem Anspruch auf berufliche Eingliederungsmassnahmen hätte befassen dürfen. Entgegen der Auffassung der IV-Stelle kann daher ihre Beschwerde nicht mit der Begründung gutgeheissen werden, das kantonale Gericht hätte keine Erwägungen zu den beruflichen Massnahmen treffen dürfen. Aufgrund der seit der Verfügung vom 19. August 2008 (Ablehnung von beruflichen Eingliederungsmassnahmen aus gesundheitlichen Gründen) geänderten Ausgangslage kann zudem nicht unbesehen auf frühere Äusserungen der Versicherten zur Motivation einer Teilnahme an beruflichen Massnahmen abgestellt werden, weshalb auch aus diesem Grund nicht sofort ein Endentscheid herbeigeführt werden kann. 2.2.4 Ein weitläufiges Beweisverfahren hat das kantonale Gericht nicht angeordnet, sodass die zweite Voraussetzung (lit. b von <ref-law>) klarerweise nicht erfüllt ist. 2.2.5 Zu untersuchen bleibt, ob der angefochtene Entscheid einen nicht wieder gutzumachenden Nachteil im Sinne von <ref-law> bewirken kann. Ein solcher ist ebenfalls nicht zu erkennen. Die Beschwerdeführerin legt auch nicht dar, welche nicht wieder gutzumachenden Nachteile im Sinne der in E. 1.2 hievor dargelegten Rechtsprechung ihr durch die Pflicht zur Prüfung des Anspruchs auf berufliche Massnahmen, insbesondere Berufsberatung, erwachsen könnten. Der vorinstanzliche Rückweisungsentscheid ordnet nur ergänzende Abklärungen, allenfalls die Durchführung eines Mahn- und Bedenkzeitverfahrens an, ohne materielle Vorgaben zu enthalten, an welche die IV-Stelle im Rahmen der anschliessenden Beurteilung und neuen Verfügung gebunden wäre. 3. Mit diesem Entscheid in der Sache wird das Gesuch der IV-Stelle, der Beschwerde aufschiebende Wirkung zuzuerkennen, gegenstandslos. 4. Damit ergibt sich, dass auf die Beschwerde nicht eingetreten werden kann. Dem Ausgang des Verfahrens entsprechend hat die Beschwerdeführerin die Gerichtskosten zu tragen (<ref-law>) und die Beschwerdegegnerin für das bundesgerichtliche Verfahren angemessen zu entschädigen (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Die Beschwerdeführerin hat die Beschwerdegegnerin für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 500.- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons Aargau und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 12. Januar 2011 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin: Ursprung Hofer
CH_BGer_008
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2,012
de
Sachverhalt: A. Die 1927 geborene, an hochgradiger Sehschwäche leidende E._ lebt in einer Alterswohnung, welche zum Seniorenzentrum W._ gehört. Mit Verfügung vom 31. März 2011 lehnte die Ausgleichskasse des Kantons Zürich das Gesuch der Versicherten um Zusprechung einer Hilflosenentschädigung ab, woran sie auf Einsprache hin mit Entscheid vom 19. April 2011 festhielt. B. Die hiegegen eingereichte Beschwerde, mit welcher E._ die Zusprechung einer Entschädigung der AHV für leichte Hilflosigkeit beantragen liess, wies das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich mit Entscheid vom 15. November 2011 ab. C. E._ lässt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten führen mit dem Rechtsbegehren, unter Aufhebung des vorinstanzlichen Entscheides und des Einspracheentscheides sei die Sache zu ergänzenden Abklärungen und neuer Verfügung an die Ausgleichskasse zurückzuweisen. Während die Ausgleichskasse auf Abweisung der Beschwerde schliesst, verzichtet das Bundesamt für Sozialversicherungen (BSV) auf eine Vernehmlassung.
Erwägungen: 1. Gemäss <ref-law> in der seit 1. Januar 2011 in Kraft stehenden Fassung haben Bezüger von Altersrenten oder Ergänzungsleistungen mit Wohnsitz und gewöhnlichem Aufenthalt in der Schweiz, die in schwerem, mittlerem oder leichtem Grad hilflos sind, Anspruch auf eine Hilflosenentschädigung. Nach <ref-law>, in Kraft seit 1. Januar 2011, entfällt der Anspruch auf die Entschädigung für eine Hilflosigkeit leichten Grades bei einem Aufenthalt im Heim. Als Heim im Sinne von <ref-law> gilt jede Einrichtung, die von einem Kanton als Heim anerkannt wird oder über eine kantonale Betriebsbewilligung als Heim verfügt (<ref-law>). Gleich umschrieben wird der Begriff Heim in Rz. 8118.3 des Kreisschreibens des BSV über Invalidität und Hilflosigkeit in der Invalidenversicherung in der seit 1. Januar 2012 geltenden Fassung. 2. Nach den Feststellungen der Vorinstanz ist die hochgradige Sehschwäche der Beschwerdeführerin ausgewiesen, welche eine Hilflosigkeit leichten Grades begründet. Streitig ist hingegen, ob die Alterswohnung der Versicherten, die zum Seniorenzentrum W._ gehört, als Heim zu qualifizieren ist. Während die Vorinstanz zur Auffassung gelangt ist, der Aufenthalt in der Alterswohnung habe als Aufenthalt in einem Heim nach <ref-law> zu gelten, vertritt die Beschwerdeführerin im Wesentlichen unter Hinweis auf <ref-law> und die von ihr durchgeführten Abklärungen die gegenteilige Ansicht. 3. Ob ein Heimaufenthalt im Sinne von <ref-law> vorliegt, beurteilt sich gemäss dem klaren Wortlaut von <ref-law>, von welchem bei der Gesetzesauslegung in erster Linie auszugehen ist (<ref-ruling> E. 5.1 S. 217, 135 V 153 E. 4.1 S. 157), nach formellen Kriterien. Massgebend ist einzig, ob die Einrichtung, in welcher sich die versicherte Person aufhält, von einem Kanton als Heim anerkannt wird oder über eine kantonale Betriebsbewilligung als Heim verfügt. Angesichts dieser klaren und unmissverständlichen Definition auf Verordnungsstufe, die auch in Einklang mit den Ausführungen in der Botschaft des Bundesrates zum Bundesgesetz über die Neuordnung der Pflegefinanzierung vom 16. Februar 2005 (BBl 2005 2079) steht, wonach die Entschädigung für leichte Hilflosigkeit nur Personen gewährt werden soll, die zu Hause wohnen, nicht aber bei Heimaufenthalt, erübrigt sich entgegen der Vorinstanz die Prüfung materieller Gesichtspunkte. Massgebend für die Beantwortung der Frage, ob ein Heim im Sinne des AHVG vorliegt, ist daher nicht, dass die Wohnung nebst altersgerechtem Ausbaustandard von der gemeinschaftlichen heimspezifischen Infrastruktur profitiert und sämtliche alters- und pflegespezifischen Angebote und Dienstleistungen eines einzelnen Anbieters, des Seniorenzentrums, in Anspruch genommen werden können. Die von der Vorinstanz getroffenen sowie allenfalls weitere Abgrenzungen anhand zusätzlicher Kriterien, die hier nicht zu diskutieren sind, hat der Kanton, der eine Institution als Heim anerkennt oder dieser die Betriebsbewilligung erteilt, vorzunehmen. Mit Blick auf den klaren Wortlaut von <ref-law>, dessen Gesetzmässigkeit ausser Frage steht, obliegt diese Aufgabe nicht Ausgleichskassen und Gerichten. Diese haben sich vielmehr an den Vorgaben der Kantone und deren Einstufung der entsprechenden Institutionen zu orientieren. 4. Mit Bezug auf die Frage, ob es sich beim Aufenthalt in der Alterswohnung der Beschwerdeführerin um einen Heimaufenthalt handelt, hat das Sozialversicherungsgericht den rechtserheblichen Sachverhalt unvollständig festgestellt, weshalb das Bundesgericht nicht daran gebunden ist (<ref-law>). Die vom Rechtsvertreter telefonisch eingeholten Auskünfte wie auch die mit der Beschwerde eingereichte Liste von Heimen mit Pflegeplätzen und Altersheimen im Bezirk Y._ deuten darauf hin, dass der Aufenthalt in der Alterswohnung der Beschwerdeführerin nicht als Heimaufenthalt im Sinne von <ref-law> zu qualifizieren ist. Wie es sich damit verhält, wird die Ausgleichskasse, an welche die Sache zurückzuweisen ist, näher abzuklären haben. Gestützt auf die Ergebnisse der Abklärungen bei den zuständigen Stellen des Kantons Zürich wird sie über den Anspruch auf Hilflosenentschädigung neu verfügen. 5. Dem Verfahrensausgang entsprechend sind die Gerichtskosten der unterliegenden Ausgleichskasse aufzuerlegen (<ref-law>). Diese hat der Beschwerdeführerin überdies eine Parteientschädigung zu bezahlen (Art. 68 Abs. 1 und 2 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird gutgeheissen. Der Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 15. November 2011 und der Einspracheentscheid der Ausgleichskasse des Kantons Zürich vom 19. April 2011 werden aufgehoben. Die Sache wird an die Ausgleichskasse des Kantons Zürich zurückgewiesen, damit sie, nach erfolgter Abklärung im Sinne der Erwägungen, über den Anspruch auf eine Hilflosenentschädigung neu verfüge. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Beschwerdegegnerin auferlegt. 3. Die Beschwerdegegnerin hat die Beschwerdeführerin für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 2'000.- zu entschädigen. 4. Die Sache wird zur Neuverlegung der Parteientschädigung des vorangegangen Verfahrens an das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich zurückgewiesen. 5. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 3. Juli 2012 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Meyer Der Gerichtsschreiber: Widmer
CH_BGer_009
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2,010
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Sachverhalt: A. Mit Urteil vom 13. März 2008 verurteilte das Bezirksgericht Zürich, 4. Abteilung, X._ wegen mehrfachen sexuellen Handlungen mit einem Kind, Vergehens gegen das Waffengesetz und mehrfacher Übertretung gegen das Betäubungsmittelgesetz zu einer teilbedingten Freiheitsstrafe von 2 Jahren und drei Monaten sowie einer Busse von Fr. 400.--. Der Vollzug der Freiheitsstrafe wurde im Umfang von 18 Monaten zur Bewährung aufgeschoben, bei einer Probezeit von zwei Jahren; für den restlichen Teil der Freiheitsstrafe (von neun Monaten) wurde der Vollzug angeordnet. Der Verurteilte wurde ausserdem verpflichtet, dem mutmasslichen Opfer der Sexualdelikte eine Prozessentschädigung sowie eine Genugtuung von Fr. 15'000.-- zu bezahlen; gleichzeitig stellte das Bezirksgericht die grundsätzliche Schadenersatzpflichtigkeit des Verurteilten gegenüber dem Opfer fest, verwies dieses zur genauen Feststellung des Umfanges des Schadenersatzanspruches aber auf den Weg des Zivilprozesses. B. Mit Eingabe vom 20. März 2008 erklärte der Verurteilte die Berufung und beantragte den Freispruch von der Anklage der mehrfachen sexuellen Handlungen mit einem Kind und des Vergehens gegen das Waffengesetz. Mit Beschluss vom 4. Juni 2009 stellte das Obergericht des Kantons Zürich, I. Strafkammer, fest, dass das Urteil des Bezirksgerichtes vom 13. März 2008 in Rechtskraft erwachsen sei, soweit das Bezirksgericht auf die Anklage von sexuellen Handlungen mit einem Kind (im Zeitraum vor dem 1. September 1997) und von mehrfachen Widerhandlungen gegen das Betäubungsmittelgesetz (im Zeitraum vor dem 13. März 2005) wegen Verjährung nicht eingetreten war. Gleichzeitig beschloss das Obergericht die Aufhebung des bezirksgerichtlichen Urteils vom 13. März 2008 (soweit es nicht in Rechtskraft erwachsen ist) und die Rückweisung der Strafsache an das Bezirksgericht zur Neubeurteilung im Sinne der obergerichtlichen Erwägungen. C. Gegen den Rückweisungsbeschluss des Obergerichtes vom 4. Juni 2009 gelangte X._ mit Beschwerde vom 10. Juli 2009 an das Bundesgericht. Er beantragt im Hauptstandpunkt die Aufhebung des angefochtenen Entscheides. Die Staatsanwaltschaft und das Obergericht haben am 4. bzw. 17. August 2009 auf Vernehmlassungen je ausdrücklich verzichtet.
Erwägungen: 1. Beim angefochtenen Rückweisungsentscheid handelt es sich um einen Zwischenentscheid. 1.1 Vorbehältlich der (hier nicht gegebenen) Fälle von <ref-law> ist die Beschwerde gegen selbstständig eröffnete Vor- und Zwischenentscheide nur zulässig, wenn diese einen nicht wieder gutzumachenden Nachteil bewirken können (<ref-law>) oder wenn die Gutheissung der Beschwerde sofort einen Endentscheid herbeiführen und damit einen bedeutenden Aufwand an Zeit oder Kosten für ein weitläufiges Beweisverfahren ersparen würde (<ref-law>). 1.2 Der Beschwerdeführer macht geltend, im vorliegenden Fall seien die Eintretensvoraussetzungen von <ref-law> erfüllt. 1.3 Soweit <ref-law> auf Straffälle wie den vorliegenden überhaupt anwendbar erscheint, ist die Bestimmung (nach ihrem Sinn und Zweck) restriktiv auszulegen (vgl. <ref-ruling> E. 3.2-3.3 S. 292 f. mit Hinweisen; Urteil 1B_242/2008 vom 11. November 2008 E. 3.2). Dies gilt umso mehr, als die Parteien in der Sache keiner Rechte verlustig gehen, wenn sie einer Zwischenverfügung nicht opponieren, können sie diese doch noch zusammen mit dem Endentscheid anfechten, soweit sie sich auf dessen Inhalt auswirkt (<ref-law>). Das Bundesgericht prüft nach freiem Ermessen, ob bei einer Gutheissung der Beschwerde ein bedeutender Aufwand an Zeit und Kosten für ein weitläufiges Beweisverfahren erspart werden kann (<ref-ruling> E. 3.2 S. 292 mit Hinweisen). Die Vorinstanz legt ausführlich dar, dass sich diverse Beweisergänzungen "geradezu aufdrängten". Bei den protokollierten Beweisaussagen verschiedener Gewährspersonen, insbesondere des mutmasslichen Opfers, lägen prozessuale Fehler vor (mangelnde Hinweise auf Aussage- bzw. Zeugnisverweigerungsrechte), welche der Verwertbarkeit der Beweismittel entgegenstünden (vgl. angefochtener Entscheid, S. 11-14, E. 3.3-3.5). Ausserdem habe der Beschwerdeführer im Berufungsverfahren selbst diverse Beweisergänzungen gestellt, denen teilweise Folge leisten zu sei (vgl. angefochtener Entscheid, S. 14-17, E. 4.1). Wie sich aus den Akten ergibt, lässt sich die Stichhaltigkeit der Anklage (soweit das erstinstanzliche Urteil noch nicht in Rechtskraft erwachsen ist) ohne die von der Vorinstanz angeordneten Beweisergänzungen nicht prüfen. Dies gilt insbesondere für den laut Obergericht abzuklärenden Vorwurf, der Beschwerdeführer habe seine Stieftochter zwischen ihrem dreizehnten (nämlich ab 1. September 1997) und fünfzehnten Altersjahr (bis 2. Mai 2000) mehrfach sexuell missbraucht. Das kantonale Strafprozessrecht ermöglicht in Fällen wie dem vorliegenden eine Rückweisung des Verfahrens an das erstinstanzliche Gericht zur Beweisergänzung und Neubeurteilung (vgl. § 183 Abs. 2 i.V.m. §§ 398, 420 und 424 Abs. 1 StPO/ZH; s. auch Niklaus Schmid, in: Donatsch/Schmid, Kommentar zur Strafprozessordnung des Kantons Zürich, Zürich 1997 ff., § 183 N. 4). Die Eintretensvoraussetzungen von <ref-law> sind nicht gegeben. 1.4 Zu prüfen bleibt noch, ob die Beschwerde gestützt auf <ref-law> zulässig erscheint. Als oberste rechtsprechende Behörde des Bundes soll sich das Bundesgericht in der Regel nur einmal mit der gleichen Streitsache befassen müssen. Nach ständiger Praxis ist ein Vor- oder Zwischenentscheid daher nur ausnahmsweise anfechtbar, sofern ein konkreter rechtlicher Nachteil droht, der auch durch einen (für die rechtsuchende Partei günstigen) Endentscheid nachträglich nicht mehr behoben werden könnte (<ref-ruling> E. 3.1 S. 86 f.; <ref-ruling> E. 2.1 S. 45; <ref-ruling> E. 4 S. 141, 288 E. 3.1 S. 291, 355 E. 4 S. 338; je mit Hinweisen). Ein nicht verfahrensabschliessender Rückweisungsentscheid begründet grundsätzlich selbst dann keinen nicht wieder gutzumachenden Rechtsnachteil, wenn er zu einem zusätzlichen Verfahrensaufwand führt (<ref-ruling> E. 1.3 S. 125). Dies gilt insbesondere für die Rückweisung eines Strafverfahrens zur weiteren Untersuchung, welche eine Verfahrensverzögerung oder zusätzliche Kosten nach sich zieht (BGE <ref-ruling> E. 4 S. 141 mit Hinweisen; Urteil 1B_242/2008 vom 11. November 2008 E. 3.4). Diese Praxis ist auch im vorliegenden Fall zu bestätigen. 2. Auf die Beschwerde ist nicht einzutreten. Der Beschwerdeführer stellt ein Gesuch um unentgeltliche Prozessführung und Rechtsverbeiständung. Trotz gewissen Bedenken erscheint die Beschwerde noch als nicht zum Vornherein offensichtlich unzulässig. Da auch die übrigen gesetzlichen Voraussetzungen erfüllt sind, kann dem Ersuchen entsprochen werden (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Dem Beschwerdeführer wird die unentgeltliche Rechtspflege gewährt: 2.1 Es werden keine Kosten erhoben. 2.2 Rechtsanwalt Martin Jäggi wird als amtlicher Vertreter des Beschwerdeführers bestellt, und es wird ihm für das bundesgerichtliche Verfahren aus der Bundesgerichtskasse ein Honorar von Fr. 1'500.-- ausgerichtet. 3. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, der Staatsanwaltschaft Zürich-Sihl und dem Obergericht des Kantons Zürich, I. Strafkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 7. Januar 2010 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Féraud Forster
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2,005
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Faits: Faits: A. A.a En 1998, Swissair, Société Anonyme Suisse pour la Navigation Aérienne (ci-après: Swissair), a changé de raison sociale pour devenir SAirGroup. Dès le début des années 1990, Swissair, puis SAirGroup ont progressivement recentré leurs activités sur la plate-forme de Zurich et diminué le nombre de leurs vols intercontinentaux. Elles ont, par ailleurs, cédé divers services à des filiales. C'est ainsi que les activités de "catering" ont été reprises par le groupe Gate Gourmet SA, créé en 1992 et comprenant plusieurs sociétés dont Gate Gourmet Genève SA et Gate Gourmet Zurich SA. Ces deux sociétés ont fusionné en 2000 pour devenir Gate Gourmet Switzerland SA, puis, en 2002, Gate Gourmet Switzerland Sàrl. La fusion est intervenue au moment où SAirGroup a vendu le groupe Gate Gourmet à Texas Pacific, une société tierce. A.b Pour pallier les conséquences des licenciements devenus indispensables, Swissair, puis SAirGroup ont élaboré, dès 1993, avec les syndicats des travailleurs concernés, plusieurs plans sociaux successifs, valables pour l'ensemble du groupe. L'un de ceux-ci, adopté en 1995, prévoit, entre autres mesures, des retraites anticipées et un statut de préretraité. D'une manière générale, le personnel au sol du groupe Swissair, devenu SAirGroup, est assujetti à un contrat-cadre élaboré par la maison-mère. Les employés de Gate Gourmet Genève SA, puis de Gate Gourmet Switzerland Sàrl, sont, quant à eux, soumis à des conditions générales d'engagement pour le personnel de Gate Gourmet SA, entrées en vigueur le 1er janvier 1993, et leur annexe, à une convention collective de travail conclue entre Gate Gourmet Switzerland SA et un syndicat, entrée en vigueur le 1er janvier 1996, et son annexe, ainsi qu'à un règlement d'entreprise de Gate Gourmet Switzerland SA-Catering de Genève. A.c K._ a travaillé à plein temps pour le compte de Swissair, depuis le 1er décembre 1963, en qualité de préparatrice de buffet. Son dernier salaire mensuel brut était de 3'965 fr. 75. Dès la reprise des activités de "catering" par la filiale Gate Gourmet Genève SA, le 1er janvier 1993, K._ a travaillé pour cette société. Un nouveau contrat de travail a alors été établi. Les salaires de tous les employés du groupe Swissair ont continué à être payés par la société-mère, qui tenait une comptabilité générale dans laquelle chaque filiale était identifiée par un chiffre. Par lettre du 23 juillet 1998, Gate Gourmet Genève SA a confirmé à K._ que, conformément à de récents entretiens, elle serait mise à la retraite anticipée le 1er novembre 1998. Ce courrier fixait en détail les prestations qui seraient versées à l'intéressée depuis cette dernière date. K._ a pris sa retraite à la date prévue. Les prestations promises lui ont été régulièrement versées du 1er novembre 1998 jusqu'en septembre 2001. La préretraitée a également touché les mensualités d'octobre et de novembre 2001, moyennant cession de ses droits en faveur d'établissements bancaires. Les décomptes relatifs à ces paiements ont été établis à l'en-tête tantôt de SAirGroup, tantôt de Gate Gourmet. Ont aussi été régulièrement versées à la Caisse générale de prévoyance de SAirGroup (ci-après: CGP) les cotisations employeur/employé pour toute la durée courant jusqu'à l'âge de la retraite normale de K._, ceci au moyen d'un fonds patronal indépendant mis sur pied par Swissair. En novembre 2000, SAirGroup a informé K._ qu'en raison de l'augmentation de l'âge de la retraite des femmes à 63 ans, puis à 64 ans, le versement de la rente transitoire serait prolongé en conséquence. Elle précisait que cette rente transitoire "correspond à la rente AVS maximale simple", versée chaque mois, dont le "montant demeure inchangé pendant toute la période de transition", ajoutant que cette rente transitoire "prend en compte toute autre rente versée par l'assurance-invalidité et/ou d'autres assurances". A.d Le 1er novembre 2001, SAirGroup a adressé à tous les préretraités du groupe, K._ incluse, une lettre circulaire les informant qu'en raison du sursis concordataire dont elle bénéficiait, elle n'était définitivement plus en mesure d'effectuer le paiement des prestations prévues dans le plan social, soit le versement des salaires de retraite anticipée. Aussi renvoyait-elle les bénéficiaires de ces prestations à faire valoir leurs droits dans le cadre de la procédure de concordat ou de faillite. Dans une nouvelle lettre circulaire, elle leur a rappelé la nécessité de produire leurs créances en temps opportun en mains du commissaire au sursis. Celui-ci a bloqué les fonds destinés par SAirGroup au financement des plans sociaux. Le concordat par abandon d'actifs de SAirGroup a finalement été homologué le 20 juin 2003. A.e En novembre 2001, la CGP a informé K._ qu'elle allait lui verser sa retraite de manière anticipée, en l'invitant à choisir entre le versement d'une rente et celui d'un capital. Elle estimait, en effet, que ses statuts "et certains arrêts du Tribunal fédéral" l'obligeaient, en raison de la procédure de sursis concordataire touchant SAirGroup, à servir leur retraite de manière anticipée aux collaborateurs qui ne percevaient plus les prestations de préretraite. Cette retraite a été calculée sur la base d'une durée complète de cotisations, mais sans tenir compte des intérêts devant courir entre la fin 2001 et la date de la retraite réglementaire normale. Les montants versés faisaient ainsi l'objet d'un abattement par rapport aux montants de la retraite normale. K._ a opté pour une rente mensuelle de 1'200 fr. et un versement en capital pour le surplus. Son capital-retraite complet représentait 458'613 fr. au 31 octobre 2001. Il aurait atteint la somme de 542'066 fr. si elle l'avait perçu à l'âge de 64 ans. A fin octobre 2002, le Secrétariat d'Etat à l'économie (Seco) a versé à K._ une prestation d'incitation de 30'239 fr. 05 dans le cadre des mesures d'aide fédérales destinées aux préretraités de SAirGroup. K._ a cédé sa créance à la Confédération à due concurrence. A.f K._ a réclamé à Gate Gourmet l'ensemble des montants demeurés impayés. Elle a également produit sa créance en mains du commissaire au sursis de SAirGroup. Il résulte de différents messages électroniques échangés entre la direction de Gate Gourmet et le commissaire au sursis que ce dernier considérait ladite société comme étant la seule débitrice des montants dus au titre de la préretraite. A.f K._ a réclamé à Gate Gourmet l'ensemble des montants demeurés impayés. Elle a également produit sa créance en mains du commissaire au sursis de SAirGroup. Il résulte de différents messages électroniques échangés entre la direction de Gate Gourmet et le commissaire au sursis que ce dernier considérait ladite société comme étant la seule débitrice des montants dus au titre de la préretraite. B. Par demande du 12 décembre 2001, K._ a assigné Gate Gourmet Switzerland SA devant la juridiction prud'homale genevoise en vue d'obtenir le paiement de 142'984 fr. 15, intérêts en sus. En cours de procédure, elle a amplifié sa demande de 20'000 fr., somme représentant la contre-valeur de facilités de transport. La demanderesse fondait ses prétentions sur l'inexécution des engagements résultant du courrier du 23 juillet 1998. La défenderesse a conclu au rejet intégral de la demande. Elle contestait sa légitimation passive en faisant valoir que SAirGroup était la seule débitrice des prestations prévues dans le plan social. Au demeurant, selon elle, plus aucun versement n'était dû à la demanderesse, étant donné que celle-ci avait perçu les prestations de la CGP de manière anticipée. Par jugement du 9 septembre 2002, le Tribunal des prud'hommes du canton de Genève a condamné la défenderesse, sous sa nouvelle raison sociale Gate Gourmet Switzerland Sàrl, à verser à la demanderesse la somme brute de 28'593 fr. 35 plus intérêts. Statuant par arrêt du 21 septembre 2004, sur appel des deux parties, la Cour d'appel de la juridiction des prud'hommes a condamné la défenderesse à verser à la demanderesse la somme nette de 85'482 fr. 55, à titre de mensualités échues au 31 août 2004, avec intérêts à 5% dès la date moyenne du 15 avril 2003, sous imputation des 30'239 fr. 05 perçus du Seco. Elle a, en outre, constaté que la défenderesse était débitrice de la demanderesse des prestations non encore échues au 31 août 2004, telles qu'elles ressortaient du courrier du 23 juillet 1998, à savoir de la somme de 1'658 fr. 35 net du 1er septembre 2004 au 31 mai 2007, ceci 12 fois l'an. La défenderesse a encore été condamnée à mettre la demanderesse au bénéfice des mêmes facilités de transport que celles auxquelles peuvent prétendre ses retraités. Statuant par arrêt du 21 septembre 2004, sur appel des deux parties, la Cour d'appel de la juridiction des prud'hommes a condamné la défenderesse à verser à la demanderesse la somme nette de 85'482 fr. 55, à titre de mensualités échues au 31 août 2004, avec intérêts à 5% dès la date moyenne du 15 avril 2003, sous imputation des 30'239 fr. 05 perçus du Seco. Elle a, en outre, constaté que la défenderesse était débitrice de la demanderesse des prestations non encore échues au 31 août 2004, telles qu'elles ressortaient du courrier du 23 juillet 1998, à savoir de la somme de 1'658 fr. 35 net du 1er septembre 2004 au 31 mai 2007, ceci 12 fois l'an. La défenderesse a encore été condamnée à mettre la demanderesse au bénéfice des mêmes facilités de transport que celles auxquelles peuvent prétendre ses retraités. C. Parallèlement à un recours de droit public qui a été rejeté, dans la mesure où il était recevable, par arrêt séparé de ce jour, la défenderesse a déposé un recours en réforme pour violation des <ref-law>, 18 CO, 176 CO et 333 CO. Elle y invite le Tribunal fédéral à constater qu'elle ne possède pas la légitimation passive dans le présent procès et, partant, à débouter la demanderesse de toutes ses conclusions. A titre subsidiaire, la défenderesse requiert le renvoi de la cause à la cour cantonale pour qu'elle administre des preuves sur la question du montant que la demanderesse touchera dans le cadre du concordat de SAirGroup. La demanderesse conclut au rejet du recours.
Le Tribunal fédéral considère en droit: Le Tribunal fédéral considère en droit: 1. Interjeté par la partie défenderesse qui a succombé pour l'essentiel dans ses conclusions libératoires et dirigé contre une décision finale rendue en dernière instance cantonale par un tribunal supérieur (art. 48 al. 1 OJ) sur une contestation civile dont la valeur litigieuse dépasse le seuil de 8'000 fr. (art. 46 OJ), le recours en réforme soumis à l'examen du Tribunal fédéral est recevable, puisqu'il a été déposé en temps utile (art. 54 al. 1 OJ) et dans les formes requises (art. 55 OJ). 1. Interjeté par la partie défenderesse qui a succombé pour l'essentiel dans ses conclusions libératoires et dirigé contre une décision finale rendue en dernière instance cantonale par un tribunal supérieur (art. 48 al. 1 OJ) sur une contestation civile dont la valeur litigieuse dépasse le seuil de 8'000 fr. (art. 46 OJ), le recours en réforme soumis à l'examen du Tribunal fédéral est recevable, puisqu'il a été déposé en temps utile (art. 54 al. 1 OJ) et dans les formes requises (art. 55 OJ). 2. Dans un premier moyen, la défenderesse reproche aux juges précédents d'avoir violé l'<ref-law> en n'administrant aucune preuve sur la question de savoir quel montant la demanderesse percevra dans la procédure concordataire concernant SAirGroup. A son avis, les constatations de l'autorité cantonale devraient être complétées sur ce point (art. 64 al. 1 OJ). Toujours en ce qui concerne les constatations, faites par cette autorité, la défenderesse soutient, en outre, que l'une d'elles résulterait d'une inadvertance manifeste (art. 63 al. 2 OJ). 2. Dans un premier moyen, la défenderesse reproche aux juges précédents d'avoir violé l'<ref-law> en n'administrant aucune preuve sur la question de savoir quel montant la demanderesse percevra dans la procédure concordataire concernant SAirGroup. A son avis, les constatations de l'autorité cantonale devraient être complétées sur ce point (art. 64 al. 1 OJ). Toujours en ce qui concerne les constatations, faites par cette autorité, la défenderesse soutient, en outre, que l'une d'elles résulterait d'une inadvertance manifeste (art. 63 al. 2 OJ). 2.1 2.1.1 L'<ref-law> répartit le fardeau de la preuve pour toutes les prétentions fondées sur le droit fédéral et détermine, sur cette base, laquelle des parties doit assumer les conséquences de l'échec de la preuve (<ref-ruling> consid. 2a p. 522; <ref-ruling> consid. 2b, 315 consid. 4a). On en déduit également un droit à la preuve et à la contre-preuve (<ref-ruling> consid. 4a), à la condition qu'il s'agisse d'établir un fait pertinent (<ref-ruling> consid. 4a; <ref-ruling> consid. 2b p. 40), qui n'est pas déjà prouvé (<ref-ruling> consid. 2a p. 522; <ref-ruling> consid. 4a), par une mesure probatoire adéquate (cf. <ref-ruling> consid. 4b) qui a été régulièrement offerte selon les règles de la loi de procédure applicable (<ref-ruling> consid. 4a; <ref-ruling> consid. 3c p. 223). En revanche, l'<ref-law> ne dicte pas au juge la manière dont il doit forger sa conviction. Ainsi, lorsque l'appréciation des preuves convainc le juge qu'un fait est établi à satisfaction de droit ou réfuté, la question de la répartition du fardeau de la preuve ne se pose plus et le grief tiré de la violation de l'<ref-law> devient sans objet. Il s'agit alors d'une question de pure appréciation des preuves; celle-ci ne peut être soumise au Tribunal fédéral que par la voie d'un recours de droit public pour arbitraire (<ref-ruling> consid. 2a; <ref-ruling> consid. 3c). 2.1.2 En l'occurrence, la défenderesse entendait prouver une allégation relative non pas à un fait qui s'était déjà produit, mais à une circonstance à venir. Or, il va sans dire qu'un fait futur ne peut logiquement pas faire l'objet d'une preuve. Le grief formulé sur ce point par la défenderesse tombe, dès lors, à faux. Pour le même motif, celle-ci reproche en vain à la Cour d'appel d'avoir procédé à des constatations de fait incomplètes, au sens de l'art. 64 OJ, en ne se prononçant pas sur la question de savoir quel sera le montant que la demanderesse touchera dans le cadre du concordat de SAirGroup. Le grief en question repose d'ailleurs sur le présupposé selon lequel une obligation solidaire s'éteint dans la mesure où l'un des débiteurs désintéresse le créancier (cf. <ref-law>). Cependant, en vertu de l'<ref-law>, les débiteurs demeurent tous obligés jusqu'à l'extinction totale de la dette. Si l'un d'entre eux est recherché par le créancier, les autres ne seront donc libérés que lorsque la créance aura été éteinte en totalité (<ref-ruling> consid. 2b p. 344; Isabelle Romy, Commentaire romand, n. 7 ad <ref-law>; Anton K. Schnyder, Commentaire bâlois, 3e éd., n. 5 ad <ref-law>). Leur libération n'interviendra pas déjà du seul fait qu'un autre débiteur aura été condamné à payer la dette solidaire (ATF 79 II 382 consid. 2) ou qu'il aura été actionné à cette fin (Andreas von Tuhr/Arnold Escher, Allgemeiner Teil des Schweizerischen Obligationenrecht, vol. II, p. 305). L'ouverture d'une faillite ou d'une procédure concordataire à l'encontre de l'un des débiteurs solidaires n'exerce aucune influence sur la faculté que l'<ref-law> accorde au créancier d'exiger, à son choix, de tous les débiteurs solidaires ou de l'un d'eux l'exécution intégrale ou partielle de l'obligation (<ref-ruling> consid. 3b p. 131). Cette faculté n'est pas limitée par le principe voulant qu'un droit doive être exercé avec ménagement. C'est le débiteur solidaire qui supporte les inconvénients liés à la solidarité. Il doit s'accommoder du fait que le créancier choisisse de l'actionner, en lieu et place des autres débiteurs, et que lui-même ne puisse pas récupérer auprès de ceux-ci, le cas échéant, ce qu'il a payé au-delà de sa part. Au regard de ces principes, rien n'interdisait à la demanderesse de s'en prendre exclusivement à la défenderesse pour l'exécution intégrale de l'obligation litigieuse. Qu'elle eût l'espoir d'être désintéressée un jour par la débitrice en liquidation concordataire ne l'empêchait nullement d'ouvrir action contre une autre partie qu'elle considérait comme débitrice solidaire de la même obligation, ni de réclamer à cette partie la totalité du montant impayé. La somme que la demanderesse touchera dans la procédure concordataire pendante relative à SAirGroup ne constitue donc pas un fait pertinent pour la solution du présent litige. Aussi la cour cantonale n'a-t-elle pas violé le droit à la preuve de la défenderesse en n'administrant pas de preuve au sujet d'un tel fait, lequel ne pouvait de toute façon pas être établi en l'état, comme on l'a déjà souligné. 2.2 La Cour d'appel se voit encore reprocher de n'avoir pas remarqué, par suite d'une inadvertance manifeste, que toutes les fiches de salaire portaient l'en-tête de SAirGroup. Comme on le démontrera plus loin (cf. consid. 4 ci-après), savoir qui a établi les fiches de salaire n'est toutefois pas un fait pertinent pour la solution du différend. Ce qu'il importe de déterminer, c'est qui a promis la prestation litigieuse. 2.2 La Cour d'appel se voit encore reprocher de n'avoir pas remarqué, par suite d'une inadvertance manifeste, que toutes les fiches de salaire portaient l'en-tête de SAirGroup. Comme on le démontrera plus loin (cf. consid. 4 ci-après), savoir qui a établi les fiches de salaire n'est toutefois pas un fait pertinent pour la solution du différend. Ce qu'il importe de déterminer, c'est qui a promis la prestation litigieuse. 3. Dans la présente espèce, la question de l'applicabilité de l'<ref-law> ne se pose pas, dès lors que, postérieurement à la reprise de l'entreprise par la défenderesse, de nouveaux contrats de travail ont sans conteste été passés, qui désignaient expressément celle-ci comme employeuse. Que la défenderesse ait repris les contrats de travail n'est ainsi pas douteux. Eu égard au texte clair du contrat de travail liant les parties, il n'est pas non plus contestable que c'est bien la défenderesse, et non la société-mère, qui a revêtu la qualité d'employeuse, en dépit du fait que cette dernière versait les salaires et établissait les décomptes y relatifs. Par conséquent, les arguments de la défenderesse qui se rapportent à l'<ref-law> tombent à faux. 3. Dans la présente espèce, la question de l'applicabilité de l'<ref-law> ne se pose pas, dès lors que, postérieurement à la reprise de l'entreprise par la défenderesse, de nouveaux contrats de travail ont sans conteste été passés, qui désignaient expressément celle-ci comme employeuse. Que la défenderesse ait repris les contrats de travail n'est ainsi pas douteux. Eu égard au texte clair du contrat de travail liant les parties, il n'est pas non plus contestable que c'est bien la défenderesse, et non la société-mère, qui a revêtu la qualité d'employeuse, en dépit du fait que cette dernière versait les salaires et établissait les décomptes y relatifs. Par conséquent, les arguments de la défenderesse qui se rapportent à l'<ref-law> tombent à faux. 4. 4.1 La mise à la retraite anticipée de la demanderesse s'est faite sur la base d'une lettre de la défenderesse, dans laquelle celle-ci indiquait le moment où l'activité prendrait fin et précisait les prestations auxquelles la demanderesse aurait droit depuis lors. Du point de vue juridique, cette lettre consistait en une offre de modification des rapports contractuels en vigueur, à savoir le contrat de travail. La demanderesse a accepté cette offre. Il en est résulté un nouveau contrat qui doit être interprété. En présence d'un litige sur l'interprétation d'un contrat, le juge doit tout d'abord s'efforcer de déterminer la commune et réelle intention des parties, sans s'arrêter aux expressions ou dénominations inexactes dont elles ont pu se servir, soit par erreur, soit pour déguiser la nature véritable de la convention (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 2.2 p. 422; <ref-ruling> consid. 1b). Déterminer ce qu'un cocontractant savait et voulait au moment de conclure relève des constatations de fait qui lient le Tribunal fédéral (<ref-ruling> consid. 2.2 p. 422; <ref-ruling> consid. 3a). Si la cour cantonale parvient à se convaincre d'une commune et réelle intention des parties, il s'agit d'une constatation de fait qui, sous réserve des exceptions prévues aux art. 63 al. 2 et 64 OJ, ne peut être remise en cause dans un recours en réforme (<ref-ruling> consid. 2.2 p. 422; <ref-ruling> consid. 3c, 375 consid. 2e/aa). La recherche de la volonté réelle des parties est qualifiée d'interprétation subjective (<ref-ruling> consid. 2b p. 308). Si la volonté réelle des parties ne peut pas être établie ou si les volontés intimes divergent, le juge doit interpréter les déclarations et les comportements selon la théorie de la confiance, en recherchant comment une déclaration ou une attitude pouvait être comprise de bonne foi en fonction de l'ensemble des circonstances (interprétation dite objective; <ref-ruling> consid. 2.2 p. 422; <ref-ruling> consid. 1b; <ref-ruling> consid. 5b p. 68, 375 consid. 2e/aa p. 380; <ref-ruling> consid. 2b p. 308). L'application du principe de la confiance est une question de droit que le Tribunal fédéral, saisi d'un recours en réforme, peut examiner librement (<ref-ruling> consid. 2.2 p. 422; <ref-ruling> consid.3a; <ref-ruling> consid. 3c, 59 consid. 5a, 375 consid. 2e/aa). Relève aussi du droit le principe selon lequel l'interprétation subjective a la priorité sur l'interprétation objective; dès lors, la violation de ce principe peut être sanctionnée par la juridiction fédérale de réforme (<ref-ruling> consid. 2b p. 308; <ref-ruling> consid. 4b/aa). 4.2 Pour interpréter une clause contractuelle selon le principe de la confiance, il convient de partir en premier lieu du texte de ladite clause. En règle générale, les expressions et termes choisis par les cocontractants devront être compris dans leur sens objectif. Un texte clair prévaudra en principe, dans le processus d'interprétation, contre les autres moyens d'interprétation. Toutefois, il ressort de l'<ref-law> que le sens d'un texte, même clair, n'est pas forcément déterminant et que l'interprétation purement littérale est au contraire prohibée. En effet, même si la teneur d'une clause contractuelle paraît claire à première vue, il peut résulter d'autres conditions du contrat, du but poursuivi par les parties ou d'autres circonstances que le texte de la clause litigieuse ne restitue pas exactement le sens de l'accord conclu (<ref-ruling> consid. 3a; <ref-ruling> consid. 1b). Pour cette raison, la jurisprudence actuelle ne considère pas comme nécessairement décisif en soi le fait que les parties ont eu recours à des expressions juridiques précises (pour l'opinion inverse, voir encore l'<ref-ruling> consid. 2 p. 287 et Christoph M. Pestalozzi, Commentaire bernois, n. 32 in fine ad <ref-law>, qui se réfère à ce précédent). En particulier, on ne saurait faire fond, sans plus ample examen, sur le texte d'une clause lorsque la partie qu'elle oblige est une personne étrangère ou quand cette partie a manifesté sa volonté dans une autre langue que la sienne. Cependant, une interprétation littérale stricte pourra se justifier à l'égard de personnes qui sont rompues à l'usage de termes utilisés dans certaines branches (<ref-ruling> consid. 2.4.1 p. 708 et les arrêts cités). La défenderesse souligne, à juste titre, que le contrat litigieux indique expressément que certaines prestations doivent être effectuées par Swissair. Il ne faut cependant pas perdre de vue qu'en l'occurrence, la cocontractante de la demanderesse est la défenderesse et non Swissair. 4.2.1 De ce que les sociétés formant partie d'un groupe de sociétés ont une personnalité juridique propre, il découle en principe que seules peuvent agir pour l'une de ces sociétés les personnes qui ont le pouvoir de la représenter, resp. qui occupent la position d'organes au sein de ladite société et agissent pour elle (Jean Nicolas Druey/Alexander Vogel, Das schweizerische Konzernrecht in der Praxis der Gerichte, Zurich 1999, p. 239 s.). A cet égard, les principes généraux en matière de pouvoir de représentation sont applicables. Seul un motif particulier pourrait justifier de s'en écarter dans le sens de la reconnaissance d'un pouvoir de représentation plus large. Un tel motif peut consister dans une procuration. Celle-ci peut avoir été délivrée expressément par la société-mère ou résulter des circonstances (procuration apparente; "Anscheinsvollmacht" ou "Duldungsvollmacht" selon la terminologie allemande). Cependant, en l'espèce, la défenderesse n'allègue même pas l'existence d'une procuration expresse ou tacite. Il faut en déduire que le contrat litigieux ne pouvait pas obliger Swissair. Autrement dit, c'est bien en son propre nom que la défenderesse a conclu ce contrat avec la demanderesse. 4.2.2 Cela étant, il va de soi que la demanderesse pouvait partir de l'idée que la défenderesse ne lui avait pas simplement fait miroiter les prestations afférentes à son futur statut de préretraitée, mais qu'elle avait pris l'engagement ferme de les lui verser. La défenderesse n'exprime d'ailleurs pas un autre avis sur ce point dans ses écritures. Elle ne soutient pas que la demanderesse n'aurait pas acquis de créance relativement à ces prestations. Son argumentation repose bien plutôt sur la thèse selon laquelle le sujet passif de cette créance était une autre personne qu'elle. Cependant, comme la défenderesse ne pouvait pas contraindre un tiers à exécuter l'obligation litigieuse, la demanderesse devait et pouvait comprendre la lettre de la défenderesse en ce sens que cette dernière lui promettait, entre autres choses, que la société-mère lui verserait les prestations mentionnées dans ce courrier. On est donc en présence d'un porte-fort, régi par l'<ref-law>. En matière de porte-fort, la garantie est exigible dès que la prestation du tiers n'est pas effectuée au moment convenu. Le bénéficiaire de la promesse n'est pas tenu de mettre en demeure le tiers (Pestalozzi, op. cit., n. 12 ad <ref-law>), ni de le rechercher (Silvia Tevini Du Pasquier, Commentaire romand, n. 14 ad <ref-law>). Que le promettant ne soit pas obligé de réaliser le fait promis, mais uniquement de réparer le dommage que le bénéficiaire subit parce que le tiers n'a pas adopté un comportement conforme à la promesse ne joue aucun rôle en l'espèce. En effet, la promesse avait pour objet une prestation pécuniaire, de sorte que son inexécution entraînait l'obligation, à charge du promettant, de payer des dommages-intérêts de même nature et de même ampleur, auxquels viendraient s'ajouter, le cas échéant, l'intérêt moratoire et d'autres frais. Il est, dès lors, sans importance que, dans le contrat en cause, la défenderesse ait promis, en partie, ses propres prestations et, en partie, celles d'une autre société du groupe. Il n'est pas non plus décisif de déterminer si la défenderesse a voulu s'engager à verser elle-même les prestations promises, resp. si la demanderesse pouvait interpréter dans ce sens la manifestation de volonté émise par sa cocontractante, ou si elle a seulement voulu promettre à la demanderesse que les prestations de préretraite lui seraient versées par une autre société du groupe. Il est, dès lors, sans importance que, dans le contrat en cause, la défenderesse ait promis, en partie, ses propres prestations et, en partie, celles d'une autre société du groupe. Il n'est pas non plus décisif de déterminer si la défenderesse a voulu s'engager à verser elle-même les prestations promises, resp. si la demanderesse pouvait interpréter dans ce sens la manifestation de volonté émise par sa cocontractante, ou si elle a seulement voulu promettre à la demanderesse que les prestations de préretraite lui seraient versées par une autre société du groupe. 5. La défenderesse ne peut pas être suivie lorsqu'elle fait grief à la Cour d'appel d'avoir appliqué de manière erronée l'<ref-law>. En effet, la cour cantonale s'est abstenue, à bon droit, de citer cette disposition dans son arrêt. Dans le cas particulier, la défenderesse n'a pas repris la dette d'une autre société. Elle a bien plutôt confirmé et détaillé, dans sa lettre du 23 juillet 1998, un engagement qu'elle avait de toute évidence pris elle-même de manière ferme envers la demanderesse lors d'entretiens antérieurs. C'est donc de l'accord passé à cette occasion que dérivent les prestations litigieuses. Quoi qu'en dise la défenderesse, dans la lettre précitée, elle ne se contentait pas de donner à la demanderesse de simples renseignements sur les prétentions que cette dernière pourrait éventuellement faire valoir contre de quelconques tiers. Bien plus, elle y promettait à l'intéressée que ces prestations lui seraient versées. La défenderesse n'a pas conseillé la demanderesse. Elle a négocié avec elle un accord concernant l'extinction des rapports de travail et, dans le cadre de cette négociation, lui a offert les prestations contenues dans ladite lettre à titre de contrepartie à l'acceptation, par la travailleuse, de sa mise en préretraite. Une reprise de dette aurait, en revanche, supposé que l'engagement relatif à ces prestations résultât d'un accord passé antérieurement entre la demanderesse et un tiers, ce qui n'est même pas allégué par l'intéressée. Une reprise de dette aurait, en revanche, supposé que l'engagement relatif à ces prestations résultât d'un accord passé antérieurement entre la demanderesse et un tiers, ce qui n'est même pas allégué par l'intéressée. 6. Sur le plan quantitatif, enfin, la défenderesse avance l'argument selon lequel la demanderesse, à partir du moment où elle percevrait la rente versée par la CGP au titre de la retraite anticipée, n'aurait plus droit, jusqu'à ce qu'elle atteigne l'âge de la retraite ordinaire, qu'à un montant maximum de 1'658 fr. 35 par mois. Cet argument tombe à faux. En effet, les prestations de la caisse de prévoyance ne doivent être imputées que si et dans la mesure où elles constituent des prestations supplémentaires. En revanche, l'imputation ne se justifie pas lorsque, en raison du versement anticipé des prestations de vieillesse, les prestations futures s'en trouvent réduites. Au demeurant, contrairement à ce que soutient la défenderesse, il ne ressort pas de la convention liant les parties que seule la prestation transitoire 2 ("Pont AVS") est versée dès qu'une quelconque prestation est effectuée par la caisse de prévoyance. Le passage pertinent de la lettre du 23 juillet 1998 est ainsi libellé: "Durant la période du 01.05.2004 (début de la retraite CGP) jusqu'au 31.05..2005 inclus (âge de la retraite AVS), Swissair vous versera mensuellement un montant de fr.1'658.35". Du passage cité, on ne peut rien déduire d'autre que la fixation de la date à partir de laquelle ce montant devait être versé et l'indication du motif, énoncé entre parenthèses, pour lequel cette date a été retenue. 6. Sur le plan quantitatif, enfin, la défenderesse avance l'argument selon lequel la demanderesse, à partir du moment où elle percevrait la rente versée par la CGP au titre de la retraite anticipée, n'aurait plus droit, jusqu'à ce qu'elle atteigne l'âge de la retraite ordinaire, qu'à un montant maximum de 1'658 fr. 35 par mois. Cet argument tombe à faux. En effet, les prestations de la caisse de prévoyance ne doivent être imputées que si et dans la mesure où elles constituent des prestations supplémentaires. En revanche, l'imputation ne se justifie pas lorsque, en raison du versement anticipé des prestations de vieillesse, les prestations futures s'en trouvent réduites. Au demeurant, contrairement à ce que soutient la défenderesse, il ne ressort pas de la convention liant les parties que seule la prestation transitoire 2 ("Pont AVS") est versée dès qu'une quelconque prestation est effectuée par la caisse de prévoyance. Le passage pertinent de la lettre du 23 juillet 1998 est ainsi libellé: "Durant la période du 01.05.2004 (début de la retraite CGP) jusqu'au 31.05..2005 inclus (âge de la retraite AVS), Swissair vous versera mensuellement un montant de fr.1'658.35". Du passage cité, on ne peut rien déduire d'autre que la fixation de la date à partir de laquelle ce montant devait être versé et l'indication du motif, énoncé entre parenthèses, pour lequel cette date a été retenue. 7. Les considérations qui précèdent conduisent au rejet du recours. En application de l'art. 156 al. 1 OJ, la recourante, qui succombe, devra supporter les frais de la procédure fédérale, laquelle n'est pas gratuite (<ref-law> a contrario) puisqu'elle a trait à un différend résultant du contrat de travail dont la valeur litigieuse dépasse le plafond de 30'000 fr. fixé à l'<ref-law>. Quant à l'intimée, elle a droit à des dépens en vertu de l'art. 159 al. 1 OJ.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 1. Le recours est rejeté. 2. Un émolument judiciaire de 2'000 fr. est mis à la charge de la recourante. 2. Un émolument judiciaire de 2'000 fr. est mis à la charge de la recourante. 3. La recourante versera à l'intimée une indemnité de 2'500 fr. à titre de dépens. 3. La recourante versera à l'intimée une indemnité de 2'500 fr. à titre de dépens. 4. Le présent arrêt est communiqué en copie aux mandataires des parties et à la Cour d'appel de la juridiction des prud'hommes du canton de Genève. Lausanne, le 5 août 2005 Au nom de la Ire Cour civile du Tribunal fédéral suisse Le président: Le greffier:
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2,010
de
Nach Einsicht in die Zwischenverfügung des Bundesverwaltungsgerichts vom 21. Dezember 2009 im Verfahren A-5986/2009 (Beschwerde von X._ gegen den Beschluss der Schulleitung der ETH Zürich vom 15. September 2009 betreffend die Veröffentlichung des Untersuchungsberichts vom 15. Juli 2009 betreffend Verdachts auf Fehlverhalten in der Forschung), womit der Beschwerde die aufschiebende Wirkung entzogen wurde, verbunden mit Auflagen betreffend die Veröffentlichung des Schlussberichts (vorsorgliche Massnahmen), in die gegen diese Zwischenverfügung erhobene Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten von X._ vom 28. Januar 2010,
in Erwägung, dass die Beschwerde gegen einen Entscheid innert 30 Tagen nach der Eröffnung der vollständigen Ausfertigung beim Bundesgericht einzureichen ist (<ref-law>), dass gesetzlich oder richterlich nach Tagen bestimmte Fristen vom 18. Dezember bis und mit 2. Januar stillstehen (<ref-law>), wobei diese Vorschrift unter anderem in Verfahren betreffend aufschiebende Wirkung und andere vorsorgliche Massnahmen nicht gilt (<ref-law>), dass die angefochtene Zwischenverfügung der Vertreterin des Beschwerdeführers nach deren Bekunden am 23. Dezember 2010 eröffnet wurde, die Frist mithin am 24. Dezember 2009 zu laufen begann und, da die Friststillstandsregel von <ref-law> angesichts des Gegenstands der Zwischenverfügung nicht greift, am 22. Januar 2010 endete (Art. 44 Abs. 1 und 45 Abs. 1 BGG), dass die Beschwerde verspätet erhoben und offensichtlich unzulässig ist (vgl. <ref-law>), weshalb im vereinfachten Verfahren darauf nicht einzutreten ist, dass mit diesem Urteil die in der Beschwerde gestellten verfahrensrechtlichen Anträge gegenstandslos werden, dass die Gerichtskosten (<ref-law>), dem Verfahrensausgang entsprechend, dem Beschwerdeführer aufzuerlegen sind (<ref-law>),
erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten und dem Bundesverwaltungsgericht, Abteilung I, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 1. Februar 2010 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Müller Feller
CH_BGer_002
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2,003
fr
Faits: Faits: A. Le 29 janvier 2003, A._ a déposé en main du Ministère public de la Confédération (abrégé MPC) une dénonciation - intitulée plainte - contre quatre personnes pour blanchiment d'argent au sens de l'<ref-law>. En bref, le dénonciateur aurait perdu 16 millions de $ US dans une opération avec le gouvernement éthiopien, à la suite d'une escroquerie impliquant le premier ministre d'alors; celui-ci et les coauteurs ont été condamnés à des peines de 14 à 18 ans de détention pour abus d'autorité par la justice éthiopienne. A la demande expresse du gouvernement éthiopien, le lésé dit avoir renoncé à se constituer partie civile dans ce procès, car on lui avait garanti de tout entreprendre pour lui restituer les 16 millions de $ US. L'infraction jugée en Ethiopie avait fait l'objet d'une demande d'entraide pénale en Suisse. Le canton de Genève a également ouvert une information pénale pour blanchiment qui, selon le plaignant, a été classée en 2001. 6,7 millions de $ US ont pu être saisis. L'Office fédéral de la justice est en train d'examiner la requête de l'intéressé tendant à leur restitution. Des documents découverts dans le cadre de procès civils intentés en Angleterre contre l'un des coauteurs de l'escroquerie établiraient que des actes de blanchiment, distincts de ceux révélés dans des procédures antérieures, auraient été commis en Suisse. Vu le classement de la procédure genevoise (n° P 12'300/96), le plaignant a estimé que seul le MPC, nanti de ses nouvelles compétences dès le 1er janvier 2002, devait se saisir de ces faits nouvellement apparus. Des documents découverts dans le cadre de procès civils intentés en Angleterre contre l'un des coauteurs de l'escroquerie établiraient que des actes de blanchiment, distincts de ceux révélés dans des procédures antérieures, auraient été commis en Suisse. Vu le classement de la procédure genevoise (n° P 12'300/96), le plaignant a estimé que seul le MPC, nanti de ses nouvelles compétences dès le 1er janvier 2002, devait se saisir de ces faits nouvellement apparus. B. Par une ordonnance de refus de suivre à une dénonciation (au sens de l'art. 100 al. 3 PPF) du 23 avril 2003, le MPC a déclaré ne pas entrer en matière sur la plainte du 29 janvier 2003. D'après cette autorité, en résumé, les faits nouvellement découverts sont en étroite connexité avec ceux à l'origine de la procédure n° P 12'300/96, ouverte le 23 décembre 1996 à Genève, qui serait toujours en cours et dans le cadre de laquelle des séquestres pénaux ont été ordonnés; le plaignant s'y était constitué partie civile, invoquant notamment des actes de blanchiment imputables aux auteurs du crime de base. Cette connexité imposerait de joindre la nouvelle procédure à l'ancienne qui est du ressort des autorités genevoises, devant lesquelles l'intéressé est renvoyé à agir en application de l'<ref-ruling>. De plus, vu les lourdes sanctions prononcées en Ethiopie, une peine complémentaire pour blanchiment serait nécessairement de peu d'importance. Quant à l'entraide demandée par l'Ethiopie en 1997, le MPC précise que l'Office fédéral de la justice y a donné suite notamment en ordonnant des séquestres qui sont encore en vigueur. Quant à l'entraide demandée par l'Ethiopie en 1997, le MPC précise que l'Office fédéral de la justice y a donné suite notamment en ordonnant des séquestres qui sont encore en vigueur. C. Conformément à la voie de recours indiquée au pied de l'ordonnance de refus de suivre (art. 105bis al. 1 et 2 ainsi que 214 ss PPF), A._ a saisi la Chambre d'accusation d'une plainte du 30 avril 2003 tendant à l'annulation de cette ordonnance et au renvoi de la procédure au MPC afin qu'il ouvre une information pénale pour blanchiment au sens de l'<ref-law>. Selon lui, sa qualité pour agir découlerait de l'art. 214 al. 2 PPF, il serait également un "lésé" immédiat puisque le blanchiment dénoncé permettrait en l'état la distraction de plus de la moitié du produit de l'escroquerie, lui faisant subir un dommage direct de l'ordre de 9,3 millions de $ US. Il invoque également l'art. 6 CEDH et l'arrêt Tomasi du 27 août 1992 (Série A 241 - A, p. 43 § 121), dans lequel la Cour européenne des droits de l'homme a admis que la partie civile cherche non seulement la constatation de la culpabilité mais également la réparation du préjudice subi; l'issue de la procédure serait ainsi déterminante pour des droits de caractère civil au sens de l'art. 6 par. 1 CEDH. Il estime que les éléments apportés établiraient la réalisation d'actes de blanchiment récemment découverts et que le MPC serait tenu d'ordonner l'ouverture d'une enquête, conformément à l'art. 101 PPF. La procédure P 12'300/96 ne serait plus en cours au Parquet de Genève, ce qui ruinerait l'essentiel des considérants du MPC. Le raisonnement de celui-ci, découlant des lourdes peines prononcées en Ethiopie, sur lesquelles une condamnation complémentaire pour blanchiment n'aurait que peu d'influence, serait peu convaincant car les auteurs des actes de blanchiment ne sont pas nécessairement les condamnés et l'un d'entre ceux-ci a été jugé par contumace. C. Conformément à la voie de recours indiquée au pied de l'ordonnance de refus de suivre (art. 105bis al. 1 et 2 ainsi que 214 ss PPF), A._ a saisi la Chambre d'accusation d'une plainte du 30 avril 2003 tendant à l'annulation de cette ordonnance et au renvoi de la procédure au MPC afin qu'il ouvre une information pénale pour blanchiment au sens de l'<ref-law>. Selon lui, sa qualité pour agir découlerait de l'art. 214 al. 2 PPF, il serait également un "lésé" immédiat puisque le blanchiment dénoncé permettrait en l'état la distraction de plus de la moitié du produit de l'escroquerie, lui faisant subir un dommage direct de l'ordre de 9,3 millions de $ US. Il invoque également l'art. 6 CEDH et l'arrêt Tomasi du 27 août 1992 (Série A 241 - A, p. 43 § 121), dans lequel la Cour européenne des droits de l'homme a admis que la partie civile cherche non seulement la constatation de la culpabilité mais également la réparation du préjudice subi; l'issue de la procédure serait ainsi déterminante pour des droits de caractère civil au sens de l'art. 6 par. 1 CEDH. Il estime que les éléments apportés établiraient la réalisation d'actes de blanchiment récemment découverts et que le MPC serait tenu d'ordonner l'ouverture d'une enquête, conformément à l'art. 101 PPF. La procédure P 12'300/96 ne serait plus en cours au Parquet de Genève, ce qui ruinerait l'essentiel des considérants du MPC. Le raisonnement de celui-ci, découlant des lourdes peines prononcées en Ethiopie, sur lesquelles une condamnation complémentaire pour blanchiment n'aurait que peu d'influence, serait peu convaincant car les auteurs des actes de blanchiment ne sont pas nécessairement les condamnés et l'un d'entre ceux-ci a été jugé par contumace. D. Invité à présenter des observations, le MPC s'en est remis à justice.
La Chambre considère en droit: 1. 1.1 Selon l'art. 100 al. 3 PPF, s'il n'existe pas de motif d'ouvrir une enquête, le procureur général décide de ne donner aucune suite à la dénonciation. La victime au sens de l'<ref-law> peut recourir dans les 10 jours auprès de la Chambre d'accusation du Tribunal fédéral (art. 100 al. 5 PPF). La question de savoir si le dénonciateur lésé peut recourir dans ce cas est demeurée indécise (<ref-ruling> consid. 2). Cependant, par un arrêt du 2 avril 2003, destiné à la publication (n° 8G.32/2003), la Chambre de céans a tranché cette question négativement; ainsi, même un dénonciateur qui serait directement lésé par l'infraction en cause ne saurait se fonder sur l'art. 105bis al. 2 PPF pour recourir contre une décision de ne pas donner suite (consid. 1.5). En effet, la systématique de la PPF impose de rattacher d'une part la voie de recours de l'art. 100 al. 5 PPF à une décision appliquant l'art. 100 al. 3 PPF (refus de donner suite); d'autre part, la voie de recours prévue à l'art. 105bis al. 2 PPF doit être réservée à la contestation d'un acte d'enquête, après l'ouverture de celle-ci formellement ordonnée en vertu de l'art. 101 al. 1 PPF. 1.2 En l'espèce, le plaignant ne fait pas valoir une atteinte directe, du fait de l'infraction dénoncée, à son intégrité corporelle, sexuelle ou psychique. Il n'est donc pas une victime au sens de la LAVI. Dès lors, il n'est pas habilité à déposer une plainte devant la Chambre de céans contre la décision du MPC de ne pas donner suite à sa dénonciation du 23 janvier 2003. 1.3 Le plaignant soutient au demeurant que l'art. 6 CEDH garantirait aux parties, dont le lésé, le droit de porter le litige devant un tribunal indépendant. Il déduit de l'arrêt Tomasi du 27 août 1992 (Série A 241 - A p. 43 § 121) que lorsque la procédure pénale est déterminante pour des droits de caractère civil, l'Etat doit procéder aux investigations nécessaires. L'arrêt Tomasi c. France se rapporte à une demande d'indemnité présentée par la partie civile qui avait été victime de sévices infligés par la police. La Cour européenne des droits de l'homme a examiné la requête sous l'angle de l'art. 6 § 1 CEDH, soit dans ce cas quant au droit de faire entendre sa cause dans un délai raisonnable par un tribunal qui décidera des contestations sur les droits de caractère civil. D'après cette décision, le droit français prévoit la constitution de partie civile dès lors que les circonstances invoquées permettent de supposer l'existence du préjudice allégué et un lien direct avec l'infraction, ce qui était le cas. Le droit à indemnité revendiqué par M. Tomasi dépendait donc de l'issue de sa plainte, c'est-à-dire de la condamnation des auteurs des sévices incriminés; il revêtait un caractère civil, nonobstant la compétence des juridictions pénales et ainsi l'art. 6 § 1 CEDH trouvait à s'appliquer. Ensuite, la Cour a constaté qu'il y avait eu dépassement du délai raisonnable et a mis à la charge de l'Etat défendeur une indemnité. 1.4 On ne discerne pas en quoi l'arrêt Tomasi conduirait à considérer ici que l'absence de qualité pour recourir du dénonciateur empêcherait celui-ci de porter le litige devant un tribunal indépendant. En particulier, l'ordonnance (de refus de donner suite) attaquée renvoie le plaignant à agir devant les autorités cantonales; on ne saurait l'assimiler à une façon, pour l'Etat, de refuser à la partie civile la possibilité de porter le litige devant un tribunal. De plus, la CEDH ne reconnaît pas le droit de provoquer des poursuites pénales contre des tiers et les garanties de l'art. 6 CEDH ne s'appliquent pas aux plaignants et accusateurs privés dont l'objectif est la condamnation de tierces personnes (voir la décision de la Commission européenne des droits de l'homme du 10 février 1993, déclarant irrecevable la requête Taline Wursten c. Suisse, décision résumée dans JAAC 1993 p. 506/507). Dans une décision d'irrecevabilité du 18 janvier 1996, la Commission européenne des droits de l'homme a considéré que l'art. 6 CEDH ne garantissant pas le droit d'engager des poursuites pénales, il ne saurait a fortiori en être déduit un droit de se constituer partie civile (décision Szokoloczy-Grobet c. Suisse, résumée dans JAAC 1996 p. 880). Au demeurant, l'<ref-law> prévoit que le jugement pénal ne lie pas le juge civil, notamment en cas d'acquittement. On ne discerne donc pas en quoi le refus de donner suite pourrait avoir une influence négative sur d'éventuelles prétentions civiles soumises au juge civil. D'ailleurs, le plaignant concède qu'il a pu faire valoir valablement de telles prétentions, découlant de l'escroquerie, devant un tribunal anglais. Quant au classement de la procédure genevoise, il n'est pas démontré qu'il serait définitif; en général, la découverte de nouveaux éléments permet la réouverture des poursuites pénales. Dès lors, le moyen tiré d'une prétendue violation de la CEDH doit être rejeté. Dès lors, le moyen tiré d'une prétendue violation de la CEDH doit être rejeté. 2. 2.1 Dans la mesure où le plaignant s'en prend à l'interprétation des règles de compétence adoptée par le MPC dans la décision attaquée, on ne saurait le suivre. En effet, la Chambre de céans a jugé que l'art. 260 PPF, en vigueur dès le 1er janvier 2001, était calqué sur l'art. 264 PPF; dès lors, les règles procédurales en matière de conflits de for intercantonaux sont applicables aux litiges entre le Procureur général de la Confédération et les autorités cantonales de poursuite pénale, conflits portant sur la compétence d'enquêter notamment en matière de criminalité économique (<ref-ruling> consid. 2.3). Dans un arrêt encore plus récent, il a été précisé que le lésé, le plaignant et le dénonciateur sont en principe dépourvus de la qualité pour porter plainte au sujet du for, sauf en cas de conflit négatif; en effet, la qualité pour contester le for dépend étroitement de la qualité pour former un pourvoi en nullité. Or, depuis l'entrée en vigueur du nouvel art. 270 PPF, le 1er janvier 2001, le lésé et le plaignant n'ont plus cette qualité pour recourir, ce qui conduit à leur dénier la qualité pour agir en se fondant sur l'art. 260 ou 264 PPF (<ref-ruling> consid. 3.2). 2.2 En l'espèce, la dénonciation du 29 janvier 2003 porte sur l'infraction de blanchiment d'argent, qui est poursuivie d'office. Or, le dénonciateur n'est pas habilité à saisir la Chambre de céans d'une plainte au sujet de la compétence, fédérale ou cantonale, pour ouvrir la poursuite pénale. Ainsi, même sous l'angle d'un litige sur cette compétence, la plainte est irrecevable, faute de qualité pour agir. Au demeurant est pertinente l'argumentation du MPC, qui fait valoir la connexité des faits complémentaires aujourd'hui dénoncés avec ceux qui sont à l'origine de la procédure genevoise et renvoie le plaignant à saisir les autorités du canton de Genève (voir <ref-ruling> consid. 3.3). Au demeurant est pertinente l'argumentation du MPC, qui fait valoir la connexité des faits complémentaires aujourd'hui dénoncés avec ceux qui sont à l'origine de la procédure genevoise et renvoie le plaignant à saisir les autorités du canton de Genève (voir <ref-ruling> consid. 3.3). 3. Faute de qualité pour agir, la plainte est irrecevable. La voie de recours indiquée étant erronée, il se justifie de statuer sans frais.
Par ces motifs, la Chambre prononce: Par ces motifs, la Chambre prononce: 1. La plainte est irrecevable. 1. La plainte est irrecevable. 2. Il n'est pas perçu d'émolument judiciaire. 2. Il n'est pas perçu d'émolument judiciaire. 3. Le présent arrêt est communiqué en copie au mandataire du plaignant et au Ministère public de la Confédération. Lausanne, le 20 juin 2003 Au nom de la Chambre d'accusation du Tribunal fédéral suisse Le président: Le greffier:
CH_BGer_012
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Strafprozessrecht
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2,007
de
in Erwägung: dass der Beschwerdeführer den ihm auferlegten Kostenvorschuss auch innerhalb der mit Verfügung vom 28. September 2007 angesetzten Nachfrist nicht geleistet hat bzw. den ihm auferlegten Nachweis der rechtzeitigen Vorschussleistung nicht (rechtzeitig) erbracht hat, so dass gestützt auf <ref-law> und im Verfahren nach <ref-law> auf die Beschwerde nicht einzutreten ist, dass die Kosten des Verfahrens dem Beschwerdeführer aufzuerlegen sind (<ref-law>),
erkannt: erkannt: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 200.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 200.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, dem Betreibungs- und Konkursamt Bern-Mittelland, Dienststelle Laupen und dem Obergericht des Kantons Bern, Aufsichtsbehörde in Betreibungs- und Konkurssachen, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 2. November 2007 Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
CH_BGer_005
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2,006
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. Die 1944 geborene F._ leidet an wahnhaften Störungen und Polyarthritis. Sie bezog seit Jahren Pflegeleistungen der Spitex X._. Die Helsana Versicherungen AG (nachfolgend Helsana), welche die entsprechenden Kosten bis anhin vergütet hatte, teilte der Versicherten mit Schreiben vom 8. Januar 2004 mit, dass es sich bei den unter psychiatrischer Grundpflege abgerechneten Leistungen nicht um Pflichtleistungen, sondern um eine psychosoziale Hilfestellung handle, wofür ab 1. September 2003 keine Kosten mehr übernommen würden. Daran hielt der Krankenversicherer mit Verfügung vom 2. Februar 2004 fest: Mangels ausgewiesener somatischer Pflegeabhängigkeit wurde eine Kostenvergütung für Spitex-Pflege ab 1. September 2003 abgelehnt. Diese Verfügung erwuchs in der Folge unangefochten in Rechtskraft. Die Spitex X._ war ihrerseits am 28. Januar 2004 an die im Vertrag zwischen dem Kantonalverband Bernischer Krankenversicherer (heute: santésuisse Bern) und dem Spitex-Verband des Kantons Bern vom 1. Februar 1999 vorgesehene Kontrollstelle gelangt, welche der Helsana am 21. Februar 2004 empfahl, die geltend gemachten Spitex-Leistungen im Umfang von 47 Stunden pro Quartal ab 1. September 2003 vollumfänglich zu übernehmen. Der Krankenversicherer rief daraufhin die von den beiden genannten Verbänden als Schlichtungsinstanz eingesetzte Paritätische Vertrauenskommission (PVK) an. Diese empfahl den Parteien am 27. Mai 2004, den Rechtsweg zu beschreiten. Die Spitex X._ war ihrerseits am 28. Januar 2004 an die im Vertrag zwischen dem Kantonalverband Bernischer Krankenversicherer (heute: santésuisse Bern) und dem Spitex-Verband des Kantons Bern vom 1. Februar 1999 vorgesehene Kontrollstelle gelangt, welche der Helsana am 21. Februar 2004 empfahl, die geltend gemachten Spitex-Leistungen im Umfang von 47 Stunden pro Quartal ab 1. September 2003 vollumfänglich zu übernehmen. Der Krankenversicherer rief daraufhin die von den beiden genannten Verbänden als Schlichtungsinstanz eingesetzte Paritätische Vertrauenskommission (PVK) an. Diese empfahl den Parteien am 27. Mai 2004, den Rechtsweg zu beschreiten. B. Am 13. Juli 2004 reichte die Spitex X._ beim Schiedsgericht in Sozialversicherungsstreitigkeiten des Kantons Bern Klage ein und beantragte u.a., die Helsana sei zu verpflichten, die ab 1. September 2003 zugunsten von F._ erbrachten Spitex-Leistungen im Umfang von mindestens 47 Stunden pro Quartal zu übernehmen. Mit Entscheid vom 12. Mai 2005 trat das Schiedsgericht auf die Klage nicht ein. B. Am 13. Juli 2004 reichte die Spitex X._ beim Schiedsgericht in Sozialversicherungsstreitigkeiten des Kantons Bern Klage ein und beantragte u.a., die Helsana sei zu verpflichten, die ab 1. September 2003 zugunsten von F._ erbrachten Spitex-Leistungen im Umfang von mindestens 47 Stunden pro Quartal zu übernehmen. Mit Entscheid vom 12. Mai 2005 trat das Schiedsgericht auf die Klage nicht ein. C. Die Spitex X._ lässt Verwaltungsgerichtsbeschwerde führen mit dem Rechtsbegehren, in Aufhebung des angefochtenen Entscheids sei die Leistungspflicht des Krankenversicherers für die von ihr zugunsten von F._ ab 1. September 2003 tatsächlich erbrachten Spitex-Leistungen (maximal gemäss jeweils eingereichtem Bedarfsmeldeformular) zu bejahen, und es sei die Helsana zu verpflichten, die Kosten für diese Leistungen zu übernehmen; eventuell habe dies "während einer gerichtlich zu bestimmenden Übergangszeit" zu gelten. Subeventuell sei die Sache zur Vornahme weiterer Abklärungen an die Vorinstanz zurückzuweisen. Helsana, Bundesamt für Gesundheit und die als Mitinteressierte beigeladene F._ verzichten auf eine Vernehmlassung zur Verwaltungsgerichtsbeschwerde.
Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1. 1.1 Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde richtet sich gegen den vorinstanzlichen Nichteintretensentscheid. Das Eidgenössische Versicherungsgericht hat daher einzig zu prüfen, ob das kantonale Schiedsgericht zu Recht auf die bei ihm erhobene Klage nicht eingetreten ist. Dagegen kann auf die in der Verwaltungsgerichtsbeschwerde gestellten materiellen Anträge (letztinstanzliche Beurteilung in der Sache selbst) hier nicht eingetreten werden (<ref-ruling> Erw. 1 mit Hinweis). 1.2 Da der angefochtene Entscheid nicht die Bewilligung oder Verweigerung von Versicherungsleistungen zum Gegenstand hat, prüft das Eidgenössische Versicherungsgericht nur, ob das vorinstanzliche Gericht Bundesrecht verletzt hat, einschliesslich Überschreitung oder Missbrauch des Ermessens, oder ob der rechtserhebliche Sachverhalt offensichtlich unrichtig, unvollständig oder unter Verletzung wesentlicher Verfahrensbestimmungen festgestellt worden ist (Art. 132 in Verbindung mit Art. 104 lit. a und b sowie Art. 105 Abs. 2 OG). Ausserdem ist das letztinstanzliche Verfahren kostenpflichtig (Art. 134 OG e contrario; Art. 135 in Verbindung mit Art. 156 OG). 1.2 Da der angefochtene Entscheid nicht die Bewilligung oder Verweigerung von Versicherungsleistungen zum Gegenstand hat, prüft das Eidgenössische Versicherungsgericht nur, ob das vorinstanzliche Gericht Bundesrecht verletzt hat, einschliesslich Überschreitung oder Missbrauch des Ermessens, oder ob der rechtserhebliche Sachverhalt offensichtlich unrichtig, unvollständig oder unter Verletzung wesentlicher Verfahrensbestimmungen festgestellt worden ist (Art. 132 in Verbindung mit Art. 104 lit. a und b sowie Art. 105 Abs. 2 OG). Ausserdem ist das letztinstanzliche Verfahren kostenpflichtig (Art. 134 OG e contrario; Art. 135 in Verbindung mit Art. 156 OG). 2. Gemäss <ref-law> entscheidet ein (kantonales) Schiedsgericht "Streitigkeiten zwischen Versicherern und Leistungserbringern". Gesetz und Verordnung umschreiben nicht näher, was unter Streitigkeiten im Sinne der genannten Bestimmung zu verstehen ist. Nach der zum altrechtlichen Art. 25 Abs. 1 KUVG ergangenen und auch unter dem neuen Recht massgebenden Rechtsprechung ist von einer weiten Begriffsumschreibung auszugehen, indem die sachliche Zuständigkeit für alle Streitigkeiten zwischen Krankenversicherern und Leistungserbringern zu bejahen ist, wenn und soweit sie Rechtsbeziehungen zum Gegenstand haben, die sich aus dem KVG ergeben oder aufgrund des KVG eingegangen worden sind. Des Weitern muss es sich um eine Streitigkeit zwischen Versicherungsträgern und leistungserbringenden Personen handeln. Entscheidend für die Abgrenzung der Zuständigkeiten zwischen kantonalem Versicherungsgericht einerseits und Schiedsgericht anderseits ist auch unter der Herrschaft des neuen Krankenversicherungsrechts, welche Parteien einander in Wirklichkeit im Streit gegenüberstehen. Es muss geprüft werden, welche Parteien in materieller Hinsicht vom Prozessausgang unmittelbar betroffen sind (<ref-ruling> Erw. 2, 114 V 323 Erw. 3b; RKUV 2004 Nr. KV 287 S. 301 Erw. 2.2 [K 124/02]; Gebhard Eugster, Krankenversicherung, in: Schweizerisches Bundesverwaltungsrecht [SBVR], Soziale Sicherheit, Rz 415). 2. Gemäss <ref-law> entscheidet ein (kantonales) Schiedsgericht "Streitigkeiten zwischen Versicherern und Leistungserbringern". Gesetz und Verordnung umschreiben nicht näher, was unter Streitigkeiten im Sinne der genannten Bestimmung zu verstehen ist. Nach der zum altrechtlichen Art. 25 Abs. 1 KUVG ergangenen und auch unter dem neuen Recht massgebenden Rechtsprechung ist von einer weiten Begriffsumschreibung auszugehen, indem die sachliche Zuständigkeit für alle Streitigkeiten zwischen Krankenversicherern und Leistungserbringern zu bejahen ist, wenn und soweit sie Rechtsbeziehungen zum Gegenstand haben, die sich aus dem KVG ergeben oder aufgrund des KVG eingegangen worden sind. Des Weitern muss es sich um eine Streitigkeit zwischen Versicherungsträgern und leistungserbringenden Personen handeln. Entscheidend für die Abgrenzung der Zuständigkeiten zwischen kantonalem Versicherungsgericht einerseits und Schiedsgericht anderseits ist auch unter der Herrschaft des neuen Krankenversicherungsrechts, welche Parteien einander in Wirklichkeit im Streit gegenüberstehen. Es muss geprüft werden, welche Parteien in materieller Hinsicht vom Prozessausgang unmittelbar betroffen sind (<ref-ruling> Erw. 2, 114 V 323 Erw. 3b; RKUV 2004 Nr. KV 287 S. 301 Erw. 2.2 [K 124/02]; Gebhard Eugster, Krankenversicherung, in: Schweizerisches Bundesverwaltungsrecht [SBVR], Soziale Sicherheit, Rz 415). 3. Unter den Verfahrensbeteiligten ist streitig, ob die Kosten für die von der Spitex X._ ab 1. September 2003 zugunsten der Versicherten erbrachten Leistungen von der obligatorischen Krankenpflegeversicherung zu übernehmen seien. Für die Beantwortung der Frage nach dem zuständigen Gericht gilt es nach dem Gesagten die Parteien zu eruieren, zwischen denen materiellrechtliche Ansprüche strittig sind und die vom Ausgang des Streites direkt betroffen sind (RKUV 1991 Nr. K 874 S. 235, 1986 Nr. K 671 S. 147 Erw. 1c, RSKV 1983 Nr. 531 S. 104 Erw. 2). Die Helsana verneint ihrerseits jegliche Leistungspflicht für die in Frage stehenden Spitex-Leistungen. Im Rahmen des hier unbestrittenermassen geltenden Systems des Tiers garant trifft diese Leistungsablehnung des Krankenversicherers unmittelbar die Versicherte, weil sie allein gegenüber der Leistungserbringerin die Vergütung der erbrachten Spitex-Leistungen schuldet (<ref-law>), wogegen zwischen der Spitex X._ und der Helsana keine materiellrechtlichen Ansprüche entstanden sind. Stehen sich somit als Parteien in erster Linie Krankenversicherer und Versicherte im Streit gegenüber, liegt die sachliche Zuständigkeit - wie von der Vorinstanz zutreffend festgestellt - nicht beim Schiedsgericht, sondern beim kantonalen Versicherungsgericht (vgl. RKUV 1986 Nr. K 671 S. 148 Erw. 1c). Der angefochtene Nichteintretensentscheid des Schiedsgerichts erweist sich folglich als Rechtens. 3. Unter den Verfahrensbeteiligten ist streitig, ob die Kosten für die von der Spitex X._ ab 1. September 2003 zugunsten der Versicherten erbrachten Leistungen von der obligatorischen Krankenpflegeversicherung zu übernehmen seien. Für die Beantwortung der Frage nach dem zuständigen Gericht gilt es nach dem Gesagten die Parteien zu eruieren, zwischen denen materiellrechtliche Ansprüche strittig sind und die vom Ausgang des Streites direkt betroffen sind (RKUV 1991 Nr. K 874 S. 235, 1986 Nr. K 671 S. 147 Erw. 1c, RSKV 1983 Nr. 531 S. 104 Erw. 2). Die Helsana verneint ihrerseits jegliche Leistungspflicht für die in Frage stehenden Spitex-Leistungen. Im Rahmen des hier unbestrittenermassen geltenden Systems des Tiers garant trifft diese Leistungsablehnung des Krankenversicherers unmittelbar die Versicherte, weil sie allein gegenüber der Leistungserbringerin die Vergütung der erbrachten Spitex-Leistungen schuldet (<ref-law>), wogegen zwischen der Spitex X._ und der Helsana keine materiellrechtlichen Ansprüche entstanden sind. Stehen sich somit als Parteien in erster Linie Krankenversicherer und Versicherte im Streit gegenüber, liegt die sachliche Zuständigkeit - wie von der Vorinstanz zutreffend festgestellt - nicht beim Schiedsgericht, sondern beim kantonalen Versicherungsgericht (vgl. RKUV 1986 Nr. K 671 S. 148 Erw. 1c). Der angefochtene Nichteintretensentscheid des Schiedsgerichts erweist sich folglich als Rechtens. 4. Der (im vorliegenden Verfahren als Mitinteressierte beigeladenen) Versicherten steht grundsätzlich der Rechtsweg ans kantonale Versicherungsgericht (Verwaltungsgericht des Kantons Bern, Sozialversicherungsrechtliche Abteilung) offen. Wie bereits erwähnt, ist indessen die leistungsablehnende Verfügung der Helsana vom 2. Februar 2004, welche die in den Monaten September bis November 2003 erbrachten Spitex-Leistungen betraf, unangefochten in (formelle) Rechtskraft erwachsen.
Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 3000.- werden der Spitex X._ auferlegt und mit dem geleisteten Kostenvorschuss verrechnet. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 3000.- werden der Spitex X._ auferlegt und mit dem geleisteten Kostenvorschuss verrechnet. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Schiedsgericht in Sozialversicherungsstreitigkeiten des Kantons Bern, dem Bundesamt für Gesundheit und F._ zugestellt. Luzern, 24. Juli 2006 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Der Präsident der IV. Kammer: Der Gerichtsschreiber:
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2,011
fr
Considérant en fait et en droit: 1. Par arrêt du 3 mai 2011, la Cour de justice du canton de Genève a rejeté le recours déposé par X._ SA contre l'arrêt d'irrecevabilité pour cause de tardiveté du recours déposé le 4 juin 2008 auprès de la Commission cantonale de recours en matière administrative contre les décisions sur réclamation rendues le 15 janvier 2007 par l'Administration fiscale du canton de Genève en matière de double imposition intercantonale. 2. Agissant par la voie du recours en matière de droit public, l'intéressée demande au Tribunal fédéral, sous suite de frais et dépens, d'annuler l'arrêt rendu le 3 mai 2011 par la Cour de justice du canton de Genève, de constater que les taxations établies par l'Administration fiscale cantonale du canton de Genève pour les périodes fiscales 2000, 2001, 2002 et 2003 sont nulles, d'ordonner la modification des taxations en cause et le remboursement du trop-perçu d'impôt d'un montant de 336'835 fr. avec intérêts. Invoquant les art. 5 et 9 Cst., elle se plaint d'une constatation inexacte des faits et de la violation de l'interdiction de l'arbitraire et de la double imposition intercantonale et demande la protection de sa bonne foi. 3. Selon la jurisprudence, l'objet de la contestation qui peut être portée devant le Tribunal fédéral est déterminé par la décision attaquée (arrêts 2D_144/2008 du 23 mars 2009, consid. 3 et 2C_669/2008 du 8 décembre 2008, consid. 4.1 et les références citées) et par les conclusions des parties (<ref-law>). La partie recourante ne peut par conséquent pas prendre des conclusions allant au-delà de l'objet du litige. En l'espèce, la Cour de justice a rejeté le recours dirigé contre une décision de la Commission cantonale de recours déclarant irrecevable le recours interjeté le 4 juin 2008 contre les décisions sur réclamation rendues le 15 janvier 2007 par l'Administration fiscale du canton de Genève. A ce stade de la procédure par conséquent, seule la question de la recevabilité du recours du 4 juin 2008 peut être portée devant le Tribunal fédéral qui n'a pas à examiner le fond de la contestation. Dans la mesure où la recourante demande au Tribunal fédéral de déclarer nulles les taxations des 2000, 2001, 2002 et 2003, d'ordonner la modification des taxations en cause et le remboursement d'un trop-perçu d'impôt, elle prend des conclusions sur le fond qui ne sont pas recevables. Les motifs exposés à l'appui de ces conclusions, tirés de la violation des art. 5 al. 3, 9 et 127 al. 3 Cst., sont par conséquent également irrecevables. 4. Sauf dans les cas cités expressément par l'art. 95 de la loi du 17 juin 2005 sur le Tribunal fédéral (LTF; RS 173.110), le recours en matière de droit public ne peut pas être formé pour violation du droit cantonal en tant que tel. En revanche, il est toujours possible de faire valoir que la mauvaise application du droit cantonal constitue une violation du droit constitutionnel, en particulier qu'elle est arbitraire au sens de l'art. 9 Cst. (<ref-ruling> consid. 4.3 p. 521/522). Il appartient toutefois à la partie recourante d'invoquer ce grief et de le motiver d'une manière suffisante (cf. <ref-law>, <ref-ruling> consid. 1.3.1 p. 68). La partie recourante doit donc préciser en quoi l'acte attaqué serait arbitraire, ne reposerait sur aucun motif sérieux et objectif, apparaîtrait insoutenable ou heurterait gravement le sens de la justice (<ref-ruling> consid. 3.2 p. 400). En l'espèce, la recourante ne soulève pas le grief d'application arbitraire du droit cantonal ni d'autres griefs de nature constitutionnelle à l'encontre de la motivation de l'arrêt attaqué confirmant l'irrecevabilité du recours du 4 juin 2008 en application du droit cantonal de procédure. Ne répondant pas aux exigences de motivation de l'<ref-law>, le recours est irrecevable sous cet angle. 5. Le recours est ainsi manifestement irrecevable (art. 108 al. 1 let. a et b LTF) et doit être traité selon la procédure simplifiée de l'<ref-law>, sans qu'il y ait lieu d'ordonner un échange d'écritures. Succombant, la recourante doit supporter les frais de la procédure fédérale (<ref-law>).
Par ces motifs, le Président prononce: 1. Le recours est irrecevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 5'000 fr., sont mis à la charge de la recourante. 3. Le présent arrêt est communiqué à la représentante de la recourante, à l'Administration fiscale cantonale genevoise, à l'Administration fiscale cantonale du canton de Zurich (Kantonales Steueramt Zürich), à la Cour de justice du canton de Genève, Chambre administrative 2ème Section, et à l'Administration fédérale des contributions. Lausanne, le 9 juin 2011 Au nom de la IIe Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président: Le Greffier: Zünd Dubey
CH_BGer_002
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2,007
de
Nach Einsicht in die von D._ erhobene Beschwerde vom 13. August 2007 gegen den Entscheid des Verwaltungsgerichts des Kantons Luzern vom 9. Juli 2007 (betreffend Rentenherabsetzung und Rückerstattung), in die Verfügung vom 19. Oktober 2007, mit welcher D._ zur Bezahlung eines Kostenvorschusses innert einer Nachfrist bis zum 29. Oktober 2007 verpflichtet wurde, ansonsten auf das Rechtsmittel nicht eingetreten werde,
in Erwägung, dass der Beschwerdeführer den Vorschuss auch innerhalb der Nachfrist nicht geleistet hat, dass deshalb gestützt auf <ref-law> im vereinfachten Verfahren nach <ref-law> auf die Beschwerde nicht einzutreten ist und in Anwendung von Art. 66 Abs. 1 zweiter Satz BGG auf die Erhebung von Gerichtskosten verzichtet wird,
erkennt der Präsident: erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsgericht des Kantons Luzern, Sozialversicherungsrechtliche Abteilung, dem Bundesamt für Sozialversicherungen und der Ausgleichskasse Luzern schriftlich mitgeteilt. Luzern, 13. November 2007 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Meyer Attinger
CH_BGer_009
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2,007
fr
Le président, considérant: Que, par arrêt du 9 février 2007, le Juge unique de la Cour de droit public du Tribunal cantonal du canton du Valais a rejeté la demande de libération de X._ et prolongé au 12 mai 2007 sa détention en vue de refoulement, qu'agissant par la voie du recours en matière de droit public, le 26 février 2007, X._ a demandé au Tribunal fédéral d'annuler l'arrêt précité du 9 février 2007 et d'ordonner sa libération immédiate, que, par courrier du 5 mars 2007, le conseil du recourant a informé le Tribunal fédéral que son mandant avait été libéré de la détention en vue de refoulement, le 2 mars 2007, qu'il a déclaré retirer le recours devenu sans objet, a conclu à la condamnation des autorités cantonales aux frais et dépens de la cause et a maintenu la requête d'assistance judiciaire complète contenue dans le recours, qu'il convient de prendre acte du retrait du recours (cf. <ref-law>), de rayer la cause du rôle et de statuer sur le sort des frais et dépens (cf. art. 5 al. 2 2ème phrase PCF par renvoi de l'<ref-law>), que, par ordonnance présidentielle du 7 mars 2007, les autorités cantonales ont été invitées à se déterminer sur la radiation envisagée ainsi que sur le sort des frais et dépens, que, le 8 mars 2007, le Service de l'état civil et des étrangers s'est déterminé sur le fond sans se prononcer ultérieurement sur la radiation envisagée ni sur le sort des frais et dépens, que, le 9 mars 2007, le Juge unique de la Cour de droit public du Tribunal cantonal du Valais a déclaré renoncer à se déterminer sur les frais et dépens, que, le 20 mars 2007, le conseil du recourant a réitéré ses conclusions concernant les frais et dépens ainsi que l'assistance judiciaire complète, que, pour statuer sur le sort des frais et dépens, le Tribunal fédéral se fonde en premier lieu sur l'issue probable du litige (cf. <ref-law>), qu'en l'espèce, la situation juridique n'étant pas claire, on ne saurait poser sans examen approfondi du dossier que l'arrêt attaqué apparaissait à première vue bien-fondé au moment où il a été rendu, si bien que le Tribunal fédéral aurait probablement rejeté le recours s'il avait dû statuer avant que celui-ci ne soit retiré, que, compte tenu de l'ensemble des circonstances, point n'est cependant besoin d'examiner cette question plus avant, les conclusions du recours n'apparaissant pas d'emblée vouées à l'échec, le recourant ne disposant apparemment pas de ressources suffisantes (<ref-law>) et l'attribution d'un avocat étant justifiée (<ref-law>), que, dès lors que les conditions de l'assistance judiciaire (complète) sont indubitablement remplies, le Président peut l'accorder au recourant (art. 64 al. 3 3ème phrase LTF; Message du Conseil fédéral concernant la révision totale de l'organisation judiciaire fédérale du 28 février 2001, FF 2001 p. 4000 ss/4103; Hansjörg Seiler, Stämpflis Handkommentar zum Bundesgerichtsgesetz [BGG], Berne 2007, n. 43 ad <ref-law> p. 215; Spühler/Dolge/Vock, Kurzkommentar zum Bundesgerichtsgesetz [BGG], Zurich/St-Gall 2006, n. 11 ad <ref-law> p. 109), Décide: Décide: 1. La cause est rayée du rôle par suite de retrait du recours. 1. La cause est rayée du rôle par suite de retrait du recours. 2. La demande d'assistance judiciaire est admise. 2. La demande d'assistance judiciaire est admise. 3. Il n'est pas perçu d'émolument judiciaire. 3. Il n'est pas perçu d'émolument judiciaire. 4. Me Lionel Zeiter, avocat à Lausanne, est désigné comme avocat d'office du recourant et la Caisse du Tribunal fédéral lui versera une indemnité de 1'800 fr. à titre d'honoraires. 4. Me Lionel Zeiter, avocat à Lausanne, est désigné comme avocat d'office du recourant et la Caisse du Tribunal fédéral lui versera une indemnité de 1'800 fr. à titre d'honoraires. 5. La présente décision est communiquée en copie au mandataire du recourant, au Service de l'état civil et des étrangers et au Tribunal cantonal du canton du Valais ainsi qu'à l'Office fédéral des migrations. Lausanne, le 3 avril 2007 Au nom de la IIe Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le président: La greffière:
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2,010
de
Sachverhalt: A. Nachdem ihr Leistungsbegehren von der IV-Stelle Schwyz mit Einspracheentscheid vom 13. Dezember 2006 abgewiesen worden war, meldete sich die 1962 geborene D._ im Oktober 2007 erneut bei der Invalidenversicherung zum Leistungsbezug an. Im Rahmen der Sachverhaltsabklärungen holte die IV-Stelle u.a. bei der MEDAS das Gutachten vom 23. Juni 2006 ein. Nach Durchführung des Vorbescheidverfahrens verneinte sie mit Verfügung vom 18. November 2008 wiederum den Anspruch der D._ auf eine Invalidenrente. Die dagegen erhobene Beschwerde hiess das Verwaltungsgericht des Kantons Schwyz mit Entscheid vom 26. März 2009 insofern gut, als es die Sache zur Vornahme weiterer Abklärungen und neuen Verfügung an die Verwaltung zurückwies. Nachdem sie eine Begutachtung durch das Institut für forensische Psychiatrie und Psychotherapie (IFPP) angeordnet hatte, welcher zu unterziehen sich die Versicherte weigerte, verneinte die IV-Stelle mit Verfügung vom 30. September 2009 erneut einen Anspruch auf eine Invalidenrente. B. Die Beschwerde der D._ wies das Verwaltungsgericht des Kantons Schwyz mit Entscheid vom 9. März 2010 ab. C. D._ lässt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten führen und beantragen, unter Aufhebung des Entscheids vom 9. März 2010 sei die Angelegenheit an die Verwaltung zurückzuweisen und diese anzuweisen, Ergänzungsfragen an die MEDAS zu stellen; eventualiter sei festzustellen, dass sie die Mitwirkungspflichten nicht schuldhaft verletzt habe.
Erwägungen: 1. Mit der Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann unter anderem die Verletzung von Bundesrecht gerügt werden (<ref-law>). Die Feststellung des Sachverhalts kann nur gerügt werden, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Artikel 95 beruht und wenn die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (<ref-law>). Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zu Grunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (<ref-law>). Es kann die Sachverhaltsfeststellung der Vorinstanz von Amtes wegen berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Artikel 95 beruht (<ref-law>). 2. Soweit ärztliche oder fachliche Untersuchungen für die Beurteilung notwendig und zumutbar sind, hat sich die versicherte Person diesen zu unterziehen (<ref-law>). Die Notwendigkeit der Anordnung eines weiteren Gutachtens ergibt sich aus der Beantwortung der Frage, ob bereits bei den Akten liegende Gutachten die inhaltlichen und beweismässigen Anforderungen an eine ärztliche Expertise (<ref-ruling> E. 3a S. 352) erfüllen (SVR 2007 UV Nr. 33 S. 111, U 571/06 E. 4.2). Die Leistungen können gekürzt oder verweigert werden, wenn die versicherte Person den Pflichten nach <ref-law> nicht nachgekommen ist. Sie muss vorher schriftlich gemahnt und auf die Rechtsfolgen hingewiesen werden; es ist ihr eine angemessene Bedenkzeit einzuräumen (<ref-law> in Verbindung mit <ref-law>; vgl. auch <ref-law>). 3. Die Vorinstanz hat es für zulässig gehalten, dass die IV-Stelle eine neue psychiatrische Begutachtung angeordnet hatte. In der Auffassung, die Versicherte habe mit ihrer Weigerung, sich einer erneuten Begutachtung zu unterziehen, die ihr obliegende Mitwirkungspflicht schuldhaft verletzt und das Mahn- und Bedenkzeitverfahren sei korrekt durchgeführt worden, hat sie die einen Rentenanspruch verneinende Verfügung bestätigt. Streitig und zu prüfen ist einzig, ob die Anordnung einer Begutachtung durch das IFPP statthaft war und das diesbezügliche Verhalten der Beschwerdeführerin eine Verletzung der Mitwirkungspflicht darstellt. 4. 4.1 Im Entscheid vom 26. März 2009 erwog die Vorinstanz, die Verwaltung sei gestützt auf die Stellungnahme des Regionalen Ärztlichen Dienstes von der im MEDAS-Gutachten vom 23. Juni 2006 ausgewiesenen Arbeitsfähigkeitsschätzung abgewichen. In einem solchen Fall seien weitere Abklärungen angezeigt. Damit hat sie implizite die Beweiskraft des MEDAS-Gutachtens in Abrede gestellt und eine ungenügende Sachverhaltsabklärung festgestellt. Diese Beweiswürdigung (zur Qualifikation als Tatfrage vgl. Urteile 8C_763/2008 vom 19. Juni 2009 E. 1, nicht publiziert in: <ref-ruling>; 9C_39/2010 vom 25. März 2010 E. 4.1.2) ist nicht offensichtlich unrichtig (E. 1) und wird auch von der Beschwerdeführerin nicht in Frage gestellt, zumal sie selber - wie bereits im kantonalen Verfahren - die Rückweisung der Sache an die Verwaltung zu ergänzender Sachverhaltsabklärung verlangt. Es steht indessen im Ermessen des kantonalen Gerichts, welche Art von Gutachten (Zweitgutachten oder Ergänzungsgutachten) anzuordnen ist (Urteile 9C_273/2009 vom 14. September 2009 E. 3.1; 8C_615/2008 vom 15. September 2008 E. 4.2; je mit Hinweisen). Es ist daher nicht einzusehen, weshalb es die Wahl des besser geeigneten Abklärungsmittels nicht auch der Verwaltung überlassen können sollte. 4.2 Die Tatsache allein, dass der medizinische Sachverhalt möglicherweise auch durch Ergänzungsfragen an den MEDAS-Gutachter hätte erhellt werden können, stellt keinen konkreten Umstand dar, welcher die Begutachtung durch das IFPP als unzumutbar erscheinen lässt (vgl. SVR 2007 IV Nr. 48 S. 156, I 988/06 E. 4.2). Weiter spricht ein gewisser ärztlicher Ermessensspielraum in der Einschätzung der medizinischen Situation und der daraus resultierenden Arbeitsfähigkeit nicht gegen die Eignung eines weiteren Gutachtens für die Sachverhaltsabklärung, zumal die IV-Stelle im Schreiben vom 4. August 2009 zutreffend darauf hinwies, dass seit der MEDAS-Begutachtung mehr als ein Jahr verstrichen sei, was für eine nochmalige umfassende psychiatrische Abklärung spreche. Ausserdem ist aus der Kenntnis der im früheren Gutachten bemängelten Punkte nicht auf die Befangenheit des Gutachters zu schliessen, insbesondere weil er Einblick in die Vorakten haben muss und eine Auseinandersetzung mit einander widersprechenden Auffassungen die Qualität der Expertise erhöht (vgl. <ref-ruling> E. 3a S. 352). 4.3 Die Anordnung des IFPP-Gutachtens entspricht der nicht offensichtlich unrichtigen Feststellung der Vorinstanz (E. 1), sie habe im Entscheid vom 26. März 2009 in Bezug auf die Notwendigkeit von Rückfragen bei der MEDAS resp. einer neuen psychiatrischen Abklärung eine "entweder-oder-Regelung" vorgegeben. Selbst wenn die Auffassung der Versicherten, wonach die Verwaltung sich in unzulässiger Weise über die Anordnung des kantonalen Gerichts hinweggesetzt habe, weil zunächst eine Stellungnahme der MEDAS hätte eingeholt werden müssen und erst danach ein neues Gutachten in Betracht gefallen wäre, zuträfe, wurde in der Beschwerde nicht dargelegt und ist auch nicht ersichtlich, inwiefern dadurch Bundesrecht verletzt wäre. Die Argumentation der Versicherten, dass sie, um gegen die "entweder-oder-Regelung" zu opponieren, entgegen dem vorinstanzlichen Standpunkt nicht bereits den Entscheid vom 26. März 2009 hätte anfechten müssen (vgl. Art. 93 Abs. 1 und 3 BGG), ist daher nicht stichhaltig. 4.4 Soweit die Beschwerdeführerin in Bezug auf die Zulässigkeit einer "Zweitbegutachtung" eine Verletzung der Begründungspflicht und damit des rechtlichen Gehörs durch das kantonale Gericht geltend macht, ist ihr entgegen zu halten, dass eine sachgerechte Anfechtung des vorinstanzlichen Entscheides möglich war (vgl. <ref-ruling> E. 4.1 S. 88; <ref-ruling> E. 3.3 S. 445; <ref-ruling> E. 1a S. 181). 4.5 Die Frage, ob im Rahmen des hier anwendbaren <ref-law> für den Eintritt der vorgesehenen Folgen einer Mitwirkungspflichtverletzung diese, wie in <ref-law> ausdrücklich festgehalten, in unentschuldbarer Weise erfolgt sein muss, kann offen bleiben. Eine unterschiedliche rechtliche Auffassung über das Bestehen einer (zumutbaren) Mitwirkungspflicht allein vermag - sofern sie in der Folge bejaht wird - deren Verletzung nicht zu rechtfertigen: Weigert sich eine versicherte Person, sich einer Begutachtung zu unterziehen, begründet sie dies in der Regel damit, dass sie dazu rechtlich nicht verpflichtet sei (vgl. etwa SZS 2008 S. 165, I 42/06 E. 4.1 und 4.7); träfe die Argumentation der Beschwerdeführerin zu, wäre eine Sanktionierung solchen Verhaltens kaum mehr möglich, was nicht der Wille des Gesetzgebers gewesen sein kann. Dem Eventualbegehren ist daher ebenfalls nicht stattzugeben. Die Beschwerde ist unbegründet. 5. Dem Ausgang des Verfahrens entsprechend sind die Gerichtskosten der Beschwerdeführerin aufzuerlegen (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsgericht des Kantons Schwyz und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 9. Juli 2010 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin: Meyer Dormann
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2,002
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Visto in fatto e considerando in diritto che: mediante tre distinte decisioni datate 18 dicembre 1998, la Cassa di compensazione Lucerna, costatato che al seguito del fallimento della ditta C._SA, avente sede a L._ dall'agosto 1995, erano rimasti scoperti contributi paritetici per gli anni 1990-1995, ha chiesto rispettivamente ad H._, presidente del consiglio d'amministrazione, ad M._ e a J._ entrambi membri di detto consiglio, fr. 126'559. 55, fr. 102'433. 75 e fr. 26'526. 95 a titolo di risarcimento dei danni; essendosi i citati amministratori opposti al versamento, la Cassa di compensazione Lucerna, rappresentata dalla Cassa di compensazione del Cantone Ticino, ha presentato contro di loro tre petizioni al Tribunale cantonale ticinese delle assicurazioni, con le quali chiedeva la condanna degli stessi al pagamento rispettivamente di fr. 125'404. 95, fr. 99'234. 75 e fr. 26'526. 95; per giudizio 11 agosto 2000, congiunti i procedimenti, l'autorità giudiziaria cantonale, statuente con giudice unico, ha respinto la petizione proposta contro J._, mentre ha accolto parzialmente le azioni proposte avverso H._ e M._ facendo obbligo a questi ultimi di risarcire alla Cassa di compensazione Lucerna i contributi paritetici calcolati su una massa salariale di fr. 120'942.-, spese di amministrazione, d'esecuzione e interessi di mora inclusi; H._ ha deferito il giudizio cantonale con ricorso di diritto amministrativo a questa Corte chiedendo di essere liberato dall'obbligo di risarcire il danno; rispondendo al ricorso di diritto amministrativo, la Cassa di compensazione Lucerna ne propone la reiezione; dal canto suo M._, invitato ad esprimersi quale cointeressato, postula invece l'accoglimento del ricorso e il rinvio degli atti alla Cassa di compensazione Lucerna per ulteriori accertamenti; la cointeressata J._ e l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali rinunciano dal formulare una proposta; in quanto non è statuito su un tema relativo all'assegnazione o al rifiuto di prestazioni assicurative, la procedura non è gratuita (art. 134 OG e contrario); invitato dalla Corte a versare un anticipo di fr. 5000.- sulle spese processuali, il ricorrente ha, con una separata istanza, postulato di essere ammesso al beneficio dell'assistenza giudiziaria, con dispensa dal pagamento dell'anticipo richiesto; egli ha inoltre domandato di rendere una pronunzia in lingua tedesca; secondo i combinati disposti di cui agli art. 135 e 37 cpv. 3 OG, la sentenza del Tribunale federale delle assicurazioni è redatta in una lingua ufficiale, di regola in quella della decisione impugnata, che in concreto era la lingua italiana; nonostante il ricorso sia steso in tedesco come era diritto del ricorrente (cfr. art. 30 cpv. 1 OG, sempre in relazione con l'art. 135 OG, <ref-law> ; <ref-ruling> consid. 2), non si giustifica di derogare all'accennato principio, sicché anche questo giudizio è redatto in italiano; oggetto della lite è il risarcimento di danni per il mancato pagamento di contributi AVS/AI/IPG/AD e AF; per quel che attiene a quest'ultima categoria di contributi, essa è di diritto cantonale, per cui sfugge al controllo giudiziale del Tribunale federale delle assicurazioni (<ref-ruling> consid. 1b, 118 V 69 consid. 1b, 101 V 3 consid. 1b); nella misura in cui concerne danni addebitabili al non avvenuto versamento di simili contributi, il ricorso di diritto amministrativo è quindi irricevibile; qualora la lite non verta sull'assegnazione o il rifiuto di prestazioni assicurative, il Tribunale federale delle assicurazioni deve limitarsi ad esaminare se il giudizio di primo grado abbia violato il diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento, oppure se l'accertamento dei fatti sia manifestamente inesatto, incompleto od avvenuto violando norme essenziali di procedura (art. 132 OG in relazione con gli art. 104 lett. a e b e 105 cpv. 2 OG); in materia di contribuzioni pubbliche il Tribunale federale delle assicurazioni non è vincolato dai motivi che le parti invocano e può scostarsi dalle conclusioni invocate a loro vantaggio o pregiudizio (art. 114 cpv. 1 OG); in una recentissima sentenza, il Tribunale federale delle assicurazioni ha ritenuto che, insieme ad altre, le cause che presentano particolari difficoltà nell'apprezzamento delle prove escludono di ravvisare un caso di scarsa rilevanza che, secondo la legislazione procedurale ticinese (cfr. art. 2 cpv. 1 della legge di procedura per le cause davanti al Tribunale cantonale delle assicurazioni), consente a quest'ultimo di statuire nella composizione di un giudice unico anziché nella sua espressione collegiale (sentenza del 10 ottobre 2001 nella causa F., consid. 1c, U 347/98); la Corte ha poi ancora rilevato, nella medesima sentenza, che l'importanza di una procedura nel senso della citata norma cantonale dev'essere riferita all'aspetto giuridico o istruttorio del procedimento, e non al valore della causa o all'interesse che la stessa soggettivamente rappresenta per la parte; questi criteri si applicano indistintamente a tutte le materie rientranti nell'ambito di competenza della Corte cantonale ticinese; sotto questo aspetto, le sentenze con le quali il Tribunale federale delle assicurazioni dovesse aver in precedenza discriminato certe materie o, meglio, certe tematiche rispetto ad altre (v., in particolare, sentenza del 22 dicembre 2000 nella causa H., H. 358/99), vanno pertanto relativizzate; in concreto risulta da un primo esame dell'incarto che questioni di rilevante importanza sono state vagliate in maniera del tutto sommaria e manifestamente incompleta, ritenuto che non è dato a divedere se, come sostiene apoditticamente il giudice cantonale, l'ufficio di M._ fosse effettivamente una succursale della C._di B._ e quindi i lavoratori impiegati all'estero non fossero alle dipendenze della C._SA svizzera; dal profilo probatorio, difetta qualsiasi riferimento ad atti ufficiali suscettibili di sostanziare l'esistenza della C._ di B._, come pure i riscontri contabili volti a dimostrare che il versamento dei salari ai dipendenti avveniva ad opera di quest'ultima società; i documenti allegati in lingua russa e tradotti in inglese, oltre a non essere stati accompagnati dalla traduzione in italiano - o almeno in una delle altre lingue ufficiali ai sensi dell'<ref-law> -, non risultano essere stati vagliati dal giudice cantonale secondo i canoni minimi richiesti dalle circostanze; le conclusioni dell'autorità giudiziaria cantonale prescindono da una puntuale motivazione, limitandosi in sostanza a riportare mere allegazioni di parte del tutto avulse da qualsivoglia supporto probatorio; dal bilancio 1993 si evince pure che la C._ ha provveduto a versare fr. 315'695. 18 per salari a M._ e fr. 102'202. 67 per spese connesse e che nel 1994 gli importi versati sono stati di fr. 158'418. 82 rispettivamente di fr. 121'738. 40, atteso altresì che dalla contabilità riferita al 1994 risultano essere stati contabilizzati molteplici prelevamenti in contanti dalla cassa di M._ di cui non si comprende la portata se si tien conto dell'asserito legame tra la C._ di B._ e la presunta succursale di M._; dato quanto precede, il ricorso di diritto amministrativo deve essere accolto non per i motivi invocati dal ricorrente, ma per insanabili carenze formali, ritenuto che il giudizio cantonale non poteva essere reso da un giudice unico, avuto riguardo alle particolari difficoltà che la vicenda sottoposta al vaglio giudiziale presenta già per le complesse implicazioni di diritto societario internazionale e per le difficoltà istruttorie che siffatte procedure sogliono trarre seco; le spese processuali seguono la soccombenza e devono, dato l'esito del gravame, essere messe a carico della Cassa cantonale lucernese di compensazione, la quale rifonderà inoltre al cointeressato M._, assistito da un legale, un'indennità a titolo di ripetibili per la sede federale (art. 135 in relazione con gli art. 156 cpv. 1 e 159 cpv. 2 OG; <ref-ruling> consid. 5); la domanda di assistenza giudiziaria del ricorrente, limitata alla dispensa dal pagamento delle spese processuali, è quindi priva d'oggetto; il Tribunale federale delle assicurazioni pronuncia : I.In quanto ricevibile, il ricorso di diritto amministrativo è accolto nel senso che, annullato il giudizio querelato 11 agosto 2000, gli atti sono ritornati al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino perché proceda conformemente ai considerandi e renda una nuova pronunzia. II.Le spese giudiziarie, ammontanti a fr. 2000.-, sono messe a carico della Cassa di compensazione Lucerna. III. La Cassa di compensazione Lucerna verserà al cointeressato M._ la somma di fr. 500.- (comprensiva dell'imposta sul valore aggiunto) a titolo di indennità di parte per la procedura federale. IV.La presente sentenza sarà intimata alle parti, al Tribunale cantonale ticinese delle assicurazioni, all'Ufficio federale delle assicurazioni sociali nonché ai cointeressati M._ e J._.
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2,003
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. Der libanesische Staatsangehörige X._ reiste am 19. Oktober 2000 mit gefälschten griechischen Papieren aus Bulgarien über Amsterdam in die Schweiz in der Absicht, hier mindestens ein grosses Geschäft über mehrere Kilogramm Heroin abzuwickeln. Er suchte einen Käufer und fand bereits am 20. Oktober 2000 in der Schweiz durch Vermittlung von Y._ einen gewissen M._ als Interessenten. X._ verhandelte mit M._ - unter mehrmaliger telefonischer Rücksprache mit dem in Bulgarien weilenden A._ sowie auch mit dem Mitangeklagten Z._ - über Menge, Preis, Muster sowie Ort und Zeit der Übergabe. Er fuhr schliesslich am 30. Oktober 2000 zusammen mit dem Mitangeklagten Z._ in dessen Wagen zu einer Autobahnraststätte. Er führte eine Sporttasche mit sich, in welcher sich in 10 Paketen insgesamt 8,749 kg Heroingemisch mit einem Reinheitsgrad zwischen 49,0 % und 70,8 %, d.h. ca. 5,6 kg reines Heroin, befanden. Er traf sich auf der Autobahnraststätte mit M._, zeigte ihm die Sporttasche mit dem Heroin und forderte von ihm den vereinbarten Kaufpreis von DM 33'000.-- pro Kilogramm. In diesem Augenblick erfolgte der polizeiliche Zugriff. M._ war ein als V-Mann tätiger Polizeibeamter. In diesem Augenblick erfolgte der polizeiliche Zugriff. M._ war ein als V-Mann tätiger Polizeibeamter. B. Das Strafgericht des Kantons Basel-Landschaft sprach X._ am 15. März 2002 der mengenmässig qualifizierten Widerhandlung gegen das Betäubungsmittelgesetz (im Sinne von Art. 19 Ziff. 1 in Verbindung mit <ref-law>) sowie des Gebrauchs einer gefälschten Urkunde (<ref-law>) und der Zuwiderhandlung gegen das Bundesgesetz über Aufenthalt und Niederlassung der Ausländer (Art. 23 Abs. 1 ANAG) schuldig und verurteilte ihn zu 6 Jahren Zuchthaus, unter Anrechnung der seit dem 30. Oktober 2000 ausgestandenen Untersuchungshaft, und verwies ihn für 12 Jahre des Landes. Das Kantonsgericht Basel-Landschaft verurteilte X._ in teilweiser Gutheissung von dessen Appellation unter Bestätigung der erstinstanzlichen Schuldsprüche zu 5 Jahren und 6 Monaten Zuchthaus, unter Anrechnung der seit dem 30. Oktober 2000 ausgestandenen Untersuchungshaft, und verwies ihn für 9 Jahre des Landes. Das Kantonsgericht Basel-Landschaft verurteilte X._ in teilweiser Gutheissung von dessen Appellation unter Bestätigung der erstinstanzlichen Schuldsprüche zu 5 Jahren und 6 Monaten Zuchthaus, unter Anrechnung der seit dem 30. Oktober 2000 ausgestandenen Untersuchungshaft, und verwies ihn für 9 Jahre des Landes. C. X._ führt staatsrechtliche Beschwerde und eidgenössische Nichtigkeitsbeschwerde. Mit der Letzteren beantragt er, das Urteil des Kantonsgerichts sei aufzuheben und die Sache zwecks Korrektur der Mängel und zwecks Ausfällung eines milderen Urteils an die zuständige kantonale Instanz zurückzuweisen. Zudem ersucht er um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege. C. X._ führt staatsrechtliche Beschwerde und eidgenössische Nichtigkeitsbeschwerde. Mit der Letzteren beantragt er, das Urteil des Kantonsgerichts sei aufzuheben und die Sache zwecks Korrektur der Mängel und zwecks Ausfällung eines milderen Urteils an die zuständige kantonale Instanz zurückzuweisen. Zudem ersucht er um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege. D. Das Kantonsgericht beantragt unter Hinweis auf die Begründung des angefochtenen Urteils die Abweisung der Nichtigkeitsbeschwerde.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. 1.1 Das Kantonsgericht hat mit dem Kriminalgericht strafmindernd berücksichtigt, dass M._, der als Käufer des Heroins auftrat, ein als V-Mann tätiger Polizeibeamter war. 1.2 Der Beschwerdeführer machte im Appellationsverfahren geltend, die Strafe sei darüber hinaus unter anderem deshalb drastisch herabzusetzen, weil Y._, welcher den Kontakt mit M._ vermittelt habe, eine zwielichtige Rolle gespielt habe. Y._ habe ihn zur Tat angestiftet, stark provozierend auf ihn eingewirkt, bei ihm die Tatbereitschaft für das Drogengeschäft geweckt und ihn hiefür in die Schweiz gelockt. Y._ habe offensichtlich mit dem V-Mann M._ beziehungsweise mit den Schweizer Behörden zusammengearbeitet. Selbst wenn sich M._ an die Spielregeln eines V-Mannes gehalten habe, so sei mindestens unklar, ob Y._ ein "Fair-Player" gewesen sei. Für den Fall, dass das Gericht "in dubio pro reo" in Bezug auf die Zuverlässigkeit von Y._ nicht von vornherein ein grosses Fragezeichen setze, beantragte der Beschwerdeführer eventualiter, den V-Mann M._ hinsichtlich der Rolle von Y._ nochmals als Zeugen einzuvernehmen. Ausserdem sei der zuständige Beamte vom Bundesamt für Polizei erstmals als Zeuge anzuhören, da dieser klärende Angaben darüber machen könne, warum er bereits am 17. Oktober 2000 gewusst habe, dass der Beschwerdeführer zum Zweck eines Drogengeschäfts in die Schweiz einreisen werde, und welches die Rolle von Y._ gewesen sei. 1.3 Das Kantonsgericht stimmt dem Beschwerdeführer dahingehend zu, dass die Funktion von Y._ undurchsichtig sei. So lasse sich in der Tat zumindest auf Grund der vorliegenden Akten nicht erklären, warum das Bundesamt für Polizei bereits am 17. Oktober 2000 - mithin zwei Tage vor dem Datum der tatsächlichen Einreise - gewusst habe, dass der Beschwerdeführer beabsichtigte, in die Schweiz einzureisen, um sich hier nach Abnehmern für eine grössere Menge Betäubungsmittel umzusehen (angefochtenes Urteil S. 6/7). Auffällig sei sodann, dass M._ zu Protokoll gegeben habe, er habe den Beschwerdeführer dank der Information eines Informanten getroffen, und dass er auf die Identität dieser Person, bei der es sich gemäss den Angaben des Beschwerdeführers um Y._ gehandelt habe, unter Berufung auf polizeitaktische Gründe nicht näher habe eingehen wollen (angefochtenes Urteil S. 7/8). In Anbetracht dieser Umstände erachtet es das Kantonsgericht - wie bereits das Strafgericht - als durchaus möglich, dass Y._ ein Informant des Bundesamtes für Polizei gewesen sei oder sonst wie eine nähere Beziehung zum V-Mann M._ gehabt habe. Jedenfalls stehe fest, dass die Rolle von Y._ nicht klar sei. Somit sei der Sachverhalt in diesem Punkt nicht hinreichend erstellt. Diese Unklarheit dürfe vom Gericht gestützt auf den Grundsatz "in dubio pro reo" ausschliesslich zu Gunsten des Beschwerdeführers berücksichtigt werden. Damit werde aber dem Hauptanliegen des Beschwerdeführers Rechnung getragen. Daher sei dessen Antrag auf Einvernahme von M._ und des zuständigen Beamten vom Bundesamt für Polizei zur Rolle von Y._ abzuweisen (angefochtenes Urteil S. 8). Das Kantonsgericht ist indessen gleichwohl der Darstellung des Beschwerdeführers nicht gefolgt, wonach Y._ stark provozierend auf ihn eingewirkt, ihn zur Tat angestiftet und ihn für ein Drogengeschäft in die Schweiz gelockt habe. Das Kantonsgericht kommt auf Grund der Würdigung von Beweisen, insbesondere auch gestützt auf die Aussagen des Beschwerdeführers selbst, zum Schluss, es gebe keinerlei Hinweise für die Behauptung des Beschwerdeführers, dass Y._ die Tatbereitschaft des Beschwerdeführers geweckt oder in irgendeiner Weise auf ihn eingewirkt, geschweige denn ihn zur Tat angestiftet habe. Es sei daher lediglich davon auszugehen, dass Y._ dem Beschwerdeführer auf dessen Anfrage mitgeteilt habe, dass er ihm einen Drogenabnehmer vermitteln könne, und ihm schliesslich bei einem Treffen in Bern M._ vorgestellt habe. Da indessen nicht geklärt sei, welche Rolle Y._ genau gespielt habe, müsse dieser Unklarheit im Sachverhalt bei der Strafzumessung zu Gunsten des Beschwerdeführers Rechnung getragen werden (angefochtenes Urteil S. 15/16). Zur Begründung des Umfangs der Strafreduktion geht das Kantonsgericht davon aus, dass der Beschwerdeführer, der gemäss seinen eigenen Angaben zuvor noch nie in der Schweiz gewesen sei, keine Landessprache beherrscht habe und auf keine eingespielten Verkaufskanäle habe greifen können. Er hätte daher mehr kriminelle Energie aufwenden müssen, wenn er nicht sogleich mit dem Interessenten M._ in Kontakt gekommen wäre. Die Verübung der Tat sei dem Beschwerdeführer indessen nur insoweit erleichtert, worden, als er dank der Vermittlung eines Drogenabnehmers durch Y._ nicht selber lange nach einem Interessenten habe suchen müssen. Die Mitwirkung von Y._ habe somit lediglich bewirkt, dass der Beschwerdeführer weniger kriminelle Energie habe aufwenden müssen, um das Drogengeschäft abzuwickeln. Selbst bei Berücksichtigung der ungeklärten Rolle von Y._ erscheine daher das Verschulden des Beschwerdeführers bloss unwesentlich vermindert, sodass die Strafe gemäss der bundesgerichtlichen Rechtsprechung (<ref-ruling> E. 3b; <ref-ruling> E. 2a; <ref-ruling> E. 2b) nur geringfügig herabzusetzen sei (angefochtenes Urteil S. 18). Das Kantonsgericht hat in Anbetracht dieser seines Erachtens nur geringfügig strafmindernd zu berücksichtigenden ungeklärten Rolle von Y._ sowie in der Erkenntnis, dass infolge einer Verzögerung bei der Erstellung der Anklageschrift um einen Monat das Beschleunigungsgebot verletzt worden sei (siehe dazu angefochtenes Urteil S. 18), die vom Strafgericht ausgefällte Zuchthausstrafe von 6 Jahren um ein halbes Jahr auf 5 Jahre und 6 Monate herabgesetzt (angefochtenes Urteil S. 19). 1.4 Der Beschwerdeführer macht geltend, die Vorinstanz habe zu Unrecht die Rolle eines V-Mannes beim eingeklagten Drogengeschäft zu wenig gewürdigt, daher eine zu geringe Strafreduktion vorgenommen und damit letztlich eine zu hohe Strafe ausgefällt. Indem die Vorinstanz sein Verschulden trotz der ungeklärten Rolle von Y._ als nur unwesentlich vermindert qualifiziert und die Zuchthausstrafe daher - unter zusätzlicher Berücksichtigung einer Verletzung des Beschleunigungsgebots - bloss geringfügig von 6 auf 5 1⁄2 Jahre herabgesetzt habe, habe sie Bundesrecht (<ref-law>) verletzt. Die Auffassung der Vorinstanz, das Verhalten von Y._ habe lediglich bewirkt, dass der Beschwerdeführer weniger kriminelle Energie zur Abwicklung des Drogengeschäfts habe aufwenden müssen, weshalb sich bloss eine geringfügige Strafreduktion rechtfertige, könne schon deshalb nicht zutreffen, weil Y._ den Beschwerdeführer sowohl einerseits mit dem Mitangeklagten Z._ als auch andererseits mit dem (Schein-)Käufer M._ zusammengebracht habe. In Anbetracht dieser wesentlichen Funktion von Y._ beim Zustandekommen des eingeklagten Geschäfts dränge sich eine drastische Herabsetzung der Strafe auf. 1.5 Nach der bundesgerichtlichen Rechtsprechung verpflichtet eine verfassungs- und menschenrechtskonforme Auslegung von <ref-law> in den Fällen, in denen der Täter auf Grund einer verdeckten Fahndung überführt wurde, bei der Bemessung der Strafe jede durch V-Leute bewirkte Förderung der Straftat angemessen zu Gunsten des Angeklagten zu berücksichtigen. Ist ein Drogengeschäft jedoch nicht durch aktives Handeln von V-Leuten eingeleitet, sondern ausschliesslich vom Täter initiiert worden, kann sich die auf eine Mitwirkung von V-Leuten zurückzuführende Erleichterung der Tatausführung auf die Höhe der auszusprechenden Strafe nur begrenzt auswirken. Grundsätzlich ist dem Umstand, dass verdeckte Beamte bei der Begehung strafbarer Handlungen mitgewirkt und diese erleichtert haben, in jedem Fall Rechnung zu tragen, da das Verschulden selbst durch ein bloss passives Verhalten von V-Leuten beeinflusst werden kann. Hat diese Erleichterung nicht zur Folge, dass ohne sie das strafbare Verhalten nicht oder nur in geringerem Ausmass ausgeübt worden wäre, sondern bewirkt sie lediglich, dass der Täter weniger kriminelle Energie aufwenden musste, erscheint das Verschulden nur unwesentlich vermindert und rechtfertigt dies entsprechend bloss eine geringfügige Herabsetzung der Strafe (<ref-ruling> E. 3b mit Hinweisen). Die Vorinstanz hält unter anderem fest, der Beschwerdeführer habe stets ausgesagt, dass ihm zunächst der Mitangeklagte Z._ Arbeit im Drogenhandel angeboten habe; erst daraufhin habe er, der Beschwerdeführer, mit Y._ Kontakt aufgenommen, welcher ihm dann einen Abnehmer, nämlich M._, vermittelt habe (siehe angefochtenes Urteil S. 15). Die Vorinstanz kommt zum Schluss, es gebe keinerlei Hinweise für die Behauptung, dass Y._ die Tatbereitschaft beim Beschwerdeführer geweckt oder in irgendeiner Weise zwecks Abwicklung des Drogengeschäfts auf ihn eingewirkt, geschweige denn ihn dazu angestiftet habe. Daher sei lediglich davon auszugehen, dass Y._ dem Beschwerdeführer auf dessen Anfrage hin mitgeteilt habe, dass er ihm einen Drogenabnehmer vermitteln könne, und ihm schliesslich bei einem Treffen in Bern M._ vorgestellt habe (angefochtenes Urteil S. 15/16). Diese Feststellungen sind tatsächlicher Natur und daher für den Kassationshof im Verfahren der eidgenössischen Nichtigkeitsbeschwerde verbindlich. Inwiefern bei dieser Sachlage die von der Vorinstanz vorgenommene Strafreduktion zu niedrig sei, vermag der Beschwerdeführer nicht darzulegen und ist nicht ersichtlich. Die Mitwirkung von Y._ hat bei der festgestellten Sachlage gemäss den zutreffenden Ausführungen im angefochtenen Entscheid (S. 18) lediglich bewirkt, dass der Beschwerdeführer nicht selbst lange nach einem Käufer suchen und somit zur Abwicklung des Betäubungsmittelgeschäfts weniger kriminelle Energie aufwenden musste. Dieser Umstand führt aber nach der zutreffenden Auffassung der Vorinstanz gemäss der zitierten bundesgerichtlichen Rechtsprechung nur zu einer geringfügigen Herabsetzung der Strafe. Die eidgenössische Nichtigkeitsbeschwerde ist daher in diesem Punkt abzuweisen, soweit darauf einzutreten ist. Die eidgenössische Nichtigkeitsbeschwerde ist daher in diesem Punkt abzuweisen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Der Beschwerdeführer macht geltend, die Strafe von 5 1⁄2 Jahren Zuchthaus sei auch im Vergleich zu der gegen den Mitangeklagten Z._ ausgefällten Strafe von 3 1⁄2 Jahren zu hoch. Der Mitangeklagte sei im Unterschied zum Beschwerdeführer nicht direkt von den V-Leuten M._ und Y._ beeinflusst worden und überdies im Besitz der Drogen gewesen, die er mit seinem Auto zum Ort der Übergabe transportiert habe. Dem Beschwerdeführer sei die gefährlichste Arbeit, nämlich die Suche nach einem Käufer, überlassen worden, und dabei sei er nicht derart professionell vorgegangen wie der Mitangeklagte. Mit diesen Einwänden ist indessen nicht rechtsgenüglich dargetan, inwiefern die Vorinstanz bei der Bemessung der gegen den Beschwerdeführer ausgefällten Strafe eidgenössisches Recht verletzt habe. Im angefochtenen Urteil (S. 14) und im erstinstanzlichen Entscheid (S. 25 unten) wird ausgeführt, dass der Mitangeklagte sich sehr viel weniger stark als der Beschwerdeführer für das fragliche Heroingeschäft engagiert habe und daher seine kriminelle Energie geringer sei. Damit setzt sich der Beschwerdeführer nicht auseinander. Die Beschwerde ist daher auch in diesem Punkt abzuweisen, soweit darauf einzutreten ist. Die Beschwerde ist daher auch in diesem Punkt abzuweisen, soweit darauf einzutreten ist. 3. Das Gesuch des Beschwerdeführers um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege ist abzuweisen, da die eidgenössische Nichtigkeitsbeschwerde von vornherein aussichtslos war. Somit hat der Beschwerdeführer die bundesgerichtlichen Kosten zu tragen. Seinen finanziellen Verhältnissen wird mit einer reduzierten Gerichtsgebühr Rechnung getragen.
Demnach erkennt das Bundesgericht: Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die eidgenössische Nichtigkeitsbeschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 1. Die eidgenössische Nichtigkeitsbeschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Das Gesuch um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege wird abgewiesen. 3. Die reduzierte Gerichtsgebühr von Fr. 800.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Die reduzierte Gerichtsgebühr von Fr. 800.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, dem Besonderen Untersuchungsrichteramt Basel-Landschaft und dem Kantonsgericht Basel-Landschaft schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 27. Februar 2003 Im Namen des Kassationshofes des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
CH_BGer_006
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2,009
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Nach Einsicht in das Schreiben vom 19. Januar 2009, worin die Beschwerde des Q._ vom 3. Januar 2009 (Poststempel) gegen den Entscheid des Versicherungsgerichts des Kantons Aargau vom 12. November 2008 zurückgezogen wird,
in Erwägung, dass die Beschwerde gemäss <ref-law> in Verbindung mit <ref-law> im Verfahren nach <ref-law> abzuschreiben ist, dass in Anwendung von <ref-law> auf die Erhebung von Gerichtskosten verzichtet wird,
verfügt die Einzelrichterin: 1. Das Verfahren wird infolge Rückzugs der Beschwerde abgeschrieben. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Diese Verfügung wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons Aargau und dem Bundesamt für Gesundheit schriftlich mitgeteilt. Luzern, 23. Januar 2009 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Einzelrichterin: Der Gerichtsschreiber: Leuzinger Batz
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2,010
fr
Faits: A. A.a La société I._ SA a été créée dans le canton de Fribourg sous un autre nom en 1981. J._ en était l'administrateur unique. Dès 1996, elle a connu des difficultés financières. Entre le 25 avril et le 22 juillet 1997, trois établissements bancaires - la banque X._ SA (ci-après: X._ SA), la banque Y._ SA (ci-après: Y._ SA) et la Banque Z._ (ci-après: Z._) - ont dénoncé au remboursement intégral les prêts qu'ils lui avaient octroyés. A.b Le 24 juillet 1997, J._ a changé la raison sociale de I._ SA en K._ SA; le but et le siège de la société ont aussi été modifiés. Parallèlement, I._ SA a vendu tous ses biens à A._ SA, société dont la précédente raison -L._ SA - avait été modifiée le 22 octobre 1996. A.c X._ SA a déposé plainte pénale, le 24 octobre 1997, pour gestion déloyale, diminution effective de l'actif au préjudice des créanciers et gestion fautive. Le 31 du même mois, le juge d'instruction a ouvert une enquête pénale visant notamment J._, B._, E._, F._ et D._. Y._ SA et Z._ se sont jointes ultérieurement à cette plainte. En date du 26 octobre 1999, les plaignantes ont requis et obtenu l'extension de la mise en prévention à l'infraction d'appropriation de la clientèle, au sens des art. 2, 3 let. d et 23 de la loi fédérale du 19 décembre 1986 contre la concurrence déloyale (LCD; RS 241). Par ordonnance du 20 décembre 2004, le juge d'instruction a prononcé un non-lieu, à cet égard, envers les prénommés. Il a, cependant, renvoyé J._ et B._ devant le Tribunal pénal économique du canton de Fribourg du chef des autres infractions susmentionnées. A.d La faillite de la société K._ SA a été prononcée le 7 janvier 1998. L'état de collocation a été déposé le 6 novembre 1998. Le 16 mars 1999, l'administration de la masse en faillite a cédé aux trois banques précitées le droit de faire valoir elles-mêmes une créance en responsabilité civile, basée sur les art. 754 et 755 CO, contre toutes les personnes qui s'occupaient de la gestion et de la vérification des comptes annuels de ladite société. Le 25 octobre 1999, elle leur a, en outre, cédé le droit de faire valoir "une créance en responsabilité civile, conformément aux art. 2, 3 let. d et 9 [LCD], contre les personnes qui se sont approprié illicitement la clientèle de la société faillie K._ SA (anciennement I._ SA)". A.e Les banques ont obtenu des renonciations à invoquer la prescription de la part de E._, F._ et D._ depuis le mois de mai 2000. B._ et C._ SA, contre qui elles avaient introduit des poursuites le 22 mai 2000, en même temps que contre A._ SA, ont également renoncé à exciper de la prescription de novembre 2004 jusqu'au 30 juin 2005. B. B.a Par requête de citation en conciliation du 29 juin 2005, suivie du dépôt de leur demande au fond en date du 14 décembre 2005, X._ SA, Y._ SA et Z._ ont ouvert action en dommages-intérêts à l'encontre de A._ SA, E._, F._, D._, B._ et C._ SA. Invoquant les art. 2, 3 let. d et 23 LCD, 41 CO et 754 ss CO, les banques demanderesses ont conclu à ce que les défendeurs fussent condamnés solidairement à leur payer la somme de 4'808'636 fr. avec intérêts à 5% l'an dès le 7 janvier 1998. Dans leurs réponses respectives, les six défendeurs ont tous conclu au rejet de la demande en soulevant un certain nombre d'objections et d'exceptions, dont la prescription. A._ SA a également pris des conclusions reconventionnelles tendant à faire constater qu'elle ne devait pas les sommes formant l'objet des commandements de payer que les demanderesses lui avaient fait notifier. Les débats ont été limités aux exceptions de prescription et d'incompétence ratione loci. Par jugement du 26 février 2008, le Tribunal civil de la Gruyère, admettant implicitement sa compétence à raison du lieu, a rejeté la demande comme étant prescrite. B.b Statuant par arrêt du 9 février 2010, sur appel des demanderesses, la Ie Cour d'appel civil du Tribunal cantonal fribourgeois a partiellement admis le recours, dans la mesure où il était recevable, annulé le jugement de première instance et renvoyé la cause au Tribunal civil de la Gruyère pour nouvelle instruction et nouveau jugement dans le sens des considérants de l'arrêt cantonal. L'arrêt en question repose sur les motifs résumés ci-après en ce qui concerne le problème de la prescription. B.b.a Il s'agit de déterminer, en premier lieu, si l'action des demanderesses, en tant qu'elle se fonde sur la LCD, est prescrite au regard de l'<ref-law>. Les demanderesses allèguent, à l'appui de leur action, que les défendeurs ont créé la société A._ SA afin d'exploiter, de manière parasitaire, la réputation de I._ SA et qu'ils ont ensuite organisé la cession des actifs - mais non des passifs - de la future faillie à A._ SA. Etant donné les circonstances, elles ont connu leur dommage de même que les auteurs de celui-ci bien avant le mois de mai 1999. Aussi la prescription annale était-elle déjà acquise au mois de mai 2000, à l'égard de tous les défendeurs, lorsqu'elles l'ont interrompue par des poursuites visant certains d'entre eux et ont obtenu des renonciations à l'invoquer de la part des autres. B.b.b S'appuyant sur l'<ref-law>, les demanderesses se prévalent toutefois de la prescription pénale de plus longue durée. En l'occurrence, nul ne conteste que le juge d'instruction a prononcé un non-lieu, entré en force, au motif que les infractions mentionnées à l'<ref-law> ne sont punissables que sur plainte et qu'aucune plainte n'a été déposée en temps utile. Fondée sur une telle circonstance, et non pas sur l'absence de réalisation des conditions objectives ou subjectives de punissabilité, cette décision ne lie pas le juge civil, contrairement à l'opinion de l'autorité de première instance. Il y a lieu, partant, d'examiner la punissabilité des actes incriminés, étant précisé que l'<ref-law> sera applicable à A._ SA et C._ SA, même si leur punissabilité en tant que personnes morales est exclue en l'espèce, s'il s'avère que leur administrateur commun, B._, est punissable. La question de la réalisation du comportement déloyal visé par l'art. 3 let. d LCD se pose de manière identique, que l'on examine pareil comportement du point de vue pénal (<ref-law>) ou dans le cadre de l'action en responsabilité civile à laquelle il peut donner matière (<ref-law>). Or, si la Cour d'appel se prononçait sur la punissabilité des défendeurs, au sens de l'<ref-law> en liaison avec l'<ref-law>, elle statuerait inévitablement sur plusieurs aspects de leur responsabilité civile, alors que ceux-ci n'ont pas été abordés en première instance, privant ainsi les parties du double degré de juridiction que la loi d'organisation judiciaire fribourgeoise leur accorde. La cause doit donc être renvoyée au Tribunal civil pour instruction et jugement sur la question de la punissabilité, puis, le cas échéant, sur les conditions de la responsabilité fondée sur l'<ref-law>. B.b.c Les demanderesses reprochent, en outre, au Tribunal civil d'avoir admis la prescription de l'action en responsabilité des organes de la faillie, fondée sur les <ref-law>, qu'elles ont introduite à l'encontre des défendeurs E._, B._ et C._ SA. Il convient de résoudre, au préalable, la question de savoir si E._ a effectivement opposé l'exception de prescription à cette action en responsabilité, à l'instar de B._ et de C._ SA. Tel n'est pas le cas. Les demanderesses élèvent une unique prétention, tendant au paiement de 4'808'636 fr., mais qui repose sur un double fondement: la LCD, d'une part, invoquée à l'égard de tous les défendeurs; les <ref-law>, d'autre part, invoqués uniquement à l'égard des trois défendeurs précités. Il y a ainsi concours objectif d'actions, lesquelles ne sont pas soumises au même délai ni aux mêmes conditions de prescription. En pareille hypothèse, il n'est pas possible d'admettre que l'exception de prescription soulevée uniquement pour s'opposer à l'une des actions s'étend automatiquement à l'autre action. En l'espèce, E._ n'a pas excipé de la prescription pour s'opposer à l'action en responsabilité fondée sur l'<ref-law>, mais pour faire barrage à l'action basée sur la LCD. Aussi le Tribunal civil ne pouvait-il suppléer d'office le moyen y relatif (<ref-law>). Le délai de prescription de cinq ans, fixé à l'<ref-law> pour les actions en responsabilité des administrateurs et des réviseurs de la société anonyme, a commencé à courir au plus tard le 6 novembre 1998, date du dépôt de l'état de collocation de la faillie. La prescription était donc acquise lorsque les demanderesses ont ouvert leur action, le 29 juin 2005, à moins qu'elle n'ait été valablement interrompue entre-temps, ce qu'il y a lieu d'examiner. Les demanderesses, agissant comme cessionnaires de la masse en faillite de la société K._ SA, réclament aux trois défendeurs précités, auxquels elles attribuent la qualité d'organes de fait de cette société, la réparation du dommage réflexe qu'ils ont prétendument causé à l'ensemble des créanciers sociaux, et non l'indemnisation de leur dommage personnel. Sans doute est-ce en leur propre nom qu'elles ont introduit, en mai 2000, des poursuites interruptives de prescription, respectivement ont obtenu une renonciation à invoquer la prescription pour autant qu'elle ne fût pas déjà acquise. Cependant, les trois défendeurs ne pouvaient ignorer, dès avant mai 2000, sur le vu notamment des lettres que le conseil des demanderesses avait adressées le 6 janvier 2000 à B._, à C._ SA et au mandataire de E._, que les banques agissaient en vertu d'une cession au sens de l'<ref-law> et qu'elles étaient ainsi habilitées à introduire contre eux des poursuites en leurs propres noms, tout en indiquant clairement agir pour le compte de la masse. B._ et C._ SA ne prétendent du reste pas - avec raison - avoir cru que les banques entendaient agir en réparation de leur dommage propre. Quant à E._, il n'aurait pas non plus pu le soutenir, au regard de la susdite lettre, à supposer qu'il se fût prévalu de la prescription, si bien que celle-ci ne serait de toute façon pas acquise en ce qui le concerne. B._ et C._ SA, approuvés par le Tribunal civil, ont soutenu que tant les poursuites interruptives de prescription que leur renonciation à invoquer celle-ci visaient uniquement l'action fondée sur la LCD, à l'exclusion des prétentions découlant de l'<ref-law>, ces dernières n'étant pas mentionnées dans les courriers qui leur ont été adressés le 6 janvier 2000. Ils ont tort. Ces courriers mentionnent les prétentions cédées par la masse en faillite. L'acte de cession du 16 mars 1999, qui leur est annexé, concerne notamment la créance en responsabilité civile, fondée sur l'<ref-law>, à l'égard de toutes les personnes qui s'occupaient de la gestion de la faillie. Dès lors, en renonçant sans réserve à invoquer la prescription "pour les prétentions mentionnées dans [la] lettre du 6 janvier 2000", les défendeurs B._ et C._ SA ont également renoncé à le faire pour l'action en responsabilité relative à cette créance. Quant aux commandements de payer interruptifs de prescription notifiés à ces deux défendeurs, leur portée est au moins aussi large. Il s'ensuit que la prescription de cette action-là n'est pas non plus acquise envers ceux-ci. B.b.d Cela étant, la cause doit être renvoyée au Tribunal civil de la Gruyère afin qu'il examine toutes les questions en suspens touchant l'application de l'<ref-law> et, s'il admet que l'action fondée sur la LCD n'est pas prescrite, pour qu'il en examine les conditions d'application, en particulier la légitimation active des demanderesses et le point de savoir si la demande va au-delà des droits cédés par la masse. S'agissant de l'action en responsabilité intentée à E._, à B._ et à C._ SA, qui n'est prescrite envers aucun de ces trois défendeurs, le Tribunal civil devra en examiner les autres conditions d'application. C. Le 20 avril 2010, A._ SA a interjeté un recours en matière civile au Tribunal fédéral. Elle conclut à la réforme de l'arrêt cantonal en ce sens que le recours visant le jugement rendu par le Tribunal civil de la Gruyère est rejeté dans la mesure où il est recevable (cause 4A_210/2010). Le 21 avril 2010, B._ et C._ SA, agissant de concert, ont saisi le Tribunal fédéral d'un recours en matière civile. Ils y prennent la même conclusion que celle formulée par A._ SA, tout en réclamant en sus la confirmation du jugement de première instance et, subsidiairement, le renvoi de la cause à l'autorité précédente pour qu'elle statue à nouveau dans le sens des considérants de l'arrêt fédéral (cause 4A_214/2010). A la même date, D._, E._ et F._ ont formé conjointement un recours en matière civile dans lequel ils ont pris des conclusions identiques à celles des recourants B._ et C._ SA (cause 4A_216/2010). Dans leurs trois réponses distinctes du 28 juillet 2010, les demanderesses et intimées, agissant ensemble, concluent principalement à l'irrecevabilité des trois recours et, subsidiairement, au rejet de ceux-ci. La cour cantonale, qui a transmis le dossier de la cause au Tribunal fédéral, a renoncé à formuler des observations au sujet des recours.
Considérant en droit: 1. Les recours soumis à l'examen du Tribunal fédéral visent tous trois le même arrêt cantonal, lequel a été rendu à l'égard de l'ensemble des parties intéressées. Ils ont trait à la même affaire, au sens large, et soulèvent des questions juridiques qui leurs sont communes sur plusieurs points. Dans ces conditions, l'économie de la procédure justifie que les causes 4A_210/2010, 4A_214/2010 et 4A_216/2010 soient jointes pour être traitées dans un seul et même arrêt, ainsi que le requièrent du reste formellement les recourants D._, E._ et F._. 2. Le Tribunal fédéral examine d'office la recevabilité des recours qui lui sont soumis (<ref-ruling> consid. 1.1 p. 3, 329 consid. 1 p. 331). Celle-ci est d'ailleurs expressément contestée par les intimées. 3. 3.1 L'arrêt attaqué rejette l'exception de prescription que trois défendeurs ont soulevée pour s'opposer à l'action en responsabilité civile, fondée sur l'<ref-law>, que les demanderesses ont ouverte contre eux; pour le surplus, il renvoie la cause à la juridiction de première instance afin, notamment, qu'elle se prononce sur la prescription de l'action en dommages-intérêts, basée sur la LCD, qui a été introduite contre tous les défendeurs. Cette décision n'est donc pas finale au sens de l'<ref-law>, car elle ne met pas fin à la procédure. Elle ne porte, au demeurant, ni sur la compétence ni sur une demande de récusation (cf. <ref-law>), mais tranche une question préjudicielle de droit matériel. Il s'agit donc d'une autre décision incidente au sens de l'<ref-law>. Une telle décision, lorsqu'elle est notifiée séparément, peut faire l'objet d'un recours au Tribunal fédéral si elle est susceptible de causer un préjudice irréparable (<ref-law>) ou si l'admission du recours peut conduire immédiatement à une décision finale qui permet d'éviter une procédure probatoire longue et coûteuse (<ref-law>). Les recourants ne prétendent pas, à juste titre, que l'arrêt attaqué peut leur causer un dommage irréparable. Il convient donc d'examiner si les deux conditions - cumulatives (cf. <ref-ruling> consid. 2.4.1 p. 633 et l'arrêt cité) - requises par l'<ref-law> sont réalisées en l'espèce. 3.2 La première condition suppose que l'admission du recours conduirait immédiatement à une décision finale. Il faut que le Tribunal fédéral lui-même puisse mettre fin définitivement à la procédure dans l'hypothèse où il parviendrait à une solution inverse de celle retenue par l'autorité cantonale, c'est-à-dire en jugeant différemment la question tranchée dans la décision incidente attaquée (<ref-ruling> consid. 2.4.1 p. 633; <ref-ruling> consid. 4.1 p. 791 et les arrêts cités). Le Tribunal fédéral doit pouvoir rendre lui-même la décision finale (cf. <ref-law>). Cette condition est remplie en l'espèce. En effet, s'il devait admettre l'exception de prescription envers tous les recourants et sans égard à la nature juridique des actions ouvertes contre eux, le Tribunal fédéral pourrait prononcer sur-le-champ le rejet définitif de la demande introduite par les trois intimées. C'est du moins ce que les recourants soutiennent, en s'inscrivant en faux contre l'opinion de la cour cantonale selon laquelle la question de la prescription, au sens de l'<ref-law>, ne pourrait pas être tranchée en l'état sous tous ses aspects, la cause devant être renvoyée à cette fin à la juridiction de première instance (cf., ci-dessus, let. B.b.b., dernier §). Les arguments qu'ils avancent à ce propos permettraient effectivement à la Cour de céans de rejeter la demande une fois pour toutes. Cette constatation suffit pour admettre la réalisation de la condition de recevabilité examinée. Dire si ces arguments sont juridiquement fondés relève déjà de l'examen matériel des griefs soulevés par les recourants. Cette condition est remplie en l'espèce. En effet, s'il devait admettre l'exception de prescription envers tous les recourants et sans égard à la nature juridique des actions ouvertes contre eux, le Tribunal fédéral pourrait prononcer sur-le-champ le rejet définitif de la demande introduite par les trois intimées. C'est du moins ce que les recourants soutiennent, en s'inscrivant en faux contre l'opinion de la cour cantonale selon laquelle la question de la prescription, au sens de l'<ref-law>, ne pourrait pas être tranchée en l'état sous tous ses aspects, la cause devant être renvoyée à cette fin à la juridiction de première instance (cf., ci-dessus, let. B.b.b., dernier §). Les arguments qu'ils avancent à ce propos permettraient effectivement à la Cour de céans de rejeter la demande une fois pour toutes. Cette constatation suffit pour admettre la réalisation de la condition de recevabilité examinée. Dire si ces arguments sont juridiquement fondés relève déjà de l'examen matériel des griefs soulevés par les recourants. 3.3 3.3.1 S'agissant de la seconde condition posée par l'<ref-law>, la jurisprudence exige que la partie recourante établisse, si cela n'est pas manifeste, qu'une décision finale immédiate permettrait d'éviter une procédure probatoire longue et coûteuse; cette partie doit indiquer de manière détaillée, en particulier, quelles questions de fait sont encore litigieuses et quelles preuves, déjà offertes ou requises, doivent encore être administrées, et en quoi celles-ci entraîneraient une procédure probatoire longue et coûteuse (<ref-ruling> consid. 2.4.2 p. 633; cf. également <ref-ruling> consid. 1.3.3 p. 141). Tout complément d'instruction entraîne nécessairement des frais et un prolongement de la procédure; cela ne suffit pas pour ouvrir le recours immédiat. Pour que la condition légale soit remplie, il faut que la procédure probatoire, par sa durée et son coût, s'écarte notablement des procès habituels. Si l'administration des preuves doit se limiter à entendre les parties, à leur permettre de produire des pièces et à procéder à l'interrogatoire de quelques témoins, un recours immédiat n'est pas justifié. Il en va différemment s'il faut envisager une expertise complexe, plusieurs expertises, l'audition de très nombreux témoins ou l'envoi de commissions rogatoires dans des pays lointains (arrêt 4A_174/2010 du 2 juin 2010 consid. 1.3 et l'auteur cité). Au demeurant, comme l'<ref-law> ne vise que la procédure probatoire, soit l'administration des preuves, il ne suffit pas, pour justifier la recevabilité immédiate du recours, que l'examen de l'ensemble des questions qui se posent en droit requière des recherches juridiques fastidieuses et une réflexion approfondie, ni que la complexité de la cause entraîne la rédaction de longues écritures, le cas échéant devant deux instances cantonales successives (arrêt 4A_23/2008 du 28 mars 2008, in SJ 2008 I p. 389). Selon la jurisprudence, l'ouverture du recours, pour des motifs d'économie de procédure, contre les décisions préjudicielles ou incidentes, constitue une exception et doit être interprétée de manière restrictive, d'autant que les parties ne subissent aucun préjudice lorsqu'elles n'attaquent pas immédiatement de telles décisions, qu'elles peuvent contester en même temps que la décision finale en vertu de l'<ref-law> (<ref-ruling> consid. 3.2). 3.3.2 Quoi qu'en disent les intimées, les recours soumis à l'examen du Tribunal fédéral satisfont aux exigences jurisprudentielles qui viennent d'être rappelées. 3.3.2.1 Il est vrai qu'un certain nombre de circonstances avancées par les recourants ne sont pas forcément pertinentes, prises individuellement, pour déterminer à la fois la longueur et le coût de la procédure probatoire à venir. Il en va ainsi - dans le désordre - de la valeur litigieuse du différend, du nombre de pages que comporte le mémoire de demande, de l'ancienneté des faits et de la contestation de la majorité d'entre eux, de l'existence de consorts demandeurs et défendeurs, du double fondement juridique de l'action en dommages-intérêts ouverte par les demanderesses, de l'ampleur des dépens d'appel, du volume du dossier pénal formant partie intégrante du dossier civil, du fait que la procédure pénale est toujours pendante à l'égard de l'un des recourants ou encore du temps qui s'est écoulé depuis l'introduction de la demande jusqu'à ce jour. Cependant, l'accumulation de telles circonstances pourrait déjà conduire à une appréciation différente de la situation. D'autres circonstances, tels la surcharge chronique du Tribunal civil de la Gruyère ou le fait que le magistrat ayant instruit l'affaire ne serait plus en fonction, ne sont pas étayées alors qu'elles ne sauraient être tenues pour des faits notoires. Supposées avérées, elles impliqueraient d'ailleurs tout au plus une augmentation de la durée, et non du coût, de la procédure probatoire. En revanche, l'audition d'une dizaine de témoins et l'interrogatoire des parties dans un procès en responsabilité n'ayant rien d'une cause ordinaire, eu égard au nombre de personnes impliquées, à la complexité de la situation de fait et de droit qui le caractérise et à l'existence d'une procédure pénale parallèle de grande ampleur, sont des mesures probatoires qui, ajoutées à l'expertise dont il sera question ci-après (cf. consid. 3.3.2.2), renchériraient et rallongeraient indubitablement la procédure probatoire au point de justifier le recours immédiat au Tribunal fédéral. 3.3.2.2 S'agissant de l'expertise judiciaire, toutes les parties s'accordent sur la nécessité d'administrer un tel moyen de preuve. Elles divergent d'opinions, en revanche, sur le point de savoir si, de ce fait, la procédure probatoire, par sa durée et son coût, s'écartera notablement des procès habituels. Il n'existe pas de critère absolu à l'aune duquel il serait possible de résoudre le problème litigieux. Dans ce domaine comme dans bien d'autres, les circonstances de fait du cas concret dictent le choix de la solution à retenir. Il n'y a donc guère d'enseignements à tirer de la jurisprudence en la matière (pour un aperçu de cette jurisprudence, cf. l'arrêt 4A_390/2009 du 20 octobre 2009 consid. 1.3.2), ni de celle ayant trait plus spécifiquement à l'administration d'une expertise dans un procès en responsabilité d'un organe d'une société anonyme (voir l'arrêt 4F_5/2010 du 9 août 2010 consid. 2.2 et 2.3). Tout au plus peut-on admettre, ce qui a déjà été relevé plus haut (cf. consid. 3.3.1), que la nécessité d'ordonner une expertise complexe ou plusieurs expertises est de nature à occasionner une procédure probatoire longue et coûteuse. Selon les recourants, l'expertise judiciaire à venir devrait permettre d'apporter la preuve que la société faillie était surendettée depuis fort longtemps, si bien que les actes qui leur sont reprochés ne sauraient avoir généré un dommage, ni être en lien de causalité avec la faillite de cette société. A leur avis, l'expertise devra également mettre en lumière le fait que les trois banques intimées étaient parfaitement conscientes de l'état de surendettement de la future faillie au moment où elles lui ont octroyé les crédits litigieux. Certains des recourants ajoutent que la mise sur pied d'une expertise est d'autant plus indispensable que les deux expertises versées au dossier de la procédure pénale ont été déclarées nulles par le Tribunal pénal économique du canton de Fribourg au motif qu'elles manquaient d'impartialité. Il appert de ces explications, tout à fait plausibles, que la mission de l'expert judiciaire ne sera pas une sinécure et qu'elle nécessitera la consultation d'un grand nombre de pièces, en particulier celles qui figurent dans le volumineux dossier pénal constitué dans cette affaire ou encore celles qui ont été versées au dossier de la faillite. Qu'un tel travail soit de nature à occasionner une dépense considérable aussi bien en temps qu'en argent n'est guère contestable, et les intimées en sous-estiment vraisemblablement la durée lorsqu'elles l'évaluent à une trentaine d'heures. D'où il suit que la seconde condition cumulative d'application de l'<ref-law> est remplie en l'espèce. Par conséquent, les recours sont recevables au regard de cette disposition. 4. 4.1 Les recours sont dirigés contre une décision rendue en matière civile (<ref-law>) dans une affaire dont la valeur litigieuse atteint le minimum de 30'000 fr. fixé par l'<ref-law> pour la recevabilité du recours en matière civile. Les six recourants ont pris part à la procédure devant l'autorité précédente et ont un intérêt juridique à la modification de l'arrêt attaqué, étant donné qu'ils ont succombé en partie dans les conclusions libératoires qu'ils avaient prises devant l'instance d'appel (<ref-law>). Ils ont déposé leur recours en la forme requise (<ref-law>) et dans les 30 jours suivant la notification dudit arrêt (<ref-law>), compte tenu de la suspension du délai durant les féries pascales (<ref-law>). Rien ne s'oppose, dès lors, à l'entrée en matière. 4.2 Le Tribunal fédéral applique le droit d'office (<ref-law>). N'étant pas lié par l'argumentation des parties, il apprécie librement la portée juridique des faits, mais s'en tient, d'ordinaire, aux questions de droit que la partie recourante soulève conformément aux exigences légales relatives à la motivation du recours (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 1.4.1 p. 254). Il conduit son raisonnement sur la base des faits établis par l'autorité précédente (<ref-law>). 5. Dans leurs réponses aux recours, les intimées ne critiquent pas le raisonnement qui a conduit la cour cantonale à admettre que la prescription annale de l'<ref-law> est acquise envers tous les recourants. Point n'est donc besoin d'examiner cette question. 6. Il y a lieu de commencer par l'examen des griefs formulés en rapport avec l'interprétation et l'application de l'<ref-law>, étant donné que ces griefs sont communs à l'ensemble des recourants. 6.1 L'action en dommages-intérêts se prescrit par un an à compter du jour où la partie lésée a eu connaissance du dommage ainsi que de la personne qui en est l'auteur et, dans tous les cas, par dix ans dès le jour où le fait dommageable s'est produit (<ref-law>). Toutefois, si les dommages-intérêts dérivent d'un acte punissable soumis par les lois pénales à une prescription de plus longue durée, cette prescription s'applique à l'action civile (<ref-law>). Cette règle a pour but d'harmoniser la prescription du droit civil avec celle du droit pénal. Il ne serait en effet pas satisfaisant que l'auteur puisse encore être puni alors que le lésé ne serait plus en mesure d'obtenir réparation sur le plan civil. Pour que l'<ref-law> soit applicable, le comportement à l'origine du dommage doit réaliser les éléments constitutifs objectifs et subjectifs d'un acte punissable selon le droit cantonal ou fédéral. Le juge civil appliquera les règles du droit pénal; il est toutefois lié par une condamnation pénale, par un prononcé libératoire constatant l'absence d'acte punissable ou par une décision de suspension de la procédure pénale assortie des mêmes effets qu'un jugement quant à son caractère définitif. L'application de la prescription pénale plus longue suppose également que l'infraction visée soit en relation de causalité naturelle et adéquate avec le préjudice donnant lieu à l'action civile. Il faut de plus que le lésé fasse partie des personnes protégées par la loi pénale. Il s'agit là d'une conséquence de la théorie (objective) de l'illicéité prévalant en droit civil (arrêt 4C.156/2005 du 28 septembre 2005 consid. 3.3 et les références, in SJ 2006 I p. 221). 6.2 Avant de passer en revue les moyens soulevés par les recourants en ce qui concerne l'application de ces principes, il convient de se pencher sur une objection des intimées qui pourrait rendre ces moyens inopérants. On rappellera, au préalable, que la partie intimée au recours peut formuler des griefs, à titre éventuel, contre la décision attaquée, pour le cas où les arguments du recourant seraient suivis (Bernard Corboz, in Commentaire de la LTF, 2009, n° 29 ad art. 102). Selon les intimées, dès lors qu'il y a eu poursuite pénale, même achevée par un non-lieu, le 20 décembre 2004, chaque interruption de la prescription civile intervenue avant cette date a fait courir un nouveau délai de prescription pénale de plus longue durée. Peu importe, à cet égard, que les comportements incriminés aient été punissables ou non, du moment que, jusqu'au prononcé du non-lieu, les personnes physiques poursuivies étaient prévenues d'infractions à la LCD. Semblable objection tombe à faux. Comme le souligne avec raison la cour cantonale, à suivre les intimées, il suffirait que l'auteur du dommage fasse l'objet d'une enquête pénale pour que l'<ref-law> s'applique, au moins temporairement, quand bien même le prévenu ferait ensuite l'objet d'un non-lieu, voire d'un acquittement. Une telle interprétation est incompatible avec le texte et le but de la disposition citée. L'adopter permettrait, en effet, d'appliquer cette disposition indépendamment de l'existence d'un "acte punissable", de sorte qu'il suffirait au lésé d'obtenir l'ouverture d'une enquête pénale pour bénéficier de la prescription de plus longue durée, quelle que soit l'issue de la procédure pénale. Semblable objection tombe à faux. Comme le souligne avec raison la cour cantonale, à suivre les intimées, il suffirait que l'auteur du dommage fasse l'objet d'une enquête pénale pour que l'<ref-law> s'applique, au moins temporairement, quand bien même le prévenu ferait ensuite l'objet d'un non-lieu, voire d'un acquittement. Une telle interprétation est incompatible avec le texte et le but de la disposition citée. L'adopter permettrait, en effet, d'appliquer cette disposition indépendamment de l'existence d'un "acte punissable", de sorte qu'il suffirait au lésé d'obtenir l'ouverture d'une enquête pénale pour bénéficier de la prescription de plus longue durée, quelle que soit l'issue de la procédure pénale. 6.3 6.3.1 Les recourants font valoir, motif pris de la ratio legis de l'<ref-law>, que, si l'auteur de l'acte dommageable ne peut plus être puni parce qu'il a bénéficié d'un non-lieu ayant un caractère définitif, il ne se justifie plus d'appliquer la prescription pénale de plus longue durée à l'action civile du lésé. Selon eux, il découlerait de la jurisprudence fédérale que le critère pertinent pour savoir si le juge civil est lié par un non-lieu réside, non pas dans la motivation de celui-ci, mais dans son caractère définitif. Revêtu d'un tel caractère en vertu du droit procédural fribourgeois, le non-lieu prononcé le 24 décembre 2004, pour cause de dépôt tardif de la plainte pénale, priverait ainsi les intimées du droit de se prévaloir de la prescription pénale. Force est de constater que les recourants se trompent sur le sens à donner à la jurisprudence censée étayer leur thèse. A leur décharge, il faut certes admettre que la formulation de l'arrêt sur lequel ils se fondent (arrêt 4C.234/1999 du 12 janvier 2000 consid. 5c/aa, in SJ 2000 I p. 421), tout comme celle d'autres précédents (arrêt 4D_80/2007 du 9 avril 2008 consid. 2.2.2; arrêt 4C.156/2005, précité, ibid.; <ref-ruling> consid. 4a p. 198), n'est pas suffisamment précise pour exclure toute discussion. De fait, dire que "le non-lieu prononcé par le juge pénal ne lie le juge civil que s'il est assorti des mêmes effets qu'un jugement quant à son caractère définitif" est sans doute exact, mais néanmoins incomplet. Semblable affirmation pourrait donner à penser que tout non-lieu entré en force lie le juge civil. Tel n'est cependant pas le cas: l'entrée en force de la décision de non-lieu, i.e. son caractère définitif, est une condition nécessaire mais pas suffisante. A cet égard, il a été jugé, de longue date, qu'une décision de ce genre ne s'impose au juge civil que s'il en appert que les éléments requis pour la réalisation de l'infraction ne sont pas réunis. En d'autres termes, la prescription pénale de plus longue durée ne s'applique pas lorsque la punissabilité de l'auteur a été niée dans la procédure pénale, que ce soit faute d'un élément objectif ou subjectif (<ref-ruling> consid. 3 et 4; arrêt C.326/1987 du 18 décembre 1987 consid. 1b). En revanche, un non-lieu (ou un acquittement) fondé sur l'extinction de l'action pénale pour cause de prescription n'empêche pas le juge civil d'examiner lui-même librement s'il existe un acte punissable (<ref-ruling> consid. 3 p. 322 et les arrêts cités; <ref-ruling> consid. 1 p. 501). Il en va de même pour ce qui est de la décision libératoire (non-lieu ou acquittement) motivée par le défaut de plainte pénale, lorsque l'infraction imputée à l'auteur du dommage ne se poursuit que sur plainte (<ref-ruling> consid. 5.3; <ref-ruling> consid. 4a p. 86; arrêt 4C.355/2006 du 1er février 2007 consid. 5.2.1; arrêt 4C.42/1992 du 18 décembre 1992 consid. 2a). L'arrêt cité par les recourants ne dit pas autre chose, si on le considère de plus près. Le non-lieu dont il s'agissait en l'occurrence avait été prononcé par la Chambre d'accusation du canton de Genève en application de l'<ref-law>/GE, suite à un recours contre une ordonnance de classement du Procureur général (arrêt 4C.234/1999, précité, consid. 5c/bb). Or, il ne peut l'être, en vertu de cette disposition, que lorsque la Chambre d'accusation ne trouve pas des indices suffisants de culpabilité ou lorsqu'elle estime que les faits ne peuvent constituer une infraction (sur la distinction entre le classement et le non-lieu en procédure pénale genevoise, voir l'arrêt 6P.36/1998 du 27 mai 1998 consid. 1b et 3b). L'ordonnance de non-lieu rendue par la Chambre d'accusation revêtait donc non seulement un caractère définitif, puisqu'elle était en force, mais elle niait, de surcroît, l'existence d'un acte punissable. Il était normal, dans ces conditions, que cette décision liât le juge civil et fît obstacle à l'application de l'<ref-law>. L'interprétation que la jurisprudence fédérale donne de cette disposition est du reste largement approuvée par la doctrine, avec des nuances ici ou là (cf., parmi d'autres: von Tuhr/Peter, Allgemeiner Teil des Schweizerischen Obligationenrecht, 3e éd. 1979, p. 440 ch. III; Oftinger/Stark, Schweizerisches Haftpflichtrecht, Bes. Teil, vol. II/1, 4e éd. 1987, p. 114 n° 377; Alfred Keller, Haftpflicht im Privatrecht, vol. II, 2e éd. 1998, p. 272 ch. 5; Franz Werro, La responsabilité civile, 2005, p. 368 n° 1460; le même, in Commentaire romand, Code des obligations I, 2003, n° 31 ad <ref-law>; Heinz Rey Ausservertragliches Haftpflichtrecht, 4e éd. 2008, p. 387 n° 1672; Roland Brehm, Commentaire bernois, 3e éd. 2006, n° 87 ad <ref-law>; Robert K. Däppen, in Commentaire bâlois, Obligationenrecht I, 4e éd. 2007, n° 13 ad <ref-law>; Bernard Corboz, La responsabilité des organes en droit des sociétés, 2004, n° 32 ad <ref-law>; Kurt Joseph Steiner, Verjährung haftpflichtrechtlicher Ansprüche aus Straftat (Art. 60 Abs. 2 OR), 1986, p. 61; Denis Tappy, La prescription pénale de plus longue durée applicable en matière civile, in Responsabilité civile et assurance, Etudes en l'honneur de Baptiste Rusconi, 2000, p. 405). Elle n'est en rien contraire à la ratio legis de l'<ref-law>. En adoptant cette disposition, le législateur a voulu éviter que le responsable ne puisse plus être recherché sur le plan civil à un moment où il pourrait encore être puni pénalement (<ref-ruling> consid. 3b et les références). Cependant, comme il a édicté cette disposition en faveur du lésé, il serait erroné de vouloir lui prêter, à l'inverse, l'intention d'exclure l'application de l'<ref-law> chaque fois que la condamnation pénale de l'auteur du dommage est désormais impossible pour quelque motif que ce soit, en particulier lorsque l'action publique ne peut plus être exercée (cas du défaut de plainte pénale ou de la tardiveté du dépôt de celle-ci pour une infraction ne se poursuivant que sur plainte), qu'il y a été mis un terme par une décision libératoire à caractère définitif (classement, non-lieu ou acquittement) sans que l'autorité compétente n'ait statué sur les éléments constitutifs de l'infraction en cause (cas de la prescription de l'action pénale) ou encore que la sanction est déjà tombée (cas du jugement condamnatoire en force). Il résulte de ces considérations que la simple entrée en force de l'ordonnance de non-lieu du 20 décembre 2004 n'empêche pas en soi la mise en oeuvre de la prescription pénale de plus longue durée. Aussi l'opinion inverse, professée par les recourants, ne saurait-elle être suivie. Cela étant, point n'est besoin d'examiner l'argument par lequel les intimées affirment avoir contesté que ladite ordonnance soit entrée en force, contrairement à ce qui a été retenu par les juges d'appel. 6.3.2 Dans une argumentation subsidiaire, B._ et C._ SA s'en prennent à la jurisprudence du Tribunal fédéral selon laquelle la plainte pénale est une condition de l'exercice de l'action publique et non de punissabilité. Ils préconisent d'admettre - du moins lorsque l'infraction n'est poursuivie que sur plainte, sans égard aux rapports existant entre l'auteur et la victime ("absolutes Antragsdelikt") - que la plainte pénale constitue une condition de punissabilité. Ainsi, la tardiveté du dépôt de la plainte pénale, en l'espèce, aurait pour conséquence que le juge civil serait lié par l'ordonnance de non-lieu. La jurisprudence que ces deux recourants remettent en question remonte à l'année 1943 (ATF 69 IV 69 consid. 5). Le Tribunal fédéral ne s'en est pas écarté depuis lors (voir les arrêts cités par Christof Riedo, in Commentaire bâlois, Strafrecht I, 2e éd. 2007, n° 20 des Remarques préliminaires ad <ref-law>). Au contraire, il l'a encore confirmée dans un arrêt récent, en précisant qu'il ne se justifie pas d'obliger le lésé à déposer une plainte qu'il ne juge pas souhaitable à la seule fin de pouvoir invoquer la prescription pénale de plus longue durée devant le juge civil (<ref-ruling> consid. 5.3). Il n'y a donc pas lieu de soumettre cette jurisprudence à un nouvel examen. 6.3.3 Plus subsidiairement, les mêmes recourants font encore valoir qu'il incombe au droit de procédure cantonal de définir les conséquences de l'absence de plainte pénale. Ils ajoutent que le code de procédure pénale fribourgeois définit le non-lieu comme une décision de renonciation à la poursuite fondée sur un obstacle de droit et acquérant force de chose jugée après l'expiration du délai de recours. A leur avis, l'ordonnance rendue le 20 décembre 2004 entre dans le cadre de cette définition, de sorte que le non-lieu prononcé à cette date liait le juge civil et lui interdisait d'appliquer l'<ref-law>. La prémisse de ce raisonnement est erronée. Il n'appartient pas au droit de procédure cantonal, mais bien au droit matériel fédéral de fixer les conditions auxquelles la disposition citée est applicable. C'est donc à lui de dire quelle est l'incidence du défaut de plainte pénale ou de la tardiveté du dépôt de la plainte pénale sur le cours du délai de l'action civile en dommages-intérêts. Le droit de procédure cantonal peut définir la nature de la décision par laquelle il est mis fin à l'action publique ouverte contre l'auteur présumé d'une infraction (classement, non-lieu, etc.) et préciser quand une telle décision acquiert force de chose jugée. En revanche, il ne saurait paralyser l'application du droit matériel fédéral en décrétant qu'une ordonnance de non-lieu en force fondée sur le défaut de plainte pénale interdit au juge civil de mettre en oeuvre l'<ref-law>. 6.3.4 La plupart des recourants considèrent qu'il serait erroné de confondre la situation dans laquelle aucun juge pénal n'est saisi, faute de plainte, avec celle où un juge est saisi et mène l'instruction jusqu'à son terme avant de constater que la plainte n'a pas été déposée dans le délai fixé par la loi. Leur grief de ce chef s'épuise toutefois dans cette seule affirmation. Au demeurant, la raison d'être de la distinction qu'ils proposent de faire entre ces deux situations n'est pas perceptible. Elle l'est d'autant moins qu'un acquittement prononcé pour le même motif par l'autorité de jugement, au terme de l'instruction, ne lierait pas davantage le juge civil, car il ne s'agirait pas d'un prononcé libératoire constatant l'absence d'acte punissable (cf. <ref-ruling> consid. 3 p. 216; <ref-ruling> consid. 3 p. 322 i.f.). 6.3.5 D._, F._ et E._, citant un passage de l'ordonnance de non-lieu du 20 décembre 2004, affirment que le juge d'instruction y a catégoriquement exclu toute conscience et volonté de leur part relativement aux actes qui leur étaient reprochés, de sorte qu'il n'aurait pu que nier l'existence des éléments constitutifs de l'infraction prévue à l'<ref-law> s'il n'avait pas motivé sa décision par le fait que la plainte pénale de ce chef avait été déposée tardivement. Toutefois, il leur était impossible de faire constater que les conditions de cette infraction n'étaient pas réalisées en l'espèce, car le code de procédure pénale fribourgeois ne permet pas au bénéficiaire d'un non-lieu de s'en prendre aux motifs pour lesquels celui-ci a été prononcé. Les trois recourants en déduisent que, dans la mesure où elle a bel et bien exclu l'existence d'une infraction au sens de l'<ref-law>, la décision libératoire prise à la date sus-indiquée liait le juge civil et excluait, partant, l'application de l'<ref-law>. Il n'est pas possible d'entrer dans leurs vues. En effet, les juges d'appel constatent, dans leur arrêt, que le non-lieu était "fondé sur le fait que les infractions réprimées par l'<ref-law> ne sont punissables que sur plainte et qu'aucune plainte n'a été déposée en temps utile" (p. 14, let. cc, 1er §). Ils précisent encore qu'ils ont affaire à un "non-lieu fondé exclusivement sur la tardiveté du dépôt de la plainte pénale" (p. 15, let. dd, 1er §). Il s'agit là de constatations de fait, tirées de l'appréciation d'un élément de preuve (le contenu de l'ordonnance de non-lieu), qui lient le Tribunal fédéral (<ref-law>) et que les recourants n'attaquent pas par l'un des moyens prévus à l'<ref-law>. Dès lors, en tant qu'il repose sur un fait qui n'a pas été constaté, le grief considéré est irrecevable. En tout état de cause, comme les intimées le soulignent à juste titre, le juge d'instruction n'a pas examiné la culpabilité de ces trois recourants au regard de l'<ref-law>, mais uniquement en relation avec les infractions réprimées par les art. 164 et 165 CP. Il n'a ainsi pas exclu la punissabilité des actes reprochés aux intéressés sous l'angle de la concurrence déloyale. Dès lors, le juge civil n'était pas non plus lié par l'ordonnance de non-lieu du 20 décembre 2004 en tant qu'elle visait les trois personnes physiques susmentionnées. 6.3.6 Tous les recourants consacrent encore de longues explications à la démonstration de la prétendue absence de lien de causalité entre les actes qui leur sont reprochés sur la base de l'<ref-law> et le dommage dont les intimées exigent réparation. Relativement à cette question, ils reprochent, pêle-mêle, à la cour d'appel d'avoir méconnu l'<ref-law>, violé leur droit d'être entendus (art. 29 al. 2 Cst.) et appliqué arbitrairement une disposition du droit procédural fribourgeois qui oblige le juge à motiver sa décision (<ref-law>/FR). A leur avis, le Tribunal fédéral pourrait examiner lui-même le problème du lien de causalité et constater que cette condition nécessaire à l'application de l'<ref-law> fait défaut en l'espèce. Les griefs formulés dans ce cadre-là sont tous irrecevables. Il ressort, en effet, de l'arrêt attaqué que les juges d'appel ont volontairement renoncé à traiter l'ensemble des questions relatives à l'application de l'<ref-law>, y compris celle du lien de causalité, renvoyant la cause à la juridiction de première instance pour instruction et jugement sur toutes ces questions; ils l'ont fait en application de l'<ref-law>/FR, afin de ne pas priver les parties du double degré de juridiction que la loi d'organisation judiciaire leur accorde (arrêt attaqué, p. 15 s., let. dd, dernier §). Or, aucun des recourants ne critique cette décision au motif qu'elle résulterait d'une application arbitraire des dispositions du droit de procédure cantonal. Aussi est-ce en vain que ceux-ci formulent des griefs au sujet d'un problème - le rapport de causalité - que la cour d'appel a expressément refusé d'aborder. 6.3.7 En dernier lieu, les recourants, à l'exception de B._ et de C._ SA, soutiennent, en se fondant sur l'<ref-law>, que la cour cantonale a omis de constater que les intimées connaissaient déjà tous les tenants et aboutissants de l'affaire au moment du dépôt de leur plainte du 24 octobre 1997 et qu'elles ne pouvaient donc ignorer que les actes incriminés étaient susceptibles de constituer des infractions tombant sous le coup de l'<ref-law>, poursuivies sur plainte uniquement. Selon eux, en ne dénonçant pas la violation de cette disposition dans ladite plainte, les intimées auraient intentionnellement renoncé à s'en prévaloir. Aussi commettraient-elles un abus de droit en invoquant la même disposition pour bénéficier de la prescription pénale de plus longue durée. Cet ultime moyen tombe à faux, si tant est qu'il soit recevable. D'abord, contrairement aux affirmations des recourants, la constatation prétendument omise figure aux p. 12 s., let. dd, 5e §, où les juges d'appel décrivent de manière circonstanciée ce que les intimées savaient au fur et à mesure du développement de l'affaire. Ensuite, l'argument tiré de l'abus de droit n'a pas sa place dans un moyen intitulé "Etablissement inexact des faits". Enfin, les recourants passent sous silence le fait que les intimées ont requis l'extension de la mise en prévention à l'infraction d'appropriation de la clientèle, au sens des art. 2, 3 let. d et 23 LCD, en date du 26 octobre 1999, c'est-à-dire bien avant d'ouvrir action en dommages-intérêts contre eux. Au demeurant, comme on l'a déjà relevé plus haut, le dépôt tardif d'une plainte pénale ne constitue pas un empêchement dirimant à l'application de l'<ref-law>. 6.4 Pour les motifs qui viennent d'être énoncés, les trois recours doivent être rejetés, dans la mesure où ils sont recevables, en tant qu'ils contestent la manière dont la cour d'appel a interprété et appliqué la dernière disposition citée. 7. Le second groupe de moyens a trait à la prescription de l'action en responsabilité des organes de la société faillie (<ref-law>). Il ne concerne que trois des six recourants, à savoir E._, B._ et C._ SA, contre qui les intimées ont introduit ladite action. Les moyens soulevés au sujet du problème de la prescription sont communs à ces trois recourants, à l'exception d'un seul qui intéresse uniquement le prénommé. Il y a lieu de commencer par l'examen de ce moyen-ci. 7.1 E._ fait grief à la cour cantonale d'avoir violé le droit fédéral en retenant qu'il n'avait pas opposé l'exception de prescription à l'action en responsabilité fondée sur l'<ref-law>. 7.1.1 Le juge ne peut suppléer d'office le moyen résultant de la prescription (<ref-law>). En revanche, si le débiteur invoque un tel moyen selon les formes et dans le délai prescrits par le droit de procédure cantonal, le principe iura novit curia s'applique: le juge doit alors examiner d'office toute question relative au fondement juridique de l'exception de prescription (<ref-ruling> consid. 3e p. 232; 66 II 234 ss, 237; arrêt 4A_459/2009 du 25 mars 2010 consid. 4; arrêt 4A_56/2008 du 8 octobre 2009 consid. 9.1), en respectant cependant le droit d'être entendu des parties (arrêt 4A_527/2007 du 25 février 2008 consid. 3.2). 7.1.2 En l'occurrence, comme on l'a déjà indiqué plus haut (cf. let. B.b.c), la cour cantonale a admis l'existence d'un concours d'actions, lesquelles ne reposent pas sur le même fondement juridique, ne visent pas l'ensemble des défendeurs et sont soumises à des conditions différentes quant à leur prescription. Elle a constaté, sur le vu des écritures déposées au nom de E._, que ce défendeur n'avait invoqué formellement la prescription que pour l'une des deux actions concurrentes - celle fondée sur la LCD - et qu'il était entré en matière sur la seconde action - celle fondée sur le CO - en contestant sa légitimation passive, sans jamais mentionner l'<ref-law>. Elle en a déduit que ce défendeur n'avait pas opposé l'exception de prescription à l'action en responsabilité des organes de la société anonyme dirigée contre lui. La constatation qu'elle a faite lie le Tribunal fédéral et n'est du reste pas contestée par le recourant. Quant à la conclusion juridique qui en a été tirée, elle n'apparaît pas contraire au droit fédéral tel qu'il a été interprété par la jurisprudence ad hoc. Il a été jugé, en effet, dans une cause où la partie défenderesse n'avait excipé de la prescription qu'à l'égard des prétentions en dommages-intérêts fondées sur l'<ref-law>, dont le Tribunal de commerce n'avait pas à connaître, que l'on ne pouvait pas admettre que l'exception soulevée valait aussi pour la prétention en restitution de l'enrichissement illégitime soumise à cette juridiction (arrêt 4A_56/2008, précité, consid. 9.2). Le défendeur n'avance pas d'arguments propres à infirmer l'opinion des juges précédents. Traiter le concours d'actions à l'égal d'une simple action, sous le rapport de la prescription, ainsi qu'il le suggère, impliquerait, en règle générale, une application par trop extensive du principe iura novit curia à cette institution. Au surplus, dans la mesure où il invoque des explications fournies par lui dans ses écritures d'appel, pour en déduire qu'il a effectivement soulevé le moyen tiré de la prescription, le recourant perd de vue que pareille exception ne pouvait être invoquée qu'au stade prévu par la procédure cantonale fribourgeoise, c'est-à-dire dans la réponse ou, au plus tard, au début de l'administration des preuves (art. 130 al. 1 et 2 CPC/FR; Extraits des principaux arrêts du Tribunal cantonal du canton de Fribourg, 1985, p. 48 s.; FABIENNE HOHL, Procédure civile, tome I, 2001, n° 816). Quoi qu'il en soit, l'argumentation subsidiaire, par laquelle la cour d'appel a considéré que la prescription, eût-elle été invoquée régulièrement par le recourant, ne serait de toute façon pas acquise à son égard, résiste à l'examen pour les motifs indiqués ci-après. 7.2 Le dernier groupe de moyens, commun aux recourants E._, B._ et C._ SA, concerne l'application de l'<ref-law> et, plus précisément, le point de savoir si ces trois recourants ont renoncé ou non à se prévaloir de la prescription quinquennale prévue par cette disposition. 7.2.1 Une déclaration unilatérale de renonciation à se prévaloir de la prescription doit être interprétée selon le principe de la confiance et a donc le sens que son destinataire pouvait raisonnablement lui attribuer dans les circonstances concrètes où elle a été faite (arrêt 5C.42/2005 du 21 avril 2005 consid. 2.3 et les arrêts cités). Comme on l'a relevé plus haut (let. B.b.c), la cour cantonale, mettant en relation les renonciations faites par les trois recourants précités avec les courriers que le conseil des intimées leur avait adressés le 6 janvier 2000, en a déduit que ces renonciations visaient aussi les prétentions découlant de l'<ref-law> élevées contre les intéressés par les trois banques intimées, en leur qualité de créancières cessionnaires des droits de la masse en faillite de la société K._ SA (<ref-law>). Il reste à examiner le bien-fondé de cette déduction au regard des moyens que les recourants soulèvent pour le contester. 7.2.2 Les recourants s'en prennent, tout d'abord, à l'affirmation des juges précédents selon laquelle ils ne pouvaient ignorer, dès avant mai 2000, que les banques intimées, même si elles opéraient en leur nom personnel, étaient cessionnaires de la masse en faillite et qu'elles entendaient agir contre eux sur la base des cessions obtenues de celle-ci. Ils observent, à ce propos, que les trois demanderesses concluent notamment, dans le procès pendant, au paiement d'un montant de 31'911 fr., qui équivaut à leurs frais d'avocat antérieurs à l'ouverture de l'action, et ajoutent que la somme qu'elles réclament sur le fond (4'808'636 fr.) correspond à une quote-part des crédits bancaires qu'elles avaient alloués à la faillie et dont elles n'ont pu obtenir le remboursement. De l'avis des recourants, la cour cantonale aurait ainsi dû ouvrir une procédure probatoire afin de déterminer à quel titre les intimées agissaient et si eux-mêmes le savaient ou pouvaient le savoir au moment où elles leur avaient fait notifier des commandements de payer (à B._ et à C._ SA), resp. avaient requis de chacun d'eux une renonciation à invoquer la prescription. Ne l'ayant pas fait, elle aurait violé leur droit d'être entendus (art. 29 al. 2 Cst.) et procédé à une constatation à la fois manifestement inexacte et contraire au droit (<ref-law>). La recevabilité du grief en question, par lequel les recourants se plaignent en bloc de violations de diverses natures, est déjà sujette à caution. Quoi qu'il en soit, ce grief n'est pas fondé. D'abord, comme les intimées le font remarquer dans leurs réponses au recours, en se référant aux pièces du dossier cantonal, les éléments retenus dans l'arrêt attaqué ont été allégués et plaidés en première instance déjà, et la question litigieuse a encore été débattue en procédure d'appel. Aussi la violation du droit d'être entendu que déplorent les recourants n'est-elle pas perceptible. Ensuite, ceux-ci ne démontrent pas qu'ils auraient formulé valablement, sur le point litigieux, des offres de preuve que la cour cantonale n'aurait pas admises. Il n'y avait enfin rien de contraire au droit fédéral à retenir, sur la base des courriers du 6 janvier 2000, de même que sur le vu du libellé de la cause de la créance figurant dans les commandements de payer notifiés aux recourants B._ et C._ SA, que ces derniers, à l'instar de E._, ne pouvaient ignorer que les banques intimées entendaient agir en qualité de cessionnaires de la masse en faillite de K._ SA, partant qu'elles ne pouvaient plus ouvrir une action individuelle à leur encontre (cf. <ref-ruling> consid. 3.2.3; arrêt 4A_555/2009 du 3 mai 2010 consid. 2.2). Pour le surplus, on voit mal qu'il soit possible de déduire de la nature des prétentions élevées dans la demande déposée le 14 décembre 2005 quelque conclusion que ce soit quant à la portée que pouvaient avoir, aux yeux des supposés débiteurs, les courriers que le conseil des banques intimées avait adressés à ceux-ci en janvier 2000. Il ne faut pas oublier, à cet égard, que le créancier cessionnaire, qui agit à ses risques, n'est pas tenu d'exiger la réparation intégrale du dommage subi par la société, mais qu'il peut se limiter à réclamer une indemnité suffisant à couvrir ses propres prétentions, telles qu'elles ont été colloquées, ainsi que ses frais, étant précisé que rien ne l'empêche de conclure à ce que le défendeur soit condamné à payer directement entre ses mains, comme cela est d'ailleurs usuel dans la pratique (arrêt 4A_174/2007 du 13 septembre 2007 consid. 3.3 et les arrêts cités). De ce que les banques intimées réclament directement aux défendeurs un montant qui leur permettrait de solder les pertes qu'elles ont subies dans la faillite de la société à laquelle elles ont prêté des fonds, ainsi que le remboursement des frais consentis par elles pour faire valoir leurs prétentions, il n'est donc pas possible de tirer une conclusion irréfutable dans le sens voulu par les recourants. 7.2.3 En dernier lieu, les recourants B._ et C._ SA reprochent à la cour cantonale d'avoir violé l'<ref-law>. Selon eux, dans la lettre que le conseil des intimées leur avait adressée le 6 janvier 2000, il serait uniquement question d'un dommage direct subi par les intéressées, de sorte qu'ils ne pouvaient savoir, en la lisant, que les banques entendaient agir en leur propre nom, mais pour le compte de la masse en faillite. Il en irait de même relativement aux commandements de payer qui leur avaient été notifiés au début juin 2000. Aussi leur renonciation subséquente à se prévaloir de la prescription, en tant qu'elle faisait référence à ladite lettre, à interpréter selon le principe de la confiance, n'aurait-elle eu pour effet d'interrompre la prescription que pour le dommage direct subi par les banques et non pas pour le dommage indirect qui forme l'objet de la demande que ces dernières ont introduite par la suite. L'argument fondé sur la distinction entre le dommage direct et le dommage indirect a déjà été réfuté plus haut (cf. consid. 7.2.2). Il n'y a donc pas lieu de s'y attarder. Pour le reste, sur le vu des motifs retenus dans l'arrêt attaqué au sujet de l'interprétation du courrier du 6 janvier 2000, et notamment de la prise en compte du contenu non équivoque de la déclaration du 16 mars 1999 qui était annexée à ce courrier et à laquelle celui-ci se référait expressément, il n'apparaît pas que les juges précédents aient interprété la déclaration de volonté des banques intimées d'une manière incompatible avec le principe de la confiance, ni, partant, qu'ils aient attribué à la renonciation à se prévaloir de la prescription, faite par les deux recourants précités sur la base de ce courrier et des commandements de payer s'y référant, une portée plus large que celle qu'il convenait de lui attribuer objectivement. Cet ultime grief tombe, dès lors, lui aussi à faux. 8. Compte tenu de l'issue du litige, les frais judiciaires seront mis solidairement à la charge des recourants, chacun en supportant un sixième dans les rapports internes (art. 66 al. 1 et 5 LTF). Il en ira de même en ce qui concerne les dépens qui seront alloués aux intimées, créancières solidaires (art. 68 al. 1, 2 et 4 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Les causes 4A_210/2010, 4A_214/2010 et 4A_216/2010 sont jointes. 2. Les trois recours sont rejetés dans la mesure où ils sont recevables. 3. Un émolument judiciaire de 24'000 fr. est mis à la charge des recourants, solidairement entre eux, chacun en supportant 1/6ème dans les rapports internes. 4. Une indemnité de 30'000 fr., à verser aux intimées, créancières solidaires, à titre de dépens, est mise à la charge des recourants, solidairement entre eux, chacun en supportant 1/6ème dans les rapports internes. 5. Le présent arrêt est communiqué aux mandataires des parties et à la Ie Cour d'appel civil du Tribunal cantonal de l'Etat de Fribourg. Lausanne, le 1er octobre 2010 Au nom de la Ire Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse La Présidente: Le Greffier: Klett Carruzzo
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2,009
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In Erwägung, dass das Bundesgericht mit Urteil vom 6. August 2009 auf die vom Gesuchsteller gegen den Zirkulationsbeschluss des Kassationsgerichts des Kantons Zürich vom 19. Mai 2009 erhobene Beschwerde in Anwendung von <ref-law> mangels hinreichender Begründung nicht eintrat; dass der Gesuchsteller dem Bundesgericht eine vom 2. September 2009 datierte Eingabe einreichte, in der er erklärte, er ersuche um Revision des Urteils des Bundesgerichts vom 6. August 2009; dass der Gesuchsteller zur Begründung seines Gesuchs sinngemäss vorbringt, dass das Bundesgericht zu Unrecht <ref-law> angewendet habe; dass mit einer solchen Rüge nach ständiger Praxis des Bundesgerichts keiner der im Gesetz (Art. 121 - 123 BGG) abschliessend aufgezählten Revisionsgründe geltend gemacht wird (Urteile 4F_3/2008 vom 21. April 2008 und 4F_3/2009 vom 6. April 2009), weshalb eine Revision des Urteils des Bundesgerichts vom 6. August 2009 ausser Betracht fällt; dass die Gerichtskosten dem Gesuchsteller aufzuerlegen sind (<ref-law>);
erkennt das Bundesgericht: 1. Das Revisionsgesuch wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.-- werden dem Gesuchsteller auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Kassationsgericht des Kantons Zürich schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 11. September 2009 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Der Gerichtsschreiber: Klett Huguenin
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nan
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2,014
fr
Faits : A. B._, né en 1931 et souffrant d'importants problèmes de santé, est propriétaire d'un immeuble sis dans la localité X._ (VD) en zone rurale, mais relativement proche de deux centres urbains et de l'autoroute. Il en est devenu propriétaire unique en 1994 ensuite d'un partage. Dans l'acte de "cession en lieu de partage" qu'il a passé avec ses trois soeurs, la valeur de l'immeuble a été arrêtée à 400'000 fr. L'immeuble comporte trois logements: un appartement où vivent B._ et son épouse, elle aussi atteinte dans sa santé de sorte qu'elle n'est pas toujours en état de s'occuper de son mari; un second appartement occupé par l'une de ses soeurs; enfin, un studio d'environ 30 mètres carrés avec cuisine aménagée, salle de bains et accès direct à un jardin commun, studio situé au rez-de-chaussée sous l'appartement du propriétaire. B._ a donné le studio à bail à A._, psychologue de formation. Le bail, initialement conclu pour une année, du 1er juin 2011 au 31 mai 2012, était renouvelable d'année en année sauf résiliation trois mois à l'avance pour la prochaine échéance. Le loyer pour le studio et pour une place de parc extérieure a été fixé à 800 fr., charges comprises. Le loyer payé par le précédent locataire n'a pas été communiqué à la nouvelle locataire; celui de l'avant-dernier locataire, soit une parente par alliance du bailleur qui rendait des services, était de 750 fr. Par formule officielle notifiée à la locataire le 31 mai 2012, le bailleur a résilié le contrat de bail pour le 31 août 2012. La locataire a saisi la Commission de conciliation en matière de baux à loyer en concluant à la communication du motif de congé, à l'annulation du congé et, subsidiairement, à l'octroi d'une prolongation de bail. Le 16 août 2012, la Commission de conciliation a rendu une proposition de jugement aux termes de laquelle la résiliation pour le 31 août 2012 était déclarée nulle et le loyer initial fixé à 800 fr. B. B.a. Le 8 octobre 2012, le bailleur a ouvert action devant le Tribunal des baux du canton de Vaud. Il concluait à ce que la résiliation soit déclarée valable et ses effets reportés au 31 mai 2013, soit la plus proche échéance du bail. La locataire a conclu au rejet de l'action. Par voie reconventionnelle, elle a requis le Tribunal de constater la nullité de la résiliation ou d'annuler celle-ci au motif qu'elle contrevenait aux règles de la bonne foi, subsidiairement de prolonger le bail de quatre ans, tout en lui réservant un droit de résiliation moyennant un préavis d'un mois pour la fin d'un mois. Elle a en outre requis le Tribunal de constater la nullité du loyer initial et de réduire celui-ci à un montant fixé à dire de justice sur la base d'un calcul de rendement net, montant qu'elle a ensuite chiffré à 360 fr., puis à 250 fr. par mois. Par jugement du 4 juin 2013, le Tribunal des baux a déclaré la résiliation valable avec effet au 31 mai 2013. Il a accordé à la locataire une unique prolongation de bail d'une année, l'a autorisée à résilier le contrat pour la fin d'un mois moyennant un préavis d'un mois, a fixé le loyer mensuel à 600 fr. dès le 1er juin 2011 et a condamné le bailleur à rembourser 4'600 fr. à la locataire à titre de trop-perçus pour la période du 1er juin 2011 au 30 avril 2013. B.b. La locataire a interjeté appel. Elle concluait à l'annulation de la résiliation, subsidiairement à une prolongation de bail de quatre ans; elle concluait en outre à ce que le loyer mensuel soit fixé à 250 fr. dès le 1er juin 2011 et à ce que le bailleur soit condamné à lui rembourser 16'500 fr. L'intimé n'a pas été invité à répondre. Par arrêt du 10 février 2014, la Cour d'appel civile du Tribunal cantonal a rejeté l'appel et confirmé le jugement de première instance, en faisant notamment les considérations suivantes: au niveau des faits, il n'était pas démontré que le congé aurait été donné en représailles à des plaintes émises par la locataire en raison de bruit provenant de l'appartement occupé par le bailleur; il n'était pas non plus établi que le motif avancé par le bailleur, soit la nécessité de loger une aide médicale ou ménagère dans le studio, ne serait qu'un prétexte; en conséquence, le congé ne contrevenait pas aux règles de la bonne foi. Le loyer initial pour le studio et la place de parc devait être fixé à 600 fr.; à défaut d'éléments probants pour déterminer soit le rendement net de l'immeuble, soit les loyers usuels du quartier, le premier juge s'était référé à juste titre à son expérience pour retenir un loyer de 200 fr. par mètre carré et par année, soit en l'espèce de 500 fr. par mois (200 x 30 : 12), auxquels il y avait lieu d'ajouter 100 fr. pour la place de parc. C. La locataire saisit le Tribunal fédéral d'un recours en matière civile. Elle conclut à l'annulation de la résiliation, subsidiairement à une prolongation de bail de quatre ans; elle requiert en outre que le loyer mensuel soit fixé à 250 fr. dès le 1er juin 2011 et que le bailleur soit condamné à lui rembourser 18'700 fr. (valeur au 31 mars 2014). Le bailleur intimé conclut au rejet du recours. L'autorité précédente se réfère à son arrêt.
Considérant en droit : 1. Dans les causes de droit du bail à loyer, le recours en matière civile n'est recevable que si la valeur litigieuse s'élève au moins à 15'000 fr. (<ref-law>). Lorsque le recours est dirigé comme en l'espèce contre une décision finale, la valeur litigieuse est déterminée par les conclusions restées litigieuses devant l'autorité cantonale de dernière instance (<ref-law>). La recourante a saisi la Cour d'appel de plusieurs conclusions principales qu'il y a lieu d'additionner (<ref-law>). L'une portait sur l'annulation de la résiliation du bail de durée indéterminée; la valeur litigieuse équivaut au loyer de la période minimale pendant laquelle le contrat subsiste si la résiliation n'est pas valable, en l'espèce au loyer pour 39 mois (10 février 2014 au 31 mai 2017; cf. <ref-ruling> consid. 1.1), soit 23'400 fr. (39 x 600). Une autre tendait à réduire le loyer mensuel d'un montant de 350 fr. (600 - 250), ce qui correspond à une valeur litigieuse de 84'000 fr. (350 x 12 x 20; <ref-law>). Enfin, la dernière portait sur un remboursement supplémentaire de 11'900 fr. (16'500 - 4'600). La valeur litigieuse ouvrant la voie du recours en matière civile est ainsi largement atteinte. 2. La locataire recourante conteste d'abord la validité du congé. Elle soutient que le congé a été donné en violation des règles de la bonne foi, et qu'il est partant annulable. 2.1. La recourante invoque en premier lieu l'<ref-law> en vertu duquel le congé est annulable s'il a été donné parce que le locataire a fait valoir de bonne foi des prétentions découlant du bail. Comme en instance cantonale déjà, la recourante soutient que le congé a été donné en représailles aux plaintes concernant le bruit causé par le bailleur; il s'agit d'une question relevant du fait. Le Tribunal fédéral statue sur la base des faits établis par l'autorité précédente (<ref-law>); en tant que cour suprême, il est instance de révision du droit et non pas juge du fait. Il peut certes, à titre exceptionnel, rectifier ou compléter les faits qui ont été établis de façon manifestement inexacte - c'est-à-dire arbitraire - ou en violation du droit et ce, pour autant que la correction soit susceptible d'influer sur le sort de la cause (art. 97 al. 1 et <ref-law>). Néanmoins, la partie recourante qui entend s'écarter des faits retenus dans l'arrêt attaqué doit expliquer de manière circonstanciée en quoi les conditions pour le faire seraient réalisées; dans la mesure où le grief a trait au caractère arbitraire de l'établissement des faits, les exigences de motivation sont celles, plus strictes, de l'<ref-law>. Le Tribunal fédéral n'entre pas en matière sur des critiques de type appellatoire portant sur l'état de fait ou sur l'appréciation des preuves (<ref-ruling> consid. 5.1; <ref-ruling> consid. 1.4.3). En l'occurrence, la Cour d'appel a discuté les motifs du congé allégués par les deux parties et longuement justifié ses conclusions, notamment le rejet de la thèse de la recourante. Dans le présent recours, celle-ci se limite à donner sa perception des choses et son interprétation des moyens de preuve administrés; une critique recevable fait ainsi défaut. Seuls les faits ressortant de l'arrêt attaqué sont dès lors déterminants. Fondée sur d'autres faits, la critique d'une fausse application de l'<ref-law> ne se rapporte pas à l'arrêt attaqué. Elle est simplement irrecevable. 2.2. La recourante invoque ensuite la règle générale de l'<ref-law> en vertu duquel le congé est annulable lorsqu'il contrevient aux règles de la bonne foi. Les parties au contrat de bail sont libres de résilier le contrat pour le prochain terme légal; un motif particulier n'est pas exigé (<ref-law>). La résiliation est toutefois annulable lorsqu'elle contrevient aux règles de la bonne foi (art. 271 al. 1 et art. 271a CO). Tel est le cas lorsqu'elle ne répond à aucun intérêt objectif, sérieux et digne de protection et se révèle donc purement chicanière. Le seul fait que la résiliation entraîne des conséquences pénibles pour le locataire n'est pas déterminant; il faut une disproportion crasse entre l'intérêt du locataire au maintien du contrat et l'intérêt du bailleur à la résiliation. Un défaut d'intérêt digne de protection est en règle générale retenu lorsque la motivation de la résiliation, demandée par le locataire, est lacunaire ou fausse. Pour juger de la validité de la résiliation, il faut se placer au moment où elle a été prononcée (<ref-ruling> consid. 2.1 p. 62). En l'espèce, la critique de la recourante se réduit à une critique appellatoire des faits. Le grief est irrecevable. 3. La recourante plaide à titre subsidiaire que la prolongation de bail accordée est insuffisante. Elle souligne que sa santé fragile et sa situation financière difficile (assistance sociale) compliquent les démarches de relogement, tandis que le bailleur n'a de son côté aucune urgence particulière à disposer du studio; une prolongation de quatre ans serait dès lors justifiée. 3.1. Le juge apprécie librement, selon les règles du droit et de l'équité (<ref-law>), s'il y a lieu de prolonger le bail et, dans l'affirmative, pour quelle durée. Sachant qu'une prolongation vise à donner du temps au locataire pour trouver des locaux de remplacement, il doit procéder à une pesée des intérêts en présence et prendre en compte toutes les circonstances pertinentes (<ref-law>), telles que la durée du bail, la situation personnelle et financière de chaque partie, leur comportement, la situation sur le marché locatif, les efforts entrepris par le locataire pour trouver une solution de remplacement. Le juge se demandera aussi s'il est particulièrement difficile pour le locataire de trouver des locaux de remplacement, respectivement si le bailleur a un besoin plus ou moins urgent de voir partir le locataire (<ref-ruling> consid. 6; <ref-ruling> consid. 2; <ref-ruling> consid. 4c). Le juge ne transgresse pas le droit fédéral en exerçant le pouvoir d'appréciation que la loi lui accorde. Le Tribunal fédéral ne revoit dès lors qu'avec réserve la décision d'équité prise en dernière instance cantonale. Il intervient lorsqu'elle s'écarte sans raison des règles établies par la doctrine et la jurisprudence en matière de libre appréciation, lorsqu'elle s'appuie sur des faits non pertinents ou ignore des éléments pertinents, ou enfin, lorsqu'elle aboutit à un résultat manifestement injuste ou à une iniquité choquante (ATF <ref-ruling> consid. 2). 3.2. La Cour d'appel, qui a fait sienne l'analyse du Tribunal des baux, n'a pas ignoré que l'intimé n'était pas dans une situation d'urgence absolue, ni méconnu les difficultés de relogement liées notamment à la mauvaise situation financière de la recourante, dont le droit à des indemnités de chômage prenait fin le 20 février 2013; à cet égard, le premier juge était en droit de relativiser quelque peu l'impact de ce dernier facteur en soulignant que les services sociaux, qui allaient prendre le relais des instances de chômage, avaient une mission d'aide au relogement. La Cour d'appel a par ailleurs relevé que le bail n'avait duré que deux ans, que la recourante n'avait pas de charges de famille ni de lien particulier avec le quartier, qu'elle avait déjà disposé d'une année entre le moment où la résiliation avait été donnée (31 mai 2012) et celui où elle était devenue effective (31 mai 2013), enfin que la mésentente entre les parties rendait la cohabitation dans le même immeuble relativement pénible. Ce faisant, la Cour d'appel a tenu compte de critères pertinents; en particulier, la mauvaise entente entre les parties est un élément d'autant plus pertinent que l'intimé et son épouse non seulement habitent dans le même immeuble, mais sont de surcroît très âgés et en mauvaise santé. La Cour d'appel n'a pas abusé du large pouvoir d'appréciation qui est le sien. Le grief est infondé. 4. La recourante critique enfin le loyer mensuel initial fixé à 600 fr. pour le studio et la place de parc extérieure. Elle entend le faire ramener à 250 fr. 4.1. A la conclusion du bail, l'intimé n'a pas informé la recourante, à l'aide de la formule officielle obligatoire dans le canton de Vaud, du loyer payé par le locataire précédent (cf. <ref-law>; <ref-law> [RS 221.213.11]; loi vaudoise sur l'utilisation d'une formule officielle au changement de locataire [LFOCL; RSV 221.315] et arrêté du Conseil d'Etat du 9 juillet 2001, désormais remplacé par un arrêté du 26 mars 2014 [ALFOCL, RSV 221.315.1]). La formule officielle a pour but d'informer le locataire de sa possibilité de saisir l'autorité de conciliation pour contester le montant du loyer en lui fournissant toutes les indications utiles. Le fait que le bailleur omette de notifier le loyer initial avec la formule officielle dont l'usage est déclaré obligatoire ne remet pas en cause la validité du contrat de bail en tant que tel, mais entraîne la nullité de la clause fixant le loyer (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 5d; <ref-ruling> consid. 2a p. 64; <ref-ruling> consid. 2.3). Cette nullité partielle, limitée au loyer, intervient de plein droit et se constate d'office; le locataire peut l'invoquer en tout temps, sous réserve de l'abus de droit (arrêt 4A_129/2011 du 28 avril 2011 consid. 2.2, rés. in JdT 2012 II 113). La loi ne précise pas comment le juge doit compléter le contrat et fixer le loyer initial dans une telle hypothèse. La jurisprudence a comblé cette lacune (<ref-law>). Elle a retenu que le juge doit se fonder sur toutes les circonstances du cas. Parmi les facteurs à prendre en compte, il y a notamment la limite du rendement excessif (cf. <ref-law>), les loyers non abusifs pratiqués dans le quartier et le loyer payé par le précédent locataire. Jouissant d'un pouvoir plus étendu que dans la procédure en contestation d'un loyer fixé selon les formes prescrites, le juge n'a pas à restreindre son examen au caractère abusif on non du loyer convenu par les parties. Ce dernier constitue la limite supérieure du loyer à fixer, car le bailleur ne saurait, de bonne foi, demander au juge de fixer un loyer plus élevé que celui qu'il avait convenu à l'origine avec le locataire. Il ne doit pas non plus tirer un bénéfice du vice de forme qui lui est imputable et se trouver ainsi dans une situation plus favorable que s'il avait conclu le contrat dans les formes requises (<ref-ruling> consid. 6c; <ref-ruling> consid. 2b; cf. aussi <ref-ruling> consid. 2c). Dès lors que le loyer convenu et frappé de nullité constitue la limite supérieure du loyer à fixer, il en découle que le loyer initial ne doit pas nécessairement être réduit pour tenir compte d'un loyer précédent inférieur. En principe, le juge partira du critère absolu que constitue le rendement non abusif de la chose louée; celui-ci a en principe la primauté sur les autres méthodes de détermination du loyer non abusif. Le montant ainsi obtenu ne saurait être porté à la hauteur des loyers usuels du quartier par hypothèse plus élevés; le loyer serait alors nécessairement abusif selon la règle générale de l'<ref-law>. En revanche, comme il jouit d'un pouvoir d'appréciation plus étendu que lorsqu'il examine le caractère abusif ou non d'un loyer, le juge peut se fonder sur le critère des loyers comparatifs pour fixer le loyer initial à un niveau plus bas que le loyer calculé sur la base d'un rendement non excessif de la chose. En effet, il entre dans la latitude du juge d'opposer les loyers du marché au bailleur qui n'a pas respecté la forme prescrite pour notifier le loyer initial (arrêt 4A_250/2012 du 28 août 2012 consid. 2.4, in SJ 2013 I 49; arrêt 4C.274/1997 du 27 avril 1998 consid. 4b/aa, in SJ 1998 718). Par ailleurs, s'agissant d'immeubles construits ou acquis il y a plusieurs décennies, la jurisprudence admet à certaines conditions que la hiérarchie entre critères absolus soit inversée au profit des loyers comparatifs (arrêt 4A_565/2013 du 8 juillet 2014 consid. 3.1, destiné à la publication, et les arrêts cités). 4.2. Le présent litige en matière de bail à loyer concerne la protection contre le congé et contre le loyer abusif ainsi que la prolongation de bail. La procédure de première instance était dès lors soumise à la procédure simplifiée (art. 243 al. 2 let. c CPC), dans laquelle le juge établit les faits d'office (<ref-law>). Cette maxime inquisitoriale sociale n'oblige pas le juge à instruire d'office le litige lorsqu'un plaideur renonce à expliquer sa position; en revanche, elle le contraint à interroger les parties et à les informer de leur devoir de collaborer à l'instruction et de fournir des preuves. Si des motifs objectifs conduisent le juge à soupçonner que les allégations et offres de preuve d'une partie, locataire ou bailleur, sont lacunaires, il n'est pas lié par l'offre de preuve en question et a le devoir de rechercher lui-même des preuves, pour autant qu'il ait connaissance, sur la base des déclarations des parties ou du dossier, de l'existence de moyens probatoires pertinents. Le juge peut de même inviter cette partie à compléter ses moyens, par exemple si les documents produits sont insuffisants (<ref-ruling> consid. 3.2). En fin de compte, quels que soient les éléments dont il dispose, le juge doit statuer et fixer le loyer initial sous peine de commettre un déni de justice. Pour ce faire, il dispose d'une grande marge d'appréciation; ce n'est donc qu'avec retenue que le Tribunal fédéral revoit la décision prise en dernière instance cantonale (arrêt 4A_250/2012 précité consid. 2.4, in SJ 2013 I 49; arrêt 4C.274/1997 précité consid. 4a, in SJ 1998 718). 4.3. En l'espèce, le juge de première instance a requis l'intimé de produire toutes les pièces nécessaires à l'établissement d'un calcul de rendement net. L'intimé n'a pas fourni de documents aptes à établir les fonds propres investis lors de travaux effectués entre 1994 et 2004, ainsi que les charges d'entretien et d'exploitation; il n'a pas non plus produit les pièces nécessaires pour établir les loyers usuels du quartier. Il a principalement produit l'acte de "cession en lieu de partage" conclu en 1994 avec ses trois soeurs, la police d'assurance-incendie du bâtiment et un extrait du registre foncier. La cour de céans peut compléter les constatations de l'arrêt attaqué par des faits incontestés et pertinents qui ressortent à l'évidence de ces documents régulièrement produits en première instance, faits que l'autorité cantonale n'a pas retenus malgré l'obligation d'établir les faits d'office (<ref-law>; cf. arrêt 4A_269/2010 du 23 août 2010 consid. 1.3, in SJ 2011 I 58). Du deuxième document, il ressort que le bâtiment a été construit en 1963 et que sa valeur d'assurance était de 754'520 fr. en 2011; quant au troisième document, il révèle que les héritiers avaient acquis l'immeuble par succession en 1982. 4.4. La Cour d'appel n'a pas procédé à un calcul du rendement net admissible, au motif qu'elle ne disposait pas d'éléments probants suffisants. La recourante soutient que comme l'intimé a refusé de fournir les documents nécessaires, il y a lieu de se baser sur le seul prix d'acquisition de 400'000 fr. fixé dans l'acte de cession de 1994. Elle en réévalue le 40% en se fondant sur une augmentation de l'indice suisse des prix à la consommation de 16,15%, ce qui donne une valeur actuelle de l'immeuble de 425'840 fr.; en partant d'un taux hypothécaire de référence de 2,75%, elle retient un rendement admissible de 3,25% ou 13'839 fr. par an; l'immeuble comptant en tout sept pièces, elle divise ce rendement par sept, ce qui donnerait un rendement admissible de 165 fr. par mois (13'839 : 7 : 12) pour le studio, place de parc non comprise. L'intimé a omis de produire des documents requis. Il ne saurait certes en tirer profit; il doit au contraire en supporter les éventuelles conséquences négatives. Mais cela ne justifie pas d'ignorer les éléments ressortant du dossier, ce d'autant moins que le juge doit établir les faits d'office et qu'il jouit d'une grande latitude pour fixer le loyer initial. Celui-ci ne saurait en l'occurrence se fonder sur le seul montant retenu dans l'acte de cession de 1994, comme le propose la locataire. Dans ce cadre, il y a lieu de prendre en considération la jurisprudence concernant la valeur de l'immeuble pour le calcul du rendement licite. En principe, seul le prix d'achat est déterminant, sous réserve de prix manifestement exagérés (cf. <ref-law>). Celui qui a acquis un immeuble à un prix favorable ne peut donc pas se référer à un prix du marché plus élevé; cela ne vaut toutefois pas dans des situations particulières liées au droit de la famille ou des successions ou en cas de donation. Le bailleur qui a acquis un bien-fonds à un prix préférentiel à la suite d'une succession ou dans le cadre d'une donation mixte est en droit de se fonder sur le prix effectif du marché au moment de l'acquisition. Le prix avantageux qui est consenti au bailleur dans les circonstances précitées est en effet destiné exclusivement à le favoriser, mais nullement à avantager les locataires de ce dernier; seule la prise en compte de la valeur du marché de l'immeuble à l'époque où le bailleur l'a acquis à titre préférentiel, voire à titre gratuit, permet effectivement à l'intéressé, qui par la suite le remet à bail, de tirer un profit économique de la libéralité qui lui a été délibérément accordée (arrêt 4A_276/2011 du 11 octobre 2011 consid. 5.2.4, rés. in JdT 2012 II 113; arrêt 4C.285/2005 du 18 janvier 2006 consid. 2.5, in CdB 2006 59 et MRA 2006 1; arrêt 4C.234/1994 du 6 décembre 1994 consid. 3a, in MRA 1995 75 et mp 1995 79). En l'occurrence, l'intimé en est devenu seul propriétaire il y a 20 ans seulement, et la valeur de l'immeuble a alors été arrêtée pour calculer le montant dû à ses cohéritières. L'on ignore cependant tout de la façon dont ce montant a été établi dans le cadre d'un partage entre frère et soeurs. La valeur d'assurance du seul bâtiment, certes 17 ans plus tard et après certains investissements, atteint presque le double de la somme arrêtée en 1994. Dans ces circonstances, la Cour d'appel n'a pas abusé de son pouvoir d'appréciation en renonçant à calculer un rendement net admissible sur la seule base du montant arrêté dans l'acte de partage de 1994 et en fixant un loyer correspondant au loyer usuel, ce d'autant moins que le loyer mensuel auquel aboutit la recourante est dérisoire pour un studio de trente mètres carrés sis à quelques kilomètres du centre de Lausanne. 4.5. La Cour d'appel a confirmé le loyer de 500 fr. retenu par le Tribunal des baux, juge de première instance, comme loyer usuel pour le studio sans place de parc. Ce tribunal est une juridiction spécialisée, compétente pour l'ensemble du canton (cf. art. 3 al. 1 de la loi vaudoise sur la juridiction en matière de bail [LJB; RSV 173.655]); il jouit manifestement de connaissances spécifiques en la matière. En outre, sa composition est paritaire avec un président, un assesseur représentant les bailleurs et un assesseur représentant les locataires (cf. art. 4 al. 1 LJB). Il a retenu que le loyer net d'un studio avec un équipement et une situation comparable à celui occupé par la recourante était de l'ordre de 200 fr. le mètre carré par année, ce qui correspond à 500 fr. par mois (200 x 30 : 12). Rien ne permet de mettre en doute cette appréciation. La recourante critique le refus du juge de première instance de procéder à une inspection locale. Elle ne démontre toutefois pas quel fait pertinent une telle mesure probatoire aurait permis de découvrir et de quelle manière il serait susceptible d'influer sur le montant retenu, qui relève nécessairement d'une estimation. En outre, pour satisfaire aux exigences de motivation d'un grief constitutionnel (cf. <ref-law>), il ne suffit pas d'affirmer que sauf à violer le droit d'être entendu, il y a lieu de procéder à des mesures d'instruction. 5. Il s'ensuit le rejet du recours dans la mesure où il est recevable. La recourante, qui succombe, supporte en conséquence les frais et dépens de la présente procédure (art. 66 al. 1 et art. 68 al. 1 et 2 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce : 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 2'000 fr., sont mis à la charge de la recourante. 3. La recourante versera à l'intimé une indemnité de 2'500 fr. à titre de dépens. 4. Le présent arrêt est communiqué aux mandataires des parties et à la Cour d'appel civile du Tribunal cantonal du canton de Vaud. Lausanne, le 17 juillet 2014 Au nom de la Ire Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse La Présidente : La Greffière : Klett Monti
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2,015
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Erwägungen: 1. Mit superprovisorischer Verfügung vom 9. Oktober 2014 verbot die FINMA der Y._ AG (nachfolgend: Y._ AG) generell, ohne Bewilligung eine finanzmarktrechtlich bewilligungspflichtige Tätigkeit auszuüben oder in irgendeiner Form entsprechende Werbung zu treiben, was namentlich jegliche Entgegennahme von Publikumseinlagen und entsprechende Werbung umfasste. Zugleich setzte sie einen Untersuchungsbeauftragten ein, der mit den Kompetenzen ausgestattet wurde, alleine und umfassend für die Y._ AG zu handeln und über deren Vermögenswerte zu verfügen. Den Gesellschaftsorganen, darunter A._, wurden weitere Rechtshandlungen für jene ohne Zustimmung des Untersuchungsbeauftragten untersagt. Diese superprovisorische Verfügung bestätigte die FINMA mit provisorischer Verfügung vom 19. November 2014, wobei sie einer allfälligen Beschwerde die aufschiebende Wirkung entzog. Dagegen gelangte A._ für sich sowie die Y._ AG an das Bundesverwaltungsgericht. Das Bundesverwaltungsgericht wies am 27. November 2014 ein erstes Gesuch um Erlass von superprovisorischen Massnahmen bzw. um superprovisorische Wiederherstellung der aufschiebenden Wirkung ab. Ein zweites Gesuch um superprovisorische Massnahmen wies es mit Zwischenverfügung vom 15. Dezember 2014 ab. Mit einer weiteren Zwischenverfügung vom 18. Dezember 2014 sodann wies es das Gesuch um Wiederherstellung der aufschiebenden Wirkung ab. Am 6. Januar 2015 ersuchten A._ und die Y._ AG erneut sinngemäss um (superprovisorischen) Erlass der im bisherigen Verfahrensverlauf beantragten vorsorglichen Massnahmen bzw. (superprovisorisch) Wiederherstellung der aufschiebenden Wirkung der Beschwerde. Nachdem das Beschwerdeverfahren infolge eines Ausstandsbegehrens zwischenzeitlich sistiert worden war, erneuerten die Betroffenen am 3. April 2015 ihr Gesuch vom 6. Januar 2015; das Bundesverwaltungsgericht wies die - superprovisorischen - Begehren mit Zwischenverfügung vom 9. April 2015 wiederum ab. Nachdem die FINMA mit Schreiben vom 17. April 2015 auf eine Stellungnahme zum Gesuch um Erlass von vorsorglichen Massnahmen bzw. die Wiederherstellung der aufschiebenden Wirkung verzichtet hatte, wies das Bundesverwaltungsgericht dieses Gesuch mit Zwischenverfügung vom 23. April 2015 ab. Am 26. Mai 2015 überreichte A._ dem Schweizerischen Generalkonsulat in Frankfurt in eigenem Namen sowie für die Y._ AG zuhanden des Schweizerischen Bundesgerichts eine vom 22. Mai 2015 datierte Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten gegen die Zwischenverfügung des Bundesverwaltungsgerichts vom 23. April 2015. Es wird beantragt, die aufschiebende Wirkung der (am Bundesverwaltungsgericht hängigen) Beschwerde gegen die superprovisorische Verfügung der FINMA vom 9. Oktober 2014 bzw. die provisorische Verfügung der FINMA vom 19. November 2014 sei anzuordnen; dies habe gemäss Art. 103/104 BGG superprovisorisch, eventuell nach Gewährung des rechtlichen Gehörs, zu geschehen. Es ist weder ein Schriftenwechsel noch sind andere Massnahmen angeordnet worden. Mit dem vorliegenden instanzabschliessenden Urteil wird das für das bundesgerichtliche Verfahren gestellte Gesuch um Massnahmen gemäss Art. 103 bzw. <ref-law> gegenstandslos. 2. 2.1. Die Beschwerde richtet sich gegen eine Zwischenverfügung über vorsorgliche Massnahmen. Entscheidet eine Behörde über solche Massnahmen, namentlich über die Gewährung oder den Entzug der aufschiebenden Wirkung, tut sie dies aufgrund einer summarischen Prüfung der im Spiel stehenden Interessen, ohne sich vertieft mit den sich stellenden Sach- und Rechtsfragen auseinanderzusetzen. Erst recht auferlegt sich das Bundesgericht bei der Überprüfung der von der Vorinstanz vorgenommenen Interessenabwägung Zurückhaltung. Es hebt einen Entscheid über vorsorgliche Massnahmen nur auf, wenn die beanstandete Interessenabwägung vernünftiger Grundlage entbehrt und nicht nachvollziehbar erscheint, d.h. letztlich unhaltbar bzw. willkürlich ist (s. etwa Urteil 2C_81/2012 vom 27. Januar 2012 E. 2.2). Heute trägt dem das Bundesgerichtsgesetz namentlich dadurch Rechnung, dass <ref-law> die bei der Anfechtung von Entscheiden über vorsorgliche Massnahmen möglichen Beschwerdegründe auf die Rüge der Verletzung verfassungsmässiger Rechte beschränkt. Die Beschwerde führende Partei hat unter Berücksichtigung der mit Entscheiden über vorsorgliche Massnahmen verbundenen Besonderheiten gezielt darzulegen, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch die angefochtene Zwischenverfügung verletzt worden sein sollen (<ref-law>). 2.2. Die Beschwerdeführer äussern sich umfangreich über die ihrer Ansicht nach mangelhafte Aufgabenwahrnehmung durch den Untersuchungsbeauftragten und namentlich über die angebliche Unzulässigkeit der Aufsichtstätigkeit der FINMA in ihrem Fall, finden sie doch, dass die streitbezogenen Finanzdienstleistungen offensichtlich nicht unterstellungspflichtig seien. Hier ist darauf hinzuweisen, dass das Bundesverwaltungsgericht sich im Zusammenhang mit einem Ausstandsbegehren, das im Rahmen des bei ihm hängigen Beschwerdeverfahrens gestellt worden war, mit den Voraussetzungen der Aufsichtstätigkeit der FINMA befasst hat (Urteil B-143/2015 vom 23. Februar 2015 E. 3). Die Beschwerdeführer machen sowohl in diesem Zusammenhang wie auch in anderer Hinsicht unter mehrfacher Nennung des Anspruchs auf rechtliches Gehör geltend, ihre Argumente seien nicht gehört worden. Ihren weitgehend appellatorischen, eher auf den Rechtsstreit in der Hauptsache bezogenen Äusserungen lässt sich nicht entnehmen, inwiefern die angefochtene Zwischenverfügung und die damit vorgenommene Interessenabwägung inhaltlich verfassungswidrig, bzw. in welchen Punkten deren - verfahrensbedingt zulässigerweise knappe - Begründung gehörsverletzend wäre. Angesichts der Erwägungen des Bundesverwaltungsgerichts ab S. 7 (Mitte) der Zwischenverfügung ist insbesondere der Gehörsverweigerungsvorwurf in Bezug auf die Problematik wiederholt gestellter Begehren um Wiederherstellung der aufschiebenden Wirkung nicht nachvollziehbar. Die Darlegungen in der Beschwerdeschrift genügen den besonderen Begründungsanforderungen von <ref-law> nicht. Näherer Betrachtung bedarf einzig ein Punkt: Die Beschwerdeführer bemängeln, dass die angefochtene Zwischenverfügung vom Einzelrichter erlassen worden ist; sie verweisen dazu auf Art. 21 und 23 VGG. Sie übersehen, dass Inhalt der Zwischenverfügung die Wiederherstellung der aufschiebenden Wirkung der Beschwerde gegen die FINMA-Verfügung oder die Anordnung anderer vorsorglicher Massnahmen während der Hängigkeit des Beschwerdeverfahrens bildet. Gemäss Art. 55 und 56 VwVG entscheidet darüber der Vorsitzende oder der Instruktionsrichter der Beschwerdeinstanz; diese Bestimmungen finden im Verfahren vor Bundesverwaltungsgericht Anwendung, sofern das Verwaltungsgerichtsgesetz nichts anderes bestimmt (Art. 37 VGG). Abgesehen davon, dass die Beschwerdeführer sich nicht ausreichend mit der Verfahrensordnung befassen, legen sie nicht dar, welches konkrete verfassungsmässige Recht in diesem Zusammenhang verletzt worden sein soll. 2.3. Die Beschwerde enthält in keinerlei Hinsicht eine hinreichende, der Verfahrenskonstellation angepasste Begründung. Es ist darauf mit Entscheid des Einzelrichters im vereinfachten Verfahren nach <ref-law> nicht einzutreten. 2.4. Die Gerichtskosten sind nach Massgabe von Art. 65 und Art. 66 Abs. 1 erster Satz und Abs. 5 BGG den Beschwerdeführern aufzuerlegen.
Demnach erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 1'000.-- werden den Beschwerdeführern unter solidarischer Haftung auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten und dem Bundesverwaltungsgericht, Abteilung II, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 3. Juni 2015 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Zünd Der Gerichtsschreiber: Feller
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2,007
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Faits: Faits: A. En 1998, M._ SA était propriétaire d'un bien-fonds avec bâtiment d'habitation sis à Montreux; cet immeuble constituait son principal actif. Le bilan au 31 décembre 1997 mentionnait des dettes hypothécaires en premier et deuxième rang au total de 1'375'000 francs. X._ et Y._ détenaient toutes les actions de M._ SA. Par contrat conclu le 5 décembre 1998, ils ont vendu ces titres à A.Z._ qui achetait conjointement avec quatre autres personnes de sa famille. Le bilan au 31 décembre 1997 était annexé au contrat et il en faisait partie intégrante. Le prix de vente des actions était « calculé sur la base du bilan » et arrêté au montant de 1'930'000 fr. Les vendeurs s'obligeaient à prendre en charge le paiement de « toutes dettes, obligations ou engagements non mentionnés dans le bilan ». Un descriptif de l'immeuble social était reproduit dans le contrat; il indiquait que ce bien était grevé de quatre cédules hypothécaires dont trois étaient détenues par la Banque cantonale vaudoise. Les parties convenaient que « ces quatre cédules hypothécaires seront tenues gratuitement à disposition des acheteurs - libres de tout prêt et engagement - pour le jour du transfert définitif, soit au règlement du solde du prix de vente ». Conformément au contrat et par l'intermédiaire du notaire qui avait préparé ce document, les acheteurs versèrent d'abord un acompte de 200'000 fr., puis le solde du prix par 1'730'000 fr. Sur ce dernier montant, la banque fut remboursée des crédits hypothécaires par 1'431'371 fr.50 au total. Il n'est pas douteux que les actions de M._ SA furent transférées aux acheteurs car cette société entra en liquidation dès le 17 mars 1999; elle avait nommé A.Z._ à la fonction de liquidateur unique. Conformément au contrat et par l'intermédiaire du notaire qui avait préparé ce document, les acheteurs versèrent d'abord un acompte de 200'000 fr., puis le solde du prix par 1'730'000 fr. Sur ce dernier montant, la banque fut remboursée des crédits hypothécaires par 1'431'371 fr.50 au total. Il n'est pas douteux que les actions de M._ SA furent transférées aux acheteurs car cette société entra en liquidation dès le 17 mars 1999; elle avait nommé A.Z._ à la fonction de liquidateur unique. B. Le 6 décembre 1999, X._ et Y._ ont ouvert action contre les cinq acheteurs devant le Tribunal cantonal du canton de Vaud. Ceux-ci devaient être condamnés solidairement au paiement de 1'004'602 fr.10 avec intérêts au taux de 5% par an dès le 12 mai 1999. Les demandeurs exposaient que pour la taxation de l'impôt sur les gains immobiliers, sur la base du contrat et du bilan, l'administration fiscale cantonale avait estimé la valeur de l'immeuble à 3'307'829 fr.10. Le contrat obligeait censément les défendeurs à payer la différence entre ce montant et ce qu'ils avaient déjà versé, moins divers impôts liés au transfert des titres et à la liquidation de la société. Les défendeurs ont conclu au rejet de cette demande; ils ont élevé des prétentions reconventionnelles au montant total de 39'031 fr.80 avec suite d'intérêts dès le 3 avril 2000. Ces prétentions correspondaient à des charges que M._ SA devait supporter et qui ne figuraient pas au bilan déterminant. La Cour civile du Tribunal cantonal s'est prononcée le 17 janvier 2007. Elle a rejeté la demande principale. Elle a jugé que les demandeurs s'étaient obligés à rembourser les dettes hypothécaires de M._ SA et à transférer les actions de cette société aux défendeurs, le toute pour le prix de 1'930'000 fr. que ces derniers avaient dûment acquitté; ce prix correspondait à la valeur de l'immeuble convenue entre les parties et les demandeurs ne pouvaient rien exiger en sus. La Cour a partiellement admis la demande reconventionnelle, en tant que les charges concernées se rapportaient à des faits antérieurs au transfert des actions; elle a condamné les demandeurs à payer 19'939 fr.05 avec intérêts au taux de 5% par an dès le 30 avril 2000. La Cour civile du Tribunal cantonal s'est prononcée le 17 janvier 2007. Elle a rejeté la demande principale. Elle a jugé que les demandeurs s'étaient obligés à rembourser les dettes hypothécaires de M._ SA et à transférer les actions de cette société aux défendeurs, le toute pour le prix de 1'930'000 fr. que ces derniers avaient dûment acquitté; ce prix correspondait à la valeur de l'immeuble convenue entre les parties et les demandeurs ne pouvaient rien exiger en sus. La Cour a partiellement admis la demande reconventionnelle, en tant que les charges concernées se rapportaient à des faits antérieurs au transfert des actions; elle a condamné les demandeurs à payer 19'939 fr.05 avec intérêts au taux de 5% par an dès le 30 avril 2000. C. Agissant par la voie du recours en matière civile, les demandeurs requièrent le Tribunal fédéral de réformer l'arrêt de la Cour civile en ce sens que les défendeurs devront payer solidairement 1'004'602 fr.10, avec intérêts au taux de 5% par an dès le 12 mai 1999, et, en outre, 28'795 fr. à titre de dépens de première instance; subsidiairement, les demandeurs requièrent l'annulation de l'arrêt et le renvoi de la cause à la juridiction cantonale pour nouvelle décision. Les défendeurs concluent au rejet du recours.
Considérant en droit: Considérant en droit: 1. Le recours est dirigé contre un jugement final (<ref-law>), rendu en matière civile (<ref-law>) et en dernière instance cantonale (<ref-law>). La valeur litigieuse excède le minimum légal de 30'000 fr. (art. 51 al. 1 let. a et 74 al. 1 let. b LTF). Il est formé par deux parties qui ont pris part à l'instance précédente et succombé dans leurs conclusions (<ref-law>). Déposé en temps utile (<ref-law>), le recours est recevable dans la mesure où il est suffisamment motivé (consid. 2 ci-dessous). Le recours peut être exercé pour violation du droit fédéral (<ref-law>). Le Tribunal fédéral applique ce droit d'office, hormis les droits fondamentaux (<ref-law>). Il n'est pas lié par l'argumentation des parties et il apprécie librement la portée juridique des faits; il s'en tient cependant, d'ordinaire, aux questions juridiques que la partie recourante soulève conformément aux exigences légales relatives à la motivation du recours (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 1.4.1 p. 254); il ne se prononce sur la violation de droits fondamentaux que si le grief est invoqué et motivé de façon détaillée (<ref-law>; même arrêt, consid. 1.4.2). Le Tribunal fédéral doit conduire son raisonnement juridique sur la base des faits constatés dans la décision attaquée (<ref-law>). Il peut compléter ou rectifier même d'office les constatations de fait qui se révèlent manifestement inexactes ou établies en violation du droit (<ref-law>). La partie recourante est autorisée à attaquer des constatations de fait ainsi irrégulières si la correction du vice est susceptible d'influer sur le sort de la cause (<ref-law>). Cette partie ne peut toutefois pas se borner à contredire les constatations litigieuses par ses propres allégations ou par l'exposé de sa propre appréciation des preuves; elle doit plutôt indiquer de façon précise en quoi ces constatations sont contraires au droit ou entachées d'une erreur indiscutable (<ref-ruling> consid. 1.4.3 p. 254; voir aussi <ref-ruling> consid. 1.3 p. 261/262; <ref-ruling> consid. 1b p. 495). Le Tribunal fédéral doit conduire son raisonnement juridique sur la base des faits constatés dans la décision attaquée (<ref-law>). Il peut compléter ou rectifier même d'office les constatations de fait qui se révèlent manifestement inexactes ou établies en violation du droit (<ref-law>). La partie recourante est autorisée à attaquer des constatations de fait ainsi irrégulières si la correction du vice est susceptible d'influer sur le sort de la cause (<ref-law>). Cette partie ne peut toutefois pas se borner à contredire les constatations litigieuses par ses propres allégations ou par l'exposé de sa propre appréciation des preuves; elle doit plutôt indiquer de façon précise en quoi ces constatations sont contraires au droit ou entachées d'une erreur indiscutable (<ref-ruling> consid. 1.4.3 p. 254; voir aussi <ref-ruling> consid. 1.3 p. 261/262; <ref-ruling> consid. 1b p. 495). 2. Les demandeurs soutiennent que le contrat conclu le 5 décembre 1998 obligeait les défendeurs à payer le prix convenu et, de plus, à prendre en charge le remboursement des dettes hypothécaires de M._ SA. Ils reprochent à la Cour civile d'avoir violé l'<ref-law>, relatif à l'interprétation des contrats, en retenant que les défendeurs devaient seulement le prix convenu. Leur argumentation n'indique pas comment ils parviennent au montant de 1'004'602 fr.10 censément dû pour le remboursement des dettes hypothécaires; sur ce point, le recours n'est pas motivé conformément aux exigences de l'<ref-law>. En tant que la contestation porte sur les prétentions reconventionnelles des défendeurs, le recours est irrecevable parce que dépourvu de toute motivation. Les conclusions concernant les dépens de l'instance cantonale sont recevables en tant que le Tribunal fédéral peut, selon l'issue de la cause, fixer lui-même ces dépens d'après le tarif cantonal (<ref-law>). Les conclusions concernant les dépens de l'instance cantonale sont recevables en tant que le Tribunal fédéral peut, selon l'issue de la cause, fixer lui-même ces dépens d'après le tarif cantonal (<ref-law>). 3. Confronté à un litige sur l'interprétation d'une convention, le juge doit tout d'abord s'efforcer de déterminer la commune et réelle intention des parties, sans s'arrêter aux expressions ou dénominations inexactes dont elles ont pu se servir, soit par erreur, soit pour déguiser la nature véritable de la convention (<ref-law>). S'il y parvient, le juge procède à une constatation de fait qui ne peut être contestée, en instance fédérale, que dans la mesure restreinte permise par l'<ref-law> (cf. <ref-ruling> consid. 4.1 p. 611; <ref-ruling> consid. 3 p. 620, 129 III 664 consid. 3.1 p. 667). Déterminer ce que les parties savent ou veulent au moment de conclure relève en effet de la constatation des faits (<ref-ruling>, ibidem; <ref-ruling> consid. 2.2 p. 422). Si le juge ne parvient pas à établir la commune et réelle intention des parties, il lui incombe d'interpréter leurs déclarations et comportements selon la théorie de la confiance. Il doit rechercher comment une déclaration ou une attitude pouvait être comprise de bonne foi en fonction de l'ensemble des circonstances (<ref-ruling> consid. 4 p. 27/28). Le principe de la confiance permet d'imputer à une partie le sens objectif de sa déclaration ou de son comportement, même si celui-ci ne correspond pas à sa volonté intime (<ref-ruling> consid. 4.1 p. 611; <ref-ruling> consid. 3.2 p. 424; <ref-ruling> consid. 2.5 p. 123, 664 consid. 3.1 p. 667). L'application du principe de la confiance est une question de droit que le Tribunal fédéral examine librement. Pour résoudre cette question de droit, il doit cependant apprécier le contenu de la manifestation de volonté concernée et les circonstances dans lesquelles elle est intervenue, points qui relèvent du fait (<ref-ruling> consid. 4 p. 28; <ref-ruling> consid. 4.1 p. 611; <ref-ruling> consid. 3.2 p. 425). La Cour civile s'est dûment référée à ces principes. Elle fonde sa décision sur deux motivations convergentes: l'une constate en fait la réelle et commune intention des parties; l'autre, subsidiaire, repose sur une interprétation objective de leurs manifestations de volonté. La Cour civile s'est dûment référée à ces principes. Elle fonde sa décision sur deux motivations convergentes: l'une constate en fait la réelle et commune intention des parties; l'autre, subsidiaire, repose sur une interprétation objective de leurs manifestations de volonté. 4. Invoquant l'art. 9 Cst., les demandeurs reprochent à la Cour d'avoir constaté arbitrairement qu'il existât, lors de la conclusion du contrat, une intention commune des parties. Dans l'appréciation des preuves et la constatation des faits, l'autorité viole l'art. 9 Cst. lorsqu'elle ne prend pas en considération, sans aucune raison sérieuse, un élément de preuve propre à modifier la décision, lorsqu'elle se trompe manifestement sur son sens et sa portée, ou encore lorsque, sur la base des éléments recueillis, elle parvient à des constatations insoutenables (<ref-ruling> consid. 2.1). Selon la jurisprudence relative aux recours formés pour violation de droits constitutionnels (art. 106 al. 2 ou 116 LTF), celui qui se plaint d'arbitraire doit indiquer de façon précise en quoi la décision qu'il attaque est entachée d'un vice grave et indiscutable; à défaut, le grief est irrecevable (<ref-ruling> consid. 1.4.3 p. 254; arrêt 2C_224/2007 du 10 septembre 2007, consid. 3.3 destiné à la publication). De l'arrêt dont est recours, on extrait le passage ci-après: Au moment de conclure l'acte de vente, il était clair dans l'esprit des parties et du notaire qu'il s'agissait d'une vente mobilière, portant sur les actions de la société immobilière, qui correspondait, du point de vue économique, à la vente de l'immeuble. Pour les parties au contrat, le prix de vente de 1'930'000 fr. s'entendait au total, y compris le montant des dettes hypothécaires, qu'il appartenait aux vendeurs de régler, conformément à la pratique habituelle. La courtière N._ en avait expressément parlé avec le demandeur X._, le fiscaliste O._ et la famille Z._ lors d'un entretien dans le bureau O._ à Pully. Le demandeur avait demandé quel montant lui resterait après le paiement des dettes hypothécaires et il lui avait été répondu que c'était un montant compris entre 300'000 et 500'000 francs. Cela n'a pas été rediscuté lors de la signature de l'acte chez le notaire. C'était un montant de cet ordre que le demandeur X._ souhaitait garder pour lui après le paiement de toutes les dettes. La Cour discute ensuite les éléments de preuve sur lesquels elle fonde cet exposé, en expliquant de façon concise mais précise pourquoi elle retient certains témoignages, tels que celui de la courtière, et écarte d'autres dépositions; en particulier, elle souligne que le témoignage du fiscaliste, celui-ci s'étant exprimé en faveur d'une estimation de l'immeuble à plus de 3'000'000 de francs, ne se rapporte pas à l'intention des parties lors de la conclusion du contrat. Pour contester le jugement de la Cour, les demandeurs invoquent d'autres faits survenus bien après la conclusion du contrat: le 22 mars 1999, en vue d'inciter l'autorité fiscale à modifier son évaluation de l'immeuble, le notaire a proposé que les parties signent un « avenant » destiné à confirmer qu'elles évaluaient ce bien à 1'930'000 fr.; répondant à cet homme de loi, les demandeurs ont refusé leur signature et interdit que les dettes hypothécaires soient remboursées sur le prix de vente des actions. La Cour a discuté la portée de cette manifestation de volonté; à son avis, intervenue après l'évaluation de l'immeuble par l'autorité fiscale et après que cette évaluation eut été approuvée par le fiscaliste O._, elle « ne remet pas en cause » l'intention qui était celle des demandeurs lors de la conclusion du contrat. Or, le Tribunal fédéral ne discerne pas en quoi cette appréciation pourrait être jugée arbitraire et les demandeurs n'avancent eux-mêmes rien à ce sujet; ils se bornent à répéter que l'avenant proposé ne correspondait ni au contrat ni à leur propre intention. Il est douteux que cette argumentation satisfasse aux exigences précitées concernant le recours pour violation de droits constitutionnels; de toute manière, elle ne parvient aucunement à mettre en évidence un vice certain dans les constatations litigieuses. Le grief d'arbitraire se révèle privé de fondement, dans la mesure où il est recevable, ce qui conduit au rejet du grief tiré de l'<ref-law> et au rejet du recours; il n'est pas nécessaire d'examiner les critiques que les demandeurs développent contre la motivation subsidiaire de l'arrêt attaqué. Il n'y a pas lieu de modifier les dépens de l'instance cantonale. Le grief d'arbitraire se révèle privé de fondement, dans la mesure où il est recevable, ce qui conduit au rejet du grief tiré de l'<ref-law> et au rejet du recours; il n'est pas nécessaire d'examiner les critiques que les demandeurs développent contre la motivation subsidiaire de l'arrêt attaqué. Il n'y a pas lieu de modifier les dépens de l'instance cantonale. 5. A titre de parties qui succombent, les demandeurs doivent acquitter l'émolument à percevoir par le Tribunal fédéral et les dépens de l'instance fédérale.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté, dans la mesure où il est recevable. 1. Le recours est rejeté, dans la mesure où il est recevable. 2. Les demandeurs acquitteront un émolument judiciaire de 15'000 fr. 2. Les demandeurs acquitteront un émolument judiciaire de 15'000 fr. 3. Les demandeurs acquitteront, solidairement entre eux, une indemnité de 17'000 fr. due aux défendeurs, créanciers solidaires, à titre de dépens. 3. Les demandeurs acquitteront, solidairement entre eux, une indemnité de 17'000 fr. due aux défendeurs, créanciers solidaires, à titre de dépens. 4. Le présent arrêt est communiqué aux mandataires des parties et au Tribunal cantonal du canton de Vaud. Lausanne, le 6 décembre 2007 Au nom de la Ire Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse Le président: Le greffier: Corboz Thélin
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2,013
fr
Faits: A. Le 10 octobre 2011, sur réquisition de l'Office d'impôt du district de B._, représentant la Confédération suisse, l'Office des poursuites du district de B._ a notifié à H.X._ quatre commandements de payer (poursuites n os 1, 2, 3 et 4) les sommes de 836 fr. plus 8 fr. 95, de 600 fr., de 500 fr. et de 721 fr., chacune d'elles, à l'exclusion des 8 fr. 95, portant intérêts à 3,5 % l'an dès le 6 décembre 2010. Sous la rubrique cause de l'obligation, il était indiqué: " (I) Impôt fédéral direct 2009 (Confédération suisse) selon décision de taxation du 04.11.2010 et du décompte final du 08.11.2010; sommation adressée le 15.02.2011 (II) intérêts moratoires sur acomptes " (poursuite no 1); " Amende d'ordre défaut DI IFD 2009 (Confédération suisse) selon décision de taxation du 04.11.2010 et du décompte final du 08.11.2010; sommation adressée le 15.02.2011 " (poursuite no 2); " Amende d'ordre défaut DI IFD 2008 (Confédération suisse) selon décision de taxation du 04.11.2010 et du décompte final du 08.11.2010; sommation adressée le 15.02.2011 " (poursuite no 3); " Impôt fédéral direct 2008 (Confédération suisse) selon décision de taxation du 04.11.2010 et du décompte final du 08.11.2010; sommation adressée le 15.02.2011 " (poursuite n o 4). H.X._ ayant fait opposition totale à chaque commandement de payer, la poursuivante en a requis les mainlevées définitives le 19 mars 2012 (poursuites n os 1 et 4), respectivement le 20 mars 2012 (poursuites nos 2 et 3). Dans ce cadre, par plis recommandés du 30 avril 2012, le Juge de paix du district de B._ a imparti à H.X._ un délai au 29 mai suivant pour qu'il se détermine sur les différentes requêtes et dépose toutes pièces utiles. Il a attiré l'attention du poursuivi sur le fait que, même s'il ne procédait pas, les procédures suivraient leur cours et qu'il serait statué sans audience, sur la base des dossiers conformément aux art. 147 al. 3 et 256 al. 1 CPC. Le 29 mai 2012, invoquant dans chaque procédure la complexité de la cause, H.X._ a sollicité la prolongation de ces délais, lesquels ont été prolongés au 11 juin 2012 par avis du 31 mai 2012. Le 11 juin 2012, se prévalant cette fois-ci également d'une " surcharge continuelle de travail ", le poursuivi a requis de nouvelles prolongations, qui lui ont toutes été refusées par lettres du 15 juin 2012 (poursuite n o 3), respectivement du 18 juin 2012 (poursuites nos 1, 2 et 4), motif pris que les délais avaient déjà été prolongés. Par prononcés du 6 juillet 2012, dont les motifs ont été adressés pour notification aux parties le 16 août 2012, le juge de paix a levé définitivement les oppositions aux commandements de payer. Par quatre arrêts séparés du 31 janvier 2013, mais dont les motivations sont identiques, la Cour des poursuites et faillites du Tribunal cantonal du canton de Vaud a rejeté les recours de H.X._ interjetés contre ces décisions de mainlevée définitive, qu'elle a confirmées. L'assistance judiciaire, sous la forme d'une exonération des avances et des frais judiciaires, ayant été accordée au recourant, elle a mis les frais à la charge de l'Etat, réservant leur remboursement ultérieur conformément à l'<ref-law>. B. Par écritures du 11 mars 2013, H.X._ exerce, en son " nom propre, et assisté par Me C._ ", des recours constitutionnels subsidiaires au Tribunal fédéral contre ces quatre arrêts. Il conclut à l'annulation tant des prononcés du Juge de Paix du district de B._ du 6 juillet 2012 que des arrêts de la Cour des poursuites et faillites du 31 janvier 2013 et au renvoi des causes au juge de paix pour qu'il lui impartisse un délai supplémentaire de détermination avant de rendre les décisions sur les requêtes de mainlevée. Il demande que les frais judiciaires soient mis à la charge du fisc et qu'une équitable indemnité lui soit allouée à titre de dépens. Il sollicite en outre l'assistance judiciaire totale, Me C._ lui étant désigné en qualité d'avocat d'office. Il n'a pas été demandé de réponses au fond. C. Par ordonnances du 21 mars 2013, le Président de la II e Cour de droit civil a accordé l'effet suspensif aux recours.
Considérant en droit: 1. Les quatre recours sont dirigés contre des décisions formellement distinctes mais qui concernent le même complexe de faits, opposent les mêmes parties et soulèvent les mêmes questions juridiques. Il se justifie dès lors de les joindre, pour des motifs d'économie de procédure, et de statuer à leur sujet dans un seul arrêt (<ref-law> applicable par analogie vu le renvoi de l'<ref-law>; <ref-ruling> consid. 1; <ref-ruling> consid. 1a; <ref-ruling> consid. 1). 2. La décision qui prononce la mainlevée définitive de l'opposition est en principe sujette au recours en matière civile (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 1.1 p. 521). Cependant, dans aucune des présentes causes, la valeur litigieuse n'atteint le seuil de 30'000 fr. (<ref-law>) et le recourant ne prétend pas (<ref-law>) à l'examen d'une question juridique de principe (<ref-law>; cf. sur cette notion: <ref-ruling> consid. 1.1 p. 582). Partant, c'est bien la voie du recours constitutionnel subsidiaire au sens des <ref-law> qui est ouverte dans les cas d'espèce. Les autres conditions de recevabilité sont remplies: les recours ont été formés en temps utile (art. 100 al. 1 et 117 LTF) contre des décisions finales (art. 90 et 117 LTF; <ref-ruling> consid. 1.4 p. 400) prises par un tribunal supérieur ayant statué sur recours (art. 75 et 114 LTF); le poursuivi, qui a été débouté de ses conclusions par l'autorité précédente, a qualité pour recourir (<ref-law>). 3. Autant que le recourant s'en prend aux décisions du Juge de paix du district de B._, ses critiques sont irrecevables, faute d'être dirigées contre des décisions de dernière instance cantonale prises sur recours (<ref-law>). 4. 4.1. Le recours constitutionnel peut être formé pour violation des droits constitutionnels (<ref-law>). Saisi d'un tel recours, le Tribunal fédéral n'examine que les griefs expressément soulevés et motivés (art. 106 al. 2 et 117 LTF). En particulier, le justiciable qui se plaint d'arbitraire (art. 9 Cst.) n'est pas admis à contester la décision attaquée comme il le ferait en procédure d'appel, où la juridiction supérieure dispose d'une libre cognition; il ne saurait se contenter d'opposer son opinion à celle de l'autorité précédente, mais doit démontrer, par une argumentation précise, que cette décision se fonde sur une application de la loi ou une appréciation des preuves manifestement insoutenables; les critiques de nature appellatoire sont irrecevables (sur les exigences de motivation, parmi plusieurs: <ref-ruling> consid. 2.1 p. 143; <ref-ruling> consid. 3.2 p. 444; <ref-ruling> consid. 2 p. 591 s.; <ref-ruling> consid. 3.1 p. 399 s.). 4.2. De jurisprudence constante, une décision est arbitraire lorsqu'elle est manifestement insoutenable, méconnaît gravement une norme ou un principe juridique clair et indiscuté, ou heurte de manière choquante le sentiment de la justice et de l'équité; il ne suffit pas qu'une autre solution paraisse concevable, voire préférable; pour que cette décision soit censurée, encore faut-il qu'elle se révèle arbitraire, non seulement dans ses motifs, mais aussi dans son résultat (<ref-ruling> consid. 2.4 p. 5; <ref-ruling> consid. 2.2.2 p. 318/319 et les arrêts cités). 5. 5.1. Au terme d'une motivation identique pour chacune des causes, la Cour des poursuites et faillites a considéré comme justifiés les refus du premier juge de prolonger une seconde fois les délais de détermination par écrit (<ref-law>) impartis au poursuivi, tant au regard de l'<ref-law> que de l'<ref-law> (droit d'être entendu). A chaque fois, elle a jugé en substance que les motifs invoqués étaient insuffisants, d'autant que le juge pouvait, dans le cadre de son pouvoir d'appréciation, se montrer plus sévère, le délai ayant déjà été prolongé. Le poursuivi n'avait en effet motivé que très brièvement sa requête en mentionnant la " complexité de la cause " et sa " surcharge de travail ", sans développer ni démontrer d'aucune façon les prétendues difficultés qui l'auraient empêché de respecter le délai déjà prolongé. Or, la cause en mainlevée définitive ne présentait manifestement aucune complexité de fait ou de droit, l'intéressé s'étant vu notifier des décisions de l'autorité fiscale, qu'il n'avait pas contestées et dont l'exécution était réclamée par voie de poursuite. Quant à la surcharge de travail alléguée, le poursuivi, qui procédait au bénéfice de l'assistance judiciaire en raison de son indigence, n'avait pas indiqué quelle activité professionnelle il exerçait avec une intensité telle qu'il s'était trouvé dans l'incapacité de dégager, au cours d'une période de plus d'un mois, le temps nécessaire à la rédaction de ses déterminations sur la requête de mainlevée, alors qu'il avait été en mesure de rédiger et poster en temps utile - dans un délai pourtant réduit, de son fait, à seulement sept jours - un recours de trois pages. L'autorité cantonale a par ailleurs relevé, sur la base des pièces des dossiers, que, systématiquement, le poursuivi retirait le dernier jour du délai de garde postal les plis judiciaires recommandés et agissait le dernier jour des délais qui lui étaient impartis. Ainsi, c'était le 7 mai 2012 qu'il avait retiré l'avis du 30 avril lui impartissant un délai de détermination au 29 mai 2012. C'était le 29 mai 2012, dernier jour de ce délai, qu'il en avait requis une première fois la prolongation. Le suivi des envois relatifs à la notification du dispositif de la décision de mainlevée et du prononcé motivé confirmait cette pratique érigée en automatisme, consistant, une fois reçu l'avis de retrait, à attendre le dernier jour du délai de garde postal pour opérer. Il s'agissait là de procédés purement dilatoires constitutifs d'un abus de droit. La Cour des poursuites et faillites a par ailleurs écarté l'argument du poursuivi fondé sur le fait que, pour chacune des affaires, ce dernier n'aurait reçu l'avis du 31 mai 2012 prolongeant le délai au 11 juin 2012 qu'à cette dernière date. Elle a estimé que, même s'il avait été expédié en courrier B, il était peu vraisemblable que le pli contenant cet avis ait mis plus de dix jours à atteindre son destinataire. Au demeurant, le recourant avait disposé d'une prolongation effective du 29 mai au 11 juin 2012, durant laquelle il n'avait ni rédigé son écriture ni interpellé le greffe de la justice de paix pour s'informer, s'il était réellement sans nouvelles, du sort de sa requête de deuxième (recte: première) prolongation. L'autorité cantonale a encore jugé mal fondé l'argument du poursuivi pris de l'absence de toute mention des conséquences du défaut dans l'avis d'octroi de la prolongation du délai de détermination. Se référant à la doctrine, elle a considéré qu'il suffit que les conséquences d'un défaut soient énoncées une fois s'agissant d'un délai dont une prolongation est accordée ou dont l'inobservation donne lieu à la fixation d'un délai de grâce. Or, dans l'avis fixant le premier délai de détermination, le poursuivi avait été dûment averti des conséquences, à savoir que la procédure suivrait son cours et qu'il serait statué sans audience, s'il ne respectait pas le délai de détermination initial, ce qui valait, a fortiori, pour le délai prolongé. 5.2. Interjetant le même recours dans chacune des présentes causes, le recourant voit dans ces considérations une violation de son droit d'être entendu ainsi que de l'arbitraire et du formalisme excessif dans l'application de l'<ref-law>. 6. Il conteste d'abord le bien-fondé du refus de prolonger une deuxième fois le délai de détermination par écrit. 6.1. Autant qu'il argumente en se référant aux conditions d'octroi d'une première prolongation du délai de détermination, sa critique tombe à faux, la question litigieuse en l'espèce étant celle du bien-fondé de la décision de l'autorité cantonale confirmant le refus du juge de paix de prolonger une seconde fois ce délai. A cet égard, le recourant ne conteste pas, ainsi que l'a relevé la Cour des poursuites et faillites que, dans le cadre de son pouvoir d'appréciation, le juge peut se montrer plus sévère dans son examen si le requérant a déjà vu son délai être prolongé (dans ce sens: Denis Tappy, in: Code de procédure civile commenté, 2011, no 10 ad <ref-law>; implicitement: Barbara Merz, in: Schweizerische Zivilprozessordnung (ZPO) Kommentar, Brunner/Gasser/Schwander [éd.], 2011, no 5 ad <ref-law>). De son propre aveu, dans le cas d'une première prolongation de délai, le juge ne doit pas se montrer trop strict pour juger de la suffisance des motifs invoqués [...], contrairement à ce qui devrait prévaloir pour une [...] deuxième demande de prolongation de délai. Il est même d'avis qu'une " urgence particulière à statuer " peut fonder un refus, célérité à laquelle est précisément soumise la procédure sommaire dont la caractéristique est d'être simple et rapide et, plus particulièrement, la procédure de mainlevée définitive (cf. Walter A. Stoffel, La mainlevée d'opposition - modèle d'une " procédure simple et rapide "?, in: Centenaire de la LP, 1989, p. 214 ss; en général: Fabienne Hohl, La réalisation du droit et les procédures rapides, 1994, nos 776 ss, avec les citations; <ref-ruling> consid. 2.1 [ad <ref-law>]; Urs H. Hoffmann-Nowotny, in Kurzkommentar ZPO, 2010, no 6 ad <ref-law>, qui prône une certaine retenue lorsque le principe de la célérité du procès l'impose). 6.2. Dans ce cadre, les considérations de l'autorité cantonale selon lesquelles le poursuivi s'est contenté de motiver très brièvement sa requête de deuxième prolongation en mentionnant la " complexité de la cause " et sa " surcharge de travail ", sans développer ni démontrer d'aucune façon les prétendues difficultés - au demeurant, non établies - qui l'auraient empêché de respecter le délai déjà prolongé n'apparaissent pas insoutenables. En tous les cas, le recourant, qui se contente d'opposer des affirmations purement péremptoires, ne le démontre pas (cf. supra, consid. 4.1). 6.3. En fait, le recourant reproche essentiellement à la Cour des poursuites et faillites d'être tombée dans l'arbitraire en ne retenant pas que la lettre lui accordant la première prolongation de délai ne lui est parvenue qu'à l'échéance qui y était fixée, soit le 11 juin 2012 et, partant, de s'être fondée de façon insoutenable sur le fait qu'il avait déjà bénéficié d'une première prolongation pour justifier son refus de prolonger une deuxième fois le délai de détermination. En tout état de cause, il aurait ainsi été privé de son droit d'être entendu. Il soutient plus particulièrement que, le pli contenant l'avis de prolongation lui ayant été adressé sous pli simple, il incombait à l'autorité cantonale de démontrer la date de notification. N'ayant pas apporté cette preuve, elle devait tenir pour avérée son allégation selon laquelle il a été privé de la première prolongation. Sur ce point, la Cour des poursuites et faillites a jugé que, même expédié en courrier B, il était peu vraisemblable que le pli contenant l'avis de prolongation ait mis plus de dix jours à atteindre son destinataire. Elle a par ailleurs relevé que le poursuivi avait au demeurant dis-posé d'une prolongation effective du 29 mai au 11 juin 2012, durant la-quelle il n'avait ni rédigé son écriture ni interpellé le greffe de la justice de paix pour s'informer, s'il était réellement sans nouvelles, du sort de sa requête de deuxième (recte première) prolongation. Une telle appréciation n'est pas manifestement insoutenable. Certes, ainsi que le soutient le recourant, selon la jurisprudence, la preuve de la notification d'une décision et de la date à laquelle cette notification a eu lieu incombe, en principe, à l'autorité. Si ces faits sont contestés et qu'il existe effectivement un doute à ce sujet, il y a lieu de se fonder sur les déclarations du destinataire de l'envoi (arrêt 9C_791/2010 du 10 novembre 2010 publié notamment in ZBJV 146/2010 p. 1110; <ref-ruling> consid. 2a p. 402; <ref-ruling> consid. 2a p. 66; RAMA 1997 no U 288 p. 444 consid. 2b et les références). La preuve de la notification d'un acte peut néanmoins résulter d'autres indices ou de l'ensemble des circonstances (<ref-ruling> consid. 3 p. 46 s.). En l'espèce, il est établi, sans que cela ne soit contesté, que, systématiquement, le recourant retire le dernier jour du délai de garde postal les plis judiciaires recommandés et agit le dernier jour des délais qui lui sont impartis. Il repousse ainsi au maximum toutes les échéances auxquelles il doit agir, et ce de façon automatique. Etonnamment, c'est aussi à l'échéance du délai prolongé, soit le dernier jour utile à cet effet et à un moment où il ne pouvait plus se déterminer, qu'il a, d'une part, requis la deuxième prolongation et prétendu, d'autre part, n'avoir pas pu bénéficier de la première prolongation. Au vu de ce comportement procédural systématique consistant à attendre toujours le dernier moment pour agir, il n'était pas insoutenable de tenir comme peu vraisemblable l'allégation selon laquelle il n'aurait reçu la décision lui accordant la première prolongation que le 11 juin 2012 et, partant, n'aurait pas pu bénéficier de celle-ci. 6.4. L'existence de motifs suffisants n'ayant pas été rendue vraisemblable, la décision de l'autorité cantonale de refuser de prolonger une deuxième fois le délai de détermination n'apparaît ainsi pas insoutenable. L'<ref-law> ne confère pas au justiciable un droit " automatique " à ce que le délai de réponse soit prolongé. Cette norme pose comme condition à toute prolongation l'existence de " motifs suffisants " qu'il appartient à la partie d'invoquer de façon motivée (Barbara Merz, op. cit., no 9 ad <ref-law>; Urs H. Hoffmann-Nowotny, op. cit., no 13 ad <ref-law>; dans le même sens, s'agissant de l'<ref-law> dont l'<ref-law> reprend la formulation [Message du 28 juin 2006 relatif au code de procédure civile suisse, FF 2006 6919]: Jean-Maurice Frésard, in: Commentaire de la LTF, 2009, no 16 ad <ref-law>; cf. Kathrin Amstutz/Peter Arnold, in: Basler Kommentar, Bundesgerichtsgesetz, 2e éd., 2011, no 6a ad <ref-law>), en rendant vraisemblables (Staehelin, in Kommentar zur Schweizerischen Zivilprozessordnung, 2e éd., 2013, no 6 ad <ref-law>; Merz, op. cit., no 9 ad <ref-law>; Hoffmann-Nowotny, op. cit., 2010, no 13 ad <ref-law> ) des circonstances qui, selon l'expérience générale de la vie, sont de nature à empêcher l'observation du délai ou du moins à contrarier l'exécution en temps voulu de l'acte de procédure (Staehelin, op. cit., no 5 ad <ref-law>; Merz, op. cit., no 6 ad <ref-law>; cf. Frésard, op. cit., no 10 ad <ref-law>). Comme il a par ailleurs été dit (cf. supra), le juge - qui jouit en la matière d'un large pouvoir d'appréciation que l'autorité de recours ne revoit qu'avec retenue (en ce sens: Tappy, op. cit., no 11 ad <ref-law>, selon lequel l'autorité supérieure ne devrait que " rarement " s'écarter de la décision du premier juge) - pouvait, sans tomber dans l'arbitraire, tenir compte du fait qu'il s'agissait d'une deuxième prolongation et de la nature particulière de la procédure sommaire de mainlevée définitive qui postule une certaine célérité. 6.5. Fondée en droit, on ne voit pas en quoi la décision de l'autorité cantonale violerait par ailleurs le droit d'être entendu du recourant (cf. Staehelin, op. cit., no 6 ad <ref-law>, selon lequel il y a violation du droit d'être entendu si la prolongation est refusée alors qu'il y a un motif suffisant). Ce dernier était averti que, même s'il ne procédait pas, le juge statuerait sans audience, sur la base du dossier, conformément aux art. 147 al. 3 et 256 al. 1 CPC. En déposant, à chaque fois, le dernier jour du délai - prolongé - une nouvelle demande de prolongation dont il ne pouvait exclure qu'elle soit rejetée, la prolongation n'étant pas automatique mais devant se fonder sur un motif suffisant, il a pris le risque de ne plus pouvoir se déterminer. 7. Selon le recourant, dans le cas d'un refus de prolongation du délai de réponse, un " très bref délai supplémentaire et non prolongeable " doit être imparti à la partie afin qu'elle puisse tout de même se déterminer. En lui refusant une telle possibilité, l'autorité cantonale aurait fait preuve de formalisme excessif dans l'application de l'<ref-law>. Il n'apparaît pas que la Cour des poursuites et faillites ait été saisie de cette question précise. Le recourant ne prétend en tout cas pas qu'il aurait soulevé un tel grief dans ses recours cantonaux, sur lequel l'autorité cantonale ne serait pas entrée en matière. De fait, il s'est borné à reprocher au premier juge d'avoir nié de façon injustifiée l'existence d'un motif suffisant et, partant, d'avoir violé son droit d'être entendu, et à se plaindre de violations de la procédure. Le grief tel qu'il est formulé devant la Cour de céans est ainsi nouveau et, partant, irrecevable (<ref-law> applicable par le renvoi de l'<ref-law>; cf. <ref-ruling> consid. 3.2 p. 429). 8. Au terme de ses écritures, le recourant expose en outre que, dans ses recours cantonaux, il n'a pas pris de conclusions en réforme parce que " le vice commis en première instance au travers de la violation du droit d'être entendu ne pouvait pas être réparé en deuxième instance, compte tenu du pouvoir d'examen de l'autorité de recours ". On cherche en vain dans les arrêts cantonaux quelles considérations il entend ainsi critiquer. 9. Vu ce qui précède, les recours doivent être rejetés dans la mesure de leur recevabilité. Le recourant sollicite l'assistance judiciaire totale, Me C._ lui étant désigné en qualité d'avocat d'office. Il se contente toutefois de cette seule affirmation, sans établir que les conditions d'octroi de l'assistance judiciaire (cf. <ref-law>) seraient remplies. Ce défaut de motivation et de documentation, en particulier de son indigence et de la nécessité de l'assistance d'un avocat, conduit au refus des demandes y relatives, le fait qu'il ait obtenu l'assistance juridique en instance cantonale n'étant à cet égard pas relevant (cf. arrêt 2C_238/2012 du 30 juillet 2012 consid. 5.2 et les références citées; arrêt 5A_57/2010 du 2 juillet 2010 consid. 7, non publié aux <ref-ruling>; Thomas Geiser, in: Basler Kommentar - Bundesgerichtsgesetz, 2e éd., 2011, p. 728, no 23 ad <ref-law>; ainsi que: <ref-ruling> consid. 4a p. 164/165). Dans ces circonstances, en tant que partie qui succombe, le recourant supportera les frais de la procédure (<ref-law>). Il n'y a pas lieu d'allouer de dépens à l'intimée (<ref-law>).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Les causes 5D_47/2013, 5D_48/2013, 5D_52/2013 et 5D_53/2013 sont jointes. 2. Les recours sont rejetés dans la mesure où ils sont recevables. 3. Les demandes d'assistance judiciaire du recourant sont rejetées. 4. Les frais judiciaires, arrêtés à 1'000 fr., sont mis à la charge du recourant. 5. Il n'est pas alloué de dépens. 6. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Cour des poursuites et faillites du Tribunal cantonal vaudois. Lausanne, le 29 juillet 2013 Au nom de la IIe Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse Le Président: von Werdt La Greffière: Jordan
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2,003
de
Sachverhalt: A. Der 1950 geborene, aus Serbien/Montenegro stammende X._ reiste am 23. Februar 1991 als Saisonnier in die Schweiz ein. 1991 verheiratete er sich in Banjani (Serbien) mit der 1958 geborenen, aus Bosnien-Herzegowina stammenden Y._, welche in der Schweiz über die Niederlassungsbewilligung verfügt. Diese brachte die beiden Kinder A._, geb. 1981, und C._, geb. 1986, mit in die Ehe. 1991 kam der gemeinsame Sohn F._ zur Welt. Gestützt auf die Heirat erhielt X._ am 25. Oktober 1991 die Aufenthaltsbewilligung, die in der Folge regelmässig verlängert wurde, letztmals bis zum 5. Juni 2002. Mit Schreiben vom 23. Februar 2001 meldete die Einwohnerkontrolle von E._ dem Amt für Migration des Kantons Luzern den Umzug von X._ an die Z._-strasse in E._. Mit Schreiben vom 23. Februar 2001 meldete die Einwohnerkontrolle von E._ dem Amt für Migration des Kantons Luzern den Umzug von X._ an die Z._-strasse in E._. B. Am 29. April 2002 ersuchte X._ um Verlängerung seiner Aufenthaltsbewilligung. Mit Schreiben vom 15. Mai 2002 teilte ihm das Amt für Migration mit, es sehe sich aufgrund der Aktenlage veranlasst, weitere Abklärungen zu treffen, und bitte ihn um Geduld. Mit Brief vom 28. November 2002 forderte das Amt X._ auf, einen Auszug aus dem Zentralstrafregister und einen Betreibungsregisterauszug einzusenden sowie mitzuteilen, wie er seinen Lebensunterhalt bestreite. Mit Schreiben vom 8. Januar 2003 setzte das Amt X._ zur Einsendung der verlangten Unterlagen eine Frist bis zum 28. Januar 2003, unter Androhung des Nichteintretens im Unterlassungsfalle. Nachdem X._ auf dieses Schreiben nicht reagiert hatte, trat das Amt für Migration mit Verfügung vom 12. Februar 2003 auf das Verlängerungsgesuch nicht ein. B. Am 29. April 2002 ersuchte X._ um Verlängerung seiner Aufenthaltsbewilligung. Mit Schreiben vom 15. Mai 2002 teilte ihm das Amt für Migration mit, es sehe sich aufgrund der Aktenlage veranlasst, weitere Abklärungen zu treffen, und bitte ihn um Geduld. Mit Brief vom 28. November 2002 forderte das Amt X._ auf, einen Auszug aus dem Zentralstrafregister und einen Betreibungsregisterauszug einzusenden sowie mitzuteilen, wie er seinen Lebensunterhalt bestreite. Mit Schreiben vom 8. Januar 2003 setzte das Amt X._ zur Einsendung der verlangten Unterlagen eine Frist bis zum 28. Januar 2003, unter Androhung des Nichteintretens im Unterlassungsfalle. Nachdem X._ auf dieses Schreiben nicht reagiert hatte, trat das Amt für Migration mit Verfügung vom 12. Februar 2003 auf das Verlängerungsgesuch nicht ein. C. Mit Eingabe vom 21. Februar 2003 ersuchte X._ das Amt für Migration um Wiedererwägung seiner Verfügung. Gleichentags erhob er gegen diese Verfügung Beschwerde beim Verwaltungsgericht des Kantons Luzern. Mit Schreiben vom 31. März 2002 teilte das Amt für Migration X._ mit, es trete auf das Wiedererwägungsgesuch nicht ein. Mit Urteil vom 6. Mai 2003 wies das Verwaltungsgericht des Kantons Luzern die Beschwerde gegen die Verfügung vom 12. Februar 2003 ab, soweit es darauf eintrat. C. Mit Eingabe vom 21. Februar 2003 ersuchte X._ das Amt für Migration um Wiedererwägung seiner Verfügung. Gleichentags erhob er gegen diese Verfügung Beschwerde beim Verwaltungsgericht des Kantons Luzern. Mit Schreiben vom 31. März 2002 teilte das Amt für Migration X._ mit, es trete auf das Wiedererwägungsgesuch nicht ein. Mit Urteil vom 6. Mai 2003 wies das Verwaltungsgericht des Kantons Luzern die Beschwerde gegen die Verfügung vom 12. Februar 2003 ab, soweit es darauf eintrat. D. Dagegen hat X._ am 4. Juni 2003 beim Bundesgericht Verwaltungsgerichtsbeschwerde erhoben. Er beantragt, das Urteil des Verwaltungsgerichts aufzuheben und das Amt für Migration zu verpflichten, materiell auf das Gesuch vom 29. April 2002 einzutreten und dieses zu genehmigen. Er beantragt zudem, ihm für das Verfahren vor dem Verwaltungsgericht eine Parteientschädigung zuzusprechen, eventualiter die unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung zu gewähren. Ursprünglich ersuchte er auch für das Verfahren vor Bundesgericht um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung, zog dieses Gesuch jedoch mit Schreiben vom 14. Juli 2003 zurück. Das Amt für Migration und das Verwaltungsgericht des Kantons Luzern beantragen die Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde. Das Bundesamt für Einwanderung, Integration und Auswanderung beantragt, die Sache zur umfassenden Sachverhaltsabklärung und Neubeurteilung an das Verwaltungsgericht zurückzuweisen.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. 1.1 Das Bundesgericht beurteilt letztinstanzlich Verwaltungsgerichtsbeschwerden gegen Verfügungen, die sich auf öffentliches Recht des Bundes stützen oder stützen sollten (Art. 97 Abs. 1 OG in Verbindung mit <ref-law>), sofern keiner der in Art. 99 ff. OG oder in der Spezialgesetzgebung vorgesehenen Ausschlussgründe vorliegt, wovon hier auszugehen ist. 1.2 Anfechtungsobjekt ist im vorliegenden Verfahren der Entscheid der gemäss Art. 98a OG letztinstanzlich zuständigen kantonalen Behörde, die einen primär auf kantonales Prozessrecht gestützten Nichteintretensentscheid bestätigt hat. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde ist hier zulässig: Tritt eine kantonale Behörde auf ein Rechtsmittel allein gestützt auf kantonales Verfahrensrecht nicht ein - oder bestätigt sie einen durch eine untere Instanz gefällten Nichteintretensentscheid (<ref-ruling> E. 3a S. 192) - und führt dies dazu, dass die korrekte Anwendung von Bundesrecht nicht überprüft wird, die Durchsetzung von Bundesrecht somit vereitelt werden könnte, so ist die Rüge, das kantonale Verfahrensrecht sei in Art. 4 aBV (heute: Art. 9 und Art. 29 BV) verletzender Weise angewendet worden, in einer grundsätzlich der Verwaltungsgerichtsbeschwerde unterliegenden Streitsache ebenfalls mit Verwaltungsgerichtsbeschwerde geltend zu machen, und zwar selbst dann, wenn nicht eine Verletzung von materiellem Bundesrecht behauptet wird. Die Prüfungsbefugnis geht aber in diesem Fall nicht weiter als bei der staatsrechtlichen Beschwerde (<ref-ruling> E. 1b S. 382). Auf die Verwaltungsgerichtsbeschwerde ist daher einzutreten. Auf die Verwaltungsgerichtsbeschwerde ist daher einzutreten. 2. 2.1 Bei seiner Nichteintretensverfügung hat sich das Amt für Migration auf § 55 des luzernischen Gesetzes vom 3. Juli 1972 über die Verwaltungsrechtspflege (VRG) sowie auf Art. 3 Abs. 2 des Bundesgesetzes vom 26. März 1931 über Aufenthalt und Niederlassung der Ausländer (ANAG; SR 142.20) gestützt. Es ist zum Schluss gekommen, dass der Beschwerdeführer im Zusammenhang mit seinem Verlängerungsgesuch seiner Mitwirkungspflicht nicht nachgekommen ist. Gemäss § 55 Abs. 1 VRG haben die Parteien bei der Sachverhaltsfeststellung mitzuwirken, wenn sie das Verfahren durch eine Rechtsvorkehr veranlasst haben (lit. a), wenn sie in einem Verfahren Anträge stellen (lit. b) und soweit ihnen ein Rechtssatz besondere Auskunftspflichten auferlegt (lit. c). Verweigert eine Partei im Falle von Absatz 1a und b die notwendige und zumutbare Mitwirkung, so braucht die Behörde auf ihre Anträge nicht einzutreten (§ 55 Abs. 2 VRG). Gemäss Art. 3 Abs. 2 ANAG ist der Ausländer verpflichtet, der Behörde über alles, was für den Bewilligungsentscheid massgebend sein kann, wahrheitsgetreue Auskunft zu geben. Diese Bestimmung äussert sich indessen nicht darüber, welches die Konsequenz der Verletzung der Mitwirkungspflicht ist. 2.2 Das Amt für Migration hatte den Beschwerdeführer am 28. November 2002 aufgefordert, einen Auszug aus dem Zentralstrafregister sowie einen Betreibungsregisterauszug der letzten fünf Jahre beizubringen sowie bekannt zu geben und zu belegen, wovon er seinen Lebensunterhalt bestreite. Diese Aufforderung sandte sie an die Adresse, unter welcher der Beschwerdeführer seit dem 23. Februar 2001 bei der Einwohnerbehörde registriert war und von welcher aus er schon am 30. April 2001 und auch am 29. April 2002 als getrennt Lebender ein Verlängerungsgesuch gestellt hatte. Am 8. Januar 2003 mahnte ihn das Amt für Migration unter Androhung des Nichteintretens und setzte ihm zur Einreichung der verlangten Unterlagen eine Frist bis zum 28. Januar 2003. Dieses Schreiben wurde vom Beschwerdeführer am 16. Januar 2003 bei der Post abgeholt. Im Gegensatz zur Beschwerde an das Verwaltungsgericht zieht der Beschwerdeführer vor Bundesgericht die Zustellung der Sendungen des Amts für Migration an ihn nicht mehr in Zweifel. Er macht auch sonst nicht geltend, die Sachverhaltsfeststellung des Verwaltungsgerichts sei im Sinne von Art. 105 Abs. 2 OG offensichtlich unrichtig, unvollständig oder unter Verletzung wesentlicher Verfahrensbestimmungen zustande gekommen. 2.3 Das Verwaltungsgericht erwähnt die in Art. 3 Abs. 2 ANAG einem Gesuchsteller auferlegten Auskunftspflichten. Aus dem angefochtenen Entscheid geht indessen nicht klar hervor, ob es den Nichteintretensentscheid - unter anderem - auch gestützt auf § 55 Abs. 1 lit. c VRG schützt. Dies wäre vom Wortlaut von § 55 Abs. 2 VRG her nicht zulässig, da diese Bestimmung einen Nichteintretensentscheid nur in den Fällen von Abs. 1 lit. a und lit. b als Sanktion auf die unterlassene Mitwirkung erlaubt. Die Problematik braucht aber nicht näher abgeklärt zu werden, denn das Verwaltungsgericht stützt den Nichteintretensentscheid auch auf § 55 Abs. 1 lit. a VRG, wonach die Parteien bei der Feststellung des Sachverhalts dann mitzuwirken haben, wenn sie das Verfahren durch eine Rechtsvorkehr veranlasst haben. Nach der dargestellten Sachlage ist klar, dass der Beschwerdeführer, der das Verfahren durch sein Verlängerungsgesuch veranlasst hat, die ihm obliegende Mitwirkungspflicht verletzt hat; es ist nicht ersichtlich, inwiefern es ihm nicht zumutbar gewesen wäre, die verlangten Unterlagen fristgerecht beizubringen oder allenfalls eine Fristverlängerung zu verlangen. Der Nichteintretensentscheid des Amtes für Migration als Konsequenz steht jedenfalls mit dem Wortlaut von § 55 Abs. 1 lit. a in Verbindung mit § 55 Abs. 2 VRG in Übereinstimmung; von einer willkürlichen Auslegung dieser beiden Gesetzesbestimmungen kann nicht die Rede sein; eine solche wird im Übrigen auch nicht geltend gemacht. Ebenso wenig macht der Beschwerdeführer geltend, § 55 VRG/LU sei als solcher verfassungs- oder konventionswidrig. 2.4 Das Verwaltungsgericht hat daher zu Recht den Nichteintretensentscheid des Amtes für Migration geschützt. 2.4 Das Verwaltungsgericht hat daher zu Recht den Nichteintretensentscheid des Amtes für Migration geschützt. 3. Nachdem angesichts der Versäumnisse des Beschwerdeführers ein Nichteintretensentscheid des Amtes für Migration klarerweise gerechtfertigt war, durfte das Verwaltungsgericht dem Beschwerdeführer auch wegen der Aussichtslosigkeit der Beschwerde die unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung verweigern. 3. Nachdem angesichts der Versäumnisse des Beschwerdeführers ein Nichteintretensentscheid des Amtes für Migration klarerweise gerechtfertigt war, durfte das Verwaltungsgericht dem Beschwerdeführer auch wegen der Aussichtslosigkeit der Beschwerde die unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung verweigern. 4. Das Bundesamt für Zuwanderung, Integration und Auswanderung betont, dass der Beschwerdeführer möglicherweise fünf Jahre in ehelicher Gemeinschaft mit seiner Ehefrau gelebt und damit gestützt auf Art. 17 Abs. 2 ANAG einen Anspruch auf eine Niederlassungsbewilligung erworben hat. In der Tat geht aus den Akten nur gerade eine mehrmonatige Trennung der Eheleute ab dem Frühjahr 1993 hervor; mit dem Umzug nach E._ im Februar 1994 haben sie offenbar das eheliche Zusammenleben wieder aufgenommen. Es ist damit wahrscheinlich, dass die Eheleute - der Beschwerdeführer lebt seit 1991, soweit bekannt, ordnungsgemäss und ununterbrochen in der Schweiz - bis zur neuerlichen Trennung 2001 mindestens fünf Jahre in ehelicher Gemeinschaft zusammengelebt haben. Der dadurch erworbene grundsätzliche Anspruch auf eine Niederlassungsbewilligung wäre mit der Trennung im Jahre 2001 nicht erloschen, denn wer einen solchen Anspruch einmal erworben hat, kann sich auch in einem späteren Zeitpunkt darauf berufen; dies würde sogar gelten, wenn er mittlerweile geschieden wäre (vgl. <ref-ruling> E. 1.1.4 S. 149, betreffend einen auf Art. 7 ANAG gestützten Anspruch). Es ist daher auch nicht von Bedeutung, ob heute das Ehepaar wieder zusammenlebt. Der vom Verwaltungsgericht und nun vom Bundesgericht bestätigte Nichteintretensentscheid auf ein Gesuch um die Verlängerung einer Aufenthaltsbewilligung berührt einen allfälligen Anspruch auf die Niederlassungsbewilligung nicht, ist doch über diesen Anspruch bis anhin nicht rechtskräftig entschieden worden. Dem Beschwerdeführer bleibt daher die Möglichkeit - gegebenenfalls vom Ausland her - ein entsprechendes Gesuch zu stellen. Der vom Verwaltungsgericht und nun vom Bundesgericht bestätigte Nichteintretensentscheid auf ein Gesuch um die Verlängerung einer Aufenthaltsbewilligung berührt einen allfälligen Anspruch auf die Niederlassungsbewilligung nicht, ist doch über diesen Anspruch bis anhin nicht rechtskräftig entschieden worden. Dem Beschwerdeführer bleibt daher die Möglichkeit - gegebenenfalls vom Ausland her - ein entsprechendes Gesuch zu stellen. 5. Die nach dem Gesagten unbegründete Verwaltungsgerichtsbeschwerde ist abzuweisen und das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung als durch Rückzug erledigt abzuschreiben. Bei diesem Verfahrensausgang sind die Gerichtskosten dem unterliegenden Beschwerdeführer aufzuerlegen (Art. 156 Abs. 1 in Verbindung mit Art. 153 und Art. 153a OG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wird als erledigt abgeschrieben. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wird als erledigt abgeschrieben. 3. Die Gerichtsgebühr von Fr. 1'000.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Die Gerichtsgebühr von Fr. 1'000.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, dem Amt für Migration und dem Verwaltungsgericht, Verwaltungsrechtliche Abteilung, des Kantons Luzern sowie dem Bundesamt für Zuwanderung, Integration und Auswanderung schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 28. Oktober 2003 Im Namen der II. öffentlichrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin:
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2,000
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A.- Die Firma X._ (nachfolgend Firma) war der Ausgleichskasse der Aargauischen Industrie- und Handelskammer angeschlossen. Am 1. März 1993 wurde über die Firma der Konkurs eröffnet, in welchem die Ausgleichskasse eine Forderung für nicht bezahlte paritätische Sozialversicherungsbeiträge aus der Zeit von August 1992 bis zur Konkurseröffnung in Höhe von Fr. 272'544. 20 eingab (inkl. Verwaltungskosten, Verzugszinsen, Mahngebühren und Betreibungsspesen). Am 4. Mai 1994 erstattete die im Nachgang der ersten Gläubigerversammlung als ausseramtliche Konkursverwaltung eingesetzte Projektgruppe A._ den Gläubigern einen ersten Zwischenbericht; am 12. April 1995 lud sie zur zweiten Gläubigerversammlung ein. Der Kollokationsplan lag vom 1. bis 11. Juni 1994 zur Einsicht auf. Mit Verfügung vom 15. Januar 1996 forderte die Ausgleichskasse von G._, ehemaliger Präsident und einziges Mitglied des Verwaltungsrates, Schadenersatz in der Höhe von Fr. 283'661. 15. Der Inpflichtgenommene legte dagegen Einspruch ein. B.- Nachdem die Konkursverwaltung der Ausgleichskasse mit Anzeige vom 21. Februar 1996 mitgeteilt hatte, dass von der im Konkurs zugelassenen Forderung ein Betrag von Fr. 231'005. 75 ungedeckt bleibe, erhob die Ausgleichskasse beim Versicherungsgericht des Kantons Aargau Klage mit dem Antrag auf Zahlung von Schadenersatz in besagter Höhe. Nach Durchführung eines zweifachen Schriftenwechsels, Aktenergänzungen bei der Ausgleichskasse und dem Handelsgericht des Kantons Aargau sowie am 21. Oktober 1997 abgehaltener öffentlicher Schlussverhandlung hiess das Versicherungsgericht die Klage mit Entscheid vom 9. Dezember 1997 teilweise gut und verpflichtete G._, der Ausgleichskasse Schadenersatz von Fr. 136'042. 25 zu bezahlen. C.- G._ lässt Verwaltungsgerichtsbeschwerde führen mit dem Begehren, der vorinstanzliche Gerichtsentscheid sei aufzuheben und die Klage abzuweisen; eventuell sei die Angelegenheit für weitere Beweiserhebungen an die Vorinstanz zurückzuweisen. Während die Ausgleichskasse Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde beantragt, verzichtet das Bundesamt für Sozialversicherung auf eine Vernehmlassung.
Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1.- Da es sich bei der angefochtenen Verfügung nicht um die Bewilligung oder Verweigerung von Versicherungsleistungen handelt, hat das Eidgenössische Versicherungsgericht nur zu prüfen, ob das vorinstanzliche Gericht Bundesrecht verletzt hat, einschliesslich Überschreitung oder Missbrauch des Ermessens, oder ob der rechtserhebliche Sachverhalt offensichtlich unrichtig, unvollständig oder unter Verletzung wesentlicher Verfahrensbestimmungen festgestellt worden ist (Art. 132 in Verbindung mit Art. 104 lit. a und b sowie Art. 105 Abs. 2 OG). Weil der Schadenersatzprozess nach <ref-law> nicht unter den Begriff der Abgabestreitigkeiten im Sinne von Art. 114 Abs. 1 OG fällt, darf das Gericht weder zu Gunsten noch zu Ungunsten der Parteien über deren Begehren hinausgehen; an die Begründung der Begehren ist es nicht gebunden (<ref-ruling> Erw. 2b). 2.- Das kantonale Gericht hat unter Hinweis auf Gesetz (<ref-law>) und Rechtsprechung (vgl. statt vieler: <ref-ruling> Erw. 5b) die Voraussetzungen richtig dargelegt, unter denen ein verantwortliches Organ einer juristischen Person der Ausgleichskasse den durch schuldhafte Missach- tung der Vorschriften über die Beitragsabrechnung und -be- zahlung (<ref-law>; <ref-law>) entstande- nen Schaden zu ersetzen hat. Dabei hat es insbesondere die hier in erster Linie interessierende Haftungsvoraussetzung des zumindest grobfahrlässigen Verschuldens (<ref-ruling> Erw. 4b und 5, 119 V 87 Erw. 5a, 108 V 186 Erw. 1b; ZAK 1992 S. 248 Erw. 4b mit Hinweisen, 1986 S. 224 Erw. 5b) aufgezeigt. Darauf kann verwiesen werden. Zutreffend sind auch die Ausführungen zur Verwirkung der Schadenersatzforderung (<ref-law>; <ref-ruling> Erw. 3) und zum Zeitpunkt der Kenntnis des Schadens (<ref-ruling> Erw. 3b, 113 V 183 Erw. 3b; AHI 1996 S. 161 Erw. 3b; ZAK 1992 S. 252 Erw. 5c, 479 Erw. 3b; vgl. auch <ref-ruling>; AHI 1995 S. 163 Erw. 4c-d). 3.- Inwieweit die Vorinstanz den rechtserheblichen Sachverhalt mangelhaft im Sinne von Art. 105 Abs. 2 OG festgestellt haben sollte, wie vom Beschwerdeführer geltend gemacht wird, ist nicht erkennbar. Es steht ihr im Rahmen der freien Beweiswürdigung durchaus zu, Beweisofferten auszuschlagen, die rechtlich nicht erhebliche Tatsachen betreffen oder von vornherein untauglich sind, ohne dies ausdrücklich im Entscheid zu erwähnen (<ref-ruling> Erw. 4b mit Hinweis). Ebenso kann das Gericht trotz des das Verfahren beherrschenden Untersuchungsgrundsatzes von Beweiserhebungen absehen, welche am feststehenden Ergebnis nichts mehr ändern könnten (antizipierte Beweiswürdigung; <ref-ruling> Erw. 4b, 122 V 162 Erw. 1d mit Hinweisen; so z.B. den Notar U. Schmid als Zeugen über den behaupteten Umstand, der Beschwerdeführer habe im Februar 1993 noch einen Teilverkauf einer Liegenschaft zur Rettung der Unternehmung ins Auge gefasst, einzuvernehmen; Erw. 5 hienach). Sodann hatten die Parteien anlässlich der am 21. Oktober 1997 durchgeführten mündlichen Schlussverhandlung Gelegenheit, sich zu den beigezogenen Handelsgerichtsakten zu äussern, womit es auch nicht gegen den Anspruch auf rechtliches Gehör verstösst, wenn die Vorinstanz zur Sachverhaltsklärung darauf abgestellt hat (Näheres zum Anspruch auf rechtliches Gehör: <ref-ruling> Erw. 3a, 242 Erw. 2, 124 II 137 Erw. 2b, 124 V 181 Erw. 1a, 375 Erw. 3b, je mit Hinweisen). 4.- Wie von der Vorinstanz zutreffend und einlässlich dargetan - worauf zu verweisen ist -, konnte die Ausgleichskasse die für die Geltendmachung des Anspruchs erforderliche Kenntnis des Schadens frühestens mit dem Erhalt der Einladung der Konkursverwaltung zur zweiten Gläubigerversammlung vom 12. April 1995 erlangen, weshalb die Kasse die Schadenersatzverfügung vom 15. Januar 1996 innerhalb der einjährigen Verwirkungsfrist des <ref-law> erlassen hat. Was der Beschwerdeführer dagegen vorbringt, überzeugt nicht. Zwar gab die Konkursverwaltung in ihrem ersten Rundschreiben vom 4. Mai 1994 insoweit eine Prognose über die zu erwartenden Verluste ab, als sie die per 1. März 1993 bewerteten freien Aktiven von rund Fr. 820'000. - den provisorisch im noch zur Veröffentlichung anstehenden Kollokationsplan aufgenommenen Forderungen gegenüberstellte. Gleichzeitig wies sie aber darauf hin, bezüglich möglicher Verantwortlichkeiten die als richtig erscheinenden Massnahmen bereits in die Wege geleitet zu haben. Was sie damit meinte, zeigt die von ihr nur kurze Zeit später (am 27. Juni 1994) beim Handelsgericht des Kantons Aargau eingereichte Verantwortlichkeitsklage gegen Organe der konkursiten Firma in der Höhe von über Fr. 1,3 Mio. Bei voller Gutheissung dieser Klage hätte dies - ausgehend von den im Schreiben vom 4. Mai 1994 als provisorisch im Kollokationsplan aufgenommen aufgeführten Forderungen - bei einer entsprechenden Solvenz der Beklagten eine volle Befriedigung der ersten beiden Gläubigerklassen und damit auch der zur zweiten Klasse gehörenden Ausgleichskasse (Art. 219 Abs. 4 zweite Klasse lit. f-h SchKG in der bis Ende 1996 gültig gewesenen und hier anwendbaren Fassung) bedeutet. Allein der Umstand, dass die Konkursverwaltung von sich aus einzelne Organe ins Recht zu fassen versuchte, zeigt auf, dass sie die dabei geltend gemachten Forderungen nach einer ersten Prüfung der Sach- und Rechtslage als begründet sowie als erhältlich betrachtete, weshalb für die Ausgleichskasse nach dem Erhalt des besagten Rundschreibens vom 4. Mai 1994 noch nicht absehbar war, ob ihre Forderung durch die Dividende, die sie im Konkurs erwarten durfte, sehr wahrscheinlich nicht voll gedeckt sein würde (<ref-ruling> Erw. 3c/bb mit Hinweis). 5.- Das kantonale Gericht hat verbindlich festgestellt (vgl. Erw. 1 hievor), dass die nachmalige Konkursitin die paritätischen Sozialversicherungsbeiträge für die Zeit ab August 1992 bis zur Konkurseröffnung am 1. März 1993 nicht abgeliefert hat. Allerdings betrachtete die Vorinstanz den Beschwerdeführer für die Zahlungsperioden August bis Oktober 1992 als exkulpiert, sodass aus der Folgezeit bis zur Konkurseröffnung ein Schaden von Fr. 136'042. 25 resultierte. Damit verstiess die Firma gegen die Beitragszahlungspflicht und missachtete Vorschriften im Sinne von <ref-law>. Dieses Verschulden der Arbeitgeberin hat die Vorinstanz zu Recht dem Beschwerdeführer als einzigem Verwaltungsratsmitglied und Verwaltungsratspräsidenten als grobfahrlässiges Verhalten angerechnet: Nach dem Scheitern der Kreditverhandlungen am 10. Dezember 1992 mit den Gläubigerbanken und der damit verbundenen Pflicht, bis Ende Dezember 1992 zwei Darlehen in der Höhe von Fr. 11,5 Mio. zurückzuzahlen, durfte der Beschwerdeführer angesichts der massiven Überschuldung des Betriebes, wie sie bereits im provisorischen Zwischenabschluss per 30. September 1992 zum Ausdruck kam, ungeachtet der weiteren Sanierungsbemühungen (u.a. Versuch eines Teilverkaufs der Liegenschaft der Firma in der Höhe von Fr. 1,5 Mio. im Februar 1993) nicht (mehr) davon ausgehen, dass es sich bei den finanziellen Schwierigkeiten der Firma um bloss vorübergehende Liquiditätsprobleme handelte. Vielmehr musste spätestens ab diesem Zeitpunkt ernsthaft mit der Notwendigkeit einer Betriebsschliessung gerechnet werden. Unter diesen Umständen wäre er verpflichtet gewesen, für eine ordnungsgemässe Bezahlung der ab dem 10. Dezember 1992 fälligen Beiträge zu sorgen. Im Hinblick auf den drohenden Konkurs hätte er keine Lohnzahlungen mehr veranlassen dürfen, ohne die jeweiligen Sozialversicherungsbeiträge ordnungsgemäss abzuführen. Daraus folgt aber auch, dass für die Verschuldensfrage ohne Belang ist, wer die Kreditverhandlungen letztlich zum Scheitern gebracht hat, was der Beschwerdeführer bei seinen Vorbringen übersieht.
Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: I. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. II. Die Gerichtskosten von Fr. 5000. - werden dem Beschwerdeführer auferlegt und mit dem geleisteten Kostenvorschuss verrechnet. III. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons Aargau und dem Bundesamt für Sozialversicherung zugestellt. Luzern, 4. Juli 2000 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Der Präsident der III. Kammer: Der Gerichtsschreiber:
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Sachverhalt: Sachverhalt: A. Der 1951 geborene S._ erlitt am 2. März 1985 einen Unfall mit Verletzungen an der linken Hand. Ein Jahr danach stellte er ein Gesuch um Umschulung, welches von der Ausgleichskasse des Kantons Zug mit in Rechtskraft erwachsener Verfügung vom 2. Oktober 1990 abgewiesen wurde. Ein neues Gesuch um Umschulung reichte er am 7. September 1992 ein. Dieses wies die Ausgleichskasse mit Verfügung vom 26. Januar 1993 ab. Auf Beschwerde von S._ hin hob die Kasse diese Verfügung am 2. April 1993 pendente lite auf. Nach weiteren Abklärungen lehnte die IV-Stelle des Kantons Zug das Gesuch um berufliche Massnahmen mit Verfügung vom 22. Mai 2000 ab und verweigerte zugleich die Auszahlung von Wartetaggeldern und einer Rente. A. Der 1951 geborene S._ erlitt am 2. März 1985 einen Unfall mit Verletzungen an der linken Hand. Ein Jahr danach stellte er ein Gesuch um Umschulung, welches von der Ausgleichskasse des Kantons Zug mit in Rechtskraft erwachsener Verfügung vom 2. Oktober 1990 abgewiesen wurde. Ein neues Gesuch um Umschulung reichte er am 7. September 1992 ein. Dieses wies die Ausgleichskasse mit Verfügung vom 26. Januar 1993 ab. Auf Beschwerde von S._ hin hob die Kasse diese Verfügung am 2. April 1993 pendente lite auf. Nach weiteren Abklärungen lehnte die IV-Stelle des Kantons Zug das Gesuch um berufliche Massnahmen mit Verfügung vom 22. Mai 2000 ab und verweigerte zugleich die Auszahlung von Wartetaggeldern und einer Rente. B. Auf Beschwerde hin sprach das Verwaltungsgericht des Kantons Zug S._ mit Entscheid vom 27. September 2001 eine ganze IV-Rente ab 1. März 1994 bis 31. März 1998 und eine Viertelsrente ab 1. April 1998 zu. Das Gesuch um Umschulung wurde abgewiesen und ein Anspruch auf Wartetaggelder verneint. B. Auf Beschwerde hin sprach das Verwaltungsgericht des Kantons Zug S._ mit Entscheid vom 27. September 2001 eine ganze IV-Rente ab 1. März 1994 bis 31. März 1998 und eine Viertelsrente ab 1. April 1998 zu. Das Gesuch um Umschulung wurde abgewiesen und ein Anspruch auf Wartetaggelder verneint. C. Mit Verwaltungsgerichtsbeschwerde lässt S._ beantragen, die Invalidenversicherung sei zu verpflichten, ihm eine Umschulung zu gewähren und Wartetaggelder ab 9. Januar 1993, "allenfalls begrenzt durch <ref-law>", auszurichten. Eventuell sei ihm über den 1. April 1998 hinaus eine ganze Rente zuzusprechen bzw. die Sache sei zu näheren Abklärungen und anschliessender Rentenfestsetzung ab 1. April 1998 an die Verwaltung zurückzuweisen. Zudem stellt er ein Gesuch um unentgeltliche Verbeiständung. Die IV-Stelle schliesst auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde, während das Bundesamt für Sozialversicherung auf eine Vernehmlassung verzichtet.
Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1. Nach <ref-law> hat der Versicherte Anspruch auf Umschulung auf eine neue Erwerbstätigkeit, wenn die Umschulung in Folge Invalidität notwendig ist und dadurch die Erwerbsfähigkeit voraussichtlich erhalten oder wesentlich verbessert werden kann. Ferner hat der Versicherte gemäss <ref-law> während der Eingliederung Anspruch auf ein Taggeld, wenn er an wenigstens drei aufeinander folgenden Tagen wegen der Eingliederung verhindert ist, einer Arbeit nachzugehen, oder in seiner gewohnten Tätigkeit zu mindestens 50 % arbeitsunfähig ist. Laut Abs. 3 der selben Vorschrift bestimmt der Bundesrat, unter welchen Voraussetzungen Taggelder für nicht zusammenhängende Tage sowie Untersuchungs-, Warte- und Anlernzeiten gewährt werden können. Gestützt auf diese Delegationsnorm hat der Bundesrat <ref-law> erlassen, wonach Versicherte, die zu mindestens 50 % arbeitsunfähig sind und auf den Beginn bevorstehender Eingliederungsmassnahmen warten müssen, für die Wartezeit Anspruch auf Taggelder haben. Dieser Anspruch beginnt nach Abs. 2 der gleichen Bestimmung in dem Zeitpunkt, in welchem die IV-Stelle auf Grund ihrer Abklärungen feststellt, dass Eingliederungsmassnahmen angezeigt sind, spätestens aber vier Monate nach Eingang der Anmeldung. Der Anspruch auf das Taggeld während der Wartezeit setzt voraus, dass die versicherte Person in der gewohnten Erwerbstätigkeit im Sinne der Rechtsprechung eine mindestens 50%-ige Arbeitsunfähigkeit aufweist und die Eingliederungsfähigkeit in subjektiver und objektiver Hinsicht soweit rechtsgenüglich erstellt ist, dass Eingliederungsmassnahmen - und nicht bloss Abklärungsmassnahmen - ernsthaft in Frage kommen. Nicht erforderlich ist hingegen, dass die Durchführung der Eingliederungsmassnahmen bereits beschlossen ist (AHI 1997 S. 169 Erw. 3a). Der Anspruch auf das Taggeld während der Wartezeit setzt voraus, dass die versicherte Person in der gewohnten Erwerbstätigkeit im Sinne der Rechtsprechung eine mindestens 50%-ige Arbeitsunfähigkeit aufweist und die Eingliederungsfähigkeit in subjektiver und objektiver Hinsicht soweit rechtsgenüglich erstellt ist, dass Eingliederungsmassnahmen - und nicht bloss Abklärungsmassnahmen - ernsthaft in Frage kommen. Nicht erforderlich ist hingegen, dass die Durchführung der Eingliederungsmassnahmen bereits beschlossen ist (AHI 1997 S. 169 Erw. 3a). 2. Zunächst ist der Anspruch auf Umschulung zu prüfen. 2. Zunächst ist der Anspruch auf Umschulung zu prüfen. 2.1 Die Vorinstanz hat sich zur Ablehnung von Umschulungsmassnahmen im Wesentlichen auf den Bericht der Beruflichen Abklärungsstelle X._ vom 19. Juli 1990 und denjenigen des Berufsberaters vom 7. August 1990 gestützt. Laut Befas sei der Versicherte in seiner bisherigen Tätigkeit als Schreiner eingeschränkt und daher schwer vermittelbar. Er habe zwar im Moment eine Stelle als "Mädchen für alles" in einem Möbelgeschäft. Da dieser Arbeitsplatz bei einer allfälligen Verschlechterung der Konjunktur als erster gestrichen würde, unterstütze die Befas den Wunsch nach einer Umschulung, welche die Vermittelbarkeit verbessern könne. Mögliche Tätigkeitsbereiche seien technisches Zeichnen, Arbeitsvorbereitung oder Möbelverkauf. Der Versicherte sei in der Lage, eine Ausbildung auf einfachem Niveau zu absolvieren. Als Mittel hiezu sei ein Deutschkurs angezeigt, dank welchem er seine guten mündlichen Deutschkenntnisse auch im schriftlichen Bereich werde anwenden können. Der Berufsberater empfahl demzufolge, die Kosten für einen Deutschkurs zu übernehmen, während sich im Moment keine konkrete Umschulung aufdränge. Die Verwaltung lehnte diese Kostenübernahme mit Verfügung vom 2. Oktober 1990 ab, da der Deutschkurs nicht invaliditätsbedingt sei. 2.1 Die Vorinstanz hat sich zur Ablehnung von Umschulungsmassnahmen im Wesentlichen auf den Bericht der Beruflichen Abklärungsstelle X._ vom 19. Juli 1990 und denjenigen des Berufsberaters vom 7. August 1990 gestützt. Laut Befas sei der Versicherte in seiner bisherigen Tätigkeit als Schreiner eingeschränkt und daher schwer vermittelbar. Er habe zwar im Moment eine Stelle als "Mädchen für alles" in einem Möbelgeschäft. Da dieser Arbeitsplatz bei einer allfälligen Verschlechterung der Konjunktur als erster gestrichen würde, unterstütze die Befas den Wunsch nach einer Umschulung, welche die Vermittelbarkeit verbessern könne. Mögliche Tätigkeitsbereiche seien technisches Zeichnen, Arbeitsvorbereitung oder Möbelverkauf. Der Versicherte sei in der Lage, eine Ausbildung auf einfachem Niveau zu absolvieren. Als Mittel hiezu sei ein Deutschkurs angezeigt, dank welchem er seine guten mündlichen Deutschkenntnisse auch im schriftlichen Bereich werde anwenden können. Der Berufsberater empfahl demzufolge, die Kosten für einen Deutschkurs zu übernehmen, während sich im Moment keine konkrete Umschulung aufdränge. Die Verwaltung lehnte diese Kostenübernahme mit Verfügung vom 2. Oktober 1990 ab, da der Deutschkurs nicht invaliditätsbedingt sei. 2.2 Am 21. Oktober 1996 bestätigte der selbe Berufsberater die zwei genannten Berichte, schätzte jedoch die Ausbildung auf einfachem Niveau angesichts der damaligen Wirtschaftslage als unrealistisch ein, da sich keine Stelle werde finden lassen. Die letzte Beurteilung erfolgte gestützt auf eine Besprechung vom 12. Februar 1999 wiederum durch diesen Berufsberater (Bericht vom 10. April 2000). Demnach habe sich an der bisherigen Beurteilung der Umschulungsmöglichkeiten und Eingliederungschancen seit den Berichten von 1990 und 1996 nichts geändert. 2.2 Am 21. Oktober 1996 bestätigte der selbe Berufsberater die zwei genannten Berichte, schätzte jedoch die Ausbildung auf einfachem Niveau angesichts der damaligen Wirtschaftslage als unrealistisch ein, da sich keine Stelle werde finden lassen. Die letzte Beurteilung erfolgte gestützt auf eine Besprechung vom 12. Februar 1999 wiederum durch diesen Berufsberater (Bericht vom 10. April 2000). Demnach habe sich an der bisherigen Beurteilung der Umschulungsmöglichkeiten und Eingliederungschancen seit den Berichten von 1990 und 1996 nichts geändert. 2.3 Die Beurteilung durch den Berufsberater vermag nicht zu überzeugen. Wohl wird die - reduzierte - Arbeitsfähigkeit des Versicherten bestätigt, die Verweigerung einer Umschulung aber im Wesentlichen damit begründet, es beständen auf dem Arbeitsmarkt keine realen Einsatzmöglichkeiten. Diese Begründung ist deshalb widersprüchlich, weil eine Einsatzmöglichkeit erst nach Durchführung der Umschulung endgültig beurteilt werden kann. Die schwierige Vermittelbarkeit des Versicherten allein vermag den Anspruch auf eine Umschulung nicht entscheidend zu beeinflussen: Vielmehr soll die Umschulung gerade dazu dienen, dem Beschwerdeführer neue Perspektiven zu eröffnen und seine Vermittelbarkeit zu verbessern. Hinzu kommt, dass auf die Abklärungsergebnisse gemäss Befas-Bericht vom 9. Juli 1990 nicht mehr abgestellt werden kann, da dieser die aktuellen Gegebenheiten nicht berücksichtigt. Damit liegt einerseits eine für den Anspruch auf Umschulung ausreichende Beeinträchtigung der Arbeitsfähigkeit vor, anderseits aber sind die gegenwärtigen Umschulungsmöglichkeiten nicht genügend abgeklärt. Die IV-Stelle wird daher ein aktuelles Befas-Gutachten einholen und den Anspruch des Versicherten auf berufliche Massnahmen neu beurteilen. 3. Weiter ist zu prüfen, ob der Beschwerdeführer Anspruch auf Wartetaggelder hat. Die Vorinstanz hat dies mit der Begründung verneint, der Versicherte habe zwar auf Abklärungen, nicht aber auf Eingliederungsmassnahmen warten müssen. Solche seien nie verfügt worden. 3. Weiter ist zu prüfen, ob der Beschwerdeführer Anspruch auf Wartetaggelder hat. Die Vorinstanz hat dies mit der Begründung verneint, der Versicherte habe zwar auf Abklärungen, nicht aber auf Eingliederungsmassnahmen warten müssen. Solche seien nie verfügt worden. 3.1 <ref-law> in Verbindung mit Art. 18 Abs. 1 und 2 IVV setzen nach der Rechtsprechung (Erw. 1 hievor in fine) einzig voraus, dass die versicherte Person in der gewohnten Erwerbstätigkeit eine mindestens 50%-ige Arbeitsunfähigkeit aufweist und die Eingliederungsfähigkeit in subjektiver und objektiver Hinsicht soweit rechtsgenüglich erstellt ist, dass Eingliederungsmassnahmen - und nicht bloss Abklärungsmassnahmen - ernsthaft in Frage kommen. Nicht erforderlich ist hingegen, dass die Durchführung der Eingliederungsmassnahmen bereits beschlossen ist (AHI 1997 S. 169 Erw. 3a). 3.1 <ref-law> in Verbindung mit Art. 18 Abs. 1 und 2 IVV setzen nach der Rechtsprechung (Erw. 1 hievor in fine) einzig voraus, dass die versicherte Person in der gewohnten Erwerbstätigkeit eine mindestens 50%-ige Arbeitsunfähigkeit aufweist und die Eingliederungsfähigkeit in subjektiver und objektiver Hinsicht soweit rechtsgenüglich erstellt ist, dass Eingliederungsmassnahmen - und nicht bloss Abklärungsmassnahmen - ernsthaft in Frage kommen. Nicht erforderlich ist hingegen, dass die Durchführung der Eingliederungsmassnahmen bereits beschlossen ist (AHI 1997 S. 169 Erw. 3a). 3.2 Dass in casu Eingliederungsmassnahmen ernsthaft in Betracht gezogen worden sind, ergibt sich bereits daraus, dass die IV-Stelle während des ersten Beschwerdeverfahrens die ablehnende Verfügung vom 26. Januar 1993 pendente lite aufgehoben hat, um am 19. April 1993 die Berufsberatung zu beauftragen, die Eingliederungsmöglichkeiten abzuklären. Auch im Schreiben vom 26. Juni 1998 hat die IV-Stelle darauf hingewiesen, es würden berufliche Eingliederungsmöglichkeiten geprüft. Eine derart intensive und lang andauernde Abklärung setzt indessen voraus, dass berufliche Massnahmen ernsthaft in Frage kommen. Der Anspruch auf Wartetaggelder ab 9. Januar 1993 (vier Monate nach Eingang der Anmeldung; <ref-law>) ist daher ausgewiesen. Die IV-Stelle wird deren Umfang zu berechnen haben. 3.2 Dass in casu Eingliederungsmassnahmen ernsthaft in Betracht gezogen worden sind, ergibt sich bereits daraus, dass die IV-Stelle während des ersten Beschwerdeverfahrens die ablehnende Verfügung vom 26. Januar 1993 pendente lite aufgehoben hat, um am 19. April 1993 die Berufsberatung zu beauftragen, die Eingliederungsmöglichkeiten abzuklären. Auch im Schreiben vom 26. Juni 1998 hat die IV-Stelle darauf hingewiesen, es würden berufliche Eingliederungsmöglichkeiten geprüft. Eine derart intensive und lang andauernde Abklärung setzt indessen voraus, dass berufliche Massnahmen ernsthaft in Frage kommen. Der Anspruch auf Wartetaggelder ab 9. Januar 1993 (vier Monate nach Eingang der Anmeldung; <ref-law>) ist daher ausgewiesen. Die IV-Stelle wird deren Umfang zu berechnen haben. 4. Zur Frage der Arbeitsfähigkeit des Versicherten ab April 1998 und des allfälligen Rentenanspruchs kann vollumfänglich auf das Medas-Gutachten vom 2. Juni 1998 abgestellt werden. Auf die diesbezüglichen Erwägungen der Vorinstanz wird verwiesen. Die Behauptung in der Verwaltungsgerichtsbeschwerde, die Schmerzen hätten sich verstärkt, ist durch keine ärztlichen Berichte belegt. Sie steht auch in Widerspruch zur Darlegung, dass der Versicherte eine Umschulung anstrebe, setzt doch eine derartige berufliche Massnahme eine - wenn auch reduzierte - Arbeitsfähigkeit voraus. Soweit der Versicherte ab April 1998 eine ganze IV-Rente verlangt, ist seine Verwaltungsgerichtsbeschwerde abzuweisen. 4. Zur Frage der Arbeitsfähigkeit des Versicherten ab April 1998 und des allfälligen Rentenanspruchs kann vollumfänglich auf das Medas-Gutachten vom 2. Juni 1998 abgestellt werden. Auf die diesbezüglichen Erwägungen der Vorinstanz wird verwiesen. Die Behauptung in der Verwaltungsgerichtsbeschwerde, die Schmerzen hätten sich verstärkt, ist durch keine ärztlichen Berichte belegt. Sie steht auch in Widerspruch zur Darlegung, dass der Versicherte eine Umschulung anstrebe, setzt doch eine derartige berufliche Massnahme eine - wenn auch reduzierte - Arbeitsfähigkeit voraus. Soweit der Versicherte ab April 1998 eine ganze IV-Rente verlangt, ist seine Verwaltungsgerichtsbeschwerde abzuweisen. 5. Das Verfahren ist kostenlos (Art. 134 OG). Der Versicherte hat von allem Anfang an in erster Linie berufliche Massnahmen beantragt. In dieser Hinsicht sowie auch bezüglich der Wartetaggelder obsiegt er. Es rechtfertigt sich daher, der IV−Stelle sämtliche Kosten aufzuerlegen (Art. 159 Abs. 1 OG). Das Gesuch um unentgeltliche Verbeiständung wird damit gegenstandslos.
Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: 1. In teilweiser Gutheissung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde werden Ziff. 1 des Entscheides des Verwaltungsgerichts des Kantons Zug vom 27. September 2001 und die Verfügung der IV-Stelle des Kantons Zug vom 22. Mai 2000 insoweit aufgehoben, als damit berufliche Massnahmen und Wartetaggelder verweigert worden sind, und es wird die Sache an die IV-Stelle zurückgewiesen, damit sie im Sinne der Erwägungen neu verfüge. Im Übrigen wird die Verwaltungsgerichtsbeschwerde abgewiesen. 1. In teilweiser Gutheissung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde werden Ziff. 1 des Entscheides des Verwaltungsgerichts des Kantons Zug vom 27. September 2001 und die Verfügung der IV-Stelle des Kantons Zug vom 22. Mai 2000 insoweit aufgehoben, als damit berufliche Massnahmen und Wartetaggelder verweigert worden sind, und es wird die Sache an die IV-Stelle zurückgewiesen, damit sie im Sinne der Erwägungen neu verfüge. Im Übrigen wird die Verwaltungsgerichtsbeschwerde abgewiesen. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Die IV-Stelle des Kantons Zug hat dem Beschwerdeführer für das Verfahren vor dem Eidg. Versicherungsgericht eine Parteientschädigung von Fr. 2500.- (einschliesslich Mehrwertsteuer) zu bezahlen. 3. Die IV-Stelle des Kantons Zug hat dem Beschwerdeführer für das Verfahren vor dem Eidg. Versicherungsgericht eine Parteientschädigung von Fr. 2500.- (einschliesslich Mehrwertsteuer) zu bezahlen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsgericht des Kantons Zug, Sozialversicherungsrechtliche Kammer, dem Bundesamt für Sozialversicherung und der Ausgleichskasse des Kantons Zug zugestellt. Luzern, 7. August 2002 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Der Präsident der II. Kammer: Der Gerichtsschreiber:
CH_BGer_016
Federation
136
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2,002
de
A.- Anlässlich einer am 10. Mai 2000 durchgeführten Arbeitgeberkontrolle wurde festgestellt, dass die vom November 1988 bis Ende August 2000 in X._ sowie ab diesem Zeitpunkt in Y._ domizilierte Firma S._ AG [bis zur Umbenennung im Oktober 1994: Firma C._ AG]) u.a. auf eine im Jahre 1995 an D._, einziger Verwaltungsrat und Geschäftsführer der Gesellschaft, geleistete Entschädigung in Höhe von Fr. 69'000.- keine paritätischen Sozialversicherungsbeiträge entrichtet hat. Nachdem die Ausgleichskasse des Kantons Graubünden die Firma S._ AG wie auch D._ auf allfällige beitragsrechtliche Folgen dieses Vorgehens hingewiesen hatte, verpflichtete sie die Gesellschaft am 21. Dezember 2000 verfügungsweise zur Nachzahlung von Beiträgen für das Jahr 1995 in Höhe von Fr. 9'248. 05 sowie von Verzugs- bzw. Vergütungszins für den Zeitraum vom 1. Januar 1996 bis 30. November 2000 im Betrag von Fr. 3'084. 40 (gemäss Berechnungsblatt vom 18. Dezember 2000). B.- Die dagegen von der durch D._ vertretenen Firma S._ AG erhobene Beschwerde wies das Verwaltungsgericht des Kantons Graubünden ab (Entscheid vom 22. März 2001). C.- Im Namen der Firma S._ AG führt D._ Verwaltungsgerichtsbeschwerde und beantragt sinngemäss, der angefochtene Entscheid und die Nachzahlungsverfügung der Ausgleichskasse vom 21. Dezember 2000 seien aufzuheben. Während Vorinstanz und Ausgleichskasse auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde schliessen, verzichtet das Bundesamt für Sozialversicherung auf eine Vernehmlassung.
Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1.- Da keine Versicherungsleistungen streitig sind, hat das Eidgenössische Versicherungsgericht nur zu prüfen, ob der vorinstanzliche Entscheid Bundesrecht verletzt, einschliesslich Überschreitung oder Missbrauch des Ermessens, oder ob der rechtserhebliche Sachverhalt offensichtlich unrichtig, unvollständig oder unter Verletzung wesentlicher Verfahrensbestimmungen festgestellt worden ist (Art. 132 in Verbindung mit Art. 104 lit. a und b sowie Art. 105 Abs. 2 OG). Ferner ist Art. 114 Abs. 1 OG zu beachten, wonach das Eidgenössische Versicherungsgericht in Abgabestreitigkeiten an die Parteibegehren nicht gebunden ist, wenn es im Prozess um die Verletzung von Bundesrecht oder um die unrichtige oder unvollständige Feststellung des Sachverhalts geht. 2.- Obwohl die strittige Nachzahlungsverfügung vom 21. Dezember 2000 sowohl der Firma S._ AG wie auch D._ als betroffenem Arbeitnehmer eröffnet worden war, hat das kantonale Gericht letztgenannten nicht zum durch die Firma S._ AG erhobenen Beschwerdeverfahren beigeladen (<ref-ruling>). Dieses Vorgehen ist mit Blick auf die dominierende Stellung des D._ in der Gesellschaft als deren einzelzeichnungsberechtigter Verwaltungsrat und Geschäftsführer sowie unter Berücksichtigung des Umstandes, dass er im kantonalen - wie auch im letztinstanzlichen - Verfahren namens der Gesellschaft die Beschwerde unterzeichnete, indes nicht zu beanstanden. 3.- a) Streitig und zu prüfen ist, ob Verwaltung und Vorinstanz die von der Firma S._ AG im Jahre 1995 an D._ ausgerichtete Entschädigung richtigerweise als Einkommen aus unselbstständiger Erwerbstätigkeit qualifiziert haben. Sollte dies zu bejahen sein, ist zu beurteilen, ob der Umstand, dass die Sozialversicherungsanstalt des Kantons St. Gallen, Ausgleichskasse, D._ für den selben Zeitraum als Selbstständigerwerbenden erfasst und persönliche Sozialversicherungsbeiträge erhoben hat, einer nachträglichen Änderung des Beitragsstatuts entgegensteht. b) Das kantonale Gericht hat die Rechtsprechung zur Abgrenzung zwischen Einkommen aus selbstständiger Erwerbstätigkeit im Sinne von Art. 9 Abs. 1 AHVG und massgebendem Lohn gemäss Art. 5 Abs. 2 AHVG (<ref-ruling> Erw. 1, 122 V 171 Erw. 3a, 119 V 161 Erw. 2, je mit Hinweisen; vgl. auch AHI 1998 S. 229 f. Erw. 4a) zutreffend wiedergegeben. Gleiches gilt für die Bestimmung des Art. 7 lit. h AHVV, nach welcher Tantiemen, feste Entschädigungen und Sitzungsgelder an Mitglieder der Verwaltung juristischer Personen zum massgebenden Lohn aus unselbstständiger Erwerbstätigkeit gehören. Richtig dargelegt ist auch der Grundsatz, wonach bei Leistungen einer Aktiengesellschaft an ein Verwaltungsratsmitglied vermutet wird, dass sie diesem als Organ der juristischen Person zukommen und daher als massgebender Lohn zu betrachten sind (vgl. auch ZAK 1984 S. 91 ff., 1983 S. 23), und, dass es für die Qualifikation eines Entgeltes ahv-rechtlich bedeutungslos ist, ob jemand bereits einer Ausgleichskasse als selbstständigerwerbend angeschlossen ist (<ref-ruling> Erw. 3c; vgl. auch AHI 1995 S. 26 Erw. 2a und S. 136 Erw. 5a in fine). Korrekt ist ferner, dass ein Wechsel des Beitragsstatuts das Vorliegen eines Rückkommenstitels (Wiedererwägung oder prozessuale Revision) voraussetzt, sofern auf denselben Entgelten bereits mit in formelle Rechtskraft erwachsener Verfügung Beiträge aus selbstständiger Tätigkeit erhoben wurden (vgl. auch <ref-ruling> Erw. 4a, 121 V 4 f. Erw. 6, je mit Hinweisen). 4.- a) In Anwendung dieser Grundsätze ist mit der Vorinstanz festzustellen, dass D._ bezüglich seiner Tätigkeit für die Beschwerdeführerin grundsätzlich als Unselbstständigerwerbender zu qualifizieren ist. Dies erhellt namentlich daraus, dass die Firma S._ AG gegenüber der Steuerverwaltung mit "Bescheinigung über Bezüge von Verwaltungsräten und Organen der Geschäftsführung" vom 19. Juli 1996 eine an D._ im Jahr 1995 ausgerichtete "Feste Entschädigung (Gehalt, Honorar und dgl.)" in Höhe von Fr. 69'000.- ausgewiesen hat, welche - wie in Erw. 3b hievor dargelegt - massgebenden Lohn im Sinne von Art. 5 Abs. 2 AHVG darstellt. Ferner vergütete die Beschwerdeführerin D._ die gesamten Geschäftsspesen, stellte ihm einen Personenwagen zur Verfügung und übernahm die damit verbundenen Aufwendungen in vollem Umfang. Des Weitern sprechen auch die von D._ vorinstanzlich replikweise eingereichten Rechnungen der Beschwerdeführerin, wonach der deutschen Firma S._ GmbH im Jahre 1995 "für Leistungen unseres Herrn D._" regelmässig monatlich Fr. 17'000.- belastet wurden, nicht für eine selbstständige Beratertätigkeit, zeichnet sich eine solche doch gerade dadurch aus, dass Personen, ohne eindeutig in einem Arbeitsverhältnis zum Auftraggeber zu stehen, (lediglich) einmalig oder wiederholt zur Lösung von Sachproblemen hinzugezogen werden (Hanspeter Käser, Unterstellung und Beitragswesen in der obligatorischen AHV, 2. Aufl. , S. 129 Rz 4.55 mit Hinweisen auf einschlägige Judikatur). b) Soweit nicht bereits im kantonalen Verfahren geltend gemacht und entkräftet, wird in der Verwaltungsgerichtsbeschwerde nichts vorgebracht, was die vorinstanzliche Feststellung des Sachverhaltes im Hinblick darauf, dass die Merkmale der unselbstständigen Erwerbstätigkeit vorliegend überwiegen, als mangelhaft im Sinne des Art. 105 Abs. 2 OG oder den angefochtenen Entscheid diesbezüglich als bundesrechtswidrig erscheinen liesse (Erw. 1 hievor). Insbesondere erscheint nach dem Gesagten die Frage, ob D._ bereits 1995 ein eigenes Büro in den Räumlichkeiten der Beschwerdeführerin besass oder dieses erst - wie in der Verwaltungsgerichtsbeschwerde vorgebracht - zu einem späteren Zeitpunkt bezog, nicht entscheidrelevant und braucht daher nicht abschliessend beantwortet zu werden. Das kantonale Gericht hat in sorgfältiger Würdigung der Akten ferner korrekt erkannt, dass sich der Einwand der Beschwerdeführerin, es habe sich bei der Gutschrift von Fr. 69'000.- im Jahre 1995 nicht um eine Lohnzahlung ihrerseits, sondern um eine Honorarüberweisung der deutschen Firma S._ GmbH gehandelt, wobei die schweizerische Gesellschaft lediglich als Transferstelle fungiert habe, auf Grund der eingereichten Unterlagen nicht stützen lässt. Die monatlichen Honorarrechnungen belegen einzig die Rechnungsstellung der Beschwerdeführerin gegenüber der deutschen Firma S._ GmbH, nicht aber den Zahlungseingang und die (teilweise) Weiterleitung an D._. Der zuständige Revisor stellte anlässlich der am 10. Mai 2000 durchgeführten Arbeitgeberkontrolle denn auch ausdrücklich fest, dass in der Buchhaltung der Firma S._ AG keine Anhaltspunkte zu erkennen seien, wonach diese - wie mit eingereichtem Beleg "Honorarbezüge" geltend gemacht - für die "Entlehnung" von D._ Honorarzahlungen durch die deutsche Firma S._ GmbH erhalten habe (Aktennotiz vom 9. Juni 2000). Des Weitern vermag auch der Umstand, dass D._ im relevanten Zeitraum eine Erwerbsausfallversicherung abgeschlossen hat, die beitragsrechtliche Qualifikation als Selbstständigerwerbender nicht zu rechtfertigen (vgl. AHI 1996 S. 124 f. Erw. 5e mit Hinweis, 1993 S. 14). c) Allein mit Bezug auf die ebenfalls mit Nachzahlungsverfügung vom 21. Dezember 2000 für die Zeit vom 1. Januar 1996 bis 30. November 2000 eingeforderten Verzugszinsen in Höhe von Fr. 3'084. 40 (vgl. Berechnungsblatt vom 18. Dezember 2000) ist der Beschwerdeführerin insofern Recht zu geben, als sich diese gemäss aktenkundigem "Berechnungsblatt für Verzugszinsen" vom 15. Januar 2001, welches dasjenige vom 18. Dezember 2000 ersetzt, nur noch auf Fr. 2'728. 15 belaufen und in diesem Umfang in Rechnung gestellt wurden. Der neuen Verzugszinsberechnung liegen denn auch korrekt geschuldete Beiträge in Höhe von nurmehr Fr. 9'248. 05 - und nicht wie zuvor im Betrag von Fr. 10'455. 55 - zu Grunde. 5.- a) D._ war seit 1. Januar 1993 als Selbstständigerwerbender bei der Sozialversicherungsanstalt des Kantons St. Gallen, Ausgleichskasse, erfasst und hat für die Beitragszeiten bis Ende 1997 gestützt auf formell rechtskräftige (Nachtrags-)Verfügungen persönliche Sozialversicherungsbeiträge entrichtet. Zu prüfen bleibt daher nach den in Erw. 3b in fine hievor aufgeführten Grundsätzen, inwiefern ein Rückkommenstitel (Wiedererwägung oder prozessuale Revision) zu bejahen ist, welcher einen nachträglichen Wechsel des Beitragsstatuts erlaubt. b) Die Ausgleichskasse des Kantons St. Gallen besass im Zeitpunkt des Erlasses ihrer die Beitragsjahre 1995 bis 1997 betreffenden Nachtragsverfügungen vom 10. Oktober 1997 keine näheren Angaben über die Art der Erwerbstätigkeit des D._. Erst im Zuge der am 10. Mai 2000 bei der Beschwerdeführerin durchgeführten Arbeitgeberkontrolle sowie den darauf folgenden Abklärungen durch die Beschwerdegegnerin wurden dessen Funktion innerhalb der Firma S._ AG sowie die konkreten Entschädigungsmodalitäten bekannt. Da es sich dabei um neue Tatsachen und Beweismittel handelt, sind die Voraussetzungen für eine prozessuale Revision und damit für eine Neubeurteilung der Beitragszeit 1995 hinsichtlich des ihr zu Grunde liegenden Beitragsstatuts von D._ als Selbstständigerwerbender gegeben. Auch die formelle Rechtskraft jener Beitragsverfügungen der Ausgleichskasse des Kantons St. Gallen stehen dem mit Nachzahlungsverfügung der Beschwerdegegnerin vom 21. Dezember 2000 vollzogenen rückwirkenden Wechsel der beitragsrechtlichen Qualifikation des betreffenden Einkommens demnach nicht entgegen (AHI 1996 S. 126 Erw. 6c mit Hinweis), zumal sich auch die - durch die Beschwerdegegnerin zur Stellungnahme aufgeforderte - mitbetroffene Ausgleichskasse des Kantons St. Gallen mit Schreiben vom 10. August 2000 in diesem Sinne vernehmen liess (vgl. <ref-ruling> f. Erw. 4b in fine). Überdies ist darauf hinzuweisen, dass nach Art. 16 Abs. 3 AHVG der Anspruch des D._ auf Rückforderung der bereits entrichteten persönlichen Beiträge noch nicht verwirkt sein dürfte. 6.- Das Verfahren ist kostenpflichtig (Art. 134 OG e contrario; vgl. Erw. 1 hievor). Unter Berücksichtigung des lediglich minimalen Obsiegens der Beschwerdeführerin sind ihr die gesamten Gerichtskosten aufzuerlegen (Art. 156 Abs. 1 in Verbindung mit Art. 135 OG).
Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: I. In teilweiser Gutheissung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde werden der Entscheid des Verwaltungsgerichts des Kantons Graubünden vom 22. März 2001 und die Verfügung der Ausgleichskasse des Kantons Graubünden vom 21. Dezember 2000 dahin abgeändert, dass die geschuldeten Verzugszinsen auf Fr. 2'728. 15 festgesetzt werden. Im Übrigen wird die Verwaltungsgerichtsbeschwerde abgewiesen. II. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt und mit dem geleisteten Kostenvorschuss verrechnet. III. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsgericht des Kantons Graubünden, dem Bundesamt für Sozialversicherung, der Ausgleichskasse des Kantons St. Gallen und D._ zugestellt. Luzern, 22. Mai 2002 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Die Präsidentin der IV. Kammer: Die Gerichtsschreiberin:
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2,010
fr
Faits: A. Y._, propriétaire de deux parcelles au lieu-dit "R._" à ..., a décidé de construire, sur l'une d'elles, un chalet, avec un parking et un accès couverts. Pour ce faire, il s'est associé les services de l'atelier d'architecture V._ SA pour la conception du projet, et de l'ingénieur civil A._, pour la direction des travaux. B._ avait pour tâche de surveiller ceux-ci. Par contrat des 13/19 mai 2004, le maître de l'ouvrage a confié à X._ SA les travaux de maçonnerie pour un montant de 2'051'249 fr.55 net, TVA comprise. Le contrat renvoyait à diverses normes SIA, entre autres à la norme 118. Pour ces travaux en particulier, les parties ont décidé d'arrêter la rémunération de l'entrepreneur selon un système de prix unitaires fermes. Entre autres frais, le coût de l'installation du chantier a été arrêté en bloc à 100'000 fr. En cours de chantier, V._ SA et A._, qui étaient investis du pouvoir de commander des ouvrages, ont chargé X._ SA d'exécuter des travaux supplémentaires sans en arrêter le prix (travaux en régie). X._ SA a ?uvré pour la dernière fois sur le chantier au début du mois de décembre 2005. L'entrepreneur a adressé ses factures, en fonction de l'avancement des travaux, entre le 13 juillet 2004 et le 20 décembre 2005. A cette dernière date, il a présenté un récapitulatif des factures présentant un solde de 2'080'062 fr. 67, rectifié à 2'134'100 fr. 64 le 6 juin 2006, en sa faveur. Le maître de l'ouvrage s'est acquitté de divers acomptes, mais a contesté, partiellement ou totalement, plusieurs factures. En particulier, il a contesté celle du 24 mai 2005 relative à la maçonnerie, d'un montant total de 434'490 fr.95, en ce qui concerne le poste complément d'installation de chantier pour un montant de 50'000 fr., hors TVA. B. Le 2 mars 2006, X._ SA a saisi le juge du district de Sierre d'une requête tendant à l'annotation provisoire d'une hypothèque légale de l'entrepreneur d'un montant de 2'080'62 fr. 67 sur les deux immeubles du maître de l'ouvrage. Par décision du 2 mars 2006, le juge a admis à titre superprovisoire la requête. Le même jour, le registre foncier a inscrit l'hypothèque, conformément à la décision du juge. Le 28 mars 2006, le juge a confirmé l'annotation de l'inscription provisoire de l'hypothèque légale jusqu'à l'entrée en force du jugement au fond et fixé un délai de trois mois à X._ SA pour ouvrir action sur le fond. Le 20 juin 2006, X._ SA a ouvert action devant le juge du district de Sierre à l'encontre de Y._. Lors du débat final, l'entrepreneur a conclu à ce que le défendeur soit condamné à lui payer le montant total de 2'114'524 fr. 29, sous imputation de 1'699'517 fr. 75 déjà versé par le maître de l'ouvrage en date du 3 octobre 2007, et à ce que l'hypothèque légale soit inscrite définitivement à charge des deux parcelles à concurrence de 415'006 fr. 54. Le maître de l'ouvrage a conclu au rejet de la demande. Par jugement du 23 février 2010, la Cour civile II du Tribunal cantonal valaisan, après avoir examiné chacune des factures contestées, a condamné Y._ à payer à X._ SA 329'609 fr. 95 avec intérêts à 5% dès le 20 février 2006, ainsi que 137'358 fr. 30 (montant en capital représentant les intérêts, non encore acquittés, sur la somme de 1'699'517 fr. 75 déjà payée par le maître de l'ouvrage). Concernant le poste contesté de 50'000 fr. (seul restant litigieux devant le Tribunal fédéral), la cour cantonale a estimé que cette dépense supplémentaire, alléguée par l'entrepreneur, ne pouvait être mise à la charge du maître de l'ouvrage. L'autorité précédente a encore précisé que X._ SA pouvait requérir, sur présentation du jugement cantonal muni d'une attestation d'entrée en force, en sa faveur et à titre définitif, l'inscription d'une hypothèque au sens de l'art. 837 al. 1 ch. 3 CC d'un montant de 329'609 fr. 95, avec les intérêts correspondants, à charge d'une des parcelles. C. X._ SA exerce un recours en matière civile au Tribunal fédéral contre le jugement du 23 février 2010. Elle conclut à l'admission du recours et, principalement, à ce que Y._ soit condamné à lui verser le montant de 379'259 fr. 95 (somme accordée par la cour cantonale + montant litigieux), ainsi que la somme de 137'358 fr.30 et à ce que l'inscription de l'hypothèque légale puisse porter sur le montant correspondant, subsidiairement, au renvoi du dossier à la cour cantonale, le tout sous suite de frais et dépens. L'intimé conclut au rejet du recours dans la mesure de sa recevabilité, sous suite de frais et dépens.
Considérant en droit: 1. 1.1 Interjeté par la partie qui a succombé partiellement dans ses conclusions en paiement (art. 76 al. 1 LTF) et dirigé contre un jugement final (art. 90 LTF) rendu en matière civile (art. 72 al. 1 LTF) par une autorité cantonale de dernière instance (art. 75 et 130 al. 2 LTF) dans une affaire pécuniaire dont la valeur litigieuse atteint le seuil de 30'000 fr. (art. 74 al. 1 let. b LTF), le recours est en principe recevable puisqu'il a été déposé dans le délai (art. 48 al. 1 et 100 LTF) et la forme (art. 42 LTF) prévus par la loi. 1.2 Le recours en matière civile peut être interjeté pour violation du droit, tel qu'il est délimité par les art. 95 et 96 LTF. Le Tribunal fédéral applique le droit d'office (art. 106 al. 1 LTF). Il n'est limité ni par les arguments soulevés dans le recours, ni par la motivation retenue par l'autorité précédente; il peut admettre un recours pour un autre motif que ceux qui ont été invoqués et il peut rejeter un recours en adoptant une argumentation différente de celle de l'autorité précédente (<ref-ruling> consid. 1.4 p. 400). Compte tenu de l'exigence de motivation contenue à l'art. 42 al. 1 et 2 LTF, sous peine d'irrecevabilité (art. 108 al. 1 let. b LTF), le Tribunal fédéral n'examine en principe que les griefs invoqués; il n'est pas tenu de traiter, comme le ferait une autorité de première instance, toutes les questions juridiques qui se posent, lorsque celles-ci ne sont plus discutées devant lui (<ref-ruling> consid. 1.4 p. 400). Par exception à la règle selon laquelle il applique le droit d'office, le Tribunal fédéral ne peut entrer en matière sur la violation d'un droit constitutionnel ou sur une question relevant du droit cantonal ou intercantonal que si le grief a été invoqué et motivé de manière précise par la partie recourante (art. 106 al. 2 LTF). 1.3 Le Tribunal fédéral conduit son raisonnement juridique sur la base des faits établis par l'autorité précédente (art. 105 al. 1 LTF). Il ne peut s'en écarter que si les faits ont été établis de façon manifestement inexacte - ce qui correspond à la notion d'arbitraire (<ref-ruling> consid. 1.5 p. 130, 397 consid. 1.5 p. 401; <ref-ruling> consid. 8.1. p. 153) - ou en violation du droit au sens de l'art. 95 LTF (art. 105 al. 2 LTF). Il incombe à la partie recourante, qui entend s'écarter des constatations de l'autorité précédente, d'expliquer de manière circonstanciée en quoi les conditions d'une exception prévue par l'art. 105 al. 2 LTF seraient réalisées, faute de quoi il n'est pas possible de tenir compte d'un état de fait qui diverge de celui contenu dans la décision attaquée (<ref-ruling> consid. 1.4 p. 287 s. et consid. 6.2 p. 288). Si la partie recourante invoque l'arbitraire dans l'appréciation des preuves et l'établissement des faits, elle doit montrer, par une argumentation précise en se référant si possible aux pièces du dossier, que la décision cantonale est insoutenable (arrêt 4A_621/2009 du 25 février 2010 consid. 1.3). Encore faut-il que la correction demandée soit susceptible d'influer sur le sort de la cause (art. 97 al. 1 LTF). Aucun fait nouveau, ni preuve nouvelle ne peut être présenté à moins de résulter de la décision de l'autorité précédente (art. 99 al. 1 LTF). 1.4 Le Tribunal fédéral ne peut aller au-delà des conclusions des parties (art. 107 al. 1 LTF). Toute conclusion nouvelle est irrecevable (art. 99 al. 2 LTF). 2. 2.1 La cour cantonale rappelle que, dans le contrat initial, le coût de l'installation du chantier a été arrêté en bloc à 100'000 fr. (prix global au sens de l'art. 42 al. 3 SIA 118). Elle expose que, selon les experts entendus au cours de l'instruction, "le forestier avait accepté que l'accès se fasse à travers la forêt et qu'il était par la suite revenu sur sa décision" et que "cette circonstance avait compliqué l'installation du chantier". La cour précédente indique que, "si l'on en croit les experts, il y aurait donc eu accord au sens de l'art. 59 al. 2 SIA 118 sur une rémunération supplémentaire [de 50'000 fr.] due en raison des circonstances extraordinaires". Elle s'écarte néanmoins de cette conclusion, considérant que l'entrepreneur n'a pas établi les circonstances justifiant un supplément au prix global de 100'000 fr. L'autorité précédente précise qu'il appartenait à l'entrepreneur de questionner W._ (l'entreprise W._ ayant également participé au chantier), comme cela a d'ailleurs été suggéré par l'un des experts, afin de démontrer la nécessité de modifier l'accès au chantier. Considérant que l'existence d'un accord sur le montant du supplément n'est pas d'avantage démontré, la cour cantonale conclut que les conditions d'application de l'art. 59 SIA 118 ne sont pas remplies en l'espèce. La recourante adresse divers reproches à l'autorité cantonale quant à "l'établissement inexact des faits". Elle affirme en particulier que V._ SA et A._, tous deux investis du pouvoir de commander des ouvrages, l'ont chargée d'exécuter en régie des travaux supplémentaires, notamment ceux portant sur les déplacements de l'installation de chantier, et que c'est donc à tort que la cour cantonale a considéré comme non établies les circonstances justifiant un supplément de 50'000 fr. Elle soutient aussi, en rappelant les conclusions des experts, que ce montant a bien été convenu par les parties. 2.2 En l'espèce, une inexactitude manifeste sur un fait déterminant n'apparaît pas, de sorte qu'une rectification d'office sur la base de l'art. 105 al. 2 LTF n'entre pas en considération (cf. <ref-ruling> consid. 6.2 p. 288). La recourante n'invoque pas le grief de l'arbitraire dans l'établissement des faits (art. 9 Cst.); dans la partie de son mémoire "Sur l'établissement inexact des faits" (p. 10 s.), elle se limite à montrer son désaccord avec l'appréciation de la cour cantonale. Elle n'indique pas que l'appréciation de cette dernière serait "insoutenable" ou que les faits auraient été établis de façon "manifestement inexacte" (ce qui correspond à la notion d'arbitraire [cf. supra consid. 1.3]). La recourante ne renvoie en outre pas aux pièces du dossier (sur l'exigence, cf. supra consid. 1.3), alors même que, selon elle, ses affirmations ressortent "précisément des pièces déposées". Enfin, pour appuyer ses propos, elle se réfère simplement aux conclusions des experts; elle ne prétend toutefois pas que les juges cantonaux seraient tombés dans l'arbitraire en ne suivant pas les conclusions de ceux-ci (cf. à ce sujet: arrêt 4P.329/2005 du 21 février 2006 consid. 3.2) et ne présente aucune motivation sous cet angle. Le grief, qui ne répond pas aux exigences strictes des art. 105 al. 2 et 106 al. 2 LTF, est dès lors irrecevable. On relèvera d'ailleurs que les explications données par la recourante, concernant principalement V._ SA et A._ et leur pouvoir de commander des ouvrages supplémentaires, n'ont aucune incidence sur le sort de la cause (art. 97 al. 1 LTF). Si elles permettent de comprendre que les représentants du maître de l'ouvrage ont parfois commandés certains travaux supplémentaires (ce qui n'est d'ailleurs pas contesté), elles n'indiquent pas qu'ils auraient eux-mêmes ordonné le déplacement du chantier. L'autorité précédente n'ayant pas sombré dans l'arbitraire en appréciant les preuves, c'est sur la base des faits retenus dans l'arrêt attaqué (art. 105 al. 1 LTF) que l'analyse juridique doit être entreprise. 3. 3.1 Invoquant une violation de l'art. 373 CO, la recourante fait grief à la cour cantonale de ne pas avoir retenu qu'un accord a été passé entre les parties, à tout le moins tacitement ou par actes concluants, sur le principe du déplacement du chantier et le montant des frais supplémentaires y relatifs (50'000 fr.). Elle prétend ainsi à l'existence d'une modification de commande contractuelle (sur la notion, cf. entre autres auteurs: Peter Gauch, Le contrat d'entreprise [adaptation française de Benoît Carron], 1999, n. 770 s. p. 229 s.). 3.2 Le caractère ferme du prix forfaitaire (en l'occurrence, le prix de 100'000 fr. prévu initialement pour l'installation du chantier) n'est pas absolu. L'art. 373 al. 2 CO prévoit une première exception lorsque l'exécution de l'ouvrage est empêchée ou rendue difficile à l'excès par des circonstances extraordinaires, impossibles à prévoir, ou exclues par les prévisions des parties (cf. infra consid. 3.5). Une seconde exception est réalisée quand intervient une modification de commande par rapport à l'objet du contrat initialement convenu; le prix ferme arrêté par les parties n'est, en effet, déterminant que pour l'ouvrage alors projeté, sans modifications qualitatives ou quantitatives (<ref-ruling> consid. 3 p. 315 s.; arrêt 4C.23/2004 du 14 décembre 2004 consid. 4.1). Les modifications de commande donnent en principe droit à une augmentation du prix en cas de prestations supplémentaires de l'entrepreneur. La modification de commande contractuelle - invoquée par la recourante - n'est pas réglée par la norme SIA 118. Il n'a pas été établi que les parties se sont mises d'accord, ne serait-ce que tacitement, pour soumettre la rémunération des prestations supplémentaires sur la base des dispositions relatives à la modification de commande unilatérale (art. 84 ss SIA 118). La recourante ne tente d'ailleurs pas de soutenir qu'un tel accord serait intervenu entre les parties. En conséquence, on ne peut donc appliquer les articles y relatifs de la norme SIA 118 (pour les détails: Gauch, op. cit., n. 807 p. 238); la rémunération des prestations supplémentaires doit ainsi être calculée sur la base de l'art. 374 CO (arrêt 4C.23/2004 du 14 décembre 2004 consid. 4.1 et les nombreuses références). Selon cette disposition, si le prix n'a pas été fixé entre les parties, il doit être déterminé d'après la valeur du travail et les dépenses de l'entrepreneur. Le critère déterminant est celui des coûts effectifs qu'un entrepreneur diligent aurait engagés pour une exécution soignée de l'ouvrage (<ref-ruling> consid. 2 p. 61). Autrement dit, seuls les coûts nécessaires à cette exécution sont pris en compte (François Chaix, in Commentaire romand, CO I, nos 9, 10 et 15 ad art. 374 CO; Gaudenz G. Zindel/Urs Pulver, Basler Kommentar, OR I, 4e éd. 2008, no 13 ad art. 374 CO; Gauch, op. cit., n. 964 s. p. 283 s.). Il appartient à l'entrepreneur de déterminer le montant des coûts effectifs, donc également de démontrer la nécessité des frais engagés (art. 8 CC; Chaix, op. cit., no 15 ad art. 374 CO; cf. Zindel/Pulver, op. cit., no 18 ad art. 374 CO). 3.3 En l'espèce, il n'est pas utile de rechercher si, sur le principe, un accord est véritablement intervenu entre les parties. L'existence d'un accord sur le montant du supplément (50'000 fr.) n'a, elle, pas été établie. Or, il ressort des faits constatés par l'autorité cantonale - qui lient le Tribunal fédéral (art. 105 al. 1 LTF) - que la recourante n'a pas réussi à prouver qu'il était nécessaire de modifier l'accès au chantier (cf. supra consid. 2.1). Elle n'a donc pas démontré la nécessité d'engager les frais supplémentaires dont elle requiert aujourd'hui le paiement. Le grief est mal fondé. 3.4 Dans un deuxième moyen intitulé "En cas de faute du maître", la recourante reproche à la cour cantonale de ne pas avoir retenu que les conditions d'exécution ont été modifiées en raison d'un fait dont répond le maître (le changement d'avis du forestier). L'argumentation de la recourante repose sur des fondements différents et se révèle peu claire. La recourante présente ses arguments dans la partie de son mémoire faisant état d'une violation de l'art. 373 CO (traitant à son alinéa 2, des circonstances extraordinaires justifiant notamment une augmentation du prix; cf. infra consid. 3.5); elle cite l'art. 58 al. 2 SIA (sur les conséquences de la faute du maître de l'ouvrage, en particulier lorsqu'il donne, dans les documents de soumission, des indications inexactes sur la nature du sol), fait référence à l'art. 365 CO (obligations de l'entrepreneur relativement à la matière fournie) et parle d'un fait imputable au maître. De façon générale, on comprend toutefois que la recourante tente de démontrer qu'elle ne saurait supporter les conséquences financières du revirement du forestier, ce fait étant imputable au maître. Le paiement en sa faveur du montant de 50'000 fr. serait justifié, en raison de ce fait. Dans son argumentation, la recourante oublie que la seule existence d'un fait imputable au maître ne suffit pas à fonder une rémunération supplémentaire. Il appartient encore à l'entrepreneur de prouver (art. 8 CC) que ce fait est la cause des frais supplémentaires facturés au maître de l'ouvrage (lien de causalité). En l'espèce, il ressort des constatations cantonales (art. 105 al. 1 LTF) que l'entrepreneur n'a pas réussi à démontrer que le revirement du forestier a rendu nécessaire la modification de l'accès au chantier et ainsi généré les frais en question. Le grief est donc infondé. 3.5 Enfin, la recourante revient à la charge en soutenant que les nouvelles mesures décidées par une autorité constituent des circonstances extraordinaires au sens de l'art. 59 SIA 118 (et de l'art. 373 al. 2 CO) et qu'elles justifient donc également le versement en sa faveur de la somme de 50'000 fr. L'argumentation - qui est par ailleurs en contradiction avec le moyen précédent tiré de la "faute" du maître (cf. arrêt 4C.137/1995 du 26 octobre 1995 consid. 2b) - tombe à faux. D'une part, la cour cantonale a expliqué que les experts avaient fait état d'un forestier qui, après avoir accepté l'accès au chantier à travers la forêt, est revenu par la suite sur sa décision. Le jugement n'indique pas que le forestier en question aurait donné une autorisation en tant que membre d'une autorité compétente. D'autre part, à considérer que l'on est en présence d'une circonstance extraordinaire au sens de l'art. 373 al. 2 CO, il appartiendrait encore à l'entrepreneur de démontrer que cette circonstance a causé les frais supplémentaires prétendument générés par la modification de l'accès au chantier (sur le fardeau de la preuve: Gauch, op. cit., n. 1108 p. 318; Chaix, op. cit., no 37 ad art. 373 CO; Zindel/Pulver, op. cit., no 40 ad art. 373 CO). En l'espèce, l'entrepreneur n'a pas apporté cette preuve (cf. supra consid. 3.4) et le moyen doit être déclaré mal fondé. 4. 4.1 La recourante invoque, subsidiairement, une violation de l'art. 38 CO. Elle fonde son moyen sur un état de fait émaillé d'affirmations qui ne trouvent aucun appui dans les constatations de l'arrêt attaqué, voire qui sont en contradiction avec ces constatations. Dans la mesure où elle tente de substituer sa propre appréciation des preuves à celle de l'autorité cantonale, son grief est irrecevable. A bien comprendre l'argumentation de la recourante, celle-ci semble soutenir que le maître de l'ouvrage aurait ratifié, à tout le moins tacitement, la facture approuvée par le surveillant du chantier, B._ (celui-ci ne disposant pas de la compétence d'engager le maître). 4.2 Selon l'art. 38 al. 1 CO, lorsqu'une personne contracte sans pouvoirs au nom d'un tiers (en l'occurrence le maître de l'ouvrage ou ses représentants), celui-ci ne devient créancier ou débiteur que s'il ratifie le contrat. La ratification d'un contrat selon l'art. 38 CO est une manifestation de volonté. Comme toute manifestation de volonté non soumise à une forme spéciale, la ratification peut être implicite, résulter d'actes concluants, voire de la passivité ou du silence du tiers pour lequel on a contracté. Une ratification peut intervenir tacitement lorsque la bonne foi exige que la partie en cause manifeste son désaccord si elle n'entend pas être liée; la question nécessite toujours une appréciation de l'ensemble des circonstances (<ref-ruling> consid. 4 p. 307 s.; arrêt 4C.335/1999 du 25 août 2000 consid. 4a.cc). 4.3 Il ressort des constatations cantonales - qui lient le Tribunal fédéral (art. 105 al. 1 LTF) - que, dans son décompte du 20 décembre 2005, la recourante a réduit sa facture (relative à la maçonnerie) à 353'802 fr hors TVA, "ce qui prouve que [la recourante] était consciente que le supplément requis pour le complément d'installation n'était pas admis" (jugement cantonal, p. 19). A l'évidence, la recourante, qui ne conteste pas l'appréciation des preuves entreprise par l'autorité cantonale sous l'angle de l'arbitraire (art. 9 Cst), ne saurait prétendre que l'intimé n'a pas manifesté son désaccord et en conclure que la ratification est ainsi intervenue; non seulement il a été constaté (art. 105 al. 1 LTF) que le supplément d'installation n'a pas été admis par le maître de l'ouvrage, mais la recourante en avait, toujours selon les constatations cantonales, parfaitement conscience. Le moyen est dès lors mal fondé. 5. Le recours est rejeté dans la mesure de sa recevabilité. Les frais et les dépens sont mis à la charge de la recourante, qui succombe (art. 66 al. 1 et 68 al. 1 et 2 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 3'500 fr., sont mis à la charge de la recourante. 3. La recourante versera à l'intimé une indemnité de 4'000 fr. à titre de dépens. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties et au Tribunal cantonal du canton du Valais, Cour civile II. Lausanne, le 27 mai 2010 Au nom de la Ire Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse La Présidente: Le Greffier: Klett Piaget
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2,004
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. X._ und Y._ sind die Erben des am 5. September 1981 in Frankreich verstorbenen Kunstsammlers Z._. Seit 1949 hatte dieser in Paris als Einzelfirma eine Kunstgalerie geführt. In verschiedenen Ländern, so auch in der Schweiz, bestanden separate Tochtergesellschaften. Kurz vor seinem Tod überführte Z._ die Einzelfirma in die Galerie Z._ SA, die im Verlauf der 80er Jahre in Galerie W._ SA und schliesslich in Galerie V._ SA umbenannt wurde. Die Galerie V._ Ltd. ist eine Aktiengesellschaft mit Sitz in A._, welche die Geschäfte der Galerie Z._ SA in der Schweiz besorgte. Die Inventarisierung des Nachlasses von Z._ bereitete erhebliche Schwierigkeiten, u.a. weil der massgebliche Einfluss über die Galerie nach dem Tod von Z._ an seinen früheren Mitarbeiter V._ ging, was eine Aufteilung zwischen den zum Geschäftsvermögen und den zum Privatvermögen gehörenden Teilen der Kunstsammlung erforderte. Zudem waren 93 von den Erben mit der Begründung, sie hätten zum Privatvermögen ihres Vaters gehört, angesprochene Kunstwerke nicht auffindbar; in der "Déclaration de succession" vom 5. Oktober 1983 wurden sie als "oeuvres manquantes" bezeichnet. Dazu gehört u.a. die Skulptur "...". Als die Galerie V._ Ltd. diese Skulptur in Basel ausstellte, erwirkten X._ und Y._ beim Zivilgerichtspräsidenten Basel-Stadt eine superprovisorische Verfügung, welche der Galerie V._ die Verfügung über das betreffende Werk verbot. Als die Galerie V._ Ltd. diese Skulptur in Basel ausstellte, erwirkten X._ und Y._ beim Zivilgerichtspräsidenten Basel-Stadt eine superprovisorische Verfügung, welche der Galerie V._ die Verfügung über das betreffende Werk verbot. B. Mit Klage vom 31. März 1999 verlangten X._ und Y._ die unbeschwerte Herausgabe der Skulptur "...", wozu die Galerie V._ Ltd. mit Urteil des Zivilgerichts vom 15. Mai 2002 verpflichtet wurde. Auf deren Appellation hin wies das Appellationsgericht des Kantons Basel-Stadt die Herausgabeklage mit Urteil vom 4. Februar 2004 ab. B. Mit Klage vom 31. März 1999 verlangten X._ und Y._ die unbeschwerte Herausgabe der Skulptur "...", wozu die Galerie V._ Ltd. mit Urteil des Zivilgerichts vom 15. Mai 2002 verpflichtet wurde. Auf deren Appellation hin wies das Appellationsgericht des Kantons Basel-Stadt die Herausgabeklage mit Urteil vom 4. Februar 2004 ab. C. Dagegen haben X._ und Y._ sowohl Berufung als auch staatsrechtliche Beschwerde erhoben. Mit Letzterer verlangen sie die Aufhebung des angefochtenen Urteils. Es sind keine Vernehmlassungen eingeholt worden.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. Wird in der gleichen Sache sowohl Berufung als auch staatsrechtliche Beschwerde eingereicht, ist in der Regel zuerst über die staatsrechtliche Beschwerde zu befinden und die Entscheidung über die Berufung auszusetzen (Art. 57 Abs. 5 OG). Ungeachtet der Tatsache, dass die staatsrechtliche Beschwerde "vorsorglich" erhoben worden ist, besteht kein Anlass, vom gesetzlichen Konzept abzuweichen. 1. Wird in der gleichen Sache sowohl Berufung als auch staatsrechtliche Beschwerde eingereicht, ist in der Regel zuerst über die staatsrechtliche Beschwerde zu befinden und die Entscheidung über die Berufung auszusetzen (Art. 57 Abs. 5 OG). Ungeachtet der Tatsache, dass die staatsrechtliche Beschwerde "vorsorglich" erhoben worden ist, besteht kein Anlass, vom gesetzlichen Konzept abzuweichen. 2. Im Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde sind neue tatsächliche und rechtliche Vorbringen grundsätzlich unzulässig (<ref-ruling> E. 1a S. 205; <ref-ruling> E. 5a S. 26; <ref-ruling> E. 2a S. 39). Als neu gilt dabei alles, was in letzter kantonaler Instanz nicht vorgebracht oder nicht aufrechterhalten worden ist (Messmer/Imboden, Die eidgenössischen Rechtsmittel in Zivilsachen, Zürich 1992, S. 227 Fn. 18). Sind diese Vorbringen nicht explizit, sondern durch Verweis auf die erstinstanzlichen Eingaben erfolgt, muss der Beschwerdeführer aufgrund des sich aus Art. 90 Abs. 1 lit. b OG ergebenden Rügeprinzips aufzeigen, dass dies nach kantonalem Prozessrecht zulässig war, andernfalls auf die Rüge mangels genügender Substanziierung nicht eingetreten werden kann. 2. Im Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde sind neue tatsächliche und rechtliche Vorbringen grundsätzlich unzulässig (<ref-ruling> E. 1a S. 205; <ref-ruling> E. 5a S. 26; <ref-ruling> E. 2a S. 39). Als neu gilt dabei alles, was in letzter kantonaler Instanz nicht vorgebracht oder nicht aufrechterhalten worden ist (Messmer/Imboden, Die eidgenössischen Rechtsmittel in Zivilsachen, Zürich 1992, S. 227 Fn. 18). Sind diese Vorbringen nicht explizit, sondern durch Verweis auf die erstinstanzlichen Eingaben erfolgt, muss der Beschwerdeführer aufgrund des sich aus Art. 90 Abs. 1 lit. b OG ergebenden Rügeprinzips aufzeigen, dass dies nach kantonalem Prozessrecht zulässig war, andernfalls auf die Rüge mangels genügender Substanziierung nicht eingetreten werden kann. 3. Die Beschwerdeführer rügen eine Verletzung des rechtlichen Gehörs (Art. 29 Abs. 2 BV) und des Willkürverbots (Art. 9 BV) im Zusammenhang mit der Feststellung des Appellationsgerichts, es sei unbestrittene Tatsache, dass die Skulptur vor langer Zeit im Auftrag von Z._ nach A._ zur Beschwerdegegnerin transportiert worden sei, welche daran Besitz erworben habe. Soweit die Beschwerdeführer zur Begründung auf ihre Vorbringen in den erstinstanzlichen Rechtsschriften (Klage und Replik) verweisen, ohne aufzuzeigen, inwiefern sie daran vor Appellationsgericht in prozesskonformer Weise festgehalten haben, kann auf ihre Rügen nach dem Gesagten nicht eingetreten werden. Ausdrücklich bestritten haben die Beschwerdeführer vor Appellationsgericht lediglich, dass die Beschwerdegegnerin die Skulptur im Jahr 1977 oder später zu Eigentum erworben bzw. diese im Jahr 1977 oder irgendwann zu Lebzeiten von Z._ in Eigenbesitz genommen und sie gutgläubig und unangefochten besessen oder ersessen habe (Appellationsantwort, Rz. 47). Indes substanziieren sie nicht, inwieweit die Feststellung, wann die Skulptur den Besitz wechselte und ob dies mit Wissen bzw. im Auftrag des Erblassers geschah, für die Frage des (umstrittenen) Eigenbesitzes relevant ist. Damit vermögen aber die Rügen der Beschwerdeführer den Anforderungen von Art. 90 Abs. 1 lit. b OG nicht zu genügen, weshalb auf sie nicht einzutreten ist. Soweit die Beschwerdeführer zur Begründung auf ihre Vorbringen in den erstinstanzlichen Rechtsschriften (Klage und Replik) verweisen, ohne aufzuzeigen, inwiefern sie daran vor Appellationsgericht in prozesskonformer Weise festgehalten haben, kann auf ihre Rügen nach dem Gesagten nicht eingetreten werden. Ausdrücklich bestritten haben die Beschwerdeführer vor Appellationsgericht lediglich, dass die Beschwerdegegnerin die Skulptur im Jahr 1977 oder später zu Eigentum erworben bzw. diese im Jahr 1977 oder irgendwann zu Lebzeiten von Z._ in Eigenbesitz genommen und sie gutgläubig und unangefochten besessen oder ersessen habe (Appellationsantwort, Rz. 47). Indes substanziieren sie nicht, inwieweit die Feststellung, wann die Skulptur den Besitz wechselte und ob dies mit Wissen bzw. im Auftrag des Erblassers geschah, für die Frage des (umstrittenen) Eigenbesitzes relevant ist. Damit vermögen aber die Rügen der Beschwerdeführer den Anforderungen von Art. 90 Abs. 1 lit. b OG nicht zu genügen, weshalb auf sie nicht einzutreten ist. 4. Eine Verletzung von Art. 29 Abs. 2 und Art. 9 BV machen die Beschwerdeführer auch im Zusammenhang mit der Frage nach der Eindeutigkeit des Besitzes der Beschwerdegegnerin geltend; sie werfen dem Appellationshof diesbezüglich vor, ihre Vorbringen mit Schweigen übergangen zu haben, so namentlich den Umstand, dass die Skulptur als bei der U._ AG eingelagert inventarisiert gewesen sei, dass die Beschwerdegegnerin bei der Inventarisierung nicht kooperiert habe und deswegen verurteilt worden sei, was dann zum Auffinden von Manquants geführt habe, dass die Beschwerdeführer auf die Auskünfte von V._ hätten abstellen müssen, dass die Werkkarte für die Skulptur im Nachhinein angefertigt worden sei, dass die Beschwerdegegnerin die Skulptur erst im Jahr 1997 und zudem mit widersprüchlichen Herkunftsangaben zuhanden des offiziellen Werkverzeichnisses gemeldet habe und dass der Kläger 1 die Skulptur in den Räumlichkeiten der Galerie in A._ nie gesehen habe. Auch diesbezüglich verweisen die Beschwerdeführer ausschliesslich auf ihre erstinstanzlichen Eingaben, freilich ohne darzutun, inwiefern sie an diesen Tatsachenbehauptungen vor Appellationsgericht in prozesskonformer Weise festgehalten haben. Einzig im Zusammenhang mit dem Vorbringen, bei der Übertragung von Kunstgegenständen an die Tochtergesellschaften seien Papiere ausgestellt worden (Rz. 67 der staatsrechtlichen Beschwerde), verweisen die Beschwerdeführer auf ihre Eingabe an die Vorinstanz (Appellationsantwort, Rz. 51). Allerdings zeigen sie in Verletzung ihrer Rügeobliegenheit nicht auf, inwiefern das Appellationsgericht diesbezüglich eine Gehörsverletzung begangen haben oder in Willkür verfallen sein soll. Mangels genügender Substanziierung kann auf die Rüge nicht eingetreten werden (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG). Auch diesbezüglich verweisen die Beschwerdeführer ausschliesslich auf ihre erstinstanzlichen Eingaben, freilich ohne darzutun, inwiefern sie an diesen Tatsachenbehauptungen vor Appellationsgericht in prozesskonformer Weise festgehalten haben. Einzig im Zusammenhang mit dem Vorbringen, bei der Übertragung von Kunstgegenständen an die Tochtergesellschaften seien Papiere ausgestellt worden (Rz. 67 der staatsrechtlichen Beschwerde), verweisen die Beschwerdeführer auf ihre Eingabe an die Vorinstanz (Appellationsantwort, Rz. 51). Allerdings zeigen sie in Verletzung ihrer Rügeobliegenheit nicht auf, inwiefern das Appellationsgericht diesbezüglich eine Gehörsverletzung begangen haben oder in Willkür verfallen sein soll. Mangels genügender Substanziierung kann auf die Rüge nicht eingetreten werden (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG). 5. Mit Bezug auf die Ausführungen des Appellationsgerichts zur Heimlichkeit des Besitzes der Beschwerdegegnerin machen die Beschwerdeführer eine Verletzung des rechtlichen Gehörs und Willkür bei der Feststellung des Sachverhalts (dazu E. 5.1), eventualiter Willkür bei der Beweiswürdigung geltend (dazu E. 5.2). 5.1 Zur Begründung der Rüge der Gehörsverletzung und Willkür bei der Sachverhaltsfeststellung lassen es die Beschwerdeführer beim Vorwurf bewenden, das Appellationsgericht habe die Aussagen der Auskunftspersonen T._ und R._ kritik- und kommentarlos als wahr übernommen. Das Bundesgericht prüft jedoch im Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde nur klar und detailliert erhobene Rügen (<ref-ruling> E. 1c S. 76; <ref-ruling> E. 1.6 S. 189). Allgemeine Vorwürfe ohne eingehende Begründung dafür, inwiefern welches verfassungsmässige Recht verletzt sein soll, genügen den gesetzlichen Anforderungen von Art. 90 Abs. 1 lit. b OG nicht (<ref-ruling> E. 4b), ebenso wenig der vorliegende pauschale Verweis auf Stellen in den früheren Rechtsschriften. Mangels genügender Substanziierung ist auf die betreffenden Rügen nicht einzutreten. 5.2 Zur Heimlichkeit des Besitzes hat das Appellationsgericht Folgendes ausgeführt: [Die vom erstinstanzlichen Gericht angenommene] Heimlichkeit ist allerdings von den Auskunftspersonen, die von der Vorinstanz befragt wurden, nicht bestätigt worden. So hat R._ ausgesagt, die Skulptur sei in ihrem Büro in der Galerie in A._ gestanden. Sie habe das Büro im Jahr 1975 übernommen und die Skulptur sei kurz nachher dort aufgestellt worden. Jeder Besucher des Büros habe das Kunstwerk dort sehen können. Dies treffe insbesondere auch auf den Kläger 1, X._ zu; dieser müsse die Skulptur gesehen haben, als er anfangs der 80-er Jahre "wahrscheinlich etwa zweimal" in ihrem Büro gewesen sei. Ferner bestätigte T._, der für Z._ und später für V._ arbeitete, dass er die Skulptur "oftmals" gesehen habe. Er erinnere sich, dass sie "auf dem Fenstersims" im Büro von R._ aufgestellt gewesen sei. Er selber habe 1973 bei Z._ zu arbeiten begonnen und sei seither "zwei- bis dreimal" in A._ gewesen. Es scheine ihm, dass das Kunstwerk "immer am gleichen Ort in der Galerie in A._" gewesen sei. Er wisse, dass die Skulptur mehrmals öffentlich ausgestellt worden sei. Mit Kaufinteressenten habe er auch gesprochen. Die von der Vorinstanz kritisierte Heimlichkeit kann sich also nicht darauf beziehen, dass die Beklagte die Sache versteckt hätte. Unbegründet ist vorab der Vorwurf der Beschwerdeführer, die Aussagen von R._ würden vollkommen verzerrt wiedergegeben, habe sie doch gemäss Aussageprotokoll zuerst gesagt, die Skulptur sei in ihrem Büro auf dem Tisch gestanden, seit sie sich erinnern könne, während sie auf Vorhalt, dass die Werkkarte das Jahr 1977 als Eingangsdatum nenne, auch diesen Zeitpunkt für möglich gehalten habe: In diesem Aussageverhalten sind keine grundsätzlichen Widersprüche erkennbar, ist doch Kern der Aussage, dass die Skulptur ungefähr zur Zeit der Arbeitsaufnahme oder kurz danach in ihrem Büro aufgestellt wurde; überdies ist zu berücksichtigen, dass sie einen über 25 Jahre zurückliegenden Sachverhalt betrifft. Unklar ist sodann, was die Beschwerdeführer aus der Aussage von R._ "Wenn [die] Maquette im Büro war, sah Herr X._ sie, so oft war sie nicht weg", für sich ableiten will, gibt diese doch nichts anderes wieder als den Umstand, dass die Skulptur mehrmals ausgestellt wurde und während dieser Zeit nicht im Büro stand und folglich von X._ zu diesen Zeiten auch nicht dort hätte gesehen werden können. Ebenso wenig ist in der Würdigung der Aussagen von T._ Willkür zu erkennen: Der von ihm gemäss Protokoll angegebene Zeitbereich "Ende der 80er Jahre" bezieht sich entgegen der sinngemässen Darstellung der Beschwerdeführer nicht auf die Sichtung der Skulptur im Büro von R._, sondern auf Verkaufsgespräche mit potentiellen Kunden, namentlich mit Herrn S._. Nicht ersichtlich ist sodann, inwiefern ein Widerspruch bestehen soll zwischen der Aussage, er sei überzeugt, die Skulptur an einem bestimmten Ort in A._ auf dem Fenstersims von R._ gesehen zu haben, was so gewesen sei, seit er sich erinnern könne, und derjenigen, er habe 1973 bei Z._ begonnen und sei zwischen 1973 und heute zwei- bis dreimal in A._ gewesen. Dass schliesslich R._ und T._ für die Beschwerdegegnerin tätig waren und selbst nicht völlig unbefangen sind, spiegelt sich bereits im Umstand, dass sie als Auskunftspersonen einvernommen worden sind. In diesem Zusammenhang ist keine Willkür erkennbar, und die Beschwerdeführer machen selbst nicht geltend, die Aussagen der Auskunftspersonen hätten schlechterdings nicht berücksichtigt werden dürfen. Insgesamt ist nicht ersichtlich, inwiefern das Appellationsgericht in Willkür verfallen sein soll, wenn es aus den weitgehend übereinstimmenden Aussagen von R._ und T._ den Schluss gezogen hat, die Beschwerdegegnerin habe keinen heimlichen Besitz an der Skulptur ausgeübt, umso weniger als Willkür nicht schon vorliegt, wenn eine andere Lösung ebenfalls vertretbar erscheint oder gar vorzuziehen wäre, sondern erst dann, wenn ein Entscheid auf einem offensichtlichen Versehen beruht, mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch steht, eine Norm oder einen unumstrittenen Rechtsgrundsatz krass verletzt oder in stossender Weise dem Gerechtigkeitsgedanken zuwiderläuft (<ref-ruling> E. 4 S. 58; <ref-ruling> E. 5 S. 280 f.; <ref-ruling> E. 2b S. 56), und überdies zu berücksichtigen ist, dass dem Sachgericht im Bereich der Beweiswürdigung ein erheblicher Ermessensspielraum zusteht (<ref-ruling> E. 4b S. 40). Insgesamt ist nicht ersichtlich, inwiefern das Appellationsgericht in Willkür verfallen sein soll, wenn es aus den weitgehend übereinstimmenden Aussagen von R._ und T._ den Schluss gezogen hat, die Beschwerdegegnerin habe keinen heimlichen Besitz an der Skulptur ausgeübt, umso weniger als Willkür nicht schon vorliegt, wenn eine andere Lösung ebenfalls vertretbar erscheint oder gar vorzuziehen wäre, sondern erst dann, wenn ein Entscheid auf einem offensichtlichen Versehen beruht, mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch steht, eine Norm oder einen unumstrittenen Rechtsgrundsatz krass verletzt oder in stossender Weise dem Gerechtigkeitsgedanken zuwiderläuft (<ref-ruling> E. 4 S. 58; <ref-ruling> E. 5 S. 280 f.; <ref-ruling> E. 2b S. 56), und überdies zu berücksichtigen ist, dass dem Sachgericht im Bereich der Beweiswürdigung ein erheblicher Ermessensspielraum zusteht (<ref-ruling> E. 4b S. 40). 6. Eine Verletzung des Anspruchs auf rechtliches Gehör und des Willkürverbots machen die Beschwerdeführer schliesslich in Bezug auf die Frage der Zweideutigkeit des Besitzes der Beschwerdegegnerin geltend. Sie werfen dem Appellationsgericht in diesem Zusammenhang vor, die Ausführungen der beiden Auskunftspersonen unterschlagen zu haben, und zitieren dabei insbesondere diverse Aussagesequenzen von R._, wie: "Ich nehme an, [die Skulptur] kam durch Ankauf, ich weiss es nicht mehr", "Sachen kamen mehrmals aus Paris, es gab einen Freipass dafür. Wir hatten oft die Ausstellungen aus Paris. Oder wir kauften dann Sachen" und "Man machte [für die Übertragung der Werke] keinen Vertrag. Wir machten einfach die Ausstellungen und verkauften daraus". Die Beschwerdeführer stellen zu Recht fest, dass R._ zum Erwerb der Skulptur keine konkreten Angaben machen konnte. Damit lässt sich jedoch weder eine Gehörsverletzung noch Willkür dartun; vielmehr müssten die Beschwerdeführer im Einzelnen aufzeigen, inwiefern diese Aussagen für die Beurteilung der Klarheit des Besitzes ausschlaggebend sein könnten, zumal auch durch die Besitzübergabe zum Zweck eines möglichen Verkaufs Eigenbesitz begründet werden kann. Ebenso wenig legen die Beschwerdeführer in substanziierter Form dar, inwiefern mit Bezug auf die zitierte Aussage von T._, "[i]m Rahmen unserer Tätigkeit wurden Werke gewechselt, um verkauft zu werden", eine Verletzung verfassungsmässiger Rechte vorliegen soll. Auf diese Rügen ist nicht einzutreten (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG). Die Beschwerdeführer stellen zu Recht fest, dass R._ zum Erwerb der Skulptur keine konkreten Angaben machen konnte. Damit lässt sich jedoch weder eine Gehörsverletzung noch Willkür dartun; vielmehr müssten die Beschwerdeführer im Einzelnen aufzeigen, inwiefern diese Aussagen für die Beurteilung der Klarheit des Besitzes ausschlaggebend sein könnten, zumal auch durch die Besitzübergabe zum Zweck eines möglichen Verkaufs Eigenbesitz begründet werden kann. Ebenso wenig legen die Beschwerdeführer in substanziierter Form dar, inwiefern mit Bezug auf die zitierte Aussage von T._, "[i]m Rahmen unserer Tätigkeit wurden Werke gewechselt, um verkauft zu werden", eine Verletzung verfassungsmässiger Rechte vorliegen soll. Auf diese Rügen ist nicht einzutreten (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG). 7. Zusammenfassend ergibt sich, dass die staatsrechtliche Beschwerde abzuweisen ist, soweit darauf eingetreten werden kann. Somit ist die Gerichtsgebühr unter solidarischer Haftbarkeit den Beschwerdeführern aufzuerlegen (Art. 156 Abs. 1 und 7 OG). Da keine Vernehmlassungen eingeholt worden sind, ist der Gegenpartei kein entschädigungspflichtiger Aufwand entstanden.
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die staatsrechtliche Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 1. Die staatsrechtliche Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 4'000.-- wird den Beschwerdeführern auferlegt, unter solidarischer Haftbarkeit. 2. Die Gerichtsgebühr von Fr. 4'000.-- wird den Beschwerdeführern auferlegt, unter solidarischer Haftbarkeit. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Appellationsgericht des Kantons Basel-Stadt schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 30. September 2004 Im Namen der II. Zivilabteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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Faits: A. Le 1er novembre 2011, la société A._ a déposé plainte pénale contre B._, C._, D._ et E._ pour calomnie, subsidiairement diffamation. Elle dénonçait la campagne de presse orchestrée par les prénommés dont elle aurait été victime en août 2011 lorsque des médias avaient relayé des déclarations selon lesquelles elle ne respectait pas les horaires légaux de travail du personnel de ses magasins et des magasins eux-mêmes, au moyen d'un subterfuge consistant à conférer à ses gérants le statut de "fonction dirigeante élevée". Les quatre personnes mises en cause avaient été licenciées le 22 juillet 2011. B. Par décision du 25 novembre 2011, le Ministère public de la République et canton de Genève a refusé d'entrer en matière sur la plainte en application des art. 8 al. 1 et 310 al. 1 let. c CPP. Il a considéré que le fait d'affirmer que la plaignante ne se conformait pas à la législation était de nature à l'atteindre dans son honneur, mais que les décisions administratives de l'Office cantonal de l'inspection et des relations du travail (OCIRT) et du Service du commerce du canton de Genève établissaient la véracité des accusations propagées. Il ressort de la décision de l'OCIRT du 14 juillet 2011 - faisant suite à une visite d'entreprise - que les personnes visées par la plainte ont affirmé à l'OCIRT exercer une fonction dirigeante élevée de gérant dans les points de vente de A._ et avoir effectué en moyenne entre 55 et 60 heures par semaine, les heures supplémentaires n'étant pas rétribuées; or, l'OCIRT a estimé que les niveaux de salaire constaté, l'absence d'autonomie budgétaire, l'absence de signature étendue aux affaires générales de l'entreprise plaidaient contre la qualité de fonction dirigeante élevée. Elle a dès lors ordonné, avec effet immédiat, la soumission des gérants concernés à la loi sur le travail et exigé le respect de toutes les prescriptions pertinentes (interdiction d'occuper le personnel le dimanche; tenue de registres d'heures; respect des exigences relatives au travail supplémentaire et à leur indemnisation). Cette décision exécutoire a fait l'objet d'un recours de la plaignante. Quant au Service du commerce du canton de Genève, il a, par décision du 27 juillet 2011, constaté la caducité des déclarations de fonction dirigeante élevée, ainsi que la soumission des magasins A._ aux prescriptions de la loi cantonale sur les heures d'ouverture des magasins (LHOM) s'agissant en particulier du respect des heures normales de fermeture des magasins et de l'obligation de fermeture le dimanche et les jours fériés. C. Par arrêt du 2 février 2012, la Chambre pénale de recours de la Cour de justice du canton de Genève (ci-après: la Cour de justice) a rejeté le recours formé par A._ contre cette ordonnance de non-entrée en matière. Elle a procédé à une substitution de motifs, considérant que les soupçons à l'appui d'une infraction étaient insuffisants au sens de l'art. 310 al. 1 let. a CPP. Elle a en substance estimé qu'il n'était pas possible de rattacher les citations dans les journaux à l'une ou l'autre des personnes visées par la plainte, sans mener d'investigation pénale laquelle se heurterait rapidement au secret des sources des médias. Les propos prêtés à l'une des personnes visées par la plainte - soit s'être fait imposer un horaire de travail pouvant dépasser soixante heures par semaine, exécuté de sept à dix jours d'affilée, sans rémunération ni compensation pour les dimanches - n'avaient pas pour effet de rendre méprisable la recourante, ni de lui imputer la commission d'actes pénalement qualifiés. D. Agissant par la voie du recours en matière pénale, A._ demande au Tribunal fédéral d'annuler l'arrêt cantonal et l'ordonnance du Ministère public et de renvoyer la cause au Ministère public afin qu'il ouvre une instruction. Elle se plaint notamment de la violation de son droit d'être entendue ainsi que de plusieurs violations du droit fédéral. Le Ministère public a déposé des observations. La Cour de justice a renoncé à se déterminer et s'est référée aux considérants de son arrêt.
Considérant en droit: 1. L'arrêt attaqué confirme la non-entrée en matière sur la plainte déposée par la recourante. Rendu en matière pénale (art. 78 al. 1 LTF) par une autorité cantonale de dernière instance (art. 80 al. 1 LTF), il met fin à la procédure pénale (art. 90 LTF). Partant, il peut faire l'objet d'un recours en matière pénale selon les art. 78 ss LTF. 2. Selon l'art. 81 al. 1 let. a et b ch. 5 LTF, la partie plaignante qui a participé à la procédure de dernière instance cantonale est habilitée à recourir au Tribunal fédéral, si la décision attaquée peut avoir des effets sur le jugement de ses prétentions civiles. Constituent de telles prétentions celles qui sont fondées sur le droit civil et doivent en conséquence être déduites ordinairement devant les tribunaux civils. Il s'agit principalement des prétentions en réparation du dommage et du tort moral au sens des art. 41 ss CO. 2.1 Selon l'art. 42 al. 1 LTF, il incombe notamment au recourant d'alléguer les faits qu'il considère comme propres à fonder sa qualité pour recourir lorsque ces faits ne ressortent pas à l'évidence de la décision attaquée ou du dossier de la cause (cf. <ref-ruling> consid. 1 p. 356, 249 consid. 1.1 p. 251). Lorsque le recours est dirigé contre une décision de classement de l'action pénale ou de non-entrée en matière, il n'est pas nécessaire que la partie plaignante ait déjà pris des conclusions civiles (<ref-ruling> consid. 1.3.1 p. 248). En revanche, elle doit expliquer dans son mémoire quelles prétentions civiles elle entend faire valoir contre l'intimé à moins que, compte tenu notamment de la nature de l'infraction alléguée, l'on puisse déduire directement et sans ambiguïté quelles prétentions civiles pourraient être élevées et en quoi la décision attaquée pourrait influencer négativement leur jugement (<ref-ruling> consid. 2.4 p. 222 et les arrêts cités). Cette exigence vaut particulièrement lorsque la partie plaignante, invoquant une atteinte au droit de la personnalité au sens de l'art. 28 CC, pourrait obtenir une indemnité pour tort moral fondée sur l'art. 49 al. 1 CO. Cette disposition prévoit que celui qui subit une atteinte illicite à sa personnalité a droit à une somme d'argent à titre de réparation morale, pour autant que la gravité de l'atteinte le justifie et que l'auteur ne lui ait pas donné satisfaction autrement. N'importe quelle atteinte légère à la réputation professionnelle, économique ou sociale d'une personne ne justifie pas une réparation (<ref-ruling> consid. 5.1 p. 704; <ref-ruling> consid. 3a p. 75). L'allocation d'une indemnité pour tort moral fondée sur l'art. 49 al. 1 CO suppose en effet que l'atteinte ait une certaine gravité objective et qu'elle ait été ressentie par la victime, subjectivement, comme une souffrance morale suffisamment forte pour qu'il apparaisse légitime qu'une personne, dans ces circonstances, s'adresse au juge pour obtenir réparation (cf. <ref-ruling> consid. 12.1 p. 29; arrêt 1B_119/2011 du 20 avril 2011 consid. 1.2.2; arrêt 4A_128/2007 du 9 juillet 2007 consid. 2.3). 2.2 En l'espèce, la recourante entend réclamer une indemnisation pour le tort moral subi du fait des agissements illicites des personnes visées par la plainte, qu'elle évalue au minimum à Fr. 5'000.-, ainsi que l'indemnisation de son dommage résultant de la diminution de son chiffre d'affaires due à l'impact négatif de la campagne de presse orchestrée par les personnes visées par la plainte. L'argumentation présentée par la recourante concernant la diminution de son patrimoine se résume à la simple affirmation que son chiffre d'affaires s'est écroulé. L'intéressée ne cherche pas à établir la réalité de la perte de gain résultant des propos tenus à son encontre ni même à l'estimer, de sorte que sur ce point son recours ne satisfait pas aux exigences susmentionnées; en outre, une éventuelle diminution de son chiffre d'affaires résulterait en tout cas de l'obligation légale qui lui a été faite de respecter les horaires de ses magasins, et en particulier de ne pas ouvrir le dimanche. Enfin, vu les infractions alléguées par la recourante et l'état de fait tel qu'il ressort du dossier, notamment les décisions administratives de l'OCIRT et du Service du commerce - qui constate le non-respect de la législation sur le travail par la recourante -, il est douteux que la recourante ait subi un préjudice moral. A tout le moins, il n'est manifestement pas d'une importance suffisante pour justifier une indemnisation. Dans ces conditions, la qualité pour agir ne saurait lui être reconnue sur la base de l'art. 81 al. 1 let. b ch. 5 LTF. Il s'ensuit que le recours est irrecevable en tant qu'il porte sur le fond de la cause. 3. En revanche, elle peut se prévaloir en sa qualité de plaignante de la vocation pour recourir sur la base de l'art. 81 al. 1 let. b ch. 6 LTF lorsque la contestation porte sur le droit de porter plainte. Cette disposition ne lui permet pas d'attaquer la décision sur le fond mais lui offre la possibilité d'invoquer une irrégularité quant à son droit de porter plainte. Sur cette base, la recourante est légitimée à se plaindre d'une violation de l'art. 32 CP (cf. PIERRE FERRARI, in Commentaire LTF, 2009, n. 41 ad art. 81 LTF; cf. arrêt 6S.159/2006 du 29 juin 2006 consid. 1 rendu sous l'empire de l'art. 270 let. f aPPF). En l'occurrence, elle fait grief à la Cour de justice de ne pas avoir étendu sa plainte à toutes les personnes impliquées dans la propagation des faits dénoncés conformément au principe de l'indivisibilité de la plainte, soit en particulier au Syndicat interprofessionnel de travailleuses et travailleurs (SIT). Selon l'art. 32 CP si un ayant droit a porté plainte contre un des participants à l'infraction, tous les participants doivent être poursuivis. Le but de cette disposition est d'empêcher que le lésé puisse choisir arbitrairement de faire punir un participant à l'infraction à l'exclusion d'un autre (<ref-ruling> consid. 3; <ref-ruling> consid. 2). Lorsqu'il y a pluralité d'infractions et d'auteurs, l'art. 30 CP n'est pas applicable, même si elles ont entraîné un résultat commun, une lésion unique (ATF <ref-ruling> consid. 2 p. 275). En l'espèce, la recourante a porté plainte contre quatre de ses ex-employés en raison des allégations que ces derniers auraient adressées aux médias ainsi qu'au Syndicat SIT. Dans sa plainte, elle ne s'en prend en revanche nullement à la propagation de ces allégations par la presse et par les syndicalistes. La recourante ne peut dès lors invoquer l'indivisibilité de la plainte pour exiger que celle-ci soit étendue aux syndicalistes qui ont diffusé les propos de tiers; ces faits constituent en effet des faits distincts. C'est donc à tort qu'elle se plaint d'une violation de l'art. 32 CP. 4. Enfin, selon la jurisprudence, le plaignant qui n'a pas la qualité pour recourir sur le fond peut se plaindre d'une violation des droits que la loi de procédure applicable ou le droit constitutionnel lui reconnaît comme partie à la procédure, lorsque cette violation équivaut à un déni de justice formel, pour autant qu'il ne s'agisse pas de moyens liés au fond (<ref-ruling> consid. 1.4 p. 44, 29 consid. 1.9 p. 40; <ref-ruling> consid. 2.3.2 p. 232 s. et les références citées). 4.1 A ce titre, la recourante se plaint d'une violation de son droit d'être entendue dès lors que la Cour de justice ne lui a pas donné l'occasion de se prononcer sur la substitution de motifs à laquelle elle envisageait de procéder. 4.2 Tel qu'il est garanti à l'art. 29 al. 2 Cst., le droit d'être entendu comprend notamment le droit pour l'intéressé de s'exprimer sur les éléments pertinents avant qu'une décision ne soit prise touchant sa situation juridique, le droit de consulter le dossier, de produire des preuves pertinentes, d'obtenir qu'il soit donné suite à ses offres de preuve pertinentes, de participer à l'administration des preuves essentielles ou à tout le moins de s'exprimer sur son résultat, lorsque cela est de nature à influer sur la décision à rendre (<ref-ruling> consid. 5.1 p. 293; <ref-ruling> consid. 2.2 p. 504 s.; <ref-ruling> consid. 2b p. 56 et les arrêts cités). Le droit d'être entendu porte avant tout sur les questions de fait. Les parties doivent éventuellement aussi être entendues sur les questions de droit lorsque l'autorité concernée entend se fonder sur des normes légales dont la prise en compte ne pouvait pas être raisonnablement prévue par les parties, lorsque la situation juridique a changé ou lorsqu'il existe un pouvoir d'appréciation particulièrement large (ATF <ref-ruling> consid. 2.2 p. 504 s.; <ref-ruling> consid. 2b; <ref-ruling> consid. 2c/aa p. 22; <ref-ruling> consid. 3c p. 52 et les références). 4.3 En l'occurrence, la Cour de justice n'avait pas à avertir la recourante de la substitution de motifs envisagée pour confirmer la décision de non-entrée en matière du Ministère public fondée sur l'art. 310 al. 1 let. c CPP. En effet, contrairement à ce qu'elle soutient, la recourante pouvait raisonnablement prévoir l'application de l'art. 310 al. 1 let. a CPP puisque cette disposition constitue également un des fondements possibles à une ordonnance de non-entrée en matière; selon cette disposition, il est possible de prononcer une non-entrée en matière lorsque les éléments constitutifs de l'infraction ou les conditions à l'ouverture de l'action pénale ne sont manifestement pas réunis. Il ne s'agit donc pas d'un argument juridique inédit que la cour cantonale aurait fait valoir de manière à surprendre les parties. En particulier, les articles de presse produits à l'appui de la plainte pénale ne désignent pas nommément les personnes ayant tenu les propos prétendument attentatoires à l'honneur, de sorte que la recourante ne pouvait ignorer qu'il serait nécessaire de déterminer si les propos litigieux pouvaient être attribués aux personnes visées par la plainte. L'instance précédente n'a dès lors nullement tenu un raisonnement inattendu ou inédit justifiant une information préalable de la recourante. Dans ces conditions, le grief soulevé doit être écarté. 5. Sur le vu de ce qui précède, le recours doit être rejeté dans la mesure où il est recevable. Conformément à l'art. 66 al. 1 LTF, les frais judiciaires sont mis à la charge de la recourante qui succombe. Il n'est pas alloué de dépens.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 2'000 fr., sont mis à la charge de la recourante. 3. Le présent arrêt est communiqué au mandataire de la recourante, au Ministère public et à la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre pénale de recours. Lausanne, le 25 juillet 2012 Au nom de la Ire Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le Président: Fonjallaz La Greffière: Arn
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Erwägungen: 1. 1.1 Der mazedonische Staatsangehörige X._ (geb. 13. Januar 1969) wohnt seit Juli 1991 in der Schweiz. Durch Heirat mit einer Schweizerin erhielt er zunächst eine Aufenthalts- und später eine Niederlassungsbewilligung. Nach der Scheidung heiratete er im August 1997 in seiner Heimat die Landsfrau Y._, die einige Monate später aus Mazedonien in die Schweiz kam. Der Ehe entsprangen drei Kinder (geb. 1998, 1999 und 2002). Im Dezember 2004 zog die Ehefrau mit den Kindern wieder nach Mazedonien. Am 9. August 2005 gebar die Schweizerin Z._, mit der X._ vor seiner Verhaftung im Januar 2005 zusammenlebte, den gemeinsamen Sohn W._. 1.2 Das Bezirksgericht Zürich verurteilte X._ am 18. März 1998 wegen mehrfachen Betrugs zu drei Monaten Gefängnis unter Gewährung des bedingten Strafvollzugs. Am 23. Februar 2001 erfolgte eine weitere Verurteilung durch die Bezirksanwaltschaft Zürich zu 60 Tagen Gefängnis mit bedingtem Strafvollzug und zu einer Busse von Fr. 500.-- wegen grober Verletzung der Verkehrsregeln. Ausserdem sprach das Obergericht des Kantons Zürich X._ am 15. Januar 2007 im Berufungsverfahren des gewerbsmässigen Betrugs, der mehrfachen Irreführung der Rechtspflege sowie des Diebstahls schuldig und verurteilte ihn zu einer Zuchthausstrafe von drei Jahren und zehn Monaten, teilweise als Zusatzstrafe zum erwähnten Strafbefehl der Bezirksanwaltschaft Zürich. Überdies ordnete das Obergericht den Vollzug der mit dem Strafbefehl ausgesprochenen Freiheitsstrafe an. 1.3 Der Regierungsrat des Kantons Zürich wies am 26. September 2007 X._ wegen der genannten Straftaten für zehn Jahre aus der Schweiz aus. Das Verwaltungsgericht des Kantons Zürich wies am 23. Januar 2007 die dagegen erhobene Beschwerde ab. 1.4 X._ beantragt dem Bundesgericht mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten vom 10. März 2008, den Entscheid des Verwaltungsgerichts vom 23. Januar 2008 aufzuheben und von seiner Ausweisung abzusehen bzw. eventualiter die Dauer der Ausweisung angemessen zu reduzieren. 1.5 Der Regierungsrat und das Bundesamt für Migration ersuchen um Abweisung der Beschwerde. Das Verwaltungsgericht beantragt, die Beschwerde abzuweisen, soweit darauf einzutreten sei. Der Präsident der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Bundesgerichts hat der Beschwerde am 12. März 2008 die aufschiebende Wirkung zuerkannt. 2. Der Beschwerdeführer beruft sich in seiner Rechtsschrift auf zahlreiche neue Tatsachen und Beweismittel. Nach Art. 99 Abs. 1 BGG sind Noven indessen nur zulässig, als der vorinstanzliche Entscheid dazu Anlass gibt. Diese Voraussetzung ist nicht erfüllt (vgl. auch <ref-ruling> E. 3 S. 395). Da das Beziehungsnetz des Beschwerdeführers in der Schweiz, sein Verhältnis zu seinem Sohn W._, die resozialisierende Wirkung des Strafvollzugs und das behauptete heftige Schmerzsyndrom bereits von der Vorinstanz zu würdigen waren, hätte er die jetzt vorgebrachten Noven bereits bei ihr geltend machen müssen. Ebenso wenig ist er zu hören, wenn er sich auf Tatsachen beruft, die erst nach dem angefochtenen Entscheid eingetreten sind. Denn das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (Art. 105 Abs. 1 BGG); nachträgliche Änderungen des Sachverhalts haben ausser Acht zu bleiben (<ref-ruling> E. 2.1 S. 343 f.; <ref-ruling> E. 5.1.3 S. 103). Auf die Kritik an den vorinstanzlichen Sachverhaltsfeststellungen ist daher nicht einzutreten, soweit sie unter Geltendmachung neuer Tatsachen und Beweismittel erfolgt. 3. Der regierungsrätliche Ausweisungsbeschluss erging vor dem 1. Januar 2008 und damit vor dem Inkrafttreten des neuen Bundesgesetzes vom 16. Dezember 2005 über die Ausländerinnen und Ausländer (AuG; SR 142.20). Wie die Vorinstanz zutreffend darlegt, ist die Rechtmässigkeit der Ausweisung - in analoger Anwendung von Art. 126 Abs. 1 AuG - nach dem bisherigen Recht zu beurteilen (nicht publizierte E. 1.1 von <ref-ruling> [2C_536/2007]). 4. 4.1 Es ist unbestritten, dass die vom Beschwerdeführer verübten Straftaten einen Ausweisungsgrund bilden (Art. 10 Abs. 1 lit. a des Bundesgesetzes vom 26. März 1931 über Aufenthalt und Niederlassung der Ausländer [ANAG; BS 1 121], in der Fassung vom 8. Oktober 1948, AS 1949 I 221 227). Die Vorinstanz nimmt im angefochtenen Entscheid die nach Art. 11 Abs. 3 ANAG ebenfalls erforderliche Interessenabwägung vor und gelangt zum Schluss, dass das öffentliche Interesse an der Fernhaltung des Beschwerdeführers dessen private Interessen am weiteren Verbleib in der Schweiz überwögen. Der Beschwerdeführer rügt einzelne Sachverhaltsfeststellungen, die der Abwägung zugrunde liegen, als offensichtlich unzutreffend; ausserdem kritisiert er seine Ausweisung als unverhältnismässig. 4.2 Die Vorinstanz ist der Ansicht, dass der Beschwerdeführer trotz seiner 16-jährigen Anwesenheit in der Schweiz nicht besonders verwurzelt sei. Sie übersieht dabei nicht, dass er hier verschiedene Verwandte und vor allem einen ausserehelich geborenen Sohn hat. Doch ist für sie von grösserem Gewicht, dass seine Ehefrau und die gemeinsamen drei Kinder, zu denen der Beschwerdeführer seinen eigenen Bekundungen zufolge ein sehr gutes Verhältnis hat, sowie die meisten Verwandten (namentlich die Eltern und - bis auf einen Bruder - alle Geschwister) in Mazedonien leben, er sich in der Schweiz nicht erfolgreich ins Berufsleben einfügen konnte und auch die deutsche Sprache nie richtig lernte. Es ist nicht ersichtlich, inwiefern diese Feststellungen offensichtlich unrichtig sind; sie werden insbesondere nicht durch die unsubstantiierte Behauptung des Beschwerdeführers widerlegt, er habe in der Schweiz im Vergleich zu anderen Ausländern keine Verständigungsprobleme. Als der Beschwerdeführer vor dem Entscheid über die Ausweisung angehört wurde, hatte er zudem auf die Frage, ob er in der Schweiz Freunde und Bekannte hat, nur hier lebende Verwandte sowie die Mutter seines Sohnes W._ angegeben. Die erwähnten Umstände rechtfertigen somit durchaus den Schluss, dass der Beschwerdeführer in der Schweiz nur in geringem Masse integriert ist. Die weitere erhobene Kritik ist in dem Umfang, in dem überhaupt auf sie einzutreten ist (vgl. E. 2), lediglich pauschaler Natur und nicht geeignet, die Ausweisung als unverhältnismässig erscheinen zu lassen. Es kann in dieser Hinsicht auf die zutreffenden Ausführungen im angefochtenen Entscheid verwiesen werden (Art. 109 Abs. 3 BGG). 5. Die Beschwerde erweist sich demnach als offensichtlich unbegründet und ist daher im vereinfachten Verfahren nach Art. 109 BGG abzuweisen, soweit auf sie einzutreten ist. Bei diesem Verfahrensausgang sind die bundesgerichtlichen Kosten dem Beschwerdeführer aufzuerlegen (Art. 65 und 66 Abs. 1 BGG). Parteientschädigungen werden nicht geschuldet (vgl. Art. 68 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 2'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird dem Beschwerdeführer, dem Regierungsrat und dem Verwaltungsgericht, 2. Abteilung, 2. Kammer, des Kantons Zürich sowie dem Bundesamt für Migration schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 8. Juli 2008 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Merkli Merz
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Sachverhalt: A. A._, geboren 1959, war als Bauarbeiter bei der E._ AG angestellt, als ihm am 22. Mai 2006 auf einer Baustelle wegen Arbeiten mit einem Kompressor im oberen Stockwerk und die dadurch entstandenen Vibrationen eine etwa 15 kg schwere Reklametafel auf den mit einem Helm geschützten Kopf fiel. Sein Hausarzt Dr. med. S._, Innere Medizin und Rheumatologie FMH, den er eine Woche später aufsuchte, stellte die Diagnose einer Kopf- und HWS-Kontusion (Bericht vom 13. Juni 2006). Wegen Kopf- und Nackenschmerzen sowie Schwindel war A._ vom 7. bis zum 24. August 2006 im Spital X._ zur konservativen Schmerztherapie hospitalisiert. Die HWS-Beweglichkeit war leichtgradig eingeschränkt mit Endphasenschmerz und es bestand eine diffuse Druckdolenz im Bereich der Nacken- und Schultermuskulatur. Neurologisch fanden sich keine Nervenwurzelreizungszeichen. Die Magnetresonanzuntersuchung von Schädel und Halswirbelsäule ergab kein strukturelles Korrelat; es wurden degenerative, aber keine traumatischen Veränderungen festgestellt. Der Hirnnervenstatus war unauffällig, und auch bezüglich des Schwindels konnte kein strukturelles Korrelat nachgewiesen werden. Anlässlich des anschliessenden Aufenthalts in der Rehaklinik Y._ vom 25. August bis zum 22. September 2006 (Austrittsbericht vom 9. Oktober 2006) konnte keine Verbesserung des Zustands erreicht werden. Vier Monate nach dem Unfall bestand bei fehlenden klinischen oder bildgebenden morphologischen Korrelaten ein zervikozephales Schmerzsyndrom mit subjektiver Angabe von Schwindel und Konzentrations- sowie Durchschlafstörungen. Die Ärzte gingen davon aus, dass durchaus noch somatische Restbeschwerden vorliegen könnten, dass diese aber kaum ein Ausmass erreichen dürften, welches eine dauerhafte erhebliche Einschränkung der Leistungsfähigkeit begründen könne. Aus medizinisch-theoretischer Sicht müsse eine sukzessive Steigerung der Arbeitsfähigkeit möglich sein. Der Arbeitgeber stellte auf den 25. September 2006 einen Schonarbeitsplatz im Magazin mit ständiger Begleitung durch einen anderen Mitarbeiter (wegen des Schwindels) zur Verfügung. Der Arbeitsversuch wurde jedoch schon nach einer Stunde abgebrochen und der Hausarzt attestierte eine 100%ige Arbeitsunfähigkeit. Die Schweizerische Unfallversicherungsanstalt (SUVA), bei welcher A._ für die Folgen von Berufs- und Nichtberufsunfällen sowie Berufskrankheiten versichert war, anerkannte ihre Leistungspflicht dem Grundsatz nach. Mit Verfügung vom 17. Januar 2007 und Einspracheentscheid vom 29. März 2007 schloss sie den Fall ab und stellte ihre Leistungen per 17. Januar 2007 ein. B. Die dagegen erhobene Beschwerde wies das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich mit Entscheid vom 29. Juni 2009 ab. C. A._ lässt Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten führen mit dem Antrag, unter Aufhebung des angefochtenen Entscheides seien ihm auch über den 17. Januar 2007 hinaus die gesetzlichen Versicherungsleistungen zuzusprechen; eventualiter sei die Sache zu ergänzenden Abklärungen an die SUVA zurückzuweisen. Des Weiteren ersucht er um Gewährung der unentgeltlichen Rechtspflege. Während die SUVA auf Abweisung der Beschwerde schliesst, verzichtet das Bundesamt für Gesundheit auf eine Vernehmlassung.
Erwägungen: 1. 1.1 Die Beschwerde kann wegen Rechtsverletzung gemäss Art. 95 und Art. 96 BGG erhoben werden. Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (<ref-law>). Es ist somit weder an die in der Beschwerde geltend gemachten Argumente noch an die Erwägungen der Vorinstanz gebunden; es kann eine Beschwerde aus einem anderen als dem angerufenen Grund gutheissen und es kann sie mit einer von der Argumentation der Vorinstanz abweichenden Begründung abweisen (vgl. <ref-ruling> E. 1.4 S. 140). Gemäss <ref-law> ist die Beschwerde hinreichend zu begründen, andernfalls wird darauf nicht eingetreten (<ref-law>). Das Bundesgericht prüft grundsätzlich nur die geltend gemachten Rügen; es ist nicht gehalten, wie eine erstinstanzliche Behörde alle sich stellenden rechtlichen Fragen zu prüfen, wenn diese vor Bundesgericht nicht mehr vorgetragen wurden. Es kann die Verletzung von Grundrechten und von kantonalem und interkantonalem Recht nur insofern prüfen, als eine solche Rüge in der Beschwerde vorgebracht und begründet worden ist (<ref-law>). 1.2 Im Beschwerdeverfahren um die Zusprechung oder Verweigerung von Geldleistungen der Militär- oder Unfallversicherung ist das Bundesgericht nicht an die vorinstanzliche Feststellung des rechtserheblichen Sachverhalts gebunden (Art. 97 Abs. 2 und Art. 105 Abs. 3 BGG). 2. Das kantonale Gericht hat die Grundsätze zu dem für die Leistungspflicht des Unfallversicherers vorausgesetzten natürlichen und adäquaten Kausalzusammenhang zwischen dem Unfallereignis und dem eingetretenen Schaden (<ref-ruling> E. 3.1 und 3.2 S. 181), insbesondere bei Schleudertraumen (<ref-ruling>), sowie zum Beweiswert von Arztberichten und medizinischen Gutachten (<ref-ruling> E. 3 S. 352 ff.) zutreffend dargelegt. Darauf wird verwiesen. 3. Nach einlässlicher und sorgfältiger Würdigung der medizinischen Akten ist die Vorinstanz davon ausgegangen, dass anhand der durchgeführten bildgebenden Verfahren lediglich unauffällige Befunde erhoben und keine unfallbedingten organischen Schäden festgestellt werden konnten. Sie hat daher die Kausalität der geklagten Beschwerden nach der sogenannten Schleudertrauma-Praxis (<ref-ruling>) geprüft. 4. Der Beschwerdeführer macht zunächst geltend, dass zu Unrecht keine neuropsychologische Untersuchung veranlasst worden sei; mit dem Nachweis von neuropsychologischen Defiziten wäre auch ein organisches Korrelat für die geklagten Beschwerden erstellt. Mit der beantragten neuropsychologischen Abklärung wäre für die Frage einer organisch nachweisbaren Unfallfolge jedoch nichts gewonnen, zumal sich anhand der medizinischen Berichte keine Anhaltspunkte für eine traumatische Hirnverletzung finden und die bildgebenden Untersuchungen von Schädel und HWS keine relevanten Befunde ergeben haben, welche gegebenenfalls auf den Unfall zurückzuführen wären. Zu weiteren, insbesondere den beantragten neuropsychologischen Abklärungen besteht daher kein Anlass, auch weil hievon kaum wesentliche neue Erkenntnisse zu erwarten wären (vgl. <ref-ruling> E. 2b/bb S. 341). 5. Dass Verwaltung und Vorinstanz die adäquate Kausalität nach der Schleudertrauma-Praxis geprüft haben, wird im Übrigen nicht beanstandet. Es wird indessen geltend gemacht, dass es sich um einen Unfall im mittleren Bereich an der Grenze zu den schweren gehandelt habe und dass drei der zu berücksichtigenden Kriterien - Schwere der erlittenen Verletzungen, fortgesetzt spezifische, belastende ärztliche Behandlung sowie erhebliche Arbeitsunfähigkeit trotz ausgewiesener Anstrengungen - erfüllt seien und die Adäquanz daher zu bejahen sei. 6. 6.1 Gemäss <ref-ruling> E. 10.1 S. 126 f. ist zu prüfen, ob, ausgehend vom augenfälligen Geschehensablauf, ein leichter, mittlerer oder schwerer Unfall vorliegt. Während der adäquate Kausalzusammenhang in der Regel bei schweren Unfällen ohne weiteres bejaht und bei leichten Unfällen verneint werden kann, lässt sich die Frage der Adäquanz bei Unfällen aus dem mittleren Bereich nicht aufgrund des Unfallgeschehens allein schlüssig beantworten. Es sind weitere, objektiv erfassbare Umstände, welche unmittelbar mit dem Unfall in Zusammenhang stehen oder als direkte beziehungsweise indirekte Folgen davon erscheinen, in eine Gesamtwürdigung einzubeziehen. Je nachdem, wo im mittleren Bereich der Unfall einzuordnen ist und abhängig davon, ob einzelne dieser Kriterien in besonders ausgeprägter Weise erfüllt sind, genügt zur Bejahung des adäquaten Kausalzusammenhangs ein Kriterium oder müssen mehrere herangezogen werden. 6.2 Mit der Vorinstanz ist das Ereignis vom 22. Mai 2006 als Unfall im eigentlichen mittleren Bereich zu qualifizieren. Eine Einordnung im Grenzbereich zu den schweren Unfällen lässt sich mit Blick auf vergleichbare Fälle nicht rechtfertigen. Entsprechende Schweregrade werden regelmässig nur bei Unfällen mit deutlich höheren Krafteinwirkungen angenommen; so beispielsweise beim Angriff zweier scharfer Wach- und Schutzhunde mit einem Gewicht bis 45 kg (Urteil J. vom 16. Juli 2001, U 146/01) oder bei einem ausser Kontrolle geratenen Einsturz eines Garagengebäudes, wobei es durch die einstürzende Seitenwand des Gebäudes zu einer erheblichen Gewalteinwirkung auf den Versicherten kam mit verschiedenen Frakturen und anderen Verletzungen als Folge (Urteil U 89/99 vom 10. Juli 2000; weitere Beispiele in RKUV 2005 Nr. U 548 S. 228, U 306/04 E. 3.3.2). Vorliegend geht es um eine etwa 15 kg schwere Reklametafel, welche dem Beschwerdeführer aus einer Höhe von etwa 2 m auf den Kopf beziehungsweise Nacken gefallen ist. Der Fall ist damit etwa mit den folgenden, ebenfalls als Ereignisse im eigentlichen mittleren Bereich qualifizierten Fällen zu vergleichen: Ein Gast sass in einem Restaurant, als sich eine Deckenplatte löste und auf ihn fiel (Urteil 8C_488/2009 vom 30. Oktober 2009 E. 5.3); die Versicherte sass als Gast einer Geburtstagsfeier auf einer Bank an einer Hausfassade, als eine "Hollywoodschaukel", welche sich auf der darüberliegenden Dachterrasse befand, durch eine Windböe erfasst wurde und über das Geländer auf sie fiel (Urteil 8C_957/2008 vom 1. Mai 2009 E. 4.3.1); ein dreijähriges, etwa 13 kg schweres Kind fiel von der zweit- oder drittobersten Stufe einer etwa 2,55 m hohen Sprossenwand auf die Schulter seiner etwa 1,65 m grossen Mutter (Urteil 8C_792/2008 vom 3. Februar 2009 E. 5.3); der Versicherte testete einen Lieferwagen, auf dessen Ladebrücke ein ungefähr 1000 kg schwerer Wassertank stand; nach Einleitung einer Vollbremsung aus einer Geschwindigkeit von ca. 70 km/h kippte der in der Mitte der Ladebrücke stehende Wassertank um und prallte gegen Lade- und Kabinenwand (Urteil 8C_280/2008 vom 10. September 2008 E. 3.3); dem als Bauarbeiter beschäftigten Versicherten fiel aus einer Höhe von ca. 12 m eine etwa 4,4 kg schwere Packung mit Isolationsmaterial auf den behelmten Kopf und auf das Gesicht (Urteil 8C_57/2008 vom 16. Mai 2008 E. 8.1); bei "Abspitzarbeiten" an einer Betondecke wurde ein Versicherter von einem herunterfallenden Gesteinsstück getroffen und am Kopf sowie an der Schulter links verletzt (Urteil U 568/06 vom 29. Juni 2007 E. 3.1); ein anderer wurde von einer aus fünf Metern Höhe zu Boden fallenden 15,6 kg schweren Schaltafel am Kopf getroffen (Urteil U 282/00 vom 21. Oktober 2003 E. 4.2). Auch das hier zu beurteilende Ereignis ist damit den Unfällen im eigentlichen mittleren Bereich zuzuordnen. 6.3 Gemäss <ref-ruling> genügt die Annahme eines Schleudertraumas der HWS für sich allein nicht zur Bejahung des Kriteriums der Schwere oder besonderen Art der erlittenen Verletzung. Es bedarf hiezu einer besonderen Schwere der dafür typischen Beschwerden oder besonderer Umstände, welche das Beschwerdebild beeinflussen können (SVR 2007 UV Nr. 26 S. 6, U 339/06 E. 5.3; RKUV 2005 Nr. U 549 S. 236, U 380/04 E. 5.2.3 mit Hinweisen). Diese Voraussetzungen sind hier nicht erfüllt, weshalb das Kriterium mit der Vorinstanz zu verneinen ist. 6.4 Für das Kriterium der ärztlichen Behandlung entscheidwesentlich ist (vgl. <ref-ruling> E. 10.2.3 S. 128), ob nach dem Unfall fortgesetzt spezifische, die versicherte Person belastende ärztliche Behandlung bis zum Fallabschluss notwendig war. Der Versicherte war während zweieinhalb Wochen zur Schmerztherapie hospitalisiert und befand sich anschliessend während eines knappen Monats in einem Rehabilitationsaufenthalt. Ansonsten beschränkte sich die Behandlung im Wesentlichen auf Physiotherapie, was jedoch genauso wenig wie die Kontrollen beim Hausarzt eine erhebliche Mehrbelastung bedeutet (Urteile 8C_278/2008 vom 18. August 2008 E. 3.4; U 219/05 vom 6. März 2006 E. 6.4.2; 8C_95/2008 vom 10. September 2008). Die psychiatrische Behandlung bei Dr. med. C._ erfolgte erst seit dem 15. März 2007, wurde also nach Fallabschluss aufgenommen; zuvor befand sich der Versicherte in Behandlung bei Dr. med. K._, wobei gemäss dessen Bericht vom 25. November 2006 erst zwei Sitzungen durchgeführt worden waren. Aus den durchgeführten Therapien resultiert keine erhebliche - im Sinne einer sich allein daraus ergebenden zusätzlichen - Mehrbelastung, weshalb sich eine Bejahung des Kriteriums nicht rechtfertigt. Der Beschwerdeführer macht in diesem Zusammenhang auch geltend, dass der Heilungsverlauf schwierig und schleppend sei. Zur Annahme dieses Kriteriums bedarf es indessen besonderer Gründe, welche die Heilung beeinträchtigt haben (Urteil 8C_57/2008 vom 16. Mai 2008 E. 9.6.1); solche sind hier nicht ersichtlich. 6.5 Bezüglich des Merkmals der erheblichen Arbeitsunfähigkeit trotz ausgewiesener Anstrengungen ist festzustellen, dass die Ärzte des Spitals X._ am 28. August 2006, somit drei Monate nach dem Unfall, davon ausgingen, dass eine rasche Eingliederung in den Arbeitsprozess möglich sei. Gemäss Bericht der Rehaklinik Y._ vom 9. Oktober 2006 war dem Versicherten mindestens eine leichte bis mittelschwere Tätigkeit ganztags zumutbar. Der Beschwerdeführer hat seinen Arbeitsversuch an dem vom Arbeitgeber zur Verfügung gestellten Schonarbeitsplatz am 25. September 2006 umgehend wieder abgebrochen, worauf ihm vom Hausarzt eine 100%ige Arbeitsunfähigkeit attestiert wurde; dies wurde allerdings auch auf ausdrückliche Nachfrage der SUVA hin im Bericht vom 22. November 2006 nicht begründet. Dr. med. K._ berichtet am 25. November 2006, dass Schwindelanfälle und eine vegetative Überreaktion aufgetreten seien. In der Folge hat der Beschwerdeführer keine weiteren Anstrengungen unternommen. 6.6 Mit der Vorinstanz ist damit die adäquate Kausalität zu verneinen, denn selbst wenn die in Betracht fallenden Kriterien der erheblichen Arbeitsunfähigkeit sowie der erheblichen Beschwerden (welches Merkmal sich rechtsprechungsgemäss nach den glaubhaften Schmerzen und nach der Beeinträchtigung der verunfallten Person im Lebensalltag beurteilt, <ref-ruling> E. 10.2.4 S. 128) als erfüllt erachtet würden, genügt dies bei einem Unfall im mittleren Bereich nicht. 7. Das Verfahren ist kostenpflichtig (<ref-law>). Die Gerichtskosten werden dem unterliegenden Beschwerdeführer auferlegt (Art. 65 Abs. 4 lit. a in Verbindung mit <ref-law>). Die unentgeltliche Rechtspflege (im Sinne der Befreiung von den Gerichtskosten; <ref-law>) und Verbeiständung (<ref-law>) kann gewährt werden, weil die Bedürftigkeit aktenkundig ist, die Beschwerde nicht als aussichtslos zu bezeichnen ist und die Vertretung durch einen Rechtsanwalt oder eine Rechtsanwältin geboten war. Es wird indessen ausdrücklich auf <ref-law> aufmerksam gemacht, wonach die begünstigte Partei der Gerichtskasse Ersatz zu leisten haben wird, wenn sie später dazu im Stande ist.
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Dem Beschwerdeführer wird die unentgeltliche Rechtspflege gewährt. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 750.- werden dem Beschwerdeführer auferlegt, indes vorläufig auf die Gerichtskasse genommen. 4. Rechtsanwältin Ursula Sintzel wird als unentgeltliche Anwältin des Beschwerdeführers bestellt, und es wird ihr für das bundesgerichtliche Verfahren aus der Gerichtskasse eine Entschädigung von Fr. 2'800.- ausgerichtet. 5. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich und dem Bundesamt für Gesundheit schriftlich mitgeteilt. Luzern, 30. März 2010 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin: Ursprung Durizzo
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2,008
de
Nach Einsicht in die Beschwerde gemäss Art. 72ff. BGG gegen den Beschluss vom 11. August 2008 des Bezirksgerichts Zürich, das auf eine Klage des Beschwerdeführers aus Persönlichkeitsverletzung nicht eingetreten ist,
in Erwägung, dass das Bezirksgericht erwog, nach (erfolglos bis an das Bundesgericht angefochtener) Abweisung seines Gesuchs um unentgeltliche Rechtspflege für seine Klage aus Persönlichkeitsverletzung sei der Beschwerdeführer unter Ansetzung einer letzten Frist zur Leistung einer Prozesskaution von Fr. 32'000.-- aufgefordert worden, habe diese jedoch nicht geleistet, weshalb androhungsgemäss zu verfahren sei, dass die Frage der Letztinstanzlichkeit des angefochtenen Beschlusses offen bleiben kann, weil sich die Beschwerde so oder so als unzulässig erweist, dass nämlich die Beschwerde nach Art. 72ff. BGG nebst einem Antrag eine Begründung zu enthalten hat, in welcher in gedrängter Form dargelegt wird, inwiefern der angefochtene Entscheid Recht (Art. 95f. BGG) verletzt (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG), ansonst auf die Beschwerde nicht eingetreten wird (<ref-law>), dass m.a.W. in der Beschwerdeschrift auf die Erwägungen des angefochtenen Entscheids einzugehen und im Einzelnen zu zeigen ist, welche Vorschriften und warum sie von der Vorinstanz verletzt worden sind (<ref-ruling> E. 1.4 S. 287), dass auch Verfassungsrügen in der Beschwerdeschrift vorzubringen und zu begründen sind (<ref-law>), dass m.a.W. in der Beschwerdeschrift klar und detailliert anhand der Erwägungen des angefochtenen Entscheids darzulegen ist, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch den kantonalen Entscheid verletzt sind (<ref-ruling> E. 3.2 S. 88 mit Hinweisen, 133 IV 286 E. 1.4 S. 287f.), dass im vorliegenden Fall der Beschwerdeführer in seiner Eingabe an das Bundesgericht nicht in nachvollziehbarer Weise auf die entscheidenden Erwägungen des Bezirksgerichts eingeht und erst recht nicht nach den gesetzlichen Anforderungen anhand dieser Erwägungen aufzeigt, inwiefern der angefochtene Beschluss vom 11. August 2008 rechts- oder verfassungswidrig sein soll, dass somit auf die - offensichtlich keine hinreichende Begründung enthaltende und ausserdem missbräuchliche - Beschwerde in Anwendung von Art. 108 Abs. 1 lit. b und c BGG nicht einzutreten ist, dass dem Gesuch des Beschwerdeführers um unentgeltliche Rechtspflege in Anbetracht der Aussichtslosigkeit seiner Eingabe nicht stattgegeben werden kann (<ref-law>), dass der unterliegende Beschwerdeführer kostenpflichtig wird (<ref-law>), dass in den Fällen des <ref-law> das vereinfachte Verfahren zum Zuge kommt und der Abteilungspräsident zuständig ist, dass sich das Bundesgericht in dieser Sache vorbehält, allfällige weitere Eingaben in der Art der bisherigen, namentlich missbräuchliche Revisionsgesuche ohne Antwort abzulegen,
erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 800.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Bezirksgericht Zürich schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 1. Oktober 2008 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Raselli Füllemann
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2,015
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Erwägungen: 1. 1.1. Der kosovarische Staatsangehörige A._ (geb. 1951) hielt sich in den siebziger Jahren zeitweise als Saisonnier, Ende der achtziger Jahre als Ehemann einer aufenthaltsberechtigten Landsfrau und von 1999 bis 2000 als Asylbewerber in der Schweiz auf. Am 30. September 2000 ehelichte er im Kosovo eine Schweizer Bürgerin, reiste am 16. Januar 2002 erneut in die Schweiz ein und erhielt die Aufenthaltsbewilligung zum Verbleib bei seiner Ehefrau. Im August 2007 wurde ihm die Niederlassungsbewilligung erteilt. Die kinderlose Ehe wurde nach mehrjährigem Getrenntleben am 6. Januar 2009 geschieden. Nach einer Verurteilung im Jahr 1990 wegen Überschreitung der zulässigen Höchstgeschwindigkeit um 33 km/h wurde A._ zwischen 2000 und 2007 wegen Überschreitungen der zulässigen Höchstgeschwindigkeit um 47 km/h, 34 km/h, 30 km/h, 16 km/h, 15 km/h und 10 km/h gebüsst. Es folgten je eine bedingte Geldstrafe wegen Missbrauchs von Ausweisen und Schildern (2007) und wegen mehrfachen Fahrens ohne Führerausweis (2008) sowie eine Busse wegen Widerhandlungen gegen das Gastgewerbegesetz und gegen das Gesetz zum Schutz vor Passivrauchen (2010). Am 20. Februar 2003 hatte der Oberste Gerichtshof der Republik Kroatien A._ in Abwesenheit zu einer Freiheitsstrafe von drei Jahren und sechs Monaten wegen Vergewaltigung, begangen am 21. Juni 1995 in Kroatien, verurteilt. Nach der Auslieferung durch die Schweiz am 22. Oktober 2010 wurde das Strafverfahren in Kroatien wieder aufgenommen und A._ am 2. Mai 2011 rechtskräftig zu einer Freiheitsstrafe von drei Jahren und sechs Monaten verurteilt. Er verbüsste die Strafe in Kroatien und wurde am 13. September 2013 bedingt aus dem Strafvollzug entlassen. Daraufhin kehrte er in die Schweiz zurück. 1.2. Das Amt für Migration und Personenstand des Kantons Bern hatte auf entsprechendes Gesuch hin die Niederlassungsbewilligung von A._ bis zum 22. Oktober 2014 unter dem Vorbehalt des Widerrufs aufrecht erhalten. Am 3. Juli 2013 widerrief es die Niederlassungsbewilligung und wies A._ aus der Schweiz weg. Die dagegen erhobenen kantonalen Rechtsmittel blieben ohne Erfolg (Entscheid der Polizei- und Militärdirektion des Kantons Bern vom 29. April 2014; Urteil des Verwaltungsgerichts des Kantons Bern vom 2. Februar 2015). 1.3. A._ erhebt am 5. März 2015 Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten sowie subsidiäre Verfassungsbeschwerde beim Bundesgericht mit den Anträgen, das angefochtene Urteil aufzuheben und die Niederlassungsbewilligung nicht zu widerrufen; eventualiter sei eine Verwarnung auszusprechen und der Widerruf anzudrohen. Das Verwaltungsgericht, die Polizei- und Militärdirektion und das Staatssekretariat für Migration (SEM) schliessen auf Abweisung der Beschwerde; der Migrationsdienst des Kantons Bern hat auf eine Vernehmlassung verzichtet. Der Beschwerdeführer hat am 2. Juni 2015 repliziert. Mit Präsidialverfügung vom 7. März 2015 ist der Beschwerde antragsgemäss aufschiebende Wirkung zuerkannt worden. 2. 2.1. Gegen den Widerruf der Niederlassungsbewilligung ist die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten zulässig (<ref-ruling> E. 1.2.1 S. 4), weshalb darauf einzutreten ist. Für die ebenfalls erhobene subsidiäre Verfassungsbeschwerde bleibt daher kein Raum (<ref-law>). Die Wegweisung ficht der Beschwerdeführer nicht an. Auf die subsidiäre Verfassungsbeschwerde ist nicht einzutreten. Die Beschwerde ist offensichtlich unbegründet, so dass sie im Verfahren nach <ref-law> mit summarischer Begründung zu erledigen ist. 2.2. Der Beschwerdeführer bestreitet vor Bundesgericht zu Recht nicht mehr, dass die gesetzlichen Voraussetzungen für den Widerruf der Niederlassungsbewilligung nach Art. 63 Abs. 1 lit. a AuG (SR 142.20) i.V.m. Art. 62 lit. b AuG erfüllt sind. Soweit er in der Replik - abweichend von der Beschwerde - vorträgt, Auslöser des Widerrufs habe das in Kroatien in Abwesenheit gefällte Urteil vom 20. Februar 2003 gebildet, ist er nicht zu hören, zumal das Vorbringen verspätet ist (<ref-ruling> E. 3.3.4). Zu prüfen bleibt die Verhältnismässigkeit der Massnahme im Sinn von Art. 96 AuG. Weil der Beschwerdeführer geschieden ist und seine in der Schweiz lebenden Kinder erwachsen sind, mangelt es an einem Familienleben im Sinn von Art. 8 Ziff. 1 EMRK bzw. <ref-law>, welches durch den Widerruf der Bewilligung vereitelt werden könnte. 2.2.1. Ausgangspunkt für das migrationsrechtliche Verschulden ist die vom Strafgericht ausgesprochene Strafe (<ref-ruling> E. 4.2 S. 23; <ref-ruling> E. 3.1 S. 216). Durch den Zeitablauf seit der Tatbegehung, das Verhalten der ausländischen Person bis zum angefochtenen Urteil und weitere Faktoren kann das öffentliche Interesse an der Wegweisung relativiert oder erhöht werden (Urteil 2C_685/2014 vom 13. Februar 2015 E. 6.1). Der Beschwerdeführer ist wegen Vergewaltigung zu einer Freiheitsstrafe von dreieinhalb Jahren verurteilt worden. Dieses Strafmass indiziert ein erhebliches Verschulden, liegt es doch weit über der Grenze von einem Jahr, welche gemäss Art. 63 Abs. 1 lit. a AuG i.V.m. Art. 62 lit. b AuG für die Möglichkeit des Widerrufs massgeblich ist. Wenn hohe Rechtsgüter wie Leib und Leben oder die sexuelle Integrität betroffen sind, gilt eine strenge Praxis (Urteil 2C_162/2012 vom 12. Oktober 2012 E. 3.2.1). Seit der Begehung des Verbrechens waren im Zeitpunkt des angefochtenen Urteils rund 20 Jahre vergangen, was grundsätzlich zu Gunsten des Beschwerdeführers zu berücksichtigen ist. Indessen wird diese Zeitdauer dadurch relativiert, dass der Beschwerdeführer die Strafe erst im Jahr 2011 angetreten hat. Zwar stellt der Zeitpunkt, in dem die Strafe verbüsst ist, kein eigenständiges Kriterium für die Abwägung der Interessen dar (vgl. für den Kriterienkatalog die Urteile des EGMR M.P.E.V. und andere gegen Schweiz vom 8. Oktober 2014 [3910/13] § 52; Üner gegen Niederlande vom 18. Oktober 2006 [46410/99] § 57). Liegen jedoch - wie hier - Tatbegehung und Strafantritt 16 Jahre auseinander, soll dem Umstand Rechnung getragen werden, dass die Strafsache erst seit Kurzem abgeschlossen ist. Das migrationsrechtliche Verschulden wird erhöht durch die Tatsache, dass der Beschwerdeführer immer wieder delinquiert hat. Durch die Begehung der teils schweren Verkehrsregelverletzungen hat er wiederholt die Sicherheit anderer Menschen gefährdet. Seine deliktische Laufbahn lässt eine bedenkliche Geringschätzung der hiesigen Rechtsordnung erkennen. Die Vorinstanz hat schliesslich zu Recht auf die instabile finanzielle Situation des Beschwerdeführers hingewiesen: Gemäss dem Betreibungsregisterauszug vom 19. März 2014 bestanden Betreibungen im Umfang von Fr. 16'130.10 und offene Verlustscheine von insgesamt Fr. 140'915.80. Entgegen der Meinung des Beschwerdeführers liegt kein öffentliches Interesse darin, ihm die Niederlassungsbewilligung zwecks Schuldentilgung zu belassen. Das Risiko, dass weitere Schulden angehäuft würden, ist real; jedenfalls hat der Beschwerdeführer den Nachweis der Schuldentilgung nicht erbracht. Gesamthaft lassen die Art und Schwere der verfahrensauslösenden Strafe, die zusätzliche Delinquenz sowie die Anhäufung von Schulden das öffentliche Interesse an der Beendigung des Aufenthalts als erheblich erscheinen. Bei dieser Ausgangslage ist auf das seit 2010 hängige Strafverfahren betreffend den Vorwurf der mehrfachen Vergewaltigung, der Widerhandlung gegen das Ausländergesetz und gegen das Waffengesetz nicht näher einzugehen. Wie die Vorinstanz festhält, kann sich der Beschwerdeführer diesbezüglich auf die Unschuldsvermutung gemäss <ref-law> berufen. Der am 19. März 2015 ergangene Strafbefehl wegen Vergehens gegen das Waffengesetz ist als echtes Novum unbeachtlich (vgl. <ref-ruling> E. 3.1.2). Das Vorbringen des Beschwerdeführers, seine Anwesenheit in der Schweiz sei für den Abschluss der Strafuntersuchung notwendig und liege daher im öffentlichen Interesse, beschlägt lediglich die festzusetzende Ausreisefrist. 2.2.2. Das private Interesse des Beschwerdeführers an einem Verbleib in der Schweiz ist eher gering: Er kam erst im Alter von 50 Jahren in die Schweiz und verbrachte bis zu seiner Überstellung nach Kroatien ungefähr acht Jahre und neun Monate hier. Die restlichen rund 16 Monate bis zum angefochtenen Urteil entfallen auf die aufschiebende Wirkung der gegen den Widerruf eingelegten Rechtsmittel. Diese Zeitspanne ist zwar in die Interessenabwägung einzubeziehen; aufgrund der Tatsache, dass der Aufenthalt nur noch dank der aufschiebenden Wirkung der Rechtsmittel bestanden hat, kommt ihr jedoch eine geringere Bedeutung zu. Insgesamt und insbesondere gemessen an der im Ausland verbrachten Zeit ist die Aufenthaltsdauer des Beschwerdeführers in der Schweiz nicht als besonders lang zu werten. Die Integration des Beschwerdeführers in die schweizerischen Verhältnisse ist mässig. Zwar hat er nie Sozialhilfe bezogen und war - soweit ersichtlich - die meiste Zeit erwerbstätig. Die hohen Schulden und die wiederholte Delinquenz fallen jedoch zu seinen Ungunsten ins Gewicht. Es sind keine Anhaltspunkte ersichtlich, welche auf vertiefte soziale oder berufliche Beziehungen zur Schweiz schliessen liessen. 2.3. Zusammenfassend überwiegen die öffentlichen Interessen am Widerruf der Bewilligung die privaten Interessen des Beschwerdeführers am Verbleib in der Schweiz deutlich. Demgemäss besteht kein Raum für eine Verwarnung im Sinn von Art. 96 Abs. 2 AuG. 3. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten ist abzuweisen. Auf die subsidiäre Verfassungsbeschwerde ist nicht einzutreten. Die Gerichtskosten von Fr. 2'000.-- sind dem unterliegenden Beschwerdeführer aufzuerlegen (<ref-law>). Eine Parteientschädigung ist nicht zuzusprechen (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten wird abgewiesen. 2. Auf die subsidiäre Verfassungsbeschwerde wird nicht eingetreten. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 2'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten, dem Verwaltungsgericht des Kantons Bern und dem Staatssekretariat für Migration schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 24. November 2015 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Zünd Die Gerichtsschreiberin: Genner
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2,009
de
Nach Einsicht in die Beschwerde gemäss Art. 72ff. BGG gegen den Entscheid vom 20. Mai 2009 des Obergerichts des Kantons Luzern, das (als obere SchK-Aufsichtsbehörde) einen Beschwerde-Weiterzug des Beschwerdeführers gegen einen abweisenden Beschwerdeentscheid der unteren Aufsichtsbehörde (Abweisen einer Beschwerde gegen die - durch das Betreibungsamt im Rahmen einer Pfändungsankündigung erfolgte - Abweisung eines Gesuchs des Beschwerdeführers um Gewährung eines zweiten Rechtsstillstandes nach <ref-law>) abgewiesen hat,
in Erwägung, dass das Obergericht im Wesentlichen erwog, das lediglich einen "schlechten Gesundheitszustand" (mit Unfähigkeit zu "existenziellen Entscheiden") bescheinigende Arztzeugnis enthalte (im Gegensatz zum den gewährten ersten Rechtsstillstand begründenden Zeugnis) keine konkrete Zeitangabe betreffend die gesundheitliche Beeinträchtigung, ausserdem habe der Beschwerdeführer mit seiner Beschwerde gezeigt, dass er seine Rechte durchaus selbst wahrnehmen oder zumindest einen Vertreter mit der Rechtswahrung beauftragen könne (<ref-ruling> E. 3 und 4), der beantragte zweite Rechtsstillstand lasse sich umso weniger rechtfertigen, als vom Beschwerdeführer einzig verlangt werde, beim Vollzug der angezeigten Pfändung anwesend zu sein und über seine wirtschaftlichen Verhältnisse wahrheitsgetreue Angaben zu machen (<ref-law>), im Übrigen habe der Beschwerdeführer offensichtlich bereits ein Anwaltsbüro mit der Interessenwahrung beauftragt, dass die Beschwerde nach Art. 72ff. BGG nebst einem Antrag eine Begründung zu enthalten hat, in welcher in gedrängter Form dargelegt wird, inwiefern der angefochtene Entscheid Recht (Art. 95f. BGG) verletzt (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG), ansonst auf die Beschwerde nicht eingetreten wird (<ref-law>), dass m.a.W. in der Beschwerdeschrift auf die Erwägungen des angefochtenen Entscheids einzugehen und im Einzelnen zu zeigen ist, welche Vorschriften und warum sie von der Vorinstanz verletzt worden sind (<ref-ruling> E. 1.4 S. 287), dass auch Verfassungsrügen in der Beschwerdeschrift vorzubringen und zu begründen sind (<ref-law>), dass m.a.W. in der Beschwerdeschrift klar und detailliert anhand der Erwägungen des angefochtenen Entscheids darzulegen ist, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch den kantonalen Entscheid verletzt sind (<ref-ruling> E. 3.2 S. 88 mit Hinweisen, 133 IV 286 E. 1.4 S. 287f.), dass sich der Beschwerdeführer in seiner Eingabe an das Bundesgericht nicht mit den einlässlichen Erwägungen des Obergerichts auseinandersetzt, dass es insbesondere nicht genügt, den obergerichtlichen Entscheid als "menschenverachtend" zu bezeichnen und ein "Aergerpotential mit Infarktrisiko" zu behaupten, dass der Beschwerdeführer erst recht nicht nach den gesetzlichen Anforderungen anhand der obergerichtlichen Erwägungen aufzeigt, inwiefern der Entscheid des Obergerichts vom 20. Mai 2009 rechts- oder verfassungswidrig sein soll, dass somit auf die - offensichtlich keine hinreichende Begründung enthaltende - Beschwerde in Anwendung von <ref-law> nicht einzutreten ist, dass der unterliegende Beschwerdeführer kostenpflichtig wird (<ref-law>), dass in den Fällen des <ref-law> das vereinfachte Verfahren zum Zuge kommt und die Abteilungspräsidentin zuständig ist,
erkennt die Präsidentin: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 700.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Luzern schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 23. Juni 2009 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Der Gerichtsschreiber: Hohl Füllemann
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2,012
fr
Faits: A. A.a Y._ SA (ci-après: Y._), à Genève, inscrite au registre du commerce depuis le 24 mars 2009, est active dans le commerce maritime, notamment le transport de marchandises et l'affrètement de bateaux et cargaisons. Cette société, dont le capital-actions s'élève à 4'000'000 fr., a pour administrateur-président A._ et compte au nombre de ses administrateurs en particulier B._. Par contrat de travail signé le 27 mars 2009, Y._ a engagé dès le 1er avril 2009 X._, alors domicilié à Genève, en qualité de directeur général, doté d'un pouvoir de signature individuelle, pour un salaire annuel brut d'au moins 378'000 fr.; le contrat, d'une durée d'une année, était reconductible tacitement d'année en année, sauf dénonciation donnée par écrit six mois avant l'échéance de l'accord. Pendant que X._ travaillait à son service, Y._ a créé son site internet sous l'adresse " Y.ch ". Par pli recommandé du 30 octobre 2009, Y._ a résilié avec effet immédiat le contrat de X._ en invoquant la commission par celui-ci d'actes répréhensibles. A la suite de ce congé abrupt, X._ a ouvert action le 6 avril 2010 contre Y._ devant le Tribunal des prud'hommes de Genève, requérant notamment le versement de son salaire pendant quatorze mois ainsi que le paiement d'une indemnité pour licenciement immédiat injustifié. Il a été constaté que le travailleur avait annoncé, lors d'une audience de comparution personnelle des parties tenue le 14 juillet 2010 devant l'autorité prud'homale, qu'il était désormais domicilié à Hong-Kong (Chine). La procédure prud'homale est actuellement pendante devant les autorités genevoises. A.b Au début 2010, Y._ a découvert l'existence et le contenu du site internet " Y.com ". Les pages de ce site, dont le nom de domaine avait été acquis par X._ le 20 mars 2009, avaient été partiellement modifiées par ce dernier le 7 décembre 2009, soit après la notification du congé sans délai précité. Il a été retenu que le site " Y.com " présentait en anglais en date du 2 février 2010 le contenu suivant: " En page 1 : le titre du site est " Welcome [trad. : " bienvenue "] Y._ ". Au milieu de la page se trouve le texte suivant : " Shipmanagement & technical expertise in order to prevent accident we maintain experts of the highest standard ", soit traduit en français " Management maritime et expertise technique afin de prévenir des accidents - nous gardons des experts du plus haut niveau ". Au-dessus de ce texte figure une photographie - la 2ème de la page - prise depuis la capitainerie d'un bateau de transport maritime et montrant le point avant affrontant de hautes vagues; au-dessous dudit texte figure une autre photographie - la 3ème de la page - montrant un navire de transport maritime droit et à flot, à l'arrêt sur une eau bleue turquoise peu profonde, et attenant à une bande de terre escarpée et rocailleuse. En page 3 : sur deux photographies figure un bateau de transport maritime - à moins qu'il s'agisse d'un navire différent sur chaque photographie - dont le bas de la coque est rouge et le haut bleu; sur la partie avant du bateau, sur la face horizontale de couleur rouge, ressort une couleur jaunâtre différente du rouge, tandis que sur la surface horizontale bleue sont visibles des marques étendues et compactes de couleur foncée difficile à déterminer, plutôt brunâtre. Ce navire présente un aspect usé, ancien. Sur la 3ème photographie de la page (la même photographie - mais en plus grand - que la 1ère photographie de la page 1) est présentée une cheminée de bateau avec le logo de Y._. En page 6 : une photographie montre A._ et B._ à l'arrière d'un véhicule; tous deux habillés en jeans et en polo et paraissent attendre quelque chose; A._ croise les bras, tandis que B._, qui regarde en direction de l'objectif de l'appareil-photo, tient un fruit dans la main. L'autre photographie montre B._ dans la même tenue, avec un appareil-photo, devant un paysage semi-urbain. Il est écrit qu'il est directeur exécutif, de nationalité russe. En page 7 (avant-dernière page) : sous " Contact ", " Y._ SA " et son logo, sont indiquées les références suivantes : " ... " L'adresse pour courriels était celle de X._ ". Quant au site web " Y.ch ", s'il mentionne les noms des trois navires composant la flotte de Y._, il ne contient pas de photographies de ceux-ci; les numéros de téléphone et téléfax qui y sont indiqués correspondent à des appareils fixes, à Genève, l'adresse pour courriels étant celle de Y._. Par lettre et télécopie du 3 février 2010, Y._, estimant que le site " Y.com " la dénigrait, a imparti à X._ un délai au 8 février 2010 pour mettre ce site hors service et entamer les démarches en vue de céder à la société la titularité dudit nom de domaine. Le 5 février 2010, X._ s'est déclaré prêt à vendre l'adresse du site à Y._, non sans nier toute intention d'avoir provoqué une confusion avec le site officiel de ladite société (i.e. " Y.ch ") et tout caractère dénigrant des informations contenues dans le site " Y.com ". Y._ ayant réitéré sa requête par courrier du 5 février 2010, X._ lui a fait savoir le 8 février 2010 que le site " Y.com " avait été désactivé. B. B.a Par demande déposée le 14 septembre 2010 devant la Cour de justice du canton de Genève, Y._ a actionné X._. La société a conclu à ce que la cour cantonale constate que le site " Y.com " dont le défendeur est titulaire constitue, dans sa version au 2 février 2010, un acte de concurrence déloyale commis à son détriment, à ce qu'elle interdise au défendeur d'utiliser ledit nom de domaine, à ce qu'elle le condamne à réparer le dommage pécuniaire subi par la demanderesse au moyen du paiement d'un montant équitable, avec intérêts, et, enfin, à ce qu'elle le condamne également à verser à la demanderesse la somme de 50'000 fr. plus intérêts à titre de tort moral. Le défendeur a conclu, à la forme, à l'irrecevabilité de l'action pour en particulier nullité de l'assignation qui aurait indiqué un domicile erroné et, au fond, au rejet entier des conclusions de la demanderesse. Au cours de l'audience de comparution personnelle du 7 avril 2011, le défendeur, par la bouche de son conseil, s'est engagé à ne pas réactiver le site " Y.com " et à transférer ce nom de domaine à la demanderesse, sans réclamer de montant en contrepartie, étant précisé que cet engagement ne constituait aucune reconnaissance de responsabilité de sa part. Le juge délégué a informé les parties que dans l'arrêt à rendre, il serait donné acte au défendeur de son engagement. Dans ses conclusions motivées du 13 mai 2011, Y._ a pris acte de l'engagement du défendeur de lui transférer gracieusement le nom de domaine " Y.com " et de ne pas réactiver ce site. S'agissant de son préjudice pécuniaire, la demanderesse a précisé qu'une perte de 5'000 US$ par jour correspondait à un montant de 200'000 fr. pour deux mois d'activité. B.b La Cour de justice, statuant en instance unique en vertu du droit cantonal par arrêt du 4 novembre 2011, rectifié par arrêt du 2 février 2012, a déclaré irrecevable la conclusion en constatation d'acte de concurrence déloyale formée par la demanderesse, a donné acte au défendeur de son engagement de ne pas réactiver le site internet " Y.com " et de transférer gratuitement le nom de domaine dudit site à la demanderesse et a condamné le défendeur à verser à cette dernière la somme de 25'000 fr. plus intérêts à 5% l'an dès le 8 janvier 2010 à titre d'indemnité pour tort moral. C. X._ exerce un recours en matière civile au Tribunal fédéral contre cet arrêt. Principalement, il conclut au déboutement de la demanderesse de toutes ses conclusions. Subsidiairement, il requiert que le montant de l'indemnité pour tort moral soit fixé équitablement, la demanderesse étant déboutée de toutes autres ou contraires conclusions. Encore plus subsidiairement, il sollicite le renvoi de la cause à l'autorité cantonale pour qu'elle statue dans le sens des considérants. L'intimée propose principalement que le recours soit déclaré irrecevable, subsidiairement qu'il soit rejeté, la décision attaquée étant confirmée.
Considérant en droit: 1. 1.1 Le Tribunal fédéral examine librement et d'office la recevabilité des recours qui lui sont soumis (<ref-ruling> consid. 1 p. 262, 417 consid. 1). 1.2 Dès l'instant où le recours en matière civile - tout comme d'ailleurs le recours constitutionnel subsidiaire (<ref-law>) - n'est ouvert contre une décision cantonale que si celle-ci a été rendue en dernière instance (<ref-law>), il sied de contrôler si la décision attaquée a été rendue en dernière instance cantonale. Le Code de procédure civile du 19 décembre 2008 (CPC; RS 272) est entré en vigueur le 1er janvier 2011 (RO 2010 p. 1835). Selon la disposition transitoire figurant à l'<ref-law>, les recours sont régis par le droit en vigueur au moment de la communication de la décision aux parties. In casu, l'arrêt attaqué a été rendu le 4 novembre 2011 et notifié le 7 novembre 2011. Le CPC est ainsi applicable pour déterminer les voies de recours ouvertes contre cette décision. Le CPC prévoit, hormis les exceptions de l'<ref-law> qui n'entrent pas en ligne de compte, la possibilité d'interjeter un appel contre les décisions finales de première instance, si la valeur litigieuse, au dernier état des conclusions, est de 10'000 fr. au moins (<ref-law>). Si cette valeur litigieuse n'est pas atteinte, le CPC prévoit que les décisions finales de première instance sont susceptibles d'un recours (<ref-law>). Dans le cas présent, la Cour de justice genevoise a statué en première instance, de sorte que sa décision devrait en principe pouvoir faire l'objet, suivant la valeur litigieuse, d'un appel cantonal ou d'un recours cantonal. Les cantons sont de fait tenus en principe d'instituer un tribunal supérieur statuant sur recours pour les causes susceptibles d'un recours en matière civile (<ref-law> entré en vigueur en même temps que le CPC: <ref-law>). Reste à se demander si la Cour de justice, par exception, pouvait néanmoins statuer valablement en instance cantonale unique. Les cas sont énumérés à l'<ref-law> et aux art. 5 à 8 CPC. Au considérant 3 de l'arrêt déféré, la cour cantonale a fondé sa compétence à raison de la matière pour statuer en instance unique en se référant exclusivement à des dispositions de droit cantonal genevois désormais abrogées (ancien art. 1 de la loi genevoise du 3 mai 1991 sur la concurrence déloyale, l'indication et la surveillance des prix et sur les jeux-concours publicitaires; art. 31 de l'ancienne loi du 22 novembre 1941 sur l'organisation judiciaire). Mais les voies de recours, pour une décision communiquée après l'entrée en vigueur du CPC, sont régies exclusivement par le nouveau droit (<ref-law>). Pour les affaires civiles contentieuses portées devant une juridiction cantonale, les règles sont désormais celles du CPC (<ref-law>). Les cantons ne peuvent y déroger et exclure une voie de recours ouverte par le droit fédéral (art. 49 al. 1 Cst.). La Cour de justice ne pouvait ainsi statuer en instance cantonale unique que dans la mesure où était réalisée une des hypothèses prévues par les <ref-law> et 5 à 8 CPC. Seul entre en considération l'art. 5 al. 1 let. d CPC, qui impose désormais une instance cantonale unique pour les litiges relevant de la loi fédérale du 19 décembre 1986 contre la concurrence déloyale (LCD; RS 241) lorsque la valeur litigieuse dépasse 30'000 fr. ou que la Confédération exerce son droit d'action (arrêt 4A_584/2010 du 1er février 2011 consid. 2.1, in SJ 2011 I p. 262 et les références doctrinales). En effet, il résulte de la page 5 in medio du mémoire de demande que l'action exercée par l'intimée est fondée essentiellement sur les dispositions de la LCD. Puisqu'il est évident que la Confédération n'a pas exercé son droit d'action (cf. art. 10 al. 2 let. c LCD), la cour cantonale ne pouvait statuer en instance cantonale unique que si la valeur litigieuse dépassait 30'000 fr. En vertu de l'<ref-law>, la recevabilité du recours en matière civile dépend directement de l'atteinte d'une valeur litigieuse minimale selon les domaines du droit concernés par l'affaire pécuniaire à juger. Etant donné que la possibilité d'exercer un recours en matière civile au Tribunal fédéral découlait donc de l'atteinte d'une certaine valeur litigieuse, la décision attaquée, conformément à l'art. 112 al. 1 let. d LTF, a dûment constaté que la valeur litigieuse des conclusions formulées dépassait 30'000 fr. A juste titre, du moment que, parmi les conclusions prises par l'intimée, figure une prétention en paiement de 50'000 fr. à titre du tort moral éprouvé par celle-ci. La valeur litigieuse de la demande déposée par l'intimée se montant à plus de 30'000 fr., la Cour de justice pouvait dès lors valablement statuer en qualité d'instance cantonale unique. 1.3 Interjeté pour le reste par la partie défenderesse qui a succombé dans ses conclusions libératoires et qui a ainsi la qualité pour recourir (<ref-law>) et dirigé contre un arrêt final (<ref-law>) rendu en matière civile (<ref-law>), le recours est par principe recevable, puisqu'il a été déposé dans le délai (<ref-law>) et la forme (<ref-law>) prévus par la loi. 1.4 Le recours en matière civile peut être interjeté pour violation du droit fédéral (<ref-law>), y compris le droit constitutionnel (<ref-ruling> consid. 2.1 p. 247; <ref-ruling> consid. 2.4 p. 313). Le Tribunal fédéral applique le droit d'office (<ref-law>). Il n'est pas limité par les arguments soulevés dans le recours ni par la motivation retenue par l'autorité précédente; il peut donc admettre un recours pour d'autres motifs que ceux qui ont été articulés, ou à l'inverse, rejeter un recours en adoptant une argumentation différente de celle de l'autorité précédente (<ref-ruling> consid. 1.4 p. 317 s.; <ref-ruling> consid. 1.4 et l'arrêt cité). Compte tenu de l'exigence de motivation contenue à l'art. 42 al. 1 et 2 LTF, sous peine d'irrecevabilité (<ref-law>), le Tribunal fédéral n'examine en principe que les griefs invoqués; il n'est pas tenu de traiter, comme le ferait une autorité de première instance, toutes les questions juridiques qui se posent, lorsque celles-ci ne sont plus discutées devant lui (<ref-ruling> consid. 1.3 p. 584; <ref-ruling> consid. 2.2.1 p. 389; <ref-ruling> consid. 1.4). Par exception à la règle selon laquelle il applique le droit d'office, il ne peut entrer en matière sur la violation d'un droit constitutionnel ou sur une question relevant du droit cantonal ou intercantonal que si le grief a été invoqué et motivé de manière précise par la partie recourante (<ref-law>; ATF <ref-ruling> consid. 1.4 in fine). 1.5 Le Tribunal fédéral conduit son raisonnement juridique sur la base des faits établis par l'autorité précédente (<ref-law>). Il ne peut s'en écarter que si les constatations factuelles de l'autorité cantonale ont été établies de façon manifestement inexacte - notion qui correspond à celle d'arbitraire telle que l'entend l'art. 9 Cst. (<ref-ruling> consid. 4.1.2 p. 62; <ref-ruling> consid. 5.1 p. 356) - ou en violation du droit au sens de l'<ref-law> (<ref-law>). La partie recourante qui entend s'écarter des constatations de l'autorité précédente doit expliquer de manière circonstanciée en quoi les conditions d'une exception prévue par l'<ref-law> seraient réalisées, faute de quoi il n'est pas possible de tenir compte d'un état de fait qui diverge de celui contenu dans la décision attaquée (ATF <ref-ruling> consid. 5.1 p. 356; <ref-ruling> consid. 1.2 p. 187). Une rectification de l'état de fait ne peut être demandée que si elle est susceptible d'influer sur le sort de la cause (<ref-law>). Aucun fait nouveau ni preuve nouvelle ne peut être présenté à moins de résulter de la décision de l'autorité précédente (<ref-law>). 1.6 Le Tribunal fédéral ne peut aller au-delà des conclusions des parties (<ref-law>). Toute conclusion nouvelle est irrecevable (<ref-law>). 2. Il a été constaté qu'à partir du 14 juillet 2010 au plus tard, le recourant a pris domicile à Hong-Kong (Chine). Son domicile se trouvait donc à l'étranger lorsque l'intimée a ouvert action à son encontre le 14 septembre 2010 devant la Cour de justice genevoise. La cause revêt ainsi un caractère international, si bien que la question du droit applicable doit être examinée d'office (<ref-ruling> consid. 2.1; <ref-ruling> consid. 3.2 p. 144 et les arrêts cités). La question doit être tranchée selon le droit international privé du for, soit en l'occurrence la loi fédérale du 18 décembre 1987 sur le droit international privé (LDIP, RS 291; <ref-ruling> consid. 2.1). L'intimée a invoqué des faits qui tombent principalement sous le coup de la LCD, comme l'ont admis les magistrats genevois. S'agissant des prétentions de droit privé fondées sur un acte de concurrence déloyale dans les causes internationales, l'<ref-law> instaure le principe de l'effet sur le marché ou du marché affecté (Marktauswirkungsprinzip), d'après lequel lesdites prétentions sont soumises au droit de l'Etat sur le marché duquel l'activité illicite a déployé ses effets (<ref-ruling> consid. 6.1 p. 29; arrêt 4A_39/2011 du 8 août 2011 consid. 13.1, in sic! 2/2012 p. 109). Par marché, il faut comprendre le territoire sur lequel le concurrent offre ses biens ou ses services, se trouve en concurrence avec d'autres et s'adresse à de potentiels acheteurs (<ref-ruling> ibidem). L'<ref-law> instaure une exception au principe du marché affecté lorsque le comportement déloyal se dirige exclusivement contre l'entreprise d'un concurrent déterminé. En l'espèce, il convient d'admettre que cette exception est réalisée, dès lors, ainsi qu'on le verra ci-dessous, que le recourant a entendu délibérément nuire à l'intimée, laquelle l'avait licencié abruptement quelques semaines avant qu'il ne modifie le site internet " Y.com ". L'intimée lésée ayant son siège à Genève, le droit suisse est applicable au litige. La solution ne serait de toute manière pas différente au regard du principe de l'effet sur le marché de l'<ref-law>, puisque les pages du site internet en question étaient consultables en Suisse par les partenaires commerciaux et/ou concurrents de l'intimée. 3. Dans l'arrêt attaqué, la cour cantonale a retenu en premier lieu qu'il n'est ni établi ni exclu que le défendeur, après son licenciement immédiat, soit devenu un concurrent de la demanderesse ou ait travaillé pour une société concurrente de cette dernière dans le transport maritime, mais que si les griefs de la demanderesse à l'endroit du défendeur étaient fondés, cela impliquerait qu'elle ait subi un préjudice dans ses rapports avec des partenaires commerciaux et des concurrents, consistant notamment dans une atteinte à son honneur professionnel sur le marché du transport maritime. A considérer ces incidences éventuelles sur le jeu de la concurrence, la Cour de justice a reconnu qu'étaient applicables les normes de la LCD. L'autorité cantonale a déclaré irrecevable, faute d'intérêt digne de protection de la demanderesse, la conclusion de celle-ci tendant au constat de la commission par le défendeur d'un acte de concurrence déloyale par la mise en ligne du site " Y.com " dont il est titulaire. Elle a ensuite rejeté la conclusion de la demanderesse tendant à la réparation d'un dommage pécuniaire, au motif que cette société n'avait pas allégué avec précision les faits qui auraient constitué le préjudice invoqué, ni même de simples indices. La Cour de justice a enfin examiné la prétention de la demanderesse en paiement d'une somme de 50'000 fr. à titre de réparation morale. Elle a considéré, en se référant aux <ref-ruling> consid. 12 et 64 II 14 consid. 4 ainsi qu'à l'opinion exprimée par un auteur, que le tort moral, s'agissant d'une entreprise, peut résider dans l'atteinte à son honneur professionnel et à la considération dont elle jouit, c'est-à-dire à des intérêts qui ne sont pas uniquement l'apanage d'une personne physique. Se fondant sur une appréciation des éléments qui figuraient dans le site internet précité, elle a jugé que le défendeur, en mettant sur ce site internet des photographies d'un ou de deux navires usés, lesquels présentaient d'importantes taches de rouille sur la coque ou naviguaient en mauvaise posture, ainsi que des photographies de deux membres du conseil d'administration en tenue décontractée, a causé à la société qui l'avait précédemment licencié une atteinte à son honneur professionnel, voire à son crédit et à son droit de libre épanouissement économique, protégés tant par les dispositions de la LCD que par l'<ref-law>. La cour cantonale a ainsi admis que ce comportement relevait du dénigrement au sens de l'<ref-law>, qu'il était au surplus déloyal et illicite selon la norme générale de l'<ref-law> et qu'aucun motif ne légitimait l'usurpation du nom de domaine et l'atteinte à la personnalité - qui avaient existé entre le 7 décembre 2009 et le 8 février 2010, date où le site avait été désactivé -, sinon la volonté du défendeur de nuire à la réputation, à l'honneur et aux affaires de son ancien employeur. Elle en a déduit que le tort subi par la société était suffisamment grave pour justifier l'octroi d'une indemnité satisfactoire. Passant à la fixation du montant de cette indemnité, les juges cantonaux, à défaut d'avoir trouvé des précédents où des indemnités pour tort moral ont été versées à des personnes juridiques, a arrêté le montant de l'indemnité à 25'000 fr., en considération de l'intensité du tort moral porté à la personnalité de la demanderesse, de la volonté de nuire du défendeur et des " enjeux très élevés dans le domaine du transport maritime ", non sans relever que la durée de l'atteinte n'a pas dépassé deux mois et que le site litigieux ne s'adressait pas à un large public. 4. 4.1 Dans son recours en matière civile, le recourant ne conteste plus que la mise sur internet du site " Y.com ", après qu'il en a délibérément modifié le contenu le 7 décembre 2009, constituait un comportement illicite et fautif contrevenant aux règles de la bonne foi, tel que l'entend l'<ref-law>, lequel de surcroît a conduit à dénigrer de façon déloyale, au sens de l'<ref-law>, les affaires menées dans le transport maritime par l'intimée. Il ne disconvient pas davantage que cette attitude déloyale était propre, selon le cours ordinaire des choses, à entraîner un dommage pour l'intimée. Ces points ne sont désormais plus litigieux. Les conditions permettant l'octroi de dommages-intérêts sont identiques dans le droit de la propriété intellectuelle à celles qui prévalent dans la responsabilité délictuelle de l'<ref-law>. L'<ref-law> renvoie d'ailleurs explicitement au code des obligations. Constituent ainsi des conditions pour réparer le préjudice résultant d'un acte de concurrence déloyale, le dommage, l'illicéité, la faute et le rapport de causalité adéquate entre la conduite illicite et le préjudice (<ref-ruling> consid. 3.1). Dès l'instant où les conditions de l'illicéité, de la faute et du rapport adéquat de causalité ne font plus débat, seule la question de l'existence d'un dommage est à juger. La cour cantonale a nié que l'intimée ait subi un dommage pécuniaire et celle-ci n'a pas recouru, de sorte qu'il n'y a pas à revenir là-dessus. En revanche, cette autorité a considéré que l'atteinte à la personnalité dont a été victime l'intimée lui a fait subir un tort suffisamment grave pour justifier le versement d'une indemnité pour tort moral. Le recourant s'en prend uniquement à ce pan du raisonnement des juges cantonaux. 4.2 Invoquant une première violation de l'<ref-law>, le recourant fait valoir que par sa condamnation au versement d'une indemnité satisfactoire, la cour cantonale a voulu réparer un dommage hypothétique et non prouvé de l'intimée " par le biais d'une réparation morale ", la-quelle ne trouve aucune justification dans les faits de la cause. Il reproche ensuite aux magistrats genevois d'avoir enfreint l'<ref-law> en retenant que la mise en service du site litigieux avait entraîné pour l'intimée une atteinte objectivement et subjectivement grave à la personnalité de celle-ci. Il soutient que s'il y a eu atteinte, celle-ci était insignifiante, dès lors que l'intimée n'avait alors que quelques mois d'existence et était donc peu connue, que les affaires de " shipping " ne se concluent pas par internet et que le site litigieux n'était pas destiné au grand public. Finalement, sous le couvert d'une seconde entorse à l'<ref-law>, il fait grief à la Cour de justice d'avoir arrêté la quotité de l'indemnité satisfactoire à un montant beaucoup trop élevé au regard de la jurisprudence applicable en matière de réparation du tort moral. Il insiste sur le fait que le site internet en question n'a été actif que pendant deux mois et répète que l'atteinte à réparer, à supposer qu'elle existât dans le cas particulier, ne saurait être qualifiée de grave. 5. L'analyse du cas, compte tenu des critiques soulevées par le recourant, doit se faire en bonne logique dans l'ordre suivant. Premièrement, il faut se demander si une personne morale, à l'instar d'une personne physique, peut se voir allouer une indemnité pour tort moral. Comme on le verra, la jurisprudence est ancienne à ce propos et une controverse doctrinale subsiste sur la question. Il sied ainsi de procéder à un nouvel examen de la question. Deuxièmement, à supposer qu'il ait été répondu affirmativement à la première question, il sied de contrôler si l'intimée, en raison du comportement déloyal adopté par le recourant, a subi une atteinte à sa personnalité suffisamment grave pour justifier l'octroi d'une indemnité satisfactoire. Troisièmement, il convient de contrôler si la fixation de l'indemnité pour tort moral est conforme au droit fédéral en l'occurrence. 6. 6.1 Il n'est pas contesté que l'intimée a ouvert action contre le recourant en se fondant sur l'<ref-law>, norme qui permet à celui qui, par un acte de concurrence déloyale, subit une atteinte dans sa clientèle, son crédit ou sa réputation professionnelle, ses affaires ou ses intérêts économiques en général notamment d'intenter, conformément au code des obligations, une action en réparation du tort moral (<ref-law>). La règle générale de l'<ref-law> prévoit ainsi la réparation du tort moral en faveur de celui qui subit une atteinte illicite à sa personnalité, pour autant que la gravité de l'atteinte le justifie et que l'auteur ne lui ait pas donné satisfaction autrement. Les actions basées sur la loi contre la concurrence déloyale s'inscrivent dans la protection générale de la personnalité instituée par l'<ref-law>; les actions reposant sur cette dernière disposition sont toutefois subsidiaires à celles qui sont fondées sur des lois spéciales, telles singulièrement la LCD (<ref-ruling> consid 3b/aa p. 173). Selon la jurisprudence constante, la protection de la personnalité peut être invoquée tant par une personne physique que par une personne morale, dans la mesure où elle ne touche pas à des caractéristiques qui, en raison de leur nature, appartiennent seulement aux personnes physiques (<ref-ruling> consid. 3a p. 171; <ref-ruling> consid. 6 p. 244 et l'arrêt cité). Au nombre des droits de la personnalité dont peuvent se prévaloir les personnes juridiques figurent notamment le sentiment de l'honneur (cf. <ref-ruling>/149), la protection de la sphère privée ou secrète (<ref-ruling> consid. 2 p. 100), le droit à la considération sociale (<ref-ruling> consid. 3a p. 171) et le droit au libre développement économique, qui est assuré actuellement dans une large mesure par la LCD (<ref-ruling> ibidem). Le Tribunal fédéral, à l'occasion d'un obiter dictum de l'ATF 60 II 326 consid. 2 p. 331, a jugé qu'une société anonyme, dont une publicité avait été taxée de bobards (" Schwindel "), était en principe en droit de réclamer à l'auteur de l'atteinte une indemnité pour tort moral selon les réquisits de l'art. 49 aCO (disposition qui, dans sa teneur avant le 1er juillet 1985, outre la gravité particulière de l'atteinte au sens de l'<ref-law>, faisait de celle de la faute une condition du versement de l'indemnité). Dans l'ATF 64 II 14 consid. 4 p. 21/22, il a admis, en se référant au précédent précité, que les personnes juridiques ont droit à une satisfaction morale, pourvu que l'atteinte frappe des intérêts qui ne sont pas uniquement l'apanage d'une personne physique. A l'<ref-ruling> consid. 12b p. 502, où une société anonyme faisait valoir une atteinte à ses intérêts personnels par la voie de la presse, le Tribunal fédéral a reconnu implicitement que cette société pouvait se prévaloir de l'art. 49 aCO, mais que les conditions exigées par cette norme pour obtenir une réparation morale n'étaient pas réunies. Enfin, dans un arrêt publié aux <ref-ruling> ss où il était question de l'indemnisation du tort moral en cas de lésions corporelles, instaurée spécialement par l'<ref-law>, le Tribunal fédéral a fait une brève allusion, au considérant 4c p. 431, au principe jurisprudentiel de l'allocation d'indemnités satisfactoires aux personnes juridiques. Cette jurisprudence a suscité les critiques de plusieurs auteurs. PIERRE TERCIER (le nouveau droit de la personnalité 1984, ch. 2041 p. 269) est d'avis que si le tort moral est défini strictement, on ne voit pas comment les personnes morales pourraient ressentir des souffrances, ni surtout comment il serait possible d'apaiser celles-ci par le versement d'une somme d'argent. Pour FRANZ WERRO (La responsabilité civile, 2e éd., 2011, ch. 172 p. 55), les personnes morales n'ayant pas de perception de la souffrance, il est contestable d'admettre qu'elles puissent subir un tort moral. Le MÊME AUTEUR (in Commentaire romand, Code des obligations, vol. I, 2003, n° 4 ad Intro. art. 47-49 CO et n° 8 ad <ref-law>) n'avait fait auparavant que citer la jurisprudence et relever l'existence de divergences doctrinales, mais sans prendre position. HANS MERZ (Traité de droit privé suisse, VI/1, 1993, Traduction française de PIERRE GIOVANNONI, § 18, Le tort moral et sa réparation, p. 215) professe que l'on devrait refuser une indemnité pour tort moral à une personne morale, qui, par nature, n'a pas de conscience propre, et donc conscience d'une atteinte à ses intérêts personnels. VITO ROBERTO/STÉPHANIE HRUBESCH-MILLAUER (Offene und neue Fragestellungen im Bereich des Persönlichkeitsschutzes, in Festschrift Jean Nicolas Druey, 2002, p. 241) affirment que, s'agissant des personnes morales, les atteintes au droit de la personnalité ne peuvent provoquer que des dommages patrimoniaux. MAX KELLER/SONJA GABI (Haftpflichtrecht, 2e éd., 1988, p. 123), avec une référence à l'<ref-law>, déclarent qu'il est discutable d'admettre que les personnes morales ont la capacité de souffrir de tort moral. D'autres auteurs approuvent la jurisprudence susmentionnée du Tribunal fédéral. Ainsi, ROLAND BREHM (Berner Kommentar, 3e éd. 2006, nos 42/43 ad <ref-law>) souligne que dès l'instant où une personne juridique agit et donne expression à sa volonté par ses organes, peu importe qu'elle ne soit pas à même de ressentir une souffrance, puisque ses organes peuvent éprouver pour elle une atteinte à la personnalité; il faut toutefois tenir compte, ajoute-t-il, qu'un organe social ressent normalement moins fortement une atteinte aux droits de la personnalité si elle est dirigée contre la personne morale que si elle est dirigée contre sa propre personne, de sorte que l'octroi d'une indemnité satisfactoire à une personne juridique doit être soumise à des critères plus stricts que si la victime est une personne physique. CHRISTIAN HEIERLI/ANTON K. SCHNYDER (in Basler Kommentar, Obligationenrecht I, 5e éd. 2011, n° 7 ad <ref-law>) et HARDY LANDOLT (Zürcher Kommentar, 3e éd. 2007, nos 15/16 ad <ref-law>), reconnaissant que les personnes morales peuvent être atteintes dans leurs intérêts personnels, tels le droit au nom, la protection de l'honneur et celle de la sphère privée et secrète, adhérent à la jurisprudence qui permet d'accorder à celles-ci une indemnité pour tort moral sur la base de l'<ref-law>. HEINZ REY (Ausservertragliches Haftpflichtrecht, 4e éd. 2008, ch. 484 p. 111), rappelant qu'il existe à ce sujet une controverse doctrinale, expose que s'il va de soi qu'une personne morale ne peut pas obtenir une indemnité pour tort moral d'après l'<ref-law>, celle-ci peut parfaitement y avoir droit en vertu de l'<ref-law>. Les critiques émises par une partie de la doctrine contre la jurisprudence publiée du Tribunal fédéral telle qu'elle a été évoquée n'emportent pas la conviction. En effet, comme le relève pertinemment CLAIRE HUGUENIN (in Basler Kommentar, Zivilgesetzbuch I, 4e éd. 2010, n° 5 ad Vor. Art. 52-59 CC), l'étendue de la capacité juridique des personnes morales n'a cessé de se développer en droit suisse depuis la promulgation du Code civil, et cela dans le sens d'une attribution toujours plus grande à ces dernières de droits de la personnalité étendus. Permettre à une personne juridique de requérir paiement d'une indemnité satisfactoire pour réparer une atteinte à ses intérêts personnels non patrimoniaux ne constitue dès lors qu'une étape qui s'inscrit dans ce processus. A cela s'ajoute que la personne morale, comme création de l'ordre juridique, agit exclusivement par l'entremise de personnes physiques, qui sont ses organes; ces derniers sont des parties de la personne morale elle-même (<ref-ruling> consid. 4d p. 182; <ref-ruling> consid. II/2c p. 190). Autrement dit, l'acte de l'organe est en règle générale assimilé à celui de la personne juridique, de sorte qu'il existe en principe une unité d'action en ce sens que l'organe et la personne morale sont considérés comme une personne identique (cf. arrêt 4C.44/1998 du 28 septembre 1999 consid. 2d, in sic! 5/2000 p. 407). De par cet emprunt à la théorie de la réalité de la personne morale, il faut admettre, en suivant un raisonnement analogique, qu'un organe d'une personne morale, lorsque celle-ci est victime d'une atteinte à sa personnalité, ressent pour elle une souffrance, qui habilite la personne juridique à réclamer en son nom propre une réparation pour tort moral. En résumé, il convient de confirmer la jurisprudence, selon laquelle une personne juridique peut faire valoir en justice une demande en réparation du tort moral en application de l'<ref-law>. 6.2 Le recourant se plaint d'une violation de l'<ref-law> qu'aurait commise la cour cantonale pour avoir retenu, sans allégations ni preuves, que la mise en service du site internet litigieux aurait concrètement porté une atteinte grave aux droits de la personnalité de l'intimée. 6.2.1 En l'absence d'une disposition spéciale instituant une présomption, l'<ref-law> répartit le fardeau de la preuve pour toutes les prétentions fondées sur le droit fédéral et détermine, sur cette base, laquelle des parties doit assumer les conséquences de l'échec de la preuve (<ref-ruling> consid. 2.6 p. 24; <ref-ruling> consid. 2a p. 522). Il en résulte que la partie demanderesse doit prouver les faits qui fondent sa prétention, tandis que la partie adverse doit prouver les faits qui entraînent l'extinction ou la perte du droit (<ref-ruling> consid. 3.1 p. 323). L'<ref-law> ne prescrit cependant pas comment les preuves doivent être appréciées et sur quelles bases le juge peut forger sa conviction (<ref-ruling> consid. 2d p. 25 s.; <ref-ruling> consid. 3a p. 253). Savoir si, à l'issue de l'appréciation des preuves, l'existence ou l'inexistence d'un fait doit être considérée comme établie ou douteuse est une question qui ne relève pas de l'<ref-law>, mais exclusivement de l'appréciation des preuves. 6.2.2 En l'occurrence, la cour cantonale a constaté, notamment sur la base des photographies incorporées par le recourant sur le site " Y.com ", montrant des bateaux de transport maritime en mauvaise posture sur mer ou usés par la rouille, ainsi que deux membres du conseil d'administration de l'intimée en tenue décontractée, dont l'un croise les bras tandis que l'autre tient un fruit à la main, qu'il ressortait une image négative et fort peu professionnelle de l'intimée; le contenu du site était du reste attentatoire à l'honneur de la société et nuisait fortement à son droit au libre épanouissement économique. A partir de ces données, les magistrats genevois ont ad-mis que l'intimée avait subi un préjudice par une atteinte à ses droits personnels et que ce préjudice était suffisamment grave pour permettre l'octroi d'une indemnité satisfactoire. On voit donc que l'appréciation des preuves produites, singulièrement des éléments visuels introduits par le recourant dans le site en question, a convaincu la cour cantonale de la réalité d'une atteinte grave à la personnalité de l'intimée. Le problème de la répartition du fardeau de la preuve ne se pose ainsi plus. Seule pouvait être invoquée une appréciation arbitraire des preuves, moyen que le recourant n'a pas soulevé et qui ne peut en conséquence être examiné (art. 105 al. 2 et 106 al. 2 LTF). La critique prise d'une transgression de l'<ref-law> est dénuée de fondement. 6.3 Il reste à vérifier si la quotité de l'indemnité pour tort moral accordée à l'intimée, par 25'000 fr., respecte les principes juridiques régissant la fixation d'une telle indemnité. 6.3.1 La fixation de l'indemnité pour tort moral est une question d'application du droit fédéral, que le Tribunal fédéral examine donc librement (cf. <ref-law>). Dans la mesure où celle-ci relève pour une part importante de l'appréciation des circonstances, le Tribunal fédéral intervient avec retenue. Il le fait notamment si l'autorité cantonale a mésusé de son pouvoir d'appréciation, en se fondant sur des considérations étrangères à la disposition applicable, en omettant de tenir compte d'éléments pertinents ou encore en fixant une indemnité inéquitable parce que manifestement trop faible ou trop élevée (<ref-ruling> consid. 9b p. 315). Comme il s'agit toutefois d'une question d'équité - et non pas d'une question d'appréciation au sens strict, qui limiterait son examen à l'abus ou à l'excès du pouvoir d'appréciation -, le Tribunal fédéral examine librement si la somme allouée tient suffisamment compte de la gravité de l'atteinte ou si elle est disproportionnée par rapport à l'intensité des souffrances morales causées à la victime (<ref-ruling> consid. 5.1 p. 705; arrêt 2C_294/2010 du 28 avril 2011 consid. 3.2). 6.3.2 Au considérant 10.4 de l'arrêt déféré, l'autorité cantonale a écrit que la jurisprudence fédérale ne contient que peu d'exemples où des indemnités pour tort moral ont été versées à des personnes juridiques. Relevant que le montant accordé est généralement plutôt modeste, elle se réfère à un précédent ancien (ATF 79 II 409 consid. 5) et fait allusion à une somme de 5'000 fr. Toutefois, il appert d'emblée, à la lecture du considérant 5 de cet arrêt rendu en 1953 (cf. ATF 79 II 422), que la somme de 5'000 fr. octroyée à la personne morale demanderesse recouvrait globalement la réparation tant du dommage subi que du tort moral éprouvé. Ce précédent n'est donc pas déterminant pour la question à résoudre. 6.3.3 S'agissant de la fixation du tort moral en cas d'atteinte à la personnalité, que le lésé soit une personne physique ou une personne juridique, KLAUS HÜTTE ET AL. (Le tort moral, 3e éd. 2005, n° I/118a, ch. 12) avertissent que celui qui cherche de la jurisprudence en la matière se heurtera à des difficultés, car une présentation comparative ou seulement informative des arrêts sur le tort moral dans ce domaine n'est pas connue. A propos du montant alloué en réparation du tort moral, une comparaison avec d'autres affaires ne doit intervenir qu'avec circonspection, puisque le tort moral ressenti dépend de l'ensemble des circonstances du cas d'espèce. Cela étant, une comparaison n'est néanmoins pas dépourvue d'intérêt et peut se révéler, suivant les occurrences, un élément utile d'orientation (<ref-ruling> consid. 5.1 p. 705). A défaut d'études comparatives fouillées sur l'octroi d'indemnités satisfactoires en cas d'atteintes aux droits de la personnalité, il sied de se pencher sur des décisions (rendues après 2000) se rapportant au tort moral lors de décès ou de lésions corporelles au sens de l'<ref-law>, norme qui n'est qu'un cas particulier d'application de la règle générale de l'<ref-law> (<ref-ruling> consid. 2e p. 210 et l'arrêt cité). 6.3.4 En 2001, l'Obergericht du canton de Zurich a rendu un arrêt par lequel il a alloué une indemnité satisfactoire de 20'000 fr. à un enfant de six ans dont la mère a été victime d'un meurtre (cf. KLAUS HÜTTE ET AL., Le tort moral, Tableaux de jurisprudence comprenant des décisions judiciaires rendues de 1990 à 2005, 3e éd., 8/05, IV/3, ch. 7). Il résulte d'un arrêt 6S.295/2003 du 10 octobre 2003, consid. 2.2, que le Tribunal fédéral a accordé 25'000 fr. pour tort moral à chacun des enfants à la suite du meurtre de leur père. Le Tribunal fédéral a précisé qu'un des enfants, âgé alors de quatre ans, a durement ressenti la perte de son père et doit suivre une thérapie, ajoutant encore que pour chacun d'entre eux le fait de grandir sans leur père pèsera sur leur vie future. Dans le cas d'un automobiliste blessé dans un accident de la circulation lui ayant causé un traumatisme crânio-cérébral et une contusion cervicale avec troubles sensitifs, troubles ayant généré une incapacité de travail (totale, puis partielle) de huit mois, le Tribunal fédéral a arrêté l'indemnité pour tort moral à 15'000 fr., précisant que cette somme s'inscrit dans la pratique judiciaire actuelle relative à des événements dont la victime peut se remettre en dépit de certaines séquelles (arrêt 4C.433/2004 du 2 mars 2005 consid. 4.3). Plus récemment, le Tribunal fédéral, dans un arrêt 4A_77/2011 du 20 décembre 2011 consid. 4.7, a jugé conforme au droit l'allocation d'une indemnité de base de 20'000 fr. à un automobiliste de 63 ans ayant subi une fracture ouverte du genou droit, qui a entraîné des douleurs chroniques justifiant l'allocation ultérieure d'une demi-rente d'invalidité du premier pilier. 6.3.5 A la lumière de ces précédents, la somme de 25'000 accordée à l'intimée par l'autorité cantonale pour réparer son tort moral apparaît trop élevée, à telle enseigne qu'elle doit être considérée comme inéquitable et disproportionnée. Selon les constatations cantonales, qui lient le Tribunal fédéral (<ref-law>), le site internet litigieux n'a pu être consulté par le public que pendant deux mois (i.e. du 7 décembre 2009 au 8 février 2010), ce qui est une période relativement brève. Il est donc exclu d'assimiler l'atteinte aux intérêts personnels qui en est résulté à des préjudices immatériels que peut causer la perte d'un parent ou qui provoquent chez le lésé des atteintes physiques durables, à tout le moins des séquelles. Or, dans de telles circonstances, qui suscitent à l'évidence chez le lésé d'importantes souffrances psychiques, il n'a été accordé aux victimes que des montants oscillant entre 15'000 fr. et 25'000 fr. En conséquence, l'indemnité pour tort moral, telle qu'elle a été arrêtée en instance cantonale, n'est pas conforme au droit fédéral. Il convient de la réduire en valeur. Mais sur quelles bases doit-elle être évaluée dans le cas présent ? 6.3.6 BREHM (op. cit., n° 86 ad <ref-law>) indique deux critères qui devraient être suivis lorsqu'une autorité judiciaire est amenée à fixer le montant d'une indemnité satisfactoire. Premièrement, cet auteur est d'avis qu'il faut distinguer entre les atteintes qui créent un état durable (à l'instar d'une invalidité qui affecte le lésé sa vie durant) et celles qui s'effacent avec le temps, comme c'est le cas la plupart du temps pour les atteintes à la personnalité; les premières doivent être indemnisées par le versement de sommes plus importantes que celles accordées pour réparer les secondes. Secondement, lorsqu'il existe une atteinte à l'honneur ou au crédit, une différence doit se faire selon que l'atteinte procède d'un acte unique ou selon qu'elle a été propagée dans les médias; dans cette dernière hypothèse, l'atteinte aux droits de la personnalité pèse d'un poids plus important que dans la première, ce qui doit se répercuter sur la quotité de l'indemnité satisfactoire attribuée. Ces deux critères sont pertinents et peuvent être suivis, à tout le moins lorsqu'une personne juridique est en droit d'obtenir, comme dans le cas présent, réparation pour le tort moral engendré par des atteintes à la personnalité. D'un côté, il faut prendre en compte que le site internet modifié par le recourant a été accessible au public seulement pendant deux mois, de sorte qu'aucun effet durable n'a été généré. De l'autre, il y a lieu de ne pas perdre de vue que l'atteinte à la personnalité de l'intimée a été diffusée par internet, qui est un système d'interconnexion de réseaux informatiques accessible à toute heure dans le monde entier, par le moyen de communications électroniques toujours plus développées. Ce paramètre est particulièrement important pour une entreprise active dans le transport international de marchandises, dont le marché n'est en principe pas circonscrit à un espace géographique limité. Tout bien pesé, à considérer encore la volonté délibérée du recourant de nuire à son ancien employeur, il convient d'accorder à l'intimée une indemnité pour tort moral se montant à 10'000 fr., somme qui portera intérêts à 5% l'an dès le 8 janvier 2010. 7. 7.1 En définitive, le recours doit être partiellement admis sur la question de la fixation de l'indemnité satisfactoire. Au titre du tort moral, le recourant sera condamné à verser à l'intimée la somme de 10'000 fr. avec intérêts à 5% l'an dès le 8 janvier 2010. L'arrêt attaqué sera confirmé pour le surplus, hormis en ce qui a trait à la fixation des frais et dépens d'instance cantonale, sur laquelle la Cour de justice devra se prononcer à nouveau (art. 67 et 68 al. 5 LTF). 7.2 S'agissant des frais de la procédure fédérale, le recourant voit l'indemnité qu'il avait été condamné à verser à son adverse partie réduite de 60%. Il se justifie ainsi de mettre trois cinquièmes des frais de justice à la charge de l'intimée, le recourant devant en supporter pour sa part deux cinquièmes (art. 66 al. 1, 2e phrase, LTF). L'intimée versera au recourant une indemnité à titre de dépens réduite selon cette proportion (art. 68 al. 1 et 2 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est partiellement admis et l'arrêt attaqué est réformé en ce sens que le recourant est condamné à verser à l'intimée à titre de tort moral la somme de 10'000 fr., avec intérêts à 5% l'an dès le 8 janvier 2010. L'arrêt attaqué est confirmé pour le reste, hormis en ce qui concerne la fixation des frais et dépens d'instance cantonale. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 2'000 fr., sont mis à concurrence de 1'200 fr. à la charge de l'intimée et de 800 fr. à la charge du recourant. 3. L'intimée versera au recourant une indemnité réduite de dépens arrêtée à 500 fr. 4. La cause est retournée à l'autorité cantonale pour nouvelle décision sur les frais et dépens d'instance cantonale. 5. Le présent arrêt est communiqué aux mandataires des parties et à la Cour de justice du canton de Genève, Chambre civile. Lausanne, le 11 avril 2012 Au nom de la Ire Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse La Présidente: Klett Le Greffier: Ramelet
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2,006
fr
Faits: Faits: A. X._, né en 1971, possède conjointement les nationalités suisse et française. Il a vécu en France où il a été exempté du service national actif par la Commission locale d'aptitude siégeant à Marseille le 20 mars 1990 avant de s'établir en Suisse le 1er juin de la même année. D'abord installé à A._ (VS), il a déménagé à B._ (VS) en 1996, commune au sein de laquelle il a changé de domicile à plusieurs reprises. Un livret de service a été établi au nom de X._ par le chef de section militaire (ci-après: le chef de section) de B._ à l'occasion d'un changement d'adresse. Suite à cette mesure, le 7 octobre 2003, l'Office cantonal des affaires militaires (ci-après: l'Office cantonal) a réclamé le paiement de taxes d'exemption de l'obligation de servir (ci-après: la taxe d'exemption) pour les périodes d'assujettissement 1997 à 2002 (soit les périodes de taxation 1998 à 2003) à l'intéressé qui a contesté cette décision. Le 19 décembre 2003, l'Etat-major général de l'armée suisse (ci-après: l'Etat-major) a décidé que X._ ne pourrait pas être incorporé dans l'armée suisse, qu'il était affecté aux doubles nationaux non incorporés et qu'il n'était pas astreint au service militaire. L'Office cantonal a considéré que la décision de l'Etat-major ne déployait d'effets que pour l'avenir. En conséquence, il a refusé à X._ l'exonération des taxes d'exemption litigieuses, d'abord par décision du 3 mars 2004, puis par décision sur réclamation du 16 juin 2004. Par arrêt du 22 décembre 2004, la Commission cantonale de recours en matière fiscale du canton du Valais (ci-après: la Commission cantonale de recours) a rejeté le recours formé par X._. Elle a considéré, en bref, que la décision de l'Etat-major affectant X._ aux doubles nationaux non incorporés n'avait pas d'effet rétroactif et qu'en conséquence, l'intéressé était astreint au paiement des taxes d'exemption litigieuses. Par arrêt du 22 décembre 2004, la Commission cantonale de recours en matière fiscale du canton du Valais (ci-après: la Commission cantonale de recours) a rejeté le recours formé par X._. Elle a considéré, en bref, que la décision de l'Etat-major affectant X._ aux doubles nationaux non incorporés n'avait pas d'effet rétroactif et qu'en conséquence, l'intéressé était astreint au paiement des taxes d'exemption litigieuses. B. Agissant par la voie du recours de droit administratif, X._ demande principalement au Tribunal fédéral d'annuler l'arrêt de la Commission cantonale de recours du 22 décembre 2004 et de lui allouer une indemnité d'un montant de 1'000 fr., à titre de réparation du tort moral. Il demande subsidiairement l'annulation partielle de l'arrêt de la Commission cantonale de recours du 22 décembre 2004 en raison de la prescription partielle de la dette ainsi qu'une indemnité d'un montant de 500 fr., à titre de réparation du tort moral. En outre, X._ sollicite l'assistance judiciaire. La Commission cantonale de recours, l'Office cantonal ainsi que l'Administration fédérale des contributions concluent au rejet du recours. La Commission cantonale de recours, l'Office cantonal ainsi que l'Administration fédérale des contributions concluent au rejet du recours. C. Par ordonnance présidentielle du 21 avril 2005, l'effet suspensif a été conféré au recours.
Le Tribunal fédéral considère en droit: Le Tribunal fédéral considère en droit: 1. Le Tribunal fédéral examine d'office et avec une pleine cognition la recevabilité des recours qui lui sont soumis (<ref-ruling> consid. 1 p. 174, 185 consid. 1 p. 188; <ref-ruling> consid. 1 p. 227, et les arrêts cités). 1.1 Rendue par une autorité de dernière instance cantonale en application de la loi fédérale du 12 juin 1959 sur la taxe d'exemption de l'obligation de servir (LTEO; RS 661, ci-après: la loi sur la taxe d'exemption), la décision attaquée est fondée sur le droit public de la Confédération (art. 5 PA). La voie du recours de droit administratif est ouverte selon l'art. 97 al. 1 OJ, mis en relation avec les art. 98 al. 1 let. g OJ et 31 al. 3 LTEO. Les clauses d'exclusion des art. 99 à 101 OJ ne s'appliquent pas. Le présent recours est ainsi recevable. 1.2 A teneur de l'art. 104 OJ, le recours de droit administratif peut être formé pour la violation du droit fédéral, y compris l'excès et l'abus du pouvoir d'appréciation (lettre a) et la constatation inexacte ou incomplète des faits pertinents (lettre b). Le Tribunal fédéral examine avec une cognition pleine le grief de violation du droit fédéral (<ref-ruling> consid. 3 p. 298, 385 consid. 3 p. 388), qui comprend la Constitution fédérale (<ref-ruling> consid. 3 p. 388). La décision attaquée émane d'une autorité judiciaire; partant, le Tribunal fédéral est lié par les faits constatés, sauf s'ils sont manifestement inexacts ou incomplets ou s'ils ont été établis au mépris des règles essentielles de la procédure (art. 105 al. 2 OJ). 1.3 Les conclusions du recourant en versement d'une indemnité pour tort moral n'étaient pas objet de la procédure cantonale et sont donc irrecevables. 1.3 Les conclusions du recourant en versement d'une indemnité pour tort moral n'étaient pas objet de la procédure cantonale et sont donc irrecevables. 2. 2.1 Tout homme de nationalité suisse est astreint au service militaire ou au service civil de remplacement (art. 59 al. 1 Cst.; art. 2 al. 1 de la loi fédérale du 3 février 1995 sur l'armée et l'administration militaire, LAAM; RS 510.10, ci-après: la loi sur l'armée). Les obligations militaires comprennent notamment le service militaire ou civil et le paiement, le cas échéant, de la taxe d'exemption (art. 2 al. 2 LAAM). Y sont assujettis, les citoyens suisses astreints au service, domiciliés en Suisse ou à l'étranger, qui au cours de l'année d'assujettissement n'ont pas été incorporés pendant plus de six mois dans une formation de l'armée et ne sont pas astreints au service civil (art. 2 al. 1 let. a LTEO). L'obligation de servir (et donc de payer la taxe d'exemption) vaut également pour les doubles nationaux (arrêt 2A.339/1996 du 12 mai 1997, Archives 66 251 consid. 3 p. 253). Toutefois, les Suisses doubles nationaux ne sont pas astreints au service militaire en Suisse s'ils ont accompli leurs obligations militaires ou des services de remplacement dans l'autre Etat dont ils possèdent aussi la nationalité (art. 5 al. 1 première phrase LAAM). Demeurent réservées les obligations de s'annoncer et de s'acquitter de la taxe d'exemption, sous réserve de conventions internationales contraires ou prévoyant d'autres modalités (voir art. 5 al. 2 et 5 al. 3 LAAM; <ref-ruling> consid. 1 p. 58). 2.2 Les personnes qui possèdent concurremment les nationalités suisse et française entrent dans le champ d'application de la Convention du 16 novembre 1995 entre la Suisse et la France relative au service militaire des doubles nationaux (RS 0.141.134.92; ci-après: la Convention 1995; art. 1 de la Convention 1995). Ce traité a été conclu par le Conseil fédéral suisse et le Gouvernement de la République française désireux d'épargner des difficultés en matière d'obligations militaires aux personnes qui possèdent conjointement les nationalités suisse et française. Entré en vigueur le 1er mai 1997, il remplace la Convention entre la Suisse et la France relative au service militaire des doubles nationaux, conclue le 1er août 1958 (RO 1959 p. 223; ci-après: la Convention 1958). La Convention 1995 dispose: "Art. 2 Obligations militaires L'expression "obligations militaires" s'entend: a) pour la France: du service national dans toutes ses formes, b) pour la Suisse: du service militaire, du service civil et du paiement de la taxe d'exemption de ces services. Art. 3 Principes 1. Le double-national n'est tenu d'accomplir ses obligations militaires qu'à l'égard d'un seul des deux Etats. 2. Le double-national accomplit ses obligations militaires dans l'Etat où il a sa résidence permanente au 1er janvier de l'année au cours de laquelle il atteint l'âge de 18 ans. Il peut néanmoins déclarer vouloir accomplir ses obligations militaires à l'égard de l'autre Etat avant d'avoir atteint l'âge de 19 ans. Le double-national qui a déjà commencé, sur sa demande, à accomplir ses obligations militaires dans l'un des deux Etats avant l'âge de 18 ans, les terminera dans cet Etat. 3. Le double-national justifie sa résidence permanente par la production d'un certificat conforme au modèle A annexé à la présente convention. Ce document est délivré par les autorités désignées par les deux Etats et adressé par le double-national au représentant consulaire de l'Etat où il sera libéré des obligations militaires. (...). Art. 5 Certificat de situation Le double-national visé aux art. 3 ou 4 justifie de sa situation à l'égard de l'Etat où il n'est pas appelé à servir, sur demande de ce dernier, par la production d'un certificat conforme au modèle C annexé à la présente convention. Art. 6 Résidence permanente 1. La résidence permanente s'apprécie en tenant compte du lieu où le double-national possède le centre de ses intérêts principaux. (...). Art. 7 Obligations de réserve Le double-national n'est soumis aux obligations de réserve ou au paiement de la taxe d'exemption du service militaire ou civil que dans l'Etat où il est tenu d'accomplir ses obligations militaires." A la différence de la Convention 1995 (cf. art. 3 paragraphe 2 Convention 1995), la Convention 1958 prévoyait: "les doubles-nationaux qui résident dans l'un ou l'autre des deux Etats sont tenus d'accomplir leurs obligations militaires légales dans l'Etat où ils ont leur résidence permanente à l'âge de dix-neuf ans révolus" (art. 2 paragraphe 1 première phrase Convention 1958). 2.3 En l'occurrence, au moment de la décision de taxation, le recourant, né le 18 mars 1971, était âgé de plus de 25 ans et ne pouvait en conséquence plus participer au recrutement (art. 8 al. 2 LAAM); toutefois, n'ayant pas atteint la limite des 34 ans, il restait tenu d'accomplir ses obligations militaires (art. 5 de l'ordonnance fédérale du 30 août 1995 sur la taxe d'exemption de l'obligation de servir [OTEO; RS 661.1, ci-après: l'ordonnance sur la taxe d'exemption] et 13 al. 2 lettre a LAAM). Il devait donc payer la taxe d'exemption (art. 26 al. 1 LTEO), sauf convention internationale contraire, notamment. Or le recourant, qui possède conjointement les nationalités suisse et française, peut se prévaloir de la Convention 1995. 2.4 Selon la Convention 1995, le double national n'est tenu d'accomplir ses obligations militaires que dans un seul Etat, celui où il a sa résidence permanente (au sens de l'art. 6 Convention 1995) au 1er janvier de l'année au cours de laquelle il atteint l'âge de 18 ans (art. 3 paragraphes 1 et 2 Convention 1995). En l'occurrence, le recourant avait sa résidence permanente en France le 1er janvier de l'année de ses 18 ans, soit le 1er janvier 1989. C'est donc dans cet Etat qu'il devait accomplir ses obligations militaires ou payer la taxe d'exemption (art. 7 Convention 1995). Le recourant est arrivé en Suisse le 1er juin 1990 et peu après a fait établir par la Préfecture des Alpes-maritimes un certificat de résidence (modèle A) daté du 17 juillet 1990 et qui figure au dossier. Le recourant soutient, mais sans l'établir, que ce certificat aurait été remis au chef de section de la commune de A._. Ces allégations ne sont pas vérifiables, car les faits sont anciens et le chef de section concerné est aujourd'hui à la retraite. Toutefois, la version du recourant est suffisamment vraisemblable pour qu'on puisse la retenir. On voit en effet mal pour quel motif le recourant aurait fait établir un certificat de résidence si ce n'est pour le remettre aux autorités compétentes. Le recourant devait adresser ce certificat de résidence au représentant consulaire de l'Etat où il serait libéré de ses obligations militaires (art. 3 paragraphe 3 Convention 1995), soit le Consul de Suisse en France. Cette prescription se comprend à la lecture de l'art. 3 paragraphe 2 de la Convention 1995 ainsi que de l'art. 2 paragraphe 1 de la Convention 1958 qui est son pendant et prévoit que le certificat, délivré par les autorités compétentes, doit être adressé par le double national au représentant consulaire de l'Etat où il n'était pas appelé à servir et dans le ressort duquel se trouve sa résidence. Le double national résidant dans l'un des deux Etats n'accomplit pas ses obligations militaires dans l'Etat où il ne réside pas, lequel doit en être informé. Par simplification, le double national adresse le certificat de résidence au représentant consulaire de l'Etat où il est libéré des obligations militaires. En l'espèce, le recourant a adressé le certificat de résidence au chef de section de la commune de A._n qui n'est pas l'autorité désignée par les Conventions 1958 et 1995. Cela s'explique: le recourant a fait établir ledit certificat le 17 juillet 1990 alors qu'il avait quitté la France pour la Suisse. Exiger du recourant qu'il passe la frontière pour remettre le certificat de résidence au Consul de Suisse en France pour que ce dernier puisse l'adresser aux autorités suisses relèverait du formalisme excessif; ce d'autant plus que le chef de section est l'autorité compétente au Valais pour l'annonce de l'arrivée ou du départ de l'assujetti à la taxe d'exemption (art. 3 lettre a de la loi valaisanne du 11 février 1998 d'application de la loi sur la taxe d'exemption [LALTEO; RSVS 660.1]). Le recourant a ainsi rempli ses obligations d'annonce (au sens des art. 5 al. 2 et 7 LAAM). Enfin, il convient de relever que c'est le 16 octobre 2003 que l'Office cantonal a requis du recourant un certificat de situation (modèle C) prévu par l'art. 5 de la Convention 1995. Le ministère français de la défense a établi ce certificat le 24 novembre 2003. Le recourant l'a adressé aux autorités suisses le 9 décembre 2003. Le 19 décembre 2003 l'Etat-major, se fondant notamment sur ce document, a décidé que le recourant était au bénéfice de la Convention 1995, qu'il ne pouvait être incorporé dans l'armée suisse mais était affecté aux doubles nationaux non incorporés et qu'il n'était pas astreint au service militaire. La production du certificat de situation n'est pas une obligation: l'Etat où le double national n'est pas appelé à servir peut le demander (art. 5 Convention 1995). Or, en l'espèce, le recourant, auquel on ne peut adresser aucun reproche de ce point de vue, a agi dès la réquisition de l'Office cantonal. Il a donc pleinement rempli les obligations de procédure qui lui incombaient vis-à-vis des autorités suisses. La production du certificat de situation n'est pas une obligation: l'Etat où le double national n'est pas appelé à servir peut le demander (art. 5 Convention 1995). Or, en l'espèce, le recourant, auquel on ne peut adresser aucun reproche de ce point de vue, a agi dès la réquisition de l'Office cantonal. Il a donc pleinement rempli les obligations de procédure qui lui incombaient vis-à-vis des autorités suisses. 3. En définitive, seule demeure litigieuse la question de savoir si le recourant doit le paiement des taxes d'exemption pour les périodes d'assujettissement 1997 à 2002, soit les périodes de taxation 1998 à 2003. L'Office cantonal a renoncé à réclamer le paiement des taxes pour les périodes antérieures - lesquelles sont prescrites (art. 38 al. 1 première phrase LTEO) - et postérieures. Pour les périodes postérieures, l'Office cantonal a admis qu'en vertu de la décision de l'Etat-major du 19 décembre 2003, le recourant, au bénéfice de la Convention 1995, ne devait pas payer la taxe d'exemption. 3.1 La période de taxation est le temps au cours duquel se déroule la procédure tendant à la détermination du revenu imposable et du montant de l'impôt dû (Ryser/Rolli, Précis de droit fiscal suisse [impôts directs], Berne 2002 p. 412/413). Au cours de cette procédure, les autorités compétentes en droit militaire déterminent le montant de la taxe d'exemption due par l'assujetti. La taxe est fixée chaque année (art. 25 al. 1 LTEO). L'année de taxation est, en règle générale, l'année civile qui suit l'année d'assujettissement (art. 25 al. 2 LTEO). La décision de taxation ne déploie ainsi ses effets que pour la période de taxation en cause et doit être renouvelée pour chaque nouvelle période. Il n'en va pas ainsi pour la décision d'exonération prise en application de l'art. 4 LTEO; une telle décision déploie ses effets sur plusieurs périodes de taxation sans qu'il soit nécessaire de la renouveler. L'ordonnance sur la taxe d'exemption prévoit que "l'assujetti peut en tout temps demander que sa prétention à l'exonération ou à la réduction de la taxe soit soumise à un examen dont les conclusions auraient effet sur les taxations non encore passées en force" (art. 33 al. 1 OTEO). En conséquence, la décision de l'Etat-major, prise en application de l'art. 4 al. 1 lettre c LTEO est applicable à toutes les décisions de taxation qui ne sont pas encore passées en force, en particulier contre lesquelles il a été déposé une réclamation ou un recours en temps utile (concernant l'entrée en force de la taxation: Masshardt/Gendre, Commentaire IDN, Lausanne 1980, n. 5 ad art. 95, p. 404; Rivier, Droit fiscal suisse, L'imposition du revenu et de la fortune, Lausanne 1998, p. 170); une décision de taxation entrée en force ne saurait en revanche être modifiée après coup, (sous réserve d'une révision). Il s'agit donc de déterminer si la décision de taxation est entrée en force ou non pour savoir si l'assujetti peut prétendre à l'exonération ou à la réduction de la taxe d'exemption. 3.2 En l'espèce, le recourant est au bénéfice de la Convention 1995 et, conformément à la décision de l'Etat-major du 19 décembre 2003, ne doit pas payer la taxe d'exemption. La décision de l'Etat-major s'applique à toutes les périodes pour lesquelles aucune décision de taxation n'est entrée en force. Elle s'applique donc aux périodes d'assujettissement 1997 à 2002, soit les périodes de taxation 1998 à 2003, pour lesquelles aucune décision de taxation n'est entrée en force puisqu'elles font l'objet du présent recours. Pour ces périodes, le recourant ne doit pas le paiement de la taxe d'exemption. Le recours doit être admis sur ce point. Certes, dans son arrêt 2A.135/2003 du 3 décembre 2003, Archives 73 579, le Tribunal fédéral avait eu à connaître du cas d'un assujetti possédant conjointement les nationalités suisse et française qui avait été mis au bénéfice de la Convention 1995 par décision de l'Etat-major. Il a jugé que la décision de l'Etat-major, prise en application de l'art. 4 al. 1 lettre c LTEO avait une valeur constitutive et ne produisait d'effets que pour l'avenir. Elle ne s'appliquait pas aux taxations entrées en force (sous réserve d'une révision) et n'avait pas d'effet rétroactif pour les taxations non entrées en force. S'agissant des décisions de taxation non entrées en force, le présent arrêt doit donc être considéré comme une modification de jurisprudence, conforme à la lettre de l'art. 33 al. 1 OTEO. Le recours étant admis, il n'est pas nécessaire d'examiner les autres moyens soulevés par le recourant. Le recours étant admis, il n'est pas nécessaire d'examiner les autres moyens soulevés par le recourant. 4. Vu ce qui précède, le recours doit être admis dans la mesure où il est recevable et l'arrêt attaqué annulé. Le recourant ne doit pas la taxe d'exemption pour les périodes d'assujettissement 1997 à 2002, soit les périodes de taxation 1998 à 2003. Le recourant obtenant gain de cause pour l'essentiel, sa demande d'assistance judiciaire devient sans objet. Le recourant, qui a procédé sans l'aide d'un mandataire professionnel, n'a pas droit à des dépens. Le canton du Valais dont les intérêts pécuniaires sont en cause, doit payer les frais judiciaires (a contrario, art. 156 al. 2 OJ). Le présent arrêt est rendu sans frais (art. 156 al. 1 et 2 OJ).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est admis dans la mesure où il est recevable et l'arrêt attaqué est annulé. Le recourant ne doit pas la taxe d'exemption pour les périodes d'assujettissement 1997 à 2002, soit les périodes de taxation 1998 à 2003. 1. Le recours est admis dans la mesure où il est recevable et l'arrêt attaqué est annulé. Le recourant ne doit pas la taxe d'exemption pour les périodes d'assujettissement 1997 à 2002, soit les périodes de taxation 1998 à 2003. 2. La demande d'assistance judiciaire du recourant est sans objet. 2. La demande d'assistance judiciaire du recourant est sans objet. 3. Un émolument judiciaire de 2'000 fr. est mis à la charge du canton du Valais. 3. Un émolument judiciaire de 2'000 fr. est mis à la charge du canton du Valais. 4. Le présent arrêt est communiqué en copie au recourant, au Département de la sécurité et des institutions du canton du Valais, à la Commission de recours en matière fiscale du canton du Valais, ainsi qu'à l'Administration fédérale des contributions, section taxe d'exemption de l'obligation de servir. Lausanne, le 10 janvier 2006 Au nom de la IIe Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le président: Le greffier:
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2,009
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Faits: A. P._, née en 1974, travaillait comme ouvrière au service de l'entreprise X._ SA. A ce titre, elle était assurée contre le risque d'accidents auprès de la Caisse nationale suisse d'assurance en cas d'accidents (CNA). Le 4 avril 2004, la prénommée a subi un accident de la circulation en tant que passagère arrière droite d'une automobile conduite par son mari. Celui-ci, qui circulait sur la voie de dépassement d'une autoroute à une vitesse en dessous de 100 km/h, a brusquement dû se rabattre vers la droite pour éviter un autre véhicule roulant en sens inverse. Au cours de cette manoeuvre, la voiture a dérapé et percuté la glissière de sécurité. P._ a été projetée contre la portière droite qu'elle a heurtée de la tête et de l'épaule. Elle a été transportée à l'Hôpital Y._ où l'on a posé les diagnostics de commotion cérébrale (Glasgow à 15), distorsion cervicale, contusions des mains et de la cuisse gauche; elle a bénéficié d'une surveillance neurologique de 24 heures. La CNA a pris en charge le cas. Dans un rapport du 6 mai 2004, le docteur R._ a fait état de douleurs à la colonne cervicale et dorsale, ainsi que de fortes douleurs à l'épaule droite. L'assurée s'est également plainte de céphalées. Un examen par arthro-IRM de l'épaule n'a révélé aucune pathologie significative mis à part une légère bursite sous-acromiale. P._ a repris son travail à 35% le 7 mars 2005, puis à 50% dès le mois d'août 2005. Après avoir requis une expertise technique (rapport biomécanique du 31 mars 2005) et l'avis de son médecin d'arrondissement (rapport du docteur E._ du 22 juin 2005), la CNA a mandaté le Centre Z._ pour une expertise. Dans ce cadre, le docteur D._, médecin responsable du Centre Z._, a confié des consiliums spécialisés aux docteurs H._, rhumatologue, U._, neurologue, et S._, psychiatre. Selon les conclusions des experts du Centre Z._, au-delà d'une période de deux à trois ans à compter de l'accident, les troubles de l'assurée - cervico-brachialgies et état de stress post-traumatique - étaient à mettre en relation avec des facteurs étrangers à celui-ci (rapport du 14 juin 2007). Par décision du 22 octobre 2007, confirmée sur opposition le 3 janvier 2008, la CNA a mis un terme à ses prestations (prise en charge du traitement médical et indemnité journalière) au 31 octobre 2007. B. Par jugement du 13 janvier 2009, la Cour des affaires de langue française du Tribunal administratif du canton de Berne a rejeté le recours de l'assurée contre la décision sur opposition de la CNA (du 3 janvier 2008). C. P._ interjette un recours en matière de droit public contre ce jugement, dont elle requiert l'annulation. Elle conclut, sous suite de frais et dépens, à ce que la CNA poursuive le versement des prestations LAA auxquelles elle a droit dès le 1er novembre 2007; subsidiairement, à ce que la cause soit renvoyée au tribunal cantonal pour nouveau jugement au sens des considérants. La CNA conclut au rejet du recours. L'Office fédéral de la santé publi-que a renoncé à se déterminer. D. Par lettre du 26 novembre 2009, la recourante a demandé une suspension de la procédure pour lui permettre de déposer un rapport du docteur I._ qui a procédé à un nouvel examen de son cas.
Considérant en droit: 1. Le litige porte sur le point de savoir si la CNA était fondée à mettre fin à ses prestations d'assurance au 31 octobre 2007, singulièrement s'il existe un rapport de causalité (naturelle et adéquate) entre les troubles de l'assurée subsistant après cette date et l'accident du 4 avril 2004. 2. Dans la procédure de recours concernant l'octroi ou le refus de prestations en espèces de l'assurance-accidents, le Tribunal fédéral n'est pas lié par l'état de fait constaté par la juridiction inférieure (art. 97 al. 2 LTF). On ajoutera cependant que selon une jurisprudence récente (<ref-ruling>), l'art. 99 al. 1 LTF, aux termes duquel aucun fait nouveau ni preuve nouvelle ne peut plus être présenté à moins de résulter de la décision de l'autorité précédente, est applicable même dans une procédure où le pouvoir d'examen n'est pas limité. Les pièces que l'assurée a produites pour la première fois en annexe de son recours ne peuvent donc être prises en considération. Pour cette même raison, le nouveau moyen de preuve que la recourante entend produire ne serait pas non plus recevable, de sorte qu'il n'y a pas lieu de donner suite à sa demande de suspension de la procédure. 3. Le jugement entrepris expose de manière exacte et complète les dis-positions légales et la jurisprudence applicables au présent cas. Il suf-fit d'y renvoyer. 4. Les experts du Centre Z._ (soit les docteurs D._ et Q._, spécialistes en médecine interne, ainsi que le docteur S._) ont posé les diagnostics de traumatisme cranio-cérébral mineur, distorsion cervicale de degré 1 à 2 selon la Québec Task Force, contusion de l'épaule, syndrome post-commotionnel, cervico-brachialgies, état de stress post-traumatique, deuil compliqué ainsi que trouble somatoforme douloureux persistant. Mis à part un status douloureux, les différents examens cliniques pratiqués n'avaient montré aucune limitation fonctionnelle significative du rachis cervical et de l'épaule droite (pas de contracture de la musculature para-cervicale, pas d'amyotrophie de la ceinture scapulaire), ni de déficit neurologique. Quant aux examens radiologiques effectués depuis l'accident (arthro-IRM de l'épaule; CT-scan cérébral; radiographies fonctionnelles et IRM de la colonne cervicale), ils présentaient des résultats sans particularité et permettaient d'écarter l'éventualité d'une lésion traumatique. Pour les experts, si les troubles apparus immédiatement après l'accident correspondaient typiquement à un syndrome post-commotionnel et à un status post distorsion cervicale, l'importance des troubles et leur répercussion sur la capacité de travail étaient inhabituels deux à trois ans après l'événement accidentel compte tenu de son déroulement. La persistance des plaintes était probablement à mettre sur le compte d'un état psychique fragilisé préexistant sans relation avec l'accident. En effet, l'examen psychiatrique de l'assurée avait mis en évidence deux facteurs de fragilisation significatifs dans sa vie (la mort précoce de son père et les problèmes liés à l'immigration ainsi qu'à la guerre civile en ex-Yougoslavie) qui avaient "certainement" favorisé l'émergence des phénomènes de somatisation actuels. Cela avait amené le psychiatre à retenir un trouble somatoforme douloureux. Par ailleurs, P._ présentait encore les signes d'un stress post-traumatique (hyper-réactivité, comportement d'évitement) dont la relation de causalité avec l'accident de circulation était cependant "incertaine" en considération du temps écoulé depuis. Sous l'angle strictement psychique, vu les bonnes ressources psychiques dont disposait l'intéressée, la capacité de travail était de 50% dans toute activité professionnelle. 5. Les premiers juges ont estimé que sur le plan somatique, le rapport d'expertise du Centre Z._ établissait un bilan complet et convaincant de l'état de santé de P._, si bien qu'il n'y avait pas lieu de donner suite à la demande de celle-ci de procéder à des investigations complémentaires, en particulier sous la forme d'un examen par fMRI (imagerie par résonance magnétique fonctionnelle). Des constatations des experts, ils ont retenu que l'assurée ne présentait plus de séquelles accidentelles organiques, mais des troubles psychiques. Laissant ouverte la question de savoir si ces troubles se trouvaient en relation de causalité naturelle avec l'accident, ils ont jugé que l'existence d'une relation de causalité adéquate entre l'événement du 4 avril 2004 et les dits troubles persistant après le 31 octobre 2007 devait en tout état de cause être niée. En effet, la plupart des critères déterminants consacrés par la jurisprudence en matière de troubles psychiques consécutifs à un accident de gravité moyenne (<ref-ruling> consid. 6c/aa p. 140 et 403 consid. 5c/aa p. 409) - tel que l'accident de circulation subi par l'assurée - ne se trouvait réuni. Il en allait de même si par hypothèse il fallait examiner le rapport de causalité adéquate à l'aune de la jurisprudence applicable aux traumatismes du type "coup du lapin" (<ref-ruling>; <ref-ruling> consid. 6a p. 366 sv.). 6. La recourante qualifie d'insuffisante l'instruction médicale effectuée par la CNA. D'après elle, le rapport du Centre Z._, établi à la suite d'une "simple consultation" auprès d'un psychiatre, d'un rhumatologue et d'un neurologue, ne saurait constituer une expertise en bonne et due forme. Sur le fond, elle considère que les conclusions des experts, selon lesquels les cervico-brachialgies et l'état de stress post-traumatique sont attribuables à l'accident dans les premiers temps seulement, mais doivent exclusivement être mis sur le compte d'une personnalité fragilisée après deux à trois ans, ne sont ni motivées ni convaincantes. Au sujet du lien de causalité adéquate entre les troubles diagnostiqués et l'événement assuré, elle fait valoir qu'elle a subi un accident grave ou, du moins, à la limite des accidents de cette catégorie et qu'elle remplit la plupart des critères jurisprudentiels applicables en cas d'accident du type coup du lapin. 7. 7.1 Les critiques de nature formelle que la recourante adresse au rapport du Centre Z._ ne sont pas fondées. Les consultations spécialisées réalisées dans le cadre de la mission d'expertise confiée au Centre Z._ reposent toutes sur un examen clinique de l'assurée. Les résultats de ces consultations font partie intégrante de l'expertise et ont fait l'objet d'une discussion de synthèse par les experts du Centre Z._ qui avaient à disposition l'ensemble du dossier médical de l'assurée (examens radiologiques y compris). On ne voit pas en quoi les conclusions médicales résultant d'un tel procédé ne répondraient pas à la notion d'expertise ou seraient d'emblée dénuées de valeur probante suffisante. 7.2 Il y a lieu de suivre l'avis des experts du Centre Z._ en ce qui concerne l'absence de troubles physiques objectivables en relation avec l'accident du 4 avril 2004. Il n'existe au dossier aucun élément susceptible de remettre en cause leurs constatations sur ce point. La recourante n'en apporte du reste pas la démonstration. On peut en revanche émettre des réserves quant à l'opinion de ces mêmes experts sur l'absence de causalité naturelle entre l'accident de circulation et l'état de stress post-traumatique qu'ils ont diagnostiqué chez P._. Cela n'a pas échappé aux premiers juges qui ont directement examiné la causalité adéquate. Quoi qu'il en soit, le jugement attaqué n'est pas critiquable - comme on le verra ci-après -, de sorte qu'il n'est pas nécessaire d'en discuter davantage ici. 8. 8.1 L'assurée se plaint surtout de cervico-brachialgies. Elle souffre encore de céphalées mais de manière nettement moins importante que dans les premiers mois suivant l'accident. Elle ne présente pas de vertiges, pas de nausées, ni de troubles visuels. Les examens ont permis d'aboutir à la conclusion que le traumatisme accidentel ne constitue plus un facteur prédominant dans le maintien de la symptomatologie; la capacité de travail est entière du point de vue somatique (dans une activité légère). En revanche, il existe des troubles psychiques sous la forme d'un trouble somatoforme douloureux et d'un état de stress post-traumatique, ce que la recourante ne conteste d'ailleurs pas. Dès lors, il faut retenir qu'on se trouve en présence d'un tableau douloureux dont l'évolution est indépendante du traumatisme cervical et crânien initial et qui influence désormais la situation de manière déterminante. 8.2 La gravité d'un accident s'apprécie d'un point de vue objectif, en fonction de son déroulement; il ne faut pas s'attacher à la manière dont la victime a ressenti et assumé le choc traumatique (cf. <ref-ruling> consid. 6c/aa p. 140, 403 consid. 5c/aa p. 409). En l'occurrence, il n'existe pas de circonstances justifiant de ranger l'accident du 4 avril 2004 parmi la catégorie des accidents graves, ni même à la limite de cette catégorie. Grâce au bon réflexe du conducteur, la collision frontale a pu être évitée. Il y a certes eu un choc latéral contre la glissière de sécurité, mais aucun des occupants de la voiture n'a été sérieusement blessé. D'après les médecins, P._ a subi un traumatisme crânien "mineur" et non pas "grave" comme elle le prétend; une perte de connaissance n'a pas pu être établie (voir le rapport de sortie de l'Hôpital Y._ du 6 avril 2004). La qualification des premiers juges concernant la gravité de l'accident peut donc être confirmée (voir pour comparaison l'arrêt U 412/05 du 20 septembre 2006, consid. 5.2, où une collision frontale avec plusieurs blessés nécessitant une hospitalisation a été jugée de gravité moyenne à la limite des accidents graves). 8.3 Il n'est pas douteux que les critères liés aux circonstances particulièrement dramatiques, à la gravité ou à la nature particulière des lésions physiques, ou encore à une erreur dans le traitement médical entraînant une aggravation notable des séquelles de l'accident, ne sont pas remplis. Quant au traitement médical, il n'a pas été particulièrement pénible, celui-ci ayant consisté pour l'essentiel en un traitement antalgique (avec quelques infiltrations de cortisone) et des séances de physiothérapie. Enfin, les douleurs imputables au traumatisme initial se sont tout de même résorbées suffisamment pour permettre à l'assurée de reprendre son activité professionnelle à 50%. Leur persistance et leur influence sur la capacité travail doit être rattachée au développement d'une problématique psychique sous-jacente (voir également les rapports du docteur M._, rhumatologue à l'Hôpital C._, qui a très tôt signalé le risque d'un passage à la chronicité pour des raisons psychosomatiques). En définitive, un seul des critères semble rempli si l'on tient compte de l'effet assez impressionnant d'un choc latéral contre une glissière de sécurité sur l'autoroute, mais il n'a pas revêtu une intensité particulière. Cela ne suffit pas pour retenir que l'accident de circulation du 4 avril 2004 est la cause adéquate des troubles psychiques dont souffre la recourante, de sorte que l'intimée n'a pas à en prendre en charge les suites. Le recours se révèle ainsi mal fondé. 9. Vu l'issue du litige, la recourante doit supporter les frais judiciaires (art. 66 al. 1 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 750 fr., sont mis à la charge de la recourante. 3. Le présent arrêt est communiqué aux parties, au Tribunal administratif du canton de Berne, Cour des affaires de langue française, et à l'Office fédéral de la santé publique. Lucerne, le 8 décembre 2009 Au nom de la Ire Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse Le Président: La Greffière: Ursprung von Zwehl
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2,012
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Erwägungen: 1. X._ macht die Stadt Zürich verantwortlich für Schäden, die ihm namentlich im Bereich Sozialhilfewesen verursacht worden sein sollen. Er reichte im Hinblick auf eine diesbezügliche Klageerhebung gegen die Stadt beim Friedensrichteramt der Stadt Zürich Kreise 1 + 2 ein Schlichtungsgesuch ein. Das Friedensrichteramt trat mit Verfügung vom 19. März 2012 auf die Klage nicht ein; begründet wurde dies unter anderem damit, dass die Zuständigkeit des Friedensrichters für Forderungen aus Staatshaftung nicht gegeben sei. Die gegen diese Verfügung erhobene Berufung wies die II. Zivilkammer des Obergerichts des Kantons Zürich mit Urteil vom 7. Mai 2012 ab; zugleich beschloss das Obergericht Abweisung des Gesuchs um unentgeltliche Rechtspflege. Gegen dieses Erkenntnis gelangte X._ mit als Beschwerde in Zivilsachen inklusive subsidiäre Verfassungsbeschwerde bezeichneter Eingabe an das Bundesgericht. Er stellt zahlreiche Begehren. Unter anderem beantragt er, Beschluss bzw. Urteil des Obergerichts seien vollständig aufzuheben; der Sachverhalt sei der Problemlösung zuzuführen bzw. formell und materiell durch das Bundesgericht zu klären und zu korrigieren, da die Zürcher Justiz dies offensichtlich nicht könne und die Dinge für X._ bei blockierter Justiz nicht justiziabel seien. Es ist weder ein Schriftenwechsel noch sind andere Instruktionsmassnahmen angeordnet worden. 2. 2.1 Das Bundesgericht ist keine allgemeine Aufsichtsbehörde, die auf Anzeige hin tätig wird. Es behandelt im Wesentlichen Beschwerden gegen Entscheidungen (Beschwerde in Zivilsachen gemäss <ref-law>, Beschwerde in Strafsachen gemäss <ref-law>, Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten gemäss <ref-law> sowie subsidiäre Verfassungsbeschwerde gemäss <ref-law>). Natur und Gegenstand der Beschwerden werden grundsätzlich bestimmt und begrenzt durch das vom angefochtenen Akt Geregelte. Ausgangspunkt des vorliegenden Verfahrens ist, dass der Beschwerdeführer von der Stadt Zürich Ersatz für behaupteten Schaden in der Höhe von mehreren Millionen Franken erhältlich machen will, der ihm durch angebliches Fehlverhalten ihrer Organe verursacht worden sein soll. Die Haftung der Gemeinwesen (Gemeinden, Kantone, Bund) richtet sich nach Bestimmungen, die gestützt auf <ref-law> ergehen und grundsätzlich öffentlich-rechtlicher Natur sind. Als ordentliches bundesrechtliches Rechtsmittel kommt mithin die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten, nur subsidiär die Verfassungsbeschwerde wegen Verletzung verfassungsmässiger Rechte in Betracht. Da vorliegend die Streitwertgrenze von <ref-law> überschritten wird, ist das ordentliche Rechtsmittel gegeben und die Verfassungsbeschwerde unzulässig. 2.2 Für das Bundesgericht bestimmte Rechtsschriften haben gemäss Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG unter anderem die Begehren und deren Begründung zu enthalten; in der Begründung ist in gedrängter Form darzulegen, inwiefern der angefochtene Akt Recht (schweizerisches Recht, vgl. <ref-law>) verletze. Ist kantonales Recht Grundlage des angefochtenen Entscheids, kann auch im Rahmen des ordentlichen Rechtsmittels im Wesentlichen bloss die Verletzung verfassungsmässiger Rechte gerügt werden (Art. 95 lit. a und c BGG); entsprechende Rügen bedürfen spezifischer Geltendmachung und Begründung (<ref-law>; <ref-ruling> E. 4.3 S. 521 f.; <ref-ruling> E. 4.2.2 S. 158; <ref-ruling> E. 3 S. 351 f.; <ref-ruling> E. 2.3 S. 466). Die Begründung hat sachbezogen zu sein; ist ein Nichteintretensentscheid oder ein Entscheid, womit ein Nichteintretensentscheid einer unteren Instanz bestätigt wird, angefochten, muss der Beschwerdeführer darlegen, inwiefern die das Ergebnis des angefochtenen Entscheids rechtfertigenden Erwägungen rechtsverletzend seien. Das Obergericht hat zunächst erkannt, dass es an einer Zivilsache fehle, weshalb die Zivilprozessordnung nicht als eidgenössisches Recht Anwendung finde (<ref-law>); der Rechtsstreit sei öffentlich-rechtlicher Natur, für welchen das kantonalzürcherische Haftungsgesetz vom 14. September 1969 (HG) massgeblich sei; daran ändere die Zuständigkeit der kantonalen Zivilgerichte nichts. Weiter erläutert das Obergericht, dass die Verfahrensregelung gemäss §§ 19 bis 26 HG keinen Raum für ein Schlichtungsverfahren vor dem Friedensrichteramt belasse, weshalb dieses sich zu Recht für unzuständig erklärt habe. Inwiefern es damit schweizerisches Recht, etwa durch willkürliche Anwendung des einschlägigen kantonalen Rechts, verletzt haben könnte, lassen die Ausführungen in der Beschwerdeschrift nicht erkennen. Die Hinweise auf eine abweichende Auffassung des Bezirksgerichts, welches auf eine vorgängige Durchführung eines Sühneverfahrens beharren soll, ändern nichts; gegebenenfalls wäre ein entsprechender Entscheid beim Obergericht anzufechten. Über Weiteres hat das Obergericht nicht entschieden und hatte es nicht zu befinden. Die Beschwerde enthält offensichtlich keine hinreichende Begründung (<ref-law>), und zwar auch nicht hinsichtlich der Verweigerung der unentgeltlichen Rechtspflege durch die Vorinstanz. Es ist darauf mit Entscheid des Einzelrichters im vereinfachten Verfahren nach <ref-law> nicht einzutreten. 2.3 Dem Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege kann schon darum nicht entsprochen werden, weil die Beschwerde von vornherein aussichtslos erschien (<ref-law>). Damit sind die Gerichtskosten (<ref-law>) dem Beschwerdeführer als unterliegende Partei aufzuerlegen (Art. 66 Abs. 1 erster Satz BGG).
Demnach erkennt der Präsident: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 200.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, der Stadt Zürich, dem Bezirksgericht Zürich und dem Obergericht des Kantons Zürich, II. Zivilkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 22. Juni 2012 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Zünd Der Gerichtsschreiber: Feller
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A.- a) Un différend oppose Welney Finance S.A. à Alain Felley. La première réclame au second le paiement d'une commission de courtage de 150 000 fr., plus intérêts, sur la vente d'actions de la société Casino de Saxon S.A. Elle a obtenu la mainlevée de l'opposition du débiteur au commandement de payer qu'elle lui a fait notifier. b) Le 27 mars 2000, Alain Felley a introduit une action en libération de dette à l'encontre de Welney Finance S.A. La défenderesse a déposé, le 16 mai 2000, une requête de sûretés pour les frais et dépens. Par ordonnance du 17 mai 2000, le juge II des districts de Martigny et St-Maurice a suspendu la cause principale et imparti au demandeur un premier délai de 15 jours, à peine de défaut, pour fournir des sûretés à concurrence de18 000 fr. L'intéressé n'a pas obtempéré. Le juge de district lui a notifié une seconde ordonnance, le 13 juin 2000, lui fixant un ultime délai de dix jours pour s'exécuter et lui indiquant qu'à ce défaut sa demande serait déclarée irrecevable. Par exploit du 21 juin 2000, le demandeur a contesté le montant des sûretés, qu'il estimait excessif. Deux jours plus tard, il a adressé au juge de district une lettre dans laquelle il se référait à cet exploit, puis ajoutait ceci: "Il va de soi que la procédure doit être suspendue jusqu'à droit connu". Statuant le 26 juin 2000, le juge de district a déclaré irrecevables l'incident soulevé le 21 juin 2000 et la requête de suspension déposée le 23 juin 2000. Par jugement du 10 juillet 2000, la Cour de cassation civile du Tribunal cantonal du canton du Valais a rejeté, dans la mesure où il était recevable, le pourvoi en nullité formé par le demandeur contre la décision incidente du 26 juin 2000. B.- En date du 30 juin 2000, le juge de district a rendu une nouvelle décision par laquelle il a déclaré irrecevable l'action en libération de dette ouverte le 27 mars 2000, au motif que le demandeur n'avait pas fourni les sûretés requises. Contre cette décision, le demandeur a formé un pourvoi en nullité que la Cour de cassation civile a déclaré irrecevable par jugement du 10 juillet 2000, la voie de l'appel étant ouverte. Le demandeur n'a pas attaqué ce jugement. Il ressort de la pièce annexée à la lettre du président de la Cour de cassation civile adressée le 28 septembre 2000 au Tribunal fédéral que la décision du 30 juin 2000 est exécutoire depuis le 5 septembre 2000. C.- Le 29 juillet 2000, le demandeur a encore déposé une demande de restitution du délai pour fournir les sûretés litigieuses, que le juge de district a déclarée irrecevable par décision du 3 août 2000. D.- Alain Felley a formé, le 29 juillet 2000, un recours de droit public dirigé contre le jugement de la Cour de cassation civile du 10 juillet 2000 relatif à la décision du juge de district du 26 juin 2000. Invoquant la violation des art. 9 et 29 Cst. , il conclut à l'annulation de cette décision et requiert, en outre, l'octroi de l'effet suspensif à son recours. L'intimée s'oppose à cette dernière mesure et conclut au rejet du recours dans la mesure où il est recevable. La cour cantonale se réfère, quant à elle, aux motifs énoncés dans son jugement. L'effet suspensif a été accordé au recours à titre superprovisoire par ordonnance présidentielle du 31 juillet 2000.
Considérant en droit : 1.- La recevabilité du recours de droit public est notamment subordonnée à l'existence d'un intérêt actuel et pratique à l'admission du recours (<ref-ruling> consid. 1b et les arrêts cités). En l'espèce, le recourant attaque un jugement par lequel la Cour de cassation civile valaisanne a rejeté, en tant qu'il était recevable, le pourvoi en nullité qu'il avait formé contre une décision incidente du juge de district du 26 juin 2000 au sujet des sûretés et de la suspension de la procédure y afférente. A l'instar de la décision du juge de district, le jugement attaqué revêt un caractère incident. Or, dans la même affaire, le juge de district a rendu, le 30 juin 2000, une décision finale au terme de laquelle il a déclaré irrecevable l'action en libération de dette ouverte le 27 mars 2000 par le recourant. Contre cette décision, ce dernier a interjeté un pourvoi en nullité que l'autorité de recours a déclaré irrecevable, le 10 juillet 2000, au motif que la décision attaquée aurait pu faire l'objet d'un appel. Le recourant, contrairement à ce qu'il annonçait sous chiffre II/8 de son acte de recours, n'a pas déposé d'appel contre la décision du 30 juin 2000, laquelle est ainsi entrée en force de chose jugée le 5 septembre 2000, selon l'attestation du greffier compétent. En outre, la demande de restitution du délai pour fournir les sûretés, déposée le 29 juillet 2000, a été déclarée irrecevable par décision du juge de district du 3 août 2000. Dans ces conditions, le recourant ne peut plus faire valoir un intérêt actuel et pratique à l'admission de son recours, étant donné que celle-ci ne changerait rien au fait que sa demande en libération de dette a été définitivement rejetée par une décision revêtue de l'autorité de la chose jugée. Ainsi, la prétendue inconstitutionnalité du jugement attaqué, fût-elle constatée par le Tribunal fédéral, ne permettrait pas au recourant d'obtenir gain de cause. Cela étant, le recours de droit public formé contre le jugement en question doit être déclaré irrecevable. 2.- Si le recourant n'a plus d'intérêt à l'admission de son recours de droit public, c'est parce qu'il n'a pas attaqué la décision finale du 30 juin 2000 par la voie de droit idoine, alors qu'il disposait du temps nécessaire pour ce faire après avoir reçu le jugement d'irrecevabilité du 10 juillet 2000 qui lui avait été notifié le surlendemain. Par conséquent, il est normal qu'il doive supporter les frais (art. 156 al. 1 et 6 OJ) et les dépens (art. 159 al. 1 et 5 OJ) de la procédure fédérale.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral : 1. Déclare le recours irrecevable; 2. Met un émolument judiciaire de 2000 fr. à la charge du recourant; 3. Dit que le recourant versera à l'intimée une indemnité de 2000 fr. à titre de dépens; 4. Communique le présent arrêt en copie aux mandataires des parties et à la Cour de cassation civile du Tribunal cantonal du canton du Valais. _ Lausanne, le 5 octobre 2000 ECH Au nom de la Ie Cour civile du TRIBUNAL FEDERAL SUISSE: Le Président, Le Greffier,
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2,015
it
Fatti: A. Sul foglio ufficiale del Cantone Ticino n. 101 del 19 dicembre 2014 è stato pubblicato, per iniziativa della Commissione tripartita in materia di libera circolazione delle persone, il contratto normale di lavoro (CNL) per gli impiegati di commercio negli studi legali. Una premessa spiegava che i controlli effettuati dall'Ufficio dell'ispettorato del lavoro avevano accertato abusi ai sensi dell'art. 360a CO, ragione che aveva indotto la Commissione tripartita a proporre al Consiglio di Stato del Cantone Ticino un contratto normale di lavoro con salario minimo vincolante. Il testo pubblicato, con l'avvertenza che "le disposizioni evidenziate in grassetto avranno carattere obbligatorio" è questo: "Art. 1 Campo di applicazione Il contratto è applicabile a tutti gli impiegati di commercio negli studi legali (NOGA 691001). Art. 2 Importo del salario minimo Salario orario minimo di base: fr. 19.65 Al salario orario di base vanno aggiunte le seguenti indennità: - 8.33 % per 4 settimane di vacanza e 10.64 % per 5 settimane di vacanza - 3.60 % per 9 giorni festivi Art. 3 Adeguamento ai salari minimi I salari minimi saranno adeguati in base agli adeguamenti stabiliti dalle parti per i salari del Contratto collettivo di lavoro degli impiegati di commercio nell'economia ticinese o al rincaro. Art. 4 Altre disposizioni Per tutte le altre disposizioni si rimanda ai disposti del CO come pure della LL. Art. 5 Entrata in vigore e durata Il Consiglio di Stato stabilisce l'entrata in vigore del contratto normale di lavoro per gli impiegati di commercio negli studi legali. Il contratto ha una validità di 3 anni. Osservazioni: Chiunque renda attendibile un interesse può presentare per scritto le sue osservazioni, entro 30 giorni dalla pubblicazione nel Foglio ufficiale, alla Commissione Tripartita in materia di libera circolazione delle persone, presso l'Ufficio per la sorveglianza del mercato del lavoro, via Lugano 4, 6500 Bellinzona (art. 359a CO)." Con decreto del 5 febbraio 2015 il Consiglio di Stato, richiamata la proposta della Commissione tripartita, ha fissato al 1° luglio 2015 l'entrata in vigore del citato contratto normale di lavoro (Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi n. 8 del 27 febbraio 2015). B. L'Ordine degli Avvocati del Cantone Ticino e l'avv. A._ insorgono davanti al Tribunale federale con ricorso in materia di diritto pubblico del 13 aprile 2015 con cui postulano, previo conferimento dell'effetto sospensivo al gravame, in via principale l'annullamento del predetto decreto e del contratto normale di lavoro. In via subordinata chiedono che, annullati il decreto e il CNL, gli atti siano ritornati al Consiglio di stato, affinché effettui una procedura di consultazione nel senso dell'art. 3 cpv. 2 della legge ticinese sull'avvocatura (LAvv/TI; RL 3.2.1.1); in via ancora più subordinata domandano l'annullamento degli art. 1 e 5 del CNL e il rinvio degli atti al governo cantonale per esperire un tentativo di conciliazione nel senso dell'art. 360b cpv. 3 CO. Affermano che non sussiste una competenza cantonale per emanare il CNL e lamentano la mancata consultazione dell'Ordine degli Avvocati, l'assenza di un tentativo di intesa, un accertamento manifestamente errato dei fatti, un abuso del potere di apprezzamento, nonché la violazione delle garanzie procedurali generali e del principio della proporzionalità. Con risposta 29 aprile 2015 il Consiglio di Stato propone di respingere il ricorso. Il 18 maggio 2015 i ricorrenti hanno presentato una replica, alla quale ha fatto seguito, il 27 maggio 2015 una breve duplica del Consiglio di Stato. La Presidente della Corte adita ha conferito effetto sospensivo al ricorso con decreto del 17 giugno 2015.
Diritto: 1. 1.1. Il decreto governativo impugnato è un atto normativo contro il quale il ricorso in materia di diritto pubblico è proponibile in forza degli art. 82 lett. b e 87 LTF. I contratti normali di lavoro adottati dai Cantoni in esecuzione degli art. 359a cpv. 1 e 360a cpv. 1 CO sono infatti atti normativi di diritto privato cantonale, validi entro i limiti di diritto federale, che si applicano immediatamente a un numero indeterminato di destinatari, ovvero a tutti i rapporti tra datori di lavoro e lavoratori del settore regolamentato, anche ai contratti già in corso (sentenza 4C_3/2013 / 4C_4/2013 del 20 novembre 2013 consid. 2, con i rinvii a giurisprudenza e dottrina, non pubblicato nella <ref-ruling>). Il diritto ticinese non prevede una procedura di controllo astratto degli atti normativi, per cui il ricorso al Tribunale federale è proponibile direttamente in applicazione dell'art. 87 cpv. 1 LTF (sentenza 4C_1/2014 dell'11 maggio 2015 consid. 2; cfr. anche <ref-ruling> consid. 1b). 1.2. Il ricorso contro un atto normativo deve essere depositato presso il Tribunale federale entro 30 giorni dalla pubblicazione secondo il diritto cantonale (art. 101 LTF). Quando l'atto normativo è soggetto al referendum facoltativo il termine inizia a decorrere soltanto dalla pubblicazione della decisione di promulgazione, che pone fine alla procedura legislativa (<ref-ruling> consid. 1; sentenza 8C_825/2010 dell'11 luglio 2011 consid. 1.3). La procedura di adozione del CNL è terminata con il decreto governativo pubblicato sul bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi n. 8 del 27 febbraio 2015. Secondo la predetta giurisprudenza, il termine di ricorso di trenta giorni (art. 101 LTF) è iniziato a decorrere da tale data. Il ricorso, tenuto conto delle ferie giudiziarie pasquali (art. 46 cpv. 1 lett. a LTF), è pertanto tempestivo (sentenza 4C_1/2014 dell'11 maggio 2015 consid. 3). 1.3. I ricorrenti sono un avvocato iscritto nel registro ticinese degli avvocati, avente il suo studio legale in Ticino, e l'Ordine degli Avvocati del Cantone Ticino (in seguito: Ordine). Quest'ultimo è una corporazione di diritto pubblico (art. 3 LAvv/TI), che indica nell'art. 3 dei suoi statuti fra gli scopi perseguiti anche la tutela degli interessi della corporazione e dei suoi membri. Entrambi gli insorgenti sono legittimati a impugnare il contestato decreto. Infatti, con riferimento al primo ricorrente basta ricordare che in materia di controllo astratto delle norme può ricorrere chi è effettivamente toccato nei propri interessi dalla norma in questione oppure potrà esserlo in futuro. Un interesse virtuale è sufficiente, a condizione che vi sia un minimo di probabilità che l'interessato possa prima o poi essere toccato direttamente dalla regolamentazione contestata. L'interesse degno di protezione non deve essere necessariamente giuridico; basta un interesse di fatto (<ref-ruling> consid. 2.1; <ref-ruling> consid. 1.2; <ref-ruling> consid. 2.2). Per quanto invece riguarda il secondo ricorrente ci si può limitare a ribadire che le corporazioni sono legittimate a ricorrere in proprio nome se gli scopi statutari prevedono la difesa degli interessi degni di protezione dei loro membri, a condizione che tali interessi siano, come nella fattispecie, comuni alla maggioranza o perlomeno a un grande numero di associati e che ognuno di loro sarebbe legittimato a prevalersene a titolo personale (<ref-ruling> consid. 2.6.4 pag. 46 seg.; <ref-ruling> consid. 6.4 pag. 243). 1.4. Ne discende che il ricorso si rivela in linea di principio ammissibile. 1.5. Pure ammissibile risulta essere la risposta presentata dalla Divisione dell'economia per il Consiglio di Stato: contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti nell'arzigogolo contenuto nella replica, secondo cui in concreto dovrebbe trovare applicazione l'art. 70 lett. h della Costituzione ticinese, l'ordinamento sulle deleghe è stato rispettato, atteso che il Consiglio di Stato è semplicemente stato invitato a determinarsi su un ricorso. 2. Come osservato, impugnato è un atto normativo. Tale circostanza non influisce solo sulle condizioni di ammissibilità del ricorso, ma ha pure un'incidenza sulle censure che possono essere validamente proposte in questa sede. Per tale motivo giova premettere che le - numerose - argomentazioni ricorsuali attinenti alla violazione di diritti concessi dalla Costituzione federale, dall'art. 6 n. 1 CEDU e dalla legge di procedura amministrativa cantonale a una parte in una procedura giudiziaria o amministrativa (che sfocia in un provvedimento dell'autorità in un singolo caso) si rivelano di primo acchito inconferenti. Giova del resto rilevare che, pur lamentando di non aver potuto accedere agli atti, con la replica i ricorrenti non menzionano alcun documento che sarebbe mancante dopo la risposta del Consiglio di Stato. 3. 3.1. Nella parte iniziale del gravame i ricorrenti narrano che nel giugno 2014 l'Ordine è stato favorevolmente contattato dall'Ufficio dell'ispettorato del lavoro (UIL) con una richiesta di aiuto per la rilevazione di dati, criticano le modalità che hanno preceduto la pubblicazione del comunicato stampa con cui la Commissione tripartita annunciava l'intenzione di proporre un contratto normale di lavoro e lamentano che un incontro con i funzionari dell'UIL e una delegazione dell'Ordine ha unicamente potuto avvenire l'11 febbraio 2015, senza che però sia stato possibile accedere agli atti. I ricorrenti sostengono che l'Ordine non è stato consultato prima dell'emanazione del CNL, circostanza che violerebbe sia l'art. 3 cpv. 2 LAvv/TI, sia l'art. 359a cpv. 2 CO. 3.2. Giusta l'art. 3 cpv. 2 LAvv/TI l'Ordine promuove la dignità e l'esercizio corretto della professione e viene coinvolto dallo Stato in particolare per discutere i problemi generali dell'avvocatura e dell'amministrazione della giustizia. L'art. 359a cpv. 2 CO prevede invece che prima dell'adozione del contratto normale di lavoro, oltre alla pubblicazione con l'indicazione di un termine per presentare osservazioni, sarà chiesto il parere delle associazioni professionali o di utilità pubblica interessate. Ora, con riferimento all'appena citata norma di diritto federale giova rilevare che l'obbligo di richiedere il parere delle associazioni professionali o di utilità pubblica costituisce una semplice prescrizione d'ordine (Giacomo Roncoroni, in Droit collectif du travail, a cura di Arthur Andermatt e altri, n. 45 ad art. 359a CO) e che il fatto che un'associazione professionale o di utilità pubblica non sia sentita non inficia la validità della procedura (Vischer/Albrecht, Commento zurighese, n. 13 ad art. 359a CO). Con riferimento all'altra norma invocata dai ricorrenti, occorre osservare che con un ricorso in materia di diritto pubblico è unicamente possibile prevalersi della mera violazione del diritto cantonale se si tratta di diritti costituzionali (art. 95 lett. c LTF) o di disposizioni in materia di diritto di voto dei cittadini e di elezioni e votazioni popolari (art. 95 lett. d LTF). Al di fuori di tali casi la violazione del diritto cantonale non costituisce un motivo di ricorso: il ricorrente può soltanto far valere che la violazione del diritto cantonale configura nel contempo pure una violazione del diritto federale nel senso dell'art. 95 lett. a LTF (<ref-ruling> consid. 2.4, con rinvii). Ne segue che su tale punto la censura, così come è formulata, si rivela finanche inammissibile. Anche volendo prescindere da quanto appena esposto, non è nemmeno ravvisabile perché l'emanazione del contratto normale di lavoro per gli impiegati di commercio sarebbe "un problema generale dell'avvocatura" né perché, alla luce della fattispecie illustrata nel ricorso, i ricorrenti ritengano che l'Ordine non sia stato coinvolto nell'emanazione dell'impugnato decreto. 4. 4.1. Sempre da un punto di vista formale i ricorrenti lamentano l'assenza dell'esperimento di un tentativo d'intesa ai sensi dell'art. 360b cpv. 3 CO. 4.2. Nella sua risposta il Consiglio di Stato spiega che la Commissione tripartita non ha proceduto a un esperimento di conciliazione perché gli studi legali coinvolti erano 33, "ossia un numero tale da fare apparire sin dall'inizio del tutto inutile, infruttuosa e peraltro troppo laboriosa l'intesa diretta con i relativi datori di lavoro". 4.3. Il Tribunale federale ha già stabilito che l'art. 360b cpv. 3 CO permette alla Commissione tripartita di rinunciare alla procedura conciliativa, qualora non appaia possibile che l'intesa sia raggiunta nel termine di due mesi (sentenze 4C_3/2013 / 4C_4/2013 del 20 novembre 2013 consid. 11.2 e 4C_1/2014 dell'11 maggio 2015 consid. 5.3). In ragione dell'elevato numero di datori di lavoro che avrebbero dovuto essere coinvolti, non è possibile rimproverare all'autorità cantonale di avere ecceduto nel suo potere di apprezzamento per non aver d'entrata ricercato un'intesa. 5. I ricorrenti sostengono pure che il governo ticinese non aveva la competenza di emanare il contestato decreto, perché - giusta l'art. 359a cpv. 1 CO - il Consiglio federale è competente per stabilire il contratto normale di lavoro se il suo campo di applicazione si estende sul territorio di più Cantoni. A sostegno della loro tesi citano anche la legge federale sulla libera circolazione degli avvocati (LLCA) e affermano che fra le competenze rimaste ai Cantoni "non figura la possibilità di regolamentare in qualche modo l'organizzazione interna degli studi legali e i rapporti contrattuali legati alla stessa". Come specificato all'art. 1 della LLCA, questa legge ha per scopo di garantire la libera circolazione degli avvocati e di stabilire i principi applicabili all'esercizio dell'avvocatura, temi che non vengono toccati dal contestato CNL, atteso che questo si applica agli impiegati di commercio. Non è poi dato a capire in ragione del tenore dell'atto impugnato per quale motivo i ricorrenti pensino che questo avrebbe un campo di applicazione che si estende su più Cantoni. Esso è stato emanato dal governo ticinese e concerne quindi unicamente gli impiegati di commercio degli studi legali che si trovano sul territorio del Cantone Ticino. Ne segue che la censura si rivela infondata. 6. 6.1. Sotto il profilo sostanziale i ricorrenti contestano la definizione del salario determinante per individuare una situazione di abuso, asseverando segnatamente che questo non poteva essere stabilito semplicemente riprendendo il salario minimo previsto da un CCL, che reputano essere applicabile a un settore diverso da quello esaminato. Essi sostengono poi che la considerazione dei contratti conclusi o modificati negli ultimi due anni è stata una scelta meramente strumentale affinché la quota dei salari abusivi superi il 10 %. Ritengono pure che non possa essere stabilita una soglia percentuale uguale per tutti i settori. Affermano infine che non sarebbe nemmeno possibile equiparare "la situazione di neoassunti senza alcuna esperienza nel settore e dipendenti formati e con esperienza", ciò in ragione dell'accresciuto onere formativo che incombe sugli avvocati nei confronti delle persone appena ingaggiate e senza specifica esperienza. Sempre a mente dei ricorrenti, le "autorità coinvolte nella procedura di adozione del contratto normale di lavoro" avrebbero abusato del loro potere di apprezzamento e violato il principio della proporzionalità. 6.2. Nella risposta il Consiglio di Stato ha spiegato che in base al modello di valutazione elaborato dall'Istituto di Ricerche Economiche (IRE) e approvato dalla Commissione tripartita, nel caso in cui vengono esaminati un ramo o una professione con un CCL/CNL con un salario minimo di riferimento è quest'ultimo che viene utilizzato come soglia minima di raffronto per determinare l'abuso, senza alcun margine di tolleranza. Inoltre, qualora i contratti stipulati negli ultimi due anni nel settore analizzato sono meno del 15 %, per la valutazione del dumping salariale vengono considerati tutti i lavoratori, altrimenti si tiene conto unicamente dei lavoratori soggetti a tali contratti recenti. Tale limitazione ha per scopo la determinazione della presenza di un dumping salariale prima che esso si radichi nell'intero settore. In entrambi i casi, se la percentuale dei salari inferiori a quello di raffronto supera il 5 %, si è in presenza di abusi ripetuti. Riferendosi specificatamente alla procedura che ha portato all'adozione del contestato contratto normale di lavoro, il governo ticinese ha indicato che il contratto collettivo di riferimento utilizzato è quello della Società Impiegati Commercio del Cantone Ticino (pure posto a fondamento dei CNL per gli impiegati di commercio nelle fiduciarie e nel settore della consulenza aziendale), che fissava per il 2014 un salario mensile (42 ore settimanali e 13 mensilità) minimo di fr. 3'250.-- per il primo anno d'impiego di un impiegato di commercio con un attestato federale di capacità. Dall'inchiesta svolta dall'UIL è emerso che 149 studi legali non occupano impiegati di commercio, mentre nei 277 studi legali oggetto dell'inchiesta lavorano 594 impiegati di commercio, dei quali 75 sono frontalieri (12.63 %). Le assunzioni e le modifiche contrattuali degli ultimi due anni concernono il 51,51 % dei dipendenti (306 su 594). In totale 49 impiegati di commercio (pari all'8.25 % e di cui 25 sono di nazionalità svizzera, mentre 7 hanno un permesso di dimora B o di domicilio C e 17 hanno un permesso per frontalieri) percepiscono un salario inferiore al salario di riferimento e sono alle dipendenze di 43 studi legali. 36 impiegati di commercio su 306 (11.76 %) assunti o con modifiche contrattuali negli ultimi due anni hanno un salario inferiore a quello di riferimento e sono stipendiati da 33 studi legali. 6.3. L'art. 360a CO elenca le condizioni che permettono all'autorità competente di stabilire, in un contratto normale di lavoro di durata limitata, salari minimi differenziati secondo le regioni, e all'occorrenza il luogo, allo scopo di combattere o impedire abusi. Dal profilo materiale un contratto normale di lavoro nel senso della norma in discussione presuppone che nell'ambito di un ramo o di una professione vengano ripetutamente e abusivamente offerti salari inferiori a quelli usuali per il luogo, la professione o il ramo (dumping salariale). L'esistenza di questa condizione dev'essere constatata dalla Commissione tripartita, che i Cantoni devono istituire per il loro territorio e che è composta di un numero uguale di rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori nonché di rappresentanti dello Stato (art. 360b cpv. 1 CO). La determinazione dell'esistenza di un dumping salariale ha una componente politica e legislativa (Vischer/Albrecht, op. cit., n. 3 ad art. 360a CO; Giacomo Roncoroni, op. cit., n. 87 ad art. 360a CO), che conferisce alla Commissione tripartita un ampio margine di apprezzamento. Con riferimento alla definizione del salario di raffronto i ricorrenti indicano a ragione che la dottrina e la prassi sono variegate (v. per una panoramica Portmann/von Kaenel/Halbeisen, Ausgewählte Fragen zum Erlass eines Normalarbeitsvertrages im Sinne von Art. 360a OR, in Aktuelle Juristische Praxis 2013, pag. 1468 segg.). L'utilizzazione del salario minimo previsto da un contratto collettivo di lavoro quale salario di riferimento costituisce tuttavia un metodo, seppure non unanimemente condiviso, suggerito dalla dottrina (Alexia Heine, Die flankierenden Massnahmen im Spannungsverhältnis zwischen Vollzug des Entsendegesetzes und der Vertragsfreiheit im Arbeitsrecht, in Aktuelle Juristische Praxis 2006, pag. 473; Vischer/Albrecht, loc. cit.) e applicato anche in altri Cantoni (Portmann/von Kaenel/Halbeisen, op. cit., pag. 1473). Inoltre, trattandosi di stabilire il salario usuale, il Tribunale federale ha già avuto modo di indicare, con riferimento all'applicazione dell'art. 322 cpv. 1 CO, che i contratti collettivi di lavoro della professione costituiscono un elemento di riferimento per determinarlo (sentenza 4C.369/2006 del 16 gennaio 2007 consid. 3.2). I ricorrenti non possono poi nemmeno essere seguiti quando ritengono che l'attività esercitata da un impiegato di commercio in seno a uno studio legale si distingua in modo tale da quella espletata presso altri datori di lavoro da non poter essere considerata la medesima professione e che tali differenze imporrebbero agli avvocati un onere formativo - della durata di almeno un anno - così grande da giustificare un salario iniziale inferiore a quello concesso in altri settori. Infatti, come indicato nella risposta, in tutti i settori dell'economia vi è un onere formativo dei datori di lavoro, poiché la formazione generica d'impiegato di commercio è raramente sufficiente per poter esplicare fin dall'inizio in modo autonomo la professione. In particolare anche negli studi medici, dentistici, fiduciari, di architettura, di ingegneria e di consulenza, come nelle banche e assicurazioni devono essere trasmesse agli impiegati di commercio specifiche conoscenze, affinché questi possano pienamente esercitare le loro funzioni. Si può inoltre rilevare che gli esempi citati dai ricorrenti a sostegno della loro tesi (la retribuzione concessa dallo Stato agli alunni giudiziari durante il periodo di pratica che precede gli esami per il conseguimento del brevetto d'avvocato e il piano di formazione di apprendisti tratto dal sito "www.lehrstellenadvokatur.ch") sono inconferenti. Infatti, il salario minimo previsto dal contestato CNL non si riferisce né ai futuri avvocati né agli apprendisti, ma agli impiegati di commercio che hanno già terminato la loro formazione professionale. Anche per il resto i ricorrenti non mostrano alcuna violazione del diritto federale, ritenuto segnatamente che, con riferimento alla fissazione della soglia del 5 %, l'art. 360a cpv. 1 CO si limita a esigere che i salari abusivi siano stati offerti ripetutamente. Ciò si verifica nella fattispecie, poiché il numero di datori di lavoro (43 studi legali se vengono considerati tutti gli impiegati di commercio, rispettivamente 36 se si tiene conto solo di quelli che hanno sottoscritto un contratto di lavoro recente) che pagano tali retribuzioni non permette di ritenere che si tratti di casi singoli. Giova infine ricordare che l'art. 360a CO definisce i presupposti materiali che devono essere adempiuti, affinché un contratto normale di lavoro con salari minimi possa essere promulgato e che i principi generali quali il divieto dell'arbitrio e il principio della proporzionalità non assumono una portata propria. Trattandosi di diritto federale, che il Tribunale federale deve applicare senza poterlo sindacare (art. 190 Cost.), il CNL che ne rispetta le condizioni è legittimo a prescindere dalla sua compatibilità con i principi della libertà economica e contrattuale (sentenza 4C_1/2014 dell'11 maggio 2015 consid. 7.2). 7. Da quanto precede discende che il ricorso, nella misura in cui risulta ammissibile, si appalesa infondato e come tale va respinto. Le spese giudiziarie sono poste a carico dei ricorrenti (art. 66 cpv. 1 LTF), ma allo Stato non vengono assegnate ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 1. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 2. Le spese giudiziarie di fr. 5'000.-- sono poste a carico dei ricorrenti in solido. 3. Comunicazione alle parti.
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Federation
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civil_law
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2,007
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Considérant: que l'arrêt attaqué confirme une décision de mesures protectrices de l'union conjugale autorisant les parties à vivre séparées pour une durée indéterminée, attribuant à l'intimée la jouissance du domicile conjugal, impartissant au recourant un délai au 30 juin 2007 pour quitter ledit domicile, attribuant à l'intimée la garde des trois enfants, nés en 1990, 1991 et 2001, sous réserve d'un droit de visite en faveur du recourant, et ordonnant le versement des rentes complémentaires AI, LPP et CNA à l'intimée; qu'une telle décision porte sur des mesures provisionnelles au sens de l'<ref-law>, de sorte que, en vertu de cette disposition, seule peut être invoquée la violation de droits constitutionnels (arrêt 5A_52/2007 du 22 mai 2007 destiné à la publication, consid. 5.2); qu'en l'espèce, le recourant n'invoque même pas un droit constitutionnel et, a fortiori, ne démontre donc pas selon les exigences de l'<ref-law>, qui s'inspirent de celles de l'art. 90 al. 1 let. b OJ (arrêt 5A_52/2007 précité, consid. 6), en quoi l'arrêt attaqué violerait la Constitution; qu'il en va de même pour la rectification de certains faits demandée par le recourant, la rectification ou le complètement des constatations de fait étant soumis aux mêmes exigences de motivation (arrêt 5A_52/2007 précité, consid. 7.1); que le recours étant ainsi manifestement irrecevable, il convient, en procédure simplifiée selon l'<ref-law>, de ne pas entrer en matière; qu'en vertu de l'<ref-law>, les frais judiciaires doivent être mis à la charge du recourant;
Par ces motifs, la Juge présidant la IIe Cour de droit civil, vu l'<ref-law>: vu l'<ref-law>: 1. N'entre pas en matière sur le recours. 1. N'entre pas en matière sur le recours. 2. Met un émolument judiciaire de 1'000 fr. à la charge du recourant. 2. Met un émolument judiciaire de 1'000 fr. à la charge du recourant. 3. Communique le présent arrêt en copie aux mandataires des parties et à la Chambre civile de la Cour de justice du canton de Genève. Lausanne, le 27 juillet 2007 La juge présidant: Le greffier:
CH_BGer_005
Federation
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2,013
de
Sachverhalt: A.a Am 16. August 2011 eröffnete das Amtsgericht Nürnberg/ Deutschland über das Vermögen der Z._ AG, mit statutarischem Sitz in Herisau/AR, das Insolvenzverfahren. Die Eröffnung erfolgte als Hauptinsolvenzverfahren gemäss Art. 3 der Verordnung (EG) Nr. 1346/2000 vom 29. Mai 2000 über Insolvenzverfahren (EuInsVO; ABl. EG 2000 L 160/1), welcher die Zuständigkeit mitgliedstaatlicher Gerichte am Mittelpunkt der hauptsächlichen Interessen des Schuldners vorsieht. Als Insolvenzverwalter wurde X._, Rechtsanwalt in Deutschland, ernannt. A.b Bereits am 21. Juni 2011 wurde vom Einzelrichter des Kantonsgerichts des Kantons Appenzell Ausserrhoden über die Z._ AG infolge Mängel in der Organisation die Liquidation in Anwendung von <ref-law> nach den Vorschriften über den Konkurs angeordnet. Am 19. April 2012 stellte der Einzelrichter das Konkursverfahren mangels Aktiven ein. Am 5. Juli 2011 löste zudem die Einzelrichterin des Kantonsgerichts Appenzell Ausserrhoden die Z._ AG durch Konkurs auf; bereits am 18. August 2011 stellte sie das Konkursverfahren mangels Aktiven ebenfalls ein. Die Z._ AG ist im Handelsregister ungelöscht bzw. mit dem Zusatz "in Liquidation" eingetragen. A.c Im Zuge des Strafverfahrens gegen Organe der Z._ AG sperrte die Staatsanwaltschaft Nürnberg-Fürth bzw. rechtshilfeweise die Staatsanwaltsschaft des Kantons St. Gallen bei der Bank Y._ liegende Vermögenswerte bzw. Kontoguthaben, mutmasslich Fr. 9 Mio. an Geldern geschädigter Kunden. A.d Am 8. Februar 2012 gelangte Insolvenzverwalter X._ an das Konkursamt St. Gallen und verlangte rechtshilfeweise im Wesentlichen die Sicherung und Weiterleitung von Vermögen bzw. Guthaben der Z._ AG bei der Bank Y._ an die Insolvenzmasse, insbesondere für den Fall der strafrechtlichen Deblockierung. Er stützte sein Vorgehen auf die Konkursübereinkunft zwischen schweizerischen Kantonen und dem Königreich Bayern aus dem Jahre 1834. B. Mit Verfügung vom 18. Mai 2012 wies das Konkursamt das Rechtshilfeersuchen ab. Es verneinte eine staatsvertragliche oder gesetzliche Grundlage zur Einforderung der Bankguthaben auf dem Rechtshilfeweg. Gegen die Verfügung erhob Insolvenzverwalter X._ betreibungsrechtliche Beschwerde. Am 3. Juli 2012 wies das Kantonsgericht St. Gallen als kantonale Aufsichtsbehörde für Konkurs die Beschwerde ab. C. Mit Eingabe vom 14. September 2012 hat Insolvenzverwalter X._ Beschwerde in Zivilsachen erhoben. Der Beschwerdeführer beantragt im Wesentlichen, der Entscheid der kantonalen Aufsichtsbehörde vom 3. Juli 2012 sei aufzuheben und das Konkursamt St. Gallen anzuweisen, dem Amts- und Rechtshilfeersuchen vom 8. Februar 2012 zu entsprechen; insbesondere seien u.a. Sicherungsvorkehren, Publikationen und die von Weiterleitung von Auszahlung der Bankguthaben der Z._ AG bei der Bank an die Insolvenzmasse anzuordnen. Weiter ersucht er um Gewährung der aufschiebenden Wirkung. Mit Verfügung vom 26. September 2012 wurde der Beschwerde aufschiebende Wirkung im Sinne der Erwägungen zuerkannt. In der Sache sind keine Vernehmlassungen eingeholt worden.
Erwägungen: 1. 1.1 Angefochten ist ein Entscheid der kantonalen Aufsichtsbehörde, welche die Beschwerde gegen eine Verfügung des Konkursamtes (<ref-law>) zum Gegenstand hat. Entscheide kantonaler Aufsichtsbehörden in Schuldbetreibungs- und Konkurssachen unterliegen der Beschwerde in Zivilsachen (<ref-law> i.V.m. <ref-law>). Sie ist unabhängig von einer gesetzlichen Streitwertgrenze gegeben (<ref-law>). Die Beschwerde gegen den letztinstanzlichen Rechtsmittelentscheid ist fristgemäss erhoben worden (Art. 75 Abs. 1, Art. 100 Abs. 2 lit. a BGG). Der Beschwerdeführer ist zur Beschwerde in Zivilsachen legitimiert (Art. 76 Abs. 1 lit. a und b BGG). 1.2 Mit vorliegender Beschwerde kann u.a. die Verletzung von Bundes- sowie Völkerrecht gerügt werden (Art. 95 lit. a und b BGG). Die Anwendung von kantonalem Gesetzesrecht kann nicht überprüft bzw. nur wegen Verletzung des Willkürverbotes (<ref-law>) gerügt werden (vgl. <ref-law>). Nach der ständigen Praxis des Bundesgerichts liegt Willkür in der Rechtsanwendung vor, wenn der angefochtene Entscheid offensichtlich unhaltbar ist, mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch steht, eine Norm oder einen unumstrittenen Rechtsgrundsatz krass verletzt oder in stossender Weise dem Gerechtigkeitsgedanken zuwiderläuft. Das Bundesgericht hebt einen Entscheid jedoch nur auf, wenn nicht bloss die Begründung, sondern auch das Ergebnis unhaltbar ist. Dass eine andere Lösung ebenfalls als vertretbar oder gar zutreffender erscheint, genügt nicht (<ref-ruling> E. 2.4 S. 5 mit Hinw.). 1.3 In der Beschwerdeschrift ist in gedrängter Form darzulegen, inwiefern der angefochtene Akt Recht verletzt (<ref-law>). Die Verletzung von verfassungsmässigen Rechten ist in der Beschwerdeschrift vorzubringen und zu begründen (<ref-law>), wobei das Rügeprinzip gilt (<ref-ruling> E. 2 S. 591). Soweit der Beschwerdeführer eine Verletzung des Anspruchs auf eine Entscheidbegründung rügt, genügt die Beschwerde den Begründungsanforderungen nicht. 1.4 Das Bundesgericht ist an den vorinstanzlich festgestellten Sachverhalt gebunden (<ref-law>). Zulässig ist einzig die Rüge, dass eine Tatsachenfeststellung auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruhe oder eine Tatsache offensichtlich unrichtig festgestellt worden sei (<ref-law>), wobei "offensichtlich unrichtig" mit "willkürlich" gleichzusetzen ist (<ref-ruling> E. 7.1 S. 398 mit Hinw.). Unbehelflich sind Vorbringen des Beschwerdeführers, welche im angefochtenen Entscheid in tatsächlicher Hinsicht keine Stütze finden (wie betreffend Kenntnisnahme der Entscheide des Einzelgerichts Appenzell Ausserrhoden durch die Organe der Z._ AG oder "fehlende Publikationen"). Im Übrigen wendet er sich vergeblich gegen die Eröffnung der Konkursliquidation durch das Kantonsgericht Appenzell Ausserrhoden, zumal diese nicht Verfahrensgegenstand ist. 2. 2.1 Die Aufsichtsbehörde hat angenommen, dass im konkursrechtlichen Verhältnis zu Nürnberg die Konkursübereinkunft mit Bayern aus dem Jahre 1834 grundsätzlich anwendbar sei. Sie hat festgestellt, dass die Hauptinsolvenz in Deutschland am Mittelpunkt der hauptsächlichen Interessen des Schuldners (Art. 3 EuInsVO) eröffnet wurde. Die Aufsichtsbehörde ist zum Ergebnis gelangt, dass die Übereinkunft nicht anwendbar sei, wenn der statutarische Sitz im schweizerischen Kanton liege. Weiter hat sie erwogen, dass die Insolvenz in Nürnberg eröffnet worden sei, als das Konkursverfahren über die Z._ AG in der Schweiz bereits im Gange war. Der später ergangene Insolvenzbeschluss des Amtsgerichts Nürnberg könne wegen dieser Sperrwirkung keine Rechtswirkung erlangen. Dem in Nürnberg eröffneten Insolvenzverfahren sei - unabhängig von der Anwendbarkeit der Übereinkunft mit Bayern - eine unmittelbare Anerkennung in der Schweiz zu verweigern. Ob eine Konkurseröffnung in der Schweiz nach <ref-law> möglich sei, hat die Aufsichtsbehörde mangels (sachlicher) Zuständigkeit nicht beurteilt. Die anbegehrte Amts- bzw. Rechtshilfe könne nicht gewährt werden. 2.2 Der Beschwerdeführer wirft der Aufsichtsbehörde im Wesentlichen eine Verletzung von Bundes- und Völkerrecht vor. Er macht im Wesentlichen geltend, die Aufsichtsbehörde habe die Übereinkunft mit Bayern willkürlich ausgelegt, wenn die Anwendbarkeit verneint werde. Die Übereinkunft regle keine Konkursgerichtsstände als Voraussetzung zur Anerkennung des Konkursdekretes. Das bayrische Konkursdekret entfalte unmittelbare Wirkung, ohne dass die Zuständigkeit zu prüfen sei, und es sei keinesfalls ohne Wirkung. Die Aufsichtsbehörde verstosse u.a. gegen den in der Übereinkunft festgelegten Grundsatz der Universalität und Attraktivität des Konkurses, wenn sie die automatische Anerkennung des bayrischen Insolvenzbeschlusses verweigere. Die Konkursübereinkunft bewirke, dass sich der ausländische (bayrische) Insolvenzverwalter direkt an das Konkursamt am Lageort des beweglichen Vermögens im schweizerischen Kanton wenden könne. Nach der Übereinkunft sei nicht zu prüfen, ob ein zeitlich prioritär eröffneter Konkurs im Vertragsgebiet entgegenstehe. Eine solche Regel - Ausschliesslichkeit des prioritär eröffneten Konkurses - fehle in der Übereinkunft. Aufgrund der Einstellung des Konkursverfahrens sei die Frage einer Sperrwirkung bzw. Unverbindlichkeit des ausländischen Verfahrens nicht weiter erheblich. Die Verneinung der Pflicht zur Amts- und Rechtshilfe sei mit schweizerischen Rechtsgrundsätzen nicht vereinbar. 3. Anlass zur vorliegenden Beschwerde gibt das Gesuch des Insolvenzverwalters des in Nürnberg eröffneten Hauptinsolvenzverfahrens über die Z._ AG, welche ihren statutarischen Sitz in A._ hat. Im Zeitpunkt der Insolvenzeröffnung war in der Schweiz über die AG das Konkursverfahren bereits im Gange. Umstritten ist, ob der Insolvenzverwalter an das Konkursamt St. Gallen gelangen und auf dem Weg der Rechtshilfe im Kanton St. Gallen u.a. Publikationen durchsetzen und auf dort gelegene Vermögenswerte greifen kann. 3.1 Die Betreibungs- und die Konkursämter nehmen auf Verlangen von Ämtern, ausseramtlichen Konkursverwaltungen, Sachwaltern und Liquidatoren eines anderen - schweizerischen - Kreises Amtshandlungen vor (<ref-law>). Zu Recht ist unbestritten, dass die völkerrechtlichen Verträge und die Bestimmungen des IPRG vorbehalten sind (<ref-law>). Der Beschwerdeführer beruft sich im Wesentlichen auf die Konkursübereinkunft mit Bayern und auf die Ausdehnung der in Nürnberg eröffneten Insolvenz über die Z._ AG, weshalb es keine Vollstreckbarerklärung des ausländischen Insolvenzbeschlusses im Kanton St. Gallen brauche und das Konkursamt am Ort der gelegenen Vermögenswerte zur Rechtshilfe verpflichtet sei. 3.2 Mehrere schweizerische Kantone und das Königreich Bayern schlossen am 11. Mai/27. Juni 1834 die Übereinkunft über gleichmässige Behandlung der gegenseitigen Staatsangehörigen in Konkursfällen (abgedruckt in: HJ. PETER, Edition annotée de la LP, 2010, S. 1809 ff.). St. Gallen und Appenzell Ausserrhoden gehören zu den vertragsschliessenden Parteien, ebenso der Freistaat Bayern, in welchem Nürnberg liegt (BÜRGI, Konkursrechtliche Verträge mit der Schweiz [...], BlSchK 1989 S. 92). Die Übereinkunft stellt kantonales Recht dar; ob sie noch in Kraft sei und ob die Voraussetzungen im konkreten Fall erfüllt seien, beurteilt sich daher nicht nach Bundesrecht (<ref-ruling> E. 2 und 4 S. 85 f.). 3.2.1 Die Übereinkunft mit Bayern bestimmt, "dass in Insolvenzerklärungs- und Konkursfällen den [gegenseitigen] Staatsangehörigen gleiche Konkurrenz- und gleiche Klassifikationsrechte zustehen, und dass von dem Augenblicke der in einem kontrahierenden Staaten erfolgten Insolvenzerklärung an, weder durch Arrest, noch durch sonstige Verfügungen das bewegliche Vermögen des Zahlungsunfähigen zum Nachteil der Masse beschränkt werden soll". Damit wird - nach dem Wortlaut beschränkt auf bewegliches Vermögen - die Anerkennung der Universalität und Attraktivkraft des Konkurses im Staatsgebiet der Vertragsparteien verankert (BÜRGI, a.a.O., S. 91; DALLÈVES, Les accords bilatéraux en matière de faillite [...], in: Le droit de la faillite internationale, 1986, S. 85). Dies bedeutet, dass der in einem Staat eröffnete Konkurs im Staatsgebiet beider Vertragsparteien Wirkung haben soll, was die Konkurseröffnung über denselben Schuldner im anderen Staat ausschliesst (vgl. DALLÈVES, Universalité et territorialité de la faillite [...], BlSchK 1973 S. 162; D. STAEHELIN, Die Anerkennung ausländischer Konkurse und Nachlassverträge in der Schweiz, 1989, S. 2, 4). Nach der Rechtsprechung ist die Übereinkunft hinsichtlich der Frage der Anerkennung und Vollstreckbarkeit des ausländischen Konkurserkenntnisses anwendbar (<ref-ruling> E. 3 und 6 S. 85 ff., betreffend Übereinkunft mit der Krone Württemberg aus dem Jahre 1825/1826). 3.2.2 Die Konkursübereinkunft mit Bayern wird in der Lehre mehrheitlich als noch gültig angesehen (BRACONI, in: Commentaire romand, LDIP/CL, 2011, N. 21 zu Art. 166-175 IPRG, mit Hinw.; MÄSCH, in: Rauscher, Europäisches Zivilprozess- und Kollisionsrecht, 2010, N. 8 und 9 zu Art. 44 EG-InsVO). Nach einem Teil der Lehre wird die Konkursübereinkunft vom IPRG überlagert (SANDOZ-MONOD, in: Commentaire de la loi fédérale d'organisation judiciaire, Bd. II, 1990, S. 781, Bd. V, 1992, S. 254 ff., Ziff. 2.3.2.3 zu Art. 81 OG; DALLÈVES, Poursuite pour dettes et faillites: faillites internationales, SJK Nr. 987, 1991, Ziff. III.A.3; BERTI/INFANGER, Praktische Gedanken zur Frage der Kontrolle von Rechtswirkungen ausländischer Konkursdekrete in der Schweiz, in: Festschrift Spühler, 2005, S. 37 ff., 43 Fn. 12; vgl. GOTTWALD/KOLMANN, in: Insolvenzrechts-Handbuch, 4. Aufl. 2010, N. 24 zu § 134) oder zumindest in Zweifel gezogen, ob die Übereinkunft nach Inkrafttreten des IPRG noch als Staatsvertrag im Sinne von <ref-law> angesehen werden kann (LIERSCH/WALTHER, Geltung und Grenzen der deutsch-schweizerischen Staatsverträge auf dem Gebiet des Insolvenzrechts, ZInsO 2007 S. 584). 3.2.3 Das Bundesgericht hat in <ref-ruling> (E. 3 S. 85) mit Bezug auf das Konkursübereinkommen mit Württemberg festgehalten, dass dieses nur solange massgebend sein kann, als bundesrechtliche Bestimmungen oder ein eidgenössischer Staatsvertrag fehlen (Urteil 5A_134/2009 vom 7. Juli 2009 E. 3.1). Auf die gegensätzlichen Stellungnahmen zum Urteil (zustimmend SANDOZ-MONOD, a.a.O.; kritisch GILLIÉRON, Commentaire de la loi fédérale sur la poursuite pour dettes et la faillite, Bd. I, 1999, N. 56 zu <ref-law>) und allgemein zur Geltung der alten Konkursverträge ist - wie sich aus dem Folgenden ergibt - nicht weiter einzugehen. 3.3 Vorliegend steht fest, dass die Insolvenzeröffnung durch das Amtsgericht Nürnberg am 16. August 2011 in einem Zeitpunkt erfolgte, als über die Z._ AG an ihrem statutarischem Sitz in A._ mit gerichtlichem Entscheid vom 21. Juni 2011 infolge Mängel in der Organisation in Anwendung von <ref-law> die Liquidation nach den Vorschriften über den Konkurs bereits angeordnet und im Gange war. 3.3.1 Die richterliche Anordnung der Liquidation gemäss <ref-law> ist - auch in internationaler insolvenzrechtlicher Hinsicht - einem Konkursdekret gleichgestellt, denn es wird ein ganz normales Konkursverfahren mit gewöhnlichen Wirkungen abgewickelt (LORANDI, Konkursverfahren über Handelsgesellschaften ohne Konkurseröffnung [...], AJP 2008 S. 1395). Nichts anderes kann aus der nachfolgenden Konkurseröffnung vom 5. Juli 2011 abgeleitet werden (sofern diese überhaupt weitere Wirkung entfalten kann). Wenn in der Folge am 16. August 2011 in Nürnberg über die Z._ AG die Hauptinsolvenz eröffnet wurde, während sich die AG in Appenzell Ausserrhoden in konkursrechtlicher Liquidation befand, hat das Insolvenzgericht dem Konkurs in Appenzell Ausserrhoden keine Universalität zugemessen. Es hat der EuInsVO - mit Eröffnung eines Hauptinsolvenzverfahrens gemäss Art. 3 EuInsVO - den Vorrang vor der alten Konkursübereinkunft mit den schweizerischen Kantonen gegeben, indem es den statutarischen Sitz der Schuldnerin in der Schweiz - bei Mittelpunkt der hauptsächlichen Interessen in Deutschland - als nicht relevante Beziehung zu einem Drittstaat erachtet hat (vgl. SCHWANDER, Entwicklungen im internationalen Konkurs- und Sanierungsrecht, jusletter 25. Oktober 2004, Rz. 27). 3.3.2 Die Vorinstanz hat im Ergebnis geschlossen, die Voraussetzungen zur Anwendung der Konkursübereinkunft seien nicht gegeben. Es ist haltbar, wenn die Aufsichtsbehörde dem Beschwerdeführer das Recht abspricht, sich auf die Durchsetzung des universalen Geltungsanspruchs einer in Bayern eröffneten Insolvenz im schweizerischen Kanton zu berufen, wenn das ihn einsetzende Insolvenzgericht die Konkursübereinkunft gar nicht angewendet hat. Die Nichtanwendung der Konkursübereinkunft bzw. des kantonalen Rechts durch die Aufsichtsbehörde ist nicht willkürlich. Die Rüge einer Verletzung von <ref-law> wegen eines vorgehenden Staatsvertrages und des IPRG ist nicht begründet. 3.4 Die weiteren Vorbringen des Beschwerdeführers vermögen (sofern sie den Begründungsanforderungen genügen) am Ergebnis nichts zu ändern. 3.4.1 Der Beschwerdeführer weist auf ein Schreiben vom 11. August 2011 des Amtsgerichts Nürnberg hin, wonach dem Konkursamt Appenzell Ausserrhoden ausdrücklich zugesichert werde, "dass die Eröffnung des Hauptinsolvenzverfahrens [in Bayern] die Befugnisse [des Konkursamtes] nicht in Frage stellen soll". Daraus lässt sich keinen Anhaltspunkt entnehmen, dass die Konkursübereinkunft Anwendung fand. Er beruft sich sodann vergeblich auf den Entscheid des Konkursrichters in Zürich aus dem Jahre 1997 (ZR 1997 Nr. 104 S. 219 ff., S. 221). Darin wurde gerade bestätigt, dass in Anwendung der Konkursübereinkunft die Anerkennung der Universalität des eröffneten Konkurses im Staatsgebiet der Vertragsparteien gilt; nichts anderes lässt sich aus dem Entscheid der Aufsichtsbehörde des Kantons Tessin aus dem Jahre 1989 ableiten (Rep. 1989 S. 559 f.). 3.4.2 Unbehelflich ist weiter, wenn der Beschwerdeführer ausführt, die Insolvenzeröffnung am Mittelpunkt der hauptsächlichen Interessen sei sachgerecht(er) und führe zu einer "höheren Resonanz". Die Insolvenzeröffnung nach Art. 3 EuInsVO hat zwar universelle Wirkung in allen Mitgliedstaaten (vgl. Art. 16 EuInsVO); dies ändert allerdings nichts daran, dass über die Schuldnerin mit statutarischem Sitz in der Schweiz der Konkurs bereits wirksam eröffnet war (vgl. allgemein zur Konfliktkonstellation SCHWANDER, a.a.O., Rz. 27 ff.). Der Beschwerdeführer wirft der kantonalen Aufsichtsbehörde vergeblich vor, die Grundsätze zur Auslegung von völkerrechtlichen Verträgen zu missachten. Er setzt nicht auseinander, wie die Vorinstanz die betreffenden Grundprinzipien (vgl. ZIEGLER, Einführung in das Völkerrecht, 2006, S. 107 ff., Rz. 254 ff.) willkürlich angewendet habe, wenn die Konkursübereinkunft (Universalität der Konkurseröffnung) in Bayern nicht angewendet wurde. 3.4.3 Der Beschwerdeführer meint schliesslich, die strafrechtliche Freigabe der Vermögenswerte der Z._ AG ändere nichts an der Einstellung des im Kanton Appenzell Ausserrhoden eröffneten Konkurses, und bei Wegfall der strafrechtlichen Beschlagnahme könnten die Organe erneut auf die Vermögenswerte zugreifen, weshalb - bei Anwendung innerstaatlichen Rechts - ein "rechtliches Vakuum" drohe. Diese Befürchtung ist unbegründet. Richtig ist, dass nach Einstellung des Konkurses die Befugnisse der Konkursverwaltung grundsätzlich dahinfallen (vgl. <ref-ruling> E. 3a S. 82). Soweit jedoch Vermögenswerte (wie Bankguthaben) angezeigt werden, hat das zuständige Konkursamt später gefundene oder noch zur Konkursmasse zu ziehende Vermögenswerte in das Konkursinventar aufzunehmen (LUSTENBERGER, in: Basler Kommentar, Bundesgesetz über Schuldbetreibung und Konkurs, 2. Aufl. 2010, N. 6 zu <ref-law>). Bis zur Einstellung durch das Konkursamt kann der Konkursrichter seine Entscheidung in Wiedererwägung ziehen; nach der Einstellung kann das Konkursverfahren durch den Konkursrichter wiedereröffnet werden (VOUILLOZ, in: Commentaire romand, Poursuite et faillite, 2005, N. 7 zu <ref-law>). Dies hat die kantonale Aufsichtsbehörde grundsätzlich zu Recht für den Wegfall des strafrechtlichen Beschlags bzw. die Einbringlichkeit der Aktiven für die Konkursmasse in der Schweiz festgehalten. 3.5 Nach dem Dargelegten hat die kantonale Aufsichtsbehörde kein Recht verletzt, wenn sie zum Ergebnis gelangt ist, das Konkursamt St. Gallen sei zur Rechtshilfe wie u.a. zur Publikation an den im Ausland eingesetzten Insolvenzverwalter und zur Herausgabe von Vermögenswerten nicht verpflichtet. 4. Der Beschwerde in Zivilsachen ist kein Erfolg beschieden. Bei diesem Ausgang des Verfahrens wird der Beschwerdeführer kostenpflichtig (<ref-law>). Eine Parteientschädigung entfällt.
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde in Zivilsachen wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 3'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten und dem Kantonsgericht St. Gallen als kantonaler Aufsichtsbehörde für Konkurs schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 28. März 2013 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Das präsidierende Mitglied: Escher Der Gerichtsschreiber: Levante
CH_BGer_005
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2,008
de
Sachverhalt: A. Der aus Serbien (Kosovo) stammende X._, geb. 1974, reiste 1993 im Rahmen des Familiennachzugs in die Schweiz ein und erhielt eine Aufenthaltsbewilligung zum Verbleib bei seinen Eltern. Am 12. August 1998 heiratete er die aus Kroatien stammende Y._, welcher am 9. August 2000 (auf ein zweites Gesuch hin) die Aufenthaltsbewilligung zum Verbleib beim Ehemann erteilt wurde. Der Ehe sollte in der Folge ein Sohn, geb. 2003, entspringen. Seit dem 22. Januar 2003 besitzt X._ die Niederlassungsbewilligung. Während seiner Anwesenheit wurde X._ mehrfach im Strassenverkehrsbereich straffällig: Mit Strafbefehl des Bezirksamtes Muri/AG vom 11. September 2003 wurde er wegen Widerhandlungen gegen das Strassenverkehrsgesetz zu einer Busse von Fr. 1'200.-- verurteilt, weil er mit einem Personenwagen, trotz Gegenverkehr, in einer Rechtskurve mehrere Fahrzeuge in einer Kolonne überholt und ein entgegenkommendes Fahrzeug übersehen hatte, wobei die betroffenen Lenker stark abbremsen mussten, um ihm das Einbiegmanöver zu ermöglichen; zugleich erfolgte ein Schuldspruch wegen mehrfachen Führens von Motorfahrzeugen ohne Führerausweis. Mit Strafbefehl vom 29. Oktober 2003 wurde X._ erneut verurteilt wegen mehrfachen Führens eines Motorfahrzeuges ohne Führerausweis und mit einer Busse von Fr. 500.-- bestraft. Am 8. November 2003 lieferte sich X._ ein Duell mit einem überholenden Fahrzeug und verursachte dadurch einen schweren Unfall, bei welchem zwei Personen das Leben verloren und mehrere verletzt wurden. Mit rechtskräftigem Urteil des Obergerichts des Kantons Aargau vom 8. März 2007 wurde X._ (im Wesentlichen in Bestätigung des erstinstanzlichen Urteils) der mehrfachen fahrlässigen Tötung, mehrfachen einfachen, fahrlässigen Körperverletzung, des Führens eines Motorfahrzeugs ohne Führerausweis, des Überschreitens der zulässigen Höchstgeschwindigkeit sowie des Nichtbeherrschens des Fahrzeugs und der Missachtung der Überholvorschriften schuldig gesprochen und mit einer (unbedingten) Gefängnisstrafe von drei Jahren bestraft. B. Am 7. August 2007 verfügte das Migrationsamt des Kantons Aargau, Sektion Verlängerungen und Massnahmen, die Ausweisung von X._ auf unbestimmte Dauer und wies ihn an, die Schweiz innert 60 Tagen seit Rechtskraft dieser Verfügung zu verlassen. Zur Begründung wurde im Wesentlichen auf das Strafurteil des Obergerichts vom 8. März 2007 und das in der dort ausgefällten Strafe zum Ausdruck kommende schwere Verschulden verwiesen. Dagegen erhob X._ erfolglos Einsprache beim Rechtsdienst des Migrationsamtes (Entscheid vom 10. Oktober 2007). Mit Urteil vom 22. November 2007 wies das Rekursgericht im Ausländerrecht des Kantons Aargau eine dagegen gerichtete Beschwerde von X._ ab. C. Mit Eingabe vom 10. Januar 2008 erhebt X._ beim Bundesgericht Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten mit den Anträgen, den Entscheid des Rekursgerichts im Ausländerrecht aufzuheben und von einer Ausweisung abzusehen. Im Weiteren wird um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung für das Verfahren vor Bundesgericht ersucht. Das Rekursgericht im Ausländerrecht des Kantons Aargau sowie das Bundesamt für Migration schliessen auf Abweisung der Beschwerde. Das Migrationsamt verweist auf die Ausführungen im Urteil des Rekursgerichts sowie auf die Erwägungen in seinem Einspracheentscheid vom 10. Oktober 2007. D. Dem vom Beschwerdeführer gestellten Gesuch um aufschiebende Wirkung wurde mit Verfügung des Präsidenten der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung vom 15. Januar 2008 entsprochen.
Erwägungen: 1. 1.1 Angefochten ist ein letztinstanzlicher kantonaler Endentscheid über eine gestützt auf Art. 10 Abs. 1 lit. a des Bundesgesetzes vom 26. März 1931 über Aufenthalt und Niederlassung der Ausländer (ANAG) verfügte Ausweisung, wogegen das ordentliche Rechtsmittel der Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten zulässig ist (<ref-law> e contrario). Der Beschwerdeführer ist hierzu legitimiert (<ref-law>). 1.2 Zwar ist am 1. Januar 2008 das Bundesgesetz vom 16. Dezember 2005 über die Ausländerinnen und Ausländer (AuG, SR 142.20) in Kraft getreten. Massgebend für die materielle Beurteilung bleibt vorliegend aber, in analoger Anwendung von Art. 126 Abs. 1 AuG, grundsätzlich das bisherige Recht (vgl. Urteile 2C_579/2007 vom 28. Januar 2008, E. 1.2; 2C_488/2007 vom 6. Februar 2008, E. 1.2; 2C_756/2007 vom 13. Februar 2008, E. 1). 1.3 Mit der Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann unter anderem geltend gemacht werden, der angefochtene Entscheid verletze Bundesrecht - inklusive Bundesverfassungsrecht -, Völkerrecht sowie kantonale verfassungsmässige Rechte (<ref-law>). Das Bundesgericht legt seinem Urteil den von der Vorinstanz festgestellten Sachverhalt zugrunde (<ref-law>). Die Feststellung des Sachverhalts kann nur gerügt bzw. vom Bundesgericht von Amtes wegen berichtigt oder ergänzt werden, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruht (<ref-law> bzw. <ref-law>). Eine entsprechende Rüge, welche rechtsgenüglich substantiiert vorzubringen ist (<ref-law>; vgl. <ref-ruling> E. 1.4.3 S. 254 f.), setzt zudem voraus, dass die Behebung des Mangels sich für den Ausgang des Verfahrens als entscheidend erweist (<ref-law>). Neue Tatsachen und Beweismittel dürfen nur soweit vorgebracht werden, als erst der Entscheid der Vorinstanz dazu Anlass gibt (<ref-law>). 2. 2.1 Gemäss Art. 10 Abs. 1 lit. a ANAG kann ein Ausländer aus der Schweiz oder aus einem Kanton ausgewiesen werden, wenn er wegen eines Verbrechens oder Vergehens gerichtlich bestraft wurde. Der Beschwerdeführer wurde mit Urteil des Obergerichts des Kantons Aargau vom 8. März 2007 u.a. wegen mehrfacher fahrlässiger Tötung schuldig gesprochen und mit drei Jahren Gefängnis bestraft. Er hat damit den Ausweisungsgrund von Art. 10 Abs. 1 lit. a ANAG gesetzt. 2.2 Die Ausweisung soll nach Art. 11 Abs. 3 ANAG nur verfügt werden, wenn sie nach den gesamten Umständen angemessen erscheint. Für die Beurteilung der Angemessenheit, d.h. der Verhältnismässigkeit (vgl. <ref-ruling> E. 2a S. 523) der Ausweisung erklärt Art. 16 Abs. 3 ANAV namentlich als wichtig die Schwere des Verschuldens des Ausländers, die Dauer seiner Anwesenheit in der Schweiz und die ihm und seiner Familie drohenden Nachteile. Da bei der vorzunehmenden Interessenabwägung die persönlichen und familiären Verhältnisse zu berücksichtigen sind, hält eine im Sinne von Art. 11 Abs. 3 ANAG verhältnismässige Ausweisung grundsätzlich auch vor Art. 8 EMRK bzw. <ref-law> (Recht auf Achtung des Privat- und Familienlebens) stand. 2.3 Das Rekursgericht im Ausländerrecht hat die massgeblichen Gesichtspunkte des vorliegenden Falles im Rahmen der Interessenabwägung umfassend gewürdigt. Obwohl der Beschwerdeführer dreimal bei der theoretischen Prüfung durchgefallen und sein Lernfahrausweis abgelaufen war, steuerte er von anfangs Mai 2002 bis zum 13. Mai 2003 mehrfach Personenwagen ohne Führerausweis. Am 3. Mai 2003 gefährdete er durch Überholen trotz Gegenverkehrs andere Verkehrsteilnehmer und wurde hierfür am 11. September 2003 mit einer Busse von Fr. 1'200.-- bestraft. Trotz des laufenden polizeilichen Ermittlungsverfahrens lenkte er am 25. und 26. August 2003 erneut seinen Personenwagen, ohne im Besitz eines Führerausweises zu sein, wofür er am 29. Oktober 2003 mit Fr. 500.-- Busse bestraft wurde. Am 8. November 2003 setzte sich der Beschwerdeführer abermals ohne Führerausweis ans Steuer und verursachte durch ein unverantwortliches Fahrverhalten den erwähnten schweren Unfall, welcher Gegenstand des obergerichtlichen Urteils vom 8. März 2007 bildete. Der Beschwerdeführer hat sich damit während längerer Zeit fortgesetzt und renitent über die geltende Ordnung hinweggesetzt und als Verkehrsteilnehmer ein gefährliches und rücksichtsloses Verhalten an den Tag gelegt, welches andere Personen das Leben gekostet hat. Das Mass des Verschuldens kommt in der ausgefällten Gefängnisstrafe von drei Jahren zum Ausdruck. Eine Rückfallsgefahr kann trotz gegenteiliger Beteuerungen nicht ausgeschlossen werden. Dies zunächst deshalb, weil der Beschwerdeführer sich trotz Vorstrafen bzw. laufenden Strafuntersuchungen nicht von weiteren Verfehlungen im Strassenverkehr hat abhalten lassen. Der Umstand, dass der gravierende Unfall erneut auf ein Fehlverhalten im Zusammenhang mit einem gefährlichen Überholmanöver zurückzuführen ist, zeugt von der Unbelehrbarkeit des Beschwerdeführers, welcher charakterlich - wie die Vorinstanz zurecht festhält - zur Selbstüberschätzung neigt, wenn er meint, Motorfahrzeuge lenken zu können, obwohl er bereits an der Hürde der theoretischen Prüfung gescheitert ist. An dieser Einschätzung vermögen auch die behaupteten Bemühungen des Beschwerdeführers seit seiner Entlassung aus dem Strafvollzug, sich beruflich wieder zu integrieren, nichts zu ändern. Die ins Feld geführte "vorzeitige" (gesetzesterminologisch korrekt: bedingte) Entlassung aus dem Strafvollzug (<ref-law>) bildet bei der Verbüssung von Freiheitsstrafen den Normalfall; der Beschwerdeführer vermag daraus fremdenpolizeilich nichts zu seinen Gunsten abzuleiten. Gewichtige Gründe - nicht zuletzt auch generalpräventiver Art - sprechen für die Entfernung und Fernhaltung derartiger, die Sicherheit des Strassenverkehrs massiv gefährdender Straftäter aus der Schweiz. 2.4 Der Beschwerdeführer kam 1993 als junger Erwachsener im Alter von 19 Jahren in die Schweiz, wo er seit 14 Jahren weilt. Er ist beruflich nicht besonders gut integriert. Eine Rückkehr ins Heimatland ist ihm nicht unzumutbar, zumal er dessen Sprache immer noch beherrscht und mit den dortigen Gepflogenheiten vertraut sein dürfte. Bezüglich der Ehefrau stellte die Vorinstanz fest, dass diese erst seit dem Jahr 2000 in der Schweiz eine Aufenthaltsbewilligung besitze und sowohl ihr als auch dem vierjährigen (und damit noch nicht eingeschulten) Kind eine Übersiedlung ins Heimatland des Beschwerdeführers zugemutet werden könne. Es werde bezeichnenderweise denn auch nicht geltend gemacht, dass sich die Ehefrau vom Beschwerdeführer trennen würde, wenn dieser ausreisen müsste. Der Beschwerdeführer stellt in Abrede, dass der Ehefrau die Ausreise in seine Heimat zumutbar sei. Er bringt hiezu in seiner Beschwerdeschrift neu vor, die Ehefrau habe im November 2007 ein Eheschutzverfahren eingeleitet, welches am 9. Januar 2008 in einer Verhandlung vor Bezirksgericht Bremgarten zu einer Vereinbarung geführt habe, gemäss welcher die Ehe auf unbestimmte Zeit getrennt und der gemeinsame Sohn unter die Obhut der Ehefrau gestellt werde, unter Einräumung eines Besuchsrechtes an den Beschwerdeführer, welcher sich zu Unterhaltsleistungen verpflichtet habe. Es stehe damit fest, dass die Ehefrau dem Beschwerdeführer nicht in die Heimat folgen würde. Wie es sich damit verhält, bedarf hier keiner weiteren Erörterung. Bei den Vorbringen des Beschwerdeführers handelt es sich um nachträglich eingetretene neue Tatsachen, die als solche für die Beurteilung des angefochtenen Entscheids nicht berücksichtigt werden können (oben E. 1.3). Nach dem im angefochtenen Urteil festgestellten Sachverhalt, der für die Beurteilung massgebend ist, ist es auch der Ehefrau und dem gemeinsamen Kind grundsätzlich zumutbar, dem Ehemann in dessen Heimatland zu folgen, auch wenn die Ehefrau (als Kroatin) nicht aus dem gleichen Teil des ehemaligen Jugoslawiens stammt. Wenn für die Übersiedelung in die Schweiz ein entsprechender Wechsel des Kulturkreises jeweils in Kauf genommen wird, muss dies, wie die Vorinstanz zulässigerweise annehmen durfte, auch für eine Rückkehr in den Herkunftsstaat gelten. Die vorgebrachte nachträgliche Änderung des Sachverhaltes wäre im Übrigen schwerlich geeignet, den Standpunkt des Beschwerdeführers zu stützen. Die alleinige Ausreise des Beschwerdeführers wäre diesem umso eher zumutbar, wenn das eheliche Verhältnis getrübt ist und die Ehefrau ohnehin nicht mehr mit ihm zusammenleben will. Sodann wären diesfalls auch die seitens des Migrationsamtes in seiner Vernehmlassung ans Bundesgericht eingereichten Polizeirapporte einer näheren Betrachtung zu unterziehen, wonach der Beschwerdeführer im Verdacht steht, seine Ehefrau und sein Kind im November 2007 mehrfach geschlagen, bedroht und genötigt sowie ausserdem den Strafbestimmungen des ANAG zuwider gehandelt zu haben, was, sollten sich die erwähnten Vorwürfe erhärten, die Entfernung des Beschwerdeführers aus der Schweiz erst recht als gerechtfertigt erscheinen lassen würde. 2.5 Damit hält die im angefochtenen Urteil vorgenommene Interessenabwägung bundesgerichtlicher Prüfung vollumfänglich stand. Die Ausweisung erweist sich als verhältnismässig und mithin bundesrechts- und staatsvertragskonform. Die Beschwerde ist nach dem Gesagten als unbegründet abzuweisen. 3. Der Beschwerdeführer hat für das bundesgerichtliche Verfahren um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung ersucht. Aufgrund der dargestellten, schon im angefochtenen Urteil zutreffend wiedergegebenen Sach- und Rechtslage besass das vorliegende Rechtsmittel keine ernsthaften Erfolgsaussichten; das Gesuch ist demzufolge abzuweisen (<ref-law>). Entsprechend dem Ausgang sind die Kosten des bundesgerichtlichen Verfahrens dem Beschwerdeführer aufzuerlegen (<ref-law>). Auf die Zusprechung einer Parteientschädigung besteht kein Anspruch (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wird abgewiesen. 3. Die Gerichtskosten von Fr.1'500.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Rekursgericht im Ausländerrecht des Kantons Aargau und dem Bundesamt für Migration schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 25. April 2008 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Merkli Moser
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2,004
de
Sachverhalt: Sachverhalt: A. Die mazedonische Staatsangehörige I.Z.A._, geb. 1978, reiste im Alter von sechs Jahren mit ihren Eltern in die Schweiz ein und wuchs in B._, Kanton Thurgau, auf, wo sie die Primar- und Realschule besuchte. Im Laufe der Zeit wurde ihr die Niederlassungsbewilligung erteilt. Nachdem sie im März 1998 arbeitslos geworden war, musste sie vom 1. Oktober 1998 bis zum 30. September 1999 von der Gemeinde B._ finanziell unterstützt werden. 1999 lernte I.Z.A._ den aus dem Kosovo stammenden Asylbewerber G.A._ kennen. Dieser war vom Bezirksgericht Weinfelden am 14. November 1998 der sexuellen Nötigung sowie der versuchten Vergewaltigung für schuldig befunden und zu einer bedingten Gefängnisstrafe von 14 Monaten und zu einer bedingten Landesverweisung von drei Jahren verurteilt worden. Am 21. Januar 2000 kehrte G.A._ in seinen Herkunftsstaat zurück, und es wurde gegen ihn eine Einreisesperre verhängt. Am 25. März 2000 reiste die im 4. Monat schwangere I.Z.A._ nach Pristina zu G.A._, welchen sie am 10. Juni 2000 heiratete. Am 20. August 2000 wurde die gemeinsame Tochter L.A._ geboren. Anfangs September 2000 liess I.Z.A._ durch ihren Vater bei der Einwohnerkontrolle B._ ein Schreiben deponieren, worin sie auf mit der Geburt verbundene gesundheitliche Probleme und die dadurch bedingte vorläufige Unmöglichkeit der Rückkehr in die Schweiz hinwies. Diese Eingabe wurde jedoch weder von der (unzuständigen) Gemeindebehörde bearbeitet noch an das zuständige Ausländeramt des Kantons Thurgau weitergeleitet. Diese Eingabe wurde jedoch weder von der (unzuständigen) Gemeindebehörde bearbeitet noch an das zuständige Ausländeramt des Kantons Thurgau weitergeleitet. B. Am 9. Februar 2001 nahm I.Z.A._ telefonisch mit dem Ausländeramt des Kantons Thurgau zwecks Wiedereinreise in die Schweiz Kontakt auf, worauf ihr mitgeteilt wurde, dass ihre Niederlassungsbewilligung erloschen sei. Nachdem sie am 11. Februar 2001 wieder in die Schweiz eingereist war, meldete sie sich am 12. Februar 2001 beim Ausländeramt des Kantons Thurgau, welches ihren Ausländerausweis einzog. Am 26. April 2001 ersuchte I.Z.A._ beim Ausländeramt des Kantons Thurgau um erneute Ausstellung der Niederlassungsbewilligung. Das Ausländeramt lehnte das Gesuch am 22. Mai 2001 ab; ebenso wies das Departement für Justiz- und Sicherheit des Kantons Thurgau den gegen diese Verfügung erhobenen Rekurs am 6. März 2002 ab. Das Verwaltungsgericht des Kantons Thurgau hiess die gegen den Departementsentscheid erhobene Beschwerde am 19. Juni 2002 teilweise gut und wies die Sache zu neuem Entscheid an das Ausländeramt zurück. Es erwog im Wesentlichen, dass das Schreiben von I.Z.A._ als Verlängerungsgesuch im Sinne von Art. 9 Abs. 3 lit. c des Bundesgesetzes vom 26. März 1931 über Aufenthalt und Niederlassung der Ausländer (ANAG; SR 142.20) zu betrachten sei; ihr sei es klar nicht darum gegangen, der Einwohnerkontrolle gewissermassen eine Geburtsanzeige oder Feriengrüsse zukommen zu lassen; mit dem Hinweis auf ihre schwere Geburt und die Unmöglichkeit, innert Frist zurückzureisen, sei implizit ein Gesuch um Verlängerung gestellt worden; das Ausländeramt müsse nun im Hinblick auf eine allfällige Verlängerung bzw. eine Aufrechterhaltung der Niederlassungsbewilligung prüfen, ob der Lebensmittelpunkt in den Kosovo verlegt worden sei. Das Ausländeramt wies das Gesuch um Wiedererteilung der Niederlassungsbewilligung am 18. Oktober 2002 ab. Am 11. November 2002 erhob I.Z.A._ dagegen Rekurs an das Departement für Justiz und Sicherheit. Am 11. April 2003 erhob sie beim Verwaltungsgericht des Kantons Thurgau eine (Aufsichts-)beschwerde gegen das Departement für Justiz und Sicherheit wegen Rechtsverzögerung und Rechtsverweigerung. Das Verwaltungsgericht überwies die Sache zuständigkeitshalber an den Regierungsrat des Kantons Thurgau, welcher die Aufsichtsbeschwerde am 1. Juli 2003 abwies, soweit er darauf eintrat. Eine dagegen erhobene staatsrechtliche Beschwerde wies das Bundesgericht mit Urteil vom 23. September 2003 ab, soweit darauf einzutreten bzw. das Rechtsschutzinteresse an deren Behandlung nicht dahingefallen war (Urteil 2P.232/2003 vom 23. September 2003). Am 5. September 2003 wies das Departement für Justiz und Sicherheit den Rekurs vom 11. November 2002 ab. Diesen Entscheid focht I.Z.A._ beim Verwaltungsgericht des Kantons Thurgau an, welches die Beschwerde mit Entscheid vom 26. November 2003 abwies. Am 5. September 2003 wies das Departement für Justiz und Sicherheit den Rekurs vom 11. November 2002 ab. Diesen Entscheid focht I.Z.A._ beim Verwaltungsgericht des Kantons Thurgau an, welches die Beschwerde mit Entscheid vom 26. November 2003 abwies. C. Mit Verwaltungsgerichtsbeschwerde vom 9. Februar 2004 beantragt I.Z.A._ dem Bundesgericht, es sei ihr in Aufhebung des Entscheids des Verwaltungsgerichtes des Kantons Thurgau vom 26. November 2003 die Niederlassungsbewilligung zu erteilen bzw. "die Vorinstanz anzuweisen, dem Ausländeramt anzuordnen, eine Niederlassungsbewilligung zu Gunsten der Beschwerdeführerin auszustellen"; eventuell sei der angefochtene Entscheid aufzuheben und die Vorinstanz anzuweisen, die Sache neu zu beurteilen. Das Departement für Justiz und Sicherheit sowie das Verwaltungsgericht des Kantons Thurgaus schliessen auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde. Das Bundesamt für Zuwanderung, Integration und Auswanderung stellt den Antrag, die Beschwerde gutzuheissen. Das Departement für Justiz und Sicherheit sowie das Verwaltungsgericht des Kantons Thurgaus schliessen auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde. Das Bundesamt für Zuwanderung, Integration und Auswanderung stellt den Antrag, die Beschwerde gutzuheissen. D. Die Beschwerdeführerin, welche am 20. März 2003 im Kanton Thurgau eine zweite Tochter gebar, hält sich heute mit ihrer Familie im Kosovo auf.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. 1.1 Nach Art. 100 Abs. 1 lit. b Ziff. 3 OG ist die Verwaltungsgerichtsbeschwerde auf dem Gebiet der Fremdenpolizei ausgeschlossen gegen die Erteilung oder Verweigerung von Bewilligungen, auf die das Bundesrecht keinen Anspruch einräumt. Gemäss Art. 4 ANAG entscheidet die zuständige Behörde, im Rahmen der gesetzlichen Vorschriften und der Verträge mit dem Ausland, nach freiem Ermessen über die Bewilligung von Aufenthalt und Niederlassung. Damit besteht kein Anspruch auf Erteilung einer Bewilligung, es sei denn, der Ausländer oder seine in der Schweiz lebenden Angehörigen könnten sich hierfür auf eine Sondernorm des Bundesrechts oder eines Staatsvertrags berufen (<ref-ruling> E. 1.1.1 S. 148 mit Hinweisen). Gegen Entscheide über den Widerruf oder die Feststellung des Erlöschens einer Anwesenheitsbewilligung ist die Verwaltungsgerichtsbeschwerde hingegen unabhängig davon zulässig, ob ein Anspruch auf Bewilligung besteht oder nicht (<ref-ruling> E. 2 S. 4 f.; vgl. auch <ref-ruling>; 122 Ib 1). Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde ist auch zulässig, soweit geltend gemacht wird, die Bewilligung hätte gestützt auf eine zu bewilligende Verlängerung gemäss Art. 9 Abs. 3 lit. c ANAG aufrechterhalten werden sollen. Auch hier steht nicht die Erteilung einer neuen Bewilligung in Frage, für welche das Bundesrechtspflegegesetz im Bereich des "freien Ermessens" die Beschwerde ausschliesst, sondern die Beibehaltung einer bestehenden Bewilligung (Urteil 2A.357/2000 vom 22. Januar 2001 E. 1b). Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde ist daher zulässig und die Beschwerdeführerin hierzu legitimiert (Art. 103 lit. a OG). 1.2 Das Bundesgericht wendet im Verfahren der Verwaltungsgerichtsbeschwerde das Bundesrecht von Amtes wegen an; es ist gemäss Art. 114 Abs. 1 OG an die von den Parteien vorgebrachten Begründungen nicht gebunden und kann die Beschwerde auch aus anderen als den geltend gemachten Gründen gutheissen oder abweisen (<ref-ruling> E. 1.2.2 S. 150 f.; <ref-ruling> E. 1b S. 268 mit Hinweisen). 1.2 Das Bundesgericht wendet im Verfahren der Verwaltungsgerichtsbeschwerde das Bundesrecht von Amtes wegen an; es ist gemäss Art. 114 Abs. 1 OG an die von den Parteien vorgebrachten Begründungen nicht gebunden und kann die Beschwerde auch aus anderen als den geltend gemachten Gründen gutheissen oder abweisen (<ref-ruling> E. 1.2.2 S. 150 f.; <ref-ruling> E. 1b S. 268 mit Hinweisen). 2. 2.1 Gemäss Art. 9 Abs. 3 lit. c ANAG erlischt die Niederlassungsbewilligung durch Abmeldung oder wenn sich der Ausländer während sechs Monaten tatsächlich im Ausland aufhält. Aus Praktikabilitätsgründen hat sich der Gesetzgeber für zwei formale Kriterien entschieden: Abmeldung oder sechsmonatiger ununterbrochener Aufenthalt im Ausland. Diese Regelung weist keine Lücke auf, die bei der Rechtsanwendung ausgefüllt werden müsste oder könnte (<ref-ruling> E. 2a S. 2). Die Niederlassungsbewilligung soll erlöschen, wenn ein Auslandaufenthalt mehr als sechs Monate gedauert hat, unabhängig davon, aus welchen Gründen der Ausländer nicht vor Ablauf dieser Frist zurückgekehrt ist (<ref-ruling> E. 2c S. 372). Namentlich kommt es nicht darauf an, ob er seinen Lebensmittelpunkt verlegt hat bzw. verlegen wollte oder von Beginn an vorgesehen hatte, in die Schweiz zurückzukehren. Für den letzteren Fall hat er gemäss Art. 9 Abs. 3 lit. c zweiter Halbsatz ANAG aber die Möglichkeit vorgesehen, sich durch ein vor Ablauf der Frist von sechs Monaten zu stellendes Gesuch um Verlängerung der Erlöschensfrist die Rückkehrmöglichkeit bis zu einer maximalen Dauer von zwei Jahren zu wahren. 2.2 Es ist unbestritten, dass die Beschwerdeführerin vom 25. März 2000 bis zum 11. Februar 2001 im Kosovo weilte und anfangs September 2000 bei der (unzuständigen) Gemeindebehörde in B._ durch ihren Vater ein sinngemässes Fristverlängerungsgesuch gemäss Art. 9 Abs. 3 lit. c ANAG einreichen liess. 2.2.1 Das Verwaltungsgericht hat erwogen, dass die Beschwerdeführerin deutlich über sechs Monate im Ausland geweilt habe, weshalb ihre Niederlassungsbewilligung bereits aus formellen Gründen erloschen sei, selbst wenn - wie sie behaupte - eine rechtzeitige Rückkehr aus gesundheitlichen Gründen nicht möglich gewesen sein sollte; es wäre an der Beschwerdeführerin gelegen, bereits vor ihrer Abreise ein Gesuch um Verlängerung der Rückkehrfrist im Sinn von Art. 9 Abs. 3 lit. c ANAG zu stellen bzw. den entsprechenden Entscheid abzuwarten; ein Ausländer könne nur dann sicher sein, dass ihm die Frist verlängert werde, wenn er vor Ablauf der sechsmonatigen Frist eine Bewilligung der zuständigen Ausländerbehörde erhalten habe; dies müsse vorliegend umso mehr gelten, als die bereits im vierten Monat schwangere Beschwerdeführerin im März 2000 ihrem Ehemann in den Kosovo gefolgt sei, um ihn dort zu heiraten und ihr Kind zu gebären; bei einem erwarteten Geburtstermin von Mitte bis Ende August 2000 hätte die Beschwerdeführerin damit rechnen müssen, dass beim Auftreten von Komplikationen die Frist von sechs Monaten überschritten würde; eine rechtzeitige Gesuchstellung hätte sich daher umso mehr aufgedrängt; die Beschwerdeführerin habe ihr Gesuch jedoch erst anfangs September in B._ deponieren lassen, nota bene in einem Zeitpunkt, in dem der Behörde allfällige Nachforschungen oder Abklärungen mit Bezug auf die Begründetheit des Gesuchs vor Ablauf der sechsmonatigen Frist nicht oder kaum mehr möglich gewesen wären; es könne aber nicht sein, dass durch spätes Einreichen eines Gesuchs quasi eine schleichende Fristverlängerung erreicht werde. Demgegenüber stellt sich die Beschwerdeführerin auf den Standpunkt, dass die Stellung des Begehrens vor Ablauf der Sechsmonatefrist in zeitlicher Hinsicht genügen müsse. 2.2.2 Wird ein Gesuch um Verlängerung der sechsmonatigen Frist gemäss Art. 9 Abs. 3 lit. c ANAG noch innerhalb derselben gestellt, erlischt die Niederlassungsbewilligung bei Ablauf dieser Frist nicht automatisch (vgl. Urteil 2A.514/2003 vom 5. November 2003 E. 3.2). Wie das Bundesamt in seiner Vernehmlassung zu Recht festhält, muss ein solches Gesuch grundsätzlich "aufschiebende Wirkung" haben, ansonsten Ausländer gezwungen wären, in jedem Fall vor Ablauf von sechs Monaten in die Schweiz zurückzukehren, wenn sie nicht Gefahr laufen wollten, die Niederlassungsbewilligung zu verlieren. In der Tat würde jedes Gesuch um Aufrechterhaltung der Bewilligung, das nicht innerhalb der sechsmonatigen Landesabwesenheit des Ausländers behandelt würde, gegenstandslos, da die sechsmonatigen Auslandabwesenheit die Niederlassungsbewilligung ohne weiteres erlöschen liesse. Dies kann nicht im Sinne des Gesetzes liegen. Vielmehr obliegt es den zuständigen Behörden, über Fristverlängerungsgesuche nach Art. 9 Abs. 3 lit. c ANAG rasch zu befinden und bei einem negativen Entscheid, wenn dieser erst nach Ablauf von sechs Monaten ergeht, den Betroffenen nötigenfalls eine kurze Nachfrist zur Wiedereinreise zu gewähren. Nach der Praxis ist es bei entschuldbarer Säumnis bzw. bei Vorliegen ausserordentlicher Umstände sogar zulässig, auch noch innert kurzer Frist nach Ablauf der ersten sechs Monate eine Verlängerung des Auslandaufenthaltes nach Art. 9 Abs. 3 lit. c Halbsatz 2 ANAG zu beantragen (Urteile 2A.514/2003 vom 5. November 2003 E. 3.2; 2A.308/2001 vom 15. November 2001 E. 4c; 2A.365/1999 vom 10. Dezember 1999 E. 2b). 2.2.3 Nach dem Gesagten ist das Verwaltungsgericht zu Unrecht davon ausgegangen, dass die Niederlassungsbewilligung schon allein infolge der über sechs Monate dauernden Landesabwesenheit der Beschwerdeführerin erloschen sei. Grundsätzlich genügt es, dass diese innert sechs Monaten seit ihrer Abreise aus der Schweiz ein Gesuch um Aufrechterhaltung der Niederlassungsbewilligung gestellt hat. Entgegen der Auffassung der Vorinstanz war die Beschwerdeführerin insbesondere nicht verpflichtet, bereits vor ihrer Abreise ein Gesuch um Verlängerung der Rückkehrfrist zu stellen bzw. dessen Bewilligung abzuwarten, umso weniger, als für sie nicht voraussehbar war, dass bei einem erwarteten Geburtstermin Mitte August 2000 Komplikationen auftauchen würden, die eine Heimkehr vor Ablauf der sechsmonatigen Frist (25. September 2000) verunmöglichten. Es ist auch sonst nicht ersichtlich, inwiefern das anfangs September 2000 - immerhin noch mehrere Wochen vor Ablauf der sechsmonatigen Frist gemäss Art. 9 Abs. 3 lit. c zweiter Halbsatz ANAG - gestellte Gesuch als verspätet gelten könnte. Abgesehen davon, dass den Behörden bei einer beförderlichen Behandlung möglicherweise noch genügend Zeit geblieben wäre, um die nötigen Abklärungen zu treffen, hat der Umstand, dass die sechsmonatige Frist noch während der Hängigkeit des Gesuchs dahinfällt, vorbehältlich eines (vorliegend nicht erkennbaren) eigentlichen Rechtsmissbrauchs, regelmässig keine negativen Auswirkungen auf den Verlängerungsentscheid. 2.2.3 Nach dem Gesagten ist das Verwaltungsgericht zu Unrecht davon ausgegangen, dass die Niederlassungsbewilligung schon allein infolge der über sechs Monate dauernden Landesabwesenheit der Beschwerdeführerin erloschen sei. Grundsätzlich genügt es, dass diese innert sechs Monaten seit ihrer Abreise aus der Schweiz ein Gesuch um Aufrechterhaltung der Niederlassungsbewilligung gestellt hat. Entgegen der Auffassung der Vorinstanz war die Beschwerdeführerin insbesondere nicht verpflichtet, bereits vor ihrer Abreise ein Gesuch um Verlängerung der Rückkehrfrist zu stellen bzw. dessen Bewilligung abzuwarten, umso weniger, als für sie nicht voraussehbar war, dass bei einem erwarteten Geburtstermin Mitte August 2000 Komplikationen auftauchen würden, die eine Heimkehr vor Ablauf der sechsmonatigen Frist (25. September 2000) verunmöglichten. Es ist auch sonst nicht ersichtlich, inwiefern das anfangs September 2000 - immerhin noch mehrere Wochen vor Ablauf der sechsmonatigen Frist gemäss Art. 9 Abs. 3 lit. c zweiter Halbsatz ANAG - gestellte Gesuch als verspätet gelten könnte. Abgesehen davon, dass den Behörden bei einer beförderlichen Behandlung möglicherweise noch genügend Zeit geblieben wäre, um die nötigen Abklärungen zu treffen, hat der Umstand, dass die sechsmonatige Frist noch während der Hängigkeit des Gesuchs dahinfällt, vorbehältlich eines (vorliegend nicht erkennbaren) eigentlichen Rechtsmissbrauchs, regelmässig keine negativen Auswirkungen auf den Verlängerungsentscheid. 3. 3.1 Es bleibt indessen zu prüfen, ob die Niederlassungsbewilligung nicht aus einem andern Grund erloschen ist. 3.2 Die von der Beschwerdeführerin anfangs September 2000 bei der Gemeindebehörde B._ hinterlegte Eingabe, welcher das Verwaltungsgericht die Bedeutung eines Verlängerungsgesuchs beimass, hat folgenden Wortlaut: "An die Einwohnerkontrolle B._! Ich I.Z.A._ geboren am 17.10.78 bin zur Zeit in Kosovo. Ich bin seit April in Kosovo. Der grund weshalb ich in Kosovo bin ist: ich habe geheiratet und bin schwanger. Mein Mann wahr bis ende Februar Azylant in der Schweiz jetzt ist er in Kosovo. Ich hätte am 15. August 2000 das Kind auf der Welt bringen müssen doch es kam erst am 20. August 2000 zur Welt. Ich hatte eine ziemlich schwere geburt deshalb kann ich nicht in die Schweiz kommen. Ich muss gesund werden. Ich denke in l Monat kann ich mit meinem Kind in die Schweiz kommen. Wenn etwas ist können Sie mich unter der Telefonnummer erreichen. Tel: 0011 22334455. Mit freundlichen Grüssen I.Z.A._". Aus dem Schreiben ist ersichtlich, dass die Beschwerdeführerin davon ausging, dass sie in einem Monat, d.h. anfangs Oktober 2000, also kurz nach Ablauf der sechsmonatigen Frist seit ihrer Abreise, wieder in die Schweiz zurückkehren würde. Sie beantragte demnach nur für eine relativ kurze Zeit die Aufrechterhaltung der Niederlassungsbewilligung über die sechsmonatige Frist hinaus. Nachdem sie ihr Verlängerungsgesuch sinngemäss selber zeitlich beschränkt hatte, durfte sie nicht davon ausgehen, dass ihre Niederlassungsbewilligung über die von ihr anbegehrte Dauer verlängert würde. Mangels einer Reaktion der Behörden konnte sie nicht damit rechnen, dass ihre Niederlassungsbewilligung ohne weiteres über längere Zeit aufrechterhalten würde, und sie durfte nicht einfach bis zu ihrer erneuten Einreise im Februar 2001 zuwarten. Vielmehr hätte es an ihr gelegen, sich vor Ablauf der von ihr beantragten Fristverlängerung bei der Gemeindebehörde B._ nach dem Stand des Verfahrens zu erkundigen; jedenfalls aber hätte sie um eine Bewilligung für die zusätzlich beanspruchte Verlängerung ersuchen müssen. Anhaltspunkte dafür, dass ihr dies unmöglich oder unzumutbar gewesen sein sollte, etwa wegen akuter Verschlechterung des Gesundheitszustandes, gibt es nicht. Als die Beschwerdeführerin am 11. Februar 2001 wieder in die Schweiz einreiste, war ihre Niederlassungsbewilligung auf jeden Fall erloschen, da die von ihr beantragte Verlängerungsfrist im Oktober 2000 abgelaufen war und sie sich ohne jegliche zusätzlichen Vorkehrungen weit über diese hinaus im Ausland aufgehalten hatte. 3.3 Zusammenfassend kann somit festgehalten werden, dass das angefochtene Urteil, welches das Erlöschen der Niederlassungsbewilligung feststellt bzw. die entsprechenden Feststellungen der Vorinstanzen schützt, im Ergebnis Bundesrecht nicht verletzt. 3.3 Zusammenfassend kann somit festgehalten werden, dass das angefochtene Urteil, welches das Erlöschen der Niederlassungsbewilligung feststellt bzw. die entsprechenden Feststellungen der Vorinstanzen schützt, im Ergebnis Bundesrecht nicht verletzt. 4. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde erweist sich demnach als unbegründet. Die Beschwerdeführerin hat für das bundesgerichtliche Verfahren um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung ersucht. Voraussetzung dafür ist insbesondere, dass ihr Rechtsbegehren nicht aussichtslos erscheint (Art. 152 Abs. 1 OG). Wie die vorstehenden Erwägungen zeigen, konnte die Beschwerdeführerin nicht ernsthaft damit rechnen, dass sie mit ihrem Begehren im Ergebnis durchdringen werde. Das Gesuch ist daher abzuweisen. Damit sind die bundesgerichtlichen Kosten entsprechend dem Verfahrensausgang der Beschwerdeführerin aufzuerlegen, wobei ihrer finanziellen Situation bei der Festsetzung der Gerichtsgebühr Rechnung getragen wird (Art. 156 Abs. 1 in Verbindung mit Art. 153 und Art. 153a OG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wird abgewiesen. 2. Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wird abgewiesen. 3. Die Gerichtsgebühr von Fr. 1'000.-- wird der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Die Gerichtsgebühr von Fr. 1'000.-- wird der Beschwerdeführerin auferlegt. 4. Dieses Urteil wird der Beschwerdeführerin, dem Departement für Justiz und Sicherheit und dem Verwaltungsgericht des Kantons Thurgau sowie dem Bundesamt für Zuwanderung, Integration und Auswanderung schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 12. Mai 2004 Im Namen der II. öffentlichrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts: Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
CH_BGer_002
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2,013
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Sachverhalt: A. X._ (geb. 1952) und Y._ (geb. 1948) heirateten am 19. Januar 1979. Aus ihrer Ehe gingen die zwei Söhne A._ (geb. 1979) und B._ (geb. 1982) hervor. Seit Oktober 2005 leben die Parteien getrennt. Das Getrenntleben wurde mit Eheschutzurteil des Gerichtspräsidenten Brugg vom 10. Oktober 2006 geregelt. B. B.a. Am 3. Juli 2006 reichten die Parteien ein gemeinsames Scheidungsbegehren ein. Gestützt darauf wurde die Ehe mit Urteil des Gerichtspräsidiums Brugg vom 22. Juni 2009 geschieden. Soweit vor Bundesgericht noch umstritten, wurde X._ verpflichtet, Y._ bis zu seinem Eintritt ins ordentliche AHV-Alter einen monatlichen Unterhaltsbeitrag von Fr. 1'715.-- zu bezahlen. B.b. Gegen dieses Urteil erhoben X._ beim Obergericht des Kantons Aargau Appellation und Y._ Anschlussappellation. Während X._ die Herabsetzung des Unterhalts auf monatlich Fr. 500.-- verlangte, forderte Y._ die Erhöhung auf Fr. 2'200.--. Mit Urteil vom 30. September 2010 hiess das Obergericht die Appellation und die Anschlussappellation zum Teil gut und wies die Sache zur Neubeurteilung an die Vorinstanz zurück. B.c. Am 25. November 2011 fällte das Gerichtspräsidium Brugg ein neues Urteil. Es bestimmte den Unterhalt ab Rechtskraft der Scheidung bis und mit April 2012 auf Fr. 2'200.-- pro Monat und ab 1. Mai 2012 bis zum Eintritt des Beschwerdeführers ins ordentliche AHV-Alter auf Fr. 1'900.-- pro Monat. B.d. Gegen dieses Urteil gelangte X._ am 16. Januar 2012 erneut mit Berufung ans Obergericht. Er beantragte, den monatlichen Unterhalt auf Fr. 1'433.-- ab Rechtskraft der Scheidung bis und mit April 2012 und auf Fr. 1'233.-- ab 1. Mai 2012 bis zu seinem Eintritt ins ordentliche AHV-Alter festzusetzen. In ihrer Anschlussberufung beantragte Y._ einen monatlichen Unterhalt von Fr. 2'200.-- ab Rechtskraft der Scheidung bis und mit April 2012 und von Fr. 2'100.-- ab 1. Mai 2012 bis zum Eintritt von X._ ins ordentliche AHV-Alter. In seinem Berufungsurteil vom 1. Mai 2013 verpflichtete das Obergericht X._, Y._ bis zu seinem Eintritt ins ordentliche AHV-Alter Unterhalt von Fr. 2'100.-- pro Monat zu leisten. Dabei übernahm das Obergericht in Bezug auf X._s monatliche Nettoeinnahmen die Zahlen der Vorinstanz, die sich aus einem Erwerbseinkommen von Fr. 5'815.-- und einem Mietertrag von Fr. 1'150.-- zusammensetzen. C. Gegen dieses Urteil erhebt X._ (Beschwerdeführer) mit Eingabe vom 10. Juni 2013 Beschwerde in Zivilsachen. Er verlangt, das vorinstanzliche Urteil aufzuheben, den Unterhalt, den er Y._ (Beschwerdegegnerin) bis zum Eintritt ins ordentliche AHV-Alter schulde, auf Fr. 1'283.-- festzusetzen und von der Feststellung eines Mietertrages abzusehen. Das Bundesgericht holte bei der Vorinstanz und der Beschwerdegegnerin eine Vernehmlassung ein. Am 13. September 2013 (Datum der Postaufgabe) erklärte die Vorinstanz den Verzicht auf eine solche. Die Beschwerdegegnerin beantragte in ihrer Vernehmlassung vom 30. Oktober 2013, die Beschwerde abzuweisen, soweit darauf einzutreten ist. Zur Gewährung des Replikrechts wurden diese Eingaben dem Beschwerdeführer zur Kenntnis gebracht.
Erwägungen: 1. 1.1. Die Beschwerde richtet sich gegen einen Endentscheid (<ref-law>) einer letzten kantonalen Instanz (<ref-law>), der eine vermögensrechtliche Zivilsache im Sinne von <ref-law> zum Gegenstand hat. Der gesetzliche Mindeststreitwert (<ref-law>) ist erreicht. Auf die rechtzeitig (<ref-law>) eingereichte Beschwerde ist demnach grundsätzlich einzutreten. 1.2. Im ordentlichen Beschwerdeverfahren sind vor Bundesgericht in rechtlicher Hinsicht alle Rügen gemäss Art. 95 f. BGG zulässig. Das Bundesgericht wendet das Recht in diesem Bereich von Amtes wegen an (<ref-law>). Es prüft behauptete Rechtsverletzungen (<ref-law>) an sich mit freier Kognition. Nun dreht sich der Rechtsstreit aber einzig um die Unterhaltsfestsetzung. Diesbezüglich ist der Richter in verschiedener Hinsicht auf sein Ermessen verwiesen (<ref-law>; <ref-ruling> E. 3a S. 141; Botschaft, BBl 1996 I S. 115 f.). Bei der Überprüfung solcher Entscheide übt das Bundesgericht eine gewisse Zurückhaltung. Es greift nur ein, wenn die kantonale Instanz von dem ihr zustehenden Ermessen falschen Gebrauch gemacht hat. Das ist namentlich dann der Fall, wenn sie grundlos von in Lehre und Rechtsprechung anerkannten Grundsätzen abgewichen ist, wenn sie Gesichtspunkte berücksichtigt hat, die keine Rolle hätten spielen dürfen, oder wenn sie umgekehrt rechtserhebliche Umstände ausser Acht gelassen hat. Aufzuheben und zu korrigieren sind ausserdem Ermessensentscheide, die sich als im Ergebnis offensichtlich unbillig, als in stossender Weise ungerecht erweisen (<ref-ruling> E. 1 S. 99; <ref-ruling> E. 4.2 S. 15; <ref-ruling> E. 2c/aa S. 162). In jedem Fall legt das Bundesgericht seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (<ref-law>). Diesbezüglich kann der Beschwerdeführer nur einwenden, die tatsächlichen Feststellungen seien offensichtlich unrichtig, das heisst willkürlich (vgl. <ref-ruling> E. 4.3 S. 62; <ref-ruling> E. 1.2.2 S. 252), oder würden auf einer anderen Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruhen (Urteil 5A_374/2010 vom 9. Juli 2010 E. 1), insbesondere auf der Verletzung einer verfahrensrechtlichen Verfassungsvorschrift (BGE <ref-ruling>, E. 1.4.3 S. 255). Überdies ist darzutun, inwiefern die Behebung des gerügten Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein kann (<ref-law>; <ref-ruling> E. 2.2.2 S. 22). Für alle Vorbringen betreffend die Verletzung verfassungsmässiger Rechte gilt schliesslich das strenge Rügeprinzip (<ref-law>; BGE <ref-ruling> E. 1.4.2 S. 254). Die Beschwerdeschrift muss die wesentlichen Tatsachen und eine kurz gefasste Darlegung darüber enthalten, welche verfassungsmässigen Rechte bzw. welche Rechtssätze inwiefern durch den angefochtenen Erlass oder Entscheid verletzt worden sind. Das Bundesgericht prüft demnach nur klar und detailliert erhobene und soweit möglich belegte Rügen; auf ungenügend begründete Rügen und rein appellatorische Kritik am angefochtenen Entscheid tritt es nicht ein (<ref-ruling> E. 2.2 S. 246). 1.3. Nicht einzutreten ist auf die Beschwerde, soweit der Beschwerdeführer verlangt, "es sei kein Mietertrag festzustellen". Zwar haben die kantonalen Gerichte gemäss <ref-law> im Unterhaltsentscheid anzugeben, von welchem Einkommen und Vermögen jedes Ehegatten sie ausgehen. Dieser gesetzlichen Anforderung ist Genüge getan, wenn die erwähnten Angaben in die Urteilsbegründung Eingang finden. Die zitierte Norm verschafft einer Partei keinen gerichtlich durchsetzbaren Anspruch darauf, dass das kantonale Gericht Angaben über vorhandenes oder nicht vorhandenes Einkommen oder Vermögen auch im Urteilsspruch selbst niederlegt. 2. Das Obergericht geht von einer lebensprägenden Ehe aus. Es kommt zum Schluss, die Existenzminima beider Parteien könnten gedeckt werden; das Einkommen reiche jedoch nicht aus, um den gebührenden Bedarf beider Parteien zu finanzieren. Anstatt den gebührenden Bedarf angemessen zu kürzen, rechtfertige es sich daher, die Methode der Existenzminimumberechnung mit Überschussverteilung anzuwenden und den Parteien den Überschuss je hälftig zuzuweisen. Der Beschwerdeführer stellt diese Berechnungsweise zu Recht (vgl. <ref-ruling> E. 4.2.1.1) nicht in Frage. Er kritisiert aber die Art und Weise, wie das Obergericht seinen Bedarf ermittelt (E. 3-6) und wie es sein Einkommen berechnet (E. 7). 3. 3.1. Die Vorinstanz rechnet dem Beschwerdeführer bei der Ermittlung des Existenzminimums den hälftigen Grundbetrag für Ehegatten von Fr. 850.-- und nicht den Grundbetrag von Fr. 1'200.-- für einen Einpersonenhaushalt an. Sie begründet dies damit, dass der Beschwerdeführer im Konkubinat lebe und es angebracht sei, "für ein Konkubinatspaar, das eine dauernde Hausgemeinschaft bildet, den gleichen Grundbetrag wie für ein Ehepaar zu nehmen und für den im Konkubinat lebenden Partner den halben Ehegattengrundbetrag einzusetzen". 3.2. Der Beschwerdeführer erachtet das Vorgehen der Vorinstanz als bundesrechtswidrig. Es sei nicht einzusehen, weshalb ein während der Scheidung eingegangenes Konkubinat seitens des Unterhaltsschuldners einen Einfluss auf die nacheheliche Rente habe, während ein nachehelich eingegangenes Konkubinat dessen Leistungsfähigkeit ebenfalls verbessere, ohne sich aber auf die Höhe der Rente auszuwirken. In beiden Fällen müsse das Konkubinat des Unterhaltsverpflichteten ohne Einfluss auf die Höhe des Unterhalts bleiben. 3.3. Die vom Beschwerdeführer aufgestellte Forderung, beim Konkubinat keine Rücksicht auf den Zeitpunkt zu nehmen, in dem der Unterhaltsschuldner dieses eingeht, findet im Gesetz keine Stütze. Wird der Unterhalt - wie hier (E. 2) - anhand des Existenzminimums mit Überschussverteilung ermittelt, so ist das Existenzminimum auf der Basis der aktuellen, das heisst im Zeitpunkt des Scheidungsurteils gegebenen Verhältnisse zu bestimmen. Entsprechend ist sowohl auf Seiten des unterhaltsberechtigten als auch beim unterhaltspflichtigen Teil eine so genannte (einfache) Wohn- und Lebensgemeinschaft zu berücksichtigen (vgl. <ref-ruling> E. 2.3.2 S. 100). Davon ist der - hier nicht im Streit stehende - Fall zu unterscheiden, da die eine Partei eine solche Wohn- und Lebensgemeinschaft erst in der Zeit nach Rechtskraft der Scheidung eingeht, was die andere Partei dazu veranlassen kann, gestützt auf <ref-law> eine Abänderung des Scheidungsurteils anzustreben. Im Übrigen macht der Beschwerdeführer nicht geltend, dass es seinem Konkubinat an der nötigen Stabilität fehle, um seine erhöhte wirtschaftliche Leistungsfähigkeit zu rechtfertigen (vgl. <ref-ruling> E. 2.3 mit Hinweisen). 3.4. Im gleichen Zusammenhang kritisiert der Beschwerdeführer, dass die Vorinstanz der Beschwerdegegnerin den Grundbetrag bloss um um Fr. 100.-- auf Fr. 1'100.-- gekürzt habe, obwohl auch sie zusammen mit ihrem Sohn lebe. Mithin wirft der Beschwerdeführer dem Obergericht vor, es behandle sein Konkubinat nicht gleich wie das Zusammenleben der Beschwerdegegnerin mit dem gemeinsamen, erwachsenen Sohn. Der Vorwurf ist unbegründet. Unter den gegebenen Umständen ist es mit dem Bundesrecht durchaus vereinbar, die Stabilität und die Synergien aus dem Zusammenleben mit einem erwachsenen Kind anders zu gewichten als jene, die sich aus dem Zusammenleben mit einer neuen Partnerin oder einem neuen Partner ergeben. 4. 4.1. Die Vorinstanz hat beim Beschwerdeführer Wohnkosten von Fr. 900.-- und bei der Beschwerdegegnerin solche von Fr. 1'000.-- berücksichtigt. Auf die Kritik, die der Beschwerdeführer bereits in seiner Berufung an dieser Lösung übte, ist die Vorinstanz nicht eingetreten, da sie diese für verspätet bzw. zu wenig substantiiert erachtet hat. Im Übrigen habe der Beschwerdeführer nicht den Nachweis erbracht, mehr für das Wohnen aufwenden zu müssen. 4.2. In seiner Beschwerde wiederholt der Beschwerdeführer seine Forderung nach Gleichbehandlung mit der Beschwerdegegnerin bei den Wohnkosten, ohne darauf einzugehen, dass die Vorinstanz sein Anliegen auch mit dem Argument einer mangelnden bzw. verspäteten Rüge verworfen hat. Wenn einer Partei Wohnkosten von Fr. 1'000.-- zugebilligt würden, müsse die andere Partei über den nämlichen Betrag verfügen dürfen. Die Rechtsprechung der Vorinstanz führe dazu, dass die Ehegatten in der Scheidungsphase eine möglichst teure Wohnung mieteten, um sich eine günstige Ausgangslage für die Bedarfsberechnung zu verschaffen. 4.3. Ob die Vorinstanz die Vorwürfe des Beschwerdeführers zu Recht als verspätet erachtet hat, kann offen bleiben. So oder so ist die Kritik am vorinstanzlichen Urteil unbegründet. Soweit sich die Vorinstanz bei der Ermittlung des Unterhalts am Existenzminimum orientiert, ist der Aufwand für das Wohnen konkret zu ermitteln (vgl. Urteil 5A_474/2013 vom 10. Dezember 2013 E. 3.3. Dies führt regelmässig dazu, dass für das Wohnen unterschiedliche Beträge einzusetzen sind, da die Parteien kaum je genau gleich viel für das Wohnen aufwenden müssen. Der Beschwerdeführer tut nicht dar, dass die Vorinstanz den tatsächlichen Bedarf der Beschwerdegegnerin für das Wohnen falsch ermittelt hätte oder er selbst mehr für das Wohnen aufwenden müsste. Er macht auch nicht geltend, dass der Beschwerdegegnerin zuzumuten wäre, in eine billigere Wohnung umzuziehen. Damit ist auch der Befürchtung der Boden entzogen, jemand beziehe allein deshalb eine teurere Wohnung, weil er sich davon Vorteile bei der Unterhaltsberechnung erhofft. 5. 5.1. Die Vorinstanz hat es abgelehnt, dem Beschwerdeführer bei der Ermittlung des Existenzminimums einen "Erwerbstätigenbonus" zuzugestehen. Bei der Ermittlung des Existenzminimums seien nur die tatsächlichen Auslagen zu berücksichtigen, die mit der Erwerbstätigkeit zusammenhängen. 5.2. Der Beschwerdeführer ist anderer Meinung. Er fordert unter Hinweis auf Rolf Vetterli (St. Galler Tagung zum Eherecht 2008) und das deutsche Recht bei der Ermittlung seines Bedarfs einen "Bonus", weil er ein doppeltes Arbeitspensum erledigen müsse, nämlich Erwerb und Haushalt inkl. Garten, während die Beschwerdegegnerin pensioniert sei und nur noch den Haushalt führen müsse. 5.3. Für den vom Beschwerdeführer geforderten "Bonus" liefert das geltende Recht keine Grundlage. Fehlt es den Ehegatten - wie hier (E. 2) - an den Mitteln, um ihre bisher während der Ehe geführte Lebenshaltung auch nach der Scheidung weiterzuführen, so hat ein jeder von ihnen Anspruch darauf, auf dem gleichen (tieferen) Standard leben zu können wie der andere (<ref-ruling> E. 4.2.1.1 S. 106; <ref-ruling> E. 3.1.1. S. 8 f.). Allein der Umstand, dass nur der Beschwerdeführer ein Erwerbseinkommen erzielt und sich deshalb einer Doppelbelastung gegenübersieht, rechtfertigt es nicht, ihm zusätzliche Mittel zur Bestreitung seiner Lebenshaltungskosten zuzubilligen. Im Übrigen macht der Beschwerdeführer auch nicht geltend, dass der Verzicht auf den von ihm geforderten Bonus dazu führt, dass die Beschwerdegegnerin ihren während der Ehe gelebten Lebensstandard verbessert. Die Beschwerde erweist sich in dieser Hinsicht als unbegründet. 6. 6.1. Die Vorinstanz hat dem Beschwerdeführer Arbeitswegkosten von Fr. 80.-- pro Monat angerechnet, wie sie bei Benützung eines Rollers anfallen. Gegen diesen von der Beschwerdegegnerin zugestandenen Betrag habe der Beschwerdeführer bloss eingewendet, dass er den Arbeitsweg nicht auf dem Roller zurücklegen könne. Damit habe er die Ausführungen der Beschwerdegegnerin nicht substantiiert bestritten. 6.2. Der Beschwerdeführer verlangt vor Bundesgericht, die Fr. 174.--pro Monat zu berücksichtigen, die ihm das Gerichtspräsidium Brugg unter diesem Titel zugebilligt hatte. Er ist der Meinung, dass er seinen Anspruch genügend substantiiert habe. Es brauche nur wenig Fantasie, um zu sehen, dass er auf ein Auto angewiesen sei, da er Schicht arbeite und in gepflegtem Tenue zur Arbeit zu erscheinen habe. 6.3. Der Vorwurf ist insofern begründet, als die Vorinstanz in diesem Punkt mangels Substantiierung im Ergebnis gar nicht auf die Berufung des Beschwerdeführers eingetreten ist. Das Gerichtspräsidium Brugg war davon ausgegangen, der Beschwerdeführer sei für den Weg zur Arbeit auf ein Auto angewiesen, pro Kilometer sei ihm aber weniger als verlangt anzurechnen. Dass er seine Forderung nicht hinreichend substantiiert hätte, war vor dem Gerichtspräsidium kein Thema und wurde auch von der Beschwerdegegnerin nicht geltend gemacht. Letztere stellte sich vielmehr auf den Standpunkt, dass der Beschwerdeführer den Weg zur Arbeit auch auf einem Roller zurücklegen könne. Vor diesem Hintergrund ist es nicht nachvollziehbar, wie die Vorinstanz dem Beschwerdeführer nun vorwirft, seinen Anspruch, den Weg zur Arbeit mit dem Auto zurückzulegen, nicht genügend substantiiert zu haben. Die Beschwerde ist in diesem Punkt gutzuheissen, damit die Vorinstanz inhaltlich zur Frage Stellung nehme, ob der Beschwerdeführer für den Weg zur Arbeit auf ein Auto angewiesen ist und welcher Abzug sich gegebenenfalls daraus ergibt. 7. 7.1. Bei der Ermittlung des Einkommens hat die Vorinstanz dem Beschwerdeführer einen Ertrag von Fr. 1'150.-- angerechnet. Dieser Betrag geht zurück auf die Vermietung der Liegenschaft "C._" an einen der Söhne. 7.2. Der Beschwerdeführer kritisiert das Vorgehen der Vorinstanz in zweifacher Hinsicht. Zum einen moniert er, dass ein Teil der angerechneten Fr. 1'150.-- nicht Vermögensertrag darstelle, sondern darauf zurückzuführen sei, dass er eine Pferdepension betrieben habe. Es sei stossend, wenn ihm als 60-jährigem Berufschauffeur zugemutet werde, zusätzlich einem Nebenerwerb nachzugehen, um seiner geschiedenen, pensionierten Frau einen höheren Lebensstil zu ermöglichen. Zum andern sei der Betrag von Fr. 1'150.-- auch deshalb nicht zum Einkommen zu zählen, weil es sich dabei um Vermögensertrag handle und kein Mangelfall vorliege. Anders zu entscheiden, hätte zur Folge, dass der Unterhaltsverpflichtete sein Vermögen konservieren müsste und dieses nicht umschichten dürfte. Im Übrigen habe eine güterrechtliche Auseinandersetzung stattgefunden. Daher müsste auch der Vermögensertrag auf Seiten der Beschwerdegegnerin berücksichtigt werden. 7.3. 7.3.1. Auf die Kritik des Beschwerdeführers an der vorinstanzlichen Feststellung des Sachverhalts ist nicht einzutreten. Das Obergericht hat den Betrag von Fr. 1'150.-- als Einnahme aus der Vermietung der Liegenschaft "C._" bezeichnet. Dass sie dem Beschwerdeführer damit auch Einkommen aus einem Nebenerwerb (Pferdepension) angerechnet hat, ist nicht in rechtsgenüglicher Weise dargetan. Damit kann offen bleiben, ob dem Beschwerdeführer auch dieses Einkommen anzurechnen wäre, wenn über den nachehelichen Unterhalt zu befinden ist. 7.3.2. Soweit sich der Beschwerdeführer auf den Standpunkt stellt, dass ein Vermögensertrag nach Durchführung der güterrechtlichen Auseinandersetzung nicht zur Befriedigung von Unterhaltsforderungen herbeigezogen werden kann, ist ihm nicht zu folgen. Nach <ref-law> sind bei der Unterhaltsfestsetzung Einkommen und Vermögen der Ehegatten zu berücksichtigen. Zum Einkommen zählen nicht nur die Erwerbseinkünfte eines Ehegatten, sondern in gleicher Weise - und entgegen der Meinung des Beschwerdeführers nicht nur in Mankofällen - auch die Erträgnisse aus seinem Vermögen (Urteil 5A_14/2008 vom 28. Mai 2008 E. 5). Der Beschwerdeführer irrt auch, wenn er meint, dass er durch den angefochtenen Entscheid daran gehindert werde, von der Substanz seines Vermögens zu zehren oder dieses umzuschichten. Beides bleibt ihm freigestellt, soweit er seiner Unterhaltspflicht weiterhin nachkommt. Erneut ins Leere geht schliesslich seine Kritik, wonach ihn die Vorinstanz gegenüber der Beschwerdegegnerin benachteiligt habe. Um diesen Vorwurf zu erheben, genügt es nicht, die güterrechtliche Auseinandersetzung als Nullsummenspiel zu bezeichnen. Vielmehr müsste der Beschwerdeführer dartun, welche Vermögenserträge die Beschwerdeführerin aus dem Vermögen erzielt, das ihr bei der güterrechtlichen Auseinandersetzung zugeflossen ist, ohne dass die Vorinstanz diese Erträge bei der Unterhaltsberechnung berücksichtigt hätte. 8. Zusammenfassend ergibt sich, dass die Beschwerde in Zivilsachen insoweit gutzuheissen ist, als die Vorinstanz nicht geprüft hat, ob der Beschwerdeführer für den Weg zur Arbeit auf ein Auto angewiesen ist. Im Übrigen ist die Beschwerde abzuweisen. Im Rahmen ihres Unterliegens tragen der Beschwerdeführer und die Beschwerdegegnerin die Gerichtskosten (<ref-law>). Die zur Hauptsache obsiegende Beschwerdegegnerin hat Anspruch auf eine Parteientschädigung (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird teilweise gutgeheissen. Die Ziffern 1.1, 2 und 3 des Urteils des Obergerichts des Kantons Aargau, Zivilgericht, 2. Kammer, vom 1. Mai 2013 wird aufgehoben. Die Sache wird im Sinne der Erwägungen zu neuer Entscheidung an die Vorinstanz zurückgewiesen. Im Übrigen wird die Beschwerde abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 2'000.-- werden zu Fr. 1'600.-- dem Beschwerdeführer und zu Fr. 400.-- der Beschwerdegegnerin auferlegt. 3. Der Beschwerdeführer hat die Beschwerdegegnerin für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 2'000.-- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Aargau, Zivilgericht, 2. Kammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 10. Dezember 2013 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: von Werdt Der Gerichtsschreiber: V. Monn
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2,013
fr
Considérant en fait et en droit: 1. 1.1. Par sentence du 19 juillet 2013, le Tribunal Arbitral du Sport (TAS), admettant sa compétence pour connaître du différend qui lui était soumis, a rejeté l'appel formé par A._, un athlète de nationalité suisse domicilié à l'époque en Suisse, contre la décision du 24 janvier 2012 de la Chambre disciplinaire pour les cas de dopage de X._ le reconnaissant coupable d'infraction aux normes antidopage et prononçant sa suspension pour une durée de deux ans à compter du 25 juin 2011 ainsi que l'annulation de tous les prix qu'il avait obtenus depuis cette date. 1.2. Le 16 septembre 2013, A._ (ci-après: le recourant), actuellement domicilié en France, a adressé une écriture, intitulée "Requête en annulation", au Tribunal fédéral pour lui demander de constater que le TAS était incompétent en l'espèce et qu'il avait rendu une sentence "illégale" devant être censurée. Les trois intimées susmentionnées et le TAS, qui a produit le dossier de la cause, n'ont pas été invités à déposer une réponse. 2. La "Requête en annulation" du recourant vise une sentence rendue dans le cadre d'un arbitrage interne au sens des <ref-law> (RS 272). Elle sera traitée comme un recours en matière civile, conformément à l'<ref-law> (RS 173.110). 3. 3.1. Selon l'<ref-law>, la procédure de recours est régie par la LTF. Le recours contre une décision doit être déposé dans les 30 jours qui suivent la notification de l'expédition complète. Ce délai légal, qui ne peut pas être prolongé (<ref-law>), ne court pas pendant les féries judiciaires, en particulier du 15 juillet au 15 août inclusivement (<ref-law>). En vertu de l'<ref-law>, les mémoires doivent être remis au plus tard le dernier jour du délai, soit au Tribunal fédéral soit, à l'attention de ce dernier, à La Poste Suisse ou à une représentation diplomatique ou consulaire suisse. Hormis celui du Liechtenstein, les offices postaux étrangers ne sont pas assimilés à un bureau de poste suisse. La remise d'un mémoire à un tel office n'équivaut donc pas à la remise à un bureau de poste suisse. Pour que le délai soit sauvegardé en pareille hypothèse, il faut que le pli contenant le mémoire arrive le dernier jour du délai au plus tard au greffe du Tribunal fédéral ou que la Poste Suisse en prenne possession avant l'expiration du délai (arrêt 4A_258/2008 du 7 octobre 2008 consid. 2 et les références). Le recourant qui choisit de transmettre son recours par une poste étrangère doit ainsi faire en sorte que celui-ci soit reçu à temps en le postant suffisamment tôt (arrêt 1B_116/2012 du 22 mars 2012 consid. 2 et les références). 3.2. En l'espèce, d'après les explications du recourant, qui était alors assisté d'un avocat suisse, la sentence du 19 juillet 2013 a été notifiée aux parties durant les féries judiciaires d'été, de sorte que le délai de recours a commencé à courir le 16 août 2013 pour expirer le lundi 16 septembre 2013, compte tenu du report prévu par l'<ref-law>. Le calcul du délai de recours effectué par l'intéressé est correct. Selon les informations résultant du système de suivi des envois mis en place par la Poste suisse, le pli recommandé contenant le mémoire de recours, posté le 16 septembre 2013 en France, a été réceptionné à la frontière suisse le 19 septembre 2013 et a été distribué le 23 septembre 2013 au Tribunal fédéral. Conformément à la jurisprudence susmentionnée, le recours doit dès lors être déclaré irrecevable pour avoir été déposé hors délai. 4. De surcroît, le mémoire de recours adressé au Tribunal fédéral ne satisfait nullement à l'exigence de motivation fixée à l'<ref-law>. Le recourant en est bien conscient, qui y réserve "la production d'écritures ultérieures plus abondamment étayées" (p. 3 in medio). Semblable réserve se révèle toutefois inefficace, étant donné que, dans l'hypothèse la plus favorable au recourant, le mémoire de recours aurait été déposé le dernier jour du délai. Or, comme on l'a déjà souligné, le délai de recours n'est pas prolongeable. Par conséquent, un éventuel complément au mémoire de recours ne pourrait pas être pris en considération. 5. Les causes d'irrecevabilité étant manifestes, l'arrêt sera rendu selon la procédure simplifiée prévue par l'<ref-law>. 6. Étant donné les circonstances, le présent arrêt sera rendu sans frais (<ref-law>). Les intimées, qui n'ont pas été invitées à déposer une réponse, n'ont pas droit à des dépens.
Par ces motifs, la Présidente de la Ire Cour de droit civil: 1. N'entre pas en matière sur le recours. 2. Dit qu'il n'est pas perçu de frais. 3. Communique le présent arrêt aux parties et au Tribunal Arbitral du Sport (TAS). Lausanne, le 21 octobre 2013 Au nom de la Ire Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse La Présidente: Klett Le Greffier: Carruzzo
CH_BGer_004
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2,009
fr
Faits: A. R._ a travaillé comme conductrice de machines filtres auprès de la société X._ SA à partir du 1er juin 1978. Le 18 juillet 1997, elle a déposé une demande de prestations de l'assurance-invalidité tendant à l'obtention d'une mesure de réadaptation ou d'une rente. Par décision du 21 juin 2001, l'office de l'assurance-invalidité pour le canton de Vaud (ci-après: l'office AI) a refusé tout droit à des prestations. L'assurée ayant interjeté un recours contre cette décision, le Tribunal des assurances du canton de Vaud l'a admis, annulé la décision de l'office AI et renvoyé la cause à ce dernier pour qu'il procède à un complément d'instruction et rende une nouvelle décision (cf. jugement du 17 janvier 2002). Après avoir mis en oeuvre un examen clinique bidisciplinaire auprès de son Service médical régional, lequel concluait à une incapacité de travail totale dans toute activité, l'office AI a alloué à R._, par décision du 4 février 2003, une rente entière d'invalidité à partir du 1er septembre 2001. L'assurée a recouru contre cette décision en concluant à titre principal à ce que son droit à la rente fût reconnu dès le 1er janvier 1998. Par jugement du 8 septembre 2003, le Tribunal des assurances a une nouvelle fois annulé la décision de l'office AI et lui a renvoyé la cause pour qu'il mette en oeuvre une nouvelle expertise médicale. L'office AI a confié une expertise psychiatrique à la doctoresse O._, spécialiste FMH en psychiatrie et psychothérapie (cf. rapport du 26 novembre 2004). Celle-ci a conclu à une incapacité de travail n'excédant pas 20 à 30 % depuis 1997. Par décision du 4 juillet 2007, l'office a décidé de mettre fin au versement de la rente d'invalidité servie depuis le 1er septembre 2001 pour le premier jour du deuxième mois suivant la notification de sa décision, soit à partir du 1er septembre 2007. Il a considéré que l'état de santé de l'assurée s'était amélioré au cours de l'année 2004 et qu'elle pouvait raisonnablement exercer une activité légère de substitution à 70 %, de sorte que son degré d'invalidité (37 %) n'ouvrait pas droit à une rente. B. R._ a recouru contre cette décision en concluant à sa réforme, en ce sens qu'elle avait droit à un quart de rente d'invalidité depuis le 1er janvier 1998. Par jugement du 4 mars 2008, le Tribunal des assurances du canton de Vaud a rejeté le recours. C. R._ interjette un recours en matière de droit public contre ce jugement dont elle demande derechef la réforme, en ce sens qu'elle a droit à une rente d'invalidité à compter du 1er janvier 1998. L'office AI a conclu implicitement au rejet du recours tandis que l'Office fédéral des assurances sociales a renoncé à se déterminer.
Considérant en droit: 1. Le recours en matière de droit public (art. 82 ss LTF) peut être formé pour violation du droit selon l'art. 95 s. LTF. Le Tribunal fédéral statue en principe sur la base des faits établis par l'autorité précédente (art. 105 al. 1 LTF), sous réserve des cas prévus à l'art. 105 al. 2 LTF. Cette disposition lui donne la faculté de rectifier ou compléter d'office l'état de fait de l'arrêt attaqué dans la mesure où des lacunes ou erreurs dans celui-ci lui apparaîtraient d'emblée comme manifestes. Quant au recourant, il ne peut critiquer la constatation des faits importants pour le jugement en cause que si ceux-ci ont été constatés en violation du droit au sens de l'art. 95 LTF ou de manière manifestement inexacte (art. 97 al. 1 LTF). 2. 2.1 En procédure juridictionnelle administrative, ne peuvent être examinés et jugés, en principe, que les rapports juridiques à propos desquels l'autorité administrative compétente s'est prononcée préalablement, d'une manière qui la lie sous la forme d'une décision. Dans cette mesure, la décision détermine l'objet de la contestation qui peut être déféré en justice par voie de recours. En revanche, dans la mesure où aucune décision n'a été rendue, la contestation n'a pas d'objet, et un jugement sur le fond ne peut pas être prononcé. Le juge n'entre donc pas en matière, en règle générale, sur des conclusions qui vont au-delà de l'objet de la contestation (<ref-ruling> consid. 1a p. 414; MEYER/VON ZWEHL, L'objet du litige en procédure de droit administratif fédéral, in: Mélanges Pierre Moor, Berne 2005, n° 8 p. 439). 2.2 L'objet du litige dans la procédure administrative subséquente est le rapport juridique qui - dans le cadre de l'objet de la contestation déterminé par la décision - constitue, d'après les conclusions du recours, l'objet de la décision effectivement attaqué. D'après cette définition, l'objet de contestation et l'objet du litige sont identiques lorsque la décision administrative est attaquée dans son ensemble. En revanche, lorsque le recours ne porte que sur une partie des rapports juridiques déterminés par la décision, les rapports juridiques non contestés sont certes compris dans l'objet de la contestation, mais non pas dans l'objet du litige (<ref-ruling> consid. 1b et 2 p. 414 ss et les références citées). Les questions qui - bien qu'elles soient visées par la décision administrative et fassent ainsi partie de l'objet de la contestation - ne sont plus litigieuses, d'après les conclusions du recours, et qui ne sont donc pas comprises dans l'objet du litige, ne sont examinées par le juge que s'il existe un rapport de connexité étroit entre les points non contestés et l'objet du litige (<ref-ruling> consid. 2a p. 244, 117 V 294 consid. 2a p. 295). 2.3 Par sa décision du 4 juillet 2007, - qui détermine l'objet de la contestation -, l'office AI a en réalité octroyé à la recourante une rente entière d'invalidité de manière rétroactive à partir du 1er septembre 2001, puis l'a supprimée à partir du 1er septembre 2007. 3. En instance fédérale, la recourante conclut à l'octroi d'un quart de rente d'invalidité depuis le 1er janvier 1998. Le droit éventuel de la recourante à une rente d'invalidité pour la période comprise entre le 1er janvier 1998 et le 31 août 2001 n'a pas fait l'objet d'une décision de l'intimé. Dans ces conditions, la contestation devant la juridiction cantonale n'avait pas d'objet et les premiers juges étaient fondés à ne pas entrer en matière sur ces conclusions. Il appartiendra à l'administration de se prononcer encore sur ce point. Le droit à la rente pour la période comprise entre le 1er septembre 2001 et le 31 août 2007 n'est quant à lui pas litigieux puisque les premiers juges ont confirmé la décision de l'office AI, du 4 juillet 2007, allouant à la recourante une rente entière d'invalidité pour ladite période. On voit donc mal l'intérêt de la recourante à contester ce point. Enfin, dans la mesure où la recourante a conclu à une rente non limitée dans le temps, elle conteste implicitement la décision de suppression de la rente par l'office AI, confirmée par la juridiction cantonale. Il s'ensuit que l'objet du litige sur lequel les premiers juges devaient se prononcer comprenait le point de savoir si c'est à juste titre que l'office AI a supprimé la rente d'invalidité de la recourante à partir du 1er septembre 2007. 4. 4.1 Selon la jurisprudence rendue en application du l'art. 41 aLAI, toujours valable sous l'empire de la LPGA (<ref-ruling>), la décision qui simultanément accorde une rente avec effet rétroactif et en prévoit la réduction ou la suppression correspond à une décision de révision selon l'art. 17 LPGA (<ref-ruling> consid. 2d p. 417 s. et les références). Aux termes de cette disposition, si le degré d'invalidité du bénéficiaire subit une modification notable, la rente est d'office ou sur demande révisée pour l'avenir (augmentée, réduite, supprimée). Tout changement important des circonstances propre à influencer le droit à la rente peut motiver une révision au sens de l'art. 17 LPGA. La rente peut être révisée en cas de modifications sensibles de l'état de santé ou lorsque celui-ci est resté le même mais que ses conséquences sur la capacité de gain ont subi un changement important (<ref-ruling> consid. 3.5 p. 349 ss, 113 V 273 consid. 1a p. 275, <ref-ruling> consid. 2b p. 372 s., 387 consid. 1b p. 390 s.). Le point de savoir si un tel changement s'est produit doit être tranché en comparant les faits tels qu'ils se présentaient lors de la décision initiale de rente et les circonstances régnant à l'époque de la décision litigieuse (<ref-ruling> consid. 3.5.2 p. 350 s., 125 V 368 consid. 2 p. 369, <ref-ruling> consid. 2b p. 372 s. et 387 consid. 1b p. 390 s. et les références). 4.2 En l'espèce, les premiers juges auraient dû comparer au plan économique les circonstances qui se présentaient le 1er septembre 2001 avec celles régnant le 4 juillet 2007. Or, tant l'office AI que la juridiction cantonale ont établi les faits de façon manifestement inexacte (art. 105 al. 2 LTF) puisqu'ils ont calculé le taux d'invalidité de la recourante en se fondant sur des revenus hypothétiques réalisés en 1997, respectivement 1998. Il y a dès lors lieu d'annuler le jugement attaqué et de renvoyer la cause à l'office AI afin qu'il se prononce à nouveau sur le droit de la recourante à une rente au-delà du mois d'août 2007, après avoir procédé à la comparaison des revenus sans et avec invalidité (cf. art. 16 LPGA) déterminants pour l'année 2007. Le recours s'avère par conséquent bien fondé. 5. Vu l'issue du litige, les frais et les dépens de la procédure fédérale doivent être mis à la charge de l'intimé (art. 66 al. 1 et 68 al. 1 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est admis. Le jugement du Tribunal des assurances du canton de Vaud du 4 mars 2008 et la décision de l'Office de l'assurance-invalidité pour le canton de Vaud du 4 juillet 2007 sont annulés, la cause étant renvoyée audit office pour instruction complémentaire au sens des considérants et nouvelle décision. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 500 fr., sont mis à la charge de l'intimé. 3. L'intimé versera à la recourante la somme de 2'800 fr. à titre de dépens pour la dernière instance. 4. La cause est renvoyée au Tribunal des assurances du canton de Vaud pour nouvelle décision sur les frais et les dépens de la procédure antérieure. 5. Le présent arrêt est communiqué aux parties, au Tribunal des assurances du canton de Vaud, à la Caisse de compensation AVS/AI/APG de la Chambre vaudoise du commerce et de l'industrie - Association des industries vaudoises et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 10 juin 2009 Au nom de la IIe Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse Le Président: La Greffière: Meyer Fretz
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2,013
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Nach Einsicht in das Schreiben vom 8. Februar 2013 (Poststempel), worin B._ die Beschwerde vom 17. Dezember 2012 gegen den Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 16. Oktober 2012 zurückzieht,
in Erwägung, dass die Beschwerde gemäss <ref-law> in Verbindung mit <ref-law> im Verfahren nach <ref-law> abzuschreiben ist, dass in Anwendung von <ref-law> auf die Erhebung von Gerichtskosten verzichtet wird,
verfügt die Einzelrichterin: 1. Das Verfahren wird infolge Rückzugs der Beschwerde abgeschrieben. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Diese Verfügung wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 14. Februar 2013 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Einzelrichterin: Glanzmann Der Gerichtsschreiber: Widmer
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2,010
de
Erwägungen: 1. S._ verstarb mit letztem Wohnsitz in A._ am 4. Juni 2000. Sie setzte neben verschiedenen Vermächtnissen die Stadt B._ als Alleinerbin ein. In der Folge kam es zu Erbstreitigkeiten zwischen ihrem Bruder V._, einziger gesetzlicher Erbe, und der Stadt B._. Mit rechtskräftigem Urteil vom 27. Juni 2006 stand schliesslich fest, dass V._ - abgesehen von der Zuweisung eines Vermächtnisses an seinen Sohn Y._ - einziger Erbe von S._ war. V._ starb am 20. Februar 2007. Er hinterliess als Erben seine drei Söhne X._, Y._ und Z._. Am 29. August 2000 fand u.a. in Anwesenheit von Y._ und X._ die Aufnahme des Steuerinventars von S._ statt. Am 30. März 2005 teilte das Steueramt des Kantons Aargau allen potentiellen Erben und Vermächtnisnehmern (insgesamt 25 Briefe) mit, dass die erbrechtliche Auseinandersetzung noch nicht beendet und demzufolge die Veranlagung der Erbschaftssteuer noch nicht vorgenommen worden seien. Das Gemeinwesen halte an seinem Steueranspruch fest, weshalb das Schreiben zugleich als Verjährungsunterbrechung gelte. Am 23. Juli 2007 veranlagte das kantonale Steueramt die Erben des einzigen gesetzlichen Erben von S._, V._, nämlich dessen drei Söhne X._, Y._ und Z._, auf dem V._ angefallenen Vermögen der Erblasserin zu einer Erbschaftssteuer von insgesamt Fr. 626'754.60. Eine dagegen gerichtete Einsprache von X._ wies das kantonale Steueramt ab. Dies wurde vom Steuerrekurs- und anschliessend vom Verwaltungsgericht des Kantons Aargau am 15. Juli 2009 bestätigt. X._ beantragt vor Bundesgericht, u.a. das angefochtene Urteil vom 15. Juli 2009 und die Erbschaftssteuerveranlagung vom 23. Juli 2007 aufzuheben. 2. Die von X._ erhobene Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten ist offensichtlich unbegründet, weshalb sie im Verfahren nach Art. 109 Abs. 2 Bst. a BGG mit summarischer Begründung abgewiesen wird. Auf die Beschwerde ist grundsätzlich einzutreten; aufgrund des Devolutiveffekts ist auf das Begehren, auch die Erbschaftssteuerveranlagung aufzuheben, nicht einzutreten (<ref-ruling> E. 1.4 S. 144). Nicht zu hören ist die Rüge einer Verletzung des rechtlichen Gehörs: Die Vorinstanz ist nicht verpflichtet, jedes einzelne Vorbringen ausdrücklich zu widerlegen. Sie hat die neuere Rechtsprechung konsultiert und darauf Bezug genommen, die sich im Übrigen ausdrücklich mit dem vom Beschwerdeführer angerufenen BGE 79 I 248 befasst. Sie hat sich somit implizit mit den Vorbringen des Beschwerdeführers auseinandergesetzt (zum Ganzen <ref-ruling> E. 4.1 S. 88 f.). 3. 3.1 Nach dem in der Sache noch anwendbaren § 180 Abs. 1 des aargauischen Steuergesetzes vom 13. Dezember 1983 (aStG) verwirkt das Recht, ein Erbschaftssteuerverfahren einzuleiten, spätestens fünf Jahre nach dem Ableben des Erblassers. Die Vorinstanz ist nach Auslegung der relevanten Bestimmungen zum Schluss gekommen, dass das Verfahren mit der Inventaraufnahme eingeleitet werde. Die Einleitung könne allerdings gegenüber Personen nur dann Wirkung entfalten, wenn diese konkret in das Verfahren einbezogen wurden, insbesondere wenn sie an der Inventaraufnahme teilnehmen oder davon in Kenntnis gesetzt wurden. Mit der Aufnahme des Steuerinventars am 29. August 2000 wurde die fünfjährige Frist ausgelöst. Der Beschwerdeführer war neben seinem Bruder, dem eine Liegenschaft vermacht wurde, an der Inventaraufnahme dabei. Im Inventar wird festgehalten, dass der Beschwerdeführer seinen Vater V._ vertrat. Jener bestreitet allerdings, dass er seinen Vater vertreten habe, sei doch eine Rechtsanwältin für die Vertretung beauftragt worden. Die Vorinstanz hat entgegen der Auffassung des Beschwerdeführers nicht willkürlich gehandelt. Auch wenn eine Rechtsanwältin zur Wahrnehmung der Interessen des V._ bestellt war, schliesst dies nicht aus, dass auch der Beschwerdeführer seinen Vater vertreten konnte. Dafür, dass sich dies in der Tat so zugetragen hat, sprechen mehrere Gründe: Aus den Akten ergibt sich, dass der Beschwerdeführer mit seinem Vater die Rechtsanwältin beauftragt hat. Da er in dieser Sache weder Erbe noch Vermächtnisnehmer war, muss davon ausgegangen werden, dass er von seinem Vater als sein erster Vertreter eingesetzt wurde. Angesichts der Mitwirkungspflicht der Erben (§ 156 aStG) und des Umstandes, dass der Beschwerdeführer im Gegensatz zur Rechtsanwältin die Verhältnisse der Erblasserin kannte, drängte es sich geradezu auf, dass bei der Inventaraufnahme der Beschwerdeführer anstelle der Rechtsanwältin seinen Vater vertreten hatte. Es erklärt auch, warum der Beschwerdeführer, der weder Erbe noch Vermächtnisnehmer war und somit keine direkte Kenntnis von der Inventaraufnahme hatte, überhaupt an dieser anwesend war. Es ist zudem auch nicht einsichtig, dass die Gemeindekanzlei der Gemeinde A._ ohne äusseren Anlass bestimmt haben sollte, dass der Beschwerdeführer seinen Vater vertrete. Im Übrigen hat die Rechtsanwältin zu einem späteren Zeitpunkt ebenfalls Kenntnis von der Inventaraufnahme erlangt. 3.2 Die Vorinstanz hat gestützt auf § 179 Abs. 3 aStG und der bundesgerichtlichen Rechtsprechung (<ref-ruling>) festgestellt, dass das oben erwähnte Schreiben den Anforderungen an eine Verjährungsunterbrechung genüge. Der Beschwerdeführer bringt dagegen vor, dass die Veranlagungsverjährungsfrist damit nicht unterbrochen werde und beruft sich auf BGE 79 I 248. In <ref-ruling> E. 2f. S. 4 hat das Bundesgericht in Auseinandersetzung mit BGE 79 I 248 ausdrücklich die Zulässigkeit einer amtlichen Mitteilung, deren Zweck sich in der Unterbrechung des Verjährungsablaufs erschöpft, bejaht. Diese Rechtsprechung gilt auch in anderen Bereichen des Steuerrechts. Die Vorinstanz hat somit nicht willkürlich gehandelt. 4. Die Beschwerde erweist sich als unbegründet und ist abzuweisen, soweit darauf eingetreten werden kann. In Erbschaftssteuerstreitigkeiten herrscht Verfahrenssolidarität, weshalb auch die weiteren Erben, die nicht selber Beschwerde geführt haben, als einbezogen gelten. Entsprechend dem Grundsatz, dass derjenige, der Kosten verursacht, diese auch zu tragen hat (<ref-law>), werden die bundesgerichtlichen Kosten dem Beschwerdeführer X._ allein auferlegt (<ref-law>). Eine Parteientschädigung ist nicht geschuldet (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 5'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten und dem Verwaltungsgericht des Kantons Aargau, 2. Kammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 28. April 2010 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Zünd Errass
CH_BGer_002
Federation
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2,009
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Faits: A. A._, X._ et C._ ainsi que D._ et E._ ont constitué entre eux une société simple, appelée "Konsortium V._" (ci-après: le consortium), ayant pour but de construire à ... un complexe immobilier portant ce nom. Le 10 juin 1996, le consortium a conclu un contrat d'entreprise générale avec W._ SA (ci-après: l'entrepreneur général), ayant son siège à ..., par lequel cette dernière s'engageait à effectuer les travaux de construction de la superstructure pour un prix fixé à 8'238'518 fr. Le consortium utilisait les services bancaires de la Banque R._, tandis que l'entrepreneur général avait pour banque Y._ (ci-après: la banque). Pour le chantier "V._", Y._ a ouvert, conformément aux instructions reçues de son client, deux comptes au nom de l'entrepreneur général, l'un dont il pouvait disposer librement et l'autre, intitulé "sous-traitants", qui était destiné au paiement des sous-traitants. Il n'est pas établi que la banque ait pris un quelconque engagement envers le consortium (ou sa banque, la Banque R._) quant à l'utilisation de ces deux comptes. Dès le mois de mai 1996, la banque s'est inquiétée de la situation financière de l'entrepreneur général. Alors qu'elle était déjà au bénéfice d'une cession générale des créances de l'entreprise, elle a décidé de suivre de près son évolution. Au début 1997, le dossier a été transmis, à l'intérieur de la banque, au département "Recovery Management". La banque a exigé successivement des comptes provisoires, des versements et la mise sur pied d'un mécanisme permettant de suivre l'évolution de la société. Elle a demandé des mesures d'assainissement. Il a été retenu qu'à deux reprises la banque s'est immiscée dans la gestion de l'entrepreneur général, dont une seule intervention semble avoir été suivie d'effet, à savoir pour le paiement des salaires de juin 1997. Le 4 juillet 1997, la banque a dénoncé au remboursement les crédits accordés et l'entrepreneur général a été mis en faillite le 10 octobre 1997. B. Y._ a requis une poursuite en réalisation d'un gage immobilier à l'encontre de X._, lui réclamant en capital les sommes de 900'000 fr. et 33'059 fr. 20. La mainlevée provisoire de l'opposition ayant été prononcée, X._ a ouvert devant le Tribunal cantonal du Valais, le 1er octobre 1999, une action en libération de dette. Il ne conteste pas devoir les sommes qui lui sont réclamées, mais, faisant valoir que le consortium lui a cédé ses droits à l'encontre de la banque, il entend exciper de compensation et former une demande reconventionnelle, invoquant des créances du consortium à l'encontre de la banque qui résulteraient du comportement de celle-ci en relation avec le chantier "V._". Il a été retenu que le consortium, par l'entremise de sa banque (la Banque R._), avait versé au total 7'387'000 fr. sur les comptes de l'entrepreneur général auprès de Y._; une part importante de cette somme, à savoir 5'624'058 fr., n'a pas été affectée au chantier "V._". En dernier lieu, X._, agissant comme cessionnaire des droits du consortium, a fait valoir à l'encontre de la banque les trois créances suivantes: - une créance de 389'381 fr. 10 avec intérêts correspondant au solde du compte "sous-traitants" que la banque s'est appropriée par compensation dans la faillite de l'entrepreneur général; - une créance de 888'504 fr. 80 avec intérêts correspondant aux sommes qui avaient été versées sur le compte "sous-traitants" et qui ont été utilisées, sans opposition de la banque, à d'autres fins qu'au paiement des sous-traitants; - une créance de 1'628'000 fr. avec intérêts correspondant aux pertes évaluées par le consortium en raison de la livraison tardive de l'ouvrage, le demandeur alléguant que la banque avait fonctionné comme organe de fait de l'entrepreneur général et qu'elle avait tardé, en cette qualité, à déposer le bilan, ce qui aurait provoqué ce dommage. Par jugement du 23 juin 2009, la Cour civile I du Tribunal cantonal du Valais a rejeté l'action en libération de dette et l'action additionnelle en paiement, avec suite de frais et dépens. En substance, la cour cantonale a retenu que la banque n'avait pas fonctionné comme organe de fait de l'entrepreneur général et que le demandeur n'était pas parvenu à prouver le dommage individualisé (et non le dommage de la masse) que le consortium aurait subi. C. X._ exerce un recours en matière civile au Tribunal fédéral contre le jugement du 23 juin 2009. Invoquant l'arbitraire dans l'établissement des faits, une violation des notions juridiques d'organe de fait et de dommage, il conclut, avec suite de frais et dépens, à l'annulation de l'arrêt attaqué et reprend ses conclusions en libération de dette et ses conclusions additionnelles. L'intimée a conclu au rejet du recours avec suite de frais et dépens.
Considérant en droit: 1. 1.1 Interjeté par la partie qui a succombé dans ses conclusions libératoires et en paiement (<ref-law>), dirigé contre un jugement final (<ref-law>) rendu en matière civile (<ref-law>) par une autorité cantonale de dernière instance (<ref-law>) dans une affaire pécuniaire dont la valeur litigieuse atteint le seuil de 30'000 fr. (<ref-law>), le recours est en principe recevable, puisqu'il a été déposé dans le délai (art. 100 al. 1 et 46 al. 1 let. b LTF) et la forme (<ref-law>) prévus par la loi. On peut certes observer que la cour cantonale a statué en instance unique, ce qui n'est pas conforme aux exigences de l'<ref-law>; cette disposition n'est cependant pas encore en vigueur (<ref-law>). 1.2 Le recours peut être interjeté pour violation du droit, tel qu'il est délimité par les art. 95 et 96 LTF. Le Tribunal fédéral applique le droit d'office (<ref-law>). Il n'est donc limité ni par les arguments soulevés dans le recours, ni par la motivation retenue par l'autorité précédente; il peut admettre un recours pour un autre motif que ceux qui ont été invoqués et il peut rejeter un recours en adoptant une argumentation différente de celle de l'autorité précédente (<ref-ruling> consid. 1.4 p. 400; <ref-ruling> consid. 1.1 p. 104). Compte tenu de l'exigence de motivation contenue à l'art. 42 al. 1 et 2 LTF, sous peine d'irrecevabilité (<ref-law>), le Tribunal fédéral n'examine en principe que les griefs invoqués; il n'est pas tenu de traiter, comme le ferait une autorité de première instance, toutes les questions juridiques qui se posent, lorsque celles-ci ne sont plus discutées devant lui (<ref-ruling> consid. 1.4 p. 400; <ref-ruling> consid. 1.1 p. 105). Par exception à la règle selon laquelle il applique le droit d'office, il ne peut entrer en matière sur la violation d'un droit constitutionnel ou sur une question relevant du droit cantonal ou intercantonal que si le grief a été invoqué et motivé de manière précise par la partie recourante (<ref-law>). 1.3 Le Tribunal fédéral conduit son raisonnement juridique sur la base des faits établis par l'autorité précédente (<ref-law>). Il ne peut s'en écarter que si les faits ont été établis de façon manifestement inexacte - ce qui correspond à la notion d'arbitraire (<ref-ruling> consid. 8.1 p. 153; <ref-ruling> consid. 1.5 p. 130, 397 consid. 1.5 p. 401) - ou en violation du droit au sens de l'<ref-law> (<ref-law>). La partie recourante qui entend s'écarter des constatations de l'autorité précédente doit expliquer de manière circonstanciée en quoi les conditions d'une exception prévue par l'<ref-law> seraient réalisées, faute de quoi il n'est pas possible de tenir compte d'un état de fait qui diverge de celui contenu dans la décision attaquée (<ref-ruling> consid. 1.4 p. 287 s. et consid. 6.2 p. 288). De surcroît, la partie recourante ne peut demander une rectification de l'état de fait que si celle-ci est susceptible d'influer sur le sort de la cause (<ref-law>). Aucun fait nouveau ni preuve nouvelle ne peut être présenté à moins de résulter de la décision de l'autorité précédente (<ref-law>). En l'espèce, le recourant a invoqué l'arbitraire dans l'appréciation des preuves et l'établissement des faits, mais, comme on le verra à la suite de l'analyse juridique que le Tribunal fédéral peut reprendre librement ab ovo, les points soulevés ne sont pas susceptibles d'influer sur le sort de la cause (<ref-law>), de sorte qu'il n'y a pas lieu d'en discuter. 1.4 Le Tribunal fédéral ne peut aller au-delà des conclusions des parties (<ref-law>). Toute conclusion nouvelle est irrecevable (<ref-law>). 2. 2.1 Le recourant ne conteste pas devoir les sommes qui lui sont réclamées par l'intimée. Il n'y a donc pas lieu de revenir sur les créances de l'intimée à l'encontre du recourant. Celui-ci soutient cependant, pour exciper de compensation et former une demande additionnelle, que le consortium a trois créances à l'encontre de la banque qu'il fait valoir en tant que cessionnaire du consortium. Il convient donc d'examiner successivement chacune de ces trois créances invoquées à l'encontre de la banque. Il sied de souligner, pour éviter tout malentendu, que le recourant a fait valoir ces créances en tant que cessionnaire des droits du consortium, et non pas en tant que cessionnaire des droits de la masse en faillite de l'entrepreneur général. Il ne peut donc invoquer que des créances du consortium à l'égard de la banque, et non pas d'éventuelles créances de l'entrepreneur général (respectivement de sa masse en faillite) à l'encontre de la banque. 2.2 Le recourant fait valoir que le consortium a payé régulièrement des sommes à l'entrepreneur général, conformément au contrat, pour le chantier "V._". Il a ainsi alimenté le compte "sous-traitants" qui présentait, au jour de la faillite, un solde actif de 389'381 fr. 10. Il reproche à la banque de s'être approprié ce solde par le jeu d'une compensation. On ne sait si le consortium a effectué ces versements à titre de paiements partiels convenus (dont parle l'<ref-law>) ou d'acomptes convenus (dont fait mention l'<ref-law>) (le recourant emploie le terme d'acomptes contractuels à la page 26 de son mémoire). S'il s'agit de paiements partiels, la prestation avait pour but de payer la contre-prestation déjà fournie; l'attribution intervenait donc à titre de paiement (solvendi causa); lorsque le débiteur effectue un paiement pour exécuter (même partiellement) son obligation, les fonds passent dans le patrimoine du créancier (von Tuhr/Escher, Allg. Teil des Schweizerischen Obligationenrechts, 1974, vol. II, p. 6). S'il s'agit d'un acompte, c'est-à-dire d'un paiement anticipé, cela signifie simplement que l'entrepreneur qui reçoit la somme devra, au moment du décompte, l'imputer en vue de déterminer le solde dû; dans le cas d'un acompte également, la somme versée passe dans le patrimoine du créancier qui la reçoit (von Tuhr/Escher, op. cit., p. 10). En l'espèce, le consortium a versé ces sommes sur les comptes ouverts par l'entrepreneur général auprès de la banque. Dès le moment où les fonds ont été crédités sur les comptes de l'entrepreneur général, ils sont entrés dans son patrimoine. Il ressort de constatations cantonales non contestées que le consortium, qui était client d'une autre banque, n'était pas le titulaire des comptes sur lesquels les fonds ont été versés. Il ne peut donc prétendre à aucun droit sur ces fonds qui ont passé dans le patrimoine d'autrui. S'agissant d'un compte bancaire, l'entrepreneur général disposait d'une créance envers la banque tendant à la remise des fonds portés en compte. Comme l'entrepreneur général était en même temps débiteur de la banque pour d'autres causes, celle-ci était en droit d'opérer la compensation, puisqu'il n'a été établi aucun engagement contractuel excluant celle-ci (<ref-law>). La faillite de l'entrepreneur général n'enlève pas le droit de compenser (<ref-law>). La compensation est donc valablement intervenue entre la banque et l'entrepreneur général. Pour le consortium, il s'agit d'une res inter alios acta et il n'a plus aucun droit sur les fonds qu'il a transférés à autrui. A supposer qu'il s'agisse d'acomptes et que l'entrepreneur général n'a pas fourni la prestation correspondante, le consortium pourrait s'adresser à lui sur la base des règles relatives à l'enrichissement illégitime (<ref-law>; von Tuhr/Escher, op. cit., p. 10), mais il ne dispose d'aucune action contre la banque. La première prétention invoquée est donc dépourvue de fondement. 2.3 Le recourant reproche à la banque d'avoir laissé l'entrepreneur général prélever sur le compte "sous-traitants" des sommes qui n'ont pas été affectées au paiement des sous-traitants, ce qui représente au total 888'504 fr. 80. La cour cantonale a constaté - et le recourant ne démontre pas l'arbitraire sur ce point - qu'il n'a été établi aucun engagement de la banque envers le consortium quant à l'utilisation de ces comptes. Comme on l'a déjà vu, les comptes avaient été ouverts auprès de la banque à la demande de l'entrepreneur général qui en était le titulaire. La relation contractuelle s'était donc établie entre la banque et l'entrepreneur général; il en résulte que la banque devait suivre les instructions de son client. Comme il a déjà été relevé, les fonds versés sur les comptes entraient dans le patrimoine de l'entrepreneur général, qui pouvait en disposer. On soulignera que les prélèvements opérés par ce dernier sur le compte "sous-traitants" à d'autres fins que le chantier "V._" n'ont d'ailleurs, selon les constatations cantonales, pas empêché le paiement des sous-traitants avant la date de la faillite; en effet, le solde du compte à cette date était créancier et il n'a pas été établi que des factures de sous-traitants étaient en souffrance. Le recourant se prévaut d'un accord qui aurait été conclu entre la banque et l'entrepreneur général au sujet de l'utilisation du compte "sous-traitants". Il est cependant évident qu'un tel accord constitue pour le consortium une res inter alios acta. En vertu de la relativité des conventions, le consortium ne peut en déduire aucun droit. De surcroît, en raison de la liberté contractuelle, la banque et l'entrepreneur général restaient libres, sans aucune règle de forme particulière, de revenir sur leur convention, de l'annuler ou de l'amender pour des cas particuliers ou de façon générale. Ce dernier argument est valable même si la banque devait être considérée comme organe de fait de l'entrepreneur général, ce qui sera examiné ultérieurement. En réalité, on se trouve devant la situation typique où un maître de l'ouvrage a confié l'exécution à un entrepreneur général, lequel a sous-traité tout ou partie des travaux à d'autres entreprises. Dans une telle situation, il n'existe en principe aucune relation contractuelle directe entre le sous-traitant et le maître de l'ouvrage (<ref-ruling> consid. 3b p. 166; Theodor Bühler, Zürcher Kommentar, 3e éd. 1998, n° 52 ad <ref-law>; François Chaix, in Commentaire romand, CO I, 2003, n°s 40 et 43 ad <ref-law>; Gauch/Carron, Le contrat d'entreprise, 1999, p. 50 n° 162; Pierre Tercier/Pascal G. Favre, Les contrats spéciaux, 4e éd. 2009, p. 646 n° 4302). Afin de protéger le sous-traitant, qui ne dispose d'aucune créance en paiement à l'encontre du maître de l'ouvrage, le législateur lui a permis de requérir l'inscription d'une hypothèque légale des artisans et entrepreneurs (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 3b/dd p. 473). Il en résulte évidemment un risque pour le maître de l'ouvrage, qui est exposé, pour échapper à l'inscription de l'hypothèque légale, à devoir payer deux fois, s'il a déjà payé l'entrepreneur général et que celui-ci se révèle incapable d'honorer ses obligations à l'égard du sous-traitant (Gauch/Carron, op. cit., p. 59 n° 185). Pour se prémunir contre ce risque, le maître de l'ouvrage peut prendre diverses mesures d'ordre contractuel, par exemple convenir avec l'entrepreneur général qu'il paiera lui-même les sous-traitants en imputation de la somme due ou qu'il ne paiera l'entrepreneur général que moyennant la preuve que les sous-traitants ont été payés (sur l'ensemble de la question: arrêt 4C.215/2004 du 23 novembre 2004 consid. 3.1 et les références citées; Gauch/Carron, op. cit., p. 59 n° 186). En l'espèce, le consortium, qui n'a pris aucune de ces précautions, doit en assumer les conséquences; il ne dispose d'aucun droit qui lui aurait permis d'influencer l'utilisation des fonds appartenant à l'entrepreneur général et figurant sur le compte de ce dernier auprès de la banque. Le consortium n'est donc pas davantage titulaire de la deuxième créance invoquée par le recourant. 2.4 Le recourant soutient que l'ouvrage a été livré avec du retard et qu'il en est résulté un dommage pour le consortium qu'il évalue à 1'628'000 fr. Dans son recours devant le Tribunal fédéral, le recourant fait valoir que la banque a fonctionné comme organe de fait de l'entrepreneur général et que, si le bilan avait été déposé plus tôt, le dommage aurait pu être évité. La thèse selon laquelle une faillite intervenant plus tôt aurait permis d'éviter le dommage ne trouve aucun point d'appui dans l'état de fait qui lie le Tribunal fédéral (<ref-law>). Quoi qu'il en soit, s'il y a eu du retard dans la livraison de l'ouvrage, il s'agit d'un problème qui relève de la mauvaise exécution du contrat d'entreprise générale. Le consortium pouvait donc faire valoir son éventuelle créance en dommages-intérêts à l'encontre de l'entrepreneur général dans la faillite de celui-ci (art. 97 al. 1 et <ref-law>). Si les administrateurs de l'entrepreneur général ont mal géré ce dossier, ils ont causé un dommage à l'entrepreneur général, puisque celui-ci est tenu de réparer le dommage causé à son cocontractant; le consortium, en tant que maître de l'ouvrage, dispose d'une action en dommages-intérêts contre l'entrepreneur général et il n'est touché par le comportement des administrateurs que par ricochet, ce qui exclut une action individuelle de sa part (<ref-ruling> consid. 3.1.2 p. 568 s. et consid. 3.2.2 p. 570). Même si l'on devait conclure à l'existence d'un dommage direct, la solution ne serait pas différente. En effet, le retard dans le dépôt du bilan est, en règle générale, préjudiciable à la société obérée, ne serait-ce qu'en raison de l'arrêt du cours des intérêts au moment de la faillite (<ref-law>) (arrêt 4P.35/2001 du 18 mars 2002 consid. 2d; Bernard Corboz, in Commentaire romand, CO II, n° 50 ad <ref-law>). Dans une telle situation, en cas de faillite, un créancier social ne peut agir individuellement contre un administrateur que s'il peut baser son action sur un fondement juridique distinct, à savoir un acte illicite, une culpa in contrahendo ou la violation d'une norme du droit de la société anonyme conçue exclusivement pour protéger les créanciers sociaux (<ref-ruling> consid. 3.2.3 p. 570 s.; <ref-ruling> consid. 3.1.2 p. 311; <ref-ruling> consid. 2c p. 182 s.). Or, le recourant n'invoque en l'espèce que le devoir général pour les administrateurs de déposer le bilan en cas de surendettement (<ref-law>); or, il a déjà été jugé que cette règle était conçue non seulement dans l'intérêt des actionnaires ou des créanciers, mais également dans l'intérêt de la société elle-même (ATF <ref-ruling> consid. 2c p. 183; <ref-ruling> consid. 3b p. 89). Ainsi, le consortium (respectivement son cessionnaire) ne dispose d'aucune action individuelle à l'encontre d'un administrateur, dès lors qu'elle peut faire valoir son éventuelle créance en dommages-intérêts à l'encontre de la masse en faillite. Il est essentiel de souligner ici que le recourant n'exerce pas l'action sociale, puisqu'il n'agit pas en tant que cessionnaire des droits de la masse et qu'il ne conclut pas à l'octroi de dommages-intérêts en faveur de la société faillie (cf. <ref-law>). De surcroît, il faut encore relever que la banque n'a bien entendu ni l'obligation ni le droit de déposer le bilan en lieu et place de son client. La construction juridique présentée par le recourant supposerait que l'on reconnaisse à la banque le statut d'organe de fait de l'entrepreneur général. Pour qu'une personne soit reconnue comme administrateur de fait, il faut qu'elle ait eu la compétence durable de prendre des décisions excédant l'accomplissement des tâches quotidiennes, que son pouvoir de décision apparaisse propre et indépendant et qu'elle ait été ainsi en situation d'empêcher la survenance du dommage (<ref-ruling> consid. 4.5 p. 528 s.; <ref-ruling> consid. 3a p. 30 s., 92 consid. 3a p. 93 s.). Si une banque ne fait que défendre ses intérêts de créancière, elle ne doit pas être considérée comme un organe de fait (cf. Forstmoser/Meier-Hayoz/Nobel, Schweizerisches Aktienrecht, 1996, § 37 n° 7). Suivre de près l'évolution d'un débiteur, exiger des comptes provisoires, une cession de créances, des mesures d'assainissement, des versements et procéder à une mise en demeure ne sont que des mesures par lesquelles un créancier tend à se protéger lui-même; on ne peut y voir une immixtion dans la gestion de la société impliquant un statut d'organe de fait. Les paiements ont toujours été ordonnés par les organes de la société faillie et la banque n'a refusé de les exécuter, dans son propre intérêt, que lorsqu'elle n'avait pas de provisions suffisantes. Cette situation entraînait inévitablement une discussion en vue de décider quelles étaient les dettes prioritaires qui seraient payées; la décision - selon des constatations cantonales non arbitraires - appartenait toujours à la société faillie; une simple aide à la décision ne suffit pas pour conférer le statut d'organe de fait (ATF <ref-ruling> consid. 3a p. 31 et consid. 3c p. 33). Dans deux cas seulement, la cour cantonale a établi une opération de gestion de la banque, en vue d'assurer le paiement des salaires de l'entrepreneur général; cependant, le statut d'organe de fait suppose des pouvoirs durables et ne peut pas résulter d'un ou deux actes isolés (ATF <ref-ruling> consid. 3a p. 31 et consid. 3c p. 33). En retenant dans ces circonstances que la banque n'était pas un organe de fait de l'entrepreneur général, la cour cantonale n'a pas violé le droit fédéral. La troisième prétention doit donc également être écartée. 2.5 Le recourant invoque encore, de manière peu claire, l'art. 3 de la loi fédérale du 8 novembre 1934 sur les banques et les caisses d'épargne (LB; RS 952.0). Cette disposition concerne les conditions à remplir pour qu'une banque soit autorisée à exercer son activité. On ne voit guère quel droit le recourant entend en déduire. Il faut d'ailleurs observer que cette loi ne contient aucune règle spéciale sur les conditions de responsabilité d'une banque (art. 38 et 39 LB). Le paiement des créanciers les plus pressants - qui semble être reproché à la banque - était conforme à la volonté et aux intérêts du client. On ne voit pas sur quelle base juridique la banque aurait eu l'obligation de prendre en considération les intérêts d'un tiers (le consortium), surtout qu'il n'a pas été établi qu'un sous-traitant était alors impayé et que les intérêts du tiers entraient en conflit avec les intérêts légitimes d'autres tiers (les autres créanciers de l'entrepreneur général). La construction juridique esquissée ne résiste donc pas à l'examen. 3. Il ressort des considérants qui précèdent que le recours doit être rejeté. Les frais judiciaires et les dépens sont mis à la charge de la partie qui succombe (art. 66 al. 1 et 68 al. 1 et 2 LTF).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. Les frais judiciaires fixés à 20'000 fr. sont mis à la charge du recourant. 3. Le recourant versera à l'intimée une indemnité de 22'000 fr. à titre de dépens. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Ière Cour civile du Tribunal cantonal du canton du Valais. Lausanne, le 9 novembre 2009 Au nom de la Ire Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse La Présidente: Le Greffier: Klett Piaget
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2,012
de
Sachverhalt: A. Mit Strafurteil vom 3. Oktober 2008 verurteilte das Landgericht Paola (Italien) X._ wegen sexueller Übergriffe auf seinen Sohn Z._ zu einer Freiheitsstrafe von sieben Jahren und sprach seiner geschiedenen Ehefrau, Y._, wohnhaft in Italien, die im Strafverfahren als Privatklägerin aufgetreten war, Schadenersatz in der Höhe von EUR 50'000.-- zu, wobei es diese Summe für sofort vollstreckbar erklärte. Ferner verpflichtete es X._ zur Leistung einer Parteientschädigung von EUR 1'500.-- zuzüglich weiterer gesetzlich vorgesehener Summen. X._ appellierte gegen dieses Urteil beim Corte di Appello die Catanzaro. B. Am 15. Juni 2011 beantragte Y._ dem Kantonsgericht Zug im Wesentlichen, das Strafurteil des Landgerichts Paola "im Punkto Schadenersatz" (Schadenersatzanspruch von EUR 50'000.-- nebst Zins, Prozesskostenentschädigung von EUR 1'500.-- samt Nebengebühren sowie Vergebührungskosten von EUR 1'549.02) in der Schweiz für vollstreckbar zu erklären. Mit Verfügung vom 28. Juni 2011 anerkannte der Einzelrichter des Kantonsgerichts das Urteil des Landgerichts Paola in Bezug auf die Adhäsionsklage und erklärte es hinsichtlich des zugesprochenen Schadenersatzes von EUR 50'000.-- und der Parteientschädigung von EUR 1'500.-- für vollstreckbar. Das Obergericht des Kantons Zug hiess die dagegen gerichtete Beschwerde von X._ mit Urteil vom 3. November 2011 gut, hob die angefochtene Verfügung des Einzelrichters auf und wies das Gesuch von Y._ um Anerkennung und Vollstreckbarerklärung des Urteils des Landgerichts Paola gestützt auf Art. 27 Ziff. 3 des Übereinkommens vom 16. September 1988 über die gerichtliche Zuständigkeit und die Vollstreckung gerichtlicher Entscheidungen in Zivil- und Handelssachen (aLugÜ, AS 1991 2436) ab. Gegen dieses Urteil führte Y._ Beschwerde in Zivilsachen an das Bundesgericht, das die Beschwerde am 15. März 2012 teilweise guthiess, das Urteil des Obergerichts aufhob und die Sache zu neuer Entscheidung an die Vorinstanz zurückwies. Mit Urteil vom 24. Mai 2012 wies das Obergericht die Beschwerde gegen die Verfügung des Einzelrichters des Kantonsgerichts vom 28. Juni 2011 ab. C. X._ (Beschwerdeführer) beantragt mit Beschwerde in Zivilsachen, es seien das Urteil des Obergerichts vom 24. Mai 2012 und die Verfügung des Einzelrichters des Kantonsgerichts vom 28. Juni 2011 aufzuheben, und es sei dem Urteil des Landgerichts Paola vom 3. Oktober 2008 die Anerkennung und Vollstreckung in der Schweiz zu versagen. Eventualiter sei die Sache zur neuen Entscheidung an die Vorinstanz zurückzuweisen. Ferner enthält die Beschwerde den folgenden Antrag: "Eventualiter sei das Verfahren (die Anerkennung und Vollstreckung des Urteils des Strafgerichts Paola vom 3. Oktober 2008) bis zum Vorliegen des rechtskräftigen Urteils in Bezug auf das Strafverfahren gegen den Beschwerdeführer vor dem Kassationsgericht in Rom zu sistieren." Der Beschwerdeführer macht zur Begründung geltend, er habe inzwischen gegen das Urteil des Corte di Appello die Catanzaro innert Frist beim Corte Suprema di Cassazione in Rom appelliert. Y._ (Beschwerdegegnerin) schliesst auf Abweisung der Beschwerde sowie auf Bestätigung des Urteils des Obergerichts vom 24. Mai 2012 und der Verfügung des Einzelrichters vom 28. Juni 2011. Der Beschwerdeführer bestritt in einer weiteren Eingabe die Ausführungen der Beschwerdegegnerin, worauf diese mitteilte, sie verzichte ihrerseits auf Bemerkungen. Mit Verfügung vom 9. August 2012 wurde festgestellt, dass der Beschwerde im Umfang der gestellten Begehren von Gesetzes wegen aufschiebende Wirkung zukommt. D. Am 5. Oktober 2012 teilte der Beschwerdeführer dem Bundesgericht mit, nach Angaben seines Verteidigers habe der Corte Suprema di Cassazione das zweitinstanzliche Urteil aufgehoben und die Sache zur neuen Beurteilung an die zweite Instanz zurückgewiesen, wobei die Urteilsbegründung noch nicht vorliege.
Erwägungen: 1. 1.1 Das angefochtene Urteil des Obergerichts betrifft die Anerkennung und Vollstreckung eines ausländischen Urteils und unterliegt damit der Beschwerde in Zivilsachen (Art. 72 Abs. 2 lit. b Ziff. 1 BGG). Es handelt sich um einen Entscheid einer Vorinstanz gemäss <ref-law>, der das Verfahren abschliesst (<ref-law>). Der Streitwert übersteigt die Grenze von Fr. 30'000.-- (<ref-law>). Die dagegen gerichtete Beschwerde in Zivilsachen ist demnach - unter Vorbehalt einer rechtsgenüglichen Begründung (Erwägungen 1.2-1.4) - zulässig. Unzulässig ist die Beschwerde demgegenüber mangels Letztinstanzlichkeit (<ref-law>), soweit sie sich direkt gegen den Entscheid des Einzelrichters des Kantonsgerichts richtet. Insoweit kann darauf nicht eingetreten werden. 1.2 Mit Beschwerde in Zivilsachen können Rechtsverletzungen nach Art. 95 und 96 BGG gerügt werden. Die Beschwerde ist hinreichend zu begründen, andernfalls wird darauf nicht eingetreten. In der Beschwerdeschrift ist in gedrängter Form darzulegen, inwiefern der angefochtene Akt Recht verletzt (<ref-law>). Unerlässlich ist im Hinblick auf <ref-law>, dass die Beschwerde auf die Begründung des angefochtenen Entscheids eingeht und im Einzelnen aufzeigt, worin eine Verletzung von Bundesrecht liegt. Der Beschwerdeführer soll in der Beschwerdeschrift nicht bloss die Rechtsstandpunkte, die er im kantonalen Verfahren eingenommen hat, erneut bekräftigen, sondern mit seiner Kritik an den als rechtsfehlerhaft erachteten Erwägungen der Vorinstanz ansetzen (vgl. <ref-ruling> E. 2.1). 1.3 Das Bundesgericht legt seinem Urteil den Sachverhalt zugrunde, den die Vorinstanz festgestellt hat (<ref-law>). Es kann die Sachverhaltsfeststellung der Vorinstanz nur berichtigen oder ergänzen, wenn sie offensichtlich unrichtig ist oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruht (<ref-law>). "Offensichtlich unrichtig" bedeutet dabei "willkürlich" (<ref-ruling> E. 1.5). Überdies muss die Behebung des Mangels für den Ausgang des Verfahrens entscheidend sein (<ref-law>). Der Beschwerdeführer, der die Sachverhaltsfeststellung der Vorinstanz anfechten will, kann sich nicht damit begnügen, den bestrittenen Feststellungen eigene tatsächliche Behauptungen gegenüberzustellen oder darzulegen, wie die Beweise seiner Ansicht nach zu würdigen gewesen wären. Vielmehr hat er klar und substanziiert aufzuzeigen, inwiefern die gerügten Feststellungen bzw. die Unterlassung von Feststellungen offensichtlich unrichtig sind oder auf einer Rechtsverletzung im Sinne von <ref-law> beruhen (vgl. <ref-ruling> E. 1.2; <ref-ruling> E. 1.4.3; <ref-ruling> E. 1.3). Soweit der Beschwerdeführer den Sachverhalt ergänzen will, hat er zudem mit Aktenhinweisen darzulegen, dass er entsprechende rechtsrelevante Tatsachen und taugliche Beweismittel bereits bei den Vorinstanzen prozesskonform eingebracht hat (Urteile 4A_275/2011 vom 20. Oktober 2011 E. 2, nicht publ. in: <ref-ruling>; 4A_214/2008 vom 9. Juli 2008 E. 1.2, nicht publ. in: <ref-ruling>). Auf eine Kritik an den tatsächlichen Feststellungen der Vorinstanz, die diesen Anforderungen nicht genügt, ist nicht einzutreten (BGE <ref-ruling> E. 1.4.3), und ebenso wenig auf Vorbringen, die in den tatsächlichen Feststellungen der Vorinstanz keine Stütze finden, ohne dass dazu eine taugliche Sachverhaltsrüge im vorstehenden Sinne substanziiert wird. 1.4 Zu beachten ist, dass der Beschwerdeführer seine Beanstandungen auch im Bereich der Anerkennung und Vollstreckung von ausländischen Entscheiden gegen den angefochtenen Entscheid zu richten hat. Nicht eingetreten werden kann dagegen auf Ausführungen des Beschwerdeführers, mit denen dieser direkt den anzuerkennenden ausländischen Entscheid kritisiert, statt in rechtsgenügender Form aufzuzeigen, inwiefern der Vorinstanz beim Entscheid über dessen Anerkennung oder Vollstreckbarerklärung eine Rechtsverletzung nach <ref-law> unterlaufen ist respektive dieser Entscheid auf einer unrichtigen Feststellung des Sachverhalts im Sinne von <ref-law> basiert. 2. Die Vorinstanz beurteilte die Anerkennungsvoraussetzungen gemäss dem aLugÜ, was vom Beschwerdeführer nicht beanstandet wird. Sie prüfte die Einwände des Beschwerdeführers gegen die Vollstreckbarerklärung des Urteils des Landgerichts Paola und kam zum Schluss, es liege kein Anerkennungsversagungsgrund vor. Der Beschwerdeführer rügt, die Vorinstanz habe den Sachverhalt offensichtlich unrichtig festgestellt und sei "dabei in Willkür verfallen". Sie habe Bundesrecht verletzt, da die Anerkennung des Urteils bei Zugrundelegung des tatsächlichen (richtigen) Sachverhalts gegen den schweizerischen Ordre Public gemäss Art. 27 Ziff. 1 aLugÜ verstosse. 3. Gemäss Art. 27 Ziff. 1 aLugÜ wird eine Entscheidung nicht anerkannt, wenn die Anerkennung der öffentlichen Ordnung des Staates, in dem sie geltend gemacht wird, widersprechen würde. Die Verletzung wesentlicher Grundsätze des schweizerischen Verfahrensrechts kann als Verstoss gegen den verfahrensrechtlichen Ordre Public der Anerkennung einer Entscheidung im Sinne von Art. 27 Ziff. 1 aLugÜ entgegenstehen. Ein Verstoss gegen den verfahrensrechtlichen Ordre Public liegt aber nach dem im schweizerischen internationalen Privatrecht herrschenden Verständnis nur vor bei einer Verletzung von fundamentalen und allgemein anerkannten Verfahrensgrundsätzen, deren Nichtbeachtung zum Rechtsempfinden in einem unerträglichen Widerspruch steht, so dass die Entscheidung als mit der in den Kulturstaaten geltenden Rechts- und Wertordnung schlechterdings unvereinbar erscheint (<ref-ruling> E. 2.2.1; <ref-ruling> E. 3b mit Hinweisen). Dies gilt erst recht im Zusammenhang mit der Anerkennung und Vollstreckung ausländischer Urteile (etwa im Anwendungsbereich des LugÜ), wo die Tragweite des Vorbehalts der öffentlichen Ordnung noch eingeschränkter zu verstehen ist als bei der direkten Anwendung ausländischen Rechts (<ref-ruling> E. 4.1; <ref-ruling> E. 2b). Zu den Grundsätzen eines fairen Verfahrens gehören insbesondere die Gewährung des rechtlichen Gehörs, die Gleichbehandlung der Parteien und die Beachtung des Rechts auf Beweis sowie das Verteidigungsrecht im Gerichtsverfahren, wie es in der EMRK anerkannt ist. Dabei ist zu berücksichtigen, dass die verfahrensrechtlichen Minimalgarantien nur im Grundsatz zur Verfügung stehen müssen, das heisst unerheblich ist, ob tatsächlich davon Gebrauch gemacht wurde, und weiter, dass unter Berücksichtigung des Systems und der Struktur des ausländischen Verfahrensrechts im Ursprungsstaat beurteilt werden muss, ob die Mindestrechte gewährt wurden (Urteil 4P.48/2002 vom 4. Juni 2002 E. 3b/aa mit Hinweisen). 4. Was der Beschwerdeführer gegen die vorinstanzliche Beurteilung vorbringt, wonach im vorliegenden Fall keine Unvereinbarkeit mit dem prozessualen Ordre Public gemäss Art. 27 Ziff. 1 aLugÜ gegeben sei, verfängt nicht. 4.1 Seine diesbezüglichen Ausführungen sind zum grössten Teil bereits unzulässig: Er stellt seinen Beanstandungen eine umfangreiche Sachverhaltsdarstellung voran, in der er dem Bundesgericht ausführlich seine eigene Sicht der Dinge unterbreitet und dabei verschiedentlich von der bindenden Sachverhaltsfeststellung der Vorinstanz abweicht sowie diese ergänzt. Unter dem Titel "Offensichtlich unrichtige Feststellung des massgebenden Sachverhalts" erklärt er dann eingehend, in welchen Punkten sich das Verfahren vor dem Landgericht Paola seines Erachtens nicht wie von der Vorinstanz festgestellt zugetragen habe. Die vorinstanzlichen Feststellungen bezeichnet er dabei wiederholt als offensichtlich unrichtig respektive willkürlich, ohne indessen zulänglich begründete Sachverhaltsrügen im oben beschriebenen Sinn (Erwägung 1.3) zu erheben. Darauf kann allgemein nicht eingetreten werden. 4.2 Im Einzelnen ist immerhin folgendes zu bemerken: Die Vorinstanz verwarf mit ausführlicher Begründung das Argument des Beschwerdeführers, es sei ihm im italienischen Strafverfahren keine Gelegenheit gegeben worden, die ihn entlastenden Beweise geltend zu machen, so namentlich Zeugen zu befragen und Beweisunterlagen beizuziehen. Der Beschwerdeführer kritisiert die dieser vorinstanzlichen Rechtsauffassung zugrundeliegenden Feststellungen in verschiedener Hinsicht: 4.2.1 Zunächst beanstandet er die Feststellung, das Landgericht Paola habe auf die Befragung der Zeugen in der Schweiz verzichtet, weil die schweizerischen Behörden offiziell das Rechtshilfegesuch des Gerichts "verneint" hätten, weshalb die klinischen Unterlagen von Dr. A._ und Dr. B._ nicht erhältlich und damit eine Sachverständigenbegutachtung von Z._ nicht möglich gewesen seien. Er hält dem entgegen, die schweizerischen Behörden hätten das Rechtshilfegesuch gar nicht offiziell verneint bzw. abgewiesen; vielmehr sei dieses unvollständig gewesen und habe aus diesem Grund nicht beantwortet werden können. Allerdings zeigt er in diesem Zusammenhang weder auf, dass die entsprechende Feststellung der Vorinstanz unhaltbar ist, noch legt er mit Aktenhinweisen dar, dass er die nun vor Bundesgericht behaupteten Umstände bereits bei den Vorinstanzen prozesskonform eingebracht hatte. Ferner fehlen auch - über pauschale Behauptungen hinausgehende - Ausführungen dazu, inwiefern diese von ihm behaupteten Sachverhaltselemente für den Ausgang des Verfahrens entscheidend gewesen wären. 4.2.2 Weiter wendet sich der Beschwerdeführer gegen die vorinstanzliche Feststellung, die Verteidigung habe im Verlauf des Strafverfahrens mehr als genügend Zeit gehabt, die klinischen Unterlagen von Dr. A._ und Dr. B._ beim Landgericht Paola einzureichen, zumal der Beschwerdeführer aufgrund des in der Schweiz durchgeführten Eheschutz- und Scheidungsverfahrens im Besitze der entsprechenden Unterlagen gewesen sei oder diese ohne weiteres hätte beschaffen können. Der Beschwerdeführer moniert, es treffe nicht zu, dass er diese Unterlagen besessen habe oder hätte erhältlich machen können, weshalb er sie auch nicht habe einreichen können, ohne allerdings aufzuzeigen, inwiefern die entsprechende Feststellung der Vorinstanz geradezu willkürlich sein soll respektive dass er seine abweichende Behauptung bereits vor der Vorinstanz prozesskonform eingebracht hat. 4.2.3 Sodann behauptet der Beschwerdeführer, er habe entgegen den Feststellungen der Vorinstanz keine Möglichkeit gehabt, die Zeugen selber dazu zu veranlassen, zur Befragung nach Italien zu reisen und weiter, das Landgericht Paola habe auch die in Italien wohnhaften Entlastungszeugen nicht einvernommen. Auch in diesem Punkt erschöpft sich die Beschwerde in eigenen Behauptungen des Beschwerdeführers ohne jegliche Auseinandersetzung mit dem vorinstanzlichen Urteil. Das genügt nicht. 4.2.4 Keine zulänglich begründete Sachverhaltsrüge kann schliesslich in der Behauptung des Beschwerdeführers erblickt werden, er habe im Verfahren in Italien keine Möglichkeit gehabt, Belastungszeugen zu befragen. Damit wiederholt er lediglich, was er hierzu bereits vor der Vorinstanz erfolglos ausgeführt hatte. Die Vorinstanz hielt diese Behauptung indessen für unbewiesen, was der Beschwerdeführer mit dem Umstand zu entkräften sucht, im Urteil des Landgerichts Paola fänden sich keine Hinweise auf die Befragung der Belastungszeugen durch die Verteidigung. Dies reicht nicht, um die vorinstanzliche Sachverhaltsfeststellung in diesem Punkt als willkürlich auszuweisen, zumal den Beschwerdeführer mit Bezug auf das Vorliegen von Anerkennungshindernissen die Beweislast traf (Urteil 5A_161/2008 vom 3. Juni 2008 E. 2.5; vgl. auch <ref-ruling> E. 4b). Es ist daher auch insofern vom Sachverhalt auszugehen, wie ihn die Vorinstanz festgestellt hat. 4.3 Hinlänglich begründet und daher zulässig ist einzig die Rüge, die Vorinstanz habe den massgebenden Sachverhalt offensichtlich unrichtig festgestellt, indem sie angenommen habe, der Beschwerdeführer bzw. sein Verteidiger habe im Strafverfahren der Abweisung des Antrags um Beizug der Eheschutz- und Scheidungsakten zugestimmt. Der Beschwerdeführer wirft der Vorinstanz vor, diese Feststellung basiere auf einem falschen Verständnis der folgenden Passage des für vollstreckbar erklärten Urteils: "Da ultimo, il Tribunale rigettava la richiesta difensiva di concessione di congruo termine per l'aquisizione e conseguente produzione della documentazione in possesso del legale elvetico dell'X._ afferente la causa di separazione e divorzio dalla ex coniuge e parte civile Y._, e ciò in considerazione della rilevanza soltanto ipotetica di siffatta documentazione ai fini della decisione, siccome dallo stesso difensore ammesso." Die Zustimmung seines Verteidigers - so der Beschwerdeführer - beziehe sich entgegen der Auffassung der Vorinstanz nicht auf den Entscheid des Landgerichts Paola, den Antrag abzuweisen, sondern darauf, dass die Akten "für die Beurteilung der Strafsache möglicherweise relevant sein könnten". Dabei übersieht der Beschwerdeführer, dass in der zitierten Passage ohnehin nicht von einer "möglichen Relevanz", sondern vielmehr von einer "nur hypothetischen Relevanz" ("rilevanza soltanto ipotetica") die Rede ist, welche die Verteidigung anerkannt habe. Wenn die Vorinstanz unter diesen Umständen davon ausging, der Beschwerdeführer habe auf den Aktenbeizug verzichtet, ist dies jedenfalls nicht unhaltbar. 4.4 In rechtlicher Hinsicht macht der Beschwerdeführer geltend, die Vorinstanz habe verkannt, dass die Anerkennung und Vollstreckung des italienischen Strafurteils gegen den schweizerischen Ordre Public gemäss Art. 27 Ziff. 1 aLugÜ verstosse, was er zunächst mit allgemeinen Erläuterungen zur Bedeutung des Ordre Public und der verfassungs- und konventionsmässigen Rechte im Strafverfahren zu belegen sucht. In der Folge stützt er seine Auffassung im Wesentlichen auf seine eigenen, vom massgebenden Sachverhalt abweichenden tatsächlichen Behauptungen (Erwägungen 4.1-4.3). Seine Ausführungen, die alle dahin gehen, dass sein Verteidigungsrecht, sein Anspruch auf rechtliches Gehör und sein Beweisführungsanspruch im Strafverfahren vor dem Landgericht Paola verletzt worden seien, entbehren insofern weitgehend der Grundlage. Soweit die Ausführungen überhaupt zu hören sind, vermögen sie jedenfalls nicht zu belegen, dass das angefochtene Urteil Art. 27 Ziff. 1 aLugÜ verletzt: Zum einen rügt der Beschwerdeführer, das Landgericht Paola habe, indem es ohne formelle Verfügung und ohne Begründung auf die entlastenden Beweise des Beschwerdeführers verzichtet und "damit (faktisch) eine von ihm zuvor erlassene Beweiszulassungsverfügung ohne Begründung" aufgehoben habe, gegen das italienische Strafprozessgesetz verstossen. Zum anderen kritisiert er, das Landgericht habe sich "hauptsächlich von der Behauptung der Beschwerdegegnerin überzeugen" lassen, obwohl sich letztere anlässlich des Eheschutz- und Scheidungsverfahrens in der Schweiz und des Strafverfahrens in Italien widersprüchlich verhalten habe. Eine unrichtige Beweiswürdigung oder sogar die Verletzung von ausländischen Verfahrensbestimmungen vermag indessen - jedenfalls für sich allein betrachtet - keine Ordre Public-Widrigkeit im Sinne von Art. 27 Ziff. 1 aLugÜ zu begründen. Die anzuerkennende ausländische Entscheidung darf nämlich keinesfalls in der Sache selbst nachgeprüft werden (Art. 29 und Art. 34 Abs. 3 aLugÜ), was notabene auch mit Blick auf mögliche Verfahrensfehler gilt (WALTHER, in: Kommentar Lugano-Übereinkommen, 2. Aufl. 2011, N. 1 zu <ref-law>). 4.5 Nach dem Gesagten erweist sich die Beschwerde als unbegründet, soweit überhaupt darauf eingetreten werden kann. 5. Der Beschwerdeführer beantragt eventualiter zum Hauptbegehren um Gutheissung der Beschwerde und Aufhebung der angefochtenen Entscheide, "das Verfahren (die Anerkennung und Vollstreckung des Urteils des Strafgerichts Paola vom 3. Oktober 2008)" sei "bis zum Vorliegen des rechtskräftigen Urteils in Bezug auf das Strafverfahren gegen den Beschwerdeführer vor dem Kassationsgericht in Rom zu sistieren". Er stützt seinen Antrag auf Art. 30 Abs. 1 sowie Art. 38 Abs. 1 aLugÜ, gemäss denen das Gericht eines Vertragsstaats, in dem die Anerkennung einer in einem anderen Vertragsstaat ergangenen Entscheidung geltend gemacht wird, respektive das mit dem Rechtsbehelf befasste Gericht, das Verfahren aussetzen kann, wenn gegen die Entscheidung (im Ursprungsstaat) ein ordentlicher Rechtsbehelf eingelegt worden ist. Diesem Antrag kann keine Folge gegeben werden: Der Beschwerdeführer begnügt sich in der Beschwerde nämlich mit der pauschalen Behauptung, sein Interesse an der Verweigerung der Anerkennung und Vollstreckung des Urteils wiege unter Berücksichtigung der konkreten Umstände sehr schwer und überwiege "bei weitem das Interesse der Beschwerdegegnerin", unter Verweis auf die "oben" gemachten Ausführungen. Er tut nicht dar, inwiefern vorliegend Umstände gegeben sein sollen, die ausnahmsweise die Sistierung des Verfahrens zu Gunsten des Schuldners gebieten und die überdies, wie vom Bundesgericht in Anlehnung an die Rechtsprechung des Europäischen Gerichtshofs verlangt wird (vgl. <ref-ruling> E. 3.2 und 3.3), nicht bereits im ausländischen Urteilsverfahren geltend gemacht wurden bzw. geltend gemacht werden konnten. Solches ist denn auch nicht ersichtlich. Insbesondere sucht man im angefochtenen Urteil sowie in den Rechtsschriften vergebens nach zuverlässigen Hinweisen auf die Erfolgsaussichten des Rechtsbehelfs in Italien aus Gründen, die im Strafverfahren vor dem Landgericht Paola nicht berücksichtigt werden konnten. 6. Die Beschwerde ist abzuweisen, soweit darauf eingetreten werden kann. Dem Ausgang des Verfahrens entsprechend wird der Beschwerdeführer kosten- und entschädigungspflichtig (Art. 66 Abs. 1 und Art. 68 Abs. 2 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 3'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Der Beschwerdeführer hat die Beschwerdegegnerin für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 3'500.-- zu entschädigen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Zug, II. Beschwerdeabteilung, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 26. November 2012 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Klett Der Gerichtsschreiber: Kölz
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2,009
de
Nach Einsicht in das Schreiben vom 16. November 2009, worin W._ die Beschwerde vom 31. Oktober 2009 (Poststempel) gegen den Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 31. August 2009 zurückzieht,
in Erwägung, dass die Beschwerde gemäss <ref-law> in Verbindung mit <ref-law> im Verfahren nach <ref-law> abzuschreiben ist, dass in Anwendung von <ref-law> auf die Erhebung von Gerichtskosten verzichtet wird,
verfügt die Einzelrichterin: 1. Das Verfahren wird infolge Rückzugs der Beschwerde abgeschrieben. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Diese Verfügung wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich, der Unia Arbeitslosenkasse, Horgen, und dem Staatssekretariat für Wirtschaft schriftlich mitgeteilt. Luzern, 19. November 2009 Im Namen der I. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Einzelrichterin: Der Gerichtsschreiber: Leuzinger Batz
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2,010
de
Erwägungen: 1. 1.1 A.X._ (geb. 1934), seit 1992 im Range eines Generaldirektors bei den Z._-Versicherungen tätig, wurde auf Ende 1997 pensioniert und bezog ab dem 1. Januar 1998 eine Rente der beruflichen Vorsorge. Auf diesen Zeitpunkt hin nahm das Kantonale Steueramt Zürich eine Zwischenveranlagung vor, die in Rechtskraft erwuchs. Da A.X._ weiterhin Erwerbseinkommen erzielte und auch einen Lohnausweis für das Steuerjahr 1998 eingereicht hatte, eröffnete das Steueramt am 12. April 2002 ein Nachsteuer- und Bussenverfahren; mit Einsprache-Entscheid vom 10. September 2003 setzte es betreffend die Staats- und Gemeindesteuer die Nachsteuer auf Fr. 418'516.05 fest, wobei es gegenüber der ursprünglich ergangenen diesbezüglichen Verfügung (vom 5. November 2002) zu Ungunsten der Einsprecher entschied (reformatio in peius). Das Verwaltungsgericht des Kantons Zürich hiess den hiegegen erhobenen Rekurs am 28. April 2004 wegen Verletzung des rechtlichen Gehörs gut. Im zweiten Rechtsgang erhöhte das Steueramt das der Nachsteuer unterliegende Einkommen noch weiter, so dass eine Nachsteuer von nunmehr Fr. 511'926.35 resultierte. Mit Urteil vom 10. Dezember 2008 hiess das Verwaltungsgericht den hiegegen erhobenen Rekurs wiederum teilweise gut (wegen Verletzung des Anspruchs auf rechtliches Gehör) und wies die Sache zur weiteren Untersuchung und zum Erlass eines neuen Einsprache-Entscheides an das Steueramt zurück. 1.2 In der Folge erhoben A. und B.X._ bei der Finanzdirektion des Kantons Zürich Aufsichtsbeschwerde und stellten gegen den bisher in dieser Sache tätig gewesenen Sachbearbeiter des Steueramtes, Dr. W._, ein Ausstandsbegehren. Sie verlangten, dass "das Verfahren einer anderen Person als Herrn Dr. W._ zuzuteilen" sei. Noch während der Beschwerdeinstruktion teilte die Chefin der zuständigen Dienstabteilung des Steueramtes am 27. März 2009 mit, von einer Befangenheit des Dr. W._ könne zwar keine Rede sein, die Angelegenheit werde aus verfahrensökonomischen Gründen aber ab sofort von Dr. Y._ bearbeitet. Mit Verfügung vom 21. April 2009 schrieb die Finanzdirektion sodann das Aufsichtsbeschwerdeverfahren als gegenstandslos ab. 1.3 Schon zuvor, am 16. April 2009, hatte der neue Sachbearbeiter des Steueramtes, Dr. Y._, unter Hinweis auf die "per 8. Jan. 2009 zugestellten Nachsteuergrundlagen und Nachsteuerberechnungen" den Steuerpflichtigen Frist gesetzt, um eine Stellungnahme einzureichen. Diese Frist wurde auf Begehren des Vertreters der Eheleute X._ zwei Mal erstreckt, letztmals bis zum 22. Juni 2009. 1.4 Am 19. Juni 2009 liessen die Eheleute X._ bei der Finanzdirektion wiederum "Aufsichtsbeschwerde (Ausstandsbegehren)" erheben mit den Anträgen, das Verfahren einer anderen Dienstabteilung des Steueramtes, eventuell "zumindest einer anderen Person als Herrn Dr. Y._" zuzuteilen. Mit Entscheid vom 9. September 2009 trat die Finanzdirektion auf das Ausstandsbegehren gegen die Dienstabteilung Spezialdienste nicht ein und wies das Ausstandsbegehren gegen Y._ ab. Eine hiegegen erhobene Beschwerde wies das Verwaltungsgericht des Kantons Zürich mit Urteil vom 20. Januar 2010 ebenfalls ab, soweit es darauf eintrat. 2. Mit Eingabe vom 29. März 2010 führen A. und B.X._ Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten beim Bundesgericht mit dem Antrag, es "sei festzustellen, dass Herr Dr. Y._ in den Ausstand zu treten habe, (...).". Y._ sei befangen, weil er - gleich wie sein Vorgänger und entgegen den Begehren der Steuerpflichtigen - weiterhin unverständliche Abkürzungen und Berechnungen verwende. Y._ habe das Verfahren sodann aufgenommen, ohne den Entscheid der Finanzdirektion im laufenden Ausstandsverfahren gegen W._ überhaupt abzuwarten. Es entstehe der Eindruck, dass die Beschwerdeführer auf diese Weise in möglichst viele parallele Verfahren verwickelt werden sollten, damit "sie irgendeinmal aufgeben". Solches Verhalten sei "einer rechtsstaatlichen Behörde in keiner Weise würdig". Das Kantonale Steueramt Zürich und das Verwaltungsgericht des Kantons Zürich beantragen Abweisung der Beschwerde. 3. 3.1 Das Urteil des Verwaltungsgerichts vom 20. Januar 2010 ist ein selbständig eröffneter Zwischenentscheid über ein Ausstandsbegehren: Tritt er in Rechtskraft, wird das kantonale Steueramt als Einsprachebehörde - unter Mitwirkung von Y._ - erneut im Nachsteuerverfahren gegenüber den Eheleuten X._ befinden (vgl. Urteil des Verwaltungsgerichts vom 10. Dezember 2008, S. 5). Gegen einen solchen Entscheid ist die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten zulässig (vgl. <ref-law>). 3.2 Nach <ref-law> hat der Einzelne Anspruch darauf, dass seine Sache von einem durch Gesetz geschaffenen, zuständigen, unabhängigen und unparteiischen Gericht ohne Einwirken sachfremder Umstände entschieden wird (<ref-ruling> E. 5.2 S. 3 mit Hinweisen). Der Anspruch ist verletzt, wenn bei einem Richter - objektiv betrachtet - Gegebenheiten vorliegen, die den Anschein der Befangenheit und die Gefahr der Voreingenommenheit zu begründen vermögen (<ref-ruling> E. 6.2 S. 6; <ref-ruling> E. 3.4 S. 116 mit Hinweisen). Solche Umstände können entweder in einem bestimmten Verhalten des betreffenden Richters oder in gewissen äusseren Gegebenheiten funktioneller und organisatorischer Natur begründet sein. Für den Ausstand wird nicht verlangt, dass der Richter tatsächlich befangen ist. Es genügt, wenn Umstände vorliegen, die bei objektiver Betrachtung den Anschein der Befangenheit und Voreingenommenheit erwecken (<ref-ruling> E. 6.2 S. 6; <ref-ruling> E. 1.1 S. 25 mit Hinweisen). Für nichtgerichtliche Behörden enthält <ref-law> eine analoge Garantie. Die Rechtsprechung zur Unabhängigkeit und Unparteilichkeit von Gerichtsbehörden kann jedoch nicht ohne Weiteres auf erstinstanzliche Verwaltungsverfahren übertragen werden. Vielmehr müssen die Anforderungen an die Unparteilichkeit von Verwaltungs- und Exekutivbehörden unter Berücksichtigung ihrer gesetzlich vorgegebenen Funktion und Organisation ermittelt werden (<ref-ruling> E. 3f S. 124 f., 209 E. 8a S. 217 f.). 3.3 Eine in den Augen des Betroffenen angeblich falsche Rechtsauffassung begründet für sich allein noch keinen Anschein der Befangenheit (<ref-ruling>, E. 3.3.2, am Ende). Selbst prozessuale Fehler und materiell fehlerhafte Entscheide begründen nicht den Anschein der Befangenheit; sie sind in dem dazu vorgesehenen Rechtsmittelverfahren zu korrigieren. Anders kann es sich nur verhalten, wenn besonders krasse oder wiederholte Fehler vorliegen, die als eigentliche Amtspflichtverletzungen qualifiziert werden müssten und auf diese Weise auf Parteilichkeit schliessen liessen (<ref-ruling> E. 3b S. 404). Vor dem Hintergrund, dass das mit der Sache befasste Steueramt zwei Mal den Anspruch auf rechtliches Gehör verletzt hatte (vorne E. 1.1), lässt sich nachvollziehen, dass bei den Steuerpflichtigen der Eindruck entsteht, nicht ernst genommen zu werden. Daraus, dass Y._ das Nachsteuerverfahren wieder aufgenommen hat, bevor die Finanzdirektion das Ausstandsverfahren gegen W._ abgeschlossen hatte, erwuchs den Beschwerdeführern aber kein Nachteil, wurde ihrem Hauptantrag in diesem Verfahren - nämlich die Übertragung der Angelegenheit an einen anderen Sachbearbeiter - doch entsprochen (vorne E. 1.2). Y._ - dieser andere Sachbearbeiter - hat in der Folge im Sinne der Anweisung des Verwaltungsgerichts im Rückweisungsentscheid vom 10. Dezember 2008 gehandelt und den Beschwerdeführern das rechtliche Gehör eingeräumt; dass er hierbei den formellen Abschreibungsbeschluss der Finanzdirektion nicht abgewartet hatte, stellt jedenfalls keinen besonders krassen Fehler im Sinne der Rechtsprechung dar. Gleiches gilt für die angeblich unverständlichen Berechnungen und Abkürzungen, die Y._ verwendet haben soll; über die Richtigkeit dieser Berechnungen zur Ermittlung der allfälligen Nachsteuer ist nicht hier, sondern gegebenenfalls im dafür vorgesehenen Rechtsmittelverfahren zu befinden. Jedenfalls genügen diese Umstände nicht, Y._ als befangen abzulehnen. 4. Dies führt zur Abweisung der Beschwerde. Dem Ausgang entsprechend sind die Gerichtskosten den Beschwerdeführern unter solidarischer Haftung aufzuerlegen (Art. 65/66 BGG). Parteientschädigungen sind nicht geschuldet (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 2'000.-- werden den Beschwerdeführern auferlegt, unter solidarischer Haftung. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten und dem Verwaltungsgericht des Kantons Zürich, 2. Kammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 6. Juli 2010 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Zünd Klopfenstein
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2,000
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A.- Der 1948 geborene H._ ist von Beruf Schreiner und Inhaber eines Bau- und Möbelschreinereiunternehmens. Er ist bei der Schweizerischen Unfallversicherungsanstalt (SUVA) obligatorisch gegen Unfälle versichert. Am 20. Oktober 1993 erlitt H._ als Lenker eines Personenwagens eine Kollision mit einer in entgegengesetzter Richtung fahrenden Automobilistin. Nach diversen medizinischen Abklärungen stellte die SUVA mit Verfügung vom 12. Juni 1996 die Heilkosten- und Taggeldleistungen per 31. Mai 1996 ein und verneinte den Anspruch auf eine Invalidenrente oder auf eine Integritätsentschädigung. Mit Verfügung vom 16. Dezember 1996 sprach die IVStelle des Kantons Solothurn H._ basierend auf einem Invaliditätsgrad von 40 % eine Viertelsrente der Invalidenversicherung zu. Die Einsprache, mit welcher H._ die Ausrichtung einer Invalidenrente der Unfallversicherung auf der Grundlage einer Erwerbsunfähigkeit von 50 % beantragen liess, wies die SUVA mit Entscheid vom 29. Juli 1997 ab. B.- Gegen den Einspracheentscheid liess H._ Beschwerde führen mit den Anträgen, ihm seien eine Invalidenrente auf der Basis einer Erwerbsunfähigkeit von 50 % sowie eine Integritätsentschädigung von 10 % auszurichten. Das Versicherungsgericht des Kantons Solothurn wies die Beschwerde, soweit es darauf eintrat, mit Entscheid vom 2. März 1999 ab. C.- Mit Verwaltungsgerichtsbeschwerde lässt H._ wiederum die Zusprechung einer Invalidenrente auf der Basis einer Erwerbsunfähigkeit von 50 % ausrichten. Die SUVA schliesst auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde. Das Bundesamt für Sozialversicherung hat sich nicht vernehmen lassen.
Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1.- Streitig und zu prüfen ist vorliegend, ob dem Beschwerdeführer zufolge des Unfalls vom 20. Oktober 1993 eine Invalidenrente zusteht. a) Die Leistungspflicht eines Unfallversicherers gemäss UVG setzt zunächst voraus, dass zwischen dem Unfallereignis und dem eingetretenen Schaden (Krankheit, Invalidität, Tod) ein natürlicher Kausalzusammenhang besteht. Ursachen im Sinne des natürlichen Kausalzusammenhangs sind alle Umstände, ohne deren Vorhandensein der eingetretene Erfolg nicht als eingetreten oder nicht als in der gleichen Weise bzw. nicht zur gleichen Zeit eingetreten gedacht werden kann. Entsprechend dieser Umschreibung ist für die Bejahung des natürlichen Kausalzusammenhangs nicht erforderlich, dass ein Unfall die alleinige oder unmittelbare Ursache gesundheitlicher Störungen ist; es genügt, dass das schädigende Ereignis zusammen mit anderen Bedingungen die körperliche oder geistige Integrität des Versicherten beeinträchtigt hat, der Unfall mit andern Worten nicht weggedacht werden kann, ohne dass auch die eingetretene gesundheitliche Störung entfiele (<ref-ruling> Erw. 1, 118 V 289 Erw. 1b, je mit Hinweisen). Ob zwischen einem schädigenden Ereignis und einer gesundheitlichen Störung ein natürlicher Kausalzusammenhang besteht, ist eine Tatfrage, worüber die Verwaltung bzw. im Beschwerdefall das Gericht im Rahmen der ihm obliegenden Beweiswürdigung nach dem im Sozialversicherungsrecht üblichen Beweisgrad der überwiegenden Wahrscheinlichkeit zu befinden hat. Die blosse Möglichkeit eines Zusammenhangs genügt für die Begründung eines Leistungsanspruches nicht (<ref-ruling> Erw. 1, 118 V 289 Erw. 1b, je mit Hinweisen). b) Die Vorinstanz hat das für die Leistungspflicht des Unfallversicherers nach UVG weiter vorausgesetzte Erfordernis des adäquaten Kausalzusammenhang zwischen Unfallereignis und eingetretenem Gesundheitsschaden, insbesondere die Rechtsprechung zur Adäquanzbeurteilung von psychischen Gesundheitsstörungen nach Unfällen einschliesslich der dabei zu beachtenden Kriterien (<ref-ruling> Erw. 2a, 115 V 135 ff. Erw. 4 ff.), zutreffend dargelegt. Auf diese Erwägungen kann verwiesen werden. 2.- a) Der Unfallversicherer hatte für seinen Entscheid auf den spezialärztlichen Untersuchungsbericht des Dr. med. V._, Abteilung Unfallmedizin der SUVA, vom 26. März 1996 abgestellt und das Vorliegen eines Befundes, der eine Invalidität medizinisch begründen liesse, verneint. Er führte aus, hinsichtlich der organischen Unfallfolgen, welche derzeit nicht mit rechtsgenüglicher Wahrscheinlichkeit nachgewiesen werden könnten, sei dem Versicherten seine angestammte Tätigkeit als Schreinermeister vollumfänglich zumutbar. b) Das kantonale Gericht ging nach Würdigung der verschiedenen ärztlichen Berichte gestützt auf das Gutachten der Orthopädischen Klinik X._ vom 28. Dezember 1994 sowie auf die spezialärztliche Untersuchung des Dr. med. V._ vom 26. März 1996 davon aus, dass die Beschwerden nicht auf organischen Ursachen im Zusammenhang mit dem Unfall vom 20. Oktober 1993 beruhen. Vielmehr seien die Unfallfolgen auf psychische Gründe zurückzuführen. Bei der Prüfung des adäquaten Kausalzusammenhangs ordnete es den Unfall dem mittleren Bereich zu. In Würdigung der durch die Rechtsprechung für psychische Gesundheitsstörungen - nicht wie vom Beschwerdeführer beantragt für ein Schleudertrauma - entwickelten Kriterien verneinte die Vorinstanz die adäquate Kausalität und somit die Voraussetzungen für die Zusprechung einer Invalidenrente. c) Während der Beschwerdeführer im Vorverfahren sowohl somatische als auch psychische Beschwerden geltend gemacht hatte, bezeichnet er die invalidisierenden Beschwerden in der Verwaltungsgerichtsbeschwerde nunmehr als rein somatischer Natur und beruft sich nur eventualiter auf psychische Gesundheitsstörungen. Er führt aus, dass seine Arbeitsunfähigkeit von sämtlichen Ärzten mit Ausnahme des Dr. med. V._ auf 50 % geschätzt werde. Da es ohne Gewalteinwirkung anlässlich des Unfalls nicht zu diesen körperlichen Beschwerden gekommen wäre, sei die natürliche Kausalität ohne weiteres erstellt. Auch sei der Eintritt körperlicher Schmerzen nach einer so heftigen Kontusion und Distorsion der Lenden- und Kreuzwirbelsäule nicht eine derart ungewöhnliche und abwegige Folge, als dass sie als inadäquat bezeichnet werden müsste. Der Kriterienkatalog für die Adäquanzbeurteilung psychischer Gesundheitsstörungen komme vorliegend gar nicht zur Anwendung. 3.- a) Für die Frage der Leistungspflicht des Unfallversicherers ist zunächst das Vorliegen des natürlichen Kausalzusammenhangs zwischen dem Unfall und den invalidisierenden somatischen Beschwerden zu prüfen. Erst wenn ein solcher Zusammenhang verneint wird, ist zu prüfen, ob ein Kausalzusammenhang zwischen dem Unfall und allfälligen invalidisierenden psychischen Beschwerden gegeben ist. Wird nämlich die Frage nach der natürlichen Kausalität der somatischen Beschwerden nicht beantwortet, besteht das Risiko, dass ein Anspruch auf Versicherungsleistungen nach der Adäquanzbeurteilung bei psychischen Gesundheitsstörungen - wie im Vorverfahren - verneint wird, während er im Falle des Bestehens eines natürlichen Kausalzusammenhanges zwischen Unfall und somatischen Beschwerden grundsätzlich zu bejahen gewesen wäre. b) Die Vorinstanz hat die verschiedenen ärztlichen Beurteilungen dargelegt und ihren Entscheid massgebend auf das Gutachten der Orthopädischen Klinik X._ vom 28. Dezember 1994 sowie auf die spezialärztliche Untersuchung des Dr. med. V._ vom 26. März 1996 abgestellt. Diese medizinischen Berichte sind von der begutachtenden Stelle bzw. von der Person des Begutachters her nicht zu beanstanden. Sie sind jedoch nicht schlüssig genug, um die sich zunächst stellende Frage des natürlichen Kausalzusammenhangs zwischen dem Unfall und invalidisierenden somatischen Beschwerden zu verneinen. aa) Im Gutachten der Orthopädischen Klinik X._ vom 28. Dezember 1994 wird der Kausalzusammenhang nicht geprüft, sondern lediglich die Diagnose chronifizierte tieflumbale lokale Schmerzsymptomatik, diskrete Spondylarthrose L5/S1, weniger L4/L5, minimale Osteochondrose L5/S1, Adipositas sowie arterielle Hypertonie gestellt und gesagt, die Beschwerden würden nur eine schwache objektive Unterstützung finden. bb) Die spezialärztliche Untersuchung des Dr. med. V._ vom 26. März 1996 diagnostiziert eine Kontusion und Distorsion der Lendenwirbelsäule, arterielle Hypertonie sowie ein chronifiziertes lumbosakrales Schmerzsyndrom. Der Arzt geht in seinem Bericht auf den Kausalzusammenhang ein und führt die Schmerzen zunächst auf eine gestörte Wirbelsäulenstatik zurück. Diese Vorbelastung schliesst indessen den natürlichen Kausalzusammenhang zum Unfall als Teilursache nicht aus. Der Begutachter hält des Weitern fest, die beim Versicherten festgestellten degenerativen Veränderungen an der unteren Lendenwirbelsäule, insbesondere die beginnende Arthrose der Fazettengelenke L5/S1, stellten mit grosser Wahrscheinlichkeit einen Vorzustand dar, da sie doch bereits auf dem Röntgenbild zu erkennen seien. Dies betreffe auch die später computer- und kernspintomographisch festgestellten Diskusprotrusionen der Segmente L4/L5 und L5/S1 mit Rissbildungen im Anulus fibrosus. Diese Schlussfolgerung vermag nicht zu überzeugen. Ist ein Zustand von degenerativen Veränderungen auf dem «Unfallröntgenbild» zu erkennen, schliesst dies Unfallfolgen nicht aus. Im Gutachten wird zudem selber eingeräumt, dass eine torsionsbedingte Verletzung einer Bandscheibe denkbar wäre, wofür jedoch bislang nur auf Grund von Indizien entschieden werden könnte. Es handle sich mehr um eine medizinische Hypothese, deren Objektivierung nicht ausgereift sei. Von besonderem Interesse sind in diesem Zusammenhang die vom Röntgeninstitut Dr. PD W._ am 13. Oktober 1994 festgestellten kleinen Risse im Anulus fibrosus, von welchen dieser sagt, dass sie erhebliche Schmerzen verursachen könnten. Ob diese Risse und allenfalls weitere somatische Beeinträchtigungen für die invalidisierenden Schmerzen des Beschwerdeführers verantwortlich gemacht werden können und mit überwiegender Wahrscheinlichkeit auf den Unfall zurückzuführen sind, ist demnach nicht hinreichend geklärt. Die Sache ist deshalb an den Unfallversicherer zur Anordnung eines externen Gutachtens über die Frage des natürlichen Kausalzusammenhangs zwischen Unfall und invalidisierenden somatischen Beschwerden sowie zur Neubeurteilung des Leistungsanspruchs zurückzuweisen. 4.- Sollte sich kein natürlicher Kausalzusammenhang zu den somatischen Beschwerden, hingegen zu den psychischen Folgen, mit dem Beweisgrad der überwiegenden Wahrscheinlichkeit erstellen lassen, wäre der Fall - wie dies die Vorinstanz entgegen der Auffassung des Beschwerdeführers getan hat - gemäss Rechtsprechung zum adäquaten Kausalzusammenhang bei psychischen Unfallfolgen, nicht nach der Rechtsprechung bei Schleudertraumen abzuhandeln. Die SUVA hätte unter Einbezug der Ergebnisse des neu einzuholenden Gutachtens nochmals über diese Frage zu entscheiden. Die «Schleudertraumapraxis» ist spezifisch für Schleudertraumen der Halswirbelsäule entwickelt worden. Wohl ist vorliegend durch den Hausarzt Dr. B._ am 3. November 1993 ein Schleudertrauma LWS mit Blockierung LWS diagnostiziert worden und in der spezialärztlichen Untersuchung des Dr. med. V._ vom 26. März 1996 wird eine Distorsion der Lendenwirbelsäule angenommen. Es haben somit auch im vorliegend zu beurteilenden Unfall physikalische Gesetze der Trägheit gewirkt, indem der Körper des Fahrers die Geschwindigkeit des Fahrzeuges beibehalten wollte, das Fahrzeug durch die Kollision jedoch abrupt zum Stehen gebracht wurde, sodass der Oberkörper nach vorne sowie hier auch seitlich rechts in die Gurten geworfen wurde. Die «Peitschenbewegung», die für das Schleudertrauma der Halswirbelsäule charakteristisch ist, ist im Lendenbereich indessen ungleich geringer als im Hals- und Kopfbereich, sodass nicht von der besonderen Art der Verletzung wie im Fall des Schleudertraumas der Halswirbelsäule gesprochen werden kann.
Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: I. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird in dem Sinne gutgeheissen, dass der Entscheid des Versicherungsge- richts des Kantons Solothurn vom 2. März 1999 und der Einspracheentscheid der SUVA vom 29. Juli 1997 aufge- hoben werden und die Sache an die SUVA zurückgewiesen wird, damit sie nach erfolgter Begutachtung im Sinne der Erwägungen über den Leistungsanspruch neu verfüge. II. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. III. Die SUVA hat dem Beschwerdeführer für das Verfahren vor dem Eidgenössischen Versicherungsgericht eine Parteientschädigung von Fr. 2500.- (einschliesslich Mehrwertsteuer) zu bezahlen. IV. Das Versicherungsgericht des Kantons Solothurn wird über eine Parteientschädigung für das kantonale Ver- fahren entsprechend dem Ausgang des letztinstanzlichen Prozesses zu befinden haben. V. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungs- gericht des Kantons Solothurn und dem Bundesamt für Sozialversicherung zugestellt. Luzern, 22. Mai 2000 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Der Präsident der III. Kammer: Die Gerichtsschreiberin:
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2,011
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Faits: A. Le divorce des époux A._, né en 1946, et dame A._, née en 1947, a été prononcé le 21 novembre 1996 par le Tribunal de première instance du canton de Genève. A._ a été condamné à contribuer à l'entretien de son ex-épouse par le versement d'une pension mensuelle, fondée sur l'art. 152 aCC, de 2'830 fr. B. Homologuant la convention passée entre les parties, le Tribunal de première instance a, par jugement du 22 janvier 2001, modifié la contribution d'entretien due à l'ex-épouse, en ce sens qu'elle a été portée à 2'850 fr. par mois dès le 1er janvier 2001, et l'a assortie d'une clause d'indexation à l'indice suisse des prix à la consommation. C. C.a Le 15 octobre 2009, A._ a déposé devant le Tribunal de première instance du canton de Genève une demande en modification du jugement de divorce, concluant à la réduction de la pension à 1'000 fr. par mois du 15 octobre 2009 au 30 novembre 2011, et à sa suppression à compter du 1er décembre 2011. A l'appui de sa demande, il invoquait la détérioration de sa situation financière consécutive à sa mise à la retraite anticipée le 1er septembre 2009 et à l'amélioration de celle de son ex-épouse, découlant de son activité de garde d'enfants. Par jugement du 27 mai 2010, le Tribunal de première instance a modifié le jugement de divorce du 21 novembre 1996 concernant la contribution d'entretien et le jugement de modification du jugement de divorce du 22 janvier 2001 relatif à l'indexation de la pension. Il a ainsi réduit le montant de la contribution d'entretien due par A._ à 2'000 fr. par mois dès le 1er novembre 2009, précisant que cette contribution d'entretien n'était pas indexée. C.b Statuant le 31 mai 2011 sur appel des deux parties, la Cour de justice du canton de Genève a modifié le jugement du 22 janvier 2001 (lui-même modifiant le jugement du 21 novembre 1996 en ce qui concerne l'indexation), en ce sens que la contribution d'entretien mensuelle due à l'ex-épouse est fixée à 2'700 fr. du 1er juin 2010 au 30 novembre 2011, puis à 2'200 fr. dès le 1er décembre 2011, la pension étant indexée à l'indice suisse des prix à la consommation. L'arrêt cantonal a été expédié aux parties le 1er juin 2011. D. Par acte du 6 juillet 2011, dame A._ exerce un recours au Tribunal fédéral. Elle conclut à l'annulation de l'arrêt entrepris et principalement à la confirmation du jugement du 22 janvier 2001 modifiant le jugement du 21 novembre 1996, subsidiairement au renvoi de la cause à la Cour de justice. Au préalable, la recourante sollicite le bénéfice de l'assistance judiciaire et l'octroi de l'effet suspensif à son recours. A l'appui de ses conclusions, elle se plaint de la violation de l'art. 153 aCC et d'arbitraire dans la fixation du dies a quo. Des déterminations n'ont pas été requises. E. Par ordonnance du 7 juillet 2011, la Présidente de la IIe Cour de droit civil du Tribunal fédéral a refusé l'effet suspensif au recours.
Considérant en droit: 1. 1.1 L'arrêt attaqué porte sur une action en modification d'un jugement de divorce, à savoir une affaire civile (<ref-law>). Le recours est dirigé contre une décision finale (<ref-law>) rendue par une autorité de dernière instance cantonale statuant sur recours (<ref-law>), dans une cause de nature pécuniaire dont la valeur litigieuse est supérieure à 30'000 fr. (art. 51 al. 1 let. a et al. 4, art. 74 al. 1 let. b LTF). Interjeté en temps utile (<ref-law>) et en la forme prévue par la loi (<ref-law>), par une partie qui a succombé dans ses conclusions prises devant l'autorité précédente (<ref-law>), le recours est en principe recevable. 1.2 Saisi d'un recours en matière civile, le Tribunal fédéral statue sur la base des faits établis par l'autorité précédente (<ref-law>). Il ne peut s'écarter des faits établis par l'autorité précédente que si ceux-ci ont été établis de façon manifestement inexacte ou en violation du droit au sens de l'<ref-law> (<ref-law>) et si la correction du vice est susceptible d'influer sur le sort de la cause (<ref-law>). Le recourant qui soutient que les faits ont été établis d'une manière manifestement inexacte (<ref-law>), à savoir arbitraire au sens de l'art. 9 Cst. (<ref-ruling> consid. 4.2 p. 234; <ref-ruling> consid. 1.4.1 p. 39; <ref-ruling> consid. 1.2.2 p. 252), doit démontrer, par une argumentation précise, en quoi consiste la violation; le Tribunal fédéral n'examine en effet la violation de l'interdiction de l'arbitraire que si un tel grief a été expressément soulevé et exposé de façon claire et détaillée par le recourant ("principe d'allégation"; <ref-law>; <ref-ruling> consid. 1.5 p. 674; <ref-ruling> consid. 3 p. 351 s.; <ref-ruling> consid. 4.1 p. 588 s., 589 consid. 2 p. 591). En matière d'appréciation des preuves et de constatations de fait, le Tribunal fédéral se montre réservé, vu le large pouvoir qu'il reconnaît aux autorités cantonales dans ce domaine; il n'intervient, pour violation de l'art. 9 Cst., que si le juge n'a manifestement pas compris le sens et la portée d'un moyen de preuve, s'il a omis, sans motif sérieux, de tenir compte d'un moyen de preuve pertinent ou encore s'il a effectué, sur la base des éléments recueillis, des déductions insoutenables (<ref-ruling> consid. 4.2 p. 234; <ref-ruling> consid. 4.2 p. 560; <ref-ruling> consid. 4.3 p. 62; <ref-ruling> consid. 2.1 p. 9). 1.3 Le recours en matière civile au Tribunal fédéral peut être exercé pour violation du droit fédéral (<ref-law>), qui comprend les droits constitutionnels (<ref-ruling> consid. 3.1 p. 447, 462 consid. 2.3 p. 466). Le Tribunal fédéral applique d'office le droit civil matériel (<ref-law>) à l'état de fait constaté dans l'arrêt cantonal, ou à l'état de fait qu'il aura rectifié et complété conformément aux principes susmentionnés; il n'est lié ni par les motifs invoqués par les parties ni par l'argumentation juridique retenue par l'autorité cantonale (<ref-ruling> consid. 3.1 p. 298/299). Compte tenu des exigences de motivation posées, sous peine d'irrecevabilité (<ref-law>), à l'<ref-law>, le Tribunal fédéral n'examine en principe que les griefs soulevés; il n'est pas tenu de traiter, à l'instar d'une juridiction de première instance, toutes les questions juridiques pouvant se poser lorsqu'elles ne sont plus discutées devant lui (<ref-ruling> consid. 1.2 p. 152; <ref-ruling> consid. 2.2 p. 550). 2. Le recours en matière civile des <ref-law> est une voie de réforme. Si le Tribunal fédéral admet le recours, il peut en principe statuer lui-même sur le fond (<ref-law>). La partie recourante ne peut dès lors se borner à demander l'annulation de la décision attaquée, mais elle doit prendre des conclusions sur le fond du litige (arrêt 5A_835/2010 du 1er juin 2011 consid. 1.2). Les conclusions réformatoires doivent donc être déterminées et précises, c'est-à-dire indiquer exactement quelles modifications sont demandées. Il n'est fait exception à cette règle que lorsque le Tribunal fédéral, en cas d'admission du recours, ne serait de toute manière pas en situation de statuer lui-même sur le fond et ne pourrait que renvoyer la cause à l'autorité cantonale (<ref-ruling> consid. 1.3 p. 383; <ref-ruling> consid. 3.1 p. 489 s.). La recourante conclut à l'annulation de la décision attaquée et principalement à la confirmation du "jugement n° JTPI/1170/2001 du 22 janvier 2001 modifiant l[e] chiffre 2 du jugement de divorce n° JTPI/6646/96 du 21 novembre 1996", subsidiairement au renvoi de la cause devant l'autorité cantonale. Il ressort de la motivation de son recours que les conditions de l'art. 153 al. 2 aCC ne seraient pas réalisées; la situation financière des parties ne se serait pas modifiée depuis le prononcé du jugement de divorce en 1996 et la mise à la retraite des parties aurait déjà été prise en considération dans le jugement de divorce. En demandant la confirmation des jugements antérieurs, la recourante conclut donc à titre principal au rejet de la demande de modification du jugement de divorce déposée par son ex-époux le 15 octobre 2009 et à la confirmation de sa contribution d'entretien mensuelle de 2'850 fr., indexée à l'indice suisse des prix à la consommation. 3. Le Tribunal de première instance a considéré, dans son jugement du 27 mai 2010, que la situation financière du débirentier s'était détériorée à la suite de sa mise à la retraite anticipée, son disponible passant de 3'175 fr. en 1996 - date à laquelle la contribution d'entretien avait été déterminée - à 1'656 fr. dès le 1er septembre 2009. Selon le premier juge, il se justifiait de réduire la contribution d'entretien à hauteur du déficit mensuel minimum de la crédirentière, à savoir à un montant de 2'000 fr. par mois. Contrairement aux premiers juges, la cour cantonale a estimé qu'une diminution de la contribution d'entretien en raison de la mise à la retraite du débirentier ne se justifiait pas. Celui-ci subissait certes une légère diminution de son solde disponible (237 fr. par mois) par rapport à 1996, mais uniquement pour la période du 1er septembre 2009 au 1er juin 2011. En outre, elle a estimé qu'il pouvait raisonnablement être exigé du débirentier qu'il sollicite le versement anticipé de sa retraite AVS. Les juges cantonaux ont encore constaté que le débirentier percevrait une rente AVS dès le 1er juin 2011, partant, que sa situation financière s'améliorerait par rapport à celle de 1996. La Cour de justice a toutefois également relevé que la situation de la crédirentière s'était aussi améliorée par rapport à celle de 1996, vu l'augmentation de ses revenus et la diminution de ses charges. En 1996, le déficit de la crédirentière s'élevait à 2'480 fr. (500 fr. [revenu] - 2'980 fr. [charges]); il ne se montait plus qu'à 2'300 fr. (1'200 fr. [revenu] - 3'500 fr. [charges]) lors de l'arrêt entrepris et il diminuerait encore à 1'820 fr. (1'680 fr. [rente AVS] - 3'500 fr. [charges]), dès la mise à la retraite de l'ex-épouse le 1er décembre 2011. La cour cantonale a jugé que l'importante amélioration de la situation de la crédirentière justifiait de diminuer la contribution d'entretien qui lui est due à 2'700 fr. par mois du 1er juin 2010 au 30 novembre 2011 et à 2'200 fr. dès le 1er décembre 2011. S'agissant du jour à partir duquel la modification du jugement de divorce devait prendre effet, l'autorité cantonale a tenu compte, conformément à la jurisprudence, de la situation difficile de la crédirentière, des conséquences de la restitution des contributions payées dans l'intervalle et de la durée de la procédure; elle a ainsi retenu le premier jour du mois suivant le jugement de première instance. 4. Dénonçant la violation de l'art. 153 aCC, la recourante reproche à l'autorité précédente d'avoir considéré que sa situation financière s'était améliorée de telle manière qu'une diminution du montant de la contribution d'entretien se justifiait. 4.1 Le jugement de divorce en cause ayant été rendu sous l'ancien droit en vigueur jusqu'au 1er janvier 2000, sa modification quant à la contribution d'entretien est régie par ce droit (<ref-law>; MEIER, Nouveau droit du divorce: questions de droit transitoire, in: JT 2000 I p. 75), soit par les art. 151 ss aCC, sauf en ce qui concerne la procédure (HOHL, op. cit., n° 2163 p. 396). Aux termes de l'art. 153 al. 2 aCC, la rente due à l'épouse divorcée sera supprimée ou réduite, à la demande du débirentier, si l'ayant droit n'est plus dans le dénuement ou si la gêne dans laquelle il se trouvait a sensiblement diminué; il en sera de même si la pension n'est plus en rapport avec les facultés du débirentier. La réduction ou la suppression de la rente présuppose que la modification soit non seulement importante, à vues humaines durable et non prévisible, mais également qu'elle n'ait pas été prévue au moment du divorce (<ref-ruling> consid. 5d p. 4 s.; <ref-ruling> consid. 3a p. 232 ss; <ref-ruling> consid. 5a p. 217, 359 consid. 3 in fine p. 361 s.). La procédure en modification du jugement de divorce n'est pas destinée à corriger ce dernier, mais à tenir compte de nouveaux faits (<ref-ruling> consid. 4b p. 369). Pour déterminer si de tels faits se sont produits et justifient une modification du jugement de divorce, c'est la situation envisagée dans ce jugement qui est décisive (<ref-ruling> consid. 3a p. 178; <ref-ruling> consid. 4b p. 369). Ce qui est déterminant, ce n'est pas la prévisibilité des modifications mais exclusivement le fait que la rente ait été fixée en prenant en considération les changements prévisibles, ce qui est présumé être le cas (<ref-ruling> consid. 2.7.4 p. 199 et les références). 4.2 La recourante prétend que la Cour de justice aurait omis de tenir compte d'éléments pertinents dans la détermination de son revenu et que les constatations de l'arrêt entrepris seraient ainsi contraires aux pièces du dossier. La recourante affirme, d'une part, que son revenu actuel en qualité de gardienne d'enfants est inférieur au calcul abstrait effectué par les juges précédents et, d'autre part, que son départ à la retraite en décembre 2011 est "un fait notoire", autrement dit un événement prévisible que le juge du divorce a déjà pris en considération lors de la fixation de la contribution d'entretien. Sur la base du bordereau d'impôt et de l'avis de taxation 2008, la cour cantonale a estimé qu'elle réalisait au minimum un revenu mensuel net de 800 fr., qu'il fallait porter à 1'200 fr. compte tenu des indications qu'elle avait fournies au sujet de son activité de "nounou". Ainsi, celle-ci est en mesure de réduire son déficit à 2'300 fr. (cf. supra consid. 3). Dès le 1er décembre 2011, le déficit de la recourante diminuerait encore grâce au versement de sa rente AVS. L'autorité cantonale a ainsi constaté que la recourante avait presque doublé le montant de son revenu par rapport à 1996 et que sa rente AVS lui permettrait de le tripler. En définitive, les juges précédents ont conclu à une amélioration durable de la situation de la crédirentière par rapport à 1996, l'amélioration devant être qualifiée d'importante à partir du 1er décembre 2011. 4.3 En ce qui concerne l'estimation de son revenu actuel, il apparaît que, sous couvert de la violation du droit fédéral, la recourante se plaint en réalité d'arbitraire dans l'appréciation des preuves et l'établissement des faits (art. 9 Cst.), sans pour autant soulever expressément ce grief. Quoi qu'il en soit, elle se limite à substituer ses propres calculs à ceux de la cour cantonale. Sa critique sur l'évaluation de son gain n'indique pas quelle preuve pertinente l'autorité cantonale aurait méconnu, ni ne démontre l'arbitraire dans le choix des pièces retenues et dans l'appréciation des preuves (<ref-ruling> consid. 4 p. 57-58). Au demeurant, la recourante prétend à tort que l'autorité cantonale a méconnu la pièce n° 17 (avis de taxation 2008) dont elle se prévaut et des explications qu'elle a fournies, en particulier au sujet des vacances et des absences des enfants pour cause de maladie. En tout état de cause, la recourante ne démontre pas que le résultat serait insoutenable ou contraire au droit, dès lors que la contribution d'entretien fixée en sa faveur par la Cour de justice (2'700 fr.) couvre également le déficit auquel elle parvient selon ses calculs (2'701 fr. 65). S'agissant de la situation financière de la recourante pour la période postérieure au 1er décembre 2011, les juges cantonaux ont considéré qu'elle s'améliorerait de manière importante, justifiant une diminution de la contribution d'entretien qui lui est versée. Sur la base du jugement de divorce de 1996, qui ne contient aucune prévision relative à l'évolution des revenus des parties, les juges précédents ont explicitement précisé que la retraite de l'intimé n'avait pas été prise en considération dans ce jugement parce que plus de quinze ans séparaient encore les époux de cette échéance et que les conséquences financières n'en étaient pas déterminables. Ils n'ont certes pas développé plus avant dans l'arrêt attaqué les motifs pour lesquels ils ont considéré que la retraite de la recourante était un élément nouveau. Il faut néanmoins admettre que la motivation de l'autorité précédente relative à la retraite de l'intimé est également valable s'agissant de la recourante. Celle-ci affirme pourtant, sans le démontrer, que sa mise à la retraite et ses conséquences pécuniaires étaient prévisibles, partant, que le juge du divorce en a tenu compte. Ces allégations, autant que recevables car nouvelles et consistant en de simples remarques contredisant le raisonnement de l'autorité cantonale, ne satisfont pas aux exigences de motivation requises pour se plaindre de la violation du droit fédéral (art. 42 al. 1, 2 et <ref-law>) ou d'arbitraire dans l'appréciation des preuves et l'établissement des faits (art. 9 Cst. et 106 al. 2 LTF, cf. supra consid. 1.2). Ce moyen est en conséquence irrecevable. 5. A titre subsidiaire, pour le cas où la diminution de sa contribution d'entretien devait être confirmée, la recourante fait grief à l'autorité précédente d'avoir, de manière arbitraire, fixé le dies a quo de la modification de la contribution d'entretien au premier jour du mois suivant le jugement de première instance. 5.1 Le juge de l'action en modification d'un jugement de divorce peut fixer le moment à partir duquel son jugement prend effet selon son appréciation (<ref-law>) et en tenant compte des circonstances du cas concret (<ref-ruling> consid. 4c p. 369 s.). Le Tribunal fédéral n'intervient que si la juridiction cantonale s'est écartée sans raison des règles établies par la jurisprudence et la doctrine ou si elle s'est appuyée sur des faits qui, dans le cas particulier, ne devaient jouer aucun rôle ou si, au contraire, elle n'a pas tenu compte d'éléments qui auraient absolument dû être pris en considération, ou encore si, d'après l'expérience de la vie, le montant arrêté apparaît manifestement inéquitable au regard des circonstances (<ref-ruling> consid. 5.4 p. 211; <ref-ruling> consid. 5.1 p. 183; <ref-ruling> consid. 4.3 p. 576 et les arrêts cités). En principe, la jurisprudence retient la date du dépôt de la demande (<ref-ruling> consid. 4c/aa p. 370; <ref-ruling> consid. 3b p. 314 s.; <ref-ruling> consid. 4 p. 357 s.). Lorsque le motif pour lequel la modification est demandée se trouve déjà réalisé lors du dépôt de la demande, il ne se justifie normalement pas, du point de vue de l'équité, de faire remonter l'effet de la modification à une date postérieure. Le crédirentier doit tenir compte du risque de réduction ou de suppression de la rente dès l'ouverture d'action. Le Tribunal fédéral a cependant admis qu'il était possible de retenir une date ultérieure, par exemple le jour du jugement, notamment lorsque la restitution des contributions versées et utilisées pendant la durée du procès ne peut équitablement être exigée (<ref-ruling> consid. 4c p. 396 s.; HOHL, op. cit., n° 2168 p. 396). Cette dernière situation suppose que le crédirentier, sur la base d'indices objectivement sérieux, ait pu compter pendant la durée de la procédure avec le maintien du jugement d'origine; il s'agit ainsi d'un régime d'exception (arrêts 5A_894/2010 du 15 avril 2011 consid. 6.2; 5A_217/2009 du 30 octobre 2009 consid. 3.3). 5.2 La recourante demande que l'éventuelle réduction de sa pension alimentaire ne prenne effet qu'à dater de l'arrêt de la cour de céans, à savoir depuis le mois au cours duquel une décision définitive est rendue. En tout état de cause, le grief soulevé par la recourante est pertinent uniquement en ce qui concerne la période entre le jugement de première instance et l'arrêt querellé, dès lors que la Présidente de la Cour de céans a refusé l'octroi de l'effet suspensif au présent recours, partant que la décision attaquée condamnant l'intimé à verser une contribution d'entretien de 2'700 fr. est actuellement exécutoire. La cour cantonale a jugé qu'il fallait tenir compte de la durée de la procédure de modification du jugement de divorce et de la situation financière de chacune des parties lors de la fixation du dies a quo de la contribution d'entretien (cf. supra consid. 3 in fine). Il n'est pas douteux que la situation de l'intimée serait difficile si elle devait être contrainte de restituer les aliments perçus en trop depuis l'ouverture de l'action en modification du jugement de divorce. Une dérogation apparaissait donc justifiée. Cela étant, elle a considéré que la recourante devait compter sur le risque de voir sa pension réduite pour le moins, dès la reddition du jugement de première instance, aux termes duquel le montant de sa contribution d'entretien s'élevait à 2'000 fr. Ce faisant, l'autorité cantonale a donc tenu compte, conformément à la jurisprudence, des circonstances du cas concret, principalement du fait que la procédure en modification du jugement de divorce avait été initiée plus d'un an et demi auparavant et de la situation difficile pour la crédirentière qui résulterait de la restitution des contributions payées dans l'intervalle (cf. supra consid. 3). On ne voit pas en quoi elle aurait abusé de son pouvoir d'appréciation en fixant la date du jugement de première instance le dies a quo de la modification de la contribution d'entretien. Quoi qu'il en soit, la recourante se borne à présenter sa version des faits et son appréciation des preuves, sans expliquer de manière circonstanciée et en partant de la décision entreprise, en quoi les juges précédents auraient violé les règles du droit et de l'équité (<ref-law>), voire fait preuve d'arbitraire (art. 9 Cst.), d'autant que la solution retenue lui est favorable (arrêt 4A_215/2010 du 27 juillet 2010 consid. 2.1). Au vu de ce qui précède, le grief doit être rejeté, autant qu'il soit suffisamment motivé (<ref-law>). 6. En définitive, le recours apparaît mal fondé, dans la mesure de sa recevabilité, et ne peut être que rejeté. La recourante, qui succombe, supportera les frais de la présente procédure (<ref-law>). Ses conclusions étant d'emblée dénuées de chances de succès, sa requête d'assistance judiciaire ne saurait être agréée (<ref-law>). Il n'y a pas lieu d'allouer d'indemnité de dépens à l'intimé qui n'a pas été invité à déposer des observations (<ref-law>).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 2. La requête d'assistance judiciaire de la recourante est rejetée. 3. Les frais judiciaires, arrêtés à 1'000 fr., sont mis à la charge de la recourante. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties et à la Chambre civile de la Cour de justice du canton de Genève. Lausanne, le 14 octobre 2011 Au nom de la IIe Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse La Présidente: Hohl La Greffière: Carlin
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2,005
fr
Faits: Faits: A. A.a C._, domiciliée à O._ est affiliée à Sanitas Assurance Maladie (ci-après : Sanitas) pour l'assurance obligatoire des soins, depuis le 1er janvier 2001. Le 21 juin 2001, elle a demandé à la caisse-maladie de prendre en charge les frais de son hospitalisation, prévue par son médecin traitant, le docteur S._, à la clinique X._. Ce dernier a indiqué, à la demande de l'assurance-maladie, que sa patiente souffrait de troubles dyspeptiques et que le traitement serait d'ordre alimentaire et homéopathique, avec compensation oligo-élémentaire et acupuncture. Il a précisé ultérieurement, en août 2001, que l'intéressée souffrait également de troubles de l'absorption intestinale et de troubles électrolytiques, et qu'il était urgent pour elle de suivre cette cure, dont dépendait son état général. Suivant l'avis de son médecin-conseil le docteur H._, qui estimait qu'il n'y avait pas d'indication pour un traitement stationnaire de l'assurée, l'assurance-maladie a refusé de prendre en charge les frais de l'hospitalisation en question (décision du 28 septembre 2001). Le 13 octobre 2001, C._ a remis à Sanitas un certificat de établi le 11 octobre 2001 par la doctoresse L._, médecin généraliste, attestant la nécessité d'une hospitalisation de sa patiente en urgence, pour péjoration de ses troubles de la sphère digestive et urinaire. Par lettres des 19 octobre et 20 novembre suivants, l'assurance-maladie a tenté en vain d'obtenir de la doctoresse L._ des renseignements supplémentaires sur l'objet de cette prescription. Pendant ce temps, C._ a séjourné à la clinique X._, en division privée, du 22 octobre au 11 novembre 2001. Le 14 février 2002, elle a demandé à Sanitas le remboursement de deux factures que lui avait adressées cet établissement, d'un montant total de 24'373.70 fr. Ces documents lui ont été retournés par l'assurance-maladie, qui s'est référée à sa décision du 28 septembre 2001. A.b L'assurée a saisi le Tribunal des assurances du canton de Vaud d'un recours, en produisant des rapports établis les 5 et 27 septembre 2002 par les docteurs S._ et L._. Par jugement du 17 janvier 2003, le Président du Tribunal des assurances du canton de Vaud a considéré que la lettre du 13 octobre 2001 de C._ à Sanitas constituait une opposition valable à la décision du 28 septembre précédent. Aussi a-t-il partiellement admis le recours de l'assurée et renvoyé la cause à l'assureur pour qu'il rende une décision sur opposition. Ce jugement n'a pas été attaqué. A.c Par décision sur opposition du 1er mai 2003, Sanitas a refusé de prendre en charge les prestations prétendues. En résumé, elle a relevé que C._ ne disposait que d'une couverture pour l'assurance de base ce qui ne l'obligeait pas à prendre en charge les frais d'un séjour en division privée dans un établissement situé hors du canton de Vaud. L'assureur a en outre estimé que l'hospitalisation en question avait consisté en une cure de réhabilitation non couverte par l'assurance-maladie de base, que l'indication médicale d'une hospitalisation n'était pas clairement établie et que les conditions d'efficacité, d'adéquation et d'économicité des prestations n'étaient pas remplies. Il a souligné qu'aucun diagnostic précis n'avait été posé et qu'aucun compte-rendu circonstancié relatif au séjour litigieux ne lui avait été communiqué. A.c Par décision sur opposition du 1er mai 2003, Sanitas a refusé de prendre en charge les prestations prétendues. En résumé, elle a relevé que C._ ne disposait que d'une couverture pour l'assurance de base ce qui ne l'obligeait pas à prendre en charge les frais d'un séjour en division privée dans un établissement situé hors du canton de Vaud. L'assureur a en outre estimé que l'hospitalisation en question avait consisté en une cure de réhabilitation non couverte par l'assurance-maladie de base, que l'indication médicale d'une hospitalisation n'était pas clairement établie et que les conditions d'efficacité, d'adéquation et d'économicité des prestations n'étaient pas remplies. Il a souligné qu'aucun diagnostic précis n'avait été posé et qu'aucun compte-rendu circonstancié relatif au séjour litigieux ne lui avait été communiqué. B. Par jugement du 6 avril 2004, le Tribunal des assurances du canton de Vaud a rejeté le recours formé par l'assurée contre cette décision sur opposition. B. Par jugement du 6 avril 2004, le Tribunal des assurances du canton de Vaud a rejeté le recours formé par l'assurée contre cette décision sur opposition. C. C._ interjette recours de droit administratif contre ce jugement, dont elle demande l'annulation en concluant, sous suite de dépens, au renvoi de la cause à l'instance cantonale pour divers compléments d'instruction. En résumé, elle soutient qu'elle a été hospitalisée d'urgence à la clinique en question, en raison d'une maladie grave et douloureuse, et qu'elle y a reçu des soins sur la nature desquels l'intimée n'a pas mené une instruction suffisante. La caisse-maladie intimée propose le rejet du recours, sous suite de frais et dépens. L'Office fédéral de la santé publique a renoncé à se déterminer.
Considérant en droit: Considérant en droit: 1. Le litige porte sur le droit de la recourante au remboursement des frais d'hospitalisation à la Clinique X._, en division privée, du 22 octobre au 11 novembre 2001. 1. Le litige porte sur le droit de la recourante au remboursement des frais d'hospitalisation à la Clinique X._, en division privée, du 22 octobre au 11 novembre 2001. 2. La loi fédérale sur la partie générale du droit des assurances sociales (LPGA), du 6 octobre 2000, entrée en vigueur le 1er janvier 2003, n'est pas applicable au présent litige, eu égard au principe selon lequel les règles applicables sont celles en vigueur au moment où les faits déterminants se sont produits (<ref-ruling> consid. 1). Que la décision sur opposition soit intervenue en 2003 n'y change rien (<ref-ruling> consid. 1.1). 2. La loi fédérale sur la partie générale du droit des assurances sociales (LPGA), du 6 octobre 2000, entrée en vigueur le 1er janvier 2003, n'est pas applicable au présent litige, eu égard au principe selon lequel les règles applicables sont celles en vigueur au moment où les faits déterminants se sont produits (<ref-ruling> consid. 1). Que la décision sur opposition soit intervenue en 2003 n'y change rien (<ref-ruling> consid. 1.1). 3. 3.1 En vertu de l'<ref-law>, l'assurance obligatoire des soins prend en charge le coût des prestations définies aux art. 25 à 31 en tenant compte des conditions des art. 32 à 34. Ces prestations comprennent, notamment, les examens, traitements et soins dispensés sous forme ambulatoire, au domicile du patient, en milieu hospitalier ou semi-hospitalier ou dans un établissement médico-social par des médecins, des chiropraticiens et des personnes fournissant des prestations sur prescription ou sur mandat médical (<ref-law>), le séjour en division commune d'un hôpital (art. 25 al. 2 let e LAMal) et les mesures de réadaptation effectuées ou prescrites par un médecin (art. 25 al. 1 let. d LAMal). Les prestations mentionnées à l'<ref-law> doivent être efficaces, appropriées et économiques; l'efficacité doit être démontrée selon des méthodes scientifiques (<ref-law>). 3.2 L'<ref-law> pose le principe du libre choix, par l'assuré, entre les fournisseurs de prestations admis et aptes à traiter sa maladie, mais il restreint la prise en charge des coûts de ces prestations en fonction de deux critères: le lieu de résidence ou de travail de l'assuré et les raisons médicales pouvant justifier le choix d'un fournisseur de prestations en dehors de ce lieu. En cas de traitement hospitalier ou semi-hospitalier, l'assureur prend en charge les coûts jusqu'à concurrence du tarif applicable dans le canton où réside l'assuré (art. 41 al. 1 troisième phrase LAMal). Si, pour des raisons médicales, l'assuré recourt à un autre fournisseur de prestations, l'assureur prend en charge les coûts d'après le tarif applicable à cet autre fournisseur de prestations (<ref-law>); si pour les mêmes raisons, l'assuré recourt aux services d'un hôpital public ou subventionné par les pouvoirs publics situé hors de son canton de résidence, ce canton prend en charge la différence entre les coûts facturés et les tarifs que l'hôpital applique aux résidents du canton (<ref-law>). Vu ce qui précède, la seule conséquence, pour l'assuré, du choix d'un fournisseur de prestations hors de son canton de résidence est un amoindrissement de la protection tarifaire dont il jouit selon l'<ref-law>, en ce sens que, sauf dans les hypothèses envisagées aux art. 41 al. 2 et 3 LAMal, c'est toujours le tarif applicable au lieu de résidence ou de travail de l'assuré et leurs environs qui s'applique. Sous cette réserve, l'assuré a le libre choix de l'hôpital parmi les établissements en Suisse répondant aux exigences de l'<ref-law>. L'hôpital doit, en particulier, figurer sur la liste hospitalière dressée par un canton conformément à l'art. 39 al. 1 let. e LAMal, mais pas nécessairement sur celle établie par le canton de résidence de l'assuré (<ref-ruling>). 3.3 Selon la liste des hôpitaux du canton de Y._, établie par le Conseil d'Etat de Y._ conformément à l'<ref-law> et en vigueur depuis le 14 septembre 2001, la clinique X._ figure parmi les établissements spéciaux non-subventionnés admis à pratiquer à la charge de l'assurance-maladie obligatoire. Il s'ensuit que Sanitas ne pouvait pas refuser, par principe, tout droit aux prestations en raison du caractère extra-cantonal de l'hospitalisation subie par la recourante. 3.3 Selon la liste des hôpitaux du canton de Y._, établie par le Conseil d'Etat de Y._ conformément à l'<ref-law> et en vigueur depuis le 14 septembre 2001, la clinique X._ figure parmi les établissements spéciaux non-subventionnés admis à pratiquer à la charge de l'assurance-maladie obligatoire. Il s'ensuit que Sanitas ne pouvait pas refuser, par principe, tout droit aux prestations en raison du caractère extra-cantonal de l'hospitalisation subie par la recourante. 3.3 Selon la liste des hôpitaux du canton de Y._, établie par le Conseil d'Etat de Y._ conformément à l'<ref-law> et en vigueur depuis le 14 septembre 2001, la clinique X._ figure parmi les établissements spéciaux non-subventionnés admis à pratiquer à la charge de l'assurance-maladie obligatoire. Il s'ensuit que Sanitas ne pouvait pas refuser, par principe, tout droit aux prestations en raison du caractère extra-cantonal de l'hospitalisation subie par la recourante. 4.1 4.1.1 Selon la jurisprudence, les assureurs-maladie sont en droit de refuser la prise en charge de mesures thérapeutiques inutiles ou de mesures qui auraient pu être remplacées par d'autres, moins onéreuses; ils y sont d'ailleurs obligés, dès lors qu'ils sont tenus de veiller au respect du principe de l'économie du traitement. Ce principe ne concerne pas uniquement les relations entre caisses et fournisseurs de soins. Il est également opposable à l'assuré, qui n'a aucun droit au remboursement d'un traitement non économique (<ref-ruling> sv. consid. 2b et les références). Dans ce sens, l'<ref-law> prévoit que la rémunération allouée en cas d'hospitalisation s'effectue conformément au tarif applicable à l'hôpital (servant au traitement hospitalier de maladies aiguës au sens de l'<ref-law>) en vertu de l'art. 49 al. 1 et 2 LAMal, tant que le patient a besoin, selon l'indication médicale, d'un traitement et de soins ou d'une réadaptation médicale en milieu hospitalier. Si cette condition n'est plus remplie, le tarif selon l'<ref-law> est applicable. Aux termes de cette dernière disposition légale, l'assureur prend en charge, en cas de séjour dans un établissement médico-social (<ref-law>), les mêmes prestations que pour un traitement ambulatoire et pour les soins à domicile; il peut toutefois convenir, avec l'établissement médico-social, d'un mode de rémunération forfaitaire (<ref-ruling> consid. 2c). 4.1.2 Pour satisfaire aux impératifs du caractère économique et à la réglementation légale, qui établit une nette distinction entre la rémunération d'un traitement et de soins en milieu hospitalier et celle d'un séjour dans un établissement médico-social, les assureurs-maladie doivent exercer un contrôle suivi d'un traitement hospitalier, avec l'aide de leur médecin-conseil. L'efficacité de ce contrôle postule qu'il puisse s'exercer préalablement au traitement ou en cours d'hospitalisation, le médecin traitant pouvant être amené, à la suite d'une intervention justifiée du médecin-conseil, à prescrire une mesure moins coûteuse que le maintien du patient en milieu hospitalier. Il ne faut toutefois pas perdre de vue que le médecin-conseil n'est pas habilité à traiter lui-même l'assuré ou à donner des instructions au médecin traitant sur l'application d'un traitement. Si, contre l'avis du médecin-conseil, le médecin traitant estime qu'un séjour en milieu hospitalier est nécessaire, l'assuré conserve la possibilité de faire valoir vis-à-vis de l'assureur ses prétentions en remboursement des frais encourus. L'avis du médecin-conseil ne préjuge pas définitivement des droits que l'assuré pourrait faire valoir à un tel remboursement (<ref-ruling> ss consid. 2e). 4.2 La recourante demande la prise en charge de la totalité de la facture présentée par la clinique X._. Cette conclusion est manifestement mal fondée, dans la mesure où rien au dossier n'indique qu'un séjour de plusieurs semaines dans un établissement hospitalier ne figurant pas sur la liste dressée par le canton de Vaud, qui plus est en division privée, était nécessaire. Une telle nécessité n'est rendue plausible ni par les rapports établis par la doctoresse L._, dont on peut tout au plus déduire qu'elle estimait une hospitalisation nécessaire en urgence, ni par ceux rédigés par le docteur S._, qui semble fonder son opinion exclusivement sur l'affirmation toute générale selon laquelle la clinique X._ pratiquerait une approche holistique de la médecine, faisant défaut dans les établissements plus conventionnels disponibles dans le canton de Vaud. Les conclusions des docteurs S._ et L._ n'emportent pas davantage la conviction en ce qui concerne la nécessité même d'une hospitalisation, indépendamment de l'établissement choisi : si l'on considère les traitements prodigués lors du séjour à la Clinique X._, selon les factures produites par l'assurée, force est de constater qu'il s'agissait en réalité non pas de soigner une maladie aiguë, mais typiquement d'une cure pouvant être effectuée en établissement médico-social, voire sous forme ambulatoire. Le docteur S._ a du reste fait lui-même état de la nécessité d'une cure, non d'une hospitalisation, dans son rapport du 10 juillet 2001. Partant, la prise en charge des frais d'hospitalisation litigieux n'entre en considération que dans la mesure prévue par l'<ref-law>, soit, en principe, de manière limitée aux mêmes prestations que pour un traitement ambulatoire (jusqu'à concurrence du tarif applicable au lieu de résidence ou de travail de l'assurée ou dans les environs, conformément à l'art. 41 al. 1, 2ème phrase, LAMal). Les conclusions des docteurs S._ et L._ n'emportent pas davantage la conviction en ce qui concerne la nécessité même d'une hospitalisation, indépendamment de l'établissement choisi : si l'on considère les traitements prodigués lors du séjour à la Clinique X._, selon les factures produites par l'assurée, force est de constater qu'il s'agissait en réalité non pas de soigner une maladie aiguë, mais typiquement d'une cure pouvant être effectuée en établissement médico-social, voire sous forme ambulatoire. Le docteur S._ a du reste fait lui-même état de la nécessité d'une cure, non d'une hospitalisation, dans son rapport du 10 juillet 2001. Partant, la prise en charge des frais d'hospitalisation litigieux n'entre en considération que dans la mesure prévue par l'<ref-law>, soit, en principe, de manière limitée aux mêmes prestations que pour un traitement ambulatoire (jusqu'à concurrence du tarif applicable au lieu de résidence ou de travail de l'assurée ou dans les environs, conformément à l'art. 41 al. 1, 2ème phrase, LAMal). 5. Les premiers juges ont encore considéré qu'indépendamment du cadre hospitalier dans lequel le traitement a été suivi, celui-ci ne répond pas aux critères d'efficacité, d'adéquation et d'économicité posés par l'<ref-law>. En substance, des examens inutiles et des traitements inefficaces auraient été pratiqués. A cet égard, toutefois, les renseignements médicaux figurant au dossier, en particulier le seul avis du médecin-conseil de la caisse, libellé laconiquement «pas de cure, car pas de prise en charge de principe de l'assurance de base et pas d'indication à un traitement stationnaire», ne permettent pas de nier d'emblée l'efficacité, l'adéquation et l'économicité de l'ensemble des examens pratiqués et des soins prodigués par les médecins de la clinique X._. Aussi, la caisse ne pouvait-elle refuser en bloc la prise en charge - dans les limites exposées au consid. 4.2 supra - de ces examens et traitements pour le motif que les conditions de l'<ref-law> n'étaient pas remplies, sans compléter le dossier ni étayer son point de vue par la documentation médicale nécessaire. La cause lui sera donc renvoyée à cet effet. 5. Les premiers juges ont encore considéré qu'indépendamment du cadre hospitalier dans lequel le traitement a été suivi, celui-ci ne répond pas aux critères d'efficacité, d'adéquation et d'économicité posés par l'<ref-law>. En substance, des examens inutiles et des traitements inefficaces auraient été pratiqués. A cet égard, toutefois, les renseignements médicaux figurant au dossier, en particulier le seul avis du médecin-conseil de la caisse, libellé laconiquement «pas de cure, car pas de prise en charge de principe de l'assurance de base et pas d'indication à un traitement stationnaire», ne permettent pas de nier d'emblée l'efficacité, l'adéquation et l'économicité de l'ensemble des examens pratiqués et des soins prodigués par les médecins de la clinique X._. Aussi, la caisse ne pouvait-elle refuser en bloc la prise en charge - dans les limites exposées au consid. 4.2 supra - de ces examens et traitements pour le motif que les conditions de l'<ref-law> n'étaient pas remplies, sans compléter le dossier ni étayer son point de vue par la documentation médicale nécessaire. La cause lui sera donc renvoyée à cet effet. 6. Dès lors que la prise en charge des frais d'hospitalisation litigieux n'entre en considération que de manière limitée aux mêmes prestations que pour un traitement ambulatoire et, dans ce contexte, sous réserve d'un nouvel examen relatif aux conditions posées par l'<ref-law>, la recourante n'obtient que très partiellement gain de cause et ne peut prétendre qu'une indemnité de dépens réduite à charge de l'intimée (art. 159 al. 1 OJ). Par ailleurs, la procédure porte sur l'octroi ou le refus de prestations d'assurance, de sorte qu'elle est gratuite (art. 134 OJ).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances prononce: 1. Le recours est admis en ce sens que le jugement du Tribunal des assurances du canton de Vaud, du 6 avril 2004, et la décision de Sanitas, Assurance maladie, du 1er mai 2003, sont annulés. 1. Le recours est admis en ce sens que le jugement du Tribunal des assurances du canton de Vaud, du 6 avril 2004, et la décision de Sanitas, Assurance maladie, du 1er mai 2003, sont annulés. 2. La cause est renvoyée à l'intimée pour instruction et nouvelle décision au sens des considérants. 2. La cause est renvoyée à l'intimée pour instruction et nouvelle décision au sens des considérants. 3. Il n'est pas perçu de frais de justice. 3. Il n'est pas perçu de frais de justice. 4. Sanitas, Assurance maladie, versera à la recourante la somme de 1'000 fr. (y compris la taxe sur la valeur ajoutée) à titre de dépens pour l'instance fédérale. 4. Sanitas, Assurance maladie, versera à la recourante la somme de 1'000 fr. (y compris la taxe sur la valeur ajoutée) à titre de dépens pour l'instance fédérale. 5. Le Tribunal des assurances du canton de Vaud statuera sur les dépens pour la procédure de première instance, au regard de l'issue du procès de dernière instance. 5. Le Tribunal des assurances du canton de Vaud statuera sur les dépens pour la procédure de première instance, au regard de l'issue du procès de dernière instance. 6. Le présent arrêt sera communiqué aux parties, à Sanitas, Assurance maladie, au Tribunal des assurances du canton de Vaud et à l'Office fédéral de la santé publique. Lucerne, le 11 octobre 2005 Au nom du Tribunal fédéral des assurances Le Président de la IVe Chambre: Le Greffier:
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Sachverhalt: A. A.a X._ ist seit November 2006 Beistand von Y._. Zwischen X._ einerseits und der Sozialkommission der Gemeinde Herrliberg als Vormundschaftsbehörde bzw. dem Bezirksrat Meilen andererseits bestehen Differenzen über die Berichterstattung zu seiner Mandatsführung. A.b Am 31. Januar 2010 übermittelte der Beistand der Sozialkommission den Bericht für die Zeit von November 2006 bis 2008. Die Sozialkommission leitete den Beistandschaftsbericht mit dem Antrag auf Genehmigung am 27. Mai 2010 an den Bezirksrat weiter. Der Bezirksrat verweigerte die Genehmigung mit Beschluss vom 27. Juli 2010, teilte dies der Sozialkommission am 24. August 2010 mit und sandte ihr die Unterlagen zur ordnungsgemässen Berichterstattung und Rechnungslegung zurück. Mit Schreiben vom 1. September 2010 ersuchte die Sozialkommission den Beistand, die Rechnung gemäss den Vorgaben zu ergänzen. Der Beistand kam dieser Aufforderung in der Folge nicht nach. Am 27. Oktober 2010 beschloss die Sozialkommission, Treuhänder Z._ mit der korrekten Erstellung der Rechnung für die Zeit vom 16. November 2006 bis 31. Dezember 2008 zu betrauen und die daraus entstehenden Kosten dem Beistand aufzuerlegen. Der Beistand wurde verpflichtet, dem Treuhänder die Rechnung und sämtliche für die Fertigstellung nötigen Unterlagen bis zum 12. November 2010 zu übergeben. B. B.a Die vom Beistand gegen diesen Beschluss erhobene Beschwerde wurde vom Bezirksrat Meilen am 27. Januar 2011 abgewiesen. B.b Am 4. Februar 2011 gelangte der Beistand an das Obergericht des Kantons Zürich. Er beantragte die ersatzlose Aufhebung der Verfügung des Bezirksrats; eventualiter ersuchte er um Rückweisung an die Vorinstanz zur Neubeurteilung und korrekten Eröffnung. Das Obergericht wies die Beschwerde mit Urteil vom 10. März 2011 ab und setzte eine neue, vierzehntägige Frist zur Übergabe der Unterlagen an den Treuhänder ab Zustellung des Urteils an. C. Am 15. April 2011 hat der Beistand (Beschwerdeführer) subsidiäre Verfassungsbeschwerde erhoben. Er beantragt die ersatzlose Aufhebung der Verfügung der Vorinstanz vom 27. Januar 2011 (sic!) und ersucht um Feststellung, dass die Buchhaltung für die Jahre 2007/2008 für Y._ nicht nochmals zu erstellen sei. Zudem beantragt er aufschiebende Wirkung. Die Sozialkommission hat darum ersucht, das Gesuch um aufschiebende Wirkung abzuweisen. Das Obergericht hat diesbezüglich auf Vernehmlassung verzichtet. Mit Präsidialverfügung vom 2. Mai 2011 ist der Beschwerde aufschiebende Wirkung zuerkannt worden. Das Bundesgericht hat die Akten beigezogen, in der Sache aber keine Vernehmlassungen eingeholt.
Erwägungen: 1. 1.1 Der Beschwerdeführer ersucht in seinen Anträgen um Aufhebung der vorinstanzlichen Verfügung vom 27. Januar 2011. An diesem Datum hat jedoch nicht die Vorinstanz, sondern der Bezirksrat geurteilt. Der Beschwerdeführer hat sich diesbezüglich offensichtlich verschrieben, bezeichnet er doch ansonsten das Urteil des Obergerichts, und damit den vor Bundesgericht einzig anfechtbaren kantonal letztinstanzlichen Entscheid (<ref-law>) als Anfechtungsobjekt. Die Angelegenheit betrifft die Aufsicht über den Beistand, womit die Beschwerde in Zivilsachen grundsätzlich zur Verfügung steht (Art. 72 Abs. 2 lit. b Ziff. 5 BGG). Die Vorinstanz hat den Streitwert mit Fr. 7'500.-- angegeben, entsprechend den erwarteten Kosten für die Rechnungserstellung durch den Treuhänder. Der Beschwerdeführer stellt weder die vermögensrechtliche Natur der Angelegenheit noch den Streitwert in Frage, sondern erhebt ausdrücklich subsidiäre Verfassungsbeschwerde. Entgegen dem in vormundschaftsrechtlichen Aufsichtssachen Üblichen (dazu Urteil 5A_645/2010 vom 27. Dezember 2010 E. 1, nicht publ. in: <ref-ruling>) wird mit der vorliegenden Beschwerde ein überwiegend wirtschaftlicher Zweck verfolgt (<ref-ruling> E. 1c S. 531; <ref-ruling> E. 2a S. 380), geht es dem Beschwerdeführer doch primär um die Vermeidung der ihm auferlegten Kosten der Ersatzvornahme. Seine rechtzeitig erfolgte Eingabe (<ref-law>) ist deshalb mangels Erreichens eines genügenden Streitwerts (<ref-law>) und infolge Fehlens einer Rechtsfrage von grundsätzlicher Bedeutung (<ref-law>) wie verlangt als subsidiäre Verfassungsbeschwerde (<ref-law>) entgegenzunehmen. 1.2 Mit der Verfassungsbeschwerde kann einzig die Verletzung verfassungsmässiger Rechte gerügt werden (<ref-law>). Dabei gilt das strenge Rügeprinzip (Art. 117 i.V.m. <ref-law>). Die Rüge muss in der Beschwerde präzise vorgebracht und begründet werden (<ref-ruling> E. 1.4 S. 400 f.; <ref-ruling> E. 1.4.2 S. 254 mit Hinweisen). Die rechtssuchende Partei muss dabei anhand der Erwägungen des angefochtenen Entscheids genau angeben, welches verfassungsmässige Recht durch den angefochtenen kantonalen Entscheid verletzt wurde, und im Einzelnen darlegen, worin die Verletzung besteht. Das Bundesgericht prüft nur klar und detailliert erhobene und, soweit möglich, belegte Rügen; auf rein appellatorische Kritik am angefochtenen Entscheid tritt es nicht ein (<ref-ruling> E. 3 S. 399 f.; <ref-ruling> E. 6 S. 397; <ref-ruling> E. 2.2 S. 246). 2. Umstritten ist einzig, ob die vom Beistand zu erstellende Rechnung an das Inventar per 30. November 2006 anschliessen muss oder ob er die Rechnung am 1. Januar 2007 beginnen lassen darf. 2.1 Im kantonalen Verfahren hatte der Beschwerdeführer vorgebracht, er verfüge über keine Unterlagen aus der Zeit vor dem 31. Dezember 2006, da bis dahin der Ehemann der Verbeiständeten das Finanzielle erledigt habe und es angesichts des hängigen Scheidungsverfahrens aussichtslos sei, von ihm Unterlagen herauszuverlangen. Die Behörden hätten auf entsprechenden Hinweis mündlich einer Rechnung mit Beginn ab 1. Januar 2007 zugestimmt. 2.2 Das Obergericht hat sich diesbezüglich den Erwägungen des bezirksrätlichen Beschlusses vom 27. Januar 2011 angeschlossen. Danach habe der Beschwerdeführer bereits ein Inventar per 30. November 2006 erstellen können und auch tatsächlich eingereicht. Wenn er über die Unterlagen für ein Inventar verfüge, sei nicht einzusehen, weshalb die Rechnung entgegen der gesetzlichen Vorgabe nicht daran anschliesse, d.h. ab 1. Dezember 2006 geführt werde. In der Tat habe der Beschwerdeführer nun vor Obergericht Kontoauszüge der Verbeiständeten aus dem Dezember 2006 einreichen können (act. 3/2-5 der obergerichtlichen Akten). Somit hätte er längstens, aber jedenfalls innerhalb der ihm angesetzten Fristen eine vollständige Abrechnung anschliessend an das Inventar erstellen können und müssen. Die nun als Beilage eingereichte handschriftliche Korrektur (act. 3/6 der obergerichtlichen Akten) sei jedenfalls keine ordentliche Rechnung im Sinne eines Beistandschaftsberichts. Obwohl es im Ergebnis nur um die Rechnung für einen Monat zu Beginn der Berichtsperiode gehe, dürften die Behörden - ohne in Willkür zu verfallen - eine einheitliche Rechnung für die ganze Periode verlangen. Dies sei für die weitere Bearbeitung einfacher. 3. 3.1 Der Beschwerdeführer sieht zunächst das rechtliche Gehör (<ref-law>) verletzt. 3.1.1 Die erste in diesem Zusammenhang erhobene Rüge ist unklar, so dass darauf nicht eingetreten werden kann. Sie scheint darauf abzuzielen, die Vorinstanz habe zu Unrecht nach Ablauf der Rechtsmittelfrist vom Beschwerdeführer ins Verfahren eingeführte Behauptungen nicht berücksichtigt. Es ist unklar, welche Behauptungen er anspricht. Zwar scheint er sich in der Folge auf die nachgereichten Kontounterlagen vom Dezember 2006 zu beziehen, doch hat er diese bereits als Beilage zu seiner Rechtsmittelschrift an das Obergericht - und damit nicht nach Ablauf der Rechtsmittelfrist - eingereicht. Soweit er die Würdigung dieser Beilagen durch die Vorinstanz kritisiert, geht die Rüge der Gehörsverletzung in der nachfolgend zu behandelnden Willkürrüge auf (unten E. 3.2). Er kritisiert auch, dass die Vorinstanz die Zulässigkeit verspäteter Behauptungen mangels Entscheidwesentlichkeit offen gelassen habe, legt aber nicht dar, inwiefern diese Beurteilung das rechtliche Gehör verletzen sollte. Insgesamt kann somit auf die Rüge nicht eingetreten werden. 3.1.2 Des Weiteren habe die Vorinstanz das rechtliche Gehör verletzt, weil sie einen Antrag und dazugehörige Ausführungen nicht behandelt habe. Der Beschwerdeführer erwähnt allerdings nicht, welcher seiner Anträge an das Obergericht nicht beurteilt worden sein soll und genügt damit den Begründungsanforderungen nicht. Wie sich aus seinen weiteren Ausführungen ergibt, steht diese Rüge im Zusammenhang mit einer vorinstanzlichen Erwägung zur Eröffnung des bezirksrätlichen Rückweisungsentscheids vom 27. Juli 2010. Das Obergericht hat offen gelassen, ob der Bezirksrat diesen Beschluss dem Beschwerdeführer direkt hätte eröffnen sollen. Gemäss verbreiteter Praxis würden solche Entscheide oftmals nur der Vormundschaftsbehörde eröffnet. Der Beschwerdeführer sei aber korrekt behandelt worden, denn die Vormundschaftsbehörde habe ihm im Schreiben vom 1. September 2010 im Wortlaut von den Beanstandungen des Bezirksrates Kenntnis gegeben. Wie es sich mit der Eröffnung von solchen Nichtgenehmigungsbeschlüssen unter dem Gesichtswinkel des rechtlichen Gehörs verhält, kann offen bleiben. Auf den vom Obergericht zuletzt genannten Punkt (Mitteilung der Beanstandungen durch die Vormundschaftsbehörde) geht der Beschwerdeführer nämlich nicht ein. Er behauptet namentlich nicht, die bezirksrätlichen Beanstandungen vom Juli 2010 seien ihm nicht bekannt gegeben worden, und er macht auch nicht geltend, er habe sich gegen sie nicht auch noch im vorliegenden Rechtsmittelverfahren zur Wehr setzen können. Darauf ist deshalb nicht einzutreten. Wie es sich mit der Eröffnung von solchen Nichtgenehmigungsbeschlüssen unter dem Gesichtswinkel des rechtlichen Gehörs verhält, kann offen bleiben. Auf den vom Obergericht zuletzt genannten Punkt (Mitteilung der Beanstandungen durch die Vormundschaftsbehörde) geht der Beschwerdeführer nämlich nicht ein. Er behauptet namentlich nicht, die bezirksrätlichen Beanstandungen vom Juli 2010 seien ihm nicht bekannt gegeben worden, und er macht auch nicht geltend, er habe sich gegen sie nicht auch noch im vorliegenden Rechtsmittelverfahren zur Wehr setzen können. Darauf ist deshalb nicht einzutreten. 3.2 3.2.1 Der Beschwerdeführer ist nach wie vor der Ansicht, eine korrekte Buchhaltung eingereicht zu haben. Es gehe lediglich um den Dezember 2006 und es sei willkürlich, wenn auch die gesamte Buchhaltung für die Jahre 2007 und 2008 neu erstellt werden müsse, zumal an der Rechnung für die Jahre 2007 und 2008 wenig oder nichts auszusetzen gewesen sei. Der Bezirksrat habe des Weiteren bloss verlangt, dass für den Dezember 2006 Kontoauszüge beizubringen seien. Diese habe er am 7. März 2011 eingereicht. Da eine einheitliche Rechnung nicht verlangt worden sei, erscheine es willkürlich, wenn die Vorinstanz nun entgegen dem Bezirksrat eine solche verlange. 3.2.2 Eine Verletzung des Willkürverbots (<ref-law>) liegt vor, wenn der angefochtene Entscheid offensichtlich unhaltbar ist, mit der tatsächlichen Situation in klarem Widerspruch steht, eine Norm oder einen unumstrittenen Rechtsgrundsatz krass verletzt oder in stossender Weise dem Gerechtigkeitsgedanken zuwiderläuft. Das Bundesgericht hebt einen Entscheid jedoch nur auf, wenn nicht bloss die Begründung, sondern auch das Ergebnis unhaltbar ist. Dass eine andere Lösung ebenfalls als vertretbar oder gar zutreffender erscheint, genügt nicht (<ref-ruling> E. 2.4 S. 5; <ref-ruling> E. 1.3 S. 4 f.; <ref-ruling> E. 3.1 S. 473 f.; je mit Hinweisen). 3.2.3 Das Urteil der Vorinstanz ist nicht willkürlich. Zunächst ist es keineswegs unhaltbar zu verlangen, dass die Rechnung des Beistands unmittelbar an das von ihm erstellte erstmalige Inventar anschliesst. Diese Pflicht bestreitet der Beschwerdeführer denn auch nicht. Er geht des Weiteren nicht darauf ein, dass er angesichts der von ihm vorgelegten Unterlagen offensichtlich in der Lage gewesen wäre, eine Rechnung für den Dezember 2006 zu erstellen. Stattdessen läuft seine Rüge im Wesentlichen darauf hinaus, dass die Neuerstellung einer Gesamtrechnung unverhältnismässig sei. Es ist nun jedoch nicht willkürlich, dass die Vorinstanzen aus Gründen der Übersichtlichkeit für die Abrechnungsperiode 2007/2008 unter Einschluss des Monats Dezember des Jahres 2006 eine einheitliche Rechnung verlangen. Wie der Beschwerdeführer schliesslich aus der von ihm zitierten Stelle des bezirksrätlichen Beschlusses ableiten will, von ihm sei einzig die Einreichung von Kontounterlagen verlangt worden, nicht aber die Erstellung einer Rechnung unter Einschluss des Dezembers 2006, ist unerfindlich. 4. Die Beschwerde erweist sich somit als unbegründet, soweit darauf eingetreten werden kann. Die Frist zur Übergabe der Unterlagen an den mit der Ersatzvornahme betrauten Treuhänder Z._ ist neu anzusetzen. 5. Bei diesem Ausgang des Verfahrens wird der Beschwerdeführer kostenpflichtig (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Verfassungsbeschwerde wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. Der Beschwerdeführer wird angewiesen, die Rechnung und sämtliche für die Fertigstellung nötigen Unterlagen binnen 14 Tagen seit Erhalt der vollständigen Ausfertigung dieses Urteils an Treuhänder Z._ zu übergeben. 3. Die Gerichtskosten von Fr. 1'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Zürich, II. Zivilkammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 8. Juli 2011 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Präsidentin: Der Gerichtsschreiber: Hohl Zingg
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Faits: Faits: A. X._ est avocate à Genève depuis ..... Elle est membre de l'Ordre des Avocats de Genève. Le 15 janvier 2002, X._ a adressé à la Commission du barreau du canton de Genève (ci-après: la Commission du barreau) une "lettre ouverte" où elle exposait ses démêlés avec ses confrères Y._ et Z._ (eux-mêmes associés). Elle dénonçait le comportement de ceux-ci notamment en les termes suivants: "La méthode utilisée par l'Etude Z._ & Y._ ci-dessus décrite consiste, d'une part, à déconsidérer l'avocat en lieu et place de se prononcer sur le fond du problème, d'autre part, à multiplier les procédures disciplinaires à son encontre. Cette méthode, également utilisée contre des magistrats, a été décrite par le juge B._ dans son ouvrage '*****************'. Le Juge B._, ainsi que son collègue genevois, C._, ont subi des pressions similaires de la part d'une partie représentée par la même Etude ci-dessus mentionnée. Ils ont également dû faire face à une multitude de procédures disciplinaires. Cette méthode de déstabilisation est terriblement efficace dans la mesure où elle distrait les victimes de leur dossier, celles-ci étant obligées de dépenser une énergie considérable et un temps démesuré à la défense de leur honneur. Cette manière de procéder doit être dénoncée." Au surplus, X._ se référait à un article du journal "D._", selon lequel il existerait à Genève un groupe occulte d'avocats, qui pratiqueraient "le renvoi d'ascenseur"; les deux personnes précitées en auraient fait partie. Ce courrier a été adressé en copie à un établissement financier ainsi qu'à plusieurs magistrats. La Commission du barreau a traité le courrier de X._ comme une dénonciation. Considérant que cette lettre portait atteinte à son honneur professionnel et privé, Z._ a sollicité de la Commission du barreau, par courrier du 14 février 2002, l'ouverture d'une procédure disciplinaire à l'encontre de son auteur. Il a également demandé que X._ fournisse la liste des personnes à qui elle avait envoyé cette écriture. Par la suite, Y._ s'est joint à la démarche de son associé. Lors de sa séance du 6 mai 2002, la Commission du barreau a décidé, d'une part, de classer la dénonciation de X._ (décision qui a été notifiée à celle-ci le 8 mai 2002) et, d'autre part, d'ouvrir à son encontre une procédure disciplinaire en raison de l'envoi à des tiers de la lettre ouverte précitée. La décision de classement est entrée en force. Lors de sa séance du 6 mai 2002, la Commission du barreau a décidé, d'une part, de classer la dénonciation de X._ (décision qui a été notifiée à celle-ci le 8 mai 2002) et, d'autre part, d'ouvrir à son encontre une procédure disciplinaire en raison de l'envoi à des tiers de la lettre ouverte précitée. La décision de classement est entrée en force. B. Le 2 décembre 2002, la Commission du barreau a infligé à X._ un blâme - dont le délai de radiation était fixé à trois ans -, pour violation de l'art. 27 de la loi genevoise sur la profession d'avocat du 26 avril 2002 (LPAv; RS/GE E 6 10) ainsi que de l'art. 2 des us et coutumes de l'Ordre des Avocats de Genève du 5 septembre 1979. Le 20 décembre 2002, X._ a déféré cette décision au Tribunal administratif du canton de Genève (ci-après: le Tribunal administratif), en concluant à son annulation, sous suite de frais et dépens. Le 20 décembre 2002, X._ a déféré cette décision au Tribunal administratif du canton de Genève (ci-après: le Tribunal administratif), en concluant à son annulation, sous suite de frais et dépens. C. Par arrêt du 15 avril 2003, le Tribunal administratif a admis partiellement le recours en prononçant un avertissement en lieu et place d'un blâme. Selon la Cour cantonale, en adressant sa lettre ouverte à la Commission du barreau ainsi qu'à plusieurs personnes physiques et établissements bancaires pouvant être amenés à confier la défense de leurs intérêts aux avocats mis en cause, X._ avait manqué à son devoir de se comporter correctement dans l'exercice de sa profession d'avocat et contrevenu ainsi à l'art. 12 lettre a de la loi fédérale du 23 juin 2000 sur la libre circulation des avocats (loi sur les avocats, LLCA, entrée en vigueur le 1er juin 2002; RS 935.61). Une sanction était donc justifiée. Les faits reprochés n'étant pas suffisamment graves pour justifier un blâme et compte tenu de l'absence d'antécédents, il y avait lieu de prononcer un avertissement. C. Par arrêt du 15 avril 2003, le Tribunal administratif a admis partiellement le recours en prononçant un avertissement en lieu et place d'un blâme. Selon la Cour cantonale, en adressant sa lettre ouverte à la Commission du barreau ainsi qu'à plusieurs personnes physiques et établissements bancaires pouvant être amenés à confier la défense de leurs intérêts aux avocats mis en cause, X._ avait manqué à son devoir de se comporter correctement dans l'exercice de sa profession d'avocat et contrevenu ainsi à l'art. 12 lettre a de la loi fédérale du 23 juin 2000 sur la libre circulation des avocats (loi sur les avocats, LLCA, entrée en vigueur le 1er juin 2002; RS 935.61). Une sanction était donc justifiée. Les faits reprochés n'étant pas suffisamment graves pour justifier un blâme et compte tenu de l'absence d'antécédents, il y avait lieu de prononcer un avertissement. D. Agissant par la voie du recours de droit administratif, X._ demande au Tribunal fédéral, sous suite de frais et dépens, d'annuler l'arrêt attaqué. Elle fait valoir que l'autorité intimée a constaté les faits pertinents de manière inexacte et incomplète et violé le droit fédéral en ne respectant pas le principe de légalité ("pas de peine sans loi", art. 7 CEDH) ainsi que les principes d'égalité et d'interdiction de l'abus de droit et de l'arbitraire (art. 9 Cst. et 17 CEDH). X._ énumère les procédures pénales ou disciplinaires qui ont été engagées contre elle par Z._ ou Y._ ou qu'elle a été amenée à initier en raison de leur comportement. Il s'agit des procédures suivantes. En relation avec l'action en responsabilité d'une banque contre ses administrateurs, ces derniers, représentés par Z._, ont déposé plainte pénale, le 16 décembre 1998, contre la banque et X._, conseil de celle-ci, notamment pour faux dans les titres. X._ a déposé une contre-plainte. La plainte et la contre-plainte ont été classées par le Procureur général du canton de Genève. Après avoir succédé à X._ dans la défense des époux A., Y._ aurait accusé celle-ci « auprès de nombreux tiers d'avoir conservé indûment à titre d'honoraires, sans facture ('au noir') des centaines de milliers de francs » appartenant à ses anciens mandants. Le 9 juillet 2001, X._ a déposé plainte pénale notamment pour calomnie contre dame A. (son mari étant décédé) ainsi que toute autre personne responsable. Le procureur général du canton de Genève a classé la plainte, décision qui a été confirmée sur recours de X._ par la Chambre d'accusation du canton de Genève. Selon la recourante, Z._ et Y._ l'ont dénoncée au Conseil de l'Ordre des Avocats de Genève (ci-après: le Conseil de l'Ordre) successivement pour avoir déposé sans autorisation du bâtonnier une contre-plainte et une plainte en relation avec les procédures pénales évoquées ci-dessus; pour avoir prélevé illicitement des montants appartenant aux époux A.; pour avoir envoyé sa lettre ouverte à la Commission du barreau sans autorisation préalable du bâtonnier et pour ne pas se soumettre aux décisions du Conseil de l'Ordre. Ces procédures ont été instruites par les bâtonniers ou anciens bâtonniers E._ et F._ ainsi que G._, qui, tout comme Z._ et Y._, feraient partie du groupe précité, à en croire le journal "D._". Deux des procédures ont conduit au prononcé d'une sanction à l'égard de X._; celle-ci a contesté les décisions devant la Cour de justice du canton de Genève. Une troisième était toujours pendante lors du dépôt du présent recours (alors que la recourante n'indique pas le sort de la quatrième). A cela s'ajoute la dénonciation à la Commission du barreau, qui a abouti à la sanction faisant l'objet de la présente procédure. X._ évoque encore deux procédures de poursuites pour dettes que Y._, agissant au nom de dame A., a engagées contre elle. Elles auraient toutes deux été retirées. Dans sa détermination sur le recours, le Tribunal administratif se réfère à son arrêt. La Commission du barreau conclut au rejet du recours.
Sans prendre de conclusions formelles, l'Office fédéral de la justice a produit des observations où il considère que l'<ref-law> n'a pas été violé en l'espèce. Sans prendre de conclusions formelles, l'Office fédéral de la justice a produit des observations où il considère que l'<ref-law> n'a pas été violé en l'espèce. E. Par ordonnance du 22 mai 2003, le Président de la IIème Cour de droit public a fait droit à la requête d'effet suspensif. Les 11 novembre 2003 et 7 janvier 2004, X._ a déposé des écritures spontanées où elle allègue des faits nouveaux. Le Tribunal fédéral considère en droit: Le Tribunal fédéral considère en droit: 1. Le Tribunal fédéral examine d'office et librement la recevabilité des recours dont il est saisi (<ref-ruling> consid. 1). 1.1 Selon l'art. 97 OJ en relation avec l'<ref-law>, la voie du recours de droit administratif est ouverte contre les décisions fondées sur le droit public fédéral - ou qui auraient dû l'être -, à condition qu'elles émanent des autorités énumérées à l'art. 98 OJ et pour autant qu'aucune des exceptions prévues aux art. 99 à 102 OJ ou dans la législation spéciale ne soit réalisée (<ref-ruling> consid. 3.1 p. 186; <ref-ruling> consid. 1.2 p. 262, 311 consid. 2 p. 315). Une décision qui est à tort fondée sur le droit fédéral plutôt que sur le droit cantonal doit également être contestée par le biais d'un recours de droit administratif (<ref-ruling> consid. 1 p. 171; Alain Wurzburger, Le recours de droit administratif, in Les recours au Tribunal fédéral, Publications FSA vol. 15, Berne 1997, p. 103; Alfred Kölz/Isabelle Häner, Verwaltungsverfahren und Verwaltungsrechtspflege des Bundes, 2ème éd., Zurich 1998, n. 906). 1.2 Avant le 1er juin 2002, date de l'entrée en vigueur de la loi fédérale du 23 juin 2000 sur la libre circulation des avocats (loi sur les avocats, LLCA; RS 935.61), les règles professionnelles des avocats et les sanctions disciplinaires ressortissaient exclusivement au droit cantonal. Seule la voie extraordinaire du recours de droit public était alors ouverte à l'encontre des décisions cantonales prises en la matière. Désormais, la loi fédérale sur les avocats fixe de manière exhaustive les règles professionnelles auxquelles est soumis l'avocat (<ref-law>), ainsi que les peines disciplinaires (<ref-law>) (cf. <ref-ruling> consid. 1.1). Le 1er juin 2002, est également entrée en vigueur la loi genevoise du 26 avril 2002 sur la profession d'avocat (LPAv), qui a abrogé la loi du 15 mars 1985 sur la profession d'avocat (aLPAv). S'agissant des manquements aux devoirs professionnels, l'art. 43 LPAv renvoie expressément aux sanctions énoncées à l'<ref-law> . La nouvelle loi fédérale sur les avocats a donc clairement voulu - outre garantir la libre circulation des avocats - unifier au niveau fédéral les règles professionnelles et les peines disciplinaires et donner la possibilité de recourir au Tribunal fédéral (Message du Conseil fédéral du 28 avril 1999 concernant la loi fédérale sur la libre circulation des avocats [ci-après: Message], in FF 1999 p. 5331 ss, spéc. p. 5372). Ainsi, en matière de sanctions disciplinaires, la décision prise en dernière instance cantonale peut désormais être attaquée par la voie (ordinaire) du recours de droit administratif au sens des art. 97 ss OJ (en relation avec l'<ref-law>). 1.3 Se pose toutefois la question de savoir si le recours de droit administratif est recevable lorsque - comme en l'espèce - la sanction disciplinaire, bien que prononcée après le 1er juin 2002, est fondée sur des faits survenus avant l'entrée en vigueur de la loi fédérale sur les avocats. La décision attaquée étant fondée - à tort ou à raison, la question n'a pas à être tranchée à ce stade - sur le droit fédéral, il y a lieu d'admettre qu'elle peut être contestée par la voie du recours de droit administratif. Au surplus, le présent recours a été déposé en temps utile et dans les formes prescrites par la loi, de sorte qu'il est recevable. 2. Lorsque le recours est dirigé, comme en l'espèce, contre la décision d'une autorité judiciaire, le Tribunal fédéral est lié par les faits constatés dans la décision, sauf s'ils sont manifestement inexacts ou incomplets ou s'ils ont été établis au mépris de règles essentielles de procédure (art. 105 al. 2 OJ). Aussi la possibilité d'alléguer des faits nouveaux ou de faire valoir de nouveaux moyens de preuve est-elle très restreinte (<ref-ruling> consid. 1.2.1 p. 150; <ref-ruling> consid. 3a p. 221; Fritz Gygi, Bundesverwaltungsrechtspflege, 2e éd., Berne 1983, p. 286/287). Selon la jurisprudence, seules sont admissibles dans ce cas les preuves que l'instance inférieure aurait dû retenir d'office, et dont le défaut d'administration constitue une violation de règles essentielles de procédure (<ref-ruling> consid. 1.2.1 p. 150; <ref-ruling> consid. 1 p. 457). En particulier, les modifications ultérieures de l'état de fait ne peuvent normalement pas être prises en considération, car on ne saurait reprocher à une autorité d'avoir mal constaté les faits, au sens de l'art. 105 al. 2 OJ, lorsque ceux-ci ont changé après sa décision (<ref-ruling> consid. 1.2.1 p. 150; <ref-ruling> consid. 3a p. 221). En l'occurrence, les écritures spontanées des 11 novembre 2003 et 7 janvier 2004 ont été déposées après l'échéance du délai de recours, sans qu'un nouvel échange d'écritures ait été ordonné, de sorte qu'elles ne peuvent être prises en considération (cf. <ref-ruling> consid. 3c p. 249). La même conséquence s'impose dans la mesure où elles se rapportent à des faits postérieurs au prononcé de la décision attaquée. En l'occurrence, les écritures spontanées des 11 novembre 2003 et 7 janvier 2004 ont été déposées après l'échéance du délai de recours, sans qu'un nouvel échange d'écritures ait été ordonné, de sorte qu'elles ne peuvent être prises en considération (cf. <ref-ruling> consid. 3c p. 249). La même conséquence s'impose dans la mesure où elles se rapportent à des faits postérieurs au prononcé de la décision attaquée. 3. Les faits reprochés à la recourante étant antérieurs à l'entrée en vigueur de la loi fédérale sur les avocats, il convient de déterminer quel est le droit matériel applicable et, à cet égard, si le principe de la lex mitior (<ref-law>) vaut par analogie en droit disciplinaire des avocats. La règle de la lex mitior constitue une exception au principe de non-rétroactivité de la loi pénale. Elle se justifie par le fait qu'en raison d'une conception juridique modifiée le comportement considéré n'apparaît plus ou apparaît moins punissable pénalement (<ref-ruling> consid. 1a p. 116). Le droit disciplinaire ne se rattache pas au droit pénal, mais au droit administratif, car la mesure disciplinaire n'a pas en premier lieu pour but d'infliger une peine, mais de maintenir l'ordre à l'intérieur du groupe de personnes auquel il s'applique et, s'agissant des professions libérales, d'assurer l'exercice correct de la profession et de préserver la confiance du public à l'égard des personnes qui l'exercent (<ref-ruling> consid. 2b p. 232, 316 consid. 5b p. 321; Gabriel Boinay, Le droit disciplinaire dans la fonction publique et dans les professions libérales, particulièrement en Suisse romande, Revue jurassienne de jurisprudence 1998 p. 1 ss, 10 n. 11). Lorsque les règles professionnelles des avocats sont assouplies, c'est que, selon la nouvelle conception juridique, il n'est plus nécessaire de sanctionner disciplinairement tel comportement ou de le faire aussi sévèrement pour assurer l'exercice correct de la profession. Dès lors, si le changement a eu lieu entre le moment où les faits en cause se sont produits et celui où ils doivent être qualifiés juridiquement, il convient d'appliquer le nouveau droit à titre de lex mitior, en vertu de l'<ref-law> appliqué par analogie (dans le même sens s'agissant des sanctions administratives en général: Pierre Moor, Droit administratif, vol. I, Les fondements généraux, 2ème éd., Berne 1994, p. 171 et 180; cf. aussi <ref-ruling> consid. 2b p. 90). Au vu de ce qui précède, il y a lieu de comparer l'ancien droit (cantonal) avec le nouveau (fédéral), afin de déterminer lequel est le plus favorable dans le cas d'espèce. Au vu de ce qui précède, il y a lieu de comparer l'ancien droit (cantonal) avec le nouveau (fédéral), afin de déterminer lequel est le plus favorable dans le cas d'espèce. 4. L'ancienne loi genevoise sur la profession d'avocat prévoit des règles de comportement dans son chapitre I ("Dispositions générales"). Intitulé "Obligations générales", l'art. 8 dispose ce qui suit: "L'avocat est tenu de respecter scrupuleusement les lois, les règlements et les usages professionnels. Il doit s'acquitter avec soin et diligence des mandats qui lui sont confiés." Le serment professionnel de l'avocat, dont le texte figure à l'art. 27 de la loi, contient également des règles de comportement. L'avocat promet notamment "d'exercer sa profession dans le respect des lois avec honneur, dignité, conscience, indépendance et humanité" et "de s'abstenir de toute personnalité offensante et de n'avancer aucun fait contre l'honneur et la réputation des parties, s'il n'est indispensable à la cause dont il sera chargé". Les usages professionnels auxquels renvoie l'art. 8 de la loi sont constitués en particulier par les us et coutumes de l'Ordre des Avocats de Genève, du 5 septembre 1979. Ceux-ci sont subdivisés en cinq chapitres intitulés "Principes", "Le client", "Les confrères", "Au palais" et "Rapports avec les tiers". Au nombre des principes figure notamment la règle selon laquelle "dans tous les actes de sa vie professionnelle et privée, l'avocat donne l'exemple de l'honneur et de la probité" (art. 2 1ère phrase). Les règles disciplinaires sont contenues au chapitre VI de la loi. Intitulé "Manquements aux devoirs professionnels", l'art. 49 a la teneur suivante (al. 1): "La commission du barreau statue sur tout manquement aux devoirs professionnels. Si un tel manquement est constaté, elle peut, suivant la gravité du cas, prononcer un avertissement, le blâme, la suspension pour 1 an ou plus ou la destitution. L'amende jusqu'à 20 000 F peut être prononcée; elle peut être cumulée avec une autre sanction. [...]". "La commission du barreau statue sur tout manquement aux devoirs professionnels. Si un tel manquement est constaté, elle peut, suivant la gravité du cas, prononcer un avertissement, le blâme, la suspension pour 1 an ou plus ou la destitution. L'amende jusqu'à 20 000 F peut être prononcée; elle peut être cumulée avec une autre sanction. [...]". 5. La loi fédérale sur les avocats énumère les règles professionnelles aux art. 12 et 13. L'art. 12 lettre a contient une clause générale selon laquelle l'avocat exerce sa profession avec soin et diligence. Selon l'<ref-law>, en cas de violation de la loi, l'autorité de surveillance peut prononcer les mesures disciplinaires suivantes: l'avertissement, le blâme, une amende de 20 000 francs au plus, l'interdiction temporaire de pratiquer pour une durée maximale de deux ans ou l'interdiction définitive de pratiquer. L'amende peut être cumulée avec une interdiction de pratiquer (al. 2). L'<ref-law> précise que l'avertissement, le blâme et l'amende sont radiés du registre cinq ans après leur prononcé. Dans un premier temps, il y a lieu de déterminer le champ d'application de l'<ref-law>, seule disposition susceptible d'être appliquée en l'espèce. Il s'agit en particulier d'examiner si cette disposition régit aussi les rapports des avocats entre eux. 5.1 La loi s'interprète en premier lieu selon sa lettre. Si le texte n'est pas absolument clair, si plusieurs interprétations de celui-ci sont possibles, il convient de rechercher quelle est la véritable portée de la norme, en la dégageant de tous les éléments à considérer, soit notamment des travaux préparatoires, du but de la règle, de son esprit, ainsi que des valeurs sur lesquelles elle repose ou encore de sa relation avec d'autres dispositions légales (<ref-ruling> consid. 3.1 p. 118; <ref-ruling> consid. 2a p. 233; <ref-ruling> consid. 2.4 p. 291 et la jurisprudence citée). Pour rendre une décision répondant de manière optimale au système et au but de la loi, le Tribunal fédéral utilise, de manière pragmatique, une pluralité de méthodes, sans fixer entre elles un ordre de priorité (<ref-ruling> consid. 3.1.1 p. 56-57). 5.2 La loi fédérale sur les avocats définit les règles professionnelles applicables aux avocats dans sa section 3, intitulée "Règles professionnelles et surveillance disciplinaire". Les règles professionnelles sont les normes édictées par une autorité aux fins de réglementer l'exercice d'une profession dans l'intérêt public; elles constituent ainsi du droit public. Elles doivent être distinguées des règles déontologiques ou us et coutumes (Standesregeln), qui émanent des associations professionnelles (Message, p. 5367). La loi fédérale énumère de manière exhaustive les règles professionnelles auxquelles sont soumis les avocats (Message, p. 5355, 5368). En la matière, il n'y a donc plus place pour le droit cantonal: les cantons ne peuvent prévoir d'autres règles professionnelles ni d'autres sanctions. Le législateur a voulu par là clairement délimiter les règles professionnelles des règles déontologiques et ce pour l'ensemble de la Suisse, de manière à faciliter la libre circulation des avocats (Message, p. 5368). Les règles déontologiques conservent toutefois une portée juridique, dans la mesure où elles peuvent servir à interpréter et à préciser les règles professionnelles (ibid., p. 5355, 5368). 5.3 La clause générale de l'<ref-law> dispose que l'avocat "exerce sa profession avec soin et diligence" ("sorgfältig und gewissenhaft", "con cura e diligenza"). Son texte, notamment l'usage des termes "avec soin et diligence" ("sorgfältig und gewissenhaft", "con cura e diligenza"), donne à penser qu'elle vise en premier lieu les relations entre l'avocat et son mandant (le mandataire ayant une obligation de diligence, Sorgfaltspflicht, cf. <ref-law>). Cette interprétation est confirmée par les travaux parlementaires: selon le rapporteur de la commission du Conseil des Etats s'exprimant à propos de la lettre a de l'art. 11 du projet (correspondant à l'art. 12 de la loi), "ce qui est en cause dans le cadre des règles professionnelles, ce sont les rapports entre l'avocat et son client" (BO 1999 CE p. 1170). Toutefois, d'après le Message, la clause générale "ne se limite pas au rapport entre le client et l'avocat, mais vise également le comportement de l'avocat face aux autorités judiciaires" (p. 5368). Elle permet "d'exiger de l'avocat qu'il se comporte correctement dans l'exercice de sa profession"; elle correspond en cela à la clause générale qui figurait dans les règles professionnelles de nombreux cantons (ibid.). Or, ces dispositions avaient une portée très large (voir par ex. l'art. 8 de la loi bernoise sur les avocats du 6 février 1984 et le commentaire de cette disposition par Martin Sterchi, Kommentar zum bernischen Fürsprecher-Gesetz, Berne 1992) et, en l'absence d'indications que le législateur fédéral ait voulu limiter le champ d'application de la norme de droit fédéral qui leur a succédé, il y a lieu de penser que celle-ci a la même portée. D'un point de vue systématique, il faut relever que les autres règles professionnelles énumérées aux art. 12 lettres b à j et 13 LLCA régissent les rapports entre l'avocat et son client (obligation d'exercer sa profession en toute indépendance, en son nom et sous sa responsabilité, d'éviter les conflits d'intérêts et de garder le secret; règles relatives à la rémunération de l'avocat: obligation d'informer le client et interdiction du "pactum de quota litis"; obligation de conserver séparément de son patrimoine les avoirs qui lui sont confiés et de conclure une assurance responsabilité civile) ou le statut de l'avocat par rapport à la collectivité (obligations d'accepter les défenses d'office). L'obligation de communiquer toute modification des indications du registre des avocats le concernant ainsi que la restriction de la publicité en fonction de l'intérêt général tendent à protéger le public, au sens des clients potentiels de l'avocat. Quant à la limitation de la publicité à des faits objectifs, on peut considérer qu'elle protège aussi bien le public, en empêchant qu'il soit induit en erreur par des réclames à la teneur invérifiable, que les avocats eux-mêmes, en évitant une surenchère peu compatible avec une saine concurrence. D'un point de vue téléologique, le fait que l'avocat observe certaines règles non seulement dans ses rapports avec ses clients, mais aussi à l'égard des autorités, de ses confrères et du public est nécessaire à une bonne administration de la justice et présente ainsi un intérêt public. Pour sa part, la doctrine est d'avis que la clause générale de l'<ref-law> règle les rapports de l'avocat avec son client, les autorités, le public (Vincenzo Amberg, Das Bundesgesetz über die Freizügigkeit der Anwältinnen und Anwälte [Anwaltsgesetz, BGFA], Revue de l'avocat 3/2002 p. 11), voire la partie averse (Isaak Meier, Bundesanwaltsgesetz: Probleme in der Praxis, Plädoyer 5/2000 p. 33). En se basant sur l'aspect téléologique et sur les travaux préparatoires (notamment le contenu du Message), il y a lieu d'admettre que la lettre de l'<ref-law> est trop restrictive et que la disposition vise aussi les relations de l'avocat avec les autorités (dans ce sens également arrêt 2A.151/2003 du 31 juillet 2003 consid. 2.2), ses confrères ainsi que le public. En se basant sur l'aspect téléologique et sur les travaux préparatoires (notamment le contenu du Message), il y a lieu d'admettre que la lettre de l'<ref-law> est trop restrictive et que la disposition vise aussi les relations de l'avocat avec les autorités (dans ce sens également arrêt 2A.151/2003 du 31 juillet 2003 consid. 2.2), ses confrères ainsi que le public. 6. S'agissant à présent de déterminer le droit le plus favorable, il faut relever qu'il n'y a guère de différence s'agissant des sanctions, si ce n'est que la loi fédérale limite l'interdiction temporaire de pratiquer à deux ans et permet de cumuler l'amende seulement avec l'interdiction de pratiquer. La loi fédérale est en revanche plus rigoureuse dans la mesure où elle fixe les délais (cinq ans pour l'avertissement, le blâme et l'amende; dix ans pour l'interdiction temporaire de pratiquer) au terme desquels les sanctions peuvent être radiées du registre. L'ancien droit cantonal genevois étant muet sur ce point, l'autorité qui prononçait la sanction pouvait fixer des délais plus courts. Concernant les règles de comportement, l'ancienne loi genevoise prescrit à l'avocat de "respecter scrupuleusement" aussi les usages professionnels, ce qui revient à intégrer les us et coutumes dans les règles professionnelles pouvant donner lieu à des sanctions disciplinaires. Il est vrai que certains des us et coutumes ne sont pas de nature à fonder une sanction disciplinaire (cf. la décision de la Commission du barreau du 26 mai 1987 in SJ 1994 p. 75). La loi fédérale, elle, n'intègre pas les us et coutumes dans les règles professionnelles; au contraire, un des buts du législateur était de distinguer les deux catégories de règles (voir ci-dessus consid. 4.2). Les us et coutumes peuvent servir à interpréter et préciser les règles professionnelles, mais ils ne peuvent, en tant que tels, fonder des sanctions disciplinaires au sens de la loi fédérale sur les avocats. Dans ces conditions, il y a lieu d'admettre que, s'agissant des rapports entre avocats, l'entrée en vigueur de la loi fédérale a conduit, selon les cas et ici en particulier, à relever le seuil de ce qui est punissable disciplinairement. En l'espèce, la loi fédérale constitue donc bien le droit le plus favorable et c'est à juste titre que l'autorité intimée en a fait application. Il convient à présent d'examiner si le comportement de la recourante est punissable à la lumière de la loi fédérale sur les avocats. 7. 7.1 L'autorité intimée a considéré que la recourante avait agi dans le cadre de sa profession, car la lettre ouverte portait l'en-tête de son étude et avait été adressée - notamment - à l'autorité de surveillance des avocats. Dans ce document, elle s'en prenait "d'une manière sévère" au comportement que les deux confrères précités avaient eu à son égard. De plus, elle relayait les affirmations contenues dans un article de presse concernant l'existence du groupe indiqué plus haut. L'attitude de la recourante était d'autant plus "déplaisante" qu'elle avait donné à sa lettre ouverte une certaine publicité en l'adressant notamment à "plusieurs directeurs de banque", soit à des personnes qui auraient pu être amenées à mandater les confrères mis en cause. L'autorité intimée a estimé que cette attitude n'était "pas compatible avec l'exigence d'un comportement correct dans l'exercice de la profession d'avocat" et devait être sanctionnée. La recourante fait valoir que les faits constatés dans la décision attaquée sont inexacts notamment dans la mesure où la banque à laquelle la lettre ouverte a été adressée (par son directeur) n'était de toute manière pas disposée à mandater l'étude des confrères mis en cause. Elle soutient qu'ils sont exposés de manière incomplète, ce qui ne permettrait pas de comprendre que les méthodes utilisées par les confrères en question justifiaient la "mise au point" recherchée par la lettre ouverte. La recourante soutient ensuite que la décision entreprise viole le principe de légalité "pas de peine sans loi" (art. 7 CEDH), car "rien dans la loi n'interdit à la personne calomniée et susceptible de subir d'autres pressions de réagir et de se défendre". Elle dénonce également une violation des principes d'égalité, d'interdiction de l'abus de droit et de l'arbitraire (art. 9 Cst. et 17 CEDH). Elle relève en effet que, dans le cadre d'une procédure pénale en cours, l'un de ses confrères mis en cause a "largement diffusé une lettre ouverte critiquant outrageusement et faussement le magistrat instruisant le dossier de son client", sans qu'il ait été sanctionné de ce fait par la Commission du barreau. Elle souligne aussi que ses deux confrères ont chacun "sciemment allégué des faits qu'ils savaient inexacts", sans pour autant avoir été inquiétés pour ce motif. 7.2 Il faut relever d'abord que la recourante se prévaut à tort de la Convention européenne des droits de l'homme, car une procédure disciplinaire ouverte contre un avocat et aboutissant à un avertissement ne constitue pas une accusation en matière pénale au sens de l'art. 6 al. 1 CEDH (décision de la Commission européenne des droits de l'homme du 5 mai 1980, Décisions et rapports 20 p. 40; cf. aussi <ref-ruling>), ni une contestation sur ses droits et obligations de caractère civil au sens de la même disposition (Boinay, op. cit., p. 115 n. 277 et les références). Les griefs soulevés doivent par conséquent être examinés à la lumière du droit interne. 7.3 Selon la jurisprudence du Tribunal fédéral, l'avocat dispose d'une grande liberté pour critiquer l'administration de la justice - que ce soit en s'en prenant à un magistrat ou à un confrère (arrêt 2P.212/2000 du 5 janvier 2001, RDAT 2001 II no 10 p. 44 consid. 3b) - tant qu'il le fait dans le cadre de la procédure, dans un mémoire ou à l'occasion de débats oraux. Dans ce cas, l'avocat n'agit contrairement à ses devoirs professionnels et, partant, de façon inadmissible, que s'il formule des critiques en étant conscient de la fausseté de ses affirmations ou dans une forme attentatoire à l'honneur, au lieu de se limiter à des allégations de fait et à des appréciations. Les déclarations faites en dehors de toute procédure sont quant à elles soumises à des exigences plus strictes. En particulier, un avocat ne devrait faire des déclarations publiques que si les circonstances le justifient. Tel est le cas notamment lorsque cela est nécessaire à sauvegarder les intérêts de son client ou pour repousser des attaques dirigées contre l'avocat lui-même ou encore quand l'avocat se heurte à d'importants dysfonctionnements des pouvoirs publics et ne peut obtenir par une autre voie qu'il y soit remédié (<ref-ruling> consid. 8b p. 107-108 et les références citées; arrêt 2P.251/2000 du 20 février 2001 consid. 5b et 5c/aa). Le fait de déclarer dans le cadre d'une procédure qu'une autorité judiciaire s'est comportée de manière incorrecte ou illégale ne peut être sanctionné disciplinairement si cela est avéré. Toutefois, un avocat qui reproche à un confrère et à des magistrats d'avoir eu un comportement pénalement répréhensible ne peut apporter la preuve de la véracité de telles affirmations qu'en produisant un jugement pénal passé en force. S'il ne dispose pas d'un tel moyen de preuve, il doit s'exprimer avec plus de retenue (arrêt 2P.101/1998 du 15 décembre 1998, Pra 1999 no 51 p. 291, SJ 1999 I p. 262, ZBl 2000 p. 307, RDAF 2001 I p. 606 consid. 5d/cc et 5e/aa; arrêt 2P.212/2000, précité, consid. 3c/bb). 7.4 En l'espèce, la recourante a adressé sa lettre ouverte, outre à la Commission du barreau, au directeur d'une banque de la place de Genève, à deux magistrates du Tribunal de première instance, à une magistrate de la Cour de justice en sa qualité de Présidente de la Commission de taxation et à une avocate membre de la même commission (voir les lettres d'accompagnement, pièces nos 13 à 16 jointes au recours devant le Tribunal administratif), à "certains autres tiers" ainsi qu'à ses proches (mémoire de recours, p. 5). Ces personnes avaient eu connaissance des accusations dont la recourante avait fait l'objet, concernant les montants qu'elle aurait prétendument conservés indûment à titre d'honoraires. Les magistrates précitées avaient siégé dans des procédures judiciaires liées auxdites accusations. Ces procédures étaient toutefois closes lorsque la recourante leur a adressé sa lettre ouverte, de sorte que l'admissibilité du procédé est soumise à des exigences plus strictes, conformément à la jurisprudence exposée ci-dessus. En alléguant que ses confrères avaient pour méthode "de déconsidérer l'avocat en lieu et place de se prononcer sur le fond du problème" et "de multiplier les procédures disciplinaires à son encontre" et en dénonçant cette manière de procéder, la recourante a soutenu que ses confrères faisaient un usage abusif des procédures disciplinaires, en les détournant de leur but. Cela revient à leur reprocher d'avoir violé les règles professionnelles, car celles-ci exigent de l'avocat non seulement de s'abstenir de procédés illégaux, mais également de ne pas user de moyens légaux d'une manière qui, dans le cas particulier, s'avère abusive, inadéquate ou disproportionnée (arrêt 2P.46/2001 du 20 août 2001, consid. 4c/cc). Or, si la recourante était en droit de dénoncer les méthodes de ses confrères dans le cadre des procédures disciplinaires que ceux-ci avaient engagées à son encontre (ce qu'elle a peut-être fait) ou en saisissant elle-même la Commission du barreau (comme elle l'a fait), elle ne pouvait en revanche faire part de ses griefs - par écrit (cf. à cet égard arrêt 2P.212/2000, précité, consid. 3c/cc i.f.) - à des magistrats non compétents pour en connaître ainsi qu'à d'autres personnes, ce d'autant moins qu'elle n'était pas en mesure de prouver ses allégations (en particulier en produisant une décision de justice entrée en force). Le comportement de la recourante apparaît donc prématuré, dans la mesure où il anticipait une décision de justice favorable, la recourante cherchant en quelque sorte à se faire justice elle-même. Par ailleurs, il n'est pas démontré que l'envoi de la lettre ouverte ait été le seul moyen pour la recourante de repousser des attaques dirigées contre elle ou de remédier à d'importants dysfonctionnements des pouvoirs publics, ce qui, selon la jurisprudence exposée ci-dessus, aurait pu justifier son comportement. Le comportement de la recourante n'apparaît pas non plus justifié comme "mise au point" faisant suite aux agissements de ses confrères. A cet égard, on peut d'ailleurs s'étonner que l'autorité intimée n'ait pas pris en considération dans son jugement les faits allégués par la recourante et relatés ci-dessus (partie en fait, D). Il est vrai que la Commission du barreau avait classé la dénonciation de la recourante, mais même considérés comme insuffisants pour ouvrir une procédure disciplinaire à l'encontre des avocats mis en cause, ces faits avaient leur importance pour apprécier le comportement de la recourante d'un point de vue disciplinaire. A cet égard, le comportement de la recourante apparaît peu grave du fait que la lettre ouverte n'a pas été véritablement publiée - au sens où son contenu aurait été communiqué à un nombre indéterminé de personnes -, mais adressée à un cercle de personnes "choisies", ayant eu connaissance des accusations portées contre elle. 7.5 Au surplus, le grief de violation du principe de la légalité doit être rejeté compte tenu de l'<ref-law>, tel qu'il a été interprété ci-dessus, et du fait qu'en droit disciplinaire les clauses générales satisfont à l'exigence de légalité (Dominique Favre, Les principes pénaux en droit disciplinaire, in Mélanges Robert Patry, Lausanne 1988, p. 331-332). Par ailleurs, il n'importe pas que la banque à laquelle la lettre ouverte a été adressée n'ait de toute manière pas été disposée à mandater les confrères mis en cause, car la violation de l'<ref-law> ne présuppose pas que le comportement incriminé ait causé un préjudice. Quant aux autres griefs soulevés par la recourante, seul celui tiré d'une prétendue violation du principe d'égalité est motivé. A cet égard, l'argumentation selon laquelle ses confrères auraient commis des manquements caractérisés sans avoir été sanctionnés de ce fait ne lui est d'aucune aide. En effet, à supposer que ces allégations soient avérées, ses confrères auraient bénéficié d'une pratique illégale dont elle-même ne pourrait se réclamer qu'aux conditions restrictives auxquelles la jurisprudence fait primer le principe d'égalité sur celui de la légalité: il doit s'agir d'une pratique systématique que l'autorité entend poursuivre (<ref-ruling> consid. 4a p. 451-452). Or, en l'occurrence, rien n'indiquerait que tel soit le cas. Ainsi, les griefs de la recourante doivent être rejetés et la décision attaquée confirmée. Ainsi, les griefs de la recourante doivent être rejetés et la décision attaquée confirmée. 8. Les considérants qui précèdent conduisent au rejet du recours. Succombant, la recourante supporte les frais judiciaires (art. 156 al. 1 OJ) et n'a pas droit à des dépens (art. 159 al. 1 OJ).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 1. Le recours est rejeté. 2. Un émolument judiciaire de 2'000 fr. est mis à la charge de la recourante. 2. Un émolument judiciaire de 2'000 fr. est mis à la charge de la recourante. 3. Le présent arrêt est communiqué en copie à la recourante, à la Commission du barreau et au Tribunal administratif du canton de Genève ainsi qu'au Département fédéral de justice et police. Lausanne, le 22 janvier 2004 Au nom de la IIe Cour de droit public du Tribunal fédéral suisse Le président: Le greffier:
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2,009
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in Erwägung, dass S._ gegen den Entscheid des Verwaltungsgerichts von Appenzell Ausserrhoden vom 20. August 2008 betreffend den Anspruch auf eine halbe Invalidenrente ab 1. Juli 2004 (gemäss Einspracheentscheid der IV-Stelle Appenzell Ausserrhoden vom 12. Juli 2007) Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten erhoben hat, dass die Beschwerdeführerin eine Verletzung des Grundsatzes der freien Beweiswürdigung (<ref-ruling> E. 3a S. 352) und eine unvollständige Sachverhaltsfeststellung in Bezug auf die Frage der zumutbaren Arbeitsfähigkeit, was ebenfalls eine Verletzung von Bundesrecht darstellt (Urteile 9C_442/2008 vom 28. November 2008 E. 1.1), rügt, dass die Vorinstanz auch den nach Erlass des Einspracheentscheids vom 12. Juli 2007 erstellten Bericht der Klinik für Psychiatrie und Psychotherapie X._ vom 26. März 2008 berücksichtigte, was nicht zu beanstanden ist (Urteil 9C_24/2008 vom 27. Mai 2008 E. 2.3.1), dass die Vorinstanz alle relevanten medizinischen Berichte berücksichtigt und dargelegt hat, weshalb auf diese und nicht auf jene (fach-) ärztliche Beurteilung abzustellen sei (<ref-ruling> E. 1c S. 160), insofern nicht von einer Verletzung des Grundsatzes der freien Beweiswürdigung gesprochen werden kann, dass die Vorinstanz auf das Gutachten der MEDAS vom 28. März 2007 abgestellt hat, dass die Rüge der Befangenheit des psychiatrischen Facharztes der Abklärungsstelle nicht substanziiert wird und daher darauf nicht weiter einzugehen ist (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG), dass das kantonale Gericht festgestellt hat, in der Expertise sei darauf hingewiesen worden, die Explorandin habe ihre körperliche Leistungsfähigkeit sehr tief und entgegen den eigentlichen Möglichkeiten eingeschätzt, und trotz angegebener Nervosität, Anspannung sowie Lust- und Freudlosigkeit habe sie insbesondere bei der psychiatrischen Abklärung ruhig, freundlich und insgesamt unauffällig gewirkt, dass diese nicht offensichtlich unrichtigen, für das Bundesgericht verbindlichen Feststellungen der Vorinstanz (Art. 105 Abs. 1 und 2 BGG) zwar nicht hinreichend erklären, weshalb aus psychiatrischer Sicht von einer Arbeitsfähigkeit von 50 % gemäss dem MEDAS-Gutachten vom 28. März 2007 und nicht von vollständiger Arbeitsunfähigkeit gemäss den Berichten der Klinik X._ vom 26. März 2008 sowie der behandelnden Psychiaterin vom 2. Juli 2007 auszugehen sei, wie in der Beschwerde insoweit zu Recht vorgebracht wird, dass indessen nicht allein deshalb schon von einer bundesrechtswidrigen Beweiswürdigung gesprochen werden kann, was vielmehr etwa dann der Fall wäre, wenn das kantonale Gericht den Sinn und die Tragweite eines Beweismittels offensichtlich falsch eingeschätzt, ohne sachlichen Grund ein wichtiges und für den Ausgang des Verfahrens entscheidendes Beweismittel nicht beachtet oder aus den abgenommenen Beweisen unhaltbare Schlüsse gezogen hat (Urteil 9C_535/2008 vom 3. Dezember 2008 E. 5.2.1 mit Hinweisen), dass im Bericht der Klinik X._ vom 26. März 2008 keine - nicht rein subjektiver ärztlicher Interpretation entspringende - Aspekte benannt werden, die im Rahmen der Begutachtung durch die MEDAS unerkannt oder ungewürdigt geblieben wären und die Beurteilung der Abklärungsstelle jedenfalls bis zum Erlass des Einspracheentscheids vom 12. Juli 2007 (<ref-ruling> E. 2a S. 354) in Frage zu stellen vermöchten (Urteil 9C_24/2008 vom 27. Mai 2008 E. 2.3.2 mit Hinweis), dass während der 4-monatigen Hospitalisation in der Klinik X._ unbestrittenermassen Ein- und Durchschlafstörungen nicht objektiviert werden konnten, dass das in diesem Verfahren eingereichte Schreiben der behandelnden Psychiaterin vom 6. Januar 2009 ein unzulässiges neues Beweismittel darstellt und demzufolge unbeachtet zu bleiben hat (<ref-law>), dass die Diskrepanz in der Einschätzung der Arbeitsfähigkeit von 50 % gemäss MEDAS-Gutachten vom 28. März 2007 und 0 % gemäss Bericht der Klinik X._ vom 26. März 2008 sich zumindest teilweise dadurch erklären lässt, dass der psychiatrische Facharzt der Abklärungsstelle eine lediglich mittelgradige, die behandelnden Ärzte jedoch eine gegenwärtig schwere depressive Episode diagnostizierten, dass eine allfällige voraussichtlich dauernde Verschlechterung des Gesundheitszustandes nach Erlass des Einspracheentscheids in einem Revisionsverfahren zu berücksichtigen ist (<ref-law>), dass der vorinstanzliche Einkommensvergleich zur Ermittlung des Invaliditätsgrades (<ref-law> in Verbindung mit <ref-law>) nicht bestritten wird und kein Anlass zu einer näheren Prüfung besteht, dass die Beschwerde offensichtlich unbegründet ist und daher im vereinfachten Verfahren mit summarischer Begründung nach <ref-law> erledigt wird, dass die Beschwerdeführerin als unterliegende Partei die Gerichtskosten zu tragen hat (<ref-law>),
erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Verwaltungsgericht von Appenzell Ausserrhoden, der Ausgleichskasse Hotela, Montreux, und dem Bundesamt für Sozialversicherungen schriftlich mitgeteilt. Luzern, 10. Februar 2009 Im Namen der II. sozialrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber: Meyer Fessler
CH_BGer_009
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2,012
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Erwägungen: 1. 1.1 X._ (geb. 1973) stammt aus der Türkei. Er heiratete am 16. Januar 1994 eine Landsfrau (geb. 1977) und kam am 23. Juni 1995 im Familiennachzug in die Schweiz, wo ihm eine Aufenthaltsbewilligung zum Verbleib bei seiner Gattin erteilt wurde. Aus der Beziehung gingen zwei Kinder hervor (geb. 2000 und 2011), die wie ihre Mutter über eine Niederlassungsbewilligung verfügen. 1.2 Am 6. August 2010 lehnte das Migrationsamt des Kantons Zürich es ab, die Aufenthaltsbewilligung von X._ zu verlängern, nachdem er in der Schweiz wiederholt straffällig und am 5. November 2009 in Deutschland wegen banden- und gewerbsmässigen Einschleusens von ausländischen Personen zu einer bedingten Gesamtfreiheitsstrafe von zwei Jahren verurteilt worden war. Das Amt berücksichtigte dabei auch, dass die Familie über Jahre hinweg durch die öffentliche Hand hatte unterstützt werden müssen. Die Sicherheitsdirektion und das Verwaltungsgericht des Kantons Zürich haben auf Rekurs bzw. Beschwerde hin diesen Entscheid am 14. Januar bzw. 24. August 2011 bestätigt; dabei wiesen sie jeweils die Gesuche um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wegen Aussichtslosigkeit der Eingaben ab. 1.3 X._ beantragt mit Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten und mit subsidiärer Verfassungsbeschwerde vom 5. Oktober 2011, das Urteil des Verwaltungsgerichts und die diesem zugrunde liegenden kantonalen Entscheide "betreffend Nichtverlängerung der Aufenthaltsbewilligung und Anordnung der Wegweisung sowie unentgeltliche Prozessführung und Verbeiständung vollumfänglich aufzuheben" und seine Bewilligung zu verlängern bzw. gegebenenfalls zumindest seinem Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung für die kantonalen Verfahren zu entsprechen. Das Verwaltungsgericht des Kantons Zürich und das Bundesamt für Migration beantragen, die Beschwerde abzuweisen bzw. abzuweisen, soweit darauf einzutreten sei. Der Abteilungspräsident hat der Eingabe am 11. Oktober 2011 aufschiebende Wirkung beigelegt. 2. 2.1 Ausländische Ehegatten von Niedergelassenen haben unter Vorbehalt von Widerrufsgründen Anspruch auf Erteilung und Verlängerung der Aufenthaltsbewilligung, wenn sie mit ihrem Partner zusammenwohnen (Art. 43 Abs. 1 i.V.m. Art. 51 und 62 AuG [SR 142.20]). Ein identischer Anspruch ergibt sich im vorliegenden Fall aus Art. 8 EMRK bzw. <ref-law> (Schutz des Familienlebens), da die Gattin und die beiden Kinder mit ihren Niederlassungsbewilligungen hier über ein gefestigtes Anwesenheitsrecht verfügen und der Beschwerdeführer seine intakten familiären Beziehungen zu ihnen tatsächlich lebt (<ref-ruling> E. 3.1 S. 285 f.). 2.2 Auf die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten ist deshalb (vgl. <ref-law>) mit folgenden Einschränkungen einzutreten: Als unzulässig erweist sich der Antrag, auch die unterinstanzlichen Entscheide der Sicherheitsdirektion und des Migrationsamts aufzuheben; diese bilden wegen des Devolutiveffekts vor Bundesgericht nicht Verfahrensgegenstand und gelten lediglich inhaltlich als mitangefochten (<ref-law>; <ref-ruling> E. 1.4 S. 144). Soweit der Beschwerdeführer bloss seine bereits vor dem Verwaltungsgericht erhobene Kritik bzw. seine Sicht der Dinge wiederholt, ohne gleichzeitig darzutun, inwiefern dessen Erwägungen dazu Bundesrecht verletzen, ist auf seine Vorbringen mangels rechtsgenügender Begründung nicht weiter einzugehen (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG; <ref-ruling> E. 2.1-2.3). Da er zudem nicht in einer den gesetzlichen Anforderungen genügenden Weise darlegt, inwiefern die Vorinstanz den entscheidwesentlichen Sachverhalt klar und eindeutig mangelhaft festgestellt hat, ist dieser für das Bundesgericht im Folgenden verbindlich (<ref-law>; vgl. <ref-ruling> E. 1.2.2; <ref-ruling> E. 7.1 S. 398). 2.3 Nicht einzutreten ist auf die subsidiäre Verfassungsbeschwerde: Zwar steht praxisgemäss nur diese gegen den kantonalen Wegweisungsentscheid offen (vgl. <ref-law>), doch begründet der Beschwerdeführer - entgegen der in diesem Zusammenhang geltenden qualifizierten Rügepflicht (<ref-ruling> E. 3.3 S. 310) - nicht, dass und inwiefern er als Konsequenz der Bewilligungsverweigerung selbständig gegen verfassungsmässige Rechte verstossen würde (vgl. Art. 116 i.V.m. Art. 117 und Art. 106 Abs. 2 BGG; <ref-ruling> ff.). 3.1 3.1.1 Eine Aufenthaltsbewilligung kann widerrufen bzw. gegebenenfalls nicht (mehr) verlängert werden, wenn die ausländische Person zu einer längerfristigen Freiheitsstrafe, d.h. zu einer solchen von mehr als einem Jahr, verurteilt worden ist. Mehrere unterjährige Strafen dürfen dabei nicht kumuliert werden (Art. 51 Abs. 2 lit. b i.V.m. Art. 62 lit. b AuG; <ref-ruling> E. 4.2 S. 381; <ref-ruling> E. 2), jedoch spielt keine Rolle, ob die Sanktionen jeweils bedingt, teilbedingt oder unbedingt ausgesprochen wurden (Urteil 2C_515/2009 vom 27. Januar 2010 E. 2.1). Verurteilungen durch ein ausländisches Gericht dürfen berücksichtigt werden, falls es sich bei den infrage stehenden Delikten nach der schweizerischen Rechtsordnung um Verbrechen oder Vergehen handelt und der Schuldspruch in einem Staat erfolgt ist, in dem die Einhaltung der rechtsstaatlichen Verfahrensgrundsätze und Verteidigungsrechte als gesichert gelten kann (Urteile 2C_264/2011 vom 15. November 2011 E. 3.3; <ref-ruling> E. 4.3.1 S. 29). Der Widerruf bzw. die Nichtverlängerung der Bewilligung ist zudem möglich, wenn die ausländische Person erheblich oder wiederholt gegen die öffentliche Sicherheit und Ordnung in der Schweiz oder im Ausland verstossen hat (Art. 51 Abs. 2 lit. b i.V.m. Art. 62 lit. c AuG) oder eine Person, für die sie sorgen muss, auf Sozialhilfe angewiesen ist (Art. 51 Abs. 2 lit. b i.V.m. Art. 62 lit. e AuG). 3.1.2 Der Widerruf oder die Nichtverlängerung der Bewilligung muss sich als verhältnismässig erweisen. Dabei sind namentlich die Schwere des Delikts und des Verschuldens des Betroffenen, der seit der Tat vergangene Zeitraum, das Verhalten der ausländischen Person während diesem, der Grad der Integration bzw. die Dauer der bisherigen Anwesenheit sowie die ihr bzw. ihrer Familie drohenden Nachteile zu berücksichtigen (<ref-ruling> E. 4.3; Urteil 2C_679/2011 vom 21. Februar 2012 E. 3.2 mit Hinweisen; vgl. auch das Urteil des EGMR Trabelsi gegen Deutschland vom 13. Oktober 2011 [Nr. 41548/06], Ziff. 53 ff.). Nach der Praxis des Europäischen Gerichtshofs für Menschenrechte (EGMR) sind die privaten Interessen an der Bewilligungserteilung den öffentlichen an deren Verweigerung gegenüberzustellen, wobei diese jene in dem Sinne überwiegen müssen, dass sich der mit der Verweigerung der Bewilligung verbundene Eingriff in das Familieneben als notwendig erweist (<ref-ruling> E. 2.1 S. 147, 153 E. 2.2.1 S. 156; <ref-ruling> E. 2 S. 6 mit Hinweisen). 3.1.2 Der Widerruf oder die Nichtverlängerung der Bewilligung muss sich als verhältnismässig erweisen. Dabei sind namentlich die Schwere des Delikts und des Verschuldens des Betroffenen, der seit der Tat vergangene Zeitraum, das Verhalten der ausländischen Person während diesem, der Grad der Integration bzw. die Dauer der bisherigen Anwesenheit sowie die ihr bzw. ihrer Familie drohenden Nachteile zu berücksichtigen (<ref-ruling> E. 4.3; Urteil 2C_679/2011 vom 21. Februar 2012 E. 3.2 mit Hinweisen; vgl. auch das Urteil des EGMR Trabelsi gegen Deutschland vom 13. Oktober 2011 [Nr. 41548/06], Ziff. 53 ff.). Nach der Praxis des Europäischen Gerichtshofs für Menschenrechte (EGMR) sind die privaten Interessen an der Bewilligungserteilung den öffentlichen an deren Verweigerung gegenüberzustellen, wobei diese jene in dem Sinne überwiegen müssen, dass sich der mit der Verweigerung der Bewilligung verbundene Eingriff in das Familieneben als notwendig erweist (<ref-ruling> E. 2.1 S. 147, 153 E. 2.2.1 S. 156; <ref-ruling> E. 2 S. 6 mit Hinweisen). 3.2 3.2.1 Der Beschwerdeführer ist in der Schweiz und in Deutschland mehrfach straffällig geworden. Er wurde wiederholt wegen Fahrens trotz Führerausweisentzugs (zweimal 2004/einmal 2009), wegen Verstössen gegen das deutsche Aufenthaltsgesetz (2007 und 2008) sowie wegen Gewalt und Drohung gegen Behörden und Beamte, Fahrens in angetrunkenem Zustand, Verletzung von Verkehrsregeln und wegen mehrfachen Konsums von Betäubungsmitteln verurteilt (2006). Besonders ins Gewicht fällt die Verurteilung vom 5. November 2009 zu zwei Jahren Gesamtfreiheitsstrafe durch das Landgericht Stuttgart wegen banden- und gewerbsmässigen (Ein-)Schleusens ausländischer Per-sonen im Rahmen einer professionellen Schlepperorganisation (vgl. zum schweizerischen Recht: Art. 116 Abs. 3 AuG). Die international agierende Gruppe bezweckte, eine unbestimmte Anzahl von irakischen Flüchtlingen unter Ausnützung von deren prekären Situation gegen Entgelt illegal von Italien nach Deutschland (München) und Schweden (Malmö) zu verbringen. Der Beschwerdeführer stand jederzeit für die entsprechenden "Schlepperfahrten" zur Verfügung; je mehr Personen er transportierte, desto höher war jeweils sein Gewinn. Sein Verschulden wog damit schwer, auch wenn er nach seiner Verhaftung mit den deutschen Behörden kooperierte: Er hat sich aus reiner Profitgier an einem lukrativen Menschenschmuggel beteiligt. Zwischen November 2008 und Ende Januar 2009 führte er unter elf Malen insgesamt mehr als 210 Personen illegal über die Grenzen. Die entsprechenden Personen wurden dabei zum Teil bei winterlichen Verhältnissen und stehend auf der Ladefläche eines unbeheizten Transporters zusammengepfercht und durch halb Europa verschoben. Dabei stand der Beschwerdeführer - so das Urteil des Landgerichts Stuttgart - ihrem Wohlbefinden jeweils gleichgültig gegenüber; zudem hatte er einen weiteren Fahrer selber rekrutiert. Trotz der früheren Verurteilungen und der damit verbundenen ausländerrechtlichen Verwarnung vom 7. November 2006 ist er somit immer schwerer straffällig geworden. Auch die Beziehung zu seiner Frau und seinen Kindern vermochte nicht, ihn hiervon abzuhalten. Dabei war er sich der möglichen aufenthaltsrechtlichen Folgen seines Handelns durchaus bewusst, wählte er bei seinen Fahrten jeweils doch - nach eigenen Angaben - absichtlich nicht die Strecke über die Schweiz nach Deutschland, weil er hier wohnte, häufigere Kontrollen befürchtete und bei einer Anhaltung "mit ausländerrechtlichen Konsequenzen" rechnete. 3.2.2 Die kantonalen Behörden haben - entgegen der Kritik des Beschwerdeführers - nicht verkannt, dass die Nichtverlängerung seiner Aufenthaltsbewilligung ihn und seine Familie relativ hart trifft. Zu Recht werteten sie die damit verbundenen Konsequenzen indessen als zumutbar: Der Beschwerdeführer lebt zwar seit mehr als 15 Jahren in der Schweiz; er ist indessen erst mit 21 Jahren in das Land gekommen und hat sich hier weder beruflich noch sozial nachhaltig zu integrieren vermocht (Spiel- und Drogensucht, wiederholter Stellenwechsel, Arbeitslosigkeit). Seine Familie musste von Februar 2005 bis April 2010 mit insgesamt Fr. 122'900.-- von der öffentlichen Hand unterstützt werden. Der Beschwerdeführer ist mit der Sprache, der Kultur und den Gepflogenheiten in seiner Heimat, die er regelmässig besucht hat, nach wie vor vertraut. Seine Mutter, gewisse Schwestern und weitere Verwandte leben immer noch dort. Seine Ehefrau wohnt zwar seit ihrem zehnten Altersjahr in der Schweiz; sie ist aber ebenfalls noch mit den Verhältnissen in der Türkei vertraut. Die gemeinsamen Kinder befinden sich in einem anpassungsfähigen Alter und sprechen neben Deutsch auch Türkisch. Eine Rückkehr mit den Eltern in ihr Heimatland ist auch für sie nicht schlechterdings ausgeschlossen. Im Übrigen werden die Niederlassungsbewilligungen der Ehefrau und der Kinder durch den angefochtenen Entscheid nicht berührt; es steht ihnen gestützt auf diese frei, allenfalls in der Schweiz zu bleiben. Die familiären Kontakte können in diesem Fall durch Besuche, Briefverkehr, Telefonate und über Internet aufrechterhalten werden. 3.2.3 Soweit der Beschwerdeführer darauf hinweist, dass er seine Kinder in ihrer Adoleszenz aktiv begleiten wolle, was er von der Türkei aus nicht tun könne, ist ihm entgegenzuhalten, dass die (nunmehr) angeblich engen Beziehungen zu seinen Kindern ihn bisher nicht davon abhalten konnten, straffällig zu werden; er hat damit verbunden jeweils auch eine Trennung und die Möglichkeit der Pflege der Beziehungen zu ihnen lediglich auf Distanz in Kauf genommen. Zwar will der Beschwerdeführer sich seit seiner Entlassung aus der Untersuchungshaft in Deutschland am 5. November 2009 wohlverhalten und inzwischen hier auch eine Anstellung gefunden haben, dies genügt indessen mit Blick auf sein bisheriges Verhalten und die Konstanz seiner Missachtung der hiesigen Ordnung nicht, um die Gefahr eines Rückfalls bereits auszuschliessen und sein privates Interesse, in der Schweiz verbleiben zu können, dem öffentlichen am Schutz der Bevölkerung vor potenziell rückfallgefährdeten ausländischen Straftätern aus Drittstaaten vorgehen zu lassen, zumal wenn sich diese - wie der Beschwerdeführer - trotz längeren Aufenthalts weder sozial noch beruflich in der Schweiz integriert haben und sich durch wiederholte straf- wie ausländerrechtliche Warnungen zu keinem korrekten Verhalten bewegen liessen. Der Beschwerdeführer ersucht um eine "letzte Chance", um "mit seiner Familie und unter Einhaltung der geltenden Rechtsordnung" hier leben zu können; diese hat er am 7. November 2006 (Verwarnung) erhalten, jedoch nicht genutzt. 4. Die vorliegende Beschwerde ist mit Blick auf die bundesgerichtliche Praxis in ähnlichen Fällen offensichtlich unbegründet und kann im Verfahren nach <ref-law> erledigt werden. Für alles Weitere wird auf die zutreffenden Ausführungen der Vorinstanzen in ihren Entscheiden verwiesen (<ref-law>). Da die Eingabe unter diesen Umständen - wie die Beschwerde in den kantonalen Verfahren - als von vornherein aussichtslos zu gelten hatte (vgl. hierzu <ref-ruling> E. 2b S. 271 mit Hinweisen; <ref-ruling> E. 2), ist das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung abzuweisen (<ref-law>), ohne dass die Frage der Bedürftigkeit noch weiter geklärt werden müsste. Der unterliegende Beschwerdeführer wird für das bundesgerichtliche Verfahren kostenpflichtig (<ref-law>). Es sind keine Parteientschädigungen geschuldet (<ref-law>).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. 1.1 Auf die subsidiäre Verfassungsbeschwerde wird nicht eingetreten. 1.2 Die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten wird abgewiesen, soweit darauf einzutreten ist. 2. 2.1 Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung wird abgewiesen. 2.2 Die Gerichtskosten von Fr. 1'500.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Verfahrensbeteiligten, dem Verwaltungsgericht des Kantons Zürich, 2. Kammer, und dem Bundesamt für Migration schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 13. März 2012 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Zünd Der Gerichtsschreiber: Hugi Yar
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Sachverhalt: Sachverhalt: A. Mit Verfügung vom 23. Februar 2001 verneinte das Amt für Wirtschaft und Arbeit (AWA) des Kantons Zürich den Anspruch von F._ (geb. 1940) auf Arbeitslosenentschädigung ab 27. November 2000. A. Mit Verfügung vom 23. Februar 2001 verneinte das Amt für Wirtschaft und Arbeit (AWA) des Kantons Zürich den Anspruch von F._ (geb. 1940) auf Arbeitslosenentschädigung ab 27. November 2000. B. Die dagegen erhobene Beschwerde wies das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich mit Entscheid vom 8. März 2002 ab. B. Die dagegen erhobene Beschwerde wies das Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich mit Entscheid vom 8. März 2002 ab. C. F._ lässt Verwaltungsgerichtsbeschwerde führen und die Ausrichtung von Arbeitslosenentschädigung beantragen. Das AWA und das Staatssekretariat für Wirtschaft (seco) verzichten auf eine Vernehmlassung.
Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1. Das kantonale Sozialversicherungsgericht hat die gesetzlichen Vorschriften zur Vermittlungsfähigkeit (<ref-law>) als einer Voraussetzung für den Anspruch auf Arbeitslosenentschädigung (<ref-law>) sowie die dazu ergangene Rechtsprechung (<ref-ruling> Erw. 6a) richtig dargelegt. Darauf wird verwiesen. Zu ergänzen ist folgendes: Üben Versicherte während ihrer Arbeitslosigkeit eine selbstständige Erwerbstätigkeit aus, ist die Vermittlungsfähigkeit nur solange gegeben, als die selbstständige Erwerbstätigkeit ausserhalb der normalen Arbeitszeit ausgeübt werden kann. Dies ist nicht der Fall, wenn die Gegebenheiten dafür sprechen, dass die selbstständige Erwerbstätigkeit ein derartiges Ausmass angenommen hat, dass sie nur noch zum kleinsten Teil ausserhalb der normalen Arbeitszeit bewältigt werden könnte, die Ausübung einer Arbeitnehmertätigkeit zu den üblichen Zeiten somit ausgeschlossen scheint (ARV 2002 S. 55 Erw. 2b mit Hinweisen, 1998 Nr. 32 S. 177 Erw. 4a). Ohne Bedeutung ist dabei, welche Motive (Alter, Neigung, Beurteilung der Chancen usw.) diesem persönlichen Entscheid zugrunde lagen (<ref-ruling> Erw. 3c; ARV 2002 S. 55 Erw. 2b mit Hinweisen). Mit der gesetzlichen Schadenminderungspflicht ist es zwar zu vereinbaren, dass Arbeitslose sich auch um Möglichkeiten zum Aufbau einer selbstständigen Tätigkeit umsehen. Unterlassen sie es aber im Hinblick auf dieses Ziel, sich daneben auch in vertretbarem Umfang um eine unselbstständige Erwerbstätigkeit zu bemühen, liegt Vermittlungsunfähigkeit vor, die den Anspruch auf Arbeitslosenentschädigung ausschliesst. Die Arbeitslosenversicherung bezweckt nicht die Abdeckung von Unternehmerrisiken. Dass in der Zeit vor bzw. unmittelbar nach der Aufnahme einer Geschäftstätigkeit in der Regel kein oder nur ein geringes Einkommen erzielt werden kann, gehört typischerweise zu derartigen, nicht versicherten Risiken (ARV 2002 S. 55 Erw. 2b, 2000 Nr. 5 S. 26 Erw. 2a, Nr. 37 S. 201 Erw. 3c). Das an sich achtenswerte Verhalten eines Versicherten, die Arbeitslosigkeit mit selbstständiger Erwerbstätigkeit zu überwinden, ändert nichts daran, dass die Vermittlungsfähigkeit verneint werden muss, wenn die Absicht zur Aufnahme der selbstständigen Arbeit so weit fortgeschritten ist, dass die Annahme einer unselbstständigen Tätigkeit nicht oder kaum mehr möglich ist (ARV 2002 S. 55 Erw. 2b, 1996/97 Nr. 36 S. 203 Erw. 3). Als selbstständige Zwischenerwerbstätigkeiten kommen sodann nur vorübergehende, zeitlich beschränkte und investitionsarme Tätigkeiten in Frage (Nussbaumer, Arbeitslosenversicherung, in SBVR, N. 342 S. 129 mit Hinweis auf SVR 1998 AlV Nr. 10 Erw. 3). 1. Das kantonale Sozialversicherungsgericht hat die gesetzlichen Vorschriften zur Vermittlungsfähigkeit (<ref-law>) als einer Voraussetzung für den Anspruch auf Arbeitslosenentschädigung (<ref-law>) sowie die dazu ergangene Rechtsprechung (<ref-ruling> Erw. 6a) richtig dargelegt. Darauf wird verwiesen. Zu ergänzen ist folgendes: Üben Versicherte während ihrer Arbeitslosigkeit eine selbstständige Erwerbstätigkeit aus, ist die Vermittlungsfähigkeit nur solange gegeben, als die selbstständige Erwerbstätigkeit ausserhalb der normalen Arbeitszeit ausgeübt werden kann. Dies ist nicht der Fall, wenn die Gegebenheiten dafür sprechen, dass die selbstständige Erwerbstätigkeit ein derartiges Ausmass angenommen hat, dass sie nur noch zum kleinsten Teil ausserhalb der normalen Arbeitszeit bewältigt werden könnte, die Ausübung einer Arbeitnehmertätigkeit zu den üblichen Zeiten somit ausgeschlossen scheint (ARV 2002 S. 55 Erw. 2b mit Hinweisen, 1998 Nr. 32 S. 177 Erw. 4a). Ohne Bedeutung ist dabei, welche Motive (Alter, Neigung, Beurteilung der Chancen usw.) diesem persönlichen Entscheid zugrunde lagen (<ref-ruling> Erw. 3c; ARV 2002 S. 55 Erw. 2b mit Hinweisen). Mit der gesetzlichen Schadenminderungspflicht ist es zwar zu vereinbaren, dass Arbeitslose sich auch um Möglichkeiten zum Aufbau einer selbstständigen Tätigkeit umsehen. Unterlassen sie es aber im Hinblick auf dieses Ziel, sich daneben auch in vertretbarem Umfang um eine unselbstständige Erwerbstätigkeit zu bemühen, liegt Vermittlungsunfähigkeit vor, die den Anspruch auf Arbeitslosenentschädigung ausschliesst. Die Arbeitslosenversicherung bezweckt nicht die Abdeckung von Unternehmerrisiken. Dass in der Zeit vor bzw. unmittelbar nach der Aufnahme einer Geschäftstätigkeit in der Regel kein oder nur ein geringes Einkommen erzielt werden kann, gehört typischerweise zu derartigen, nicht versicherten Risiken (ARV 2002 S. 55 Erw. 2b, 2000 Nr. 5 S. 26 Erw. 2a, Nr. 37 S. 201 Erw. 3c). Das an sich achtenswerte Verhalten eines Versicherten, die Arbeitslosigkeit mit selbstständiger Erwerbstätigkeit zu überwinden, ändert nichts daran, dass die Vermittlungsfähigkeit verneint werden muss, wenn die Absicht zur Aufnahme der selbstständigen Arbeit so weit fortgeschritten ist, dass die Annahme einer unselbstständigen Tätigkeit nicht oder kaum mehr möglich ist (ARV 2002 S. 55 Erw. 2b, 1996/97 Nr. 36 S. 203 Erw. 3). Als selbstständige Zwischenerwerbstätigkeiten kommen sodann nur vorübergehende, zeitlich beschränkte und investitionsarme Tätigkeiten in Frage (Nussbaumer, Arbeitslosenversicherung, in SBVR, N. 342 S. 129 mit Hinweis auf SVR 1998 AlV Nr. 10 Erw. 3). 2. 2.1 Verwaltung und Vorinstanz verneinten den Anspruch auf Arbeitslosenentschädigung ab 27. November 2000, an welchem Tag die Beschwerdeführerin sich zur Arbeitsvermittlung angemeldet habe, mit der Begründung, die Versicherte habe inzwischen eine selbstständige Erwerbstätigkeit aufgenommen. Auch wenn diese Arbeit vorderhand keine bedeutenden Einkünfte gebracht habe, sei es nicht Sache der Arbeitslosenversicherung, die fehlenden Einkommen während derartiger Startphasen mit der Ausrichtung von normalen Taggeldern zu überbrücken. Anders wäre höchstens zu entscheiden, wenn die Beschwerdeführerin ihre selbstständige Erwerbstätigkeit definitiv aufgeben würde, was sie jedoch nicht getan habe. Demgegenüber lässt die Versicherte geltend machen, sie habe stets nur halbtags gearbeitet. Über ihre Freizeit könne sie nach Gutdünken verfügen. Die selbstständige Tätigkeit beanspruche sie nur in geringem Ausmass, so dass sie daneben jederzeit für eine Arbeitnehmertätigkeit mit einem Pensum von 50 % zur Verfügung stehe. Sie habe denn auch zahllose Arbeitsbemühungen vorgenommen und im Mai 2001 eine 50%-ige Anstellung gefunden. 2.2 Aus den Akten ergibt sich, dass die Beschwerdeführerin am 16. September 2000 eine Zwei-Zimmer-Wohnung zur Ausübung einer selbstständigen Tätigkeit auf dem Gebiet der Fusszonenreflexmassage gemietet hat. Eine Kündigung des Mietvertrages war frühestens auf 30. September 2001 möglich. Zudem investierte die Beschwerdeführerin nach eigenen Angaben im Beratungsgespräch vom 23. Januar 2001 rund Fr. 25'000.- bis 30'000.- in die Anschaffung des nötigen Materials. Ab 1. November 2000 war sie bei der Ausgleichskasse des Kantons Zürich als hauptberuflich selbstständig Erwerbende ohne Arbeitnehmer angeschlossen. Ein Gesuch vom 23. Oktober 2000 um besondere Taggelder im Sinne von <ref-law> wurde mit Verfügung vom 6. November 2000 mit der Begründung abgewiesen, dass die Planungsphase bereits abgeschlossen sei. Am 23. und 24. November 2000 besuchte die Beschwerdeführerin einen Kurs zum Thema Fussmassage. Am 27. November 2000 meldete sie sich erneut zum Bezug von Arbeitslosenentschädigung an. Dabei gab sie an, sich der Arbeitsvermittlung für ein Pensum von 50 % zur Verfügung zu halten. Im November und Dezember 2000 sowie Januar 2001 arbeitete die Beschwerdeführerin während je zwei Stunden im Monat selbstständig. Ab Dezember 2000 finden sich zahlreiche schriftliche Bewerbungen auf Teilzeitstellen mit einem Pensum von 50 %. Am 14. Mai 2001 trat sie eine Halbtagesstelle an. 2.3 Gestützt auf diese Aktenlage ist davon auszugehen, dass die Beschwerdeführerin ursprünglich beabsichtigt hat, sich selbstständig zu machen. Sie hat erhebliche finanzielle Mittel investiert, einen Kurs besucht, sich bei der AHV als hauptberuflich selbstständig Erwerbende angemeldet, ein Lokal auf eine Mindestdauer von einem Jahr gemietet und ein Gesuch um besondere Taggelder gestellt. Für die Monate Oktober und November 2000 sind denn auch keine Arbeitsbemühungen ausgewiesen. Es ging der Beschwerdeführerin um den Aufbau ihrer selbstständigen Erwerbstätigkeit und nicht bloss um die Ausübung eines selbstständigen Zwischenverdienstes. Im Lichte der Rechtsprechung (ARV 2000 Nr. 5 S. 26, Nr. 37 S. 197) ist ihr Anspruch auf Arbeitslosenentschädigung bis Ende November 2000 zu verneinen. Es kann auf den insoweit zutreffenden kantonalen Entscheid verwiesen werden. 2.3 Gestützt auf diese Aktenlage ist davon auszugehen, dass die Beschwerdeführerin ursprünglich beabsichtigt hat, sich selbstständig zu machen. Sie hat erhebliche finanzielle Mittel investiert, einen Kurs besucht, sich bei der AHV als hauptberuflich selbstständig Erwerbende angemeldet, ein Lokal auf eine Mindestdauer von einem Jahr gemietet und ein Gesuch um besondere Taggelder gestellt. Für die Monate Oktober und November 2000 sind denn auch keine Arbeitsbemühungen ausgewiesen. Es ging der Beschwerdeführerin um den Aufbau ihrer selbstständigen Erwerbstätigkeit und nicht bloss um die Ausübung eines selbstständigen Zwischenverdienstes. Im Lichte der Rechtsprechung (ARV 2000 Nr. 5 S. 26, Nr. 37 S. 197) ist ihr Anspruch auf Arbeitslosenentschädigung bis Ende November 2000 zu verneinen. Es kann auf den insoweit zutreffenden kantonalen Entscheid verwiesen werden. 2.4 2.4.1 Anders sieht es hingegen ab Dezember 2000 aus. Die Beschwerdeführerin hat mit ihren zahlreichen schriftlichen Bewerbungen auf Inserate bewiesen, dass es ihr ernsthaft um das Finden einer Halbtagesstelle ging. Zwar ist richtig, dass die Arbeitslosenversicherung nicht dazu dient, die in der Startphase einer selbstständigen Erwerbstätigkeit regelmässig fehlenden Einkünfte zu ersetzen. Dies schliesst jedoch, wie die Rechtsprechung (Erw. 1 hievor) zeigt, nicht unter allen Umständen aus, dass eine arbeitslose Person sich auch um Möglichkeiten zum Aufbau einer selbstständigen Tätigkeit umsieht, ohne zugleich vermittlungsunfähig zu werden. Dies gilt auch für eine an sich auf Dauer angelegte selbstständige Erwerbstätigkeit. Die Dauerhaftigkeit der selbstständigen Erwerbstätigkeit ist nur insofern von Bedeutung, als sie allenfalls die Vermittlungsfähigkeit in Frage stellt. Sie ist indessen keine negative Anspruchsvoraussetzung, bei deren Vorliegen, wie die Vorinstanz anzunehmen scheint, ein Anspruch auf Arbeitslosenentschädigung von Vornherein ausgeschlossen wäre. Massgebendes Kriterium für diesen Anspruch ist die Vermittlungsfähigkeit. 2.4.2 Im vorliegenden Fall ist zu beachten, dass die Beschwerdeführerin einerseits intensiv Stellen gesucht hat, und anderseits in der selbstständigen Tätigkeit mit bloss zwei Stunden im Monat äusserst gering ausgelastet war. Sie konnte zudem den Empfang ihrer Kundschaft problemlos so organisieren, dass sie daneben eine Teilzeitanstellung versehen konnte. Unter solchen Umständen lässt sich ihre Vermittlungsfähigkeit für eine Arbeitnehmertätigkeit mit einem Pensum von 50 % nicht verneinen. Die Sache ist daher an die Verwaltung zurückzuweisen, damit sie prüfe, ob ab Dezember 2000 die übrigen Voraussetzungen für die Ausrichtung von Arbeitslosenentschädigung erfüllt sind. Gegebenenfalls wird sie die entsprechenden Leistungen ausrichten. 2.4.2 Im vorliegenden Fall ist zu beachten, dass die Beschwerdeführerin einerseits intensiv Stellen gesucht hat, und anderseits in der selbstständigen Tätigkeit mit bloss zwei Stunden im Monat äusserst gering ausgelastet war. Sie konnte zudem den Empfang ihrer Kundschaft problemlos so organisieren, dass sie daneben eine Teilzeitanstellung versehen konnte. Unter solchen Umständen lässt sich ihre Vermittlungsfähigkeit für eine Arbeitnehmertätigkeit mit einem Pensum von 50 % nicht verneinen. Die Sache ist daher an die Verwaltung zurückzuweisen, damit sie prüfe, ob ab Dezember 2000 die übrigen Voraussetzungen für die Ausrichtung von Arbeitslosenentschädigung erfüllt sind. Gegebenenfalls wird sie die entsprechenden Leistungen ausrichten. 3. Das Verfahren ist kostenfrei (Art. 134 OG). Da die Beschwerdeführerin materiell nahezu vollständig obsiegt, hat sie Anspruch auf eine ungekürzte Parteientschädigung (Art. 159 Abs. 1 OG). Da die Beschwerdeführerin im kantonalen Verfahren unterlag, sprach ihr die Vorinstanz keine Parteientschädigung zu. Im Bereich der Arbeitslosenversicherung besteht kein bundesrechtlicher Anspruch im Sinne von Art. 104 lit. a OG auf Parteientschädigung (vgl. <ref-law>), weshalb es nicht Sache des Eidgenössischen Versicherungsgerichts ist, die Vorinstanz zur Zusprechung einer Parteientschädigung für das kantonale Verfahren entsprechend dem Ausgang des letztinstanzlichen Prozesses zu verpflichten. Die Beschwerdeführerin hat jedoch die Möglichkeit, beim kantonalen Gericht einen entsprechenden Antrag zu stellen.
Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird in dem Sinne gutgeheissen, dass der Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 8. März 2002 und die Verfügung des AWA des Kantons Zürich vom 23. Februar 2001 aufgehoben werden und die Sache an die Beschwerdegegnerin zurückgewiesen wird, damit sie im Sinne der Erwägungen verfahre. 1. Die Verwaltungsgerichtsbeschwerde wird in dem Sinne gutgeheissen, dass der Entscheid des Sozialversicherungsgerichts des Kantons Zürich vom 8. März 2002 und die Verfügung des AWA des Kantons Zürich vom 23. Februar 2001 aufgehoben werden und die Sache an die Beschwerdegegnerin zurückgewiesen wird, damit sie im Sinne der Erwägungen verfahre. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Das Amt für Wirtschaft und Arbeit des Kantons Zürich hat der Beschwerdeführer in für das Verfahren vor dem Eidgenössischen Versicherungsgericht eine Parteientschädigung von Fr. 2500.- (einschliesslich Mehrwertsteuer) zu bezahlen. 3. Das Amt für Wirtschaft und Arbeit des Kantons Zürich hat der Beschwerdeführer in für das Verfahren vor dem Eidgenössischen Versicherungsgericht eine Parteientschädigung von Fr. 2500.- (einschliesslich Mehrwertsteuer) zu bezahlen. 4. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Sozialversicherungsgericht des Kantons Zürich, der Arbeitslosenkasse der GBI, Sektion Amt und Limmattal, und dem Staatssekretariat für Wirtschaft zugestellt. Luzern, 17. Dezember 2002 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Die Präsidentin der IV. Kammer: Der Gerichtsschreiber:
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Sachverhalt: A. X._, geboren 1985, wurde am 28./29. September 2004 als Panzergrenadier ausgehoben. Am 11. Juli 2005 trat er in die Rekrutenschule ein. Aufgrund belastungsabhängiger Kniebeschwerden wurde er von der zuständigen medizinischen Untersuchungskommission für militärdienstuntauglich erklärt und am 19. September 2005 vorzeitig aus dem Militärdienst entlassen. Mit Schreiben vom 24. November 2005 anerkannte die SUVA Militärversicherung eine Verschlimmerungshaftung für die Kniebeschwerden links. Die Haftung hinsichtlich der rechtsseitigen Kniebeschwerden wurde mit Verfügung vom 27. September 2006 abgelehnt, was mit rechtskräftigem Einspracheentscheid vom 8. Oktober 2007 bestätigt wurde. Mit Verfügung vom 30. Mai 2008 befreite die Dienststelle Militär, Zivilschutz und Justizvollzug, Wehrpflichtersatz, des Kantons Luzern X._ für das Jahr 2005 gestützt auf Art. 4 Abs. 1 lit. b des Bundesgesetzes über die Wehrpflichtersatzabgabe (WPEG; SR 661) von der Ersatzpflicht, wobei sie festhielt, er habe für spätere Jahre die Ersatzabgabe zu entrichten. Eine dagegen erhobene Einsprache wurde am 21. Juli 2008 abgewiesen. B. Die dagegen erhobene Beschwerde von X._ hiess das Verwaltungsgericht des Kantons Luzern, Abgaberechtliche Abteilung, mit Urteil vom 28. Februar 2011 gut, nachdem es vorgängig die Vornahme einer medizinischen Begutachtung angeordnet hatte. Es schloss, die Vorinstanz habe im angefochtenen Einspracheentscheid zu Recht darauf erkannt, dass der Befreiungsgrund von Art. 4 Abs. 1 lit. b WPEG für das Jahr 2005, nicht aber für die Folgejahre gegeben sei. Der von ihr getroffenen Feststellung, wonach ab dem Jahr 2006 eine Wehrpflichtersatzabgabe zu entrichten sei, stünden jedoch die Erwägungen des Urteils des Europäischen Gerichtshofes für Menschenrechte (EGMR) in Sachen Glor gegen die Schweiz vom 30. April 2009 entgegen, was im Ergebnis zur Aufhebung des angefochtenen Entscheids und zur Gutheissung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde führe. C. Hiergegen führt die Eidgenössische Steuerverwaltung (ESTV), Wehrpflichtersatzabgabe, Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten. Sie beantragt, das Urteil des Verwaltungsgerichts des Kantons Luzern sei aufzuheben und der Einspracheentscheid der kantonalen Bezugsbehörde sei zu bestätigen. Eventualiter sei die Sache zur Neubeurteilung zurückzuweisen. X._ beantragt, die Beschwerde abzuweisen, soweit darauf einzutreten sei. Eventuell sei die Sache im Sinne der Erwägungen zur Neubeurteilung an die Vorinstanz zurückzuweisen. Dem Beschwerdegegner sei für das Verfahren vor dem Schweizerischen Bundesgericht die unentgeltliche Rechtspflege für die Gerichts- und Beweiskosten zu bewilligen. Das Verwaltungsgericht des Kantons Luzern (Abgaberechtliche Abteilung) schliesst auf Abweisung der Beschwerde. Die Wehrpflichtersatzverwaltung des Kantons Luzern teilt mit, der Beschwerde der ESTV nichts mehr anzufügen zu haben.
Erwägungen: 1. 1.1 Die Beschwerde ist innert der gesetzlichen Frist (Art. 100 Abs. 1 BGG) eingereicht worden und richtet sich gegen den Entscheid einer letzten kantonalen Instanz (Art. 86 Abs. 1 lit. d BGG) in einer Angelegenheit des öffentlichen Rechts (Art. 82 lit. a BGG). Der Ausschlussgrund nach Art. 83 lit. i BGG ist vorliegend nicht anwendbar (Art. 31 Abs. 3 des Bundesgesetzes vom 12. Juni 1959 über die Wehrpflichtersatzabgabe [WPEG; SR 661]). Gemäss Art. 89 Abs. 2 lit. a BGG sind die Bundeskanzlei, die Departemente des Bundes oder, soweit das Bundesrecht es vorsieht, die ihnen unterstellten Dienststellen zur Beschwerde an das Bundesgericht berechtigt, wenn der angefochtene Akt die Bundesgesetzgebung in ihrem Aufgabenbereich verletzen kann. Die Eidgenössische Steuerverwaltung ist gemäss Art. 12 Abs. 2 lit. b der Verordnung vom 30. August 1995 über die Wehrpflichtersatzabgabe (WPEV; SR 661.1) befugt, Beschwerde beim Bundesgericht zu erheben. Gemäss Anhang 2 zur Geschäftsordnung der Eidg. Steuerverwaltung (Unterschriftsregelung der ESTV) verfügen die dem Direktor unterstellten Organisationseinheiten in ihrem Zuständigkeitsbereich über eine umfassende Unterschriftsberechtigung. Gemäss Organigramm der Eidg. Steuerverwaltung ist die Organisationseinheit Wehrpflichtersatzabgabe direkt dem Direktor unterstellt. Entgegen dem Vorbringen des Beschwerdegegners ist die Beschwerde daher rechtsgültig unterzeichnet worden. 1.2 Mit der Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten kann namentlich eine Verletzung von Bundesrecht, Völkerrecht und kantonalen verfassungsmässigen Rechten gerügt werden (Art. 95 BGG). Das Bundesgericht wendet das Recht von Amtes wegen an (Art. 106 Abs. 1 BGG), doch prüft es, unter Berücksichtigung der allgemeinen Rüge- und Begründungspflicht (Art. 42 Abs. 1 und 2 BGG), nur die geltend gemachten Vorbringen, falls allfällige weitere rechtliche Mängel nicht geradezu offensichtlich sind (<ref-ruling> E. 1.4.1 S. 254). Hinsichtlich der Verletzung von Grundrechten, insbesondere des Willkürverbots, gilt zudem eine qualifizierte Rügepflicht (Art. 106 Abs. 2 BGG; vgl. <ref-ruling> E. 4.1 S. 235 mit Hinweisen). Das Bundesgericht legt seinem Urteil den von der Vorinstanz festgestellten Sachverhalt zugrunde (Art. 105 Abs. 1 BGG), es sei denn, dieser sei offensichtlich unrichtig oder beruhe auf einer Rechtsverletzung im Sinne von Art. 95 BGG (Art. 105 Abs. 2 BGG). 2. 2.1 Die Vorinstanz hat die Vorbringen des Beschwerdegegners (bzw. damaligen Beschwerdeführers) verworfen, soweit dieser geltend machte, er sei aufgrund von Art. 4 Abs. 1 lit. b WPEG nicht bloss für das Jahr 2005, sondern auch für die Folgejahre von der Pflicht zur Leistung der Wehrpflichtersatzabgabe zu entbinden. Sie erwog, gestützt auf die Feststellungen gemäss Gerichtsgutachten ergebe sich, dass der Beschwerdegegner an einer anlagebedingten Patella baja beidseits leide, die letztlich für die intermittierenden Beschwerden an beiden Knien verantwortlich zeichne. Es handle sich um ein vorbestandenes/dienstfremdes Leiden, das durch die im Vergleich zum zivilen Alltag ungewohnte körperliche Belastung in der Rekrutenschule eine subjektive, kurzzeitige Verschlimmerung im Sinn einer Schmerzhaftigkeit erfahren habe. Eine nachweisbare somatische richtungsgebende Verschlimmerung des Grundleidens habe nicht festgestellt werden können, ebenso sei die Unfallgenese des Leidens (allfällig im Militärdienst erlittene Kniekontusion) ausgeschlossen worden. Der Status quo sine sei laut gutachterlicher Einschätzung nach spätestens drei Monaten nach dem Wegfallen der körperlichen Zusatzbelastung im Militärdienst (letzter Diensttag: 19. September 2005) eingetreten. Die erforderlichen ergänzenden Sachverhaltsabklärungen hätten somit ergeben, dass der Befreiungsgrund von Art. 4 Abs. 1 lit. b WEPG für das Jahr 2005, nicht aber für die Folgejahre gegeben sei. Soweit der Beschwerdegegner den Befreiungsgrund von Art. 4 Abs. 1 lit. b WEPG auch für die Folgejahre angewendet wissen wolle, erweise sich seine Beschwerde als unbegründet. Im Weiteren führte die Vorinstanz aus, der Beschwerdegegner sei durch die zuständige medizinische Untersuchungskommission für militärdienstuntauglich erklärt worden und - trotz gleichzeitig festgestellter Tauglichkeit für den Zivilschutz - mit Blick auf die Anzahl geleisteter Militärdiensttage auch nicht mehr schutzdienstpflichtig (Art. 12 Abs. 2 des Bundesgesetzes vom 4. Oktober 2002 über den Bevölkerungsschutz und den Zivilschutz [BZG; SR 520.1]). Aufgrund des Beschwerdebildes sei davon auszugehen, dass es dem Beschwerdegegner aber grundsätzlich möglich wäre, eine persönliche Dienstleistung zu erbringen, in Wahrnehmung von Ersatzdienstangeboten für Militärdienstuntaugliche, welche im Laufe des Jahres 2011 neu zur Verfügung gestellt werden sollen. Sie stellte sodann fest, der Beschwerdegegner habe sich wiederholt als militärdienstwillig bezeichnet. Weiter hielt sie fest, eine Pflicht zur Leistung einer Wehrpflichtersatzabgabe bestehe erst dann, wenn der Beschwerdegegner die zur Verfügung zu stellenden Ersatzdienste nicht wahrnehme, obwohl ihm dies gesundheitsbedingt möglich wäre. Für den Zeitraum zuvor müsse vor dem Hintergrund des Urteils des EGMR Nr. 13444/04 in Sachen Glor gegen Schweiz vom 30. April 2009 geschlossen werden, dass eine für diese Zeitspanne verfügte Wehrpflichtersatzabgabe den Erwägungen des EGMR nicht standhalten würde. 2.2 Die Beschwerdeführerin beanstandet, die Vorinstanz habe den vorliegenden Fall zu Unrecht aufgrund der Feststellungen des EGMR im Fall Glor behandelt. Es bestehe kein Anlass aus völkerrechtlicher Sicht, den Beschwerdegegner entgegen den gesetzlichen Bestimmungen von der Ersatzabgabe zu befreien. Sie weist auf diverse Unterschiede zum Fall Glor hin und führt zudem aus, das Urteil der Vorinstanz stelle das Milizsystem in Frage und führe zu einer Diskriminierung von Dienstleistenden. Bezüglich der Vorbringen der Beschwerdeführerin macht der Beschwerdegegner insbesondere geltend, er sei vorbehaltlos als dienstuntauglich erklärt worden, sei jedoch gewillt, einen Beitrag zur Landesverteidigung zu leisten und sich zu diesem Zwecke dem neu zu schaffenden Angebot der persönlichen Dienstleistung von Dienstuntauglichen zu stellen. Die Vorinstanz habe zu Recht festgehalten, er sei von der Militärpflichtersatzabgabe befreit bis zur rechtsverbindlichen Einführung eines Angebotes für die persönliche Dienstleistung für untaugliche Dienstwillige. Auf diese Vorbringen ist - soweit erforderlich - nachfolgend (vgl. E. 3 f.) einzugehen. 2.3 Der Beschwerdegegner trägt zudem vor, er sei anlässlich der Rekrutierung und zum Zeitpunkt des Eintrittes in die Rekrutenschule geheilt und gesund sowie überdurchschnittlich fit gewesen. Für die neu auftauchenden Kniebeschwerden sei ein Schlag auf das Knie während des Militärdienstes auslösend gewesen. Der Beschwerdegegner rügt damit eine unrichtige Sachverhaltsfeststellung durch die Vorinstanz. Er verweist in diesem Zusammenhang auf sein Sanitätsdossier und den militärärztlichen Untersuchungsbericht. Damit vermag er jedoch nicht aufzuzeigen, dass die Sachverhaltsfeststellung durch die Vorinstanz offensichtlich unrichtig war, wenn diese gestützt auf das gerichtliche Gutachten festhielt, es habe sich um ein vorbestandenes Leiden gehandelt und eine Verschlimmerung des Grundleidens (durch den Militärdienst) sowie eine Unfallgenese im Militärdienst habe nicht festgestellt werden können. Allein der Umstand, dass der vom Verwaltungsgericht beigezogene medizinische Experte (in anderen Fällen) auch als Fachrichter an diesem Gericht tätig ist, lässt diesen noch nicht als befangen erscheinen (vgl. Urteil 5C.9/2003 vom 27. Januar 2003 E. 3); ebenso wenig vermag dieser Einwand die Qualität und Schlüssigkeit des Gutachtens per se in Frage zu stellen. Im Übrigen wurde dem Beschwerdegegner im Rahmen des vorinstanzlichen Verfahrens bereits Gelegenheit gegeben, zum gerichtlich angeordneten Gutachten Stellung zu nehmen, was dieser mit Eingabe vom 15. November 2010 tat. Der angefochtene Entscheid nimmt zu seiner an diesem Gutachten geäusserten Kritik ausgiebig Stellung und widerlegt die betreffenden Einwände mit einlässlicher und überzeugender Begründung. Für eine Rückweisung zur nochmaligen Gewährung des rechtlichen Gehörs zu Inhalt und Werthaltigkeit des Gutachtens besteht unter diesen Umständen kein Anlass. 3. 3.1 Nach Art. 59 Abs. 1 BV ist jeder Schweizer verpflichtet, Militärdienst zu leisten. Schweizer Bürger, die ihre Wehrpflicht nicht oder nur teilweise durch persönliche Dienstleistung im Militär oder im zivilen Ersatzdienst (Zivildienst) erfüllen, haben einen Ersatz in Geld zu leisten (Art. 59 Abs. 3 BV). Gemäss Art. 2 Abs. 1 lit. a des Bundesgesetzes über den Wehrpflichtersatz (WPEG) sind diejenigen Wehrpflichtigen ersatzpflichtig, die im Ersatzjahr, das dem Kalenderjahr entspricht, während mehr als sechs Monaten nicht in einer Formation der Armee eingeteilt sind und nicht der Zivildienstpflicht unterstehen. Gemäss Art. 11 WPEG wird die Ersatzabgabe nach der Gesetzgebung über die direkte Bundessteuer auf dem gesamten Reineinkommen erhoben, das der Ersatzpflichtige im In- und Ausland erzielt. Die Ersatzabgabe beträgt drei Franken je 100 Franken des taxpflichtigen Einkommens, mindestens aber 200 Franken (Art. 13 Abs. 1 WPEG, in der für das Jahr 2006-2009 massgeblichen Fassung vom 4. Oktober 2002) bzw. 400 Franken (gemäss der ab dem Jahr 2010 massgeblichen Fassung vom 3. Oktober 2008). Ist der Ersatzpflichtige im Zivilschutz eingeteilt, so ermässigt sich die Ersatzabgabe für jeden Tag Schutzdienst, den er im Ersatzjahr geleistet hat, um 4 Prozent (Art. 5a der Verordnung vom 30. August 1995 über die Wehrpflichtersatzabgabe [WPEV; SR 661.1], Fassung vom 3. September 2003). Der Beschwerdegegner ist als Dienstuntauglicher nicht in einer Formation der Armee eingeteilt und untersteht auch nicht der Zivildienstpflicht. Er ist daher nach Art. 2 Abs. 1 lit. a WPEG grundsätzlich ersatzpflichtig. Von der Ersatzpflicht ist nach Art. 4 WPEG jedoch u.a. befreit, wer im Ersatzjahr dienstuntauglich erklärt oder vom Dienst dispensiert worden ist, weil seine Gesundheit durch den Militär- oder Zivildienst geschädigt wurde (Abs. 1 lit. b). Eine Gesundheitsschädigung durch Militär- oder Zivildienst liegt gemäss Art. 2 WPEV vor, wenn der Wehrpflichtige seine Diensttauglichkeit wegen eines Leidens oder einer Rückfallsgefahr verloren hat, die ganz oder teilweise durch den Militär- oder Zivildienst verursacht oder verschlimmert worden sind (Abs. 1). Wer wegen Schädigung der Gesundheit durch Militär- oder Zivildienst vom Dienst dispensiert ist, wird nur für die Dauer der Dispensation von der Wehrpflichtersatzabgabe befreit (Abs. 2). 3.2 Die Vorinstanz hat im angefochtenen Urteil ausgeführt, der sich wiederholt als militärdienstwillig bezeichnende Beschwerdegegner leide an einer vorbestandenen/dienstfremden, gesundheitsbedingten Einschränkung (Knieproblematik), die es ihm laut Entscheid der zuständigen medizinischen Untersuchungskommission nicht erlaube, Militärdienst zu leisten. Basierend auf den für das Bundesgericht verbindlichen Sachverhaltsfeststellungen (vgl. E. 2.3 i.V.m. E. 1.2 vorstehend), stellte die Vorinstanz zu Recht fest, die Voraussetzungen für eine Befreiung des Beschwerdegegners von der Ersatzpflicht nach Art. 4 Abs. 1 lit. b WPEG seien für die Wehrpflichtersatzabgabe ab dem Jahr 2006 nicht (mehr) gegeben. Unstreitig ist im Übrigen, dass auch kein anderer Befreiungstatbestand gemäss Art. 4 WPEG erfüllt ist, namentlich beim Beschwerdegegner keine erhebliche Behinderung im Sinne von Abs. 1 lit. a-ater vorliegt. 4. 4.1 Die Vorinstanz hat im Weiteren mit Verweis auf das zitierte Urteil des EGMR in Sachen Glor (13444/04 vom 30. April 2009) im Ergebnis festgestellt, die Erhebung der Wehrpflichtersatzabgabe vom Beschwerdegegner verstosse solange gegen Art. 14 (Diskriminierungsverbot) in Verbindung mit Art. 8 (Recht auf Achtung des Privat- und Familienlebens) der Konvention zum Schutz der Menschenrechte und Grundfreiheiten (EMRK; SR 0.101), als dem Beschwerdegegner keine Gelegenheit zur Leistung eines Ersatzdienstes geboten werde. Der EGMR hat im zitierten Urteil festgestellt, im Lichte des Zwecks und des Effektes der Militärpflichtersatzabgabe erweise sich die von den Schweizer Behörden vorgenommene Unterscheidung insbesondere zwischen abgabebefreiten und abgabepflichtigen militärdienstuntauglichen Personen als diskriminierend und Art. 14 i.V.m. Art. 8 EMRK verletzend (a.a.O. § 97 f.). Wesentlich war dabei für den EGMR u.a., dass der damalige Beschwerdeführer stets erklärte, er sei bereit, Militärdienst zu leisten, von den zuständigen Instanzen jedoch als dazu untauglich erklärt wurde (vgl. a.a.O. § 94). 4.2 Die Beschwerdeführerin macht geltend, es bestünden entscheidende Unterschiede zwischen dem vorliegend zu beurteilenden Fall und der seinerzeit vom EGMR beurteilten Sache Glor, welche eine Gleichbehandlung der beiden Fälle nicht zulasse. Sie führt unter anderem an, dass im Fall Glor der absolute Dienstwille des Abgabepflichtigen ab Beginn des Verfahrens immer wieder kundgetan worden sei. Anders verhalte es sich vorliegend beim Beschwerdegegner: Zum einen habe er keine Beschwerde gegen seinen Untauglichkeitsentscheid eingereicht. Zum anderen habe er die - auch nach Ausscheiden aus einer laufenden Rekrutenschule bestehende - Möglichkeit einer Umteilung in eine weniger Knie belastende Funktion während seiner Rekrutenschule nicht wahrgenommen, wobei es für den Beschwerdegegner angesichts seiner sehr guten körperlichen Verfassung möglich gewesen wäre, einen neuen Platz in der Armee zu finden, soweit ein entsprechendes Begehren von ihm mit Nachdruck geäussert worden wäre. Da er seinen Untauglichkeitsentscheid nicht mittels einer Beschwerde angegriffen habe, habe er sich schliesslich auch die Möglichkeit genommen, freiwilligen Zivilschutzdienst zu leisten, wodurch sich eine Reduktion der Ersatzabgabe ergeben hätte. 4.3 Vorab ist festzuhalten, dass der EGMR die Diskriminierung in seinem Urteil in Sachen Glor insbesondere darin erblickte, dass der damalige Beschwerdeführer zwar infolge einer Behinderung als militärdienstuntauglich erklärt, aber - anders als andere, schwerer behinderte Personen - nicht von der Ersatzpflicht befreit wurde, weil seine Behinderung nicht als erheblich eingestuft wurde. Im Weiteren hatte das Gericht Anstoss daran genommen, dass dem Beschwerdeführer, welcher immer bereit gewesen sei, Militärdienst zu leisten, keine Ersatzdienstmöglichkeit offengestanden sei. 4.3.1 Nach den Feststellungen der Vorinstanz hat sich der Beschwerdegegner wiederholt als militärdienstwillig bezeichnet. So ergibt sich etwa aus dem Bericht des vom Waffenplatz Thun zur Beurteilung der Diensttauglichkeit beigezogenen zivilen Arztes vom 8. September 2005, dass der Beschwerdegegner Militärdienst leisten wolle bzw. bei den Panzergrenadieren die Rekrutenschule absolvieren und bei dieser Truppe bleiben möchte. Nach Meinung des Beschwerdegegners ist die Umteilung und Fortführung der Rekrutenschule denn auch einzig an der Sturheit des zuständigen Schulkommandanten gescheitert. Ob der Beschwerdegegner anlässlich seiner anschliessenden Begutachtung durch die zuständige medizinische Untersuchungskommission (UC) - wie dies in derartigen Fällen durchaus der Praxis entspricht - konkret auf die Möglichkeit hingewiesen worden ist oder von sich aus das Anliegen vorgebracht hat, als Alternative zu einer Untauglicherklärung Militärdienst bei einer anderen, körperlich weniger anspruchsvollen Truppengattung leisten zu können, lässt sich aufgrund der gegebenen Aktenlage nicht (mehr) erstellen. Der Beschwerdegegner behauptet in diesem Zusammenhang, der UC-Entscheid vom 15./19. September 2005 sei ihm gar nie formell korrekt eröffnet worden und er habe daher auch keine Rechtsmittelbelehrung über die Weiterzugsmöglichkeit des UC-Entscheids erhalten (vgl. Art. 39 des Bundesgesetzes vom 3. Februar 1995 über die Armee und die Militärverwaltung [Militärgesetz, MG; SR 510.10]). Tatsächlich lässt die bei den Vorakten befindliche Korrespondenz zwischen Beschwerdegegner und Stellen des Eidgenössischen Departements für Verteidigung, Bevölkerungsschutz und Sport (VBS) den Schluss zu, dass Formfehler bei der Eröffnung des UC-Entscheids im konkreten Fall nicht ausgeschlossen werden konnten. Insofern kann - entgegen der Meinung der Beschwerdeführerin - allein aus dem Umstand, dass der Beschwerdegegner den UC-Entscheid im damaligen Zeitpunkt nicht angefochten hat, noch nicht auf seinen fehlenden Dienstwillen geschlossen werden. Andererseits ist nicht zu übersehen, dass dem Beschwerdegegner der Entscheid der UC - trotz allfälliger mangelhafter Eröffnung - insofern bekannt sein musste, als er in seinem Dienstbüchlein festgehalten war (vgl. zur Beweiskraft von Eintragungen betreffend militärärztliche Untersuchungen im Dienstbüchlein: Art. 8 der Verordnung vom 10. Dezember 2004 über das militärische Kontrollwesen [VmK; SR 511.22]). Dennoch hat er - wiewohl er spätestens seit 2008 anwaltlich vertreten war - bis anhin keine eigentlichen Rechtsmittel gegen den UC-Entscheid eingereicht, sei es in Form einer (nach Treu und Glauben bei fehlender Rechtsmittelbelehrung möglichen) nachträglichen Beschwerde oder eines Revisionsgesuchs. Jedenfalls wird solches vom Beschwerdegegner nicht dargetan. 4.3.2 Selbst wenn aber dem Beschwerdegegner zugebilligt würde, einiges unternommen zu haben, um wieder Militärdienst leisten zu können, liegt ein grundlegender Unterschied in der vorliegenden Fallkonstellation im Vergleich zum vom EGMR im Urteil Glor zu beurteilenden Sachverhalt darin, dass der Wehrpflichtersatzabgabepflichtige in jenem Fall sowohl militärdienst- wie auch zivilschutzdienstuntauglich war und ihm mithin jegliche Möglichkeit genommen war, eine Dienstleistung in anderer als militärischer Form zu erfüllen (ziviler Ersatzdienst, Zivilschutzdienst). Demgegenüber wurde der Beschwerdegegner im ihn betreffenden UC-Entscheid zwar untauglich im Hinblick auf den Militärdienst erklärt, jedoch als tauglich im Hinblick auf das Leisten von Zivilschutzdienst beurteilt. Zwar mag zutreffen, dass der Beschwerdegegner trotz Tauglichkeit aufgrund der vorgeleisteten Militärdiensttage nicht mehr schutzdienstpflichtig wurde (Art. 12 Abs. 2 BZG), doch bestand für ihn - im Unterschied zum Wehrpflichtigen Glor - die Möglichkeit, um Zulassung zum freiwilligen Schutzdienst zu ersuchen (vgl. Art. 15 Abs. 1 lit. b bzw. lit. c BZG), wobei er im Falle einer Zulassung den gleichen Rechten und Pflichten unterstellt gewesen wäre wie die Schutzdienstpflichtigen (Art. 15 Abs. 3 BZG), d.h. auch von einer Reduktion der Wehrpflichtersatzabgabe pro geleisteten Tag Zivilschutzdienst hätte profitieren können (Art. 5a WPEV). Der Beschwerdegegner, welcher nicht dartut, ein solches Zulassungsgesuch eingereicht zu haben, hat damit - im Unterschied zum Wehrpflichtigen Glor - seinen Dienstwillen - im Rahmen der ihm offenstehenden, erweiterten Möglichkeiten - nicht umfassend unter Beweis gestellt. Der Umstand, dass kein Rechtsanspruch darauf besteht, zum freiwilligen Schutzdienst zugelassen zu werden (Art. 15 Abs. 2 BZG) bzw. - im Falle der Zulassung - tatsächlich 25 Schutzdiensttage pro Jahr leisten zu können, um die geschuldete Wehrpflichtersatzabgabe vollständig zu tilgen, ist unerheblich, solange der Betroffene nicht wenigstens durch Gesuchseinreichung ein grundsätzliches Interesse an der Erbringung einer derartigen Dienstleistung zu erkennen gibt. Durch das Leisten von (freiwilligem) Zivilschutzdienst hätte es der Beschwerdegegner in der Hand gehabt, die von ihm ab dem Jahr 2006 geschuldete Wehrpflichtersatzabgabe auf diese Weise jedenfalls massgeblich zu senken. Er war infolgedessen - im Unterschied zum Wehrpflichtigen Glor - auch nicht darauf angewiesen, einen "militärischen Ersatzdienst", als ab dem 1. Januar 2012 neu vorgesehene Form von persönlicher Dienstleistung, zu absolvieren, um die geschuldete Abgabe reduzieren zu können, zumal diese Form der Diensterfüllung nach ihrer Konzeption nur in Frage kommt, wenn der betreffende Dienstwillige weder militärdienst- noch zivilschutztauglich ist (vgl. das diesbezügliche Orientierungspapier der Eidgenössischen Steuerverwaltung, Sektion Wehrpflichtersatz, betreffend "Urteil des Europäischen Gerichtshofes für Menschenrechte (EGMR) vom 30. April 2009 im Fall G. gegen die Schweizerische Eidgenossenschaft (Akte 13444/04)", Stand: 17. Oktober 2011, publiziert unter: http://www.estv.admin.ch/wehrpflichtersatzabgabe/aktuell/). 4.4 Hatte nach dem Gesagten der Beschwerdegegner im Grundsatz bereits die Möglichkeit, seine Dienstpflicht real - durch Erbringung freiwilligen Zivilschutzdienstes - zu erfüllen und so die von ihm nach der bundesgesetzlichen Regelung geschuldete Wehrpflichtersatzabgabe massgeblich zu senken, bestand - solange er von dieser Möglichkeit keinen Gebrauch macht - auch keine Veranlassung, ihn unter Hinweis auf das in dieser Hinsicht nicht vergleichbare Urteil des EGMR in Sachen Glor von der Abgabepflicht auszunehmen. Das angefochtene Urteil des Verwaltungsgerichts, welches zum gegenteiligen Schluss kommt, erweist sich damit als bundesrechtswidrig. 5. 5.1 Nach dem Gesagten ist die Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten gutzuheissen, das angefochtene Urteil des Verwaltungsgerichts des Kantons Luzern aufzuheben und der Einspracheentscheid der Dienststelle Militär, Zivilschutz und Justizvollzug, Wehrpflichtersatz, des Kantons Luzern vom 21. Juli 2008 zu bestätigen. Das Verwaltungsgericht hat über die Kosten- und Entschädigungsfolgen des vorinstanzlichen Verfahrens neu zu befinden. 5.2 Der Beschwerdegegner hat ein Gesuch um "unentgeltliche Rechtspflege für die Gerichts- und Beweiskosten" im bundesgerichtlichen Verfahren gestellt. Eine Befreiung von den Gerichtskosten setzt gemäss Art. 64 Abs. 1 BGG unter anderem voraus, dass die Partei nicht über die erforderlichen Mittel verfügt. Daran gebricht es vorliegend: Der Beschwerdeführer verfügte im Jahr 2010, in welchem er die von ihm ins Feld geführte, mit Lohneinbussen verbundene, berufliche Weiterbildung bereits begonnen hatte, nach eigenen Angaben über ein durchschnittliches Monatseinkommen (Nettolohn) von Fr. 4'565.--. Selbst wenn sämtliche von ihm aufgelisteten Auslagen (zusätzlich zum Grundbetrag) berücksichtigt werden könnten und der Grundbetrag von Fr. 1'200.-- um einen Zuschlag von 25 % erhöht würde, stünden dem erwähnten Einkommen lediglich Auslagen in der Höhe von Fr. 3735.-- gegenüber, womit im vorliegenden Fall nicht von Prozessarmut ausgegangen werden kann. Entsprechend ist das Gesuch abzuweisen. Damit sind die Kosten des bundesgerichtlichen Verfahrens dem Beschwerdegegner aufzuerlegen (Art. 66 Abs. 1 in Verbindung mit Art. 65 BGG). Parteientschädigungen sind keine geschuldet (Art. 68 Abs. 3 BGG).
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird gutgeheissen, das Urteil des Verwaltungsgerichts des Kantons Luzern vom 28. Februar 2011 aufgehoben und der Einspracheentscheid der Dienststelle Militär, Zivilschutz und Justizvollzug, Wehrpflichtersatz, des Kantons Luzern vom 21. Juli 2008 bestätigt. 2. Die Sache wird zu neuem Entscheid über die Kosten- und Entschädigungsfolgen des vorinstanzlichen Verfahrens an das Verwaltungsgericht des Kantons Luzern zurückgewiesen. 3. Das Gesuch des Beschwerdegegners um unentgeltliche Rechtspflege wird abgewiesen. 4. Die Gerichtskosten von Fr. 1'000.-- werden dem Beschwerdegegner auferlegt. 5. Dieses Urteil wird den Parteien, der Dienststelle Militär, Zivilschutz und Justizvollzug, Wehrpflichtersatz, des Kantons Luzern, und dem Verwaltungsgericht des Kantons Luzern, Abgaberechtliche Abteilung, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 1. Dezember 2011 Im Namen der II. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Zünd Der Gerichtsschreiber: Moser
CH_BGer_002
Federation
null
null
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['6d21b282-3b23-41dd-9350-6ba5386df9b1', 'd3698f9d-c99e-4acc-b18d-eed5e016ebf0']
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2,009
de
In Erwägung, dass die Beschwerdeführerin mit Verfügung vom 17. Oktober 2008 aufgefordert wurde, spätestens am 3. November 2008 einen Kostenvorschuss von Fr. 3'500.-- einzuzahlen; dass aufgrund des Gesuchs der Beschwerdeführerin vom 3. November 2008 die Frist zur Leistung des Kostenvorschusses mit Verfügung vom 4. November 2008 bis zum 14. November 2008 erstreckt wurde; dass der Beschwerdeführerin aufgrund ihres zweiten Gesuchs um Fristerstreckung mit Verfügung vom 17. November 2008 die Frist zur Leistung des Kostenvorschusses letztmals bis zum 24. November 2008 erstreckt wurde; dass die Beschwerdeführerin den ihr auferlegten Kostenvorschuss auch innerhalb der mit Verfügung vom 2. Dezember 2008 angesetzten Nachfrist nicht geleistet hat, weshalb gestützt auf <ref-law> und im Verfahren nach <ref-law> auf die Beschwerde nicht einzutreten ist;
erkennt die Instruktionsrichterin: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 500.-- werden der Beschwerdeführerin auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Thurgau schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 7. Januar 2009 Im Namen der I. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Die Instruktionsrichterin: Die Gerichtsschreiberin: Kiss Sommer
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2,015
fr
Faits : A. A._, né en 1956, travaillait en qualité de maçon. Arguant souffrir de douleurs lombaires depuis octobre 2008, il a déposé une demande de prestations auprès de l'Office de l'assurance-invalidité du canton de Genève (ci-après: l'office AI) le 11 mars 2009. L'office AI a recueilli l'avis du docteur B._, médecin traitant spécialiste en médecine interne générale. Le praticien a fait état d'un cancer de la prostate, d'un diabète, d'une dyslipidémie, d'une dépendance à l'alcool, d'une hypertension artérielle et d'une gonarthrose engendrant une incapacité totale de travail depuis le 17 octobre 2008 et de 50 % à partir du 17 novembre 2008 (rapport du 27 mars 2009). L'administration a également obtenu des renseignements médicaux de l'assureur perte de gain. Celui-ci lui a fourni plusieurs rapports émanant des médecins traitants dont il ressort que l'assuré souffrait notamment de gonalgie, de douleurs lombaire s et des séquelles d'une opération de la prostate (rapports du docteur B._ des 21 septembre 2008 et 12 février 2009, du docteur C._, spécialiste en médecine interne générale, du 7 novembre 2008, du docteur D._, spécialiste en médecine interne générale et rhumatologie, du 6 décembre 2008 ainsi que du docteur E._, spécialiste en médecine interne générale et cardiologie, du 30 octobre 2009) avec répercussion va riable sur la capacité de travail selon les périodes. L'intéressé a subi une prostatectomie radicale le 7 mai 2009 (compte-rendu opératoire du département de chirurgie de l'Hôpital F._ du 7 mai 2009). L'office AI a encore mandaté son Service médical régional (SMR) afin qu'il mette en oeuvre un examen clinique rhumatologique. Le docteur G._, spécialiste en médecine interne générale et rhumatologie, a mentionné des lombo-sciatalgies et des cervico-scapulalgies dans le cadre de troubles statiques et dégénératifs du rachis ainsi qu'un syndrome rotulien bilatéral laissant subsister une capacité totale de travail dans une activité adaptée; il a en outre évoqué une fibromyalgie sans influence sur la capacité de travail (rapport du 5 janvier 2011). En raison de la fibromyalgie détectée, l'administration a encore confié la réalisation d'une expertise au docteur H._, spécialiste en psychiatrie et psychothérapie. Celui-ci n'a fait état d'aucun diagnostic incapacitant (rapport du 23 juin 2011). L'administration a finalement pris en charge un stage d'orientation professionnelle auprès de l'Institution I._ (communication du 30 mai 2012). Les responsables ont constaté que l'intéressé avait présenté pendant le stage un rendement de 50 à 60 % dans une activité adaptée (rapport de l'Institution I._ du 13 septembre 2012). Se fondant sur une capacité de travail entière dans une activité adaptée, l'office AI a rejeté la demande de A._ au motif que ce dernier présentait un taux d'invalidité inférieur à 40 % (décision du 5 février 2013). B. L'assuré a recouru auprès de la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre des assurances sociales, concluant à la mise en oeuvre d'une contre-expertise, à l'octroi de prestations (rente ou mesures d'ordre professionnel) ou au renvoi du dossier à l'administration. L'office AI a conclu au rejet du recours. Durant la procédure, la juridiction cantonale a confié la réalisation d'une expertise au docteur J._, spécialiste en médecine physique et réadaptation ainsi qu'en rhumatologie. L'expert a fait état de troubles semblables à ceux évoqués par le docteur G._, et s'est rallié à l'avis de ce dernier quant à l'existence d'une capacité totale de travail dans une activité adaptée (rapport du 4 juin 2014). Invitées à se déterminer sur le résultat de ces investigations, les parties ont maintenu leurs conclusions (écritures des 24 juin et 11 juillet 2014). Par jugement du 17 septembre 2014, la juridiction cantonale a débouté l'intéressé de toutes ses conclusions. C. A._ interjette un recours en matière de droit public contre ce jugement dont il requiert l'annulation, concluant principalement au renvoi de la cause à l'instance précédente pour complément d'instruction et nouveau jugement voire, subsidiairement, à la reconnaissance de son droit à une rente d'invalidité ou, plus subsidiairement, à une mesure d'aide au placement. Il sollicite en outre l'octroi de l'assistance judiciaire pour la procédure fédérale.
Considérant en droit : 1. Saisi d'un recours en matière de droit public (<ref-law>), le Tribunal fédéral exerce un pouvoir d'examen limité. Il applique le droit d'office (<ref-law>) et statue sur la base des faits retenus par l'autorité précédente (<ref-law>). Il peut néanmoins rectifier ou compléter d'office l'état de fait du jugement entrepris si des lacunes ou des erreurs manifestes lui apparaissent aussitôt (<ref-law>). Il examine en principe seulement les griefs motivés (<ref-law>) et ne peut pas aller au-delà des conclusions des parties (<ref-law>). Le recourant ne peut critiquer la constatation des faits importants pour le sort de l'affaire que si ceux-ci ont été établis en violation du droit ou de façon manifestement inexacte (<ref-law>). 2. 2.1. Le litige porte d'abord sur le droit du recourant à une rente de l'assurance-invalidité, singulièrement sur l'évaluation de son incapacité de travail. Le jugement entrepris expose correctement les dispositions légales et les principes jurisprudentiels indispensables à la résolution de cette question. Il suffit d'y renvoyer. 2.2. L'assuré reproche à la juridiction cantonale d'avoir procédé à une appréciation arbitraire des preuves en préférant les conclusions de l'expertise judiciaire du docteur J._ à celles du rapport de l'Institution I._ et en en déduisant une pleine capacité de travail dans une activité adaptée. Il soutient en particulier que le tribunal cantonal ne pouvait pas reconnaître une pleine valeur probante au rapport d'expertise au motif que celui-ci contenait une contradiction importante en ce sens que l'expert ne pouvait admettre une concordance entre les plaintes et l'appréciation des maîtres socio-professionnels (qui avaient attesté un rendement de 50 à 60 %) mais malgré tout conclure à une capacité totale de travail. 2.3. L'argumentation du recourant n'est pas fondée. En effet, la contradiction invoquée n'en est pas une. Comme l'ont mentionné les premiers juges, même si l'expert a admis une concordance entre les plaintes de l'assuré et l'appréciation faite à l'issue du stage d'observation, rien ne l'empêchait malgré tout de conclure à une capacité totale de travail dès lors que celui-ci avait mentionné que les constats radio-cliniques objectifs n'attestaient pas l'ampleur des troubles subjectifs allégués, ce qui avait pour conséquence d'ôter toute pertinence aux observations des responsables de l'Institution I._ quant à la baisse de rendement constatée. On ajoutera par ailleurs que, selon l'expert, le rendement diminué devait plutôt être mis sur le compte d'un syndrome douloureux non objectivable et donc non pertinent pour l'assurance-invalidité. Faute d'arguments supplémentaires, la valeur probante du rapport d'expertise judiciaire n'est dès lors pas valablement remise en question, de sorte qu'il ne saurait être reproché à la juridiction cantonale d'avoir procédé à une appréciation arbitraire des preuves en ce qui concerne l'évaluation de l'incapacité de travail. 3. 3.1. Le litige porte également sur le droit du recourant à une mesure d'aide au placement, en particulier sur son aptitude à retrouver seul un emploi. 3.2. L'assuré fait grief au tribunal cantonal d'avoir arbitrairement apprécié les preuves et violé le droit fédéral en lui refusant l'octroi d'une mesure d'aide au placement. Il soutient en substance que tous les médecins mentionnaient des limitations fonctionnelles (alterner les positions debout et assis, ne pas porter de charges lourdes, ne pas monter et descendre les escaliers) et que l'Institution I._ avait fait état d'une diminution de rendement d'environ 50 %, de sorte qu'il rencontrerait des difficultés à trouver un employeur qui accepte de l'embaucher dans ces conditions. 3.3. Cette argumentation n'est pas fondée. En effet, les premiers juges ont clairement expliqué que, conformément aux principes jurisprudentiels en la matière, les limitations fonctionnelles retenues par les différents médecins consultés lui permettant de faire face aux éventuelles difficultés liées à ses recherches d'emploi, ne l'entravaient pas dans la rédaction de ses lettres de postulation ou dans la participation à des entretiens d'embauche et n'étaient pas si importantes qu'elles l'auraient mis dans une situation délicate au moment d'expliquer à son futur employeur les aménagements qu'il aurait convenu de mettre en oeuvre en raison de son état de santé. On rappellera par ailleurs que la diminution de rendement évoquée dans le rapport de l'Institution I._ n'était pas pertinente (cf. consid. 2.3) et que, selon l'expertise judiciaire, l'assuré disposait d'une capacité totale de travail dans une activité adaptée, avec un rendement normal voire de 90 %. Le seul fait de prétendre le contraire ne saurait faire apparaître ce qui précède arbitraire ou contraire au droit. 4. Vu l'issue du litige, les frais judiciaires sont mis à la charge du recourant (<ref-law>) qui ne peut prétendre des dépens (<ref-law>). L'assistance judiciaire lui est toutefois accordée dès lors qu'il a établi son indigence et que le recours n'était pas d'emblée dénué de chances de succès (art. 64 al. 1 et 2 LTF). L'assuré est rendu attentif au fait qu'il devra rembourser la caisse du Tribunal s'il retrouve ultérieurement une situation financière lui permettant de le faire (<ref-law>).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce : 1. Le recours est rejeté. 2. L'assistance judiciaire est accordée au recourant. 3. Les frais judiciaires, arrêtés à 800 fr., sont mis à la charge du recourant. Ils sont supportés provisoirement par la caisse du Tribunal. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties, à la Cour de justice de la République et canton de Genève, Chambre des assurances sociales, et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 29 mai 2015 Au nom de la IIe Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse Le Juge présidant : Meyer La Greffière : Flury
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Sachverhalt: Sachverhalt: A. Im Eheschutzverfahren zwischen Y._ (Ehefrau) und X._ (Ehemann) nahm die Vizepräsidentin des Bezirksgerichtes Weinfelden mit Verfügung vom 29. August 2003 vom Getrenntleben der Parteien Vormerk und ordnete die Gütertrennung an. Zudem verpflichtete sie X._, an seine Ehefrau folgende monatlichen Unterhaltsbeträge zu bezahlen: Von August 2002 bis Dezember 2002 Fr. 370.--, von Januar 2003 bis Mai 2003 Fr. 785.-- sowie ab Juni 2003 Fr. 880.--. A. Im Eheschutzverfahren zwischen Y._ (Ehefrau) und X._ (Ehemann) nahm die Vizepräsidentin des Bezirksgerichtes Weinfelden mit Verfügung vom 29. August 2003 vom Getrenntleben der Parteien Vormerk und ordnete die Gütertrennung an. Zudem verpflichtete sie X._, an seine Ehefrau folgende monatlichen Unterhaltsbeträge zu bezahlen: Von August 2002 bis Dezember 2002 Fr. 370.--, von Januar 2003 bis Mai 2003 Fr. 785.-- sowie ab Juni 2003 Fr. 880.--. B. Den von X._ dagegen erhobenen Rekurs hiess das Obergericht des Kantons Thurgau mit Entscheid vom 20. Oktober 2003 insoweit gut, als die für den Zeitraum von Januar 2003 bis Mai 2003 geschuldeten Unterhaltsbeiträge auf monatlich Fr. 740.-- reduziert wurden. Im Übrigen wies es den Rekurs ab, soweit darauf eingetreten werden konnte. B. Den von X._ dagegen erhobenen Rekurs hiess das Obergericht des Kantons Thurgau mit Entscheid vom 20. Oktober 2003 insoweit gut, als die für den Zeitraum von Januar 2003 bis Mai 2003 geschuldeten Unterhaltsbeiträge auf monatlich Fr. 740.-- reduziert wurden. Im Übrigen wies es den Rekurs ab, soweit darauf eingetreten werden konnte. C. X._ gelangt mit staatsrechtlicher Beschwerde an das Bundesgericht. Er verlangt die Aufhebung des angefochtenen Entscheides. Strittig sind die Höhe der Unterhaltsbeiträge und insbesondere die (hypothetischen) Einkommen der Parteien. X._ stellt zudem ein Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung für das bundesgerichtliche Verfahren. Y._ beantragt in ihrer Vernehmlassung, auf die staatsrechtliche Beschwerde nicht einzutreten, eventualiter sie abzuweisen. Weiter stellt sie ebenfalls ein Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung. Das Obergericht schliesst in seiner Stellungnahme auf Abweisung der staatsrechtlichen Beschwerde. Mit Schreiben vom 16. Dezember 2003 ersucht X._ um die Anordnung eines zweiten Schriftenwechsels.
Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. Der Beschwerdeführer stellt den Antrag, einen zweiten Schriftenwechsel anzuordnen. Nach Art. 93 Abs. 3 OG findet ein solcher nur ausnahmsweise statt. Ein Grund dafür kann sich daraus ergeben, dass wesentliche Argumente erstmals in der Vernehmlassung der Gegenpartei vorgebracht werden (<ref-ruling> E. 1b S. 662 f.). Im Rahmen einer Beschwerdeergänzung sind jedoch Rügen unstatthaft, die bereits in der Beschwerde selbst hätten vorgebracht werden können; innert der Beschwerdefrist Versäumtes kann nicht in einem zweiten Schriftenwechsel nachgeholt werden (<ref-ruling> E. 1c S. 308; <ref-ruling> E. 1c S. 74; <ref-ruling> E. 1d/aa S. 77). Im vorliegenden Fall macht der Beschwerdeführer geltend, in den Stellungnahmen des Obergerichts und der Beschwerdegegnerin werde behauptet, die Akten des erstinstanzlichen Verfahrens seien im kantonalen Rechtsmittelverfahren nicht eingeholt worden. Dies sei ein unübliches Vorgehen, da in der Regel mit der Aktenretournierung gewartet werde, bis der Entscheid in Rechtskraft erwachsen sei. Zu diesem Punkt sei daher ein zweiter Schriftenwechsel anzuordnen. Es ist bereits dem angefochtenen Entscheid zu entnehmen, dass das Obergericht die vor Bezirksgericht eingereichten Akten nicht von Amtes wegen eingeholt hat. Dies ergibt sich ohne weiteres aus dem Vorwurf des Obergerichts an den Beschwerdeführer, er habe darauf verzichtet, die notwendigen und vor Vorinstanz eingereichten Akten wiederum ins Recht zu legen (siehe auch E. 3.1.1 nachfolgend). Aus Ziffer 7 des Dispositives der erstinstanzlichen Verfügung ist zudem ersichtlich, dass die Vizepräsidentin des Bezirksgerichtes die Rückgabe der eingereichten Akten zusammen mit der Mitteilung ihres Entscheids ausdrücklich angeordnet hatte. Die Vorbringen in den Vernehmlassungen bezüglich der Akteneinreichung sind daher keineswegs neue Argumente, welche einen zweiten Schriftenwechsel veranlassen könnten. Der entsprechende Antrag ist daher abzuweisen. Es ist bereits dem angefochtenen Entscheid zu entnehmen, dass das Obergericht die vor Bezirksgericht eingereichten Akten nicht von Amtes wegen eingeholt hat. Dies ergibt sich ohne weiteres aus dem Vorwurf des Obergerichts an den Beschwerdeführer, er habe darauf verzichtet, die notwendigen und vor Vorinstanz eingereichten Akten wiederum ins Recht zu legen (siehe auch E. 3.1.1 nachfolgend). Aus Ziffer 7 des Dispositives der erstinstanzlichen Verfügung ist zudem ersichtlich, dass die Vizepräsidentin des Bezirksgerichtes die Rückgabe der eingereichten Akten zusammen mit der Mitteilung ihres Entscheids ausdrücklich angeordnet hatte. Die Vorbringen in den Vernehmlassungen bezüglich der Akteneinreichung sind daher keineswegs neue Argumente, welche einen zweiten Schriftenwechsel veranlassen könnten. Der entsprechende Antrag ist daher abzuweisen. 2. Das Bundesgericht prüft von Amtes wegen und mit freier Kognition, ob und in welchem Umfang auf eine staatsrechtliche Beschwerde einzutreten ist (<ref-ruling> E. 1 S. 305). 2.1 Entscheide oberer kantonaler Instanzen im Eheschutzverfahren gelten nicht als Endentscheide im Sinne von Art. 48 Abs. 1 OG und sind daher nicht mit Berufung anfechtbar. Damit ist in einem solchen Fall einzig die staatsrechtliche Beschwerde wegen Verletzung verfassungsmässiger Rechte gegeben (Art. 84 Abs. 1 OG; <ref-ruling> E. 2 S. 476 ff.). Die Beschwerde erweist sich in dieser Hinsicht als zulässig. 2.2 Die Frist zur Einreichung einer staatsrechtlichen Beschwerde beträgt 30 Tage (Art. 89 Abs. 1 OG). Der Beschwerdeführer behauptet, den angefochtenen Beschluss am 29. Oktober 2003 zugestellt erhalten zu haben; gemäss Angaben der Post wurde der Entscheid jedoch erst am 30. Oktober 2003 abgeholt. Damit ist der letzte Tag der Frist (29. November 2003) auf einen Samstag gefallen, so dass die Beschwerde am 1. Dezember 2003 (Poststempel) noch rechtzeitig erfolgt ist (Art. 32 Abs. 2 OG i.V.m. Art. 1 BG über den Fristenlauf an Samstagen). 2.2 Die Frist zur Einreichung einer staatsrechtlichen Beschwerde beträgt 30 Tage (Art. 89 Abs. 1 OG). Der Beschwerdeführer behauptet, den angefochtenen Beschluss am 29. Oktober 2003 zugestellt erhalten zu haben; gemäss Angaben der Post wurde der Entscheid jedoch erst am 30. Oktober 2003 abgeholt. Damit ist der letzte Tag der Frist (29. November 2003) auf einen Samstag gefallen, so dass die Beschwerde am 1. Dezember 2003 (Poststempel) noch rechtzeitig erfolgt ist (Art. 32 Abs. 2 OG i.V.m. Art. 1 BG über den Fristenlauf an Samstagen). 3. Nach Art. 90 Abs. 1 lit. b OG muss die Beschwerdeschrift die wesentlichen Tatsachen und eine kurz gefasste Darlegung darüber enthalten, welche verfassungsmässigen Rechte und inwiefern sie durch den angefochtenen Entscheid verletzt worden sind. Der Beschwerdeführer hat sich mit den Erwägungen des angefochtenen Entscheids auseinander zu setzen und im Einzelnen darzustellen, worin die Verletzung der angerufenen Verfassungsrechte bestehen soll. Im Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde prüft das Bundesgericht nur klar und detailliert erhobene Rügen. Auf ungenügend begründete Rügen und rein appellatorische Kritik am angefochtenen Entscheid tritt das Bundesgericht nicht ein (<ref-ruling> E. 2a S. 3; <ref-ruling> E. 1b S. 495). Diesen Anforderungen genügt die Eingabe des Beschwerdeführers nicht, da insbesondere unzureichend auf die obergerichtliche Begründung eingegangen wird, wie nachfolgend aufzuzeigen ist. 3.1 Der Beschwerdeführer macht zunächst eine Verletzung des rechtlichen Gehörs geltend: Das Obergericht sei auf ein Arztzeugnis, welches seine eingeschränkte Arbeitsfähigkeit belege, überhaupt nicht eingegangen. 3.1.1 Das Obergericht hat erwogen (unter Hinweis auf die kantonale Praxis und die Literatur), dass die Parteien dem Richter die notwendigen Akten vorzulegen hätten. Insbesondere sei es nicht Sache der Rechtsmittelinstanz, Aktenergänzungen anzuordnen und von sich aus fehlende Unterlagen einzuholen. Der Beschwerdeführer sei denn auch ausdrücklich in der Rechtsmittelbelehrung der angefochtenen Verfügung darauf hingewiesen worden, allfällige Akten dem Rekurs beizulegen. Trotzdem habe er darauf verzichtet, die notwendigen und vor dem Bezirksgericht eingereichten Akten wiederum ins Recht zu legen. Soweit die Behauptungen des Beschwerdeführers mangels der erforderlichen Unterlagen nicht nachgewiesen seien, habe er demnach die entsprechenden Nachteile zu tragen. 3.1.2 Es kann dahin gestellt bleiben, ob diese Ausführungen des Obergerichts der kantonalen Zivilprozessordnung entsprechen bzw. ob die einschlägigen Bestimmungen im vorliegenden Fall willkürfrei angewendet wurden, da der Entscheid in diesem Punkt vom Beschwerdeführer in keiner Weise angefochten wird. In dieser Hinsicht erfolgt in der Beschwerde keinerlei Auseinandersetzung mit der obergerichtlichen Begründung. Gestützt auf seine Auffassung bezüglich der Akteneinreichung hat jedoch für das Obergericht keine Veranlassung bestanden, das im Rekursverfahren nicht mehr eingereichte Arztzeugnis zu beachten, so dass die Rüge der Verletzung des rechtlichen Gehörs ins Leere stösst. 3.2 Weiter wirft der Beschwerdeführer dem Obergericht aktenwidrige Tatsachenfeststellung sowie Ermessensüberschreitung in Zusammenhang mit der Erwerbstätigkeit der Beschwerdegegnerin vor. Das Obergericht habe bloss gestützt auf die mündlichen Ausführungen der Beschwerdegegnerin angenommen, diese habe ihre Arbeitsstellen unverschuldet verloren. Obwohl es ihr zuzumuten gewesen wäre, habe die Beschwerdegegnerin dazu keine Akten beigebracht, so dass ihre Behauptungen unbewiesen und daher unbeachtlich seien. Diese Vorbringen des Beschwerdeführers sind wohl als Willkürrüge (Art. 9 BV) zu verstehen. Jedoch übt er lediglich appellatorische Kritik an der Beweiswürdigung des Obergerichts. Warum die Annahme des Obergerichts in Bezug auf die beiden Stellenverluste der Beschwerdegegnerin geradezu unhaltbar sein sollten, legt er nicht substantiiert dar. Soweit er zudem Aktenwidrigkeit rügt, fehlt jeglicher Verweis auf Aktenstellen, welche seine Behauptungen belegen würden. Zudem verlangt er, dass das Obergericht den Sachverhalt näher hätte prüfen sollen, ohne jedoch eine Verletzung von kantonalem Verfahrensrecht geltend zu machen. Damit kann mangels rechtsgenüglicher Begründung in diesem Punkt nicht auf die Beschwerde eingetreten werden (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG). 3.3 Gemäss angefochtenem Entscheid verfügt der Beschwerdeführer ab Januar 2003 über einen tatsächlichen Verdienst von rund Fr. 2'700.--. Zusätzlich hat ihm das Obergericht ein hypothetisches Einkommen von Fr. 500.-- aufgerechnet. Der Beschwerdeführer wirft dem Obergericht in Bezug auf die Anrechnung des hypothetischen Einkommens sinngemäss Willkür vor. Jedoch ist seine Begründung von vornherein unbeachtlich, soweit er auf das Arztzeugnis verweist, welches seine angebliche Arbeitsunfähigkeit belegen soll (siehe E. 3.1.2 vorangehend). Im Übrigen fehlt eine eingehende Auseinandersetzung mit den Erwägungen des angefochtenen Entscheides. So nimmt der Beschwerdeführer beispielsweise keine Stellung zur Feststellung des Obergerichts, er selber sei in seiner Budgetzusammenstellung von einem (tatsächlichen) Einkommen von Fr. 3'011.-- bzw. Fr. 3'012.-- ausgegangen. Demzufolge kann auch insoweit nicht auf die Beschwerde eingetreten werden (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG). Der Beschwerdeführer wirft dem Obergericht in Bezug auf die Anrechnung des hypothetischen Einkommens sinngemäss Willkür vor. Jedoch ist seine Begründung von vornherein unbeachtlich, soweit er auf das Arztzeugnis verweist, welches seine angebliche Arbeitsunfähigkeit belegen soll (siehe E. 3.1.2 vorangehend). Im Übrigen fehlt eine eingehende Auseinandersetzung mit den Erwägungen des angefochtenen Entscheides. So nimmt der Beschwerdeführer beispielsweise keine Stellung zur Feststellung des Obergerichts, er selber sei in seiner Budgetzusammenstellung von einem (tatsächlichen) Einkommen von Fr. 3'011.-- bzw. Fr. 3'012.-- ausgegangen. Demzufolge kann auch insoweit nicht auf die Beschwerde eingetreten werden (Art. 90 Abs. 1 lit. b OG). 4. Damit kann auf die staatsrechtliche Beschwerde insgesamt nicht eingetreten werden. Bei diesem Verfahrensausgang wird der Beschwerdeführer grundsätzlich kosten- und entschädigungspflichtig (Art. 156 Abs. 1 und Art. 159 Abs. 2 OG). Beide Parteien haben für das bundesgerichtliche Verfahren ein Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung gestellt. Die unentgeltliche Rechtspflege ist einer Partei zu bewilligen, die bedürftig und deren Sache nicht aussichtslos ist (Art. 152 Abs. 1 OG; <ref-ruling> E. 4b S.275; <ref-ruling> E. 3a und b S. 204, je mit Hinweisen). Auf die vorliegende Beschwerde konnte mangels rechtsgenüglicher Begründung überhaupt nicht eingetreten werden. Damit muss sie als von vornherein aussichtslos bezeichnet werden, so dass das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege des Beschwerdeführers abzuweisen ist. Die Beschwerdegegnerin hat demgegenüber im vorliegenden Verfahren obsiegt und ist darüber hinaus einlassungspflichtig gewesen. Zudem ist sie offensichtlich bedürftig. Ihr Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege und Verbeiständung - soweit es infolge ihres Obsiegens nicht ohnehin gegenstandslos geworden ist - kann daher gutgeheissen werden.
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Auf die staatsrechtliche Beschwerde wird nicht eingetreten. 1. Auf die staatsrechtliche Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. 2.1 Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege des Beschwerdeführers wird abgewiesen. 2.2 Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege der Beschwerdegegnerin wird gutgeheissen, soweit es nicht gegenstandslos geworden ist, und Rechtsanwältin Brigitte Zweidler wird ihr als unentgeltlicher Rechtsbeistand beigegeben. 2.2 Das Gesuch um unentgeltliche Rechtspflege der Beschwerdegegnerin wird gutgeheissen, soweit es nicht gegenstandslos geworden ist, und Rechtsanwältin Brigitte Zweidler wird ihr als unentgeltlicher Rechtsbeistand beigegeben. 3. Die Gerichtsgebühr von Fr. 1'000.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Die Gerichtsgebühr von Fr. 1'000.-- wird dem Beschwerdeführer auferlegt. 4. Der Beschwerdeführer hat die Beschwerdegegnerin für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 1'000.-- zu entschädigen. Im Falle der Uneinbringlichkeit wird Rechtsanwältin Brigitte Zweidler aus der Bundesgerichtskasse ein Honorar von Fr. 1'000.-- ausgerichtet. 4. Der Beschwerdeführer hat die Beschwerdegegnerin für das bundesgerichtliche Verfahren mit Fr. 1'000.-- zu entschädigen. Im Falle der Uneinbringlichkeit wird Rechtsanwältin Brigitte Zweidler aus der Bundesgerichtskasse ein Honorar von Fr. 1'000.-- ausgerichtet. 5. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Obergericht des Kantons Thurgau schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 4. Februar 2004 Im Namen der II. Zivilabteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Die Gerichtsschreiberin:
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A.- A._ a travaillé en qualité de professeur de gymnastique et d'éducation physique à l'institut X._, au lycée Y._ et à l'école Z._. A ce titre, elle était assurée obligatoirement contre le risque d'accident auprès de la Suisse, Société d'assurances contre les accidents (ci-après : la Suisse), respectivement la Zurich et l'Union Suisse (actuellement : Generali). Le 28 janvier 1999, elle a été victime d'un accident alors qu'elle donnait un cours de gymnastique acrobatique à l'institut X._ : voulant retenir un élève qui avait manqué son saut périlleux, elle a chuté d'un engin avec point d'impact occipital et a perdu connaissance. Elle a été transportée au service des urgences de l'Hôpital B._, où les médecins ont diagnostiqué un traumatisme cranio-cérébral et un état anxio-dépressif réactionnel (rapport du 23 février 1999). La Suisse a pris en charge le cas. L'assurée a séjourné à B._ du 28 janvier au 4février 1999. Dans un rapport de sortie (du 4 février 1999), les docteurs C._ et D._ ont diagnostiqué une commotion cérébrale, un hémisyndrome brachiocrural gauche "pour l'heure inexpliqué" et un status post-traumatique malaire gauche. Ces médecins ont indiqué que les investigations pratiquées n'avaient pas révélé de fracture ni de contusion médullaire, de sorte que l'hémisyndrome brachio-crural gauche restait inexpliqué. Ils suspectaient en outre un éventuel syndrome de conversion. L'assurée a ensuite séjourné à la clinique de rééducation de E._, afin d'y être soumise à un traitement de physiothérapie intensive. Dans un rapport du 23 février 1999, les docteurs F._ et G._, médecins au département de psychiatrie de B._, ont fait état d'un trouble de l'adaptation avec réaction mixte anxieuse et dépressive (F 43.22). Un rapport d'expertise (du 29 juin 1999) établi par le docteur H._, spécialiste en neurologie, à l'intention de la Winterthur, assureur-accidents complémentaire de A._, a été joint au dossier. Ce médecin faisait état de troubles neurologiques post-traumatiques sur la base d'un syndrome de conversion. La Winterthur a confié une autre expertise au docteur I._, spécialiste en psychiatrie et psychothérapie. Dans son rapport du 21 septembre 1999, ce praticien a posé le diagnostic d'hystérie de conversion décompensée sur le mode dépressif, affection qui n'était pas en relation de causalité avec l'accident du 28 janvier 1999. Par lettre du 9 novembre 1999, la Suisse a informé l'assurée de son intention de supprimer le droit aux prestations après le 31 juillet 1999, motif pris que les troubles dont elle souffrait n'étaient "plus en relation de causalité directe avec l'accident". L'assurée ayant contesté ce point de vue, la Suisse a rendu une décision, le 27 janvier 2000, par laquelle elle a confirmé sa position. A._ a formé opposition contre cette décision, dont elle demandait l'annulation. A l'appui de sa conclusion, elle produisait un rapport (du 21 février 2000) du docteur J._, lequel attestait l'existence d'une distorsion cervicale post-traumatique, associée à des symptômes neurovégétatifs modérés. Le 29 mars 2000, la Suisse a informé l'intéressée de son intention de réformer à son détriment la décision du 27 janvier précédent, en ce sens que la suppression des prestations devait être avancée à la date de la fin de la période d'hospitalisation. L'assurée ayant maintenu son opposition, la Suisse l'a rejetée en ce sens que la suppression des prestations a été fixée au 4 mars 1999 (décision du 27 avril 2000). B.- A._ a recouru contre cette décision devant le Tribunal administratif du canton de Genève. Invitée à se déterminer sur ce recours, la Mutuelle Valaisanne, assureur-maladie de l'assurée, a produit un rapport de son médecin-conseil, le docteur K._, spécialiste en psychiatrie et psychothérapie (du 9 février 2001), lequel a préconisé la mise en oeuvre d'une expertise globale confiée au docteur L._, spécialiste en neurologie. Par jugement du 29 mai 2001, la juridiction cantonale a rejeté le recours dont elle était saisie. C.- A._ interjette recours de droit administratif en concluant, sous suite de dépens, à l'annulation du jugement cantonal et de la décision sur opposition, ainsi qu'au renvoi de la cause à la juridiction cantonale pour qu'elle complète l'instruction quant aux circonstances exactes de l'accident et mette en oeuvre une expertise confiée à un neurologue, auquel elle propose de soumettre une liste de questions. La recourante requiert l'octroi de l'assistance judiciaire. La Suisse conclut au rejet du recours dans la mesure où il est recevable. Invitée à se déterminer sur le recours en qualité d'intéressée, la Mutuelle Valaisanne s'en remet à justice. L'Office fédéral des assurances sociales a renoncé à présenter des déterminations.
Considérant en droit : 1.- Le litige porte sur le point de savoir si l'intimée était fondée, par sa décision sur opposition du 27 avril 2000, à supprimer, à partir du 4 mars 1999, le droit de la recourante à des prestations de l'assuranceaccidents. Le jugement entrepris expose de manière exacte les dispositions légales et réglementaires, ainsi que la jurisprudence relative au lien de causalité naturelle et adéquate entre l'événement dommageable de caractère accidentel et l'atteinte à la santé. Il suffit donc d'y renvoyer. 2.- A l'appui de sa décision sur opposition litigieuse supprimant tout droit à prestations à partir du 4 mars 1999, l'intimée a considéré que la recourante ne souffrait plus, après cette date, de troubles somatiques en relation avec l'accident du 28 janvier précédent. Ce point de vue a été confirmé par le tribunal cantonal. L'intimée et la juridiction cantonale se sont fondées pour cela sur l'avis des docteurs C._ et D._ (rapport du 4 février 1999). Selon ces médecins, les nombreuses investigations pratiquées n'avaient pas permis d'objectiver une fracture ni une contusion médullaire. Etant donné l'absence de lésion objectivable, ces médecins ont suspecté une origine psychogène (syndrome de conversion) aux douleurs invoquées et aux troubles constatés (hémisyndrome brachio-crural gauche). L'absence de troubles somatiques objectivables a été confirmée par le docteur H._ dans son rapport d'expertise à l'intention de la Winterthur (du 29 juin 1999). Certes, dans sa prise de position sur les avis médicaux exprimés sur le cas (rapport du 9 février 2001), le docteur K._, spécialiste en psychiatrie et psychothérapie, a critiqué la suspicion d'un syndrome de conversion exprimée par les docteurs C._ et D._. Toutefois, ce médecin, qui n'a pas examiné la recourante, ne met pas sérieusement en doute l'avis des praticiens prénommés, selon lequel des troubles de nature somatique n'ont pas été objectivés malgré les nombreuses investigations pratiquées. Cet avis n'est pas non plus remis en cause par le rapport succinct du docteur J._ (du 21 février 2000), lequel n'a procédé à aucune investigation complémentaire. Par ailleurs, on ne peut que rejeter les griefs de violation du droit d'être entendu dans l'administration des preuves, soulevés par la recourante à l'encontre de l'intimée. L'expertise du docteur H._ - comme celle du docteur I._ - ayant été mise en oeuvre par la Winterthur et jointe au dossier, l'intimée n'avait pas à tenir compte des règles de procédure de la PA et de la PCF régissant la mise en oeuvre d'expertises dans la procédure administrative devant la Caisse nationale suisse d'assurance en cas d'accidents (<ref-ruling>), règles applicables par analogie aux cas dans lesquels des assureurs privés sont compétents selon l'<ref-law> (<ref-ruling>). Vu ce qui précède, il n'y a pas de motif de mettre en cause les conclusions des docteurs C._, D._ et H._. Le point de vue des premiers juges, selon lequel la recourante ne souffrait plus, après le 4 mars 1999, de troubles somatiques en relation avec l'accident du 28 janvier précédent doit dès lors être confirmé. 3.- a) Cela étant, il n'en demeure pas moins que la recourante présente encore des troubles de nature psychique qualifiés de trouble de l'adaptation, réaction mixte anxieuse et dépressive (F 43.22; rapport des docteurs F._ et G._ du 23 février 1999) et d'hystérie de conversion décompensée sur le mode dépressif (rapport du docteur I._ du 21 septembre 1999). b) En l'occurrence, il n'y a pas lieu de revenir sur l'opinion des premiers juges, selon laquelle il existe un lien de causalité naturelle entre ces troubles et l'accident du 28 janvier 1999. Certes, le docteur I._ a nié l'existence d'un tel lien en alléguant qu'en raison de la personnalité prémorbide de la recourante, un risque de décompensation était lié non pas exclusivement à un accident comme celui du 28 janvier 1999, mais aussi à tout stress de vie, qu'il survienne ensuite d'un accident, d'une maladie ou de n'importe quel événement. Cette argumentation est mal fondée. Selon la jurisprudence, il n'est pas nécessaire, pour que l'exigence du lien de causalité naturelle soit réalisée, que l'accident soit la cause exclusive de l'atteinte à la santé. Il faut et il suffit que l'événement dommageable, associé éventuellement à d'autres facteurs, ait provoqué l'atteinte à la santé physique ou psychique, c'est-à-dire qu'il se présente comme la condition sine qua non de celle-ci (<ref-ruling> consid. 1, 118 V 289 consid. 1b et les références), ce que le docteur I._ lui-même admet implicitement, du moment que l'accident du 28 janvier 1999 était indéniablement un événement de nature à entraîner un stress de vie. Quant à la jurisprudence citée par l'intimée pour nier l'existence d'un lien de causalité naturelle, elle ne concerne pas cette question mais celle de la causalité adéquate (<ref-ruling>; SJ 1998 p. 429). c) Il reste à examiner si la juridiction cantonale était fondée à nier l'existence d'un lien de causalité adéquate entre les troubles psychiques attestés par les médecins et l'accident survenu le 28 janvier 1999. aa) Selon la jurisprudence, il convient, aux fins de procéder à une classification des accidents de nature à entraîner des troubles psychiques, non pas de s'attacher à la manière dont l'assuré a ressenti et assumé le choc traumatique, mais bien plutôt de se fonder, d'un point de vue objectif, sur l'événement accidentel lui-même (<ref-ruling> consid. 6, 407 s. consid. 5). bb) La juridiction cantonale a considéré que l'accident en cause devait être classé à la limite inférieure de la catégorie des accidents de gravité moyenne, compte tenu du fait que l'assurée a été victime d'une chute d'une hauteur de deux mètres environ, suivie d'une perte de connaissance de quelques minutes. La recourante critique implicitement ce point de vue en reprochant au tribunal cantonal de n'avoir pas suffisamment éclairci les circonstances de l'accident. Elle allègue que sa chute a été précédée d'un coup à la tête donné par un élève lors d'un saut périlleux manqué. Elle a ensuite chuté d'une hauteur de deux mètres cinquante et s'est frappé l'arrière du crâne et le dos sur le sol en béton. Par ailleurs, selon la recourante, on ignore combien de temps a duré la perte de connaissance, la déclaration d'accident indiquant quarante-cinq minutes, alors que le docteur H._ a fait état d'une perte de connaissance de "plusieurs minutes". Les circonstances alléguées par la recourante, même si elles étaient avérées, ne permettent toutefois pas de s'écarter foncièrement de l'appréciation du tribunal cantonal. En effet, dès lors qu'il y a lieu de faire abstraction de la manière dont l'assuré a ressenti et assumé le choc traumatique (cf. consid. 3c/aa), force est de constater que l'événement en cause et l'intensité de l'atteinte qu'il a générée ne sont pas tels qu'il faille admettre l'existence d'un accident grave. L'accident doit dès lors être classé dans la catégorie des accidents de gravité moyenne. cc) Par ailleurs, il n'y a pas de motif de mettre en cause le point de vue du tribunal cantonal selon lequel aucun des critères objectifs posés par la jurisprudence en matière de troubles psychiques consécutifs à un accident de gravité moyenne (cf. <ref-ruling> ss consid. 6 et 407 ss consid. 5) n'était réalisé en l'occurrence. En particulier, l'accident et les circonstances concomitantes apparaissent dénués de tout caractère particulièrement impressionnant ou dramatique. Par ailleurs, la recourante n'a pas subi de lésion physique grave. Quant à la durée de l'incapacité de travail due aux lésions physiques, elle n'apparaît pas particulièrement longue, étant donné qu'après un séjour de neuf jours à l'hôpital, suivi d'un séjour d'un mois dans une clinique de rééducation, l'état de l'intéressée n'a plus nécessité la mise en oeuvre d'un traitement médical pour des troubles somatiques. Cela étant, le caractère adéquat du lien de causalité entre l'accident survenu le 28 janvier 1999 et les troubles psychiques existant après le 4 mars suivant doit être nié. Le jugement entrepris n'est dès lors pas critiquable et le recours se révèle mal fondé. 4.- a) Selon la loi (art. 152 OJ) et la jurisprudence, les conditions d'octroi de l'assistance judiciaire gratuite sont en principe remplies si les conclusions ne paraissent pas vouées à l'échec, si le requérant est dans le besoin et si l'assistance d'un avocat est nécessaire ou du moins indiquée (<ref-ruling> consid. 4a, 372 consid. 5b et les références). Une partie est dans le besoin, au sens de l'art. 152 al. 1 OJ, lorsqu'elle n'est pas en état de supporter les frais de procédure sans entamer les moyens nécessaires à son entretien et à celui de sa famille (<ref-ruling> consid. 3b, 125 IV 164 consid. 4a). Sont déterminantes les circonstances économiques existant au moment de la décision sur la requête d'assistance judiciaire (<ref-ruling> consid. 4). Lorsque la partie qui demande l'assistance judiciaire est mariée il faut, pour apprécier si elle est dans le besoin, prendre en considération également les ressources de son conjoint (<ref-ruling> consid. 3a, 108 Ia 10 consid. 3, 103 Ia 101 et les références). b) S'agissant d'un litige qui concerne l'octroi ou le refus de prestations d'assurance, la procédure est en principe gratuite (art. 134 OJ). Dans la mesure où elle vise à la dispense des frais de justice, la demande d'assistance judiciaire est dès lors sans objet. Par ailleurs, les époux A._ ont cinq enfants dont deux ont l'âge adulte. Selon ses affirmations, l'époux de la recourante dispose d'un revenu annuel brut de plus de 95 000 fr. provenant de son activité professionnelle et il possède une fortune immobilière de 191 742 fr. Dès lors, la situation des époux ne permet pas d'admettre que la condition de l'indigence est réalisée. Dans la mesure où elle concerne la désignation d'un avocat d'office, la demande est mal fondée.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral des assurances prononce : I. Le recours est rejeté. II. Il n'est pas perçu de frais de justice. III. La requête d'assistance judiciaire est rejetée. IV. Le présent arrêt sera communiqué aux parties, au Tribunal administratif du canton de Genève, à la Mutuelle Valaisanne et à l'Office fédéral des assurances sociales. Lucerne, le 27 juin 2002 Au nom du Tribunal fédéral des assurances Le Président de la IIIe Chambre : p. le Greffier :
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2,003
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Sachverhalt: Mit Verfügung vom 20. November 2001 lehnte die Kantonale Arbeitslosenkasse St. Gallen den Anspruch von M._ (geb. 1946) auf Arbeitslosenentschädigung ab. Die dagegen erhobene Beschwerde wies das Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen mit Entscheid vom 3. Juli 2002 ab. M._ führt Verwaltungsgerichtsbeschwerde mit dem Antrag, es sei ihm ab 11. September 2001 Arbeitslosenentschädigung zuzusprechen. Die Arbeitslosenkasse schliesst auf Abweisung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde, während das Staatssekretariat für Wirtschaft (seco) auf eine Vernehmlassung verzichtet.
Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: Das Eidg. Versicherungsgericht zieht in Erwägung: 1. Das kantonale Versicherungsgericht hat die gesetzlichen Vorschriften zum Ausschluss arbeitgeberähnlicher Personen vom Anspruch auf Kurzarbeitsentschädigung (<ref-law>) und die Rechtsprechung zur analogen Anwendung dieser Bestimmung auf arbeitgeberähnliche Personen, welche in rechtsmissbräuchlicher Weise Arbeitslosenentschädigung verlangen (<ref-ruling>, namentlich 237 Erw. 7), richtig dargelegt. Darauf wird verwiesen. Zu ergänzen ist, dass das am 1. Januar 2003 in Kraft getretene Bundesgesetz über den Allgemeinen Teil des Sozialversicherungsrechts (ATSG) vom 6. Oktober 2000 im vorliegenden Fall nicht anwendbar ist, da nach dem massgebenden Zeitpunkt des Erlasses der streitigen Verfügung (hier: 20. November 2001) eingetretene Rechts- und Sachverhaltsänderungen vom Sozialversicherungsgericht nicht berücksichtigt werden (<ref-ruling> Erw. 1, 121 V 366 Erw. 1b). 1. Das kantonale Versicherungsgericht hat die gesetzlichen Vorschriften zum Ausschluss arbeitgeberähnlicher Personen vom Anspruch auf Kurzarbeitsentschädigung (<ref-law>) und die Rechtsprechung zur analogen Anwendung dieser Bestimmung auf arbeitgeberähnliche Personen, welche in rechtsmissbräuchlicher Weise Arbeitslosenentschädigung verlangen (<ref-ruling>, namentlich 237 Erw. 7), richtig dargelegt. Darauf wird verwiesen. Zu ergänzen ist, dass das am 1. Januar 2003 in Kraft getretene Bundesgesetz über den Allgemeinen Teil des Sozialversicherungsrechts (ATSG) vom 6. Oktober 2000 im vorliegenden Fall nicht anwendbar ist, da nach dem massgebenden Zeitpunkt des Erlasses der streitigen Verfügung (hier: 20. November 2001) eingetretene Rechts- und Sachverhaltsänderungen vom Sozialversicherungsgericht nicht berücksichtigt werden (<ref-ruling> Erw. 1, 121 V 366 Erw. 1b). 2. Wie der Beschwerdeführer selber einräumt, bezog er ab 20. Dezember 2001 Arbeitslosenentschädigung. Zu prüfen ist daher einzig, ob er auch für die Zeit vom 11. September 2001, ab welchem Datum er Leistungen beantragt, bis 19. Dezember 2001 Anspruch auf Taggelder der Arbeitslosenversicherung hat. 2.1 Unbestrittenermassen war der Beschwerdeführer seit 23. März 1999 als Geschäftsführer mit Einzelunterschrift bei der Firma X._ GmbH im Handelsregister eingetragen. Damit hatte er grundsätzlich eine arbeitgeberähnliche Stellung inne und war sowohl vom Anspruch auf Kurzarbeitsentschädigung als auch - im Sinne der genanten Rechtsprechung - von demjenigen auf Arbeitslosenentschädigung ausgeschlossen. Am 22. Juni 2001 kündigte ihm die Firma mit von seinem Sohn unterzeichnetem Brief auf Ende Juli 2001. Ab August 2001 arbeitete der Beschwerdeführer mit reduziertem Lohn und einem Pensum von rund 50 % weiterhin im selben Betrieb. Gemäss Protokoll vom 19. Juli 2001 wurde an einer Sitzung, an welcher der Beschwerdeführer und sein Sohn teilnahmen, beschlossen, dass der Sohn künftig die Einzelunterschrift führen und beim Handelsregisteramt mit Löschung des Beschwerdeführers als Geschäftsführer mit Einzelunterschrift veranlassen solle. Am 14. Dezember 2001 erfolgte ein entsprechender Eintrag im Tagebuch des Handelsregisters; die Löschung wurde am 20. Dezember 2001 im Schweizerischen Handelsamtsblatt (SHAB) publiziert. Auf Nachfrage der Verwaltung, weshalb die Löschung mit derartiger Verspätung erfolgt sei, gab der Sohn des Beschwerdeführers im Schreiben vom 21. April 2002 an, die Firma sei wegen einer arbeitsgerichtlichen Auseinandersetzung beinahe in Konkurs gefallen. Eine Löschung hätte unter solchen Umständen keinen Sinn gemacht, da sich bei einem Konkurs die Kosten für die Löschung hätten sparen lassen. Im vorliegenden Prozess wirft der Beschwerdeführer seinem Sohn zudem vor, die Löschung blockiert zu haben. 2.2 Es ist nicht einzusehen, inwiefern das arbeitsgerichtliche Verfahren und der angeblich drohende Konkurs eine frühere Löschung des Handelsregistereintrags behindert haben sollten. Der Beschwerdeführer hätte jederzeit auf eigene Initiative die Löschung des Eintrags verlangen können. Somit bleibt es dabei, dass er über den 11. September 2001 hinaus als Person in arbeitgeberähnlicher Stellung im Handelsregister eingetragen war und gerade jene Eigenschaften nicht aufgegeben hatte, welche ihn vom Anspruch auf Kurzarbeitsentschädigung (und rechtsprechungsgemäss auch auf Arbeitslosenentschädigung) ausschlossen. Es kann auf den insoweit zutreffenden kantonalen Entscheid verwiesen werden. Was in der Verwaltungsgerichtsbeschwerde hiegegen eingewendet wird, ist nicht stichhaltig. Dass der Beschwerdeführer eine private Versicherung gegen Arbeitslosigkeit abgeschlossen hat, ist im vorliegenden Zusammenhang irrelevant. Ein Mitverschulden der Verwaltung ist nicht zu erkennen. Einerseits besteht keine gesetzliche Pflicht, den Versicherten über die Rechtsprechung gemäss <ref-ruling> zu informieren; anderseits hat die Verwaltung ihm mit Schreiben vom 4. Oktober 2001 das rechtliche Gehör zu diesem Problem gewährt. 2.3 Hingegen ist näher zu prüfen, bis zu welchem Datum der Beschwerdeführer kraft seiner Stellung Einfluss auf die erwähnte GmbH nehmen konnte. Nach der Rechtsprechung (<ref-ruling> Erw. 5b mit Hinweisen; ARV 2000 Nr. 34 S. 179 Erw. 1 in fine) ist auf den Zeitpunkt des effektiven Rücktritts, welcher unmittelbar wirksam ist, und nicht auf die Löschung im Handelsregister oder das Datum der Publikation im Schweizerischen Handelsamtsblatt abzustellen. Mit der Vorinstanz ist davon auszugehen, dass der Beschwerdeführer ungeachtet des Protokolls vom 19. Juli 2001 auch nach seiner Entlassung weiterhin die Geschicke der Firma beeinflussen konnte. Aus dem Handelsregisterauszug vom 17. Januar 2002 ergibt sich, dass die Löschung bereits am 14. Dezember 2001 im Tagebuch eingetragen worden ist. Mangels anderer Anhaltspunkte ist daher dieses Datum (und nicht die erst am 20. Dezember 2001 erfolgte Publikation im SHAB) massgebend. Somit besteht Anspruch auf Arbeitslosenentschädigung ab 14. Dezember 2001.
Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: Demnach erkennt das Eidg. Versicherungsgericht: 1. In teilweiser Gutheissung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde werden der Entscheid des Versicherungsgerichts des Kantons St. Gallen und die Verfügung der Kantonalen Arbeitslosenkasse St. Gallen insoweit aufgehoben, als sie den Anspruch auf Arbeitslosenentschädigung ab 14. Dezember 2001 verneinen, und es wird festgestellt, dass der Beschwerdeführer ab 14. Dezember 2001 Anspruch auf Arbeitslosenentschädigung hat. 1. In teilweiser Gutheissung der Verwaltungsgerichtsbeschwerde werden der Entscheid des Versicherungsgerichts des Kantons St. Gallen und die Verfügung der Kantonalen Arbeitslosenkasse St. Gallen insoweit aufgehoben, als sie den Anspruch auf Arbeitslosenentschädigung ab 14. Dezember 2001 verneinen, und es wird festgestellt, dass der Beschwerdeführer ab 14. Dezember 2001 Anspruch auf Arbeitslosenentschädigung hat. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 2. Es werden keine Gerichtskosten erhoben. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, dem Versicherungsgericht des Kantons St. Gallen, dem Amt für Arbeit, St. Gallen, und dem Staatssekretariat für Wirtschaft zugestellt. Luzern, 19. Februar 2003 Im Namen des Eidgenössischen Versicherungsgerichts Die Präsidentin der IV. Kammer: Der Gerichtsschreiber:
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2,013
de
Sachverhalt: A. Am 12. November 2006 ereignete sich in Slowenien ein Unfall, in welchen X._ und A._ verwickelt waren. Letzterer verstarb als Folge des Unfalles am 17. November 2006 im Spital in C._ (Italien). Y._ ist die Ehefrau und Z._ der Sohn des Verstorbenen. Sie leiteten in Italien ein Strafverfahren gegen X._ ein, wobei sie adhäsionsweise Zivilansprüche geltend machten. Mit Urteil vom 22. Juli 2009 sprach das Tribunale Ordinario di Trieste X._ schuldig und verurteilte ihn im Zivilpunkt zur Zahlung einer provvisionale von EUR 70'000.-- für die Ehefrau und von EUR 50'000.-- für den Sohn des Verstorbenen. B. Gestützt auf dieses Urteil leitete Y._ gegen X._ für Fr. 93'415.-- nebst 5 % Zins seit 22. Juli 2009 die Betreibung Nr. xxx des Betreibungsamtes B._ ein. Am 16. September 2010 verlangte sie beim Bezirksgericht Plessur definitive Rechtsöffnung für Fr. 93'415.-- nebst 5 % Zins seit 22. Juli 2009. Das Verfahren wurde zufolge in Italien hängiger Rechtsmittel sistiert. Mit Urteil vom 16. Mai 2011 wies die Corte d'Appello di Trieste das Rechtsmittel gegen die erstinstanzlich verfügte provvisionale ab. Mit Urteil vom 14. März 2012 wies auch die Corte Suprema di Cassazione das eingelegte Rechtsmittel ab. Darauf erteilte das Bezirksgericht Plessur am 21. November 2012 für Fr. 93'415.-- nebst Zins zu 5 % seit 22. Juli 2009 definitive Rechtsöffnung. Dagegen erhob X._ Beschwerde, wobei er u.a. ein Urteil des Kreisgerichts Ljubljana vom 25. Oktober 2012 vorlegte, mit welchem der slowenische Versicherungsverband verpflichtet wurde, die Reparaturkosten für den Wagen von X._ zu vergüten. Mit Entscheid vom 8. April 2013 wies das Kantonsgericht von Graubünden die Beschwerde ab. C. Gegen diesen Entscheid hat X._ am 17. Mai 2013 eine Beschwerde in Zivilsachen eingereicht mit den Begehren, der Entscheid sei aufzuheben und auf das Rechtsöffnungsgesuch sei nicht einzutreten, eventuell sei es abzuweisen. Mit Präsidialverfügung vom 6. Juni 2013 wurde die aufschiebende Wirkung erteilt. In der Sache selbst wurden keine Vernehmlassungen eingeholt.
Erwägungen: 1. Angefochten ist ein kantonal letztinstanzlicher Rechtsöffnungsentscheid, dessen Streitwert Fr. 30'000.-- übersteigt (Art. 72 Abs. 2 lit. a, Art. 74 Abs. 1 lit. b, Art. 75 Abs. 1 und Art. 90 BGG). Auf die rechtzeitig eingereichte Beschwerde ist einzutreten. 2. Es geht um die inzidente Anerkennung eines italienischen Entscheides im Rahmen der Erteilung der definitiven Rechtsöffnung. Unbestrittenermassen ist gemäss den Übergangsvorschriften von Art. 63 revLugÜ noch das alte Lugano-Übereinkommen von 1988 (aLugÜ) anwendbar. Sodann wird nicht in Frage gestellt, dass es sich bei der provvisionale um einen vorsorglichen Entscheid handelt und dass der erstinstanzliche Entscheid nach italienischem Prozessrecht sofort vollstreckbar ist. Der Beschwerdeführer bringt vor, dass eine vorfrageweise Vollstreckbarerklärung im Rahmen des Rechtsöffnungsverfahrens gegen das LugÜ als übergeordnetes Recht verstosse (dazu E. 3), dass die eingereichten Übersetzungen der italienischen Entscheide unzureichend seien und deshalb das Kantonsgericht ausser Stande gewesen sei, deren Inhalt und Tragweite mit Blick auf die ordre public -Widrigkeit zu überprüfen (dazu E. 4), dass diese ordre public -Widrigkeit darin bestehe, dass die Gegenseite gegen den Grundsatz von Treu und Glauben verstossen und das italienische Strafgericht rechtsmissbräuchlich für ihre Zwecke benutzt habe (dazu Ziff. 5), dass das italienische Gericht die relevanten Rechtsgrundlagen für seine Entscheidung nicht genannt habe und es in der Hauptsache nicht zuständig sei (dazu E. 6), dass unzulässig italienisches Strassenverkehrsrecht extraterritorial auf einen Unfall in Slowenien angewandt bzw. gegen den Grundsatz "nulla poena sine lege" verstossen worden sei (dazu E. 7) und dass inzwischen ein rechtskräftiges slowenisches Urteil in der Hauptsache ergangen sei, welches dem vorsorglichen Entscheid der italienischen Gerichte naturgemäss vorgehen müsse (dazu E. 8). 3. Der Beschwerdeführer vertritt die Auffassung, ein vorfrageweises Exequatur im Rahmen der Rechtsöffnung verstosse gegen das Lugano-Übereinkommen. Er wirft dem Kantonsgericht vor, pauschal auf die Lehre und Rechtsprechung abgestellt statt sich mit seinen Vorbringen bzw. mit dem in seinen Augen verallgemeinerungswürdigen Argument von D. SCHWANDER, in: ZBJV 2010, S. 696 ff., auseinandergesetzt zu haben. Der vom Kantonsgericht zitierte <ref-ruling> besage einzig, dass ein separates Exequaturverfahren zur Verfügung stehen müsse, nicht aber, dass dieses auch vorfrageweise möglich sei. Das Lugano-Übereinkommen sei ein geschlossenes System und in allen Vertragsstaaten einheitlich zu handhaben. Art. 26 Abs. 3 aLugÜ sehe (nur) die inzidente Anerkennung vor, was e contrario die vorfrageweise Vollstreckbarerklärung ausschliesse. Ebenso wenig könne auf den Text von Art. 32 Abs. 1 aLugÜ abgestellt werden, weil dieser gerade Anlass der Unvereinbarkeit der schweizerischen Lösung mit dem Lugano-Konzept gewesen sei und deshalb nicht massgebend sein könne. Zulässig sei mithin einzig das separate einseitige Exequaturverfahren. Diese Ausführungen vermögen nicht zu überzeugen und bieten keinen Anlass, von der in Übereinstimmung mit der herrschenden Lehre stehenden konstanten Rechtsprechung zum aLugÜ abzuweichen, wonach der Rechtsöffnungsrichter das Exequatur inzident im Rahmen der definitiven Rechtsöffnung erteilen kann (<ref-ruling> E. 3a S. 387 f.; 5P.494/1997 vom 20. Februar 1998 E. 3; 5P.15/1998 vom 10. März 1998 E. 3a; 5P.253/2001 vom 13. September 2001 E. 2a; 5P.275/2002 vom 20. November 2002 E. 2.3; aus der jüngeren Rechtsprechung: <ref-ruling> E. 1.3.2 S. 673; 5A_162/2009 vom 15. Mai 2009 E. 6.1; 5A_162/2012 vom 12. Juli 2012 E. 6.1). Weil die Art. 31 ff. aLugÜ ein einseitiges Exequaturverfahren verlangen und die Rechtsöffnung als zweiseitiges Verfahren den gewünschten Überraschungseffekt nicht bieten kann, hat das Bundesgericht - wie bereits in den Urteilen 5P.15/1998 10. März 1998 sowie 5P.494/1997 vom 20. Februar 1998 festgehalten - in <ref-ruling> erneut klargestellt, dass nebst der inzidenten Vollstreckbarerklärung auch ein unabhängiges und einseitiges Exequaturverfahren im Sinn von Art. 31 ff. aLugÜ offen steht. Schliesslich wurde in <ref-ruling> E. 1.3.2 S. 673 und in den Urteilen 5A_162/2009 vom 15. Mai 2009 E. 6.1 sowie 5A_162/2012 vom 12. Juli 2012 E. 6.1 ausdrücklich wiederholt, dass beide Möglichkeiten gleichwertig nebeneinander bestehen. Was unter dem revLugÜ gilt, ist - wie das Kantonsgericht zutreffend festgehalten hat - nicht im vorliegenden Verfahren zu entscheiden. Relevant ist vorliegend einzig, dass sich aus einzelnen Meinungsäusserungen (der Beschwerdeführer beruft sich insbesondere auf D. SCHWANDER, Arrestrechtliche Neuerungen im Zuge der Umsetzung des revidierten Lugano-Übereinkommens, in: ZBJV 2010, S. 696 ff.) zum revLugÜ nicht ableiten lässt, dass das vorfrageweise Exequatur in der Rechtsöffnung für das aLugÜ unstatthaft gewesen wäre. Ebenso wenig bieten die Ausführungen von HOFMANN/KUNZ, in: Basler Kommentar, N. 291 ff. zu Art. 38 revLugÜ, Anlass, für das aLugÜ, soweit dieses übergangsrechtlich noch Anwendung findet, von der gefestigten Praxis nachträglich abzuweichen. 4. Der Beschwerdeführer moniert weiter, dass die für die italienischen Urteile aller Instanzen eingereichten Übersetzungen ungenügend seien, was auch vom Kantonsgericht anerkannt worden sei. Massgebend könne aber nicht sein, ob er (der Beschwerdeführer) die Urteile trotzdem verstanden habe, sondern ob das Kantonsgericht den Inhalt und die Tragweite der Entscheide habe erkennen können. Das sei nicht der Fall, ansonsten es nicht zu derart unhaltbaren Schlüssen gekommen wäre. In der Tat hat das Kantonsgericht festgehalten, dass die Qualität der Übersetzungen nicht über jeden Zweifel erhaben sei. Es hat aber zum einen darauf hingewiesen, dass der Beschwerdeführer offenbar ohne weiteres in der Lage war, in Italien das erstinstanzliche und auch die Rechtsmittelverfahren zu führen; dies wird vor Bundesgericht nicht in Frage gestellt. Sodann hat das Kantonsgericht festgehalten, dass gemäss dem Sprachengesetz des Kantons Graubünden (SpG, BR 492.100) alle Amtssprachen, wozu auch das Italienische gehört, gleichwertig seien, was für sämtliche Verfahrensschritte gelte, und dass die Parteien jeweils die Wahl hätten, in welcher Amtssprache sie gerichtliche Eingaben machen würden. Wie sich aus der Begründung des angefochtenen Urteils, welche detailliert auf den Inhalt der italienischen Entscheide eingeht, ohne weiteres ergibt, war das Kantonsgericht als oberstes Gericht eines dreisprachigen Kantons in der Lage - was im Übrigen auch für das Bundesgericht gilt -, den Inhalt der italienischen Entscheide ohne Einschränkungen zu erfassen. Dies lässt sich nicht damit in Frage stellen, dass das Kantonsgericht nicht dem Standpunkt des Beschwerdeführers gefolgt ist. Wenn dieser zum Beweis für seine These auf das inhaltlich zu einem anderen Schluss kommende slowenische Urteil verweist, so überspielt er den Umstand, dass das Kantonsgericht ebenfalls auf die Diskrepanz zwischen den Urteilen hingewiesen hat, es diese aber nicht auf ihre inhaltliche Richtigkeit überprüfen durfte (Art. 29 aLugÜ). 5. Sodann erhebt der Beschwerdeführer unter dem Titel des ordre public verschiedene Einwendungen. Unter anderem wirft er der Gegenseite treuwidriges Verhalten vor. A._ starb an den Folgen des Unfalles, welcher sich in Slowenien ereignet hatte, in einem Spital in C._ (Italien). Er war italienischer Staatsbürger, ebenso seine hinterbliebene Ehefrau und sein Sohn. Angesichts dieser Anknüpfungspunkte lässt sich nicht sagen, dass die Einleitung eines Strafverfahrens in Italien und die adhäsionsweise Geltendmachung von Schadenersatzansprüchen gegen den Grundsatz von Treu und Glauben verstossen hätte bzw. das italienische Strafgericht geradezu rechtsmissbräuchlich benutzt worden wäre. Jedenfalls begründet die Auffassung des Kantonsgerichts, das italienische Urteil erweise sich angesichts der konkreten Umstände nicht als ordre public -widrig, keine Verletzung von Art. 27 Ziff. 1 aLugÜ. Daran ändert auch der Hinweis in der Beschwerde nichts, wonach der italienische Untersuchungsrichter das Verfahren habe einstellen wollen und dieses erst auf Einsprache der Hinterbliebenen hin fortgeführt worden sei. 6. Ebenso wenig ist dem Einwand des Beschwerdeführers zu folgen, wonach das italienische Gericht in der Hauptsache nicht zuständig gewesen sei. Das italienische Strafrecht kennt im Rahmen des Territorialitätsprinzips eine Anknüpfung am Erfolgsort - vorliegend Eintritt des Todes - als Alternative zum Tatort, indem Art. 6 CPit (Codice penale italiano) festhält: Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana. Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l'azione o l'omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l'evento che è la conseguenza dell'azione od omissione. Für adhäsionsweise geltend gemachte Schadenersatzansprüche sieht Art. 5 Ziff. 4 aLugÜ ausdrücklich einen Gerichtsstand vor, soweit das Strafgericht hierfür nach seinem Recht über zivilrechtliche Ansprüche erkennen kann. Dies war vorliegend der Fall: Art. 185 CPit sieht eine zivilrechtliche Schadenersatzpflicht des Täters vor, indem er bestimmt: Ogni reato obbliga alle restituzioni a norma delle leggi civili. Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui. Diese Ansprüche können nach italienischem Strafprozessrecht adhäsionsweise im Strafverfahren durchgesetzt werden, indem Art. 74 CPPit (Codice di Procedura penale italiano) vorsieht: L'azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all'articolo 185 del codice penale può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei confronti dell'imputato e del responsabile civile. Entgegen der Behauptung des Beschwerdeführers kann es sodann weder gegen den ordre public verstossen noch willkürlich sein, wenn das italienische Gericht in seinem Urteil Art. 5 Ziff. 4 aLugÜ nicht erwähnt hat, musste es sich doch nicht darum kümmern, ob und inwiefern sein Entscheid im Ausland, zumal ausserhalb des EU-Raumes, vollstreckbar sei. 7. Weiter behauptet der Beschwerdeführer, dass im italienischen Urteil in gegen den ordre public verstossender Weise italienisches Strassenverkehrsrecht auf einen in Slowenien geschehenen Unfall angewandt worden sei. Dies zeige sich darin, dass das slowenische Urteil zu ganz anderen Ergebnissen gekommen sei. Wenn er sich aber nach slowenischem Strassenverkehrsrecht absolut korrekt verhalten habe, sei es unstatthaft bzw. verstosse es gegen den Grundsatz nulla poena sine lege, dass er in Italien zu einer Geldleistung verurteilt worden sei. Das italienische Gericht ging von einer fahrlässigen Tötung aus ( omicidio colposo, Art. 589 CPit) und warf dem Beschwerdeführer vor, sich als Führer seines PKW unvorsichtig verhalten zu haben. Es verwies dabei auf Art. 141 Abs. 2 des italienischen Strassenverkehrsgesetzes (Codice della strada), welcher lautet: Il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l'arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile. Das Kantonsgericht hat für das Bundesgericht verbindlich festgestellt, dass auch das slowenische Urteil einen entsprechenden Artikel im slowenischen Strassenverkehrsrecht zitiere, nämlich Art. 30 des slowenischen Gesetzes über die Sicherheit im Strassenverkehr. Es handelt sich beim Grundsatz, dass das Fahrzeug jederzeit zu beherrschen ist, denn auch um eine Konkretisierung des allgemeinen Gefahrensatzes im Strassenverkehrsrecht, welcher, wie sich das Kantonsgericht ausdrückt, "im allgemeinen Rechtsempfinden beheimatet ist und daher nicht als landesspezifische Strafnorm erscheint", sondern universelle Gültigkeit beanspruchen kann. So finden sich entsprechende Normen, um einige Beispiele zu nennen, auch in der Schweiz (Art. 31 f. SVG) und den umliegenden Ländern (Deutschland: § 1 und § 3 Abs. 1 StVO; Frankreich: Art. R412-6 und R413-17 Code de la route; Österreich: § 3 Abs. 1 und § 20 Abs. 1 StVO). Vor diesem Hintergrund ist kein Verstoss gegen den ordre publicersichtlich, wenn das italienische Gericht zum Schluss gekommen ist, der Beschwerdeführer habe sich wegen Nichtbeherrschens des Fahrzeuges einer fahrlässigen Tötung schuldig gemacht. Eine andere Frage ist, ob der Beschwerdeführer tatsächlich sein Fahrzeug nicht beherrscht bzw. Sorgfaltspflichten verletzt hat. Diesbezüglich kommen das italienische und das slowenische Gericht zu anderen Schlüssen. Dabei geht es freilich um den Urteilsinhalt; gemäss Art. 29 aLugÜ darf das ausländische Urteil aber in der Sache selbst gerade nicht überprüft werden (Verbot der révision au fond, welche insbesondere die Ermittlung des Sachverhaltes und die Beweiswürdigung beschlägt, vgl. Urteil 5P.304/2002 vom 22. November 2002 E. 3.2, nicht publ. in: <ref-ruling>). 8. Wie auch der Beschwerdeführer einräumt, hat das Kantonsgericht in Bezug auf das slowenische Urteil festgehalten, dass dieses nicht zwischen den gleichen Parteien, sondern zwischen dem Beschwerdeführer und dem slowenischen Versicherungsverband ergangen ist. Es hat mit dem Argument, dass aufgrund der zeitlichen Priorität ohnehin der italienische Entscheid vorgehe, offen gelassen, ob das slowenische Urteil im Sinn einer Interessenidentität überhaupt als identisch mit jenem des italienischen Verfahrens angesehen werden könnte. Vor Bundesgericht bringt der Beschwerdeführer erneut vor, massgebend sei vorliegend nicht der Zeitpunkt der Urteilsfällung, sondern vielmehr, dass inzwischen ein rechtskräftiges slowenisches Urteil in der Hauptsache ergangen sei. Ein Urteil in der Hauptsache müsse einem vorsorglichen Entscheid naturgemäss vorgehen, da eine vorsorgliche Massnahme definitionsgemäss nur bis zum Erlass des Endentscheides Bestand haben könne. Diese Argumentation geht insofern an der Sache vorbei, als die italienische vorsorgliche Massnahme nicht an das slowenische, sondern an das noch ausstehende Endurteil im italienischen Verfahren geknüpft ist. Die provvisionale, für welche vorliegend das Exequatur beantragt wird, ist somit nicht aufgrund des slowenischen Urteils gegenstandslos geworden. Entgegen der Behauptung des Beschwerdeführers ist deshalb die kantonsgerichtliche Erwägung topisch, wonach ausschlaggebend sei, ob es sich bei der vorsorglichen Massnahme, für welche vorliegend das Exequatur verlangt wird, um einen Entscheid im Sinn von <ref-law> handle. Dass es sich, wie das Kantonsgericht eingehend begründete, um einen solchen Entscheid handelt, bestreitet der Beschwerdeführer nicht; im Gegenteil anerkennt er dies sogar ausdrücklich (Beschwerde S. 18). Entsprechend hat das Kantonsgericht mit seiner Erwägung, der italienische Entscheid des Tribunale Ordinario di Trieste vom 22. Juli 2009 gehe demjenigen des Kreisgerichts Ljubljana vom 25. Oktober 2012 vor, nicht gegen <ref-law> verstossen. Insofern muss auch vorliegend nicht entschieden werden, ob das slowenische Urteil überhaupt den identischen Streitgegenstand beschlägt. 9. Zusammenfassend ergibt sich, dass die Beschwerde abzuweisen ist, soweit auf sie eingetreten werden kann. Bei diesem Verfahrensausgang sind die Gerichtskosten dem Beschwerdeführer aufzuerlegen (<ref-law>). Die Gegenpartei ist nicht entschädigungsberechtigt; im Zusammenhang mit der aufschiebenden Wirkung wurde nicht in ihrem Sinn entschieden und in der Sache selbst wurde keine Vernehmlassung eingeholt.
Demnach erkennt das Bundesgericht: 1. Die Beschwerde wird abgewiesen, soweit auf sie einzutreten ist. 2. Die Gerichtskosten von Fr. 3'000.-- werden dem Beschwerdeführer auferlegt. 3. Dieses Urteil wird den Parteien und dem Kantonsgericht Graubünden, Schuldbetreibungs- und Konkurskammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 26. September 2013 Im Namen der II. zivilrechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: von Werdt Der Gerichtsschreiber: Möckli
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2,008
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Fatti: A. Nel 2007 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma aveva presentato alla Svizzera una domanda di assistenza giudiziaria nell'ambito di un procedimento penale aperto nei confronti di B._ per titolo di riciclaggio. L'accusato è sospettato di avere occultato fondi provenienti da tangenti percepite da A._, trasferendo proventi illeciti su conti bancari svizzeri. B. Il Ministero pubblico del Cantone Ticino aveva poi ordinato la trasmissione all'Italia della documentazione bancaria relativa al conto xxx, intestato a A._ e su cui B._ beneficiava di una procura. Aveva inoltre confermato il blocco del conto. Con decisione del 28 gennaio 2008 la II Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale aveva respinto, in quanto ammissibile, un ricorso del titolare della relazione bancaria. C. Con sentenza 1C_78/2008 del 20 febbraio 2008, il Tribunale federale ha dichiarato inammissibile un ricorso proposto da A._ contro la predetta sentenza, poiché non concerneva un caso particolarmente importante. D. Avverso questo giudizio, il 27 marzo 2008, A._ ha presentato una domanda di revisione al Tribunale federale, chiedendo di annullarlo. Non sono state chieste osservazioni al gravame.
Diritto: 1. 1.1 Secondo l'art. 121 della legge federale sul Tribunale federale del 17 giugno 2005 (LTF; RS 173.110), la revisione di una sentenza può essere chiesta, tra l'altro, se il Tribunale federale non ha giudicato su singole conclusioni (lett. c) o se, per svista, non ha tenuto conto di fatti rilevanti che risultano dagli atti (lett. d). Le domande di revisione fondate su questi motivi devono essere depositate presso il Tribunale federale entro 30 giorni dalla notificazione del testo integrale della sentenza (<ref-law>). Il ricorso è pertanto tempestivo. 2. 2.1 L'istante critica l'applicazione dell'<ref-law> da parte del Tribunale federale, segnatamente per non aver ritenuto che la sua causa costituisse un caso particolarmente importante. Egli sostiene che nel considerando 1.4 il Tribunale federale avrebbe esaminato unicamente il tema della trasmissione all'autorità estera di documenti, mentre, al suo dire per una svista manifesta, la questione del blocco del conto non sarebbe stata toccata. La censura non è soltanto manifestamente infondata e dilatoria, ma rasenta la temerarietà. 2.2 In effetti, ricordato che il sequestro del conto è stato indicato anche nei fatti, proprio nel considerando richiamato dal ricorrente il Tribunale federale ha espressamente sottolineato che la decisione allora impugnata concerneva la consegna di informazioni inerenti alla sfera segreta "e il blocco del conto, ma non riguarda un caso particolarmente importante". Non si è quindi chiaramente in presenza dell'asserita svista manifesta. Il Tribunale federale ha tenuto conto del blocco del conto, ritenendo tuttavia che questa circostanza non era sufficiente per adempiere gli estremi di un caso particolarmente importante, visto che il ricorrente, assistito da un legale, non aveva spiegato l'adempimento di detta condizione conformemente a quanto prescritto dall'art. 42 cpv. 2 secondo periodo LTF. 2.3 Il ricorrente si limita d'altra parte a contestare l'apprezzamento delle prove, l'accertamento dei fatti e la motivazione della sentenza. Queste critiche, peraltro generiche e appellatorie, sono inammissibili, poiché non costituiscono un motivo di revisione ai sensi dell'art. 121 lett. d LTF. Non si è infatti in presenza di questo motivo di revisione quando, come nella fattispecie, il Tribunale federale ha tenuto conto dell'invocata circostanza, ma non l'ha considerata nel modo auspicato dal ricorrente (sentenza 1F_10/2007 del 2 ottobre 2007 consid. 4.1). 2.4 Del resto, il ricorrente si limita a sostenere d'aver indicato, senza peraltro precisare dove, le ragioni per cui si sarebbe trattato di un caso particolarmente importante, ravvisabile al suo dire nell'importo dei beni bloccati (un milione di franchi) asseritamente appartenenti a terzi, ossia a lui medesimo e non all'indagato. Con questa argomentazione il ricorrente disconosce le particolarità della giurisprudenza relativa all'<ref-law>, con la quale nemmeno si confronta, secondo cui nel contesto dell'assistenza un caso particolarmente importante dev'essere ammesso in maniera restrittiva, anche nel quadro dell'estradizione (sentenza 1C_205/2007 del 18 dicembre 2007 consid. 1.3 destinata a pubblicazione), allo scopo di limitare l'accesso al Tribunale federale: del resto in tale ambito lo stesso dispone di un ampio potere di apprezzamento (<ref-ruling> consid. 2.2.2, 132 consid. 1.2, 131 consid. 3, 129 consid. 1.2, 125 consid. 1.2). Egli disattende inoltre che l'ammontare degli averi sequestrati non è di per sé sufficiente per ammettere la presenza di un caso particolarmente importante (cfr. <ref-ruling> nella quale il sequestro di un conto è stato esaminato perché l'assistenza non può essere concessa per reati fiscali; sentenze 1C_150/2007 del 15 giugno 2007 consid. 1.3, 1C_145/2007 del 6 giugno 2007 consid. 1.3, 1C_144/2007 dell'8 giugno 2007 consid. 1.2), né lo è, di massima, l'assunto di essere un terzo non implicato (sentenza 1C_152/2007 del 15 giugno 2007 consid. 1.3). 3. 3.1 Ne segue che, in quanto ammissibile, la domanda di revisione dev'essere respinta. 3.2 Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (<ref-law>).
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 1. Nella misura in cui è ammissibile, la domanda di revisione è respinta. 2. Le spese giudiziarie di fr. 1'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 3. Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla II Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale, al Ministero pubblico del Cantone Ticino e all'Ufficio federale di giustizia, Divisione assistenza giudiziaria internazionale.
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2,008
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Faits: A. Le 23 avril 2007, le Tribunal de première instance de la Principauté du Liechtenstein a adressé au Parquet du Procureur général du canton de Genève une demande d'entraide judiciaire tendant à l'audition, en qualité de témoin, de B._; cette requête a été présentée dans le cadre d'une «demande d'informations et présentation de comptes» introduite par K._ à l'encontre de X._ et de Y._, tous deux à Vaduz. B. La demande a été transmise le 7 mai suivant au Tribunal de première instance de Genève, qui a convoqué B._ pour une audience fixée au 21 septembre 2007. Par acte du 17 septembre 2007, X._ a conclu à ce que l'exécution de la commission rogatoire soit refusée, subsidiairement à ce qu'elle soit renvoyée à l'autorité requérante pour qu'elle rédige une liste de questions claires et précises. Le Tribunal de première instance lui a répondu le 19 septembre suivant que, en convoquant le témoin, il s'était prononcé sur la demande d'entraide, estimant qu'aucun motif de refus n'entrait en considération. C. Agissant par la voie du recours en matière civile, X._ demande au Tribunal fédéral de constater que le Tribunal de première instance de Genève a commis un déni de justice en refusant de statuer sur sa requête du 17 septembre 2007 et de lui renvoyer la cause afin qu'il se prononce formellement à ce sujet. Des réponses sur le fond n'ont pas été requises. Par ordonnance du 27 novembre 2007, le Président de la IIe Cour de droit civil a accordé l'effet suspensif en ce sens que l'audition du témoin est renvoyée jusqu'à droit jugé sur le présent recours. D. Par arrêt de ce jour, la Cour de céans a déclaré irrecevable le recours en matière civile dirigé contre l'arrêt de la Chambre civile de la Cour de justice du canton de Genève du 15 octobre 2007 déclarant irrecevable l'appel (pour déni de justice) interjeté parallèlement par la recourante (5A_648/2007).
Considérant en droit: 1. En l'espèce, le Tribunal de première instance de Genève a refusé de donner suite à la requête du recourant par le motif que, en convoquant le témoin visé par la commission rogatoire étrangère, il avait «statué sur la recevabilité de la requête internationale considérant qu'aucun motif de refus - tels qu'énumérés à l'article 11 de la Convention de La Haye du 1er mars 1954 applicable par analogie - n'entrait en ligne de compte». 1.1 La Principauté du Liechtenstein n'ayant adhéré ni à la Convention de La Haye du 1er mars 1954 relative à la procédure civile (CLaH 54; RS 0.274.12), ni à celle du 18 mars 1970 sur l'obtention des preuves à l'étranger en matière civile et commerciale (CLaH 70; RS 0.274.132), l'exécution de la présente requête d'entraide relève exclusivement du droit national (Walter, Internationales Zivilprozessrecht der Schweiz, 4e éd., p. 329 ch. III/1 et les références mentionnées), en l'occurrence genevois (cf. Bertossa/Gaillard/Guyet/Schmidt, Commentaire de la loi de procédure civile genevoise, vol. II, n. 2 ad <ref-law>). Sous réserve des exceptions légales (art. 95 let. c à e LTF), la violation du droit cantonal ne constitue pas un motif de recours; en revanche, le recourant peut faire valoir que la fausse application du droit cantonal constitue une violation du droit fédéral (<ref-law>), en particulier d'un droit constitutionnel (cf. <ref-ruling> consid. 1.2.1 p. 251/252; <ref-ruling> consid. 2.3 p. 466). Le Tribunal fédéral n'examine toutefois ce grief que s'il satisfait aux exigences légales de motivation (<ref-law>; cf. à ce sujet: <ref-ruling> consid. 6 p. 397). Dans le cas présent, le Tribunal de première instance a expliqué pour quel motif il refusait de donner suite à la requête. Or, le recourant ne mentionne pas la moindre règle (cantonale) que ladite juridiction aurait arbitrairement violée en procédant de la sorte. Il s'ensuit que le recours est irrecevable pour ce motif déjà. 1.2 La qualité pour former un recours en matière civile suppose que le recourant ait un intérêt juridique à l'annulation ou à la modification de la décision attaquée (<ref-law>; <ref-ruling> consid. 1.1 p. 425/426 et les références citées), condition qu'il lui incombe d'établir lorsqu'elle n'est pas évidente (<ref-ruling> consid. 1.1 p. 251 et 400 consid. 2 p. 404). En l'espèce, le recourant méconnaît cette exigence. La jurisprudence de la Cour de céans a précisé que, n'étant pas partie au litige entre les époux, une banque ne pouvait pratiquement invoquer que son droit de refuser de témoigner protégé par l'art. 11 CLaH 70, mais ne pouvait se plaindre, par exemple, d'une violation des règles sur la transmission de la commission rogatoire, quand bien même elle est la destinataire de la décision attaquée (arrêt 5P.423/2006 du 12 février 2007, consid. 3 [en l'occurrence, renseignements sollicités dans le cadre d'une procédure en liquidation du régime matrimonial à l'étranger]). Ces principes sont aussi applicables dans le cas présent. Or, le recourant, qui n'a pas été astreint lui-même à fournir des documents, ou d'autres informations, et dont les organes n'ont pas été menacés de sanctions pénales en cas d'insoumission (cf. <ref-law>), n'expose aucunement en quoi il serait habilité à s'opposer à l'audition d'un tiers (B._), au sujet duquel, au demeurant, l'on ignore tout. 2. Vu l'issue de la procédure, les frais judiciaires incombent au recourant (<ref-law>).
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est irrecevable. 2. Les frais judiciaires, arrêtés à 2'000 fr., sont mis à la charge du recourant. 3. Le présent arrêt est communiqué au mandataire du recourant et au Tribunal de première instance du canton de Genève. Lausanne, le 25 mars 2008 Au nom de la IIe Cour de droit civil du Tribunal fédéral suisse Le Président: Le Greffier: Raselli Braconi
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2,005
fr
Faits: Faits: A. A compter du 1er juillet 2000, B._ a été engagée comme apprentie au cabinet dentaire de A._. Le 26 novembre 2001, A._ a licencié B._ avec effet immédiat. Il a été retenu qu'il ne ressortait pas du dossier que le congé ait été donné pour une autre raison qu'un abus du téléphone. A. A compter du 1er juillet 2000, B._ a été engagée comme apprentie au cabinet dentaire de A._. Le 26 novembre 2001, A._ a licencié B._ avec effet immédiat. Il a été retenu qu'il ne ressortait pas du dossier que le congé ait été donné pour une autre raison qu'un abus du téléphone. B. Le 21 décembre 2001, B._ a saisi le Tribunal des prud'hommes du district de La Chaux-de-Fonds d'une demande tendant à ce que A._ soit condamné à lui payer la somme de 6'547 fr. 50 correspondant au salaire encore dû, à des heures supplémentaires, à un solde de vacances et à une indemnité équitable, dès lors qu'elle contestait les justes motifs qui lui étaient imputés. En cours d'instance, B._ a porté ses conclusions à 31'633 fr. 30. Par jugement du 19 décembre 2002, le Tribunal des prud'hommes a admis partiellement la demande. En bref, il a retenu que les manquements reprochés à B._ ne pouvaient être considérés comme objectivement graves et que, dans ces conditions, le licenciement immédiat devait être précédé d'un avertissement. Il a alloué à B._ la somme de 8'545 fr. 40 correspondant aux salaires à payer du 26 novembre 2001 au 31 août 2002, et un montant correspondant à un mois de salaire, soit 1'200 fr., à titre d'indemnité supplémentaire. Par arrêt du 20 août 2004, la Cour de cassation civile du Tribunal cantonal neuchâtelois a rejeté le recours de A._. En substance, elle a retenu que, de toute évidence, c'était l'utilisation massive de l'installation téléphonique qui avait conduit A._ à licencier B._ avec effet immédiat. Les éléments pris en considération par l'autorité de première instance, soit la jeunesse de B._, la tendance générale de cette génération à faire un usage intempestif du téléphone et l'absence d'expérience professionnelle de l'apprentie apparaissaient tout à fait pertinents dans l'appréciation de la gravité de la faute de B._. De même, on ne saurait considérer que le tribunal de première instance avait abusé de son pouvoir d'appréciation en estimant qu'en l'espèce, l'avertissement allégué par A._ aurait dû être donné par écrit, pour mettre clairement B._ face à ses responsabilités. S'agissant des conséquences de la résiliation, il s'agissait là aussi d'une question d'appréciation du juge. Pour terminer, il était exact qu'au moment de la rupture des relations contractuelles, le salaire de B._ était de 850 fr. et qu'il n'aurait passé à 1'200 fr. qu'à partir du mois de juillet 2002. Cependant, là encore, le choix du montant de l'indemnité, et à fortiori du salaire à prendre en considération pour la fixation de l'indemnité au sens de l'<ref-law>, relevait du pouvoir d'appréciation du juge de première instance, qui n'en avait pas abusé en tenant pour déterminant le salaire qui aurait été celui de B._ si le contrat était arrivé à son échéance. Par arrêt du 20 août 2004, la Cour de cassation civile du Tribunal cantonal neuchâtelois a rejeté le recours de A._. En substance, elle a retenu que, de toute évidence, c'était l'utilisation massive de l'installation téléphonique qui avait conduit A._ à licencier B._ avec effet immédiat. Les éléments pris en considération par l'autorité de première instance, soit la jeunesse de B._, la tendance générale de cette génération à faire un usage intempestif du téléphone et l'absence d'expérience professionnelle de l'apprentie apparaissaient tout à fait pertinents dans l'appréciation de la gravité de la faute de B._. De même, on ne saurait considérer que le tribunal de première instance avait abusé de son pouvoir d'appréciation en estimant qu'en l'espèce, l'avertissement allégué par A._ aurait dû être donné par écrit, pour mettre clairement B._ face à ses responsabilités. S'agissant des conséquences de la résiliation, il s'agissait là aussi d'une question d'appréciation du juge. Pour terminer, il était exact qu'au moment de la rupture des relations contractuelles, le salaire de B._ était de 850 fr. et qu'il n'aurait passé à 1'200 fr. qu'à partir du mois de juillet 2002. Cependant, là encore, le choix du montant de l'indemnité, et à fortiori du salaire à prendre en considération pour la fixation de l'indemnité au sens de l'<ref-law>, relevait du pouvoir d'appréciation du juge de première instance, qui n'en avait pas abusé en tenant pour déterminant le salaire qui aurait été celui de B._ si le contrat était arrivé à son échéance. C. Contre cet arrêt, A._ (le défendeur) interjette un recours en réforme. Il reproche "à la décision attaquée une violation du droit fédéral, à savoir des articles 8 CCS, 343/4 CO, 346 et 337 ss CO et indirectement, du droit constitutionnel dont en particulier le déni de justice, l'arbitraire dans la constatation des faits et de la preuve, un excès du pouvoir d'appréciation et une motivation insuffisante". Il conclut à l'annulation de l'arrêt entrepris, principalement à la réforme de celui-ci en ce sens que son recours est admis et que le point 1 du dispositif du jugement du 19 décembre 2002 - lequel le condamne à verser à B._ les sommes de 8'545 fr. 40 brut et 1'200 fr. net - est annulé, subsidiairement au renvoi de la cause à l'autorité cantonale pour nouvelle décision dans le sens des considérants. B._ (la demanderesse) a déposé une réponse tardive. Parallèlement à son recours en réforme, A._ a également saisi le Tribunal fédéral d'un recours de droit public "pour le cas où les violations des droits constitutionnels relevées (...) seraient considérées comme directes", qui a été rejeté dans la mesure de sa recevabilité par arrêt de ce jour.
Le Tribunal fédéral considère en droit: Le Tribunal fédéral considère en droit: 1. Le Tribunal fédéral examine d'office et librement la recevabilité des recours qui lui sont soumis (<ref-ruling> consid. 1, 321 consid. 1). 1. Le Tribunal fédéral examine d'office et librement la recevabilité des recours qui lui sont soumis (<ref-ruling> consid. 1, 321 consid. 1). 2. Dès lors que, dans le cadre de la procédure de droit public, la Cour de céans a examiné la question de l'incidence du dépôt, par le défendeur, de deux écritures au contenu rigoureusement identique sur la recevabilité de chacun des recours, il peut être renvoyé à ce qui a été dit dans ce contexte (cf. arrêt 4P.227/2004 de ce jour, consid. 2). Il en va de même pour ce qui est du sort de la requête du défendeur tendant à ce que le Tribunal fédéral se prononce dans un seul et même arrêt sur les deux recours (cf. arrêt 4P.227/2004 de ce jour, consid. 3). 2. Dès lors que, dans le cadre de la procédure de droit public, la Cour de céans a examiné la question de l'incidence du dépôt, par le défendeur, de deux écritures au contenu rigoureusement identique sur la recevabilité de chacun des recours, il peut être renvoyé à ce qui a été dit dans ce contexte (cf. arrêt 4P.227/2004 de ce jour, consid. 2). Il en va de même pour ce qui est du sort de la requête du défendeur tendant à ce que le Tribunal fédéral se prononce dans un seul et même arrêt sur les deux recours (cf. arrêt 4P.227/2004 de ce jour, consid. 3). 3. Le recours en réforme est ouvert pour violation du droit fédéral, mais non pour violation directe d'un droit de rang constitutionnel (art. 43 al. 1 OJ) ou pour violation du droit cantonal (<ref-ruling> consid. 2c p. 252 et les arrêts cités). Saisi d'un recours en réforme, le Tribunal fédéral conduit son raisonnement juridique sur la base des faits contenus dans la décision attaquée, à moins que des dispositions fédérales en matière de preuve n'aient été violées, qu'il faille rectifier des constatations reposant sur une inadvertance manifeste (art. 63 al. 2 OJ) ou compléter les constatations de l'autorité cantonale parce que celle-ci n'a pas tenu compte de faits pertinents, régulièrement allégués et clairement établis (art. 64 OJ). Dans la mesure où la partie recourante présente un état de fait qui s'écarte de celui contenu dans la décision attaquée, sans se prévaloir avec précision de l'une des exceptions qui viennent d'être rappelées, il n'est pas possible d'en tenir compte (<ref-ruling> consid. 2.2 p. 106, 136 consid. 1.4). Il ne peut être présenté de moyens de preuve nouveaux (art. 55 al. 1 let. c OJ). Le recours en réforme n'est donc pas ouvert pour remettre en cause l'appréciation des preuves et les constatations de fait qui en découlent (<ref-ruling> consid. 1.4; <ref-ruling> consid. 3). 3. Le recours en réforme est ouvert pour violation du droit fédéral, mais non pour violation directe d'un droit de rang constitutionnel (art. 43 al. 1 OJ) ou pour violation du droit cantonal (<ref-ruling> consid. 2c p. 252 et les arrêts cités). Saisi d'un recours en réforme, le Tribunal fédéral conduit son raisonnement juridique sur la base des faits contenus dans la décision attaquée, à moins que des dispositions fédérales en matière de preuve n'aient été violées, qu'il faille rectifier des constatations reposant sur une inadvertance manifeste (art. 63 al. 2 OJ) ou compléter les constatations de l'autorité cantonale parce que celle-ci n'a pas tenu compte de faits pertinents, régulièrement allégués et clairement établis (art. 64 OJ). Dans la mesure où la partie recourante présente un état de fait qui s'écarte de celui contenu dans la décision attaquée, sans se prévaloir avec précision de l'une des exceptions qui viennent d'être rappelées, il n'est pas possible d'en tenir compte (<ref-ruling> consid. 2.2 p. 106, 136 consid. 1.4). Il ne peut être présenté de moyens de preuve nouveaux (art. 55 al. 1 let. c OJ). Le recours en réforme n'est donc pas ouvert pour remettre en cause l'appréciation des preuves et les constatations de fait qui en découlent (<ref-ruling> consid. 1.4; <ref-ruling> consid. 3). 4. Le défendeur soutient que l'autorité cantonale a violé l'<ref-law>. 4.1 Selon l'<ref-law>, dans les litiges résultant du contrat de travail dont la valeur litigieuse ne dépasse pas 30'000 fr., le juge établit d'office les faits et apprécie librement les preuves. Cette disposition impose au juge de tenir compte des faits juridiquement pertinents, même si les parties ne les ont pas invoqués. L'obligation du juge d'établir d'office les faits ne dispense cependant pas les parties d'une collaboration active à la procédure. Il leur incombe de renseigner le juge sur les faits de la cause et de lui indiquer les moyens de preuve disponibles. L'<ref-law> ne peut toutefois servir à remettre en cause, dans une procédure de réforme, la façon dont le juge a établi les faits ou apprécié les preuves (<ref-ruling> consid. 2.2 p. 107 et les arrêts cités). 4.2 En tant qu'il fait valoir "que l'inaptitude de l'intimée à poursuivre son apprentissage avait été alléguée à l'audience de débats du 19 décembre 2002 et a été mentionnée auparavant" et que "dès lors, quand bien même la question des abus de téléphone est un élément central du litige, le Juge de première instance devait se prononcer sur la question de justes motifs de licenciement, même évoqués de manière accessoires (sic)", avant de conclure qu'"en ne retenant pas le fait que le premier juge a faussement appliqué l'article 343, alinéa 4 CO en n'examinant pas les motifs de résiliation pour justes motifs résultant de l'article 346, alinéa 2, lettres b et c, la Cour de cassation viole à son tour cette première disposition", le défendeur tente en vain, sous le couvert de l'invocation de l'<ref-law>, de rediscuter la question de l'appréciation des preuves à laquelle l'autorité cantonale s'est livrée et à l'issue de laquelle elle a retenu que le seul motif de la résiliation était l'usage abusif de l'installation téléphonique du défendeur. Pour le surplus, l'on ne voit pas trace de violation de la maxime inquisitoire dans le mode de procéder de la cour cantonale, de sorte que le moyen du défendeur ne peut qu'être rejeté. Pour le surplus, l'on ne voit pas trace de violation de la maxime inquisitoire dans le mode de procéder de la cour cantonale, de sorte que le moyen du défendeur ne peut qu'être rejeté. 5. Le défendeur se plaint ensuite d'une violation de l'<ref-law>. Il explique que, dans le cadre de son pourvoi, il s'est également "référé au plein pouvoir d'examen de la Cour de cassation civile, en lui demandant de retenir l'inaptitude physique et intellectuelle de l'intéressée à finir son apprentissage". Il soutient qu'"en l'espèce, la Cour ne s'est pas prononcée sur ce grief, ce qui en soi constitue un déni de justice et, dans le cadre de la présente procédure de recours, une violation indirecte du droit constitutionnel". Que le défendeur se réfère à l'<ref-law> ne change rien au fait que son argument n'a nullement trait à la violation du droit fédéral, mais uniquement à celle - prétendue - d'un droit de rang constitutionnel, de sorte que celui-ci est irrecevable (<ref-law>). 6. Le défendeur reproche ensuite à la cour cantonale d'avoir violé les <ref-law>. 6.1 Selon l'art. 337 al. 1 1re phrase CO, l'employeur et le travailleur peuvent résilier immédiatement le contrat en tout temps pour de justes motifs. Doivent notamment être considérées comme tels toutes les circonstances qui, selon les règles de la bonne foi, ne permettent pas d'exiger de celui qui a donné le congé la continuation des rapports de travail (cf. <ref-law>). Mesure exceptionnelle, la résiliation immédiate pour justes motifs doit être admise de manière restrictive (<ref-ruling> consid. 4.1 p. 31; <ref-ruling> consid. 4a p. 353 et les références citées). D'après la jurisprudence, les faits invoqués à l'appui d'un renvoi immédiat doivent avoir entraîné la perte du rapport de confiance qui constitue le fondement du contrat de travail. Seul un manquement particulièrement grave du travailleur justifie son licenciement immédiat; si le manquement est moins grave, il ne peut entraîner une résiliation immédiate que s'il a été répété malgré un avertissement (<ref-ruling> consid. 4.1 p. 31; <ref-ruling> consid. 2.1). Par manquement du travailleur, on entend en règle générale la violation d'une obligation découlant du contrat de travail (<ref-ruling> consid. 4.1 p. 31; <ref-ruling> consid. 4a p. 354 et les arrêts cités), mais d'autres incidents peuvent aussi justifier une résiliation immédiate (<ref-ruling> consid. 4.1 p. 31; cf. également ATF <ref-ruling> consid. 2.2 et les références citées). Le juge apprécie librement s'il existe de justes motifs (<ref-law>). Il applique les règles du droit et de l'équité (<ref-law>). A cet effet, il prendra en considération tous les éléments du cas particulier, notamment la position et la responsabilité du travailleur, le type et la durée des rapports contractuels, ainsi que la nature et l'importance des manquements (<ref-ruling> consid. 4.1 p. 32; <ref-ruling> consid. 4a p. 354). Le Tribunal fédéral revoit avec réserve la décision d'équité prise en dernière instance cantonale. Il intervient lorsque celle-ci s'écarte sans raison des règles établies par la doctrine et la jurisprudence en matière de libre appréciation, ou lorsqu'elle s'appuie sur des faits qui, dans le cas particulier, ne devaient jouer aucun rôle, ou à l'inverse, lorsqu'elle n'a pas tenu compte d'éléments qui auraient absolument dû être pris en considération; il sanctionnera en outre les décisions rendues en vertu d'un pouvoir d'appréciation lorsqu'elles aboutissent à un résultat manifestement injuste ou à une iniquité choquante (<ref-ruling> consid. 4.1 p. 32; <ref-ruling> consid. 2 p. 382; <ref-ruling> consid. 1a p. 155, 351 consid. 4a p. 354). 6.2 En l'espèce, il ressort des constatations cantonales que c'est l'utilisation massive de l'installation téléphonique du défendeur qui a conduit celui-ci à licencier la demanderesse avec effet immédiat. La cour cantonale a considéré que les éléments pris en considération par l'autorité de première instance, soit la jeunesse de la demanderesse, la tendance générale de cette génération à faire un usage intempestif du téléphone et l'absence d'expérience professionnelle de la demanderesse, apparaissaient tout à fait pertinents dans l'appréciation de la gravité de la faute. De même, on ne saurait considérer que le tribunal de première instance avait abusé de son pouvoir d'appréciation en estimant qu'en l'espèce, l'avertissement allégué par le défendeur aurait dû être donné par écrit, pour mettre clairement la demanderesse face à ses responsabilités. Quant aux résultats scolaires insuffisants de la demanderesse, le défendeur n'émettait que des hypothèses qui étaient insuffisantes à établir l'incapacité foncière de la demanderesse à mener son apprentissage à son terme. 6.3 L'on ne voit pas que, sur la base de l'état de fait souverain (art. 63 al. 2 OJ), la cour cantonale ait abusé de son pouvoir d'appréciation en retenant que l'usage abusif de l'installation téléphonique du défendeur qui, seul, avait conduit celui-ci à résilier le contrat de la demanderesse, ne revêtait pas un degré de gravité tel qu'il justifiait une résiliation immédiate sans qu'un avertissement préalable n'ait été donné. Cela étant, force est de constater que les griefs du défendeur ne résistent pas à l'examen. Premièrement, sous un titre "les manquements graves", portant à croire qu'il entendait soutenir que les juges cantonaux avaient méconnu cette notion, le défendeur procède une nouvelle fois à une discussion tenant à l'appréciation des preuves, dans une argumentation de type appellatoire irrecevable dans le cadre d'un recours en réforme (cf. consid. 3). En outre, dans la mesure où elle a pour but de convaincre de l'existence d'un autre motif de résiliation que l'utilisation intempestive de l'installation téléphonique du défendeur, la critique de celui-ci est également irrecevable, puisque les motifs de la résiliation relèvent du fait et, partant, lient le Tribunal fédéral saisi d'un recours en réforme (art. 63 al. 2 OJ; <ref-ruling> consid. 4.1 p. 702; <ref-ruling> consid. 2a). Deuxièmement, le défendeur se fonde derechef vainement sur des éléments de fait qui ne ressortent pas de la décision entreprise (art. 63 al. 2 OJ) lorsque, dans une rubrique "les manquements moins graves précédée (sic) d'un avertissement", il soutient qu'un avertissement a été valablement donné en l'espèce. Troisièmement, bien que se fondant sur l'<ref-law>, le défendeur se livre en réalité une nouvelle fois à une discussion relevant de l'appréciation des preuves, voire de l'absence de motivation suffisante, qui n'a pas sa place dans un recours en réforme (cf. consid. 3). Enfin, sous un titre "excès du pouvoir d'appréciation et arbitraire", le défendeur prétend que la cour cantonale aurait violé le droit fédéral, soit l'<ref-law> al. 3 CO "en ne tenant pas compte de toutes les circonstances du cas d'espèce". La mention d'une disposition de droit fédéral ne change rien au fait que le défendeur tente une fois encore, sous ce nouveau couvert, de contester le fait que la cour cantonale ait retenu que le congé n'avait pas été donné pour une autre raison qu'un abus de téléphone, alors que, comme il vient d'être rappelé, cet élément de fait lie la Cour de céans. Enfin, sous un titre "excès du pouvoir d'appréciation et arbitraire", le défendeur prétend que la cour cantonale aurait violé le droit fédéral, soit l'<ref-law> al. 3 CO "en ne tenant pas compte de toutes les circonstances du cas d'espèce". La mention d'une disposition de droit fédéral ne change rien au fait que le défendeur tente une fois encore, sous ce nouveau couvert, de contester le fait que la cour cantonale ait retenu que le congé n'avait pas été donné pour une autre raison qu'un abus de téléphone, alors que, comme il vient d'être rappelé, cet élément de fait lie la Cour de céans. 7. Le défendeur reproche enfin à l'autorité cantonale d'avoir violé l'<ref-law>. 7. Le défendeur reproche enfin à l'autorité cantonale d'avoir violé l'<ref-law>. 7.1 7.1.1 Aux termes de l'<ref-law>, lorsque l'employeur résilie immédiatement le contrat sans justes motifs, le travailleur a droit à ce qu'il aurait gagné, si les rapports de travail avaient pris fin à l'échéance du délai de congé ou à la cassation du contrat conclu pour une durée déterminée. L'<ref-law> commande d'imputer sur ce montant ce que le travailleur a épargné par suite de la cessation du contrat de travail ainsi que le revenu qu'il a tiré d'un autre travail ou le revenu auquel il a intentionnellement renoncé. L'imputation prévue à l'<ref-law> est une expression du principe général selon lequel celui qui subit un dommage doit faire tout ce que l'on peut raisonnablement exiger de lui pour le réduire (<ref-law>). Pour déterminer si le travailleur a renoncé intentionnellement à un revenu, il faut tenir compte des circonstances du cas. La charge de la preuve appartient en principe à l'employeur, étant précisé que le travailleur doit aussi, en vertu du principe de la bonne foi, collaborer à l'établissement des faits (arrêt 4C.100/2001 du 12 juin 2001, consid. 6a et les références citées). 7.1.2 La cour cantonale ne s'est pas spécifiquement penchée sur la question du montant alloué en application de l'art. 337c al. 1 et 2 CO, ce dont on déduit qu'elle a considéré que le raisonnement des premiers juges ne prêtait pas le flanc à la critique. S'agissant de la question de l'imputation du revenu auquel la demanderesse avait renoncé, ceux-ci ont retenu que, si l'on ne saurait dire que la demanderesse avait, jusqu'à son accouchement, manqué aux efforts que l'on pouvait attendre d'elle pour retrouver une place à peu près équivalente à celle qu'elle avait perdue, on pouvait en revanche affirmer qu'après son accouchement, et en particulier une fois passé le délai de huit semaines d'interdiction de travailler de l'art. 35a LTr, la demanderesse n'avait pas repris ses recherches d'emploi, mais avait choisi de se consacrer à sa famille en général et à son bébé en particulier. L'indemnité revenant à la demanderesse en application de l'art. 337c al. 1 et 2 CO s'établissait dès lors en prenant en considération une période s'étendant jusqu'à la fin du mois d'août 2002. L'argumentation présentée par le défendeur, qui tend à démontrer qu'en retenant que la demanderesse "a effectué des recherches suffisantes, alors que le dossier est pratiquement vide à ce sujet, l'arrêt attaqué viole à nouveau l'article 337 c CO et excède de (sic) son pouvoir d'appréciation", revêt une nature essentiellement appellatoire et consiste en une vaine remise en cause des faits tels que retenus par la cour cantonale, d'une manière inadmissible dans un recours en réforme (cf. consid. 3). Pour le surplus, l'on ne voit pas ce qui pourrait être reproché au raisonnement de la cour cantonale. Pour le surplus, l'on ne voit pas ce qui pourrait être reproché au raisonnement de la cour cantonale. 7.2 7.2.1 Selon l'<ref-law>, en cas de licenciement immédiat injustifié, le juge peut condamner l'employeur à verser au travailleur une indemnité dont il fixera librement le montant, compte tenu de toutes les circonstances, parmi lesquelles figurent notamment la situation sociale et économique des deux parties, la gravité de l'atteinte à la personnalité de la partie congédiée, l'intensité et la durée des relations de travail antérieures au congé, la manière dont celui-ci a été donné, ainsi que la faute concomitante du travailleur; aucun de ces facteurs n'est décisif en lui-même (cf. <ref-ruling> consid. 3b/bb; <ref-ruling> consid. 3c). L'indemnité, qui ne peut dépasser le montant correspondant à six mois de salaire du travailleur, a une double finalité, punitive et réparatrice (<ref-ruling> consid. 3c). Sauf circonstances particulières, l'indemnité est due dans tous les cas de licenciement immédiat injustifié (ATF <ref-ruling> consid. 3c p. 68; <ref-ruling> consid. 3e p. 247). Les exceptions doivent être fondées sur les circonstances de chaque cas particulier; elles supposent l'absence de faute de l'employeur ou d'autres motifs qui ne sauraient être mis à sa charge (<ref-ruling> consid. 5a p. 301 s.). Qu'il s'agisse du principe ou de l'ampleur de cette indemnité, le juge cantonal possède, de par la loi (<ref-law>), un large pouvoir d'appréciation, qui conduit le Tribunal fédéral à ne substituer sa propre appréciation à celle de l'instance inférieure qu'avec une certaine retenue. II n'interviendra que si la décision s'écarte sans raison des règles établies par la doctrine et la jurisprudence en matière de libre appréciation ou lorsqu'elle s'appuie sur des faits qui, dans le cas particulier, ne devaient jouer aucun rôle ou encore lorsqu'elle n'a pas tenu compte d'éléments qui auraient absolument dû être pris en considération; il sanctionnera en outre les décisions rendues en vertu d'un tel pouvoir d'appréciation lorsqu'elles aboutissent à un résultat manifestement injuste ou à une iniquité choquante (ATF <ref-ruling> consid. 3c p. 68 s.; <ref-ruling> consid. 2a p. 160). 7.2.2 S'agissant du principe et de la quotité de l'indemnité allouée en application de l'<ref-law>, la cour cantonale a retenu qu'il avait été établi que les SMS de menaces que le défendeur reprochait à la demanderesse n'avaient pas été proférés par celle-ci, mais par son actuel époux. Quant à l'attitude de la demanderesse durant la procédure et à ses mensonges, le défendeur en restait à une affirmation floue nullement étayée par le dossier. Pour ce qui était enfin de l'obtention de l'assistance judiciaire, aucun mensonge n'était établi. Pour terminer, il était exact qu'au moment de la rupture des relations contractuelles, le salaire de la demanderesse était de 850 fr. et qu'il n'aurait passé à 1'200 fr. qu'à partir du mois de juillet 2002. Cependant, là encore, le choix du montant de l'indemnité, et a fortiori du salaire à prendre en considération pour la fixation de l'indemnité au sens de l'<ref-law>, relevait du pouvoir d'appréciation du juge de première instance, qui n'en avait pas abusé en tenant pour déterminant le salaire qui aurait été celui de la demanderesse si le contrat était arrivé à son échéance normale. Quoi qu'en dise le défendeur, les faits contenus dans l'arrêt attaqué ne permettent pas de retenir l'existence de circonstances exceptionnelles justifiant en l'espèce la suppression de l'indemnité fondée sur l'<ref-law>. Par conséquent, le principe de l'allocation de celle-ci doit être considéré comme acquis. S'agissant pour le surplus de la quotité de l'indemnité, le défendeur estime que la cour cantonale a violé l'<ref-law> en accordant à la demanderesse une indemnité supplémentaire de 1'200 fr. net, correspondant à "un mois de salaire", alors que le salaire mensuel versé à la demanderesse au moment de la résiliation s'élevait à 850 fr. Or, il importe peu que le montant alloué par les juges cantonaux corresponde à un mois de salaire au moment de la résiliation ou de l'échéance du contrat. Est seul déterminant le fait que, compte tenu des circonstances de l'espèce, la cour cantonale n'a pas outrepassé le large pouvoir d'appréciation dont elle dispose en la matière en arrêtant le montant de l'indemnité à 1'200 fr. Le moyen du défendeur est ainsi mal fondé. 7.3 Toujours en rapport avec l'<ref-law>, le défendeur estime enfin que "la Cour de cassation civile n'a pas donné de motivation suffisante, préférant se retrancher derrière la libre appréciation du juge, ce qui en soi, correspond à nouveau à une violation indirecte d'un droit de rang constitutionnel et conduit à une solution manifestement injuste et inéquitable au regard de toutes les circonstances". Irrecevable dans la mesure où elle a trait à la violation de droits constitutionnels (cf. consid. 3), la critique du défendeur doit, comme il vient d'être relevé, être au surplus rejetée en tant qu'elle revient à dénoncer un abus du pouvoir d'appréciation, qui n'est pas avéré en l'espèce. Compte tenu de ce qui précède, le recours doit être rejeté dans la mesure où il est recevable. Compte tenu de ce qui précède, le recours doit être rejeté dans la mesure où il est recevable. 8. Comme la valeur litigieuse ne dépassait pas 30'000 fr. au moment de l'ouverture d'action (<ref-ruling> consid. 5b p. 41), la procédure est gratuite (art. 343 al. 2 et 3 CO). Cela ne dispense pas d'allouer des dépens (<ref-ruling> consid. 5c), qui auraient en principe dû être mis à la charge du défendeur, qui succombe. Celui-ci ne devra toutefois pas en verser à la demanderesse, dont la réponse au recours a été déposée tardivement.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 1. Le recours est rejeté dans la mesure où il est recevable. 2. Il n'est pas perçu de frais. 2. Il n'est pas perçu de frais. 3. Le présent arrêt est communiqué en copie aux mandataires des par-ties et à la Cour de cassation civile du Tribunal cantonal neuchâtelois. Lausanne, le 20 janvier 2005 Au nom de la Ire Cour civile du Tribunal fédéral suisse Le président: La greffière:
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2,007
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Das Bundesgericht zieht in Erwägung: Das Bundesgericht zieht in Erwägung: 1. Mit Urteil vom 11. September 2007 hat die 4. Kammer des Verwaltungsgerichts des Kantons Graubünden eine von X._ erhobene Beschwerde abgewiesen, soweit sie darauf eingetreten ist. Gegen dieses ihm am 18. September 2007 eröffnete Urteil führt X._ mit Eingabe vom 17. Oktober (Postaufgabe: 18. Oktober) 2007 der Sache nach Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten (<ref-law>). Unter den gegebenen Umständen hat das Bundesgericht darauf verzichtet, Vernehmlassungen einzuholen. Unter den gegebenen Umständen hat das Bundesgericht darauf verzichtet, Vernehmlassungen einzuholen. 2. Nach <ref-law> ist in der Beschwerdebegründung - unabhängig von der Art des nach BGG offenstehenden Rechtsmittels - in gedrängter Form darzulegen, inwiefern der angefochtene Entscheid Recht verletzt (s. in diesem Zusammenhang auch <ref-ruling>, insb. E. 1.4 S. 254). Der Beschwerdeführer kritisiert das angefochtene Urteil nur auf ganz allgemeine Weise. Er legt nicht im Einzelnen dar, inwiefern es rechts- bzw. verfassungswidrig sein soll. Mangels einer hinreichenden Begründung im Sinne von <ref-law> ist daher auf die Beschwerde nicht einzutreten. Der Begründungsmangel ist offensichtlich, weshalb über die Beschwerde im vereinfachten Verfahren nach <ref-law> entschieden werden kann. Mit dem vorliegenden Entscheid wird das sinngemässe Gesuch um Gewährung der aufschiebenden Wirkung gegenstandslos. Der Beschwerdeführer kritisiert das angefochtene Urteil nur auf ganz allgemeine Weise. Er legt nicht im Einzelnen dar, inwiefern es rechts- bzw. verfassungswidrig sein soll. Mangels einer hinreichenden Begründung im Sinne von <ref-law> ist daher auf die Beschwerde nicht einzutreten. Der Begründungsmangel ist offensichtlich, weshalb über die Beschwerde im vereinfachten Verfahren nach <ref-law> entschieden werden kann. Mit dem vorliegenden Entscheid wird das sinngemässe Gesuch um Gewährung der aufschiebenden Wirkung gegenstandslos. 3. Unter den gegebenen Umständen kann davon abgesehen werden, für das vorliegende Verfahren Kosten zu erheben. Den Beschwerdegegnern ist durch das bundesgerichtliche Verfahren kein Aufwand entstanden, weshalb ihnen keine Parteientschädigung zuzusprechen ist.
Demnach erkennt das Bundesgericht im Verfahren nach <ref-law>: im Verfahren nach <ref-law>: 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 1. Auf die Beschwerde wird nicht eingetreten. 2. Es werden keine Kosten erhoben und keine Parteientschädigungen zugesprochen. 2. Es werden keine Kosten erhoben und keine Parteientschädigungen zugesprochen. 3. Dieses Urteil wird den Parteien, der Gemeinde Disentis/Mustér und dem Verwaltungsgericht des Kantons Graubünden, 4. Kammer, schriftlich mitgeteilt. Lausanne, 23. Oktober 2007 Im Namen der I. öffentlich-rechtlichen Abteilung des Schweizerischen Bundesgerichts Der Präsident: Der Gerichtsschreiber:
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2,010
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Faits: A. Le 9 décembre 2005, A._ a adressé une demande d'aide sociale à l'Hospice X._. L'Hospice X._ y a répondu favorablement. Le 27 septembre 2007, il a toutefois mis fin à toutes prestations en faveur de A._ et exigé la restitution de celles qu'il avait allouées entre le 1er décembre 2005 et le 30 juin 2007, à raison de 66'465 fr. 05. Cette décision était motivée, notamment, par le fait que A._ n'était pas domicilié en Suisse, mais en France, pendant la période prise en considération, contrairement à ses indications à l'Hospice X._. Le Président du conseil d'administration de l'Hospice X._ a maintenu l'exigence de restitution des prestations, par décision sur opposition du 13 novembre 2007. Par jugement du 18 juin 2008, le Tribunal des assurances sociales du canton de Genève (ci-après: TCAS) a rejeté le recours formé par l'intéressé contre cette dernière décision. A._ a interjeté un recours en matière de droit public contre ce jugement devant le Tribunal fédéral. Statuant le 4 mai 2009, le Tribunal fédéral a admis le recours et annulé le jugement entrepris, la cause étant renvoyée à la juridiction cantonale afin qu'elle procède conformément aux considérants. Le Tribunal fédéral a considéré que le grief de violation du droit d'être entendu soulevé par le recourant était bien fondé, dès lors qu'il n'avait pas pu se déterminer sur la prise de position du 6 mai 2008 de l'Hospice X._, alors qu'il avait sollicité un délai pour ce faire. En ce qui concerne le grief d'arbitraire dans l'appréciation des preuves et la constatation des faits, il n'était pas exclu qu'il fût bien fondé, dans la mesure où l'attestation d'aide financière versée par l'Hospice X._ ne donnait aucun détail relatif aux prestations dont la restitution était demandée. Par conséquent, la force probante de ladite attestation paraissait pour le moins limitée (cause 8C_671/2008 du 4 mai 2009). B. Le 4 juin 2009, la juridiction cantonale a communiqué à A._ un décompte précis établi par l'Hospice X._ le 28 mai 2009. Elle a octroyé au prénommé un délai au 23 juin 2009 pour faire des observations. Le 12 juin 2009, l'intéressé a souhaité connaître le nom du ou des juges en charge de son dossier. Le 16 juin 2009, B._, Présidente de la Chambre Y._ du TCAS, l'a informé que son recours continuerait à être traité par la Chambre Y._, dans la même composition. Après avoir requis deux délais pour faire parvenir ses observations A._ a produit, le 31 juillet 2009, des pièces complémentaires et réclamé la « révocation » des magistrates ayant jugé sa cause en juin 2008. La Présidente de la Chambre Z._ du TCAS, C._, a transmis pour observations la demande de récusation aux juges concernées, soit B._, ainsi qu'à D._ et à E._, toutes deux juges assesseures. Le 6 août 2009, D._ s'en est rapportée à justice quant à la demande de récusation. Le 10 août 2009, B._ a conclu au rejet de la demande de récusation, en soulevant la question de la tardiveté possible de cette requête. Le 20 août 2009, E._ a exposé que la lecture des écritures de A._ de même que la jurisprudence, tant celle en matière de délais pour déposer une telle demande que celle relative aux motifs admissibles de récusation d'un juge, l'amenaient à penser que la démarche entreprise ne répondait pas aux critères applicables en la matière. Le 24 août 2009, C._ a communiqué au Ministère public la demande de récusation et les déterminations des juges. Le 11 septembre 2009, le Procureur général a conclu au rejet de la demande, dans la mesure où elle était recevable. Il a fait siens les avis exprimés par les trois juges concernées. Ces observations ont été communiquées aux parties le 14 septembre 2009. Statuant par jugement incident le 15 octobre 2009, le TCAS, Chambre Z._, présidée par C._, a rejeté la demande de récusation dans la mesure où elle était recevable, tout en laissant ouverte la question de savoir si la demande de récusation avait été formulée à temps. C. A._ interjette un recours en matière de droit public contre ce jugement dont il requiert l'annulation. Il demande au Tribunal fédéral de confirmer qu'il a déposé sa demande de récusation à temps. Il conclut à ce que sa demande de récusation des juges de la Chambre Y._ soit acceptée et à ce que sa cause soit jugée par un tribunal impartial. Préalablement, il sollicite le bénéfice de l'assistance judiciaire gratuite. La Présidente de la Chambre Y._ déclare qu'elle n'a aucune écriture à produire au sujet du recours interjeté par A._.
Considérant en droit: 1. Le Tribunal fédéral examine d'office et librement la recevabilité des recours qui lui sont soumis (<ref-ruling> consid. 1.1 p. 3; <ref-ruling> consid. 1 p. 444). 2. Selon l'<ref-law>, les décisions préjudicielles et incidentes qui sont notifiées séparément et qui portent sur la compétence ou sur une demande de récusation peuvent faire l'objet d'un recours (al. 1). Ces décisions ne peuvent plus être attaquées ultérieurement (al. 2). Par leur nature, les questions concernant la compétence de l'autorité et sa composition régulière doivent en effet être tranchées préliminairement, de manière définitive, avant que ne se poursuive la procédure (BERNARD CORBOZ, in: Commentaire de la LTF, Berne 2009, n. 20 ad art. 92). En l'espèce, on est en présence d'une décision incidente qui porte sur la récusation et qui est donc susceptible de faire l'objet d'un recours immédiat. Bien que cette condition ne soit pas expressément prévue par la loi, il va par ailleurs de soi qu'en vertu du principe de l'unité de la procédure, le recours contre une décision incidente n'est ouvert que si, sur le fond, la cause peut être portée devant le Tribunal fédéral (<ref-ruling> consid. 2.2 p. 647; voir aussi consid. 2 de l'arrêt 8C_639/2009 du 9 octobre 2009 non publié in SJ 2010 I p. 122). Tel est le cas en l'espèce, dès lors que les litiges en matière d'aide sociale peuvent faire l'objet d'un recours en matière de droit public (<ref-law>). 3. 3.1 Invoquant, d'une manière toute générale, les art. 15 al. 3 de la loi genevoise sur la procédure administrative (LPA; RS E 5 10), 91 let. i de la loi genevoise sur l'organisation judiciaire (LOJ; RS E 2 05), les art. 9, 29 et 35 Cst., ainsi que l'art. 6 CEDH, le recourant se plaint essentiellement du fait que sa cause est appelée à être rejugée par des magistrates auxquelles le Tribunal fédéral a reproché de n'avoir pas respecté son droit d'être entendu et d'avoir possiblement apprécié les preuves de manière arbitraire. 3.2 Selon la jurisprudence, le droit à un juge impartial n'est pas violé lorsqu'un recours est admis et que la cause est renvoyée au juge qui a pris la décision invalide; d'ordinaire, on peut attendre de ce juge qu'il continue de traiter l'affaire de manière impartiale et objective, en se conformant aux motifs de l'arrêt rendu sur recours, et il n'est pas suspect de prévention du seul fait qu'il a erré dans l'application du droit (<ref-ruling> consid. 3.4 p. 116 et consid. 3.6 p. 118 ss; <ref-ruling> consid. 2b p. 410; voir aussi <ref-ruling> consid. 2 p. 162; <ref-ruling> consid. 5 p. 58). Seules des erreurs particulièrement lourdes ou répétées, constituant des violations graves de ses devoirs, peuvent justifier le soupçon de parti pris. La fonction judiciaire oblige le magistrat à se déterminer sur des éléments souvent contestés et délicats; c'est pourquoi, même si elles se révèlent viciées, des mesures inhérentes à l'exercice normal de sa charge ne permettent pas d'exiger sa récusation (<ref-ruling> consid. 3a p. 138; <ref-ruling> consid. 3b/bb p. 158; cf. aussi arrêt 1P.572/1992 du 17 novembre 1992 consid. 2a). En l'espèce, les motifs qui ont conduit au renvoi de la cause à l'autorité cantonale (droit d'être entendu, arbitraire éventuel dans l'appréciation des preuves) ne suffisent pas pour mettre en doute l'impartialité de la juge B._ et des juges assesseures D._ et E._. Dans ces conditions, on doit admettre, à l'instar de la juridiction cantonale, que le grief avancé par le recourant ne constitue pas un motif de récusation. 4. Le recourant motive également sa requête par le contenu des réponses données par les magistrates concernées à la demande de C._, Présidente de la Chambre Z._ du TCAS. Il n'invoque toutefois pas dans ce contexte des faits susceptibles de créer une apparence de prévention à l'endroit de l'autorité judiciaire d'une manière conforme aux exigences des art. 42 al. 2 et 106 al. 2 LTF. 5. Vu ce qui précède, le recours est mal fondé. En application de l'art. 66 al. 1, 2ème phrase, LTF, il convient exceptionnellement de renoncer à la perception de frais judiciaires. Dans ces conditions, la demande d'assistance judiciaire est sans objet.
Par ces motifs, le Tribunal fédéral prononce: 1. Le recours est rejeté. 2. Il n'est pas perçu de frais judiciaires. 3. La demande d'assistance judiciaire est sans objet. 4. Le présent arrêt est communiqué aux parties et au Tribunal cantonal des assurances sociales de la République et canton de Genève, Chambre 4. Lucerne, le 11 mai 2010 Au nom de la Ire Cour de droit social du Tribunal fédéral suisse La Juge présidant: La Greffière: Leuzinger Berset
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